www.liceoreginamargheritasalerno.gov.it Classe V Sez. A A.S. 2014-2015 Prof.ssa Caterina Babino La Scuola Medica Salernitana La Scuola Medica Salernitana è stata e rimane tuttora l’eccellenza nel campo della medicina e del suo insegnamento. Per anni la sua fama ha raggiunto anche le nazioni più lontane dalla sua sede ma oggi nel paese di Salerno è stata quasi dimenticata dalla gente mentre la sua fama è nota all’estero Quindi la finalità principale di questo progetto e di far ricordare o far conoscere a tutti ciò che ci ha resi famosi in tutto il mondo. Le origini della Scuola Medica Salernitana Le origini della Scuola Medica Salernitana sono antichissime e si perdono nella leggenda. Essa fonda le radici nei primi insediamenti benedettini avvenuti verso la fine dell’VIII secolo, dove i monaci diffondevano le opere mediche greche e latine ed esercitavano la professione in un ambito ristretto. Il periodo aureo della Scuola iniziò nell’XI secolo, con l’arrivo a Salerno di Costantino l’Africano che introdusse nell’insegnamento le importanti opere arabe. La leggenda La fondazione della scuola risale ai secoli bui dell'Alto M edioevo e non vi è nessun docum ento che possa certificare con precisione una data di riferim ento. Si racconta che un pellegrino greco di nom e P ontus si ferm ò nella città di Salerno e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un tem porale ed un altro viandante m alandato si riparò nello stesso luogo, si trattava del latino Salernus; costui era ferito ed il greco, dapprim a sospettoso, si avvicinò per osservare da vicino le m edicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattem po erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Helinus e l'arabo Abdela. Anche essi si dim ostrarono interessati alla ferita ed alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di m edicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita ad una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate. PROFILO STORICO Il De Renzi, storico della Scuola Salernitana, nega che abbia avuto un’origine clericale e ribadisce che essendo nata come scuola di medicina tale sia rimasta fino alla fine. Il Cucinotti, dal canto suo, anche lui studioso dell’argomento, afferma che essendo esistenti a Salerno fin dall’VIII secolo numerosi monasteri, che ospitavano centri ospedalieri con infermerie, è probabile accreditare l’origine monastica dell’Istituzione salernitana. Terza ipotesi è quella che medici laici, medici ecclesiastici e medici monastici abbiano insegnato per proprio conto per poi riunirsi in Societas dando così origine alla vera Scuola. La Scuola Medica Salernitana viene generalmente divisa in cinque periodi: - 1° periodo cenobitico-ospitaliero, prima dell’anno 1000 2° periodo della rinascenza della medicina antica, tra il 1000 e il 1150, detto anche periodo costantiniano - 3° periodo della medicina igienico-popolare, secolo XII - 4° periodo di creazione delle scuole chirurgiche, secolo XIII - 5° periodo di decadimento, dal secolo XIV al 1811 PROFILO STORICO Primo periodo, cenobitico-ospedaliero Periodo delle origini I più antichi documenti della Scuola si riferiscono ai primordi dell’IX secolo, vaghe notizie sono state reperite nei codici conservati nei Cenobi, che, sorti nel VI secolo per opera di Benedetto da Norcia e di Cassiodoro, accolsero giovani che seppero custodire e diffondere il patrimonio letterario e scientifico attinto alle fonti del classicismo greco e latino e reso familiare dallo studio che si alternava alla preghiera. Contemporaneamente va ricordato che Salerno prima di cadere sotto il dominio Longobardo nel 644, fu una delle ultime città libere, retta con le curie, gli ordinamenti e le leggi romane, il che è confermato dalle antiche epigrafi, a noi pervenute, dove si legge: “Ordo populosque Salernitanus”. Ai nuovi dominatori, Salerno non si arrese ma con una serie di patti la città conservò inalterate le sue istituzioni e quando Arechi II, per difendersi dai Franchi di Carlo Magno, scelse a sua dimora Salerno, la protezione di questo principe munifico e profondo cultore degli studi, valse ad aumentarne il lustro e la fama. Secondo periodo 1000-1150 della rinascenza della medicina antica Periodo Aureo della Scuola Dobbiamo ricordare che i medici del tempo conoscevano tanto bene il greco e il latino da poter leggere tali lavori in lingua originale, ed era fama comune che i Salernitani fossero dotati di ingegno e di esperienza, come affermava lo stesso Reicher di Reims, alcuni secoli più tardi, tanto che erano stati chiamati alla Corte di Francia “per un ingegno naturale e per esperienza pratica”. Terzo periodo Secolo XII Della medicina igienico-popolare E’ il periodo florido della Scuola Salernitana. Iniziò nel XII sec. con l’avvento di Costantino l’Africano che dopo lungo peregrinare giunse nell’Italia meridionale, precisamente a Salerno, poi si ritirò nel convento di Sant’Agata di Aversa e, successivamente, in quello di Montecassino tra il 1056 e il 1085, anno della sua morte. Costantino un’opera intitolata Pantegni, opera in cui si tratta di tutto ciò che un medico deve conoscere. Senza rinnegare l’apporto culturale di Costantino nell’ambito della conoscenze, è bene sottolineare che in generale le sue opere, generalmente traduzioni di testi arabi, derivati a loro volta da opere latine e greche, non influirono in maniera preponderante sulla preparazione dei medici della Scuola Salernitana. Nel dottrinario salernitano fu studiata con particolare attenzione l’uroscopia, l’oculistica e l’anatomia. Merita un ricordo Giovanni da Casamicciola per aver inventato un nodo particolare per la legatura dei vasi sanguigni con un filo di seta. Inoltre va menzionata l’opera più importante del periodo “Flos medicinae Salerni”. Va ricordato, oltre Alfano I, un altro benedettino, Egidio di Corbeil, poeta e medico illustre, oltre che alunno della Scuola medica, quando dalla natia Francia giovinetto si recò a Salerno per apprendere l’arte della medicina. Fu suo Maestro il Preside Musandino e sempre ricordò gli insegnamenti avuti, anche quando fu elevato agli onori di cattedratico all’università di Parigi. Ricordò sempre le bellezze di una terra bagnata dalle onde e protette dai monti, dove si coltivavano e somministravano salutari erbe con le quali combattere la morte, estirpare i morbi, restaurare le forze. In questo periodo si innesta la leggenda di Roberto di Normandia e Sibilla di Conversano che seguendo i consigli dei medici salernitani salvò il marito Roberto sacrificando la sua. Questo episodio ben degno della più alta poesia fece venire alla luce il Flos Medicinae ( Fiore della Medicina ), conosciuto come Regimen Sanitatis, monumento di grandezza e di pietà che detta al popolo con la parola del cuore i precetti della Scuola medica, dedicati a Roberto che intanto era stato eletto Re di Normandia, alla cui compilazione attesero cinque Maestri, Mauro, Matteo, Salomone, Pietro e Ursone, medici, come è detto nell’epilogo, “per quos regnat medicina Salerni”. PROFILO STORICO Quarto periodo secolo XIII Della creazione della Scuola Chirurgica Dal XIII al XIV secolo cominciarono a svilupparsi Università anche in altre località italiane. Federico II tenendo conto della