Attualità Mercoledì 16 novembre 2011 5 Cattolica, centro d’eccellenza “L’ictus si può evitare E si può anche curare” Ischemia ed emorragia: il dottor Pietro Modugno spiega come si interviene la piccola comunicazione crea po i 50 anni un eco doppler delle turbolenze e può essere delle carotidi per capire se è causa di embolismo cerebrale presente una stenosi della caanche nei pazienti giovani e rotide interna che nel tempo portare ad un ictus soprattutto potrebbe evolvere e portare a questa compliin persone che canza trombotihanno meno di ca. 40 anni”. Per i più giovaQual è la preni bisogna venzione miPressione alta escludere che gliore dall’ice fumo sono alcuni non abbiano tus? una trombofi“Bisogna difattori di rischio, lia, un problestinguere tra le diverse tipolo- le emicranie incurabili ma di coagulagie di ictus e una spia importante zione di tipo ereditario o fafra le età delle miliare, che persone colpinon ci sia una te. Ci sono papervietà del fozienti che presentano determinati fattori di rame ovale. Lo si può appurarischio. Ad esempio hanno la re se ci sono delle sintomatopressione alta, il colesterolo, logie particolari neurologiche, sono fumatori, sono pazienti se ci sono spesso episodi di dislipidemici o che hanno già cefalea e di emicrania refratavuto problemi cardiaci in taria a qualsiasi forma di terapia. In entrambi i casi c’è una giovane età. soluzione al Sopratprobletutto in ma”. questi Ecco, casi sadottore, rebbe parliaauspimo delle cabile due sofare do- “ “ CAMPOBASSO. Pietro Modugno è chirurgo vascolare alla Cattolica di Campobasso. Questa chiacchierata per lui è una pausa da una lunga mattinata di lavoro. Lo studio al primo piano della struttura che da qualche mese è la Fondazione Giovanni Paolo II, in contrada Tappino, ha negli angoli, discretamente nascosti, gli scatoloni di un trasloco. Clinica e ricerca si fondono nella sua attività. I collaboratori di ogni giorno li vuole al suo fianco per fare il punto su una patologia di cui tutti parlano, l’ictus. Perché ha colpito un personaggio famoso. Perché ha colpito un ragazzo, Antonio Cassano. Seduto alla scrivania, di fronte, ha la foto della sua Gravina in Puglia. Alle spalle istantanee di gite in barca a vela e poste di Otranto e Gallipoli. Accanto a lui Mariangela Amatuzio ed Enrico Maria Centritto, chirurghi che compongono la sua équipe. Un pezzo del puzzle che è il dipartimento di malattie cardiovascolari diretto dal professor Francesco Alessandrini. Racconta con lessico professionale quel ‘buio’, l’interruzione del flusso vitale di sangue al cervello. Più o meno 20 persone su cento – fra quelle che vengono colpite da ictus – non sopravvivono alla fase acuta. Fa impressione scoprire che anche i giovani possono esserne vittima. “L’ictus cerebrale può avere una componente sia ischemica che emorragica. Prevalentemente, vale a dire nell’8085% dei casi – si tratta di un’ischemia. Di solito, in questi casi si riscontra una trombosi del vaso della carotide interna che porta il sangue al cervello. Nel restante 20% dei casi – spiega Modugno - si tratta di un evento cardio-embolico, che cioè parte dal cuore, e può essere legato o ad un’aritmia oppure, come è successo a Cassano, ad una pervietà, vale a dire una cavità di comunicazione, presente nella membrana che separa l’atrio destro da quello sinistro. È un foro presente alla nascita che normalmente si riassorbe con la crescita. Nei casi in cui questo riassorbimento non si verifica luzioni possibili “Per quanto riguarda la stenosi carotidea, questa va controllata periodicamente, e ovviamente trattata con la terapia antiaggregante e la cardioaspirina. Quando supera il 70% bisogna capire se procedere con un intervento chirurgico di disostruzione per liberare la carotide dal restringimento. Rispetto ai pazienti più giovani c’è da accertare, con la Tac o la risonanza, se c’è stato un ictus e se si è in presenza di forame ovale pervio si procede come nel