La Scuola Medica Salernitana - Liceo Statale Regina Margherita

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Classe V Sez. A
A.S. 2014-2015
Prof.ssa Caterina Babino
La Scuola Medica Salernitana
La Scuola Medica Salernitana è stata e
rimane tuttora l’eccellenza nel campo della
medicina e del suo insegnamento. Per anni
la sua fama ha raggiunto anche le nazioni
più lontane dalla sua sede ma oggi nel paese di
Salerno è stata quasi dimenticata dalla
gente mentre la sua fama è nota all’estero
Quindi la finalità principale di questo progetto e
di far ricordare o far conoscere a tutti ciò che ci
ha resi famosi in tutto il mondo.
Le origini della Scuola Medica Salernitana
Le origini della Scuola Medica Salernitana sono
antichissime e si perdono nella leggenda.
Essa fonda le radici nei primi insediamenti
benedettini avvenuti verso la fine dell’VIII secolo,
dove i monaci diffondevano le opere mediche greche e
latine ed esercitavano la professione in un ambito
ristretto.
Il periodo aureo della Scuola iniziò nell’XI
secolo, con l’arrivo a Salerno di Costantino
l’Africano che introdusse nell’insegnamento
le importanti opere arabe.
La leggenda
La fondazione della scuola risale ai secoli bui dell'Alto M edioevo e non vi è
nessun docum ento che possa certificare con precisione una data di
riferim ento.
Si racconta che un pellegrino greco di nom e P ontus si ferm ò nella città di Salerno e
trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un
tem porale ed un altro viandante m alandato si riparò nello stesso luogo, si trattava
del latino Salernus; costui era ferito ed il greco, dapprim a sospettoso, si avvicinò
per osservare da vicino le m edicazioni che il latino praticava alla sua ferita.
Nel frattem po erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Helinus e l'arabo Abdela. Anche
essi si dim ostrarono interessati alla ferita ed alla fine si scoprì che tutti e quattro si
occupavano di m edicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita ad una
scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.
PROFILO STORICO
Il De Renzi, storico della Scuola Salernitana, nega che abbia avuto un’origine
clericale e ribadisce che essendo nata come scuola di medicina tale sia rimasta
fino alla fine.
Il Cucinotti, dal canto suo, anche lui studioso dell’argomento, afferma che essendo
esistenti a Salerno fin dall’VIII secolo numerosi monasteri, che ospitavano centri
ospedalieri con infermerie, è probabile accreditare l’origine monastica
dell’Istituzione salernitana.
Terza ipotesi è quella che medici laici, medici ecclesiastici e medici monastici
abbiano insegnato per proprio conto per poi riunirsi in Societas dando così origine
alla vera Scuola.
La Scuola Medica Salernitana viene generalmente
divisa in cinque periodi:
-
1° periodo cenobitico-ospitaliero, prima dell’anno 1000
2° periodo della rinascenza della medicina antica, tra il 1000 e il 1150, detto
anche periodo costantiniano
-
3° periodo della medicina igienico-popolare, secolo XII
-
4° periodo di creazione delle scuole chirurgiche, secolo XIII
-
5° periodo di decadimento, dal secolo XIV al 1811
PROFILO STORICO
Primo periodo,
cenobitico-ospedaliero
Periodo delle origini
I più antichi documenti della Scuola si riferiscono ai primordi dell’IX secolo, vaghe notizie sono state
reperite nei codici conservati nei Cenobi, che, sorti nel VI secolo per opera di Benedetto da Norcia e di
Cassiodoro, accolsero giovani che seppero custodire e diffondere il patrimonio letterario e scientifico
attinto alle fonti del classicismo greco e latino e reso familiare dallo studio che si alternava alla
preghiera.
Contemporaneamente va ricordato che Salerno prima di cadere sotto il dominio Longobardo nel 644,
fu una delle ultime città libere, retta con le curie, gli ordinamenti e le leggi romane, il che è confermato
dalle antiche epigrafi, a noi pervenute, dove si legge: “Ordo populosque Salernitanus”.
Ai nuovi dominatori, Salerno non si arrese ma con una serie di patti la città conservò inalterate le sue
istituzioni e quando Arechi II, per difendersi dai Franchi di Carlo Magno, scelse a sua dimora Salerno,
la protezione di questo principe munifico e profondo cultore degli studi, valse ad aumentarne il lustro e
la fama.
Secondo periodo 1000-1150
della rinascenza della medicina antica
Periodo Aureo della Scuola
Dobbiamo ricordare che i medici del tempo
conoscevano tanto bene il greco e il latino da
poter leggere tali lavori in lingua originale, ed era
fama comune che i Salernitani fossero dotati di ingegno e
di esperienza, come affermava lo stesso Reicher di Reims,
alcuni secoli più tardi, tanto che erano stati chiamati alla
Corte di Francia “per un ingegno naturale e per esperienza
pratica”.
Terzo periodo Secolo XII
Della medicina igienico-popolare
E’ il periodo florido della Scuola Salernitana. Iniziò nel XII sec. con l’avvento di
Costantino l’Africano che dopo lungo peregrinare giunse nell’Italia
meridionale, precisamente a Salerno, poi si ritirò nel convento di Sant’Agata di
Aversa e, successivamente, in quello di Montecassino tra il 1056 e il 1085,
anno della sua morte. Costantino un’opera intitolata Pantegni, opera in cui si
tratta di tutto ciò che un medico deve conoscere.
Senza rinnegare l’apporto culturale di Costantino nell’ambito della conoscenze,
è bene sottolineare che in generale le sue opere, generalmente traduzioni di testi
arabi, derivati a loro volta da opere latine e greche, non influirono in maniera
preponderante sulla preparazione dei medici della Scuola Salernitana.
Nel dottrinario salernitano fu studiata con particolare attenzione l’uroscopia, l’oculistica e
l’anatomia.
Merita un ricordo Giovanni da Casamicciola per aver inventato un nodo particolare per
la legatura dei vasi sanguigni con un filo di seta.
Inoltre va menzionata l’opera più importante del periodo “Flos medicinae Salerni”.
Va ricordato, oltre Alfano I, un altro benedettino, Egidio di Corbeil, poeta e medico
illustre, oltre che alunno della Scuola medica, quando dalla natia Francia giovinetto si
recò a Salerno per apprendere l’arte della medicina.
Fu suo Maestro il Preside Musandino e sempre ricordò gli insegnamenti avuti, anche
quando fu elevato agli onori di cattedratico all’università di Parigi. Ricordò sempre le
bellezze di una terra bagnata dalle onde e protette dai monti, dove si coltivavano e
somministravano salutari erbe con le quali combattere la morte, estirpare i morbi,
restaurare le forze.
In questo periodo si innesta la leggenda di Roberto di Normandia e Sibilla di
Conversano che seguendo i consigli dei medici salernitani salvò il marito Roberto
sacrificando la sua. Questo episodio ben degno della più alta poesia fece venire alla luce
il Flos Medicinae ( Fiore della Medicina ), conosciuto come Regimen Sanitatis,
monumento di grandezza e di pietà che detta al popolo con la parola del cuore i precetti
della Scuola medica, dedicati a Roberto che intanto era stato eletto Re di Normandia, alla
cui compilazione attesero cinque Maestri, Mauro, Matteo, Salomone, Pietro e Ursone,
medici, come è detto nell’epilogo, “per quos regnat medicina Salerni”.
PROFILO STORICO
Quarto periodo secolo XIII
Della creazione della Scuola Chirurgica
Dal XIII al XIV secolo cominciarono a svilupparsi Università anche in altre
località italiane. Federico II tenendo conto della fedeltà nei suoi riguardi degli
abitanti di una località decideva di aprire o chiudere un’università.
Come l’aveva inizialmente protetta poi Federico II con la stessa facilità decise di
distruggere la Scuola Medica Salernitana, infatti fondò il Nuovo Studio generale a Napoli
il 5 giugno del 1224, dove chiamò i più famosi maestri e agli studenti furono dati speciali
privilegi e immunità.
