“I GIOVANI, LA FEDE E IL DISCERNIMENTO VOCAZIONALE” “NON ESISTONO ARGOMENTI POCO INTERESSANTI, ESISTONO PERSONE POCO INTERESSATE” P. Diego Spado>o “I giovani e la fede” Anni fa, il Card. MarDni, preparando a Milano il “Sinodo dei giovani” citava la frase di cui sopra di G.K Chesterton e per rifle>ere sulla situazione della gioventù e della pastorale giovanile, si era servito di due tesD della Sacra Scri>ura che sono come due “simboli”: il sogno di Giacobbe (Gen 28,12) e la pesca infru>uosa di Pietro e di alcuni discepoli che formavano la piccola comunità/chiesa (Gv 21). Nel primo passo, la gioventù è simbolizzata dal giovane Giacobbe che fugge di casa, perché ha sbagliato nei confronD del padre Isacco e del fratello Esaù. Isacco, in fin di vita, voleva dare la benedizione al primogenito Esaù ma Giacobbe con uno stratagemma e la complicità della madre Rebecca, riuscì a carpire la benedizione paterna. Esaù pieno di odio giura: “quando mio padre morirà, ucciderò mio fratello”. Giacobbe aveva rubato per la seconda volta la primogenitura, ora ha paura, si lascia convincere dalla madre ad affrontare da solo un viaggio quasi impossibile. Non ha più nessuno che si interessa di lui. E Dio? Nel viaggio della vita a chi stanno veramente a cuore i giovani? Dio si interessa della gioventù. Là dove crediamo di essere privi di coordinate precise, c’è una coordinata assoluta nella nostra vita, che chiamiamo Provvidenza, mistero di Dio che vede e provvede. Anche nella no>e buia di un uomo ramingo e fuggiasco c’è a>enzione del cielo per lui. Là dove i giovani si sentono desolaD, abba>uD, scoordinaD c’è la Provvidenza a rime>ere in sesto la loro esistenza, suscitando e inviando persone che si interessano di loro. Questa è una verità fondamentale del crisDanesimo: Dio è amico e conosce il cuore dell’uomo. L’opposto di tale a>eggiamento è il pensare l’esistenza come un desDno cieco. La perdita del senso di Dio induce poi ogni degenerazione umana. Solo la fiducia nella Provvidenza impedisce alla paura di trasformarsi in ansietà e in perdita di interesse per la gioventù. Nel sogno, Giacobbe vede una scala che unisce cielo e terra e gli angeli di Dio che scendono e salgono per questa scala. “Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”, fa la scoperta straordinaria di chi, anche se si sente solo, sta al centro delle coordinate di Dio. Reinterpreta tu>a la sua vita, riaffiora il desiderio di trovare una soluzione e desidera conDnuare il viaggio. L’uomo è mosso dai desideri, è una centrale producva di desideri. So>o la cenere dell’indifferenza quali sono i desideri profondi della gioventù odierna? I giovani vivono il tempo in cui si fanno misura di tu>o, non vedono le cose dall’alto, non vedono il tu>o prima della parte, non partono dalla sorgente per capire il flusso dell’acqua. Hanno assoluto bisogno di acquisire convinzioni personali per essere significaDvi in un mondo pluralisDco, segnato da bufere di opinioni contrastanD, da strane e confuse correnD di pensiero. La conoscenza di Gesù li aiuterà a seguire il potenziale dei loro desideri di realizzazione personale e a maturare una forte coscienza della libertà e della dignità della persona umana, per contrastare i comportamenD complessi e ambigui e le inevitabili contraddizioni. Nella ricerca della felicità, la libertà deve fare i conD con fa>ori ad essa estranei, e i giovani imparano e me>ere in programma anche l’a>esa, la pazienza, l’insuccesso. Educare significa creare argini, non vuol dire porre dei freni. Le loro tentazioni sono quelle di fuggire dalle proprie responsabilità, la paura di decidersi, di guardare in faccia la realtà, di affrontare i problemi della vita e della società. Non basta dir loro cose su Gesù, bisogna aiutarli a entrare in conta>o di vita con lui al proprio livello, secondo la propria cultura, rispe>ando il cammino di ciascuno, non dando mai nulla per scontato e senza quella presunzione di sapere già ciò che è perennemente avvolto nel mistero, nell’inquietudine della ricerca. MolD discorsi fac ai giovani, nascono negli adulD dall’illusione di sapere tu>o su Dio, sul mondo, come se si tra>asse di applicare regole e