caso di Cassano. Vale a dire con un trattamento per via endovascolare – un device introdotto attraverso la vena – che realizza la chiusura del buco che c’era fra la cavità destra e sinistra del cuore”. Quanti interventi di questo genere sono stati realizzati in Cattolica a Campobasso e con quali risultati? “Se parliamo di stenosi carotidea siamo cui circa 700 interventi dal 2004 al 2011 con una mortalità pari allo 0% e con un’incidenza di complicanz e neu- rologiche pari all’1%. I colleghi emodinamisti hanno anche impiantanti anche dei device per la pervietà, in numero inferiore anche perché è una patologia che si sta scoprendo in tempi recenti”. Un successo che ha fatto par- lare della Cattolica di Campobasso anche all’estero. Qual è il segreto? “Io ritengo che stia nel comportarsi come l’equipaggio di una barca a vela. Occorre un affiatamento non solo tra le persone che compongono la stessa équipe ma anche con tutte le altre componenti del dipartimento di malattie cardiovascolari. Il malato va inquadrato e curato a 360°: col cardiochirurgo, con l’emodinamista che quando c’è un problema coronarico lo studia prima, col riabilitatore. Un trattamento personalizzato per ogni paziente è la formula vincente”. rita iacobucci IL CERVELLO LA STENOSI DELLA CAROTIDE La stenosi della carotide è una patologia che comporta il restringimento dell’arteria carotidea, vaso che porta il sangue al cervello, con conseguente riduzione del lume del vaso e quindi offrendo un minor apporto di sangue. Il cervello necessita di un continuo e costante apporto di sangue: riduzioni di flusso, dovute a stenosi o altre cause, possono determinare patologie cerebrali importanti, quali l’ictus. La malattia cerebrovascolare rappresenta, nella società industrializzata, la terza causa di morte dopo i tumori e le cardiopatie. In Italia avvengono circa 250 ictus al giorno ed in media il 20% non sopravvive alla fase acuta. La stenosi carotidea va trattata quando l’arteria si è ridotta del 70% anche se il paziente non accusa sintomi. Quando la stenosi è inferiore al 70%, ma superiore al 60% va trattata solo se il paziente presenta determinati sintomi neurologici. Esistono due opzioni di trattamento per i pazienti con stenosi carotidea. La prima è l’angioplastica con palloncino attraverso un catetere portato direttamente in arteria carotide interna. La seconda è l’intervento eseguito dal chirurgo vascolare. La Cattolica di Campobasso ha una delle percentuali più basse di Italia per le complicanze post intervento: su 350 pazienti trattatati lo 0.3 % ha avuto complicazioni neurologiche a fronte di una media nazionale del 2,55%, mentre quelle cardiache post intervento sono risultate assenti nei casi trattati a Campobasso, la media nazionale invece è del 4%. Il dottor Pietro Modugno coi colleghi Enrico Centritto e Mariangela Amatuzio Il segreto del lavoro d’équipe Marciano Ricci racconta: così il paziente viene seguito in maniera personalizzata Marciano Ricci CAMPOBASSO. Ha avuto modo di rendersi conto di persona del trattamento personalizzato che la Cattolica riserva ad ogni suo paziente. L’imprenditore Marciano Ricci ha subito un delicato intervento chirurgico di recente e a distanza di un paio di mesi coglie l’occasione per sottolineare di nuovo l’eccellenza delle prestazioni effettuate nella struttura di contrada Tappino. Marciano Ricci è stato ricoverato proprio nel reparto di chirurgia vascolare e operato dal professor Snider e dai dottori Piero Modugno e Carlo Maria De Filippo. Di tutti - medici, infermieri e paramedici - ricorda la straordinaria professionalità ma soprattutto “la vicinanza umana, l’efficace e puntuale assistenza pre e post operatoria. Per chi ha un problema serio di salute è fondamentale avere intorno persone con visi allegri, con il sorriso sulle labbra, pronte a dispensare conforto e aiuto. Il personale della Cattolica di Campobasso in questo si è superato”. Un tratto caratteristico del