Alla sua morte nel 1252 il figlio Corrado per vendicarsi dei Napoletani abolì lo Studium di
Napoli e dette nuovo vigore a quello di Salerno infatti lo definì Sede e Madre Antica di
Studi e scriveva così:
“ O voi tutti che amate di bere la coppa dell’Elicona, venite di buon grado a
Salerno, dove condirete gli animi vostri con la sapienza! “
Manfredi restaurò quella di Napoli e decretò che dovesse essere l’unica del Regno però
fece un’eccezione per quella di Salerno secondo il volere del padre che aveva decretato:
“…che nessuno potesse assumere il titolo di medico ed esercitare la medicina, se non
avesse prima studiato per tre anni logica, e medicina per cinque anni, uno dei quali
specialmente dedicatyo alla chirurgia, e non fosse stato approvato in conventu pubblico dai Maestri di
Salerno.”
Periodo della decadenza dal XIV al 1811
La Scuola Medica di Salerno, come afferma il De Renzi, conclude la sua storia nel XIX secolo.
Agli albori del XIV la schiera dei cultori di medicina a Salerno era sempre più esigua mentre la scuola
di Napoli basandosi sui precetti salernitani ed integrandoli con gli arabismi, favorita dalle positive
condizioni politiche, prese il sopravvento.
La Scuola di Salerno ancora richiamava da paesi lontanissimi numerosi studenti che ascrivevano a
sommo onore ottenere il titolo dottorale dai suoi maestri. Purtroppo i migliori tendevano ad
abbandonarla. Salvatore Calenda, Luigi Trentacapilli e Paolino Caposcrofa lusingati dall’invito e
dagli onori della Regina Giovanna II, preferirono a Salerno l’ateneo napoletano.
Il Calenda fu addirittura Priore perpetuo di Napoli ma anche altri medici illustri del Salernitano
preferirono Napoli, come Pietro Del Forno di Amalfi nel 1469 o Nardello Mirocapillo di Maiori nel
1471 e Paolo Longo di Cava maestro di chirurgia.
Sotto il dominio dei Sanseverino furono chiamati in Salerno gli uomini più illustri del Regno ma a nulla
valse.
Comunque, in virtù delle sue innumerevoli benemerenze, venne continuamente chiamata in causa per
dirimere le questioni sorte tra università intorno ai privilegi e grandi uomini formatisi nell’antica Scuola
portaro per il mondo la sapienza salernitana, quali Domenico Cotugno che strenuamente lo difese
quando furono minacciati i suoi antichissimi privilegi sotto Re Ferdinando IV. Eppure, Gioacchino
Murat, con decreto del 29 novembre del 1811, in occasione del nuovo ordinamento dell’Istruzione
Pubblica, decretò la fine della Scuola Medica Salernitana.
Questa miniatura risalente al medioevo illustra una delle antichissime
sedi della scuola medica di Salerno; secondo alcuni storici questa
sede era situata presso il golfo di Salerno. Questa posizione
permetteva a naufraghi, feriti e coloro che arrivavano via mare di
trovare asilo e cure nella scuola.
Questa non era l’unica sede della scuola medica, ma c’erano altre
sedi come mostra l’immagine :
La storia della botanica italiana affonda le radici nel "Giardino dei
Semplici" di Matteo Silvatico, il primo orto botanico del Mediterraneo,
nell’ambito della Scuola Medica Salernitana, crocevia della medicina
naturalista, che per secoli ha posseduto la conoscenza per la
preparazione di filtri bevande pozioni medicinali atta a guarire o a
provocare incantesimi. Matteo Silvatico apre la strada alla tradizione
degli orti botanici universitari.
Favorì la coltivazione, negli ubertosi colli del salernitano di infinite
piante medicinali, i cui semi Matteo Silvatico aveva fatto venire perfino
dal lontano Oriente e che, studiate e sperimentate nelle loro virtù
curativa, trovano illustrazione e sistemazione organica nell’Antidotario
di Nicolò il Preposito, che diviene la Farmacopea ufficiale di tutta
l’Europa.
I Medici salernitani erano profondi conoscitori del mondo vegetale ed
abili nella manipolazione delle erbe. Le piante venivano studiate e
classificate in base alle loro proprietà medicamentose, diversamente
combinate e dosate a seconda delle varie applicazioni terapeutiche.
L’opera fondamentale della botanica medicinale è il Circa istans,
attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario, dove vengono
classificate e descritte circa 500 piante officinali.
Gli insegnamenti e la filosofia della Scuola
Medica Salernitana, per tanto tempo
dimenticati, sembrano essere tornati di moda
oggi, negli anni 2000, in cui si cerca di
recuperare alcune delle buone abitudini del
passato nel mangiare sano, nel curarsi con le
erbe, nel ritrovare un più giusto rapporto tra
uomo e natura, nel riscoprire i sapori e gli
odori di un tempo.
ACHILLEA
EUCALIPTO
AGLIO
LAVANDA
ALLORO
BASILICO
FRAGOLA
MALVA
CAMOMILLA
MENTA
ORIGANO
PEPERONCINO
ORTICA
MELISSA
ROSMARINO
SALVIA
TIMO
ACETOSELLA(Oxalis acetosella – Famiglia Ossidalaceae)
L’acetosella è una pianta erbacea perenne,
acaule, rizomatosa, alta 8-15 cm. Molto
comune, si trova nelle zone fredde e
temperato-fredde dell'Europa
Dal Medioevo e ancora oggi,
viene usata per insaporire le
insalate. Si combina con altre
essenze selvatiche in salse di
vario uso. Dalle foglie si ricava
anche un infuso depurativo, una
bevanda dissetante simile alla
limonata, mentre consumate
crude calmano la sete in caso di
mancanza d'acqua e disinfettano
le piccole ulcere del cavo orale.
achillea
Achillea millefolium
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
Il suo nome deriva da Achille, eroe della guerra di Troia, che
scoprì le proprietà antiemorraggiche della pianta e guarì il re
Telefo.
A lungo considerati sacri, i gambi di achillea furono usati in
Europa dai Druidi per le previsioni metereologiche, mentre in
Cina servivano a indovinare il futuro.
Origine: L’achillea è di origine mediterranea.
Diffusione: L’achillea è diffusa nel
Mediterraneo.
Caratteristiche: specie erbacea polimorfa
caratterizzata da capolini con fiori bianchi o rosa.
Comune ai bordi delle strade, si adatta a
condizioni ambientali diverse che influenzano il
suo aspetto. Si raccoglie da giugno a settembre.
L’achillea possiede proprietà digestive, sedative,
vulnerarie, antinfiammatorie e diuretiche.
L’achillea è soprattutto utilizzata per curare
l’ulcera, (infuso)
le varici (decotto per gli impacchi esterni)
le gastriti ribelli (infuso)
le emorroidi (decotto per gli impacchi esterni)
il mal di denti (masticare una foglia di achillea)
e per favorire una buona digestione è utile prendere poche
gocce di tintura prima o dopo i pasti,
Per favorire la digestione
Infuso: 3-5 g in 200 ml di acqua bollente; infusione 10 minuti. Una
tazza pro dose, 3 volte al giorno, tra i pasti
Tintura: 20 g in 100 ml di alcool di circa 50° per 10 giorni.
Tintura vinosa: 5 g in 100 ml di vino bianco a macerare per 10
giorni.
Le foglie dell’achillea vengono essiccate in un luogo
ventilato in cui non penetri la luca solare. La pianta
essiccata va conservata in un recipiente di vetro al riparo
dall’umidità e dalla luce.
aglio
Allium sativum
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
L’aglio veniva coltivato in Medio Oriente già 5000 anni fa.