fedeltà nei suoi riguardi degli abitanti di una località decideva di aprire o chiudere un’università. Come l’aveva inizialmente protetta poi Federico II con la stessa facilità decise di distruggere la Scuola Medica Salernitana, infatti fondò il Nuovo Studio generale a Napoli il 5 giugno del 1224, dove chiamò i più famosi maestri e agli studenti furono dati speciali privilegi e immunità. Alla sua morte nel 1252 il figlio Corrado per vendicarsi dei Napoletani abolì lo Studium di Napoli e dette nuovo vigore a quello di Salerno infatti lo definì Sede e Madre Antica di Studi e scriveva così: “ O voi tutti che amate di bere la coppa dell’Elicona, venite di buon grado a Salerno, dove condirete gli animi vostri con la sapienza! “ Manfredi restaurò quella di Napoli e decretò che dovesse essere l’unica del Regno però fece un’eccezione per quella di Salerno secondo il volere del padre che aveva decretato: “…che nessuno potesse assumere il titolo di medico ed esercitare la medicina, se non avesse prima studiato per tre anni logica, e medicina per cinque anni, uno dei quali specialmente dedicatyo alla chirurgia, e non fosse stato approvato in conventu pubblico dai Maestri di Salerno.” Periodo della decadenza dal XIV al 1811 La Scuola Medica di Salerno, come afferma il De Renzi, conclude la sua storia nel XIX secolo. Agli albori del XIV la schiera dei cultori di medicina a Salerno era sempre più esigua mentre la scuola di Napoli basandosi sui precetti salernitani ed integrandoli con gli arabismi, favorita dalle positive condizioni politiche, prese il sopravvento. La Scuola di Salerno ancora richiamava da paesi lontanissimi numerosi studenti che ascrivevano a sommo onore ottenere il titolo dottorale dai suoi maestri. Purtroppo i migliori tendevano ad abbandonarla. Salvatore Calenda, Luigi Trentacapilli e Paolino Caposcrofa lusingati dall’invito e dagli onori della Regina Giovanna II, preferirono a Salerno l’ateneo napoletano. Il Calenda fu addirittura Priore perpetuo di Napoli ma anche altri medici illustri del Salernitano preferirono Napoli, come Pietro Del Forno di Amalfi nel 1469 o Nardello Mirocapillo di Maiori nel 1471 e Paolo Longo di Cava maestro di chirurgia. Sotto il dominio dei Sanseverino furono chiamati in Salerno gli uomini più illustri del Regno ma a nulla valse. Comunque, in virtù delle sue innumerevoli benemerenze, venne continuamente chiamata in causa per dirimere le questioni sorte tra università intorno ai privilegi e grandi uomini formatisi nell’antica Scuola portaro per il mondo la sapienza salernitana, quali Domenico Cotugno che strenuamente lo difese quando furono minacciati i suoi antichissimi privilegi sotto Re Ferdinando IV. Eppure, Gioacchino Murat, con decreto del 29 novembre del 1811, in occasione del nuovo ordinamento dell’Istruzione Pubblica, decretò la fine della Scuola Medica Salernitana. Questa miniatura risalente al medioevo illustra una delle antichissime sedi della scuola medica di Salerno; secondo alcuni storici questa sede era situata presso il golfo di Salerno. Questa posizione permetteva a naufraghi, feriti e coloro che arrivavano via mare di trovare asilo e cure nella scuola. Questa non era l’unica sede della scuola medica, ma c’erano altre sedi come mostra l’immagine : La storia della botanica italiana affonda le radici nel "Giardino dei Semplici" di Matteo Silvatico, il primo orto botanico del Mediterraneo, nell’ambito della Scuola Medica Salernitana, crocevia della medicina naturalista, che per secoli ha posseduto la conoscenza per la preparazione di filtri bevande pozioni medicinali atta a guarire o a provocare incantesimi. Matteo Silvatico apre la strada alla tradizione degli orti botanici universitari. Favorì la coltivazione, negli ubertosi colli del salernitano di infinite piante medicinali, i cui semi Matteo Silvatico aveva fatto venire perfino dal lontano Oriente e che, studiate e sperimentate nelle loro virtù curativa, trovano illustrazione e sistemazione organica nell’Antidotario di Nicolò il Preposito, che diviene la Farmacopea ufficiale di tutta l’Europa. I Medici salernitani erano profondi conoscitori del mondo vegetale ed abili nella manipolazione delle erbe. Le piante venivano studiate e classificate in base alle loro proprietà medicamentose, diversamente combinate e dosate a seconda delle varie applicazioni terapeutiche. L’opera fondamentale della botanica medicinale è il Circa istans, attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario, dove vengono classificate e descritte circa 500 piante officinali. Gli insegnamenti e la filosofia della Scuola Medica Salernitana, per tanto tempo dimenticati, sembrano essere tornati di moda oggi, negli anni 2000, in cui si cerca di recuperare alcune delle buone abitudini del passato nel mangiare sano, nel curarsi con le erbe, nel ritrovare un più giusto rapporto tra uomo e natura, nel riscoprire i sapori e gli odori di un tempo. ACHILLEA EUCALIPTO AGLIO LAVANDA ALLORO BASILICO FRAGOLA MALVA CAMOMILLA MENTA ORIGANO PEPERONCINO ORTICA MELISSA ROSMARINO SALVIA TIMO ACETOSELLA(Oxalis acetosella – Famiglia Ossidalaceae) L’acetosella è una pianta erbacea perenne, acaule, rizomatosa, alta 8-15 cm. Molto comune, si trova nelle zone fredde e temperato-fredde dell'Europa Dal Medioevo e ancora oggi, viene usata per insaporire le insalate. Si combina con altre essenze selvatiche in salse di vario uso. Dalle foglie si ricava anche un infuso depurativo, una bevanda dissetante simile alla limonata, mentre consumate crude calmano la sete in caso di mancanza d'acqua e disinfettano le piccole ulcere del cavo orale. achillea Achillea millefolium caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende Il suo nome deriva da Achille, eroe della guerra di Troia, che scoprì le proprietà antiemorraggiche della pianta e guarì il re Telefo. A lungo considerati sacri, i gambi di achillea furono usati in Europa dai Druidi per le previsioni metereologiche, mentre in Cina servivano a indovinare il futuro. Origine: L’achillea è di origine mediterranea. Diffusione: L’achillea è diffusa nel Mediterraneo. Caratteristiche: specie erbacea polimorfa caratterizzata da capolini con fiori bianchi o rosa. Comune ai bordi delle strade, si adatta a condizioni ambientali diverse che influenzano il suo aspetto. Si raccoglie da giugno a settembre. L’achillea possiede proprietà digestive, sedative, vulnerarie, antinfiammatorie e diuretiche. L’achillea è soprattutto utilizzata per curare l’ulcera, (infuso) le varici (decotto per gli impacchi esterni) le gastriti ribelli (infuso) le emorroidi (decotto per gli impacchi esterni) il mal di denti (masticare una foglia di achillea) e per favorire una buona digestione è utile prendere poche gocce di tintura prima o dopo i pasti, Per favorire la digestione Infuso: 3-5 g in 200 ml di acqua bollente; infusione 10 minuti. Una tazza pro dose, 3 volte al giorno, tra i pasti Tintura: 20 g in 100 ml di alcool di circa 50° per 10 giorni. Tintura vinosa: 5 g in 100 ml di vino bianco a macerare per 10 giorni. Le foglie dell’achillea vengono essiccate in un luogo ventilato in cui non penetri la luca solare. La pianta essiccata va conservata in un recipiente di vetro al riparo dall’umidità e dalla luce. aglio Allium sativum caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende L’aglio veniva coltivato in Medio Oriente già 5000 anni fa. Nel 1550 a.C., il papiro di Ebers, in Egitto, elencava ben 22 proprietà terapeutiche dell’aglio Origine: Proviene dall’Asia Centrale e dall’Africa settentrionale Diffusione: tutto il mondo Caratteristiche: è una pianta erbacea perenne fornita di un bulbo che, al termine della vegetazione, forma dei bulbilli che sono i normali spicchi d’aglio. L’aglio è antisettico (potente battericida), ipotensivo (fa diminuire la pressione arteriosa massima e minima – vaso dilatatore), fluidificante del sangue (antiaggregante delle piastrine), ipolipemizzante (diminuisce il livello di colesterolo nocivo), ipoglicemizzante (normalizza il livello di glucosio nel sangue), vermifugo (efficace contro i vermi), depurativo (favorisce il catabolismo), callifugo , stimolante delle difese organiche (stimola l’azione dei linfociti ). L’aglio ha proprietà ipotensive, antisettiche e espettoranti. Contro l’ipertensione, i reumatismi, il catarro e la diarrea può essere usato crudo o come Tintura Sciroppo Crudo: masticare 1-3 spicchi,preferibilmente al mattino; Tintura: 20 g di bulbi tritati in 100 ml di alcool a 75° (a macero per 10 giorni), da 10 a 20 gocce tre volte al dì su una zolletta di zucchero o in acqua zuccherata. Sciroppo: 10 g di bulbi tritati devono macerare in 20 ml di acqua per dodici ore, quindi si aggiunge tanto zucchero fin quando è possibile scioglierne. Uno o due cucchiai al giorno. L'aglio si raccoglie in estate e si conserva normalmente. alloro Laurus nobilis caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende In Grecia, gli indovini in genere, masticavano o bruciavano foglie d'alloro per accentuare le qualità divinatorie. Tenere alloro in casa o addosso significava avere la protezione di Apollo, cui la pianta era sacra. Dice la mitologia che la ninfa Daphne, per sfuggire ad Apollo che la concupiva, chiese a Giove di trasformarla in pianta, e lui la mutò nell'alloro. Dice la tradizione che l'alloro non è colpito dai fulmini, e preserva dai medesimi le case dove è piantato, per il rispetto che Giove portava alla ninfa. La cristianità ha mantenuto il simbolo spirituale dell'alloro. Da Daphne ancora deriva il nome con il quale la pianta è chiamata tra Grecia, Albania e Jugoslavia: "dafina". Il termine nobilis che accompagna il lauro, sta ad indicare la grande considerazione nella quale l'alloro era tenuto. Infatti una corona di alloro cingeva la fronte dei vincitori nei giochi olimpici ed era il massimo onore per un poeta Origine: mediterraneo Diffusione: macchia mediterrana Caratteristiche: è una sempreverde con foglie lucide, oblunghe a margine ondulato; ha frutti neri e infiorescenze bianco-giallastre raggruppate in piccoli ombrelli Aromatiche Aperitive Digestive Espettoranti Sedative Affezioni bronchiali, anche croniche, influenza, inappetenza: bere 4 tazzine al giorno d'infuso ben caldo. Oppure, prendere due o tre volte al giorno 30 gocce di tintura in una tazza di tisana calda Cattiva digestione, mal di stomaco, disturbi intestinali in genere, depressione, stanchezza, sudorazione eccessiva alle estremità: bere con regolarità una tazzina d'infuso dopo i pasti. Oppure mettere 10-15 gocce di tintura madre sopra una zolletta di zucchero. Infuso: 1 g di foglie secche in 100 ml di acqua a bollire per tre minuti. Una tazzina quando occorre. tintura: macerare per 12 giorni 20 g di foglie essiccate e sminuzzate in 100 g d'alcol a 80°, filtrare spremendo. Dose consigliata 30-40 gocce al giorno diluite in una tisana calda. Le foglie si possono raccogliere durante tutto l’anno, ma le migliori sono quelle raccolte in luglio-agosto. Generalmente si usano fresche, ma si possono essiccare all’ombra in un posto ben areato. basilico Ocimum basilicum caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende Un'erba regale di orgine orientale. Sì, perché basilico deriverebbe dal greco basilicòn che vuol dire regale e sembra che il basilico, la più mediterranea delle erbe usate in cucina, sia originaria dell'India. La sua introduzione in Europa la dobbiamo prima ai Greci e successivamente ai Romani. In Egitto fu utilizzata come uno dei componenti del balsamo usato per la mummificazione. Presso i Romani, oltre ad essere simbolo degli innamorati, figurava tra gli odori utilizzati in cucina: Apicio lo inserisce in una ricetta con i piselli. Origine: Asia - India Diffusione: tutte le zone temperate Caratteristiche: la pianta è alta fino a 30 cm, con foglie di colore verde brillente e piccoli fiori biancastri. Digestive Antispastiche Aromatiche Antinfiammatorie Per facilitare la digestione e attenuare i crampi allo stomaco e all’intestino: Infuso: 3 g di foglie essiccate in 100 ml di acqua. Una tazzina dopo i pasti Per decongestionare bocca e gola infiammate: Infuso: 6 g di foglie essiccate in 100 ml di acqua. Sciacqui e gargarismi Contro la caduta dei capelli: in una tazza bollente mettere una manciata di foglie di basilico, lasciarlo macerare per circa 15 minuti, strizzare le foglie, toglierle e frizionare la cute con la soluzione. Bevanda energetica: Bollire dell'acqua, zuccherarla ed aggiungere alcune foglie di basilico. Le foglie fresche possono essere raccolte da maggio ad ottobre, ma possono esser fatte essiccare, disponendole in strati sottili, in un luogo ombreggiato e ben aereato. Vanno poi riposte in recipienti di vetro o porcellana. Le foglie di basilico si possono surgelare con successo, dopo averle lavate ed asciugate o conservare in olio d'oliva: pulire delicatamente la foglia, senza lavarla e disporla a strati in un recipiente a chiusura ermetica coprendo via via con olio extravergine d'oliva; si conserverà a lungo ed aromatizzerà l'olio che potrà essere così utilizzato. camomilla Matricaria chamomilla caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: Mediterraneo Diffusione: tutto il mondo Caratteristiche: è una pianta erbacea annuale con radice a fittone e fusto alto fino a 50 cm nelle piante spontanee e fino ad 80 cm in quelle coltivate; esso è ramificato in alto. Le foglie sono sessili e inserite alternativamente sul fusto, il contorno è più o meno ovale lanceolato, ma sono molto settate. I fiori sono riuniti in capolini e sono di due tipi: marginali, aventi una ligula bianca, e interni, piccoli e giallastri che sono inseriti su un ricettacolo cavo internamente e di forma conica. è importante per attenuare i dolori che precedono o accompagnano il periodo mestruale e i dolori e gli spasimi del tubo digerente. Si può anche applicare esternamente su pelli e mucose arrossate, infiammate e congestionate. Ottima in sciacqui per il mal di denti e in gargarismi per il mal di gola. Per difficoltà di digestione, dolori addominali e mestruali, insonnia, eccitazione nervosa. Infuso: 4 g di fiori in 100 ml do acqua. Una tazza 2-3 volte al giorno all’occorrenza. Per infiammazioni della cute e della mucosa della bocca e della gola. Infuso: 10 g di fiori in 100 ml di acqua. Fare sciacqui, bagni, applicare compresse imbevute sulle parti infiammate per almeno 15 minuti. E’ utile per imbiondire i capelli dopo lo shampoo per 5-10 minuti esponendosi, se possibile, al sole. Si può anche mettere