N°4
AFTER EIGHT STYLE MAGAZINE
MY FIRST
LADY
COLOPHON
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Massimo Vaccaro
Team Manager Event Specialist
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Caporedattore
Sergio Brambilla
Art Director
Antonio Rolli
Music/Club
Festival/Concerti
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ROMAGNA: Alessandro Acerbi - Andrea Fox
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LAZIO: Angelo Cervo - Maurizio Maradona
MARCHE: Andrea Tironi
TOSCANA: Niccolò Armaroli - Nico Mammato
UMBRIA: Gianluca Calderozzi
Vincenzo Viceversa
CAMPANIA: Dario Guida
EMILIA: Marco Bartolini
LOMBARDIA: Andrea Celentano
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Trend Discotec
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A londra
nei
club
conta ancora
la musica
di Francesco Pagano
T
ra il 1999 ed il 2001,
mentre ancora lavoravo in Italia con
la Media Records, sono
venuto spesso a suonare a Londra come dj
guest. Suonavo al Fridge, al Turnmills e in quel
circuito che stava a metà
tra trance, techno ed
hard house, spesso con
Andy Farley. Mi sono
trasferito qui nel 2002,
quando stava iniziando la crisi discografica,
a causa dell’esplosione
degli mp3. Ho iniziato
come dj resident all’Heaven. È un locale grande e storico, all’epoca era l’unico in centro ad avere la licenza per stare aperto fino
alle 6 del mattino. Negli anni ’80 qui lanciarono la high energy
e proponevano un po’ di tutto, da serate gay a serate con Tiesto. Quando ci arrivai io volevano puntare su un sound un po’
più underground. Allora funzionavano molto la house tribale e la
house progressive, quella di dj come Chus & Ceballos, e proprio
sulla loro label, la Stereo / Iberican, pubblicai tre brani in quel
periodo. Pian piano, quasi senza accorgermi, mi sono ritrovato
col calendario pieno di date, proprio come oggi che suono un
po’ dappertutto in Europa… Il perché non l’ho mai capito fino in
fondo, ma senz’altro Londra mi ha aiutato. Solo a Londra poteva
nascere un after per tutti, gay ed etero, come il Trade, un evento
in cui chiunque poteva essere se stesso in assoluto relax. In tanti
anni non ho mai visto una rissa, c’era un’atmosfera ‘hippy’ che
purtroppo oggi è andata persa. Oggi, infatti, c’è una distinzione
piuttosto netta tra locali gay e locali etero. Forse la Londra anni
’90 è simile alla Berlino degli anni 2000, dove un locale come il
Berghain è diventato un mito per tutti, etero e gay. Certo, c’era
la selezione alla porta, nei club non poteva entrare chiunque, ma
oggi è tutto diventato più commerciale… perché un po’ di crisi
c’è, pure qui. Ad esempio, la domenica a Londra ci sono sono
solo piccoli party da 200 o 300 persone, niente di grandioso.
Forse la colpa è di internet. Mi spiego: fino a qualche anno fa i
club erano pieni anche di persone non appassionate di musica
che volevano semplicemente divertirsi. Oggi in discoteca vanno
soprattutto appassionati di musica, che sono tanti… ma mancano tutti gli altri, quelli che oggi, nell’ambiente gay ma forse non
solo, per trovare qualcuno con cui uscire usano Tinder. Londra
comunque resta un luogo bellissimo per andare a ballare. Uno
dei club di riferimento è l’Egg, a Kings Cross, dove suonano solo
top dj. L’ultima volta che ci ho suonato, l’ho fatto tra gli altri con
Nicole Moudaber e Nina Kraviz. Il Fabric purtroppo è chiuso,
mentre il Ministry continua a funzionare con proposte di diverso tipo. All’Aquarium accanto ai loro classici party deep house,
ospitano anche eventi che una volta erano al Fabric… E poi c’è il
Fire, con dj set di star come Marco Carola ed un after eccellente,
Beyond. Io invece una volta al mese suono al party XXL, al Pulse. È una serata gay, di solito già sold out all’una… Funzionano
molto anche i party “One off”, ovvero feste in location che non
sono discoteche, come il Village Underground. In Italia mi sembra
che i titolari di locali vogliano tutto e subito, non capiscono che
per arrivare da qualche parte ci vuole un progetto. Tra i pochi
club ben gestiti c’è il Cocoricò, che infatti è conosciuto anche
all’estero. In UK invece la visione artistica, la musica e i dj resident sono ritenuti fondamentali da chi gestisce una discoteca.
CALL
ME
JOANNE
Il nuovo disco
di Lady Gaga
rappresenta un punto
di svolta per l’artista
italoamericana.
Svestiti i panni
dell’eccentrica
super-diva, si presenta
con una semplicità
che spiazzerà i suoi
fan più accaniti.
di Sergio Brambilla
P
rovocatoria fino all’eccesso, nel trucco e nel
vestirsi, così come nelle esternazioni, Lady
Gaga negli ultimi è stata uno dei personaggi
che più ha fatto parlare di sé. Appena trentenne,
ha trasformato il suo nome in un vero e proprio
brand, apprezzato da milioni di fan sparsi in tutto
il mondo; per questo motivo “Joanne”, quinto album registrato in studio dall’artista, appare come
una vera e propria rivoluzione dell’universo Lady
Gaga. Messi da parte gli abiti e i trucchi eccentrici,
Stefani Joanne Angelina Germanotta si presenta
oggi agli occhi di critici e pubblico con uno stile
nuovo per lei: jeans, maglietta e una chitarra... l’opposto di quanto abbiamo visto durante tutta la sua
carriera. Una ricerca della semplicità, testimoniata
anche dalla scelta di presentare il nuovo disco dal
vivo nei dive bar americani; un ritorno alle origini, a
quando la giovane Stefani si esibiva nei bar di New
York City. È come se Lady Gaga volesse ricordare
a tutti che dietro quegli incredibili vestiti, a quelle
maschere sfoggiate sui red carpet di tutto il mondo, c’è sempre stata, e continua a esserci, un’artista completa, capace di scrivere, suonare e cantare
canzoni, che in Joanne variano per stile dal rock
al pop, dalla dance al country. Non sappiamo se
questo estremo cambiamento sia stato studiato a
tavolino, seguendo gli insegnamenti dell’indiscussa icona della pop music degli anni ‘80 e ‘90, Madonna, che sui cambiamenti di stile e di immagine
ha costruito il proprio successo. Di sicuro, sappiamo che l’album Joanne rimarrà nella storia, quale
spartiacque nella carriera artistica di Lady Gaga.
I fan più accaniti apprezzeranno il cambiamento?
Ci saranno altre rivoluzioni in futuro? Noi pensiamo di sì, e se ora siamo felici di goderci la nuova
Lady Gaga in versione “acqua e sapone”, non vediamo l’ora di assistere alla prossima mutazione.
Cosa sta
succedendo sulla
pista da ballo?
Adoro questa canzone,
ma non vedo
più niente.
club
di Damir Ivic
Berlino
è un’altra cosa
Se ci piace citare la capitale tedesca,
dovremmo anche sapere e capire che molte
delle cose che cerchiamo, vogliamo,
pretendiamo nei club e nelle discoteche
di casa nostra lì sarebbero bandite.
Bella cosa, i simboli. No, diciamo davvero, non
siamo ironici: che ci siano delle cose, delle situazioni, delle città che diventino iconiche è in
realtà un fenomeno positivo. Fa da ispirazione.
Se qualcuno o qualcosa entra tanto nell’immaginario popolare, spesso e volentieri è perché
ispira sensazioni positive: la bellezza, la voglia
di fare, la voglia di condividere, la voglia di stare
bene, la voglia di vivere in un contesto migliore.
Poi chiaro, ci sono tutte le distorsioni del caso:
quando un simbolo diventa inflazionato allora
si fa stucchevole, quando qualsiasi cosa che
passa viene spacciata per icona sale dopo un
po’ il fastidio, quando si spacciano per fondamentali o rivoluzionarie cose o abitudini che
tali non sono ci sta esserne seccati e tirarsene
fuori infastiditi. Ok. Ma che ci siano dei simboli, nel mondo, nelle cose, nella quotidianità, è
bello. È utile. È benefico. Anche nel clubbing.
Ibiza e Berlino sono riconoscibili. Lo sono così
tanto da essere appunto diventate simboli.
Simboli di luoghi dove il clubbing è un primo motore aristotelico, non solo economico.
Dove il clubbing è rispettato. Dove il clubbing
è amato in quanto parte essenziale del DNA
locale. Dove il clubbing è considerato come
un’esperienza positiva, dinamica, socializzante, fondamentale per rendere la vita un posto
migliore dove stare. Quando citiamo Ibiza
o Berlino, è perché vorremo che anche qua
dalle nostre parti ci fosse un po’ di più del
loro spirito: lo aneliamo, lo cerchiamo, vogliamo viverlo almeno per una notte (o se non
altro avere l’illusione di farlo). Quindi ecco:
questo non è certo uno di quei noiosi articoli moralisti e criticoni, “…ebbasta con Ibiza e
Berlino, avete rotto le palle!”, sotto l’insegna
di quel cinismo saputello che spesso affiora
sui social, come reazione contraria ma anche
uguale contro chi è sempre troppo entusiasta e su di giri in modo plasticoso e superficiale (o addirittura calcolato ed artificiale).