Nel 1550 a.C., il papiro di Ebers, in Egitto, elencava ben
22 proprietà terapeutiche dell’aglio
Origine: Proviene dall’Asia
Centrale e dall’Africa
settentrionale
Diffusione: tutto il mondo
Caratteristiche: è una pianta
erbacea perenne fornita di un bulbo
che, al termine della vegetazione,
forma dei bulbilli che sono i normali
spicchi d’aglio.
L’aglio è
antisettico (potente battericida), ipotensivo (fa diminuire la
pressione arteriosa massima e minima – vaso dilatatore),
fluidificante del sangue (antiaggregante delle piastrine),
ipolipemizzante (diminuisce il livello di colesterolo nocivo),
ipoglicemizzante (normalizza il livello di glucosio nel sangue),
vermifugo (efficace contro i vermi), depurativo (favorisce il
catabolismo), callifugo , stimolante delle difese organiche
(stimola l’azione dei linfociti ).
L’aglio ha proprietà ipotensive, antisettiche e espettoranti.
Contro l’ipertensione, i reumatismi, il catarro e la diarrea può
essere usato crudo o come
Tintura
Sciroppo
Crudo: masticare 1-3 spicchi,preferibilmente al mattino;
Tintura: 20 g di bulbi tritati in 100 ml di alcool a 75° (a
macero per 10 giorni), da 10 a 20 gocce tre volte al dì su
una zolletta di zucchero o in acqua zuccherata.
Sciroppo: 10 g di bulbi tritati devono macerare in 20 ml di
acqua per dodici ore, quindi si aggiunge tanto zucchero fin
quando è possibile scioglierne. Uno o due cucchiai al
giorno.
L'aglio si raccoglie in estate e si conserva
normalmente.
alloro
Laurus nobilis
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
In Grecia, gli indovini in genere, masticavano o bruciavano foglie d'alloro per
accentuare le qualità divinatorie.
Tenere alloro in casa o addosso significava avere la protezione di Apollo, cui la
pianta era sacra.
Dice la mitologia che la ninfa Daphne, per sfuggire ad Apollo che la concupiva,
chiese a Giove di trasformarla in pianta, e lui la mutò nell'alloro.
Dice la tradizione che l'alloro non è colpito dai fulmini, e preserva dai
medesimi le case dove è piantato, per il rispetto che Giove portava alla ninfa.
La cristianità ha mantenuto il simbolo spirituale dell'alloro. Da Daphne ancora
deriva il nome con il quale la pianta è chiamata tra Grecia, Albania e
Jugoslavia: "dafina".
Il termine nobilis che accompagna il lauro, sta ad indicare la grande
considerazione nella quale l'alloro era tenuto. Infatti una corona di alloro
cingeva la fronte dei vincitori nei giochi olimpici ed era il massimo onore per
un poeta
Origine: mediterraneo
Diffusione: macchia mediterrana
Caratteristiche: è una sempreverde con foglie
lucide, oblunghe a margine ondulato; ha frutti
neri e infiorescenze bianco-giallastre raggruppate
in piccoli ombrelli
Aromatiche
Aperitive
Digestive
Espettoranti
Sedative
Affezioni bronchiali, anche croniche, influenza,
inappetenza: bere 4 tazzine al giorno d'infuso ben caldo.
Oppure, prendere due o tre volte al giorno 30 gocce di tintura in
una tazza di tisana calda
Cattiva digestione, mal di stomaco, disturbi intestinali in
genere, depressione, stanchezza, sudorazione eccessiva
alle estremità: bere con regolarità una tazzina d'infuso dopo i
pasti. Oppure mettere 10-15 gocce di tintura madre sopra una
zolletta di zucchero.
Infuso: 1 g di foglie secche in 100 ml di acqua a bollire per tre
minuti. Una tazzina quando occorre.
tintura: macerare per 12 giorni 20 g di foglie essiccate e
sminuzzate in 100 g d'alcol a 80°, filtrare spremendo. Dose
consigliata 30-40 gocce al giorno diluite in una tisana calda.
Le foglie si possono raccogliere
durante tutto l’anno, ma le migliori
sono quelle raccolte in luglio-agosto.
Generalmente si usano fresche, ma si
possono essiccare all’ombra in un
posto ben areato.
basilico
Ocimum basilicum
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
Un'erba regale di orgine orientale. Sì, perché basilico
deriverebbe dal greco basilicòn che vuol dire regale e sembra
che il basilico, la più mediterranea delle erbe usate in cucina,
sia originaria dell'India.
La sua introduzione in Europa la dobbiamo prima ai Greci e
successivamente ai Romani.
In Egitto fu utilizzata come uno dei componenti del balsamo
usato per la mummificazione.
Presso i Romani, oltre ad essere simbolo degli innamorati,
figurava tra gli odori utilizzati in cucina: Apicio lo inserisce in
una ricetta con i piselli.
Origine: Asia - India
Diffusione: tutte le zone
temperate
Caratteristiche: la pianta è alta fino a
30 cm, con foglie di colore verde
brillente e piccoli fiori biancastri.
Digestive
Antispastiche
Aromatiche
Antinfiammatorie
Per facilitare la digestione e attenuare i crampi allo stomaco e all’intestino:
Infuso: 3 g di foglie essiccate in 100 ml di acqua. Una tazzina dopo i pasti
Per decongestionare bocca e gola infiammate:
Infuso: 6 g di foglie essiccate in 100 ml di acqua. Sciacqui e gargarismi
Contro la caduta dei capelli: in una tazza bollente mettere una manciata di
foglie di basilico, lasciarlo macerare per circa 15 minuti, strizzare le foglie,
toglierle e frizionare la cute con la soluzione.
Bevanda energetica: Bollire dell'acqua, zuccherarla ed aggiungere alcune
foglie di basilico.
Le foglie fresche possono essere raccolte da maggio ad
ottobre, ma possono esser fatte essiccare, disponendole in
strati sottili, in un luogo ombreggiato e ben aereato.
Vanno poi riposte in recipienti di vetro o porcellana.
Le foglie di basilico si possono surgelare con successo,
dopo averle lavate ed asciugate o conservare in olio
d'oliva: pulire delicatamente la foglia, senza lavarla e
disporla a strati in un recipiente a chiusura ermetica
coprendo via via con olio extravergine d'oliva; si
conserverà a lungo ed aromatizzerà l'olio che potrà essere
così utilizzato.
camomilla
Matricaria chamomilla
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: Mediterraneo
Diffusione: tutto il mondo
Caratteristiche: è una pianta erbacea annuale con radice
a fittone e fusto alto fino a 50 cm nelle piante spontanee e
fino ad 80 cm in quelle coltivate; esso è ramificato in alto.
Le foglie sono sessili e inserite alternativamente sul fusto, il
contorno è più o meno ovale lanceolato, ma sono molto
settate.
I fiori sono riuniti in capolini e sono di due tipi: marginali,
aventi una ligula bianca, e interni, piccoli e giallastri che
sono inseriti su un ricettacolo cavo internamente e di forma
conica.
è importante per attenuare i dolori che
precedono o accompagnano il periodo
mestruale e i dolori e gli spasimi del tubo
digerente.
Si può anche applicare esternamente su
pelli e mucose arrossate, infiammate e
congestionate.
Ottima in sciacqui per il mal di denti e in
gargarismi per il mal di gola.
Per difficoltà di digestione, dolori addominali e mestruali,
insonnia, eccitazione nervosa.
Infuso: 4 g di fiori in 100 ml do acqua.
Una tazza 2-3 volte al giorno all’occorrenza.
Per infiammazioni della cute e della mucosa della bocca e della
gola.
Infuso: 10 g di fiori in 100 ml di acqua.
Fare sciacqui, bagni, applicare compresse imbevute sulle parti
infiammate per almeno 15
minuti.
E’ utile per imbiondire i capelli dopo lo shampoo per 5-10 minuti
esponendosi, se possibile, al sole. Si può anche mettere una
manciata di fiori nell’acqua calda del bagno come
decongestionante e lenitivo.
Della Camomilla si raccolgono i capolini vicino alla
fioritura, in maggio-giugno, staccandoli con le
unghie o gli appositi pettini.