una manciata di fiori nell’acqua calda del bagno come decongestionante e lenitivo. Della Camomilla si raccolgono i capolini vicino alla fioritura, in maggio-giugno, staccandoli con le unghie o gli appositi pettini. I capolini si essiccano disponendoli in strati sottili in luoghi aerati e all’ombra, poi si conservano in recipienti di vetro al riparo dalla luce. eucalipto Eucalyptus globulus caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine : Australia. Diffusione: ovunque nel mondo. Caratteristiche: imponente albero sempreverde originario dell'Australia, dove raggiunge i 150 m di altezza con un tronco di circa 3 m di diametro. In Italia è stato introdotto nel 1860, per essere coltivato nei luoghi paludosi, poichè si credeva che potesse prosciugarli, avendo un apparato radicale molto sviluppato e avido di acqua, per contribuire a combattere la malaria. Le foglie emanano un caratteristico odore che allontana gli insetti. Anticatarro, espettorante, antisettico, ipoglicemizzante, purificante. L’infuso di eucalipto cura: Infiammazioni dell'apparato respiratorio, bronchite, asma, influenza; catarro bronchiale acuto e cronico; infezioni uro-genitali; febbre; Infuso 4 gr di foglie in 200 ml di acqua bollente; infusione 10 min. Una tazza pro dose 3 volte al giorno, tra i pasti. Il carbone vegetale, ottenuto dal tronco dell’albero, viene utilizzato come medicinale se ingerito o applicato sulla pelle. E’ un ottimo rimedio per le intossicazioni accidentali da veleno (cibo avariato, funghi velenosi, ecc.), in cui agisce come antidoto universale; e per la diarrea in quanto assorbe le tossine intestinali prodotte dai germi patogeni. Si utilizzano le foglie delle piante adulte, raccolte in giugno-luglio o in settembre-ottobre, evitando i periodi più caldi, e fatte essiccare rapidamente; si conservano in recipienti di vetro o porcellana. fragola Fragraria vesca caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: regioni temperate del pianeta Diffusione: regioni temperate del pianeta Caratteristiche: pianta erbacea perenne molto diffusa e conosciuta nelle regioni della fascia temperata. Il genere Fragaria appartiene alla Famiglia delle rosacee e include specie spontanee e numerose varietà coltivate Anemia, acidi urici, diarrea, disturbi gastrointestinali e urinari, nervosismo: dosi consigliate in generale per queste patologie 3-6 tazze al giorno d'infuso di foglie. Per la diarrea prendere anche un cucchiaio di decotto di foglie 2 volte al giorno. Come diuretico bere 6-10 cucchiai di decotto di radice, oppure mezzo cucchiaino di polvere 2-3 volte al giorno, lontano dai pasti principali. Come antiemorragico 1 cucchiaio di decotto di radice ogni ora. Artrite, gotta, reumatismi: oltre ad inserire le fragole nell'alimentazione, prendere 5 cucchiai al giorno di sciroppo. In alternativa bere 3 tazze al giorno d'infuso di foglie, o prendere la polvere nella dose consigliata. Ferite, piaghe, ulcere esterne: contundere qualche foglia fresca di fragola, porla tra due garze e applicare sulla parte offesa. Fasciare e lasciare agire per qualche ora. Inappetenza, stitichezza: bere prima dei pasti principali una tazza di decotto caldo di radici. Come lassativo blando, oltre a magiare le fragole, assumere nel corso della giornata 3-5 cucchiai di sciroppo. aperitive, diuretiche, toniche e lassative, e dietetiche I frutti svolgono azione benefica anche in caso di reumatismi e sciatiche. Il rizoma ha qualità astringenti, calmanti, depurative, le foglie sono antidiarroiche, antiemorragiche, cicatrizzanti e astringenti cutanei. Infuso di foglie: tritare grossolanamente 50 g di foglie essiccate, porle in un recipiente di vetro o terracotta, versarvi sopra un litro di acqua bollente, lasciare in infusione un quarto d'ora, filtrare e bere subito. Decotto di foglie: bollire in mezzo litro d'acqua 20 g di foglie fresche, finché il liquido si è ridotto della metà. Filtrare, dolcificare e assumerne un cucchiaio al mattino a colazione e alla sera. Decotto di radice: per un quarto d'ora bollire in un litro d'acqua 20-80 g di rizoma essiccato. Filtrare, addolcire e bere subito, caldo o tiepido. Polvere: polverizzare in un mortaio la quantità desiderata di foglie essiccate, prenderne mezzo cucchiaino per volta, 2-3 volte al giorno lontano dai pasti. Sciroppo: sciogliere lentamente a bagnomaria 340 g di succo fresco di fragola con 700 g di zucchero. Conservare in vasetti di vetro scuro, ermeticamente chiusi. I frutti vanno raccolti quando sono maturi. I rizomi e le radici vanno raccolti in primavera e in autunno e, fatti essiccare al sole, si conservano in sacchetti di carta o tela. Le foglie vanno staccate prima della fioritura, se non si usano fresche, vanno fatte asciugare all’ombra e conservate come i rizomi. lavanda Lavandula angustifolia caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende La lavanda, molto profumata, era l’essenza preferita dai Greci e dai Romani: il nome deriva dal verbo latino lavare. La leggenda sui guantari di Grasse era quella di profumare i loro pellami con l’olio di lavanda per essere immuni dalla peste. La lavanda fu a lungo usata in medicina, come fece lerborista inglese Gerard, che la consigliava ai suoi pazienti per l’emicrania e per i capogiri. Origine : mediterraneo Diffusione: macchia mediterranea Caratteristiche: arbusto ramoso alto fino a 50 cm, è largamente coltivata per la sua essenza, impiegata nell'industria dei profumi. In passato la lavanda era usata per profumare la biancheria (spigo) e per tenere lontane le tarme e le zanzare. Sedativo del S.N.C. (sistema nervoso centrale); spasmolitico e antisettico delle vie respiratorie; antisettico delle vie uro-genitali; È indicata per stati di agitazione nervosa, ansia, insonnia, tachicardia, nevrosi cardiaca; affezioni delle vie respiratorie (asma e pertosse); affezioni delle vie uro-genitali (cistiti, leucorree); emicranie. Infuso 5 g in 200 ml di acqua bollente; infusione 10 minuti. Una tazza pro dose 3 volte al giorno, tra i pasti. Tintura: 20 g in 100 ml di alcool a 30° (a macero per 8 giorni). Applicare sulla pelle con un tamponcino di cotone. Tintura vinosa: si mettono in infusione 60-80 g di fiori sgranati in 1 l di acquavite per 10 giorni. Il filtrato può essere consumato per uso interno a gocce su zollette di zucchero. Le infiorescenze si raccolgono in giugnoluglio, recidendole alla base. Si seccano in mazzi all’ombra e si conservano in recipienti di vetro al riparo dalla luce malva Malva silvestris caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: proviene dall’Emilia Romagna. Diffusione: nasce allo stato spontaneo nelle regioni italiane. Caratteristiche: pianta biennale con foglie divise in tre o cinque lobi. La malva ha proprietà calmanti, diuretiche, lassative, decongestionanti, espettoranti. La malva è usata contro la gengivite, (infuso per uso esterno) le infiammazioni intestinali, (infuso per uso interno) l’infiammazione ovarica, (infuso per uso esterno) per una cura diuretica (decotto) contro la bronchite e il raffreddore (decotto). Infuso: 3 g di foglie secche in 100 ml di acqua. Una tazza, a piccoli sorsi, 2-3 volte al giorno. (per uso interno) Infuso: 5 g di foglie secche in 100 ml di acqua. (per uso esterno) Decotto: 