centro di Campobasso, questo, che è alla base dei successi dei suoi reparti. E i risultati d’eccellenza per i pazienti significano la guarigione da patologie spesso complesse e contro cui è dura combattere. La battaglia si vince meglio ragionando in termini di squadra e puntando sul lato umano dell’assistenza medica. È una convinzione che accompagna l’azione quotidiana dei medici e di tutto il personale. “Desidero ancora una volta ringraziarli e rimarcare come in Molise è possibile realizzare la sanità d’eccellenza”, conclude Marciano Ricci, auspicando di nuovo che questo metodo diventi patrimonio dell’intero sistema sanitario molisano. IL CUORE - LA PERVIETA’ DEL FORAME OVALE Il forame ovale è una comunicazione tra i due atri, fisiologicamente presente durante la vita fetale. Consente nel feto il passaggio di sangue ossigenato proveniente dalle vene ombelicali in atrio sinistro. Alla nascita, in seguito, all’aumento della pressione in atrio di sinistra si ha l’accollamento della membrana al setto interatriale. In una minoranza di casi tale fusione non avviene e il forame rimane aperto. Un forame ovale pervio è solitamente presente nel 30% circa dei soggetti normali. Tale condizione, in determinate circostanze può permettere il passaggio di materiale embolico (aria, adipe, trombo) dalla circolazione venosa a quella arteriosa (embolia paradossa). La presenza della pervietà aumenta il rischio di eventi cerebrali ricorrenti di circa cinque volte. Il rischio è notevolmente aumentato, sino a trenta volte, se al forame pelvio si associa un aneurisma del setto interatriale, in questo caso viene, anche, favorita la formazione di aggregati piastrinici sul versante atriale sinistro; il rischio ischemico è ulteriormente aumentato dalla concomitante presenza di valvola di Eustachio ridondante, dal prolasso della valvola mitrale e da uno stato di ipercoagulazione. I soggetti con pervietà della fossa ovale possono presentare emicrania con un’incidenza da 2 a 5 volte rispetto al resto della popolazione. La pervietà della fossa ovale permetterebbe, in questo caso, il passaggio dal versante venoso di sostanze d’innesco dell’emicrania (tipo vasodilatatore) che saltando il filtro polmonare raggiungendo in quantità maggiore la circolazione sistemica. Campobasso Mercoledì 16 novembre 2011 CAMPOBASSO. La salute mentale L’iniziativa Promosan-Asrem diventa la base per interventi educativi nelle scuole. E’ questo l’obiettivo del progetto “Valutazione di efficacia di un intervento di promozione della salute mentale nelle scuole” messo a punto dall’associazione Promosan in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di Campobasso, l’assessorato alle Politiche Sociali della Regione Molise, l’Asrem e l’Istituto Superiore di Sa- l’istituto tecnico per le attività socia- per migliorare il benessere psicolonità. L’intervento sperimentale che è li “S. Pertini”; il liceo Socio-psico- gico e l’intelligenza emotiva nelle pedagogico “G. M. scuole” (Gigantesco–Veltro), che nagiunto alla seconda Galanti”; l’istituto sce dalla rielaborazione di un primo edizione, vedrà geometri “L. Pitta- testo redatto dall’Istituto superiore di coinvolti gli istituti relli”; l’istituto pro- Sanità, il programma d’intervento è superiori del capo- Veltro fessionale per il rivolto agli alunni di 10 classi del luogo di regione, i cui alunni saranno “Il progetto è giunto Commercio e Turi- biennio (14-16 anni) con l’obiettivo smo “V. Cuoco”; di promuoverne le competenze sochiamati ad intra- alla seconda l’istituto professio- ciali, l’autoefficacia, l’assertività e la prendere un percornale per l’Agricoltu- capacità di risoluzione dei problemi. so che durerà per edizione Il progetto partirà a stretto giro di ra e l’Ambiente. l’intero anno scola- e partirà a breve Basato sul manuale posta, già dalla terza settimana di stico. Cinque le Sono 5 le scuole sperimentale “Inter- novembre. scuole che hanno vento psicoeducativo