I capolini si essiccano disponendoli in strati sottili in
luoghi aerati e all’ombra, poi si conservano in
recipienti di vetro al riparo dalla luce.
eucalipto
Eucalyptus globulus
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine : Australia.
Diffusione: ovunque nel mondo.
Caratteristiche: imponente albero sempreverde
originario dell'Australia, dove raggiunge i 150 m di
altezza con un tronco di circa 3 m di diametro. In Italia
è stato introdotto nel 1860, per essere coltivato nei
luoghi paludosi, poichè si credeva che potesse
prosciugarli, avendo un apparato radicale molto
sviluppato e avido di acqua, per contribuire a
combattere la malaria. Le foglie emanano un
caratteristico odore che allontana gli insetti.
Anticatarro, espettorante, antisettico,
ipoglicemizzante, purificante.
L’infuso di eucalipto cura:
Infiammazioni dell'apparato
respiratorio, bronchite, asma,
influenza;
catarro bronchiale acuto e
cronico; infezioni uro-genitali;
febbre;
Infuso
4 gr di foglie in 200 ml di acqua bollente; infusione 10
min. Una tazza pro dose 3 volte al giorno, tra i pasti.
Il carbone vegetale, ottenuto dal tronco dell’albero,
viene utilizzato come medicinale se ingerito o applicato
sulla pelle. E’ un ottimo rimedio per le intossicazioni
accidentali da veleno (cibo avariato, funghi velenosi,
ecc.), in cui agisce come antidoto universale; e per la
diarrea in quanto assorbe le tossine intestinali prodotte
dai germi patogeni.
Si utilizzano le foglie delle piante adulte,
raccolte in giugno-luglio o in settembre-ottobre,
evitando i periodi più caldi, e fatte essiccare
rapidamente; si conservano in recipienti di vetro
o porcellana.
fragola
Fragraria vesca
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: regioni temperate del pianeta
Diffusione: regioni temperate del pianeta
Caratteristiche: pianta erbacea perenne molto diffusa e
conosciuta nelle regioni della fascia temperata. Il genere
Fragaria appartiene alla Famiglia delle rosacee e include
specie spontanee e numerose varietà coltivate
Anemia, acidi urici, diarrea, disturbi gastrointestinali e urinari,
nervosismo: dosi consigliate in generale per queste patologie 3-6 tazze
al giorno d'infuso di foglie. Per la diarrea prendere anche un cucchiaio di
decotto di foglie 2 volte al giorno. Come diuretico bere 6-10 cucchiai di
decotto di radice, oppure mezzo cucchiaino di polvere 2-3 volte al
giorno, lontano dai pasti principali. Come antiemorragico 1 cucchiaio di
decotto di radice ogni ora.
Artrite, gotta, reumatismi: oltre ad inserire le fragole
nell'alimentazione, prendere 5 cucchiai al giorno di sciroppo. In
alternativa bere 3 tazze al giorno d'infuso di foglie, o prendere la polvere
nella dose consigliata.
Ferite, piaghe, ulcere esterne: contundere qualche foglia fresca di
fragola, porla tra due garze e applicare sulla parte offesa. Fasciare e
lasciare agire per qualche ora.
Inappetenza, stitichezza: bere prima dei pasti principali una tazza di
decotto caldo di radici. Come lassativo blando, oltre a magiare le fragole,
assumere nel corso della giornata 3-5 cucchiai di sciroppo.
aperitive, diuretiche, toniche e lassative, e dietetiche
I frutti svolgono azione benefica anche in caso di reumatismi e sciatiche. Il rizoma ha
qualità astringenti, calmanti, depurative, le foglie sono antidiarroiche,
antiemorragiche, cicatrizzanti e astringenti cutanei.
Infuso di foglie: tritare grossolanamente 50 g di foglie essiccate, porle in un
recipiente di vetro o terracotta, versarvi sopra un litro di acqua bollente, lasciare in
infusione un quarto d'ora, filtrare e bere subito.
Decotto di foglie: bollire in mezzo litro d'acqua 20 g di foglie fresche, finché il
liquido si è ridotto della metà. Filtrare, dolcificare e assumerne un cucchiaio al
mattino a colazione e alla sera.
Decotto di radice: per un quarto d'ora bollire in un litro d'acqua 20-80 g di rizoma
essiccato. Filtrare, addolcire e bere subito, caldo o tiepido.
Polvere: polverizzare in un mortaio la quantità desiderata di foglie essiccate,
prenderne mezzo cucchiaino per volta, 2-3 volte al giorno lontano dai pasti.
Sciroppo: sciogliere lentamente a bagnomaria 340 g di succo fresco di fragola con
700 g di zucchero. Conservare in vasetti di vetro scuro, ermeticamente chiusi.
I frutti vanno raccolti quando sono maturi.
I rizomi e le radici vanno raccolti in primavera e in autunno e,
fatti essiccare al sole, si conservano in sacchetti di carta o tela.
Le foglie vanno staccate prima della fioritura, se non si usano
fresche, vanno fatte asciugare all’ombra e conservate come i
rizomi.
lavanda
Lavandula angustifolia
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
La lavanda, molto profumata, era l’essenza preferita dai
Greci e dai Romani: il nome deriva dal verbo latino lavare.
La leggenda sui guantari di Grasse era quella di profumare
i loro pellami con l’olio di lavanda per essere immuni dalla
peste.
La lavanda fu a lungo usata in medicina, come fece
lerborista inglese Gerard, che la consigliava ai suoi pazienti
per l’emicrania e per i capogiri.
Origine : mediterraneo
Diffusione: macchia mediterranea
Caratteristiche: arbusto ramoso alto fino a 50 cm, è
largamente coltivata per la sua essenza, impiegata
nell'industria dei profumi. In passato la lavanda era
usata per profumare la biancheria (spigo) e per tenere
lontane le tarme e le zanzare.
Sedativo del S.N.C. (sistema nervoso centrale);
spasmolitico e antisettico delle vie respiratorie;
antisettico delle vie uro-genitali;
È indicata per
stati di agitazione nervosa, ansia, insonnia,
tachicardia, nevrosi cardiaca;
affezioni delle vie respiratorie (asma e pertosse);
affezioni delle vie uro-genitali (cistiti, leucorree);
emicranie.
Infuso
5 g in 200 ml di acqua bollente; infusione 10 minuti. Una
tazza pro dose 3 volte al giorno, tra i pasti.
Tintura: 20 g in 100 ml di alcool a 30° (a macero per 8
giorni). Applicare sulla pelle con un tamponcino di cotone.
Tintura vinosa: si mettono in infusione 60-80 g di fiori
sgranati in 1 l di acquavite per 10 giorni. Il filtrato può
essere consumato per uso interno a gocce su zollette di
zucchero.
Le infiorescenze si raccolgono in giugnoluglio, recidendole alla base. Si seccano in
mazzi all’ombra e si conservano in recipienti
di vetro al riparo dalla luce
malva
Malva silvestris
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: proviene dall’Emilia Romagna.
Diffusione: nasce allo stato spontaneo nelle
regioni italiane.
Caratteristiche: pianta biennale
con foglie divise in tre o cinque lobi.
La malva ha proprietà calmanti, diuretiche, lassative,
decongestionanti, espettoranti.
La malva è usata contro la gengivite, (infuso per uso
esterno)
le infiammazioni intestinali, (infuso per uso interno)
l’infiammazione ovarica, (infuso per uso esterno)
per una cura diuretica (decotto)
contro la bronchite e il raffreddore (decotto).
Infuso: 3 g di foglie secche in 100 ml di acqua. Una
tazza, a piccoli sorsi, 2-3 volte al giorno. (per uso
interno)
Infuso: 5 g di foglie secche in 100 ml di acqua. (per
uso esterno)
Decotto: 1 litro di acqua bollente e 150 g di estratto
di malva. Da 1 a 3 tazze al giorno.