1 litro di acqua bollente e 150 g di estratto di malva. Da 1 a 3 tazze al giorno. I fiori e le foglie della malva si conservano facendole essiccare all’ombra in un luogo areato. Le foglie dopo essere state essiccate, vengono messe in sacchetti di carta; invece i fiori in vasetti di vetro scuro, al riparo dalla luce. melissa Melissa officinalis caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: mediterraneo Diffusione: nasce allo stato spontaneo nelle regioni italiane. Caratteristiche: pianta erbacea perenne con foglie ovali, con apice acuto e margini dentati. I fiori sono riuniti in pseudo verticilli. Aromatizzanti Digestive Antispastiche Sedative Come digestivo e sedativo Infuso: 0,5 g di fiori secchi in 100 ml di acqua. Una o due tazzine dopo i pasti. Per purificare e decongestionare la pelle Infuso: 5 g di fiori secchi in 100 ml di acqua. Fare sciacqui, gargarismi, lavaggi, applicare compresse imbevute. Le infiorescenze si raccolgono da maggio a settembre, si essiccano all’ombra e si conservano in recipienti di vetro al riparo dalla luce. menta Menta piperita caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende “Mentha” era una ninfa amata da Plutone che fu trasformata in pianta profumata perché sua moglie, gelosa, era imtervenuta con decisione. Gli ebrei la spargevano sui pavimenti delle sinagoghe, l’uso venne ripreso secoli dopo im Italia per le chiese, dove era chiamata “erba di Santa Maria”. La menta è simbolo di ospitalità e sotto questo aspetto è citata dal poeta latino Ovidio che narrò la favola di due contadini, Filemone e Bauci, che strofinarono con la menta la tavola si servizio prima di dar da mangiare a due ospiti divini, Giove e Mercurio. I romani aromatizzavano con la menta anche vini e sale. Origine: Mediterraneo Diffusione: Mediterraneo Caratteristiche: è una pianta perenne, alta da 50 a 60 cm. Le foglie sono ovali, allungate, dentellate, leggermente pelose, color verde scuro. Spasmolitiche nei disturbi gastrointestinali, Antifermentative, antisettiche, antinfiammatorie. Come prodotto fresco: Infuso: 5 g di foglie in 100 ml di acqua bollente. Una tazza dopo i pasti. Decotto: 6 g di foglie in 100 ml di acqua bollente. Fare sciacqui, lavaggi e applicare compresse imbevute di decotto sulle parti interessate. Come prodotto secco: Tintura: 20 g in 100 ml di alcool a 70°(a macero per 8 giorni).1 o 2 cucchiaini in acqua zuccherata all’occorrenza. Tintura vinosa: 2 g in 100 ml di vino bianco (a macero per 8 giorni). Un bicchierino all’occorrenza. Essiccazione all’ombra in ambiente areato e conservazione all’interno di recipienti di vetro possibilmente scuri. origano Origanum vulgare caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: è originario dell’ Europa e dell’ Asia occidentale. Diffusione: si può trovare nei boschi, tra le siepi, nei terreni incolti nelle zone di mare e nei luoghi soleggiati. Caratteristiche: è una pianta erbacea con foglie picciolate, ovate e pelosette, ha fusti eretti e fiori sessili. aromatizzanti, aperitive, digestive, Viene utilizzato - contro i crampi intestinali ed i catarri bronchiali (infuso) - come digestivo (tintura vinosa). Infuso: 1-2 g di fiori secchi in 100 ml di acqua (a macero per cinque giorni), un cucchiaino all’occorrenza. Tintura vinosa: 3 g di fiori secchi in 100 ml di vino (a macero per cinque giorni), un bicchierino all’occorrenza. I fiori vengono raccolti tra giugno e agosto, si fanno essiccare all’ombra e in un luogo ventilato. Infine vengono conservati in un recipiente di vetro. ortica Urtica dioica caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: Europa Diffusione: Europa Caratteristiche: pianta annuale, possiede radici striscianti, ramificate e fibrose, un fusto eretto e foglie ovali-oblunghe a margine seghettato. I fiori sono di colore verdognolo e giallino di dimensioni minute. Il frutto è di forma ovale. Dietetiche Diuretiche Depurative Antinfiammatorie intestinali Come antinfiammatorio dell’intestino Infuso: 5 g di foglie secche in 100 ml di acqua. Un cucchiaino ogni tre ore. Tintura: 20 g di foglie secche in 100 ml di alcool a 20° (a macero per cinque giorni). Due o quattro cucchiaini al giorno. Le foglie si raccolgono durante tutto l’anno, si essiccano all’ombra e si conservano in sacchetti di carta o di tela. peperoncino Caspicus annuum caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende le origini del genere vegetale "capsicum" ( dal latino 'capsa' = scatola, per la forma dei frutti) si fanno risalire ad un'epoca abbastanza remota: pare che il peperoncino sia apparso per la prima volta circa 9-10000 anni fa nel Messico centro-meridionale e di lì si sia diffuso in America centrale e nella parte settentrionale dell'America del Sud. I nativi americani utilizzavano il peperoncino raccolto da piante selvatiche già nel 5000 A.C. e sembra che la sua coltivazione fosse praticata già a partire dal 3500 A.C.. Cristoforo Colombo portò in Europa alcuni esemplari di peperoncino al ritorno da un suo viaggio intorno al 1493, e li chiamò "pimentos" in quanto riteneva che, per la loro piccantezza, potessero essere un sostituto del pepe (pimiento in spagnolo), spezia allora assai costosa e di difficile coltivazione. All'epoca della sua scoperta, il peperoncino si era già differenziato in circa una dozzina di varietà che venivano coltivate dagli Atzechi per usi alimentari, medicamentosi e rituali. In Europa l'accoglienza delle nuove specie vegetali fu abbastanza tiepida in quanto si riteneva che i frutti della famiglia delle solanacee fossero nocivi alla salute -ed in effetti parecchi lo sono- e pertanto queste nuove piante vennero impiegate per anni esclusivamente a scopo ornamentale. Solamente verso la metà del 1600 i cuochi europei iniziarono ad utilizzare in cucina patate, pomodori o melanzane, ma con molta cautela. Il peperoncino, al contrario, iniziò a diffondersi in Spagna e Portogallo già a poche decine di anni dalla sua scoperta e si propagò ben presto ai paesi costieri del Mediterraneo, portato da commercianti o marinai. Dal Mediterraneo, grazie alle grandi crociere esplorative di quel periodo, il peperoncino si diffuse dapprima in Africa meridionale e successivamente in India ed in estremo oriente entrando rapidamente a far parte integrante delle varie culture gastronomiche di questi paesi. Origine: America centromeridionale Diffusione: sono coltivati in tutto il mondo. Caratteristiche: La sostanza chimica che determina la sensazione definita "piccante" è costituita da una miscela di vari alcaloidi (capsicina e suoi derivati: diidrocapsicina, nordiidrocapsicina,omocapsicina) inodori ed insapori, quasi insolubili in acqua e molto solubili nei grassi. Questo gruppo di sostanze stimola selettivamente i recettori dolorifici della lingua e delle mucose e produce vasodilatazione dei capillari superficiali. E' curioso notare che questo effetto si manifesta esclusivamente nei mammiferi e non, ad esempio, negli uccelli. i frutti posono essere piccoli e molto piccanti o grandi e poco piccanti. Le foglie sono a forma ovale o lanceolata, con margine intero. Aromatizzanti Vitaminizzanti Stimolanti Il peperoncino è molto utile per l’arteriosclerosi L’artrite, i reumatismi l’artrosi, La lombaggine la digestione