dedurre conclusioni da principi; è necessario stare a>enD a non cadere in un ritualismo rigido e freddo o in un acvismo verboso e distra>o. “Il discernimento vocazionale” Il secondo simbolo riguarda la Chiesa e quanD, nella Chiesa, si dedicano all’educazione dei giovani (Gv 21). Gesù “si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso de>o Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli dissero gli altri: Veniamo anche noi con te. Allora uscirono e salirono sulla barca, ma in quella no>e non presero nulla”. Gli apostoli sono in se>e, come se>e saranno i primi diaconi, non sono i dodici. Invece di deplorare che si è in pochi, meglio cominciare col poco che c’é. Nella pastorale giovanile é importante parDre dal poco che c’è, senza fare il processo a quelli che non ci sono o al fa>o che sono pochi quelli che si impegnano. Se i se>e si fossero messi a fare il processo a quelli che non c’erano non si sarebbero mai mossi, e Gesù non si sarebbe mostrato loro. Non si erano resi conto che senza Gesù sono solo pescatori di pesci e non di uomini. Erano staD mandaD a essere pescatori di uomini per tu>o il mondo, e invece si rime>ono a pescare, come se niente fosse stato. Spesso, in relazione ai giovani, molD educatori non si accorgono che senza Gesù “non prendono nemmeno pesci”. Non raggiungendo gli esiD desideraD, anziché rivelare amore di vita, luce di verità, comunione e misericordia, si produce tristezza e negaDvismo. Gesù, invece, ci salva dall’illusoria autosufficienza, dai desideri ambigui, dalle rinunciatarie disperazioni. Nel capitolo 21 del Vangelo, Giovanni presenta il Risorto come colui che prende possesso effecvo delle funzioni di essere “cuore del mondo”. Con i giovani, fare di Cristo il cuore del mondo “non è più “un tu per tu” o “un corpo a corpo” ma “un cuore a cuore”. Gesù non è venuto ad esimerci dalla ricerca, ma a dirci in quale senso bisogna interessarsi dei giovani e cercare nuove modalità di evangelizzazione. Il Risorto chiede risposte di amore a Pietro, come a P. Antonio e P. Marco che si sono dedicaD ai giovani con amore, fino alla morte, convinD che essa non separa le persone che si amano e sono in cammino verso la stessa Patria. Questa è la promessa del Dio che ci ha creaD, ci volle fin dall’eternità e vuole che esisDamo per tu>a l’eternità. L’amore eterno che decise di chiamarci all’esistenza lo ha fa>o per tu>a l’eternità. Amare i giovani significa “edificarli”, con una vita dedita a loro. Il verbo edificare che sembra impopolare, significa interessamento, casa, famiglia, al cui centro ardono le fiamme di un braciere: “Dunque eccitare ed accendere sempre più una parDcolare tenerezza verso la gioventù, a ciò spinta dal gusto che si dà a Dio, che l’ama con affe>o disDnto e dal gran bene che si fa ad essa”. (P. Antonio A. Cavanis) L’amore è la radice di ogni acvità pastorale. Si può vivere senza questa radice? Il mondo dice di sì. Si sopravvive, ma si tra>a di una sopravvivenza segnata da un’amara sterilità. Si può vivere senza radici ma non tanto bene, perché l’essere umano esiste per amore, è cosDtuito da ciò che è stato prima di lui, da una storia e dai fruc buoni che è in grado di tramandare con amore, a quanD verranno. Quello che purtroppo sDamo diventando è proprio questo: esseri sradicaD, apparentemente forD ma fragilissimi, incapaci amare. Tu>o si equivale potrebbe essere il mo>o del nostro tempo. La nostra società e spesso anche la pastorale della gioventù, è come un guscio vuoto di una chiocciola, bello nelle sue volute archite>oniche ma vuoto della vita che lo aveva abitato. “E la natura non ama il vuoto”. Ciò che è vuoto di amore presto o tardi diventerà dimora di qualche altra creatura. Chi è venuto ad abitare nella nostra vuota società e nella nostra vita di educatori se essa non è abitata dall’amore? Se non si sceglie di amare la gioventù si viene scelD dal pessimismo, gli argini cedono, il fiume del disinteresse travolge ogni cosa e si affoga in un mare di chiacchiere. L’uomo che non di interessa degli altri, non regge alla faDca e alla responsabilità di essere il centro di tu>o, muore intrisDto e chiuso nel suo acvismo egoista, senza amore.