I fiori e le foglie della malva si conservano
facendole essiccare all’ombra in un luogo areato.
Le foglie dopo essere state essiccate, vengono
messe in sacchetti di carta; invece i fiori in vasetti
di vetro scuro, al riparo dalla luce.
melissa
Melissa officinalis
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: mediterraneo
Diffusione: nasce allo stato spontaneo nelle
regioni italiane.
Caratteristiche: pianta erbacea
perenne con foglie ovali, con apice
acuto e margini dentati. I fiori sono
riuniti in pseudo verticilli.
Aromatizzanti
Digestive
Antispastiche
Sedative
Come digestivo e sedativo
Infuso: 0,5 g di fiori secchi in 100 ml di acqua. Una o due
tazzine dopo i pasti.
Per purificare e decongestionare la pelle
Infuso: 5 g di fiori secchi in 100 ml di acqua. Fare sciacqui,
gargarismi, lavaggi, applicare compresse imbevute.
Le infiorescenze si raccolgono da maggio a
settembre, si essiccano all’ombra e si
conservano in recipienti di vetro al riparo dalla
luce.
menta
Menta piperita
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
“Mentha” era una ninfa amata da Plutone che fu trasformata
in pianta profumata perché sua moglie, gelosa, era
imtervenuta con decisione.
Gli ebrei la spargevano sui pavimenti delle sinagoghe, l’uso
venne ripreso secoli dopo im Italia per le chiese, dove era
chiamata “erba di Santa Maria”.
La menta è simbolo di ospitalità e sotto questo aspetto è
citata dal poeta latino Ovidio che narrò la favola di due
contadini, Filemone e Bauci, che strofinarono con la menta la
tavola si servizio prima di dar da mangiare a due ospiti divini,
Giove e Mercurio.
I romani aromatizzavano con la menta anche vini e sale.
Origine: Mediterraneo
Diffusione: Mediterraneo
Caratteristiche: è una pianta perenne, alta
da 50 a 60 cm. Le foglie sono ovali, allungate,
dentellate, leggermente pelose, color verde
scuro.
Spasmolitiche nei disturbi gastrointestinali,
Antifermentative,
antisettiche,
antinfiammatorie.
Come prodotto fresco:
Infuso: 5 g di foglie in 100 ml di acqua bollente. Una tazza dopo i
pasti.
Decotto: 6 g di foglie in 100 ml di acqua bollente. Fare sciacqui,
lavaggi e applicare compresse imbevute di decotto sulle parti
interessate.
Come prodotto secco:
Tintura: 20 g in 100 ml di alcool a 70°(a macero per 8 giorni).1 o 2
cucchiaini in acqua zuccherata all’occorrenza.
Tintura vinosa: 2 g in 100 ml di vino bianco (a macero per 8 giorni). Un
bicchierino all’occorrenza.
Essiccazione all’ombra in ambiente areato e
conservazione all’interno di recipienti di
vetro possibilmente scuri.
origano
Origanum vulgare
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: è originario dell’ Europa e dell’ Asia occidentale.
Diffusione: si può trovare nei boschi,
tra le siepi, nei terreni incolti nelle zone
di mare e nei luoghi soleggiati.
Caratteristiche: è una pianta erbacea
con foglie picciolate, ovate e pelosette,
ha fusti eretti e fiori sessili.
aromatizzanti, aperitive, digestive,
Viene utilizzato
- contro i crampi intestinali ed i catarri bronchiali
(infuso)
- come digestivo (tintura vinosa).
Infuso: 1-2 g di fiori secchi in 100 ml di
acqua (a macero per cinque giorni), un
cucchiaino all’occorrenza.
Tintura vinosa: 3 g di fiori secchi in
100 ml di vino (a macero per cinque
giorni), un bicchierino all’occorrenza.
I fiori vengono raccolti tra giugno e agosto, si fanno
essiccare all’ombra e in un luogo ventilato. Infine
vengono conservati in un recipiente di vetro.
ortica
Urtica dioica
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: Europa
Diffusione: Europa
Caratteristiche: pianta annuale, possiede
radici striscianti, ramificate e fibrose, un fusto
eretto e foglie ovali-oblunghe a margine
seghettato. I fiori sono di colore verdognolo e
giallino di dimensioni minute. Il frutto è di forma
ovale.
Dietetiche
Diuretiche
Depurative
Antinfiammatorie intestinali
Come antinfiammatorio dell’intestino
Infuso: 5 g di foglie secche in 100 ml di acqua. Un
cucchiaino ogni tre ore.
Tintura: 20 g di foglie secche in 100 ml di alcool a
20° (a macero per cinque giorni). Due o quattro
cucchiaini al giorno.
Le foglie si raccolgono durante tutto l’anno, si
essiccano all’ombra e si conservano in
sacchetti di carta o di tela.
peperoncino
Caspicus annuum
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
le origini del genere vegetale "capsicum" ( dal latino 'capsa' = scatola, per la forma dei frutti) si
fanno risalire ad un'epoca abbastanza remota: pare che il peperoncino sia apparso per la prima
volta circa 9-10000 anni fa nel Messico centro-meridionale e di lì si sia diffuso in America centrale
e nella parte settentrionale dell'America del Sud.
I nativi americani utilizzavano il peperoncino raccolto da piante selvatiche già nel 5000 A.C. e
sembra che la sua coltivazione fosse praticata già a partire dal 3500 A.C..
Cristoforo Colombo portò in Europa alcuni esemplari di peperoncino al ritorno da un suo viaggio
intorno al 1493, e li chiamò "pimentos" in quanto riteneva che, per la loro piccantezza, potessero
essere un sostituto del pepe (pimiento in spagnolo), spezia allora assai costosa e di difficile
coltivazione.
All'epoca della sua scoperta, il peperoncino si era già differenziato in circa una dozzina di varietà
che venivano coltivate dagli Atzechi per usi alimentari, medicamentosi e rituali.
In Europa l'accoglienza delle nuove specie vegetali fu abbastanza tiepida in quanto si riteneva che
i frutti della famiglia delle solanacee fossero nocivi alla salute -ed in effetti parecchi lo sono- e
pertanto queste nuove piante vennero impiegate per anni esclusivamente a scopo ornamentale.
Solamente verso la metà del 1600 i cuochi europei iniziarono ad utilizzare in cucina patate,
pomodori o melanzane, ma con molta cautela.
Il peperoncino, al contrario, iniziò a diffondersi in Spagna e Portogallo già a poche decine di anni
dalla sua scoperta e si propagò ben presto ai paesi costieri del Mediterraneo, portato da
commercianti o marinai. Dal Mediterraneo, grazie alle grandi crociere esplorative di quel periodo, il
peperoncino si diffuse dapprima in Africa meridionale e successivamente in India ed in estremo
oriente entrando rapidamente a far parte integrante delle varie culture gastronomiche di questi
paesi.
Origine: America centromeridionale
Diffusione: sono coltivati in tutto il mondo.
Caratteristiche: La sostanza chimica che determina la sensazione definita
"piccante" è costituita da una miscela di vari alcaloidi (capsicina e suoi
derivati: diidrocapsicina, nordiidrocapsicina,omocapsicina) inodori ed insapori,
quasi insolubili in acqua e molto solubili nei grassi.
Questo gruppo di sostanze stimola selettivamente i recettori dolorifici della
lingua e delle mucose e produce vasodilatazione dei capillari superficiali. E'
curioso notare che questo effetto si manifesta esclusivamente nei mammiferi
e non, ad esempio, negli uccelli.
i frutti posono essere piccoli e molto piccanti o grandi e poco piccanti. Le
foglie sono a forma ovale o lanceolata, con margine intero.
Aromatizzanti
Vitaminizzanti
Stimolanti
Il peperoncino è molto utile per
l’arteriosclerosi
L’artrite,
i reumatismi
l’artrosi,
La lombaggine
la digestione difficile
la depressione
L’insufficienza epatica
la laringite
le malattie cardiovascolari
Per artriti e reumatismi procedere così: far macerare per 2 giorni 6
peperoncini rossi in 100 gr. di alcool a 60° e con questo poi fare impacchi
sulle parti dolo-ranti.