difficile la depressione L’insufficienza epatica la laringite le malattie cardiovascolari Per artriti e reumatismi procedere così: far macerare per 2 giorni 6 peperoncini rossi in 100 gr. di alcool a 60° e con questo poi fare impacchi sulle parti dolo-ranti. In caso di necessità si può preparare una lozione lasciando macerare una parte di peperoncino in 6 di alcool a 33°. Aggiungendo 15/20 gocce di questa lozione in mezzo bicchiere d'acqua si otterrà un ottimo rimedio per artrosi e lombaggini (da frizionare sulle parti). Una ricetta semplice per i gargarismi. Fare macerare in alcool a 90° 2 gr. di polvere di peperoncino, per 12 ore. Filtrare e usare 10 gocce del liquido ottenuto in mezzo bicchiere di acqua calda. La tintura del peperoncino si ottiene mettendo a macerare in alcool i peperoncini freschi. Il rapporto deve essere di uno a sei cioè a 100 gr. di peperoncino devono corrispondere 600 gr. di alcool. I frutti si raccolgono in agosto-settembre; si essiccano all’ombra in un luogo areato e si conservano in vasi di vetro; possona anche essere surgelati. rosmarino Rosmarinus officinalis caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende Si tramanda che nel 1500 la tintura del rosmarino era chiamata anche Acqua della Regina d’Ungheria, perché era stat suggerita alla regina da un angelo per guarire dalla potagia. Il rosmarino era uno dei quattro ingredienti dell’aceto “dei quattro ladri” inventato nel 1630 perché si credeva che cospargendosene, ci si salvasse dal contagio dalla peste. Il rosmarino una volta era veniva usato anche per scaramanzia, si pensava che servisse per ripararsi dalle forze maligne e contro le malattie. Origine: regioni mediterranee. Diffusione: un po’ ovunque cresce meglio in un terreno sabbioso, leggero e ben drenato. Caratteristiche: ha foglie coriacee e lineari e in primavera produce fiorellini blu. antisettiche, antispasmodiche, colagoghe, diuretiche, stimolanti, stomachiche, toniche, vulnerarie, rilassanti e infine stimolanti la memoria. Per favorire la digestione, stimolare la diuresi e calmare la tosse si può utilizzare come: Infuso Tintura Tintura vinosa Infuso – 1 g di rametti secchi in 100 ml di acqua e bere una tazza dopo i pasti. Tintura – 20 g di rametti secchi in 100 ml di alcool a 70° (a macero per 5 giorni) e prenderne mezzo cucchiaino su zucchero, dopo i pasti. Tintura vinosa – 2 g di rametti secchi in 100 ml di vino (a macero per 5 giorni) e bere un bicchierino dopo i pasti. Le sommità si raccolgono alla fioritura, in maggio-luglio; si essiccano all'ombra, in strati sottili, in luogo fresco e areato. Si conservano in recipienti di vetro o di porcellana. salvia Salvia officinalis caratteristiche proprietà conservazione preparazioni miti e leggende La salvia è chiamata in questo modo perché nel passato si credeva salvasse le persone dalla morte. Essa veniva molto usata dai romani, per loro era una pianta sacra, da raccogliere seguendo un rituale: le persone facevano un sacrificio di pane e vino, indossavano una tunica bianca e avevano i piedi nudi e ben lavati; le disposizioni raccomandavano di evitare l’uso di utensili di ferro, poiché i Sali sono incompatibili con la salvia. I romani la chiamarono appunto salvia da salvere, “stare bene” e veniva prescritta nelle cure di nervosismi e isterie. Si racconta che quando la Vergine Maria dovette fuggire con il Bambino, chiese aiuto a tutti i fiori campestri, ma solo la salvia le dette riparo sotto il suo folto fogliame per sfuggire alle guardie di Erode. Quando il pericolo fu cessato, la Vergine disse con gratitudine alla salvia che sarebbe stata la piante preferita dagli uomini, perché li avrebbe salvati dalle malattie e dalla morte. Nel XVII secolo la salvia era apprezzatissima dai cinesi, tanto che i mercanti olandesi barattarono tre ceste di tè con una sola di salvia. ORIGINE: Europa – area mediterranea DIFFUSIONE: zone temperate di tutto il mondo Caratteristiche: arbusto cespuglioso e sempreverde, che cresce naturalmente in tutto il bacino mediterraneo, nei luoghi aridi e calcarei. Tutta la pianta sprigiona un forte odore canforato e penetrante. Antinfiammatoria, balsamica, digestiva, espettorante, antidiabetica È usata contro l’amenorrea e la dismenorrea; i sudori notturni dei convalescenti; i sudori abbondanti di mani e ascelle; il diabete; la menopausa; l’astenia e la debilitazione; la dispepsia atonica Infuso 5 g in 200 ml di acqua bollente, infusione 10 minuti. Una tazza pro dose 2 volte al giorno. Dopo aver fatto essiccare le foglie in un luogo ventilato e ombroso, la salvia si conserva perfettamente in scatole di cartone o in vasi di vetro, da tenere al riparo dalla luce. timo Thymus vulgaris caratteristiche proprietà conservazione preparazioni Origine: Mediterraneo Occidentale Diffusione: soprattutto nella zona del Mediterraneo Occidentale Caratteristiche: emana un odore aromatico forte e gradevole. Il Timo vulgaris cresce preferibilmente nei luoghi collinosi e montani, mentre in pianura è più frequente il Timo serpillo. Il timo è usato contro la depressione nervosa E’ antisettico delle vie respiratorie; antisettico intestinale; stimolante generale; espettorante fluidificante delle secrezioni bronchiali; spasmolitico delle vie respiratorie; Infuso: in un litro di acqua bollente aggiungere 10 g di fiori e foglie. Lasciare riposare 20 min. prima di bere; Polvere: pestare fiori e foglie fino ad ottenere una polvere finissima che dovrà essere consumata assieme ad acqua o miele; Tintura: lasciare a macero per una dozzina di giorni 25 g di sommità fiorite secche e sminuzzate di timo in 90 g di alcol a 60° agitando spesso. Filtrare e conservare in boccetta di vetro; Tintura vinosa: inserire 30 g di fiori secchi ogni 7 dl di vino bianco. Lasciare macerare per 15 gg agitando spesso, filtrare e conservare in bottiglie. Il timo va essiccato all’ombra. I rametti devono rimanere in una sala asciutta e ventilata. Quando sono quasi completamente appassiti, bisogna legarli, lenti, in piccoli mazzetti da appendere per non fargli assumere odore di muffa. Queste erano le erbe più note ai tempi della scuola medica e furono raccolte , studiate e coltivate nel Giardino dei Semplici (conosciuto come il Giardino della Minerva ) da Matteo Silvatico. Mario Natella Tutte le cure e tutte le malattie conosciute all’epoca erano raccolte nel Regimen Sanitatis ed erano scritte sotto forma di9 filastrocca per essere ricordate meglio dai medici , come nelle seguenti miniature. Il Regim en Sanitatis Salernitanum , raccolta di insegnamenti della Scuola Medica Salernitana, costituisce un’opera di grandissimo valore in cui accanto all'illustrazione degli elementi della natura vi è quella degli alimenti, degli stati d'animo e delle stagioni, allo scopo di salvaguardare la salute mantenendo un perfetto equilibrio tra uomo e Natura. E’ in definitiva una raccolta di norme igieniche finalizzate al mantenimento d una vita sana. Nel Regimen è anche contenuto un prontuario per sfruttare le proprietà medicamentose delle piante officinali. Non mangiare, se non sei sicuro che lo stomaco sia libero e vuoto del cibo ingerito in precedenza. Un pasto breve o leggero raramente fu molesto. Quando il ventre sarà sazio di cibo e di bevande passeggia lentamente. Chi è accorto si ristora dopo pranzo con un breve sonnellino. Sii sobrio quando bevi e sarai sano. La rinascita della chirurgia avvenne lentamente dopo il 1200 per l'apporto della Scuola Medica Salernitana, largamente influenzata dalla cultura medica Araba. Infatti in questo periodo un noto medico dell’oriente (ma nato in Africa) decise di diffondere le sue opere nella prestigiosa scuola di Salerno diventando così uno dei medici più stimati e ricercati del tempo ; questo famoso medico è Costantino l’Africano. Proprio grazie a lui si devono molte scoperte sulla chirurgia e molti rimedi all’epoca ignoti , tutte le sue scoperte sono raccolte nel Regimen Sanitatis. Merita un cenno una delle scoperte più sensazionali dell’epoca : l’anestesia. Anche se fatta con metodi rudimentali , già al tempo venivano eseguite non per scoprire la causa del decesso ma bensì per capire l’anatomia umana. Grazie ai suoi lunghi studi Costantino riuscì ad abbozzare un esempio (anche se lungi dal rappresentare perfettamente la nostra anatomia ) della struttura del corpo umano, come mostra la seguente figura Anatomia umana secondo il medico Costantino l’Africano Alfano I Ad Alfano I, arcivescovo di Salerno ed esperto di medicina, sono attribuiti la traduzione dal greco al latino del trattato sulla Natura dell’uomo, di Nemesio di Emesa, contenenti metafisica, anatomia, fisiologia ed etica dell’essere umano. Sempre di Alfano sono il De quattuor humoribus corporis humani e il Tractatus de pulsibus, valide teorie di carattere medico-filosofico, sulle quali si erano già espresse le antiche civiltà orientali e greca, sollevando la Medicina dall’empiria alla teoria scientifica. Al dotto vescovo è nello stesso periodo ( XI secolo)si apprende dai cronisti che venne a Salerno per curarsi Desiderio, abate di Montecassino e che Adalberto, arcivescovo di Bremen, fu curato da un certo Adamatus, medico salernitano. PETROCELLO Questi che ricordiamo nell’anno 1035 fu tra i riformatori della scuola, che esumando gli antichi scrittori latini e prendendo a modello Ippocrate e Galeno, indicò con la sua dottrina e con l’esperienza una nuova via al progresso scientifico. Di lui non si sa nulla, la più accreditata delle ipotesi è quella fatta dal De Renzi che cita Pietro Clerico (o Petrocello) fiorito nel 1035 ed autore di una Pratica Petrocelli Salernitani. Nella sua opera tratta della legatura dell’arteria e parla dell’arteriomia comeOribasio. I libri pervenutici sono tre, i primi due ricchi di riferimenti ellenistici e a Garioponto, il terzo presente ricette sanitarie scritte da Pietro, tradotte in francese. GARIOPONTO Con Garioponto in particolar modo fu lungamente ritenuto greco ma il De Re Renzi è giunto alla conclusione che sia salernitano o sicuramente del principato di Salerno, dunque monaco e probabilmente di origine longobarda. Fu il primo scrittore medico e viene citato da Pier Damiani, come contemporaneo, che lo ritiene autore di un Trattato sulle febbri e di un Passionarius in cui descriveva tutte le malattie, procedendo secondo la tradizione dalle malattie del capo a quelle dei piedi, indicandone le cure, soprattutto tramite il cauterio . La Famiglia dei Cofone Cofone senior, contemporaneo di Trotula de’ Ruggiero fu per i suoi scritti e le verità scientifiche contenutevi, fu , dal De Renzi,considerato il miglior cattedratico della Scuola. Non va dimenticato Cofone junior, probabilmente figlio del precedente, che visse ai primordi del XII secolo, e di cui ben noto è il trattato Anatomia porci e per altre opere di gran valore. È ritenuto uno dei più fecondi e dotti scrittori medici salernitani. Nel dottrinario salernitano fu studiata con particolare attenzione l’uroscopia, l’oculistica e l’anatomia, l’opera anatomica più conosciuta è quella intitolata “Anatomia porci” di Cofone il Giovane. Fu proprio grazie a questi studi che Federico II, con particolare Editto, impose che per poter seguire l’arte chirurgica un chirurgo dovesse praticare le autopsie “…..praesertim anatomiam humanorum corporum in scholis didicerit….”. Costantino l’Africano Nacque a Cartagine nel 1018, si dedicò ben presto alla medicina e secondo il costume antico compì lunghi viaggi in Oriente visitando l’Arabia, la Caldea, l’Egitto. Giunse in Italia profugo perché accusato di pratiche magiche e visse a Salerno. Costantino con la sua opera contribuì ad inserire tra le materie di studio anche l’anatomia e la chirurgia, permettendo la pratica della dissezione, altrove proibita. Elevò così la chirurgia a disciplina scientifica , classificando le malattie secondo il metodo greco, che parte dalla regione del capo per poi scendere a quella del collo, del tronco fino agli arti inferiori. Arricchì anche i prontuari di “rimedi salernitani” con prescrizioni sconosciute. Giovanni Afflaccio Vissuto nell’XI secolo, salernitano, fu probabilmente un medico benedettino, discepolo e principale divulgatore di Costantino, che a lui si rivolgeva chiamandolo “dilettissimo figlio”. Pubblicò numerose opere di medicina, tra cui il famoso Liber Aureus ed altri scritti sulle febbri e sulle urine, che erroneamente erano stati attribuiti al suo Maestro. Mauro Salernitano Viene ricordato per la sua minuziosa metodica dettata nelle sue Regolae Urinarum in cui osservava e riportava colore, quantità e sedimento delle urine, raccolte nella matula (vaso di vetro a collo largo) e da ciò deduceva lo stato di salute dell’intero corpo umano, formulando una diagnosi e una prognosi. Tale procedimento detto uroscopia divenne il primo esame di laboratorio della storia. Romualdo II Guarna Cronista, agiografo latino, nacque a Salerno da nobile famiglia tra il 1110 e il 1120. fece studi di medicina e fu un illustre medico salernitano. Fu consacrato arcivescovo di Salerno nel 1153 e favorì, con la sua opera politica, la causa dei re normanni. Fu membro del consiglio dei dieci del regno di Sicilia ed ebbe il privilegio di incoronare re Guglielmo e fu suo delegato nel famoso congresso di Venezia nel 1177. Fu autore di un Chronicon, un’opera storica universale che comincia dalla creazione del mondo e si chiude con la cronistoria del congresso di Venezia. Maestro Matteo Salomone Ebbe fama non comune, già docente della Scuola salernitana fu chiamato ad insegnare le discipline mediche in quella di Montpellier. Con l’autorità del suo nome seppe dare nuovo lustro a questa scuola. Maestro Matteo junior Plateario Appartenente alla nobile famiglia dei Plateari, che dette alla Scuola altri maestri famosi, tra i quali è da annoverare lo stesso padre Giovanni Plateario II. Matteo fu autore di un trattato dei semplici noto col titolo di Circa instans e presso gli antichi col titolo De Virtutibus simplicium, in cui sono esposte le virtù dei semplici secondo i principi galenici e secondo le dottrine terapeutiche espresse da Guarimpoto, da Cofone e altri. Egidio de Corbeil che ne fu discepolo tenne in conto tanto la sua dottrina da confessare che il contenuto della sua opera De compositis medicaminibus era dovuta al Plateario, mentre a lui apparteneva solo la forma. Maestro Pietro o Musandino Preside della Scuola e maestro amato e venerato di Egidio de Corbeil che con tutta la devozione di discepolo e di ispiratore delle dottrine da lui apprese, confessa che i suoi libri altro non sono che rifacimenbti degli insegnamenti appresi dal Maestro. Musandino scrisse la Summula de preparatione ciborum et potuum infirmorum, il codice De diaetis infirmorum, il Tractatus de cibis et potibus febricitantium, a noi pervenuti, dimostrando che questo Ippocrate salernitano fosse ben degno della fama che godette. Ursone di Calabria Sebbene non nativo di salerno divenne un elemento fondamentale della Scuola cui diede notevoli contributi nel XIII secolo. Famoso maestro della Scuola compose varie opere di medicina e gli Aforismi. Influenzò fortemente lo sviluppo della scuola francese, infatti Egidio (o Gilles) de Corbeil, autorevole esponente della scuola medica di Montpellier, sarà maestro a Salerno allievo di Munsandino che divenuto famoso dedicherà il suo famoso libro in versi De Urinis alla memoria del suo maestro. Gilles de Corbeil fu medico personale di Filippo il Bello e sempre lamentò che la scuola francese non fosse capace di raggiungere il livello della Scuola salernitana. Giovanni da Procida Appartenente a una famiglia di antico lignaggio, di forte e leale fede politica ebbe grande rinomanza nell’arte salutare e sembra sia divenuro, appena trentenne, medico di Federico II, fino alla morte. Fu poi Maestro di Manfredi, cui fu vicino come fido consigliere, fino al 1266, quando sconfitto Manfredi, il da Procida fu costretto ad andare in esilio a Roma, dove la sua fama presto divenne immensa, avendo egli salvato da sicura morte il cardinale Giovanni Gaetano degli Orsini, fatto poi papa col nome di Nicolò III. Ritornato in patria, per intercessione del papa a lui si deve il Molo Manfredi, voluta da Giovanni da Procida per offrire un approdo sicuro alle navi che esercitavano il commercio con l’Oriente. A lui si deve la fiera e la cupola della Cappella della Cruciata del Duomo, da lui arricchita di mosaici. Della sua dottrina nell’arte medica fanno parte alcune preparazioni medicinali riportate col suo nome perfino nei ricettari del 1700 Salvatore Calenda Sebbene la Scuola non avesse più il potere di un tempo grandi figure vi si continuavano a formare, quali Salvatore Calenda, che visse sotto il regno di Giovanna II, e divenne Priore della Scuola di Napoli che modellò sull’esempio di quella salernitana. Le”Mulieres Salernitanae” Con il graduale passaggio del sapere medico dagli ecclesiastici ai laici non solo aumentò il numero di questi ultimi ma anche le donne cominciarono ad esercitare l'attività sanitaria. Anche se a quel tempo le donne non avevano un ruolo rilevante nella vita di tutti i giorni , nella Scuola Medica Salernitana le “mulieres sanitatis” o le medichesse sono state molto importanti per lo sviluppo delle cure e il rinnovamento della Scuola. Tra le tante vanno ricordate Trotula de Ruggiero e Costanzella Calenda Trotula De Ruggiero Una delle più famose medichesse del tempo era proprio Trotula de Ruggiero (famiglia molto nota per aver ceduto parte dei propri averi per la costruzione del Duomo). Trotula fu scienziata, scrittrice, insegnante di medicina, di chirurgia e di ostetricia. Verso la fine dell’XI secolo, quando si riorganizzò l’università, Trotula vi andò ad insegnare insieme al marito, Giovanni Plateo il Giovane, e ai figli e, con loro lavorò alla stesura dell’enciclopedia medica "Pratica Brevis". L’opera più importante a lei attribuita è il Passionibus mulierum curandarum (primo trattato ginecologico scritto da una donna) a cui in seguito venne aggiunto un trattato sulla cosmetica e sulle malattie della pelle. Del tutto estranea a qualsiasi suggestione di tipo magica o astrologica, la medichessa salernitana dispensava alle donne consigli straordinariamente moderni come ad esempio l’importanza dell’igiene, della dieta e dell’attività fisica. Affrontò e discusse il tema del controllo delle nascite e della infertilità femminile e reintrodusse, in campo ostetrico, il sostegno perineale. I suoi rimedi erano semplici e poco costosi affinché potessero beneficiarne anche i più poveri. Nel suo trattato di cosmesi De ornatu mulierum fornisce ricette su come curare e tingere i capelli, curare l’alito cattivo e sbiancare i denti, come depilarsi, togliere le borse sotto gli occhi, truccarsi il viso e le labbra. Le sue opere ebbero una diffusione enorme: gli studiosi hanno calcolato oltre un centinaio di manoscritti diffusi in tutta l’Europa occidentale, ciò che ne dimostra l’uso abituale nelle scuole di medicina. Trotula godette di molta fama per tutto il Medio Evo e non solo. Nella prima metà del XIX secolo fu addirittura coniata, in suo onore, una medaglia di bronzo di pregevole fattura artistica. E, per avere i capelli rossi m orbidi e folti... • I capelli rossi andavano di gran moda anche nel Medio Evo. Anche se, solitamente, le donne portavano i capelli raccolti in crocchie, cercavano di renderli morbidi e vaporosi. Trotula suggerisce questa ricetta e assicura che, in breve tempo i capelli diventeranno meravigliosamente belli. "Prendere della celidonia (pianta della famiglia delle papaveracee), delle foglie di bosso e della agrimonia (rosacea) cotta a lungo. In una pentola col fondo bucherellato e coperto da un panno bianco disporre uno strato di cimino, uno di paglia di orzo, uno di foglie di bosso, uno di ipia (?) e uno di celidonia. Sopra mettere un filtro formato da sabbia finissima, polvere di liquirizia e cenere di frassino. Colare l’acqua della pentola attraverso questo filtro e lavare spesso i capelli con questa lavanda. Una volta asciutti i capelli risulteranno rossi, folti e meravigliosamente belli“ Una crem a depilatoria ante-litteram • Il problema dei peli superflui ha sempre afflitto tutte le donne di ogni epoca e di ogni paese. La medichessa Trotula nel suo trattato di cosmesi fornisce questa ricetta, usata dalle nobildonne salernitane, che depila e rende la pelle morbida, bianca e liscia. "Prendere succo di foglie di cetriolo selvatico e latte di mandorle; mescolarli accuratamente con ossido di arsenico e calce viva in polvere finissima, aggiungere del galbano (resina ricavata dal fusto di alcune ombrellifere) tritato e amalgamato con del vino e lasciar cuocere per un giorno e una notte. Quando tutto sarò ben cotto togliere il galbano e aggiungere un po’ d’olio e un po’ di mercurio. Finita la cottura togliere dal fuoco e aggiungere, in parti uguali, le seguenti spezie profumate: resina di lentisco, noce moscata, cannella, incenso e chiodi di garofano". Costanzella Calenda Figlia del famoso Salvatore Calenda, salernitano, priore della Scuola di Napoli, al tempo della regina Giovanna, nel 1493. Di lei si dice che fosse di rara bellezza a cui aggiunse una vasta dottrina nelle discipline mediche, continuando essa una tradizione della scuola, che anche alle donne aveva sempre affidato la nobile missione di curare l’umana salute. Dopo il 1400, a Salerno, non si ebbero più donne medico e perché in Italia se ne addottorasse un’altra dobbiamo attendere il 1741, anno in cui a Bologna fu conferita la laurea in medicina. Richiesta di ammissione agli esami di dottorato da parte di Vincenzo Roncione di Monreale (1690) Diploma di laurea in filosofia e medicina concesso a Francesco Antonio Candido di Vignale