Più Ibiza. Più Berlino. Sì. Però ecco: forse sarebbe il caso di capirle meglio. Soprattutto
Berlino. Perché se Ibiza ha un modello di divertimento che è molto simile a quello italiano
(solo che è moltiplicato nei numeri, nell’impatto, nelle esagerazioni), il problema di Berlino
è che la si cita veramente a sproposito. Almeno fino ad adesso, e così sarà finché la capitale
tedesca continuerà ad avere una sua specificità – proprio quella specificità che l’ha resa
“magica” agli occhi di milioni di persone. Non
è un caso come oggi ci si divida abbastanza
tra estimatori di Ibiza e Berlino esattamente
come qualche decennio fa ci si poteva dividere tra hippy e punk; nel primo caso si tratta
sempre di clubbing, nel secondo si trattava
sempre di musica, ok, ma sono proprio due
approcci diversi. Completamente diversi. Radicalmente diversi. Nulla vieta di apprezzare
entrambi, sia chiaro: basta però essere consapevoli che sono due scelte di campo distinte.
E quella tedesca, quella berlinese, è una
scelta abbastanza particolare. Ci si riempie
la bocca, qua in Italia forse ancora più che
in altri posti, ma siamo sicuri di averla capita veramente? Tutto lo sciame di PR, quando
mette in campo nei propri post su Facebook
o nelle proprie conversazioni per promuovere e rendere più accattivante una serata il
flavour da serata berlinese (magari perché il
dj è tedesco e/o vive in quella città), sa costa sta facendo? I clubber di casa nostra
quando stanno bene in un posto e/o vogliono parlarne bene, se dicono “È come essere
a Berlino!” parlano con cognizione di causa? No, perché anche nel clubbing – come in
qualsiasi altra cosa delle vita – le parole sono
importanti. E non bisogna per forza avere in
simpatia Nanni Moretti per rendersene conto.
Il punto è: il clubbing berlinese è la comple-
ta, perfetta antitesi del clubbing italiano su
parecchie cose. Parecchie, e fondamentali.
Chiaro? Perché se invocate tanto Berlino e
tanto vi piace mettere in piazza l’immaginario
berlinese quando volete parlare o far parlare
di serate che vi piacciono, dovreste ricordarvi
un paio di cosine. Iniziamo a fare un piccolo
elenco? Iniziamo. PR: non esistono, non pervenuti, è una entità sconosciuta, è un modo
di ragionare che è completamente e da sempre alieno al modo berlinese di affrontare la
club culture. Chiaro? Quindi ecco, caro PR, se
stai leggendo queste righe sappi che quando
tifi Berlino tifi per l’estinzione di te stesso. Se
fosse veramente “berlinese”, la serata che stai
proponendo e su cui ti prendi una mini-stecca
per ingresso, tu non ci saresti. Zero. L’unica
cosa che potresti fare è andarci, a questa serata, e pagare pure il prezzo pieno per entrare.
Continuiamo: privé, tavoli. Una cosa che all’italiano continua a piacere tanto. Bene. Andate al Berghain. Provate a chiedere dov’è il
privé. Provate a chiedergli se si può prendere
un tavolo, dove sbocciare. Ma prima di farlo,
avvertiteci: perché vorremmo essere presenti quando, a domanda ultimata, il personale
all’ingresso con un sorriso – o prendendovi
per un orecchio – vi accompagnerà alla porta e vi manderà via, ricordandosi per sempre
la vostra faccia per essere sicuri di non correre mai il rischio di farvi entrare. Altri posti
sono meno rudi, nella selezione all’ingresso, ma questo non significa che accettino la
pratica della segmentazione degli spazi interni in zone più o meno VIP. È una cosa che
a Berlino non c’è. E se c’è, è nei locali che
sono trappole per turisti. Ancora peggio per
il salire in console e stare dietro al dj: è una
richiesta considerata tra l’illogico e il ridicolo.
Proseguiamo? Proseguiamo. “Bella gente”:
una dicitura che piace un sacchissimo all’italiano che va nei club, perché se un posto è
pieno di “bella gente” allora è un posto dove
merita andare, no? Bene: sappiate che nei club
di Berlino, quelli che di Berlino hanno fatto la
storia e l’hanno resa un posto così magico,
quella che in Italia viene descritta come “bella
gente” a malapena la si farebbe entrare e di
sicuro si farebbe il possibile per farli sentire a
proprio disagio. Berlino non è il posto dove
ci si veste “bene”, per andare a ballare. Non
è il posto dove si fa vedere la messa in piega fresca di parrucchiere. Non è il posto delle
scarpe coi tacchi, delle giacche costose, delle
camicie, delle magliette che sembrano stracci
ma costano 300 euro. Insomma, non è il posto
dove ci si “presenta bene”. Poi magari Berlino è il posto dove arriva gente vestita con
elaboratissimi indumenti sado-maso, ma la
regola è che si va vestiti normali, senza orpelli, senza agganci modaioli, manco minimi,
molto low profile. Perché si è là per la musica.
O, comunque, per esprimere la voglia della più
completa libertà (da cui il sado-maso, eccetera). Stare troppo attenti al proprio vestiario
e al modo di agghindarsi secondo i dettami
dell’ultima moda è, agli occhi di un berlinese,
l’esatto contrario di entrambi questi approcci. Ed è, insomma, un po’ ridicolo. Come arrivare vestiti da gran sera alla festa di comunione del proprio cugino, avete presente?
Quindi ecco, pensateci quando citate Berlino, quando anelate Berlino dal punto di vista
del clubbing. Il clubbing così come inteso lì è
qualcosa che c’entra fino ad un certo punto
con quello che succede e vogliamo far succedere in Italia. Niente riduzioni, niente privé,
niente salire in console, niente free drink,
niente foto in pista facendo (o non facendo)
duckface. Berlino è un’altra cosa. La prossima
volta che la tirate in ballo o la sentite tirata in
ballo, per una serata a casa vostra, pensateci.
CONSOLE
di Lorenzo Tiezzi
MARTIN
GARRIX DIPLO NASTIA
M
artin Garrix si è appena piazzato al numero uno della Top 100 DJs Poll organizzata
da DJ Mag. Era nell’aria, la sua vittoria in
una classifica molto influente e molto criticata,
anche da molti che non hanno ancora capito
come funziona (il voto è popolare, chiunque scrive 5 nomi su un form sul sito di DJ Mag e la testata si limita a contare i voti). Infatti il 2016 è stato
decisamente l’anno di svolta per il giovanissimo
artista olandese, anzi, l’anno che l’ha consacrato
come superstar. Ad agosto 2015 Garrix ha fatto una mossa che molti consideravano azzardata, ovvero ha mollato Spinnin’ Records, la casa
discografica che lo lanciò ai tempi di “Animals”
(giugno 2013). Oggi Garrix, a soli vent’anni, gesti-
sce la sua label STMPD RCRDS ed ha un accordo
di collaborazione con Sony Music. Per celebrare
l’ormai sicura vittoria nella Top 100 DJs, nei giorni dell’Amsterdam Dance Event ha pubblicato 7
brani in 7 giorni, ovvero si è inventato un’operazione di marketing niente male a costo zero. Perché Martin Garrix, non è solo un giovane dj dal
viso piacevole che si è diplomato con un anno
di anticipo alla Herman Brood Academie, una
scuola per aspiranti star della musica di Utrecht.
È l’incarnazione del top dj di questo millennio: capace di intrattenere in console facendo ascoltare
non solo le sue canzoni ma pure quelle di tanti
altri colleghi. È intelligente nelle scelte di lavoro, è pure capace di andare d’accordo con tutti i
colleghi. All’indomani della sua vittoria nella Top
100, sui social è stato tutto un tripudio di complimenti di gente come David Guetta, Hardwell e
Dimitri Vegas & Like Mike. Lo show business è il
regno dalla falsità, ma per una volta questi complimenti sembravano proprio sinceri. Insieme a
tutte queste qualità, fin troppo celebrate, insieme a diverse speculazioni (la sua parentela con
uno dei creatori di Spinnin’, il ruolo del padre che
è un business man importante), spesso in Italia
dimentichiamo il motivo principale del successo
di Garrix… ovvero la sua musica. Dopo “Animals”,
sono arrivate diverse decine brani che gli hanno fatto totalizzare più di 21 milioni di ascoltatori ad ottobre 2016 solo su Spotify. Tra i 10 brani
più ascoltati su Spotify la già citata “Animals”,
l’unico brano di Garrix che i dj italiani abbiano
suonato in massa, non c’è neppure. La più amata
è invece “In the Name of Love”, una ballad pop
interpretata da Bebe Rexha, seguita da “Don’t
Look Down”, altro brano perfetto sia per muoversi a tempo sia per essere ascoltato alla radio. Insomma, Garrix non sarà Mozart, ma la sua
musica piace. Ecco perché è diventato una star.
A
A
apparente, senza togliersi mai dalla faccia quel
mezzo sorriso che conquista. Ovviamente, dietro
a un successo così globale c’è tanta ricerca e c’è
pure tanto underground, visto che il dj producer
americano sceglie di pubblicare sulla sua Mad
Decent anche EP ’di nicchia’ come “Manifesto”,
un progetto di Big Fish, mito dell’hip hop italiano
conosciuto in tutto il mondo. Come ogni business man di successo, Diplo sa che con la musica
oggi si guadagna poco. Per questo, tra una hit e
l’altra, ha messo su una linea di cappellini, t shirt
e giubbotti american style niente male. Chi è interessato trova tutto su diplo.merchtable.com.
stia ha scritto: “Ho suonato tre volte a Lisbona
e ogni volta è stata peggio dell’altra. Evidentemente qui il mio nome non significa niente. Da
qualche parte la gente ti prende per una Dea,
altrove non sei nessuno e solo la prima posizione è salutare. Ma è ok essere ignorati, in fondo
non ho mai fatto niente di che per essere amata.