In caso di necessità si può preparare una lozione lasciando macerare una
parte di peperoncino in 6 di alcool a 33°.
Aggiungendo 15/20 gocce di questa lozione in mezzo bicchiere d'acqua si
otterrà un ottimo rimedio per artrosi e lombaggini (da frizionare sulle parti).
Una ricetta semplice per i gargarismi. Fare macerare in alcool a 90° 2
gr. di polvere di peperoncino, per 12 ore. Filtrare e usare 10 gocce
del liquido ottenuto in mezzo bicchiere di acqua calda.
La tintura del peperoncino si ottiene mettendo a macerare in alcool i
peperoncini freschi. Il rapporto deve essere di uno a sei cioè a 100
gr. di peperoncino devono corrispondere 600 gr. di alcool.
I frutti si raccolgono in agosto-settembre; si
essiccano all’ombra in un luogo areato e si
conservano in vasi di vetro; possona anche
essere surgelati.
rosmarino
Rosmarinus officinalis
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
Si tramanda che nel 1500 la tintura del rosmarino
era chiamata anche Acqua della Regina d’Ungheria,
perché era stat suggerita alla regina da un angelo
per guarire dalla potagia.
Il rosmarino era uno dei quattro ingredienti
dell’aceto “dei quattro ladri” inventato nel 1630
perché si credeva che cospargendosene, ci si
salvasse dal contagio dalla peste.
Il rosmarino una volta era veniva usato anche per
scaramanzia, si pensava che servisse per ripararsi
dalle forze maligne e contro le malattie.
Origine: regioni mediterranee.
Diffusione: un po’ ovunque cresce meglio
in un terreno sabbioso, leggero e ben
drenato.
Caratteristiche: ha foglie coriacee e
lineari e in primavera produce fiorellini
blu.
antisettiche, antispasmodiche, colagoghe, diuretiche, stimolanti,
stomachiche, toniche, vulnerarie, rilassanti e infine stimolanti la
memoria.
Per favorire la digestione, stimolare la diuresi e calmare la
tosse si può utilizzare come:
Infuso
Tintura
Tintura vinosa
Infuso – 1 g di rametti secchi in 100 ml di acqua
e bere una tazza dopo i pasti.
Tintura – 20 g di rametti secchi in 100 ml di
alcool a 70° (a macero per 5 giorni) e prenderne
mezzo cucchiaino su zucchero, dopo i pasti.
Tintura vinosa – 2 g di rametti secchi in 100 ml
di vino (a macero per 5 giorni) e bere un
bicchierino dopo i pasti.
Le sommità si raccolgono alla fioritura, in
maggio-luglio; si essiccano all'ombra, in
strati sottili, in luogo fresco e areato. Si
conservano in recipienti di vetro o di
porcellana.
salvia
Salvia officinalis
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
miti e
leggende
La salvia è chiamata in questo modo perché nel passato si credeva salvasse le
persone dalla morte.
Essa veniva molto usata dai romani, per loro era una pianta sacra, da raccogliere
seguendo un rituale: le persone facevano un sacrificio di pane e vino,
indossavano una tunica bianca e avevano i piedi nudi e ben lavati; le disposizioni
raccomandavano di evitare l’uso di utensili di ferro, poiché i Sali sono
incompatibili con la salvia. I romani la chiamarono appunto salvia da salvere,
“stare bene” e veniva prescritta nelle cure di nervosismi e isterie.
Si racconta che quando la Vergine Maria dovette fuggire con il Bambino, chiese
aiuto a tutti i fiori campestri, ma solo la salvia le dette riparo sotto il suo folto
fogliame per sfuggire alle guardie di Erode. Quando il pericolo fu cessato, la
Vergine disse con gratitudine alla salvia che sarebbe stata la piante preferita dagli
uomini, perché li avrebbe salvati dalle malattie e dalla morte.
Nel XVII secolo la salvia era apprezzatissima dai cinesi, tanto che i mercanti
olandesi barattarono tre ceste di tè con una sola di salvia.
ORIGINE: Europa – area mediterranea
DIFFUSIONE: zone temperate di tutto il mondo
Caratteristiche: arbusto cespuglioso e
sempreverde, che cresce naturalmente in tutto il
bacino mediterraneo, nei luoghi aridi e calcarei.
Tutta la pianta sprigiona un forte odore canforato e
penetrante.
Antinfiammatoria, balsamica, digestiva,
espettorante, antidiabetica
È usata contro l’amenorrea e la dismenorrea; i
sudori notturni dei convalescenti; i sudori
abbondanti di mani e ascelle; il diabete; la
menopausa; l’astenia e la debilitazione; la
dispepsia atonica
Infuso
5 g in 200 ml di acqua bollente, infusione 10
minuti. Una tazza pro dose 2 volte al giorno.
Dopo aver fatto essiccare le foglie in un luogo
ventilato e ombroso, la salvia si conserva
perfettamente in scatole di cartone o in vasi di vetro,
da tenere al riparo dalla luce.
timo
Thymus vulgaris
caratteristiche
proprietà
conservazione
preparazioni
Origine: Mediterraneo Occidentale
Diffusione: soprattutto nella zona del
Mediterraneo Occidentale
Caratteristiche: emana un odore aromatico
forte e gradevole. Il Timo vulgaris cresce
preferibilmente nei luoghi collinosi e montani,
mentre in pianura è più frequente il Timo
serpillo.
Il timo è usato contro la depressione nervosa
E’ antisettico delle vie respiratorie;
antisettico intestinale;
stimolante generale;
espettorante fluidificante delle secrezioni
bronchiali;
spasmolitico delle vie respiratorie;
Infuso: in un litro di acqua bollente aggiungere 10 g di fiori e foglie.
Lasciare riposare 20 min. prima di bere;
Polvere: pestare fiori e foglie fino ad ottenere una polvere finissima
che dovrà essere consumata assieme ad acqua o miele;
Tintura: lasciare a macero per una dozzina di giorni 25 g di sommità
fiorite secche e sminuzzate di timo in 90 g di alcol a 60° agitando
spesso. Filtrare e conservare in boccetta di vetro;
Tintura vinosa: inserire 30 g di fiori secchi ogni 7 dl di vino bianco.
Lasciare macerare per 15 gg agitando spesso, filtrare e conservare in
bottiglie.
Il timo va essiccato all’ombra. I rametti devono
rimanere in una sala asciutta e ventilata. Quando
sono quasi completamente appassiti, bisogna legarli,
lenti, in piccoli mazzetti da appendere per non fargli
assumere odore di muffa.
Queste erano le erbe più note ai tempi della
scuola medica e furono raccolte , studiate e
coltivate nel Giardino dei Semplici (conosciuto
come il Giardino della Minerva ) da Matteo
Silvatico.
Mario Natella
Tutte le cure e tutte le malattie conosciute
all’epoca erano raccolte nel Regimen
Sanitatis ed erano scritte sotto forma di9
filastrocca per essere ricordate meglio dai
medici , come nelle seguenti miniature.
Il Regim en Sanitatis Salernitanum ,
raccolta di insegnamenti della Scuola
Medica Salernitana, costituisce un’opera
di grandissimo valore in cui accanto
all'illustrazione degli elementi della natura
vi è quella degli alimenti, degli stati
d'animo e delle stagioni, allo scopo di
salvaguardare la salute mantenendo un
perfetto equilibrio tra uomo e Natura. E’ in
definitiva una raccolta di norme
igieniche finalizzate al mantenimento d
una vita sana.
Nel Regimen è anche contenuto un prontuario per
sfruttare le proprietà medicamentose delle piante
officinali.
Non mangiare, se non sei sicuro che lo
stomaco sia libero e vuoto del cibo
ingerito in precedenza.
Un pasto breve o leggero raramente fu
molesto.