Le classi, a cadenza settimanale, teraderito al progetto: che hanno aderito” La salute mentale come intervento basilare nell’educazione scolastica Il dottor Veltro ranno incontri della durata di un’ora durante i quali, guidate da un facilitatore ed un supervisore, affronteranno la lettura del manuale con 7 esercitazioni in gruppo, a casa e somministrazione di strumenti di valutazione. L’elaborazione dei dati raccolti sarà, infine, oggetto di un convegno pubblico che si terrà a conclusione del percorso. “Si tratta di un progetto promosso dall’Istituto Superiore di Sanità a livello nazionale – sottolinea la dottoressa Emiliana Bonanni presidente Promosan - e l’Associazione Promosam, in stretta collaborazione con il Dipartimento di salute mentale di Campobasso, ha voluto valutarne sperimentalmente l’efficacia. Il che rende l’intervento attuato in Molise un vero e proprio studio pilota che ha come finalità il miglioramento del benessere psicologico in un’età particolarmente delicata”. 10 Campobasso La ricerca La birra fa bene alla salute... cardiovascolare state messe a confronto con il rischio di malattie cardiovascolari. I risultati generali confermano quello che già era noto per il vino: un consumo moderato (circa due bicchieri al giorno per gli uomini ed uno per le donne) può abbassare il rischio di essere colpiti da una malattia cardiovascolare, fino al 31% in meno confrontato con chi non beve affatto. Ciò che questo studio aggiunge di nuovo è rappresentato dai dati sulla birra. Per la prima volta, infatti, viene documentato scientificamente il rapporto tra quantità moderate di birra e protezione cardiovascolare. La protezione massima si osserva ad un consumo medio corrispondente, per una birra con gradazione di 5 gradi, a circa tre classiche birre piccole alla spina (200 ml ciascuna) al giorno. “Nella nostra ricerca – spiega Simona Costanzo, primo autore dello studio – abbiamo considerato vino e birra separatamente: prima si osserva una riduzione nel rischio cardiovascolare con un consumo basso o moderato. Poi, con l’aumento delle quantità, si può vedere che questo vantaggio sparisce, fino a che il rischio diventa addirittura più alto rispetto a un non bevitore. La parte interessante del nostro studio è che, tra le ricerche selezionate per la meta-analisi, ce ne sono 12 in cui il consumo di vino e di birra è stato paragonato direttamente. Usando questi dati abbiamo potuto osservare che le curve della protezione cardio- Giovanni de Gaetano vascolare per le due bevande si sovrappongono molto bene” Ma i bevitori, di vino o di birra, faranno meglio ad essere cauti prima di brindare a questi risultati. “Quello di cui stiamo parlando – dice Augusto Di Castelnuovo, capo dell’Unità di Statistica dei Laboratori di Ricerca ed uno dei pionieri negli studi epidemiologici sull’alcol – è un bere moderato e regolare. Penso che questo concetto non sarà mai evidenziato abbastanza. Vino e birra sono parte di uno stile di vita. Un bicchiere accompagna cibi salutari, mangiati alla giusta ora e magari in compagnia della famiglia o di amici. Non c’è posto per il binge drinking o per qual- sare che quest’ultimo sia il protagonista. siasi altra forma di abuso”. “I dati riportati nella nostra me- Ma entrambe contengono polita-analisi– sottolinea Di Castel- fenoli, anche se differenti tra nuovo – non possono poi esse- loro. I ricercatori della Fondare estesi a chiunque. In donne zione “Giovanni Paolo II” sottolineano cogiovani ancome questo ra in età fertiaspetto sia da le, ad esempio approfondire l’alcol può meglio in fuelevare legturo. germente il riUna vita sana “Una ricerca schio di alcuni con attenzione come questa – tipi di tumore. commenta Questo poalla prevenzione Giovanni de trebbe controè l’elemento chiave Gaetano, Dibilanciare gli effetti positivi della medicina nel futuro rettore dei Laboratori di Risul sistema cerca della cardiovascoFondazione lare e perciò “Giovanni ridurre