Non verrò più a Lisbona, ma ringrazio comunque
le trenta o quaranta persone che hanno ballato con me nel club…”. Quanto a carattere forte,
sex appeal e capacità comunicativa, insomma, la
dj ucraina non ha niente da imparare, anzi potrebbe fare dei corsi agli esperti di marketing su
come usare i social in modo vincente evitando
le consuete banalità. Almeno un paio di volte
la settimana, scrive cose interessanti che fanno
capire che dietro a un viso da modella c’è un
cervello che lavora molto, molto bene. E la musica di Nastia, com’è? A differenza di quasi tutti
i colleghi, su Facebook, da vera dj, segnala anche la musica altrui, non solo la propria. E poi è
una della pochissime protagoniste del clubbing
di nuova generazione ad essere conosciuta più
come come dj che come produttrice. Sia chiaro,
da un po’ di tempo anche lei gestisce una sua
label, Propaganda, ma sembra farlo soprattutto per dare spazio a nuovi talenti più che al suo
ego. Per divertirsi e per un pizzico di esibizionismo che in un artista non deve mancare mai,
ha altri mezzi. Ad esempio, talvolta si diverte a
posare come modella. JettSetter l’ha trasformata in una “fashion stylish bitch”. A guardarla
bene sembra pure un po’ Daryl Hannah e farebbe
bella figura nel nuovo capitolo di Blade Runner.
nche in Italia, il paese latino più lontano
dal groove che fa muovere i fianchi, si balla finalmente forte a ritmo di reggaeton.
Per far diventare “cool” il ritmo sincopato del
reggaeton, quel mix impuro che mette insieme
il meglio e il peggio di hip hop, r’n’b, reggae pop
(eccetera) c’è voluto il successo assoluto di una
sola canzone: “Lean On” dei Major Lazer, il progetto più scanzonato tra i tanti portati avanti da
Diplo. Sia chiaro, alla potenza tellurica del brano hanno contribuito non poco l’apporto di Dj
Snake e la bella voce di MØ, ma la figura chiave resta Diplo, uno che il mondo lo fa ballare da
tempo. Quando all’apice dei suoi set o dei suoi
concerti si mette a torso nudo e prende in mano
il microfono per caricare la folla, i gridolini femminili non mancano mai, perché Thomas Wesley
Pentz aka Diplo è anche un bel pezzo d’uomo:
178 cm di muscoli ben posizionati sotto un sorriso da canaglia che conquista. Ma la cosa più sexy
che ha, probabilmente non è il ciuffo sbarazzino, sono il cervello e una capacità di produzione
musicale che ha affinato in lunghi anni di underground. Nato a Tupelo il 10 novembre 1978, nella
sua carriera ha ormai prestato il suo tocco magico a decine e decine di superstar. Dopo gli inizi
piuttosto sperimentali ma comunque pop con la
britannica M.I.A., ha collaborato con Britney Spears, Madonna, Shakira, Beyoncé, No Doubt, Gwen
Stefani, Usher, Snoop Dogg (…). Il suo capolavoro l’ha però confezionato insieme a Skrillex, altro
talento di confine della scena EDM, producendo “Where are Ü Now”. Il brano ha trasformato
Bieber da star per ragazzine troppo dedita agli
eccessi nell’unico vero fenomeno pop globale
degli ultimi anni. Godersi il making of della produzione di questo capolavoro pop, in cui Skrillex e Diplo spiegano col loro laptop come hanno creato il suono “tipo delfino che canta” che
caratterizza l’inciso del brano non può non dare
emozione. Perché Diplo è fatto così, ogni risultato che raggiunge lo raggiunge senza sforzo
differenza della siberiana Nina Kraviz, l’ucraina Nastia non è ancora una superstar
globale del mixer. In certi paesi, sia chiaro,
lo è già. Ha appena preso parte ad una conferenza all’Amsterdam Dance Event, suona all’Amnesia di Ibiza con Cocoon e in Colombia, terra di
grandi conoscitori dell’elettronica, riempie tutti
i top club… Ma altrove deve crescere. Qualche
settimana fa, pubblicando su Facebook una sua
foto in costume assolutamente mozzafiato, Na-
A 105 indaklubb
Bob Sinclar
e Daddy’s Groove
Andrea Belli e Max Bondino hanno incontrato Bob Sinclar e Carlo Grieco
dei Daddy’s Groove, autori del singolo “Burning”.
Si è parlato del nuovo brano, una vera e propria bomba di energia,
ma anche del passato più o meno recente del dj, producer e remixer francese.
Come è iniziata la
collaborazione con
Daddy’s Groove per
“Burning”?
Bob: Loro sono conosciuti nel dance music market per il sound,
sono dei veri producer. Io
quest’anno volevo sperimentare qualcosa di
nuovo, cercavo un suono
più grande. Volevo produrre house music per
il dancefloor, ma dopo
sei anni di EDM avevo
bisogno di tanta energia e dinamismo per la
nuova canzone. Così ho
pensato che una nostra
collaborazione sarebbe
stata una buona idea. Ci
siamo scambiati qualche
mail, ho mandato loro la
parte strumentale, loro
c’hanno messo mano e
il risultato è stato incredibile. L’abbiamo sentito insieme alla Spinnin’
Records, tutti eravamo
contenti, ma mancava un hook. Ho iniziato a
cercare il giusto sample nella collezione che
ho sul mio laptop, tra brani musicali e a cappella; ho ascoltato quello di Thelma Houston
in “Don’t Leave Me This Way”, ho cambiato un
paio di note ed è venuto come l’ascoltate ora.
Sappiamo che “I feel for you” è uno
dei tuoi brani preferiti...
Bob: Amo quel brano perché è stata una delle
prime volte che ho fatto una vera canzone. È basata su un sample da un pezzo di Cerrone, risale al 1991. È stata una delle hit più importanti
al Miami Winter Conference, e mi ha permesso
per la prima volta di entrare nella Top 10 in UK.
Ho molti buoni ricordi legati a quella canzone.
Domanda per Bob e per Carlo: cosa
facevate nel 1994?
Carlo: Io mi divertivo. Facevo già il dj e tutto
era molto bello, gli anni ‘90 in Italia sono stati fantastici. Il mio mito era Bob Sinclar, pensare che ora sono qui seduto accanto a lui...
Bob: In quel periodo, con il nome di Dj Chris,
facevo parte della scena hip hop, che poi ho
lasciato perdere. Mettevo dischi in alcuni party parigini, ed ero un grande fan di quel genere musicale. Mi spiace doverlo dire, ma la scena
hip hop non esiste più, oggi è tutto business.
C’era un tuo pezzo incredibile di quel
periodo, dal titolo “I told ya”...
Bob: Come fai a conoscerlo? Credo sia stato il secondo 12” che ho realizzato in carriera.
Il rapper della canzone è morto in un incidente con lo scooter, mentre Dj Cut Killer, che
collaborò anche lui al pezzo, suona ancora.
Quest’estate hai suonato al Pacha. Sei
molto orgoglioso del progetto Paris
by Night.
Bob: Sono orgoglioso di suonare al Pacha, di
avere la mia residency, credo sia una cosa eccezionale. Abbiamo avuto ospiti fantastici,
come Masters at Work, Tod Terry... tante leggende che hanno fatto la storia della club culture. I muri del Pacha trasudano house music.
E al Pacha hanno
suonato anche i
Daddy’s Groove.
Com’è stato suonare back to back
con Bob Sinclar? Al
di là della gnocca,
sempre presente
quando suona Sinclar...
Carlo: È stata una figata.
Quando lavori insieme a
Bob Sinclar ti rendi conto di che persona eccezionale sia. Tra noi si è
creato un rapporto quasi familiare. Non è una
cosa che succede sempre. Quando sei in console e si è creato questo
feeling la gente lo vede
e lo sente, percepisce
che c’è un bel rapporto.
Quando suona Sinclar,
al di là della gnocca, ci
sono sempre quelli che io
chiamo festinari, veri appassionati di club culture.
C’è una cantante, al di fuori della scena club, con cui vorresti lavorare?
Bob: Il mio sogno è stato sempre quello di poter lavorare con Jocelyn Brown, ma non ho ancora la canzona giusta per lei. In questo momento ho deciso di uscire dalla mia comfort
zone e di essere un po’ più pop; non so se
sia la persona giusta per la musica che suono
in questo momento. Per ora resta un sogno.
Tornando a Ibiza, cosa pensi della
chiusura di un locale storico come lo
Space e delle critiche mosse da Carl
Cox alla cultura VIP che, a suo modo
di vedere, farebbe solo male all’isola?
Bob: Per quanto riguarda lo Space, devo dire che
sono stato fortunato, perché ho avuto la possibilità di suonare sia sul terrazzo all’aperto che
nello spazio interno al locale. Il cambiamento è
avvenuto nel 2006 ed io ho potuto suonare a
luglio fuori e ad agosto al chiuso, vedendo da
subito la differenza. C’era un feeling diverso nel
suonare al chiuso, ma in quel periodo esibirsi allo
Space era impressionante. Per quanto riguarda i
VIP e Ibiza, io amo come è organizzato il Pacha,
dove la console è posizionata di fronte al pubblico, con la zona VIP alle spalle della console.
Questo, ad esempio, non accade in Francia dove
i VIP sono considerati le vere superstar della serata, e chi ha pagato molto per un tavolo vuol
mostrare a tutti i propri quattrini. A Ibiza non è
così. Forse Carl Cox stava parlando di come è
cambiato lo Space, ma ora è importante avere
i VIP, perché sono loro che fanno girare i soldi.
Puoi guardare l’intervista a
Bob Sinclar e Daddy’s Groove su 105.net
DANCE ON AIR
danceworld
L’UNIVERSO DANCE DI RADIO 105 è anche su 105.net
NEWS FROM
THE MAGIC CITY
I BEAT PIÙ BALLATI
DI NOVEMBRE
Mamacita, la serata che fa impazzire migliaia di ragazzi è diventata un programma radiofonico, perché dai
club italiani e internazionali a Radio 105 il passo è breve se il party è firmato Max Brigante e team Mamacita!