Quando il ventre sarà sazio di cibo e di
bevande passeggia lentamente.
Chi è accorto si ristora dopo pranzo
con un breve sonnellino.
Sii sobrio quando bevi e sarai
sano.
La rinascita della chirurgia avvenne lentamente dopo il 1200 per
l'apporto della Scuola Medica Salernitana, largamente influenzata dalla
cultura medica Araba.
Infatti in questo periodo un noto medico dell’oriente (ma nato in Africa)
decise di diffondere le sue opere nella prestigiosa scuola di Salerno
diventando così uno dei medici più stimati e ricercati del tempo ;
questo famoso medico è Costantino l’Africano. Proprio grazie a lui si
devono molte scoperte sulla chirurgia e molti rimedi all’epoca ignoti ,
tutte le sue scoperte sono raccolte nel Regimen Sanitatis.
Merita un cenno una delle scoperte più sensazionali dell’epoca :
l’anestesia. Anche se fatta con metodi rudimentali , già al tempo
venivano eseguite non per scoprire la causa del decesso ma bensì per
capire l’anatomia umana. Grazie ai suoi lunghi studi Costantino riuscì ad
abbozzare un esempio (anche se lungi dal rappresentare perfettamente la
nostra anatomia ) della struttura del corpo umano, come mostra la seguente
figura
Anatomia umana secondo il medico
Costantino l’Africano
Alfano I
Ad Alfano I, arcivescovo di Salerno ed esperto di
medicina, sono attribuiti la traduzione dal greco al latino del
trattato sulla Natura dell’uomo, di Nemesio di Emesa,
contenenti metafisica, anatomia, fisiologia ed etica
dell’essere umano.
Sempre di Alfano sono il De quattuor humoribus corporis humani e il
Tractatus de pulsibus, valide teorie di carattere medico-filosofico, sulle
quali si erano già espresse le antiche civiltà orientali e greca,
sollevando la Medicina dall’empiria alla teoria scientifica. Al dotto
vescovo è nello stesso periodo ( XI secolo)si apprende dai cronisti che
venne a Salerno per curarsi Desiderio, abate di Montecassino e che
Adalberto, arcivescovo di Bremen, fu curato da un certo Adamatus,
medico salernitano.
PETROCELLO
Questi che ricordiamo nell’anno 1035 fu tra i riformatori della scuola, che
esumando gli antichi scrittori latini e prendendo a modello Ippocrate e Galeno,
indicò con la sua dottrina e con l’esperienza una nuova via al progresso
scientifico.
Di lui non si sa nulla, la più accreditata delle ipotesi è quella fatta dal De Renzi
che cita Pietro Clerico (o Petrocello) fiorito nel 1035 ed autore di una Pratica
Petrocelli Salernitani. Nella sua opera tratta della legatura dell’arteria e parla
dell’arteriomia comeOribasio. I libri pervenutici sono tre, i primi due ricchi di
riferimenti ellenistici e a Garioponto, il terzo presente ricette sanitarie scritte da
Pietro, tradotte in francese.
GARIOPONTO
Con Garioponto in particolar modo fu lungamente ritenuto greco ma il
De Re Renzi è giunto alla conclusione che sia salernitano o
sicuramente del principato di Salerno, dunque monaco e probabilmente
di origine longobarda.
Fu il primo scrittore medico e viene citato da Pier Damiani, come
contemporaneo, che lo ritiene autore di un Trattato sulle febbri e di un
Passionarius in cui descriveva tutte le malattie, procedendo secondo la
tradizione dalle malattie del capo a quelle dei piedi, indicandone le
cure, soprattutto tramite il cauterio .
La Famiglia dei Cofone
Cofone senior, contemporaneo di Trotula de’ Ruggiero fu per i suoi
scritti e le verità scientifiche contenutevi, fu , dal De Renzi,considerato il
miglior cattedratico della Scuola.
Non va dimenticato Cofone junior, probabilmente figlio del precedente, che
visse ai primordi del XII secolo, e di cui ben noto è il trattato Anatomia porci e
per altre opere di gran valore. È ritenuto uno dei più fecondi e dotti scrittori
medici salernitani.
Nel dottrinario salernitano fu studiata con particolare attenzione l’uroscopia,
l’oculistica e l’anatomia, l’opera anatomica più conosciuta è quella intitolata
“Anatomia porci” di Cofone il Giovane.
Fu proprio grazie a questi studi che Federico II, con particolare Editto, impose
che per poter seguire l’arte chirurgica un chirurgo dovesse praticare le autopsie
“…..praesertim anatomiam humanorum corporum in scholis didicerit….”.
Costantino l’Africano
Nacque a Cartagine nel 1018, si dedicò ben presto alla medicina e secondo
il costume antico compì lunghi viaggi in Oriente visitando l’Arabia, la Caldea,
l’Egitto. Giunse in Italia profugo perché accusato di pratiche magiche e visse a Salerno.
Costantino con la sua opera contribuì ad inserire tra le materie di studio anche
l’anatomia e la chirurgia, permettendo la pratica della dissezione, altrove proibita.
Elevò così la chirurgia a disciplina scientifica , classificando le malattie secondo il
metodo greco, che parte dalla regione del capo per poi scendere a quella del collo, del
tronco fino agli arti inferiori. Arricchì anche i prontuari di “rimedi salernitani” con
prescrizioni sconosciute.
Giovanni Afflaccio
Vissuto nell’XI secolo, salernitano, fu
probabilmente un medico benedettino, discepolo e
principale divulgatore di Costantino, che a lui si
rivolgeva chiamandolo “dilettissimo figlio”.
Pubblicò numerose opere di medicina, tra cui il
famoso Liber Aureus ed altri scritti sulle febbri e
sulle urine, che erroneamente erano stati attribuiti
al suo Maestro.
Mauro Salernitano
Viene ricordato per la sua minuziosa metodica dettata nelle
sue Regolae Urinarum in cui osservava e riportava colore,
quantità e sedimento delle urine, raccolte nella matula
(vaso di vetro a collo largo) e da ciò deduceva lo stato di
salute dell’intero corpo umano, formulando una diagnosi e
una prognosi. Tale procedimento detto uroscopia divenne il
primo esame di laboratorio della storia.
Romualdo II Guarna
Cronista, agiografo latino, nacque a Salerno da nobile famiglia tra il
1110 e il 1120. fece studi di medicina e fu un illustre medico
salernitano.
Fu consacrato arcivescovo di Salerno nel 1153 e favorì, con la sua
opera politica, la causa dei re normanni.
Fu membro del consiglio dei dieci del regno di Sicilia ed ebbe il
privilegio di incoronare re Guglielmo e fu suo delegato nel famoso
congresso di Venezia nel 1177.
Fu autore di un Chronicon, un’opera storica universale che comincia dalla
creazione del mondo e si chiude con la cronistoria del congresso di
Venezia.
Maestro Matteo Salomone
Ebbe fama non comune, già docente della
Scuola salernitana fu chiamato ad insegnare
le discipline mediche in quella di Montpellier.
Con l’autorità del suo nome seppe dare
nuovo lustro a questa scuola.
Maestro Matteo junior Plateario
Appartenente alla nobile famiglia dei Plateari, che dette alla
Scuola altri maestri famosi, tra i quali è da annoverare lo
stesso padre Giovanni Plateario II.
Matteo fu autore di un trattato dei semplici noto col titolo di
Circa instans e presso gli antichi col titolo De Virtutibus
simplicium, in cui sono esposte le virtù dei semplici
secondo i principi galenici e secondo le dottrine
terapeutiche espresse da Guarimpoto, da Cofone e altri.
Egidio de Corbeil che ne fu discepolo tenne in conto tanto la sua
dottrina da confessare che il contenuto della sua opera De compositis
medicaminibus era dovuta al Plateario, mentre a lui apparteneva solo la
forma.