i benefici complessivi delle bevande Paolo II” – è parte di un concetto che il nostro gruppo ha da alcoliche sulla salute”. Nelle similitudini tra vino e bir- tempo abbracciato: guardare ra per quanto riguarda gli effet- alla vita reale delle persone. Sati positivi sulla salute cardiova- lute e malattia sono condizioni scolare c’è una domanda anco- che derivano anche dal nostro ra senza risposta: gli effetti fa- stile di vita. vorevoli derivano dal solo alcol Nuove terapie, nuovi farmaci, o da altre sostanze contenute sono estremamente importanti. Ma una vita salutare, con una nelle due bevande? Vino e birra sono differenti per forte attenzione alla prevenziocomposizione ad eccezione ne, è l’elemento chiave della dell’alcol, così potremmo pen- medicina negli anni futuri”. “ “ CAMPOBASSO. Uno studio ad opera dei laboratori della Fondazione di Ricerca e Cura "Giovanni Paolo II" di Campobasso, pubblicato sull''European Journal of Epidemiology' dimostra che la birra può produrre gli stessi effetti positivi del vino sulla salute del cuore. La birra dunque può prendere un posto da protagonista accanto al vino per quanto riguarda gli effetti positivi sulla salute cardiovascolare. E’ la conclusione di uno studio condotto dai Laboratori di Ricerca della Fondazione di Ricerca e Cura ”Giovanni Paolo II” di Campobasso. Ma sia per il vino che per la birra, la parola chiave è bere moderatamente e con regolarità. La ricerca, pubblicata on line dall’European Journal of Epidemiology, ha usato il metodo statistico della meta-analisi, che permette di raggruppare diversi studi scientifici condotti in tutto il mondo, ottenendo un risultato generale. In questo modo è stato possibile esaminare dati relativi ad oltre 200.000 persone, per le quali le abitudini nei confronti delle diverse bevande alcoliche sono Mercoledì 16 novembre 2011 Isernia e Provincia 17 Mercoledì 16 novembre 2011 Oggi incontro con i lavoratori. I sindacati: “Faremo di tutto per tutelarli, ma la situazione è intricata” Igea, la parola passa al Tribunale di Isernia Libri contabili all’esame. In arrivo l’amministratore giudiziario ISERNIA. Una situazione surreale quella che stanno vivendo di dipendenti dell’Igea dalla scorsa mattina: conti- nuano ad andare al lavoro, ma sanno già che la struttura ha i giorni contati. Lo scorso pomeriggio, infatti, sono stati Dipendenti infuriati con la proprietà “Incredibile, abbiamo saputo del fallimento dai giornali” ISERNIA. Beffa nella beffa di una situazione che è paradossale. I lavoratori dell’Igea Medica hanno saputo dai giornali della decisione di portare i libri contabili in tribunale e chiedere il fallimento della società. Per giunta, come se non bastasse, devono anche andare recarsi presso la struttura nonostante sappiano che da gennaio potrebbero non avere più un lavoro. Un’amarezza troppo grande quella dei dipendenti che ieri si sono sfogati e hanno spiegato: “Abbiamo appreso dai giornali cosa stava succedendo all’azienda e al nostro posto di lavoro. Come possiamo andare avanti in queste condizioni? Come è possibile recarsi ogni giorno al lavoro sapendo cosa sta succedendo?”. E’ proprio per spingere la proprietà a dare delle spiegazioni, sono stati gli stessi dipendenti a chiedere un incontro con i due soci. Enzo Di Luozzo ha già fatto sapere di non voler partecipare e che “parlerà in futuro delle sue scelte”, mentre sarà presente al faccia a faccia con i cinquanta dipendenti Franco Rossi. Il sindaco di Montaquila è stato il solo tra i due soci a commentare la situazione, ricordando che lui non era d’accordo alla decisione drastica di consegnare i libri contabili in tribunale. consegnati in tribunale i libri contabili della società, avviando di fatto l’iter per il fallimento della società. Una situazione così poco certa che ha spinto i dipendenti a chiedere un incontro con i soci. Si continuerà a lavorare, ma con la certezza della chiusura nelle prossime settimane. Essendo, infatti, una