Ogni sabato e domenica alle 19:00 Vicky, DJ Serf,
DJ Erasmo e Lorenzo vi portano nella Magic City
con il meglio del sound dai Club di Miami, e tutte le novità dalla party capital of the world, Miami.
Halloween ha dato il via all’alta stagione di Miami con
feste horror spettacolari andate in scena in club, ristoranti, bar, con protagonisti DJ come Laidback
Luke, Benny Benassi, Oliver Heldens, Dimitri Vegas;
ha poi proseguito con il Forth Lauderdale International Boat Show, una delle più importanti fiere di Yacht
superlusso, catamarani, sportfishers e auto da sogno.
Ma la Magic City questo mese ha preparato anche
la Wanderlust 108, The World’s Only Mindful Triathlon, che coinvolgerà tutti in una tre giorni di sport e
yoga; anche in questa occasione non mancheranno
DJ a rotazione, e la prima settimana di dicembre,
per gli amanti dell’arte a 360° sarà in programma la
spettacolare Art Bazel, uno degli eventi più importanti dell’anno, che raduna artisti da tutto il mondo.
TOP 10 MIAMI
• Meg & Nerak - Get Down
• Way out West - Set my mind
• Mathieu Koss & Boris Way - Campfire
• Major Lazor & Showtek - Believer
• Cristoph - Alone
• Chase & status - All goes wrong
• Tube & Berger - Rukus
• Duderstadt - Muhanjala 2016
• Man Without a Clue - Found the way
• Martin Garrix & bebe - In the name of love
Questo e molto altro, il sabato e la domenica dalle 19.00 alle 21.00 su Radio 105.
Una line up d’eccezione composta da Max Brigante, Andrea Pellizzari, Roc Stars e Latin Lovers
è protagonista della colonna sonora dell’esplosivo random-party con i beat più ballati dai vip e
dal grande popolo urban, un melting pot irresistibile di hiphop, r&b, reggaeton e moombahton.
I 10 TOP BRANI PIÙ BALLATI
DI NOVEMBRE
• Zay hilfigerrr & Zayan Mc Call- Ju Ju On That
Beat
• Ghali - Ninna Nanna
• Fergie - M.I.L.F
NEW SEASON
Cinque ore non stop scandite dai beat e dai set dei
top dj italiani e internazionali, selezionati da Andrea Belli, “head of music” e dj resident di questo
dance-show on-air su 105 da ben 12 anni!
105 INDAKLUBB è la notte dance firmata Radio 105!
Dopo il successo dell’edizione estiva, è ripartita
la nuova stagione invernale che vede la riconferma delle interviste ai big della scena musicale
internazionale. Le curiosità di Michael Feiner e la
sua dirompente energia, il fenomeno deep house
Feder, gli intramontabili Bob Sinclar e Daddy’s
Groove, che hanno presentato la loro nuova collaborazione “Burning”, un successo annunciato!!!
Molte le riconferme nella nuova stagione: Nora
En Pure con la sua classe eterea, Todd Terry con
il tocco old style inconfondibile, Dimitri Vegas &
Like Mike, la label Axtone di Axwell che presenta gli artisti della sua scuderia, Nicky Romero,
Oliver Heldens, Avicii, Bakermat, Claptone, Sam
Feldt, Benny Benassi, Afrojack, The Chainsmokers, Mark Knight, Sigala, Tujamo, Martin Solveig, Armin van Buuren.
Cosa aspettate?
Sintonizzatevi e seguiteci ogni weekend!!!
ESSENTIAL TUNES WINTER 2016
• Beyonce - Hold Up
• Fat Joe Ft Remy Ma - All The Way Up
• D.R.A.M - Broccoli
• Dj Khaled ft Jay Z & Future- I Got The Keys
• Ozuna - Dile Que Tu Me Quieres
• Daddy Yankee ft Nicky Jam - Shaky Shaky
Rmx
• Farruko ft Ky-Mani Marley - Chillax
Mixati originali ed esclusivi, remix e special
guest sono gli ingredienti principali del “Mamacita Radio Show” on air su Radio 105, ma anche online su 105.net e sull’App mobile ufficiale.
• Bob Sinclar & Daddy’s Groove - Burnin’
• Brett Gould - I Wanna Be With You
• Catchment - Trapped
• Chuckie - Party Starter
• EDX - My Friend
• Infinity Ink - Full Capacity (Joris Voorn Remix)
• Josh Feedblack - Ops
• Offaiah - Trouble
• Styline - Beatrocker
• Will Clarke & Dj Funk - Booty Percolatin’
105 In Da Klubb è in onda su Radio 105 il venerdì a mezzanotte e il sabato alle 23.00
NEW YORK
SIMONE DE BEAUVOIR
FABRIZIO
BRIENZA
NIGHT life and
party curator
A
New York c’è una forte libertà di espressione
delle proprie idee, puoi esprimere il tuo concetto di moda ispirato esclusivamente sulla
tua vera personalità. Il giudizio non è basato su canoni tradizionali in cui si segue un trend specifico,
l’importante è far brillare la propria personalità; sicuramente facilitato dal fatto che è una città con una
umanità proveniente da tutto il mondo, così avviene
che la mente di ognuno è aperta alle novità. Senza
dimenticare che, in primis, il successo di un evento, in
un locale o in una location, è creato dal sound musicale adatto e da un crowd eterogeneo a cui aggiungere personalità differenti che insieme creano l’anima
del locale.
La città più accogliente del mondo
Vivere in Città come Los Angeles, Miami e Las Vegas,
è stimolante ma New York è molto più veloce, il flusso
di persone è continuo, cambia aspetto ogni sei mesi
e ti obbliga a rigenerarti se non vuoi esserne divorato.
Il costo della vita è molto alto, è una città che regala
tanti stimoli, ti mette alla prova continuamente, ma
una volta che ti senti di farne parte lo vivi come una
conquista, perché non è stato facile. Ho impiegato
anni, ma devo riconoscere che il fatto di essere italiano, ormai da molti anni, è diventato un biglietto da
visita vincente. L’Italia è molto amata dagli Americani, è apprezzato il nostro stile di vita ed è vista come
uno scrigno che racchiude tante bellezze naturali ed
artistiche. Questo mi ha molto aiutato nel lavoro, nei
rapporti personali e soprattutto nel diventare un apprezzato Nightlife and Party Curator, grazie a questo i
miei eventi sono molto seguiti. Mi piace mettere insieme le persone, vederle sorridere, divertirsi e la musica
ha sempre un ruolo fondamentale, può trasformare
un party riuscito in una serata magica di cui la gente
parlerà per giorni e giorni in attesa di una mia nuova
avventura. Amo questa città. New York ha dimostrato al mondo di non essere cambiata nel suo spirito e
nel carattere, dopo la tragedia di quindici anni fa, nel
rimanere la città del mondo più accogliente e aperta
al nuovo che viene da lontano.
una città
dove
la mente
di ognuno è
aperta
alle novità.
FRANCESCO I
BELCARO
FONDATORE MADE IN ITALY NYC
non ricordo
un giorno
che non
sia stata
un’avventura
nuova.
o sono arrivato a New York 15 anni fa e anche se
la “night life” è cambiata in diversi aspetti, questa
Grande Mela non ha perso l’energia e la magia
che ti consegna ogni giorno. Non ricordo un giorno
che non sia stata un’avventura nuova. Ho lavorato
con i migliori locali al mondo vivendo a New York, e
tutti mi hanno dato una emozione diversa. È incredibile come si possa mettere assieme una varietà di
società, culture, colori sotto il tetto di un’unica discoteca.
La serata perfetta
L’Up&Down ospiterà il prossimo evento del Made in
Italy come ogni anno. Tutto è pronto, dallo staff al
management ai Dj. I problemi di gestione degli artisti e logistica di una metropoli così grande sono
tantissimi. Ovviamente, non sempre tutto fila liscio.
Mentre ascolto il mio team che cerca di chiamare il
locale per sistemare il “set up” richiesto dal nostro dj
ospite, continuo a sognare la serata perfetta; intanto, il tam-tam del nostro evento sta raggiungendo
ogni angolo della città, e cresce l’attesa.
Quando costruisci qualcosa con passione, vuoi che
tutto sia perfetto, incluso il team che lavorerà alla
tua serata. Io mi presento due ore prima dell’apertura e parlo con tutto lo staff, ascoltando i loro punti di
vista, cercando di scoprire i punti di forza ma anche
le debolezze delle postazioni, impianto, manager e
coreografia. La serata basata su un mix “deep house” è il punto forte, ma sarà accompagnata da “performance” di diverse tipologie.
Il mix perfetto
Quindici anni fa c’era una zona sola per le discoteche
di questo tipo, adesso possiamo trovare locali da
“Midtown” a “Chelsea” a “Soho” a “Gramercy Park”;
per citarne alcuni tra i più trendy al momento:
Marquee, Output, House of Yes, Top of the Standard,
Lavo. Insomma, la ricerca del mix perfetto oggigiorno si trova un po’ in tutta l’isola di Manhattan. Se la
serata va bene, uno dei momenti più belli è quando
tutto è finito, l’adrenalina scende e vai a far colazione con il team col quale hai cominciato tanti anni fa,
e come ragazzini ritorniamo a scherzare, pianificare
e sognare come fare il prossimo evento al “Madison
Square Garden”.
Un altro locale di cui voglio parlarvi è lo Space Ibiza
NYC, che abbiamo lanciato noi due anni fa; l’energia
e l’adrenalina su quel dance floor sono splendidi, con
un fantastico sound system Funktion One. Questo
lavoro ci mantiene le idee fresche e lo spirito giovanile. Se siete in città, ci vediamo stasera.
NEW YORK
GIANNI
ASLO
PROMOTER
una realtà
molto forte
Degli ultimi
anni sono
i party M
nella zona
di brooklyn.
i ci è voluto un po’ di tempo per orientarmi
nella night life newyorkese. Arrivato nella
grande mela otto anni fa per una semplice
vacanza solitaria, senza avere nessuna conoscenza
o contatto, ho scoperto la città passo dopo passo.
Oggi sono ancora qua e posso dire che la realtà della
night life l’ho scoperta fino in fondo. Appena arrivato
non sapevo dove sbattere la testa, non avevo la minima idea di quali erano le zone più attive o trendy.
Dopo pochi mesi dal mio arrivo, ebbi la fortuna di conoscere un ragazzo che mi offrì di lavorare per un bar
di un club che stava per aprire a Soho, accettai senza
avere la minima idea che sarebbe stato uno dei club
più esclusivi della città, il Kenmare 98: musica principalmente indie rock, clientela super esclusiva grazie
alla presenza dei più grandi artisti a livello mondiale
come Madonna, Bono, Keith Richards, Courtney Love.
Fuori dall’ingresso code chilometriche destinate a rimanere tali visto che, senza contatti, non si riusciva a
oltrepassare la corda rossa che chiudeva il passaggio.
Così iniziai a coltivare connection nel mondo della
night life exclusive di NY, e questo avveniva principalmente attorno a Soho, la zona downtown della città,
ricca di club lounge piccoli o di grandezza media che
si trasformano in salotti per le celebrità della città.
L’esclusività di Manhattan
Dopo poco tempo, avendo conquistato un buon
numero di amici e di contatti, hanno cominciato a
chiedermi di fare il Promoter in altri club tra cui Le
Baron, che aveva lo stesso target di clientela di livello internazionale; si sviluppava su due piani, in uno
N
ew York dà la possibilità di viaggiare in tutto
il mondo vivendo in una sola città, ti regala un
respiro cosmico: incontri spesso persone interessanti con diversi background da cui attingere, contribuendo ad ampliare i propri orizzonti.
Chi guarda a New York dal di fuori, pensando di andarci a vivere, immagina che il top sia abitare a Manhattan, una scelta che va bene per chi ama vivere
in modo piuttosto convenzionale. Ci sono quartieri di
NY molto più affascinanti, più vivaci e molto stimolanti, in particolare per chi lavora in un ambito artistico o è interessato ad esso. Prendiamo ad esempio
Brooklyn, di cui fanno parte quartieri come Bushwick
e Williamsburg, ora ambitissimi perché abitati da
molti artisti e da registi famosi, che non hanno voluto
lasciare i quartieri in cui sono nati. In questi quartieri
c’è un grande fermento culturale, molte gallerie d’arte
e le stesse strade sono spesso gallerie d’arte a cielo
aperto, grazie alla street art che ha dato un volto diverso, colorato e suggestivo a vecchie fabbriche trasformate in loft che ospitano artisti a tutto campo.
Più che a Manhattan sono questi i quartieri - senza
dimenticare Harlem, che sta avendo a sua volta un’evoluzione pur conservando le sue radici - che danno
impulso alla creatività.
La musica é a 360°
Puoi trovare ogni colore musicale, ma vorrei concentrarmi sull’onda della musica elettronica (techno,
Deep House, Disco) che nel corso di questi dieci anni
ha assunto un’identità ben radicata nei club di Manhattan, dove prima si ascoltava prettamente hip pop/
Top 40. Brooklyn, già da qualche hanno, è il cuore
pulsante della sfera underground, dove ci sono molte
scelte di club che programmano un suono puramente underground; sembra che il suono “cool”, e allo
stesso tempo “mainstream”, abbia ormai un carattere
più underground, ricercato e non esasperato. C’è anche una branca musicale nell’ambito Deep House e
Techno-melodica che ha suoni provenienti dall’Africa,
India, Asia mescolati con sonorità di musica elettronica d’avanguardia ad un bpm più lento. La Deep House, che scala anche le classifiche, ha suoni più tondi,
meno taglienti della EDM/Progressive house (così definita da molti) che funzionava moltissimo fino a tre/
quattro anni fa. Possiamo tranquillamente affermare
che la techno, il mondo deep house e disco (con le
varie sfaccettature e misture) hanno fatto breccia nei
gusti di una grandissima parte del pubblico. Senza
nulla togliere alle canzoni prettamente radiofoniche
che, in molti casi, sono il frutto di sapienti produzioni.
Il club dev’essere come un tempio
Resta comunque il fatto che un club dovrebbe essere un tempio, dove il pubblico scopre qualcosa che
non conosce o magari una versione particolare di un
brano noto; dovrebbe essere come una libreria dove
si entra per imparare, scoprire, sorprendersi per un
brano inaspettato. New York rimane una delle antenne nel mondo dove poter sperimentare e captare i
venti futuri. Sono contento dell’evoluzione musicale,
delle contaminazioni che stiamo ascoltando in questi
anni, ma non tutte le perle musicali di cui parlo sono
trasmesse dalle principali emittenti radiofoniche. Basta solo andare in profondità e si scoprirà un universo
sonoro molto interessante che vi farà viaggiare. La
parola curiosità, per un DJ o appassionato di musica,
è un must. Buon viaggio!
si ascoltava musica Hip
Hop, e al suo sound ballavano ragazze in modo
sexy, mentre nel piano
underground si ascoltava musica techno house immersi in nuvole di
fumo artificiale. Una delle
esperienze più significative l’ho fatta all’Up&Down,
dove insieme a Francesco
Belcaro, un pioniere della
night life a NYC, fondatore del Made In Italy NY e
insieme a Sasha Barbot Producer, Musicista, Cantante e DJ – in console
abbiamo iniziato a organizzare le serate del sabato sera col nome “Underground Nation”, con
musica
esclusivamente
Deep House. L’Up&Down è un’altra realtà della vita
notturna newyorkese: due piani, uno hip hop e l’altro con musica house, collocato a due blocchi dalla
zona Meat Packing. Non è facile accedervi: oltre ad
essere conosciuti, bisogna prenotare un tavolo al
costo di duemila dollari, e questo è solo l’inizio. È
frequentato da personaggi del calibro di Leonardo
Di Caprio, Rihanna, Justin Bibier, e ai tavoli dei Promoter più esclusivi della città non mancano modelle e bellezze stratosferiche.
I party di Brooklyn
A parte la vita notturna di Manhattan una realtà
molto forte negli ultimi anni sono i party nella zona
di Brooklyn. Alcuni hanno scadenze settimanali,
come House of Yes o Members Only, altri mensili
come Robot Hearth, Resolute, Matte Project e molti altri; le location vengono rivelate all’ultimo minuto, per entrare è necessario avere il biglietto che
costa dai 30 a 120 dollari senza consumazione; non
ci sono ingressi riservati o tavoli prenotati, c’è solo
la voglia di ascoltare i migliori DJ di musica Techno
e House, vestirsi nella maniera più stravagante e
ballare senza preoccuparsi dell’orario, tanto sicuramente dopo c’è un after party.
La gente più trendy esclusiva e glamour della città non manca mai, anche se si deve attraversare
il Ponte di Brooklyn, come non mancano tutte le
modelline che tra un casting e l’altro non hanno
problemi a passare le serate a ballare senza la preoccupazione di dover essere perfette come davanti
a un obiettivo.
SASHA
BARBOT
MUSICISTA E DJ
new york
dà la
possibilità
di viaggiare
in tutto
il mondo
vivendo in
una sola
città.
INCHIESTA
DIVENTA UN professionistA dell’entertainment
1994 Trend Discotec lancia l’iniziativa “1000 posti di lavoro”, diretta a chi in discoteca non vuole solo divertirsi,
ma avere un ruolo da protagonista. A 20 anni di distanza c’è ancora spazio nei locali per persone
intraprendenti e motivate. Ma quali sono le caratteristiche che bisogna avere per lavorare in un locale?
E, informazione non trascurabile, quanto si guadagna? La nostra inchiesta vi darà le risposte che cercate.
di Lorenzo Tiezzi
A
nni fa si sognava di fare il chitarrista o il cantante rock
per potersi esibire di fronte a stadi di fan urlanti. Oggi
il mito di lavori strapagati come il calciatore, l’attore o
il musicista resta, ma insieme al cuoco è in forte crescita pure
il ‘mestiere’ di dj. Un tempo chi voleva passare la vita in cucina
davanti ai fornelli o in console davanti al mixer era ‘solo’ un professionista in grado di cucinare o mixare alla perfezione. Oggi
è anche una star televisiva. “È veramente difficile consigliare un
percorso a chi vuol fare il dj. È cambiato quasi tutto, rispetto
a quando ho iniziato io. Quasi tutti dalle mie parti, a Mantova,
non sapevano neppure cosa volesse dire fare il dj. Oggi, invece,
di dj si parla sempre, anche al bar”, racconta Cristian Marchi. La
sua versione di “The Creeps 2016”, prodotta con Nari & Milani
l’hanno suonata un po’ tutti i top dj EMD del pianeta. E soprattutto, è cresciuto pian piano fino a diventare ciò che è oggi,
uno dei dj più affermati del panorama italiano. “Riuscire a partecipare ad programma come Top Dj potrebbe essere la scelta
giusta per emergere. Il veneto Albert Marzinotto che ha vinto
nel 2015, ad esempio, è un ottimo dj dal punto di vista tecnico”. Ciò che conta davvero, però sono la creatività e la capacità di gestire in autonomia tanti aspetti del proprio lavoro. Chi
fa festa esagerando ogni notte, probabilmente smette presto,
oppure cambia stile di vita. “Ci vuole poi fortuna, quella di essere nel momento giusto al posto giusto, ovvero di solito non in
Italia. E non basta certo una sola hit a cambiarti la vita. Lo svedese Michael Feiner, ad esempio, ha quarantacinque anni. La
sua ‘Mantra’ è stato il pezzo club più forte dell’estate 2016, ma
la sua carriera sta crescendo solo ora”, continua Cristian. Mixare a buon livello, grazie alla tecnologia, non è poi così difficile.
Per emergere però non basta essere bravi, bisogna eccellere,
stupire, mettere i brividi. Qualcuno in studio di registrazione
fa tutto da solo, ma la maggior parte dei dj si affidano anche
a musicisti o tecnici per finalizzare a punto le loro idee. “Credo
poi sia molto importante suonare in situazioni musicalmente
diverse, per imparare qualcosa di nuovo in tutte e capire in
cosa si è davvero bravi”, conclude Cristian, che nel mestiere del
dj vede tante possibilità. “L’emozione sul dancefloor la si crea
in tanti modi: realizzando in studio mash up che da brividi, con
una selezione musicale incredibile, con la capacità di mixare
tante tracce diverse facendo show. In console il dj che sa ‘leggere’ la pista ha sempre tante opzioni diverse tra cui scegliere”.
S
i parla fin troppo, tra giovani dj, di booking, ovvero di
chi dà la possibilità di suonare nei locali. Chi sogna di
mixare per lavoro, quasi sempre crede di avere più talento di ogni superstar vivente. È convinto che col booking
giusto, tutto il mondo si accorgerebbe di lui in un istante. In
realtà, i veri talenti sono rari ed il successo, che viene dato
soprattutto dal pubblico, va gestito bene. Magari con un buon
tour manager, figura essenziale per chi, come i top dj, passa
la vita tra auto, aeroporti, locali e dorme poche ore a notte,
in hotel sempre diversi. Un tour manager non è un autista,
non è un tecnico del suono, non è un assistente personale.
È un mix di tutte queste cose, un ruolo molto delicato che
va interpretato alla perfezione per permettere alle stelle del
mixer di brillare nei loro set. Ad esempio, solo chi conosce
bene Skrillex come Floriano Cuccato sa che può bere solo
Red Bull Sugarfree per motivi di salute. Non è un capriccio
da star. “Tutti oggi si definiscono manager per darsi un tono,
in realtà a volte faccio il badante”, scherza Floriano, per tutti
Flò, uno dei professionisti italiani più stimati in quest’ambito. 29enne, vive tra la bassa padovana, Bologna e Milano ed
oggi lavora con artisti come Merk & Kremont e Marnik. Col suo
sorriso ha poi organizzato un bel po’ di cose nel backstage
del Nameless, a Barzio (LC), dopo essersi occupato per anni
di stage e backstage al Cocoricò ed in eventi come Benny
Benassi & Friends. “Ho studiato all’Istituto Alberghiero e fatto a lungo il pr in discoteca, un ambiente che conosco come
le mie tasche”, racconta. “Ho iniziato senza che nessuno me
lo chiedesse, accogliendo gli artisti nei club in cui facevo il
pr perché mi accorgevo che nessuno badava a loro. Nessuno
andava ad accoglierli nel posteggio lasciando loro un posto
per l’auto, nessuno portava loro qualcosa da bere, eccetera.
In breve sono diventato un riferimento per l’accoglienza e
ho iniziato collaborare con Manfredi Romano e la sua Daze,
mentre oggi collaboro con Giammarco Ibatici e MacMac”.
Ovviamente chi vuol fare un lavoro del genere deve parlare un po’ di inglese, ma le doti principali necessarie sono sicurezza ed empatia. “Per riuscire a parlare nei camerini con
gli artisti, metterli a loro agio, non serve essere madrelingua.
Devi entrare in sintonia con loro”, conclude Flò. “E poi devi
saper prendere decisioni velocemente, senza consultare nessuno. È un lavoro difficile, ma le soddisfazioni sono enormi”.
Chi fa il tour manager all’inizio deve armarsi di pazienza e passione. Chi sa gestire quest’impegno, poi può guadagnare da
100 / 150 fino a 500 euro a data. È un lavoro duro, che non
ha orari, ma i guadagni sono netti, nel senso che hotel, pasti
e viaggi sono a carico di dj, management ed organizzatori.
IL TOUR
MANAGER
AFTER EIGHT WORLD
MUSIC
Cristianino DJ
Famoso sia come Dj che art
director e creatore di nuove
tendenze. La sua musica è
house, interpretata in modo
originale con dj set nei migliori club veneti e non solo.
I suoi eventi hanno scaldato i dancefloor di alcuni dei
club nazionali più importanti, come Fellini, Pineta, Sopravento, La Mela, Matilda.
Maurizio Icio
Franzoni
Titolare della Royal Management, agenzia leader in Italia
per l’intrattenimento e show
per
discoteche.
Collabora
con tutti i top club italiani e
molti all’estero. La sua agenzia si espande anche in una
sezione dedicata esclusivamente ad hostess per stand
fieristici ed eventi aziendali.
Riccardo Celletti
Nel corso degli ultimi 10 anni
ha collaborato con dj e produttori di alto livello internazionale. Protagonista come vocalist
in diversi top club - come Babel, Piper, Gilda, Des Alpes,
Fellini, Samsara - e speaker
radiofonico per Radio Roma
e Centro Suono 101.3. Nel
gennaio 2016 collabora con
il programma #HashtagM2o.
Mauro
picotto
C’è voglia di
tornare
a divertirsi...
BOOSTA
IL DJ CANTAUTORE
D
opo il disco solista di Samuel, anche Davide Dileo dei Subsonica, in arte Boosta,
è uscito con un suo album, ”La stanza intelligente”, disco anticipato dal singlo
“1993”, pezzo che senza mezzi termini ci ha da subito fatto capire la nuova strada
percorsa, quella del cantautorato. Anche la tracklist ricca di collaborazioni parla chiaro: i
nomi coinvolti nulla hanno a che fare con il mondo dell’elettronica; si va da Malika Ayane
a Giuliano Palma, da Enrico Ruggeri a Luca Carboni, da Raf a Nek. La sorpresa, però, è
un’altra: la scoperta di una voce, quella di Davide appunto, che fino ad ora era rimasta
celata: “Qualche anno fa, lo studioso David Weinberger ha scritto un libro, intitolato
‘La stanza intelligente’, che tratta della supercoscienza collettiva e di come la cultura,
o meglio, l’informazione sia cambiata al tempo di internet. Quando stavo scrivendo il
disco mi è tornato in mente questo libro e ne ho conservato il titolo, di quel testo alla
fine non è rimasto nulla. ‘La stanza intellegente’ è quell’ultimo barlume di spazio in cui
potersi chiudere e poter mettere le proprie cose. Il nostro è un mondo veloce, in certi
sensi arrogante, invasivo, faticoso da vivere e bisogna avere la capacità di ritagliarsi
uno spazio in un pezzo di vita col prossimo oppure dentro se stesso. Un luogo che
ha bisogno di essere curato quotidianamente, riempito. Ha bisogno di aria perché
altrimenti manca l’ossigeno. ‘La stanza intelligente’ mi sembrava un titolo bellissimo,
che rappresentava proprio questo concetto. La meraviglia dell’italiano poi, è che
ognuno può interpretare i testi e i titoli a seconda di una propria sensibilità”, le sue
parole. L’allontanamento dai territori electro, ci ha raccontato Boosta, è legato ad un
discorso di maturità, non solo artistica: “A quarant’anni non hai più l’ingenuità dei 22.
Questo disco è un test per verificare il punto in cui sono arrivato. Ne avevo bisogno.
Ogni ciclo disco dei Subsonica dura circa quattro anni, tra scriverlo e registrarlo, poi
c’è il tour. È tutto molto gratificante e soddisfacente, ma dopo è necessario prendere
fiato. L’unico modo in cui la nostra realtà come band possa rigenerarsi è che tutti
abbiano tempo e spazio per fare le proprie cose, perché poi hai voglia di tornare a
far musica insieme con una nuova scintilla. Io ho preso questo spazio adesso, ho
trovato il coraggio di comporre un disco da esordiente e di cantare, cosa che per me
non è facile. Però avevo voglia di raccontare i pezzi con la mia voce perché quello
che ho scritto è mio, e con un po’ di egoismo, a questo giro ho voluto cantarlo io”.
Abbiamo chiesto a uno dei DJ italiani più apprezzati all’estero che cosa pensa della
scena clubbing internazionale.
In questo numero di Trend dedichiamo molto spazio al clubbing internazionale. Cosa
pensi della scena inglese che conosci molto bene?
Per vivere il vero clubbing inglese, consiglio di visitare il nord del paese, città come
Leeds o Manchester, luoghi meno frequentati dai turisti. Londra, come tutte le capitali
del mondo, ha una cultura internazionale, ospita un mix di culture e gente proveniente
da ogni parte del mondo, e il clubbing rispecchia questa realtà.
Musicalmente, quali sono le differenze con l’Italia?
La differenza è che, pur essendoci 5000 stili diversi, questi vengono mischiati tra loro
senza tanti problemi. In Italia, invece, c’è sempre stata molta selettività: chi suona trance
non può suonare techno, chi suona techno non può suonare house... per fortuna, in Inghilterra il DJ suona buona o brutta musica, senza badare troppo alle mode.
Cosa pensi in generale della scena clubbing internazionale?
Recentemente ho partecipato a Belfast a un mega-weekend, un festival che ha raccolto
i dj protagonisti degli anni d’oro del Cream. Ero sorpreso, perché pensavo che avrebbero partecipato non più di 3mila persone, invece ho trovato una mega warehouse con
6mila matti, nel senso bello del termine; sembrava una festa di carnevale molto bella e
colorata. Questo a testimoniare che ci sono realtà in giro che mostrano una rottura in
quella ripetizione di musica prettamente underground, o party in stile Ibiza dove si balla
dal mattino a notte fonda. Si nota un ritorno alla voglia di far festa. Anche la musica è
più allegra, con melodie e cantati non scontati. Non parliamo di revival, ma di musica
più solare.
Il segreto di una serata di successo?
Dipende sempre dal promotore della festa. Anche nel locale più bello del mondo, senza
un organizzatore all’altezza la festa sarà una cagata. Se il promotore è capace, il club è
pieno e il dj diventa la ciliegina sulla torta.
Qualche nome di dj?
Quando ci sono quei dj che non guardano alle mode, ma suonano per suonare, la festa
è sempre molto bella. Solomun e Sven Vath sono due che fanno musica che fa divertire,
e che la gente può ricordare. Ho sempre vissuto il club come un luogo dove far sorridere
e divertire la gente; quando esci dal club, devi ricordarti cosa è successo, ricordarti la
musica.
Cosa stai facendo in questo periodo?
Io sto cercando di non lavorare troppo, continuando a lavorare. Mi piace andare a suonare due o tre volte al mese. In questo lavoro se cerchi di frenare troppo c’è chi si lamenta da una parte, e se vuoi lavorare a certi ritmi a volte devi adattarti a certe situazioni
che a me non piacciono. Mi è tornata molto la voglia di lavorare in studio, forse perché
avendo i figli che vanno a scuola ho le giornate molto libere. Sono sempre stato molto
eclettico: musica commerciale, techno, house... mi piace spaziare, e non essere limitato
a un genere solo. Con questo ritorno della musica emozionale simile a quella dei miei
tempi, mi sento a mio agio. È tornata la voglia di andare a ballare per divertirsi;un ritorno
alla musica da ascoltare e non solo da ballare. Negli ultimi anni si ascoltava solo musica
suonata ad alto volume, tutta energia; ora si vive un ritorno delle melodie. La gente ha
bisogno di snausearsi della monotonia degli ultimi anni.
AFTER EIGHT WORLD
AFTER EIGHT GUIDE
Alex Effe
È uno dei DJ più richiesti di
tuta la riviera romagnola. In
qualità di remixer ha confezionato diversi progetti
importanti, alcuni dei quali
sono stati pubblicati in tutto
il mondo. Ha suonato in alcuni dei club più importanti d’Italia, come il Pineta di Milano
Marittima, il Qi, il Byblos, il
Miù, e tanti altri.
Marco Carpentieri
Dj, producer e musicista. Ha
suonato in alcuni dei club
più importanti d’Italia, come
l’Hollywood, il Gilda, il Sottovento; alcune sue produzioni
musicali hanno avuto successo anche all’estero: El Pasito,
Catch Me, solo per citarne un
paio. Il suo successo lo deve a
una continua ricerca musicale
e di stile.
BABEL
Luciano Mancini
Inizia molto presto l’attività di
PPRR, scoprendo e affinando
nel tempo il talento come comunicatore. Ha fondato una
società specializzata in strategie di comunicazione e luxury
entertainment, che ha chiamato Love. L’obiettivo è produrre
business network: un canale
che aggrega tutti e dal quale
tutti traggono vantaggio.
OTEL
ROMA
via Galoppatoio 33
FIRENZE
via Generale Dalla Chiesa 9
PERCHé
vENGONO
PERCHé
vENGONO
PERCHé VADO
PERCHé VADO
babelroma.com
Più che un club una filosofia di vita. Torna dopo 10
anni dalla prima apertura uno dei club che ha fatto la storia dell’intrattenimento notturno romano.
Paolo Sallustio e soci hanno creato un locale completamente rinnovato nello spazio e nello stile. Da
quest’anno il club ha deciso di puntare molto sugli
effetti luce e, soprattutto, sulla qualità dell’impianto audio: i migliori DJ di fama mondiale troveranno
una potenza e una pulizia del suono che offrono
solo i migliori club del mondo. Dopo una lunga e
attenta ricerca, Babel ha deciso di puntare su Loud
Sound System, marchio tra i leader mondiali. Due
sono le serate principali del nuovo club. Soulgate
è il nuovo progetto musicale del venerdì, una serata votata ad un pubblico internazionale; il tutto al ritmo della migliore musica Black, R&B e Hip
Hop, miscelata con le top hit house. B Side è invece
il progetto musicale del sabato notte; il riferimento
è ai dischi in vinile e rappresenta una metafora del
nuovo lato musicale (lato B) che da quest’anno il
club ha deciso di offrire al proprio pubblico.
Semplice, perché non
esiste un altro club al
centro di Roma capace
di ospitare centinaia di
persone, dotato di un
comodo e ampio parcheggio, per tutte le tasche e in grado di soddisfare anche i clienti
più esigenti ed esclusivi;
e non parliamo dell’impianto all’avanguardia e
della qualità degli artisti che si esibiscono qui
da noi, quello lo lascio giudicare a chi ci verrà a
trovarci spero molto presto!
Paolo Sallustio, proprietario
Sono un cantante di
professione e un artista.
Pur non essendo nato
a Roma, vengo al Babel
perché mi sento in famiglia, le persone sono
fantastiche e l’ambiente
è quello che preferisco:
giovani che hanno voglia
di divertirsi, ridere e ballare esprimendo la loro libertà e gioia di vivere.
Qui mi sento libero di vestirmi e ballare esprimendo la mia personalità come voglio, senza che
nessuno faccia troppo caso a me. Al Babel ho
trovato una seconda casa.
Abs Hima, cliente
otelvariete.com
Un locale che, stagione dopo stagione, ha fatto
dello spirito di rinnovarsi il suo biglietto da visita.
Nel look, nel cast artistico, nell’atmosfera. Guest
di fama internazionale - nel settore musicale, della danza e del clubbing - hanno calpestato questo
palco dal 2005. Un interior design avveniristico
domina gli spazi, dove led di ultima generazione ed effetti luce avvolgenti creano un’atmosfera
unica. In programma ogni settimana come nelle
console più cosmopolite di Londra, Berlino e New
York un collaudato roster di djs e vocalist arricchito dai guest di turno. La scuderia di disk-jockey di
Otel è composta da Marco Bertani, Marasco, Massimo Minucci, Gabba, Alex Effe e Leo Magro. La
musica spazia dalla happy alla fashion-jazz house
di ispirazione francese. Come special guest gravitano artisti del calibro di Fabio Bartolini, Gianni
Morri, Nicola Zucchi, Maurizio “Gube” Gubellini e
Stefano Pain. Di elevata caratura anche la line-up
di vocalist come le colonne portanti Isa B, Johanna Martes Vidal e Sandro Scardia.
Le persone frequentano Otel perché il locale
negli ultimi dieci anni è
diventato il riferimento
della night life fiorentina. Si è saputo imporre
con un sound ricercato e
mai scontato, e ha saputo
differenziare il prodotto
musicale nelle tre serate
venerdì-sabato-domenica affidando la console
solo a professionisti del settore. Inoltre, ha saputo
sempre rinnovare la cucina e le prelibatezze del
proprio ristorante, sempre accompagnato da un
dinner show. Alex Effe, Dj
Mi piace andare a ballare al Otel, soprattutto il
sabato. Adoro la serata Lipstick Night, quando si
respira un’aria cosmopolita, e si balla con la migliore musica house fino all’alba. Adoro le performance e i visual show che creano un’atmosfera di
puro divertimento. Marika, webmaster
AFTER EIGHT WORLD
AFTER EIGHT GUIDE
Dino Brown
Con la sua ironia riempie d’energia l’universo spesso troppo
serio del clubbing italiano. Il suo
programma Controtendance è
in onda da tempo su m2o. Ma
lui non è solo un speaker. Nei
club fa il dj e il vocalist, fa parte
della family del Samsara Beach
di Gallipoli e si occupa pure di
produzione discografica con la
sua Keep! Records.
HAVANA
CLUB
TREVISO
via Fonderia 111
havanafonderia.it
Il progetto Havana Club propone la riqualificazione di una delle strutture più importanti di Treviso. La struttura verrà completamente rinnovata nelle 4 parti del progetto, con una modalità
di lavoro trasversale per soddisfare il maggior
numero di clienti, strutturando i servizi su più
livelli e su più fasce. La struttura aprirà inizialmente di venerdì, sabato e domenica, come discoteca-ristorante-discobar per poi proseguire
con l’apertura del ristorante anche per le serate del mercoledì e giovedì. Inoltre, nelle serate
infrasettimanali, verranno organizzati degli appuntamenti mensili, feste a tema, comprensive
di eventi per aziende o cene aziendali. Havana
punta a diventare un locale polifunzionale con
estimatori in Veneto e in Italia, con le collaborazioni di QI clubbing, SottoVento, Cashmere, the
Club, Papeete, etc...
PERCHé
vENGONO
Perché è il locale che in
Veneto ha fatto la storia;
perché la gestione negli
ultimi 25 anni ha dato al
mondo della notte molte
soluzioni diverse per divertirsi. Havana è un locale polifunzionale con due
ristoranti, un discobar
e una discoteca, il tutto
strutturato in una location da favola ricavato da
una ex fonderia. Nella foto: Dj Cristianino (Direttore Artistico) e Fabio Volpato (Manager)
PERCHé
ANDIAMO
Noi andiamo all’Havana perché è l’unica discoteca che ci regala energia positiva, e dopo una
settimana di lavoro ci sta tutta... Havana is magic!
Savi Vincenti
Salentino purosangue, è una
delle colonne musicali del RioBo, la disco più storica e scenografica di Gallipoli. Da sempre il suo sound gira intorno
alla house, ma non solo. Il suo
progetto SALE, Salento Absolute Lounge Experience, è una
boccata d’aria fresca per chi
non ne può più di ritmi e sonorità fin troppo spinte.
JOIA
SANT’ANTIMO (NA)
corso Europa 45
joiarestaurantclub.it
Joia Restaurant Club inaugura la sua decima stagione all’insegna della continuità e, allo stesso
tempo, dell’innovazione: continuità negli elevati
standard di servizio, che negli anni hanno posizionato il club come assoluto punto di riferimento per pubblico e addetti ai lavori; innovazione
nel format artistico, nella programmazione e nei
colori attraverso una ricerca costante e una continua voglia di migliorarsi. Perché l’obiettivo è stare
al passo con una clientela sempre più esigente e
preparata, che sceglie con cura dove trascorrere
il proprio tempo libero.
PERCHé
vENGONO
Continuità e innovazione
sono alla base del nostro concept. L’elevata
flessibilità e modulabilità della nostra struttura
ci permette di adeguare
la location alle esigenze
più diverse in tempi brevissimi. Oltre ai set musicali (Dj Set & live Show)
possiamo
realizza- re spazi espositivi, spazi
per mostre fotografiche e molto altro. Il nostro
team è composto da professionisti del mondo
della produzione di eventi e questo fa del locale
la location perfetta per trovare le risposte giuste
ad ogni richiesta. Dj Set, Live Show, e non solo.
La location, infatti, può accogliere diversi tipi di
eventi: party privati, mostre, esposizioni, presentazioni aziendali.
Fabio Scognamiglio, direttore artistico
PERCHé
VADO
Ormai è abitudine uscire la sera e rendersi subito
conto di essere solo dei clienti da spennare. Questo al Joia non succede. Vito, architetto
Stefano Gambarelli
Dj e producer dal 1980. Ha suonato nei migliori club europei.
Come producer ha remixato
brani di Bob Sinclar, Martin Solveig, Benny Benassi, solo per
citarne alcuni. Le sue produzioni come Gambafreaks sono
state pubblicate in oltre 2000
compilation in tutto il mondo.
La sua musica è house, con influenze soul, funk e tribal.
SALI e
TABACCHI
REGGIO EMILIA
via Albert Einstein 26
salietabacchi.com
Il Sali&Tabacchi è strutturato su due livelli: al piano terra si trova l’ingresso principale e il ristorante, mentre al primo piano si trova il “roof bar”,
che dopo mezzanotte si trasforma in discoteca
(400mq di accurata ricerca dei particolari, dalla
forma dei divani all’impianto audio, due bar, il tutto sotto uno spettacolare soffitto a travi di legno).
L’idea poggia sul concetto che, alla base di una
attività vincente di intrattenimento, non può non
esserci un accurato servizio offerto ai clienti: una
cortese accoglienza all’ingresso, personale qualificato ed in divisa, servizio ai tavoli veloce e professionale, ecc… Da sottolineare il notevole impatto
che crea il soffitto in legno, restaurato in modo da
fondere le antiche suggestioni alle tecnologie più
moderne per dare una impronta di stravagante
eleganza. Dalle ore 21 alle ore 24 il locale funziona come un “lounge bar” (musica bassa, cocktail
preparati ad opera d’arte da barman professionisti, servizio ai tavoli, ecc…), mentre da mezzanotte in poi comincia la vera discoteca coi djs.
PERCHé
vENGONO
Questa è una domanda
che mi pongo ogni serata, e alla fine la mia rispoosta è: perché si vede
che facciamo il nostro
lavoro con passione e
riusciamo a trasferirlo ai
clienti che si sentono con
noi un po’ come a casa.
Siamo orgogliosi di far
parte della loro famiglia.
PERCHé VADO
Frequento il Sali&Tabacchi
perché è un locale molto
bello, è curato nei minimi
dettagli: poltrone, divani
in pelle, quadri… Offre sia
un ottimo ristorante (con
menù di vari prezzi e un
menù alla carta), sia la
parte di intrattenimento
post cena. Il personale è
sempre molto disponibile e serio, mi è capitato
più di una volta di dover organizzare liste o tavoli
e mi hanno sempre risposto in tempi brevissimi.
Oltre all’ambiente, ciò che mi piace è la musica,
offre un genere house commerciale venerdì e sabato, e un mercoledì al mese offre musica house
col DJ Michel Cleis, che mi fa ricordare Ibiza. È un
locale molto accogliente, raffinato e ci si diverte
sempre.
I cocktail
non
sono
più
gli
stessi
DRINK
NICCO MARINO
Capobarman del
Jazz Café, poliedrico
e molto professionale,
ha da subito capito
la potenzialità di
Tabasco nei cocktail
tradizionali.
Le feste Tabasco
al Jazz Café hanno
raccolto un grande
successo di pubblico.
Una nuova iniziativa ha coinvolto numerosi locali in tutta Italia: #AGGIUNGITABASCO
Basta aggiungere poche gocce di Tabasco per creare un aroma che esalta il sapore
di un cocktail o del cibo.
AMERICANASCO
SPRITZASCo
MOJITASCO
+
5cl TEQUILA
3cl TRIPLE SEC
SUCCO DI LIMONE - 2/3
gocce tabasco®
3cl Vermouth
3cl bitter
una spruzzata di soda
3/5 gocce tabasco®
ECCO
i locali
in cui poter
gustare
una serata
+ tabasco
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6cl PROSECCO
4cl APEROL
una spruzzata di soda
2/3 gocce tabasco®
5cl RUM BIANCO
LIME - menta
zucchero di canna
3/5 gocce tabasco®
Coco Loco (Roma)
Sessantotto (Roma)
Bar Italia (Sabaudia)
Dringhete e Sdranghete (Latina)
Pisarei e Fa Blues (Piacenza)
Reale (Firenze)
Met Concept Restaurant (Roma)
Pepita (Milano Marittima)
Top Club (Rimini)
Saiso (Bassano Del Grappa)
Bar 3.2 (Castel Franco Veneto)
Ristorante Bar Fuoco (Roma)
Blue Bar (Riccione)
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Lumiera (Bologna)
Yab (Firenze)
Havana Café (Treviso)
Riviera (Napoli)
Naif (Napoli)
Bartender (Perugia)
Jazz Café (Milano)
Rolando (Terni)
Caffè Minotti (Frosinone)
10HP (Brescia)
Erbusco Bakery (Erbusco)
Così è (Verona)
TABASCO®, the Diamond and Bottle Logos are trademarks of McIlhenny Co.
MARGARITASCO
TREND CAR
PEUGEOT
308 gt
Artigli sotto i guanti
Ci siamo divertiti con la versione “di mezzo” del modello di punta della casa del
Leone, manca la famosa “i” per divertirci sul serio, ma non ci lamentiamo.
di Emanuele D’Argenzio
S
pinta da un 1.6 quattro cilindri turbo da 205 CV, la nostra Peugeot 308 Gt
è la versione hatchback, ma è anche disponibile in versione Station Wagon. La 308 GT è difficilmente riconoscibile rispetto alla versione di base:
il design rimane praticamente quello di sempre. Le forme sono sobrie, ma raffinate. Il muso è ben caratterizzato da una griglia cromata, con un disegno molto
sportivo e di buonissima fattura. Le prese d’aria sono abbondanti, ma non appariscenti. Le nervature del cofano sono ben raccordate e posizionate, così come
le linee della fiancata, che rendono il design della 308 dinamico, ma elegante. Il
posteriore è inoltre caratterizzato da un bel estrattore nero lucido, che incornicia
due terminali cromati, per enfatizzare lo spirito “corsaiolo” di questa GT. In do-
le e in alcantara, sono contenitivi, ma molto comodi anche durante i lunghi
spostamenti. In generale gli interni sono d’ispirazione racing, ma rimangono molto sfruttabili e ben studiati. Il bagagliaio è ampio e di forma regolare.
In città la 308 GT è molto maneggevole, i consumi sono ridotti in modalità
eco, e i sistemi di assistenza alla guida (retrocamera e sensori di parcheggio) ci permettono di muoverci agilmente nella frenetica vita milanese. Ma
permette anche di divertire: è infatti il tasto “sport” al centro del tunnel centrale che permette di scatenare tutti i 205 CV. Il suono cambia improvvisamente, la risposta al pedale è molto più reattiva, e la strumentazione di colora di rosso. Lo sterzo di conseguenza si irrigidisce, seppur mantenendo la
tazione ha dei meravigliosi cerchi da 18” (con pneumatici Michelin Pilot Sport 3),
con disegno diamantato, l’unico accessorio veramente di spicco, che enfatizzano
l’assetto ribassato. Sono unici della GT anche gli specchietti retrovisori in nero
lucido e le frecce a led con luce “progressiva”, che la rendono molto premium.
La plancia è futuristica, i tasti fisici sono praticamente assenti, spicca il display centrale touch, all’interno di una cornice di alluminio esagonale, che si
allunga fino al tachimetro. Il volante è sportivo e tipicamente Peugeot, l’ergonomia spiccata e la banda centrale donano carattere sportivo, e le impunture rosse fanno il resto. La pedaliera è in alluminio, così come il pomello del
cambio manuale a 6 rapporti. I sedili sono di forte ispirazione sportiva, in pel-
sensibilità di default. Ci muoviamo tra le curve e apprezziamo il telaio e la
dimensione dello sterzo, che ci permette di avere sotto controllo il tachimetro e sopratutto il contagiri, che manteniamo sopra i 2000 giri per mentente
sempre in funzione il turbo. La spinta è comunque progressiva fino ai 5500
giri e per un momento lasciamo da parte il tachimetro, che supera abbondantemente la velocità di limite. Il cambio è preciso e molto piacevole da
utilizzare, seppur i rapporti siano piuttosto lunghi, passiamo da una marcia
all’altra con grande gusto, apprezzando il suono del quattro cilindri, seppur
palesemente amplificato dall’impianto audio. L’assetto è molto equilibrato,
più da GranTurismo che da sportiva, ma regala ugualmente soddisfazioni.