Maestro Pietro o Musandino
Preside della Scuola e maestro amato e venerato di Egidio
de Corbeil che con tutta la devozione di discepolo e di
ispiratore delle dottrine da lui apprese, confessa che i suoi
libri altro non sono che rifacimenbti degli insegnamenti
appresi dal Maestro.
Musandino scrisse la Summula de preparatione ciborum et
potuum infirmorum, il codice De diaetis infirmorum, il
Tractatus de cibis et potibus febricitantium, a noi pervenuti,
dimostrando che questo Ippocrate salernitano fosse ben
degno della fama che godette.
Ursone di Calabria
Sebbene non nativo di salerno divenne un elemento fondamentale della
Scuola cui diede notevoli contributi nel XIII secolo.
Famoso maestro della Scuola compose varie opere di medicina e gli
Aforismi. Influenzò fortemente lo sviluppo della scuola francese, infatti
Egidio (o Gilles) de Corbeil, autorevole esponente della scuola medica
di Montpellier, sarà maestro a Salerno allievo di Munsandino che
divenuto famoso dedicherà il suo famoso libro in versi De Urinis alla
memoria del suo maestro.
Gilles de Corbeil fu medico personale di Filippo il Bello e sempre
lamentò che la scuola francese non fosse capace di raggiungere il
livello della Scuola salernitana.
Giovanni da Procida
Appartenente a una famiglia di antico lignaggio, di forte e leale fede
politica ebbe grande rinomanza nell’arte salutare e sembra sia
divenuro, appena trentenne, medico di Federico II, fino alla morte.
Fu poi Maestro di Manfredi, cui fu vicino come fido consigliere, fino al 1266,
quando sconfitto Manfredi, il da Procida fu costretto ad andare in esilio a
Roma, dove la sua fama presto divenne immensa, avendo egli salvato da
sicura morte il cardinale Giovanni Gaetano degli Orsini, fatto poi papa col nome
di Nicolò III.
Ritornato in patria, per intercessione del papa a lui si deve il Molo Manfredi,
voluta da Giovanni da Procida per offrire un approdo sicuro alle navi che
esercitavano il commercio con l’Oriente.
A lui si deve la fiera e la cupola della Cappella della Cruciata del Duomo, da lui
arricchita di mosaici.
Della sua dottrina nell’arte medica fanno parte alcune preparazioni medicinali
riportate col suo nome perfino nei ricettari del 1700
Salvatore Calenda
Sebbene la Scuola non avesse più il potere
di un tempo grandi figure vi si continuavano
a formare, quali Salvatore Calenda, che
visse sotto il regno di Giovanna II, e divenne
Priore della Scuola di Napoli che modellò
sull’esempio di quella salernitana.
Le”Mulieres Salernitanae”
Con il graduale passaggio del sapere medico dagli
ecclesiastici ai laici non solo aumentò il numero di questi
ultimi ma anche le donne cominciarono ad esercitare l'attività
sanitaria.
Anche se a quel tempo le donne non avevano
un ruolo rilevante nella vita di tutti i giorni , nella Scuola Medica
Salernitana le “mulieres sanitatis” o le medichesse sono state
molto importanti per lo sviluppo delle cure e il rinnovamento della
Scuola.
Tra le tante vanno ricordate Trotula de Ruggiero e Costanzella
Calenda
Trotula De
Ruggiero
Una delle più famose medichesse del tempo era proprio Trotula de Ruggiero (famiglia molto
nota per aver ceduto parte dei propri averi per la costruzione del Duomo). Trotula fu
scienziata, scrittrice, insegnante di medicina, di chirurgia e di ostetricia.
Verso la fine dell’XI secolo, quando si riorganizzò l’università, Trotula vi andò ad
insegnare insieme al marito, Giovanni Plateo il Giovane, e ai figli e, con loro lavorò alla
stesura dell’enciclopedia medica "Pratica Brevis".
L’opera più importante a lei attribuita è il Passionibus mulierum curandarum (primo
trattato ginecologico scritto da una donna) a cui in seguito venne aggiunto un trattato
sulla cosmetica e sulle malattie della pelle.
Del tutto estranea a qualsiasi suggestione di tipo magica o astrologica, la medichessa
salernitana dispensava alle donne consigli straordinariamente moderni come ad
esempio l’importanza dell’igiene, della dieta e dell’attività fisica.
Affrontò e discusse il tema del controllo delle nascite e della infertilità femminile e
reintrodusse, in campo ostetrico, il sostegno perineale. I suoi rimedi erano semplici e poco costosi
affinché potessero beneficiarne anche i più poveri.
Nel suo trattato di cosmesi De ornatu mulierum fornisce ricette su
come curare e tingere i capelli, curare l’alito cattivo e sbiancare i
denti, come depilarsi, togliere le borse sotto gli occhi, truccarsi il
viso e le labbra. Le sue opere ebbero una diffusione enorme: gli
studiosi hanno calcolato oltre un centinaio di manoscritti diffusi in tutta
l’Europa occidentale, ciò che ne dimostra l’uso abituale nelle scuole di
medicina.
Trotula godette di molta fama per tutto il Medio Evo e non solo.
Nella prima metà del XIX secolo fu addirittura coniata, in suo onore,
una medaglia di bronzo di pregevole fattura artistica.
E, per avere i capelli rossi m orbidi e folti...
• I capelli rossi andavano di gran moda anche nel Medio Evo.
Anche se, solitamente, le donne portavano i capelli raccolti in crocchie,
cercavano di renderli morbidi e vaporosi. Trotula suggerisce questa ricetta e
assicura che, in breve tempo i capelli diventeranno meravigliosamente belli.
"Prendere della celidonia (pianta della famiglia delle papaveracee), delle
foglie di bosso e della agrimonia (rosacea) cotta a lungo. In una pentola col
fondo bucherellato e coperto da un panno bianco disporre uno strato di
cimino, uno di paglia di orzo, uno di foglie di bosso, uno di ipia (?) e uno di
celidonia. Sopra mettere un filtro formato da sabbia finissima, polvere di
liquirizia e cenere di frassino. Colare l’acqua della pentola attraverso questo
filtro e lavare spesso i capelli con questa lavanda. Una volta asciutti i capelli
risulteranno rossi, folti e meravigliosamente belli“
Una crem a depilatoria ante-litteram
• Il problema dei peli superflui ha sempre afflitto tutte le donne di ogni epoca
e di ogni paese. La medichessa Trotula nel suo trattato di cosmesi fornisce
questa ricetta, usata dalle nobildonne salernitane, che depila e rende la
pelle morbida, bianca e liscia.
"Prendere succo di foglie di cetriolo selvatico e latte di mandorle; mescolarli
accuratamente con ossido di arsenico e calce viva in polvere finissima,
aggiungere del galbano (resina ricavata dal fusto di alcune ombrellifere)
tritato e amalgamato con del vino e lasciar cuocere per un giorno e una
notte. Quando tutto sarò ben cotto togliere il galbano e aggiungere un po’
d’olio e un po’ di mercurio. Finita la cottura togliere dal fuoco e aggiungere,
in parti uguali, le seguenti spezie profumate: resina di lentisco, noce
moscata, cannella, incenso e chiodi di garofano".
Costanzella Calenda
Figlia del famoso Salvatore Calenda, salernitano, priore
della Scuola di Napoli, al tempo della regina Giovanna, nel 1493.
Di lei si dice che fosse di rara bellezza a cui aggiunse una vasta
dottrina nelle discipline mediche, continuando essa una tradizione della
scuola, che anche alle donne aveva sempre affidato la nobile missione
di curare l’umana salute. Dopo il 1400, a Salerno, non si ebbero più
donne medico e perché in Italia se ne addottorasse un’altra dobbiamo
attendere il 1741, anno in cui a Bologna fu conferita la laurea in
medicina.
Richiesta di ammissione agli esami
di dottorato da parte di Vincenzo
Roncione di Monreale (1690)
Diploma di laurea in
filosofia e medicina
concesso a Francesco
Antonio Candido di
Vignale