struttura che opera nel ramo della sanità, non può chiudere i battenti dall’oggi al domani: ci saranno ancora altre settimane di prestazione dei servizi per poi capire cosa sceglierà il tribunale. La strada che sembra essere quella più plausibile va nella direzione della nomina di un amministratore giudiziario, una figura scelta dal collegio fallimentare del tribunale di Isernia per ‘traghettare’ la società fino all’esame della pratica. L’analisi degli incartamenti e della documentazione fornita dalla Igea, infatti, potrebbe portare via diverso tempo, vista anche la atavica carenza di personale tra i ma- gistrati pentri. Durante questo periodo di esame del fascicolo, però, l’Igea deve essere comunque amministrata, continuando a svolgere i propri servizi. A differenza di una normale azienda che produce o gestisce merce, la dichiarazione di fallimento di una struttura del genere implica anche la gestione di pazienti. E’ necessario, quindi, garantire una serie di parametri che vanno dalla banale somministrazione dei pasti a chi è ricoverato all’Acqua Solfurea fino a operazioni più complesse come i servizi sanitari e riabilitativi. Ecco, quindi, che il tribunale potrebbe scegliere questa strada per questioni di celerità e urgenza, così da avere più tempo da dedicare all’esame della documentazione. Una volta terminata questa osservazione, sarà il collegio dei magistrati a dichiarare il fallimento o meno. Resta, quindi, appesa ad un filo anche la questione dei dipendenti della struttura: in cinquanta prestano servizio nel centro riabilitativo quasi da un decennio e, nonostante non percepiscano stipendio da mesi, continuano a lavorare. Lo faranno almeno fino al 31 dicembre prossimo, data di scadenza della convenzione con la Regione Molise. Impossibile prevedere sin da ora cosa succederà dopo: potrebbe esserci al timone della società un curatore fallimentare oppure potrebbe essere stata trovata, nel frattempo, un’altra soluzione. Il cammino della società è ancora incerto e questa assenza di sicurezza si ripercuote tutta sui lavoratori, ancora ignari sul loro futuro. Anche ieri si sono presentati al lavoro come fanno da mesi, ma la preoccupazione e l’amarezza serpeggiano incontrollate. Dopo anni di prestazioni per costruire una struttura all’avanguardia nel proprio campo e dopo mesi di sacrifici per continuare a lavorare pur senza la certezza dello stipendio alla fine mese. La situazione di stand-by, quindi, rende ancora più difficile la prosecuzione del lavoro da parte dei dipendenti. “Attendiamo cosa succederà dopo il deposito dei libri in tribunale – ha spiegato Guglielmo Di Lembo della Cisl – e gli atti conseguenti. Noi cercheremo di fare di tutto per tutelare i lavoratori dell’Igea e anche i pazienti, beneficiari di servizi che sarebbe un peccato andassero perduti. Già il fatto che un socio fosse d’accordo alla consegna dei libri in tribunale e l’altro invece no rende la situazione più intricata del normale”. Si attendono i futuri risvolti, un’attesa carica di aspettative, ma anche di tante amarezze. G.L. Isernia e Provincia 19 Mercoledì 16 novembre 2011 Il caso ISERNIA. Visita del sub commissario Isabella Mastrobuono al Pronto soccorso di Isernia. Al centro della discussione, come era prevedibile, i problemi che il reparto ha e le possibilità future per migliorare il servizio ai pazienti. E’ stata una lunga discussione quella che la Mastrobuono ha avuto con i sanitari del Veneziale di Isernia, da mesi in stato di agitazione per i continui disagi con cui sono costretti a fare i conti. Disagi che sono stati illustrati all’Asrem, ma che ancora non vengono risolti. Il sub commissario dalla sanità, ovviamente, ha parlato dell’organizzazione tecnica non solo del reparto, sollecitando anche i suggerimenti del personale sanitario. “Sono in attesa della relazione che mi faranno pervenire i medici per avviare poi un passaggio in assessorato”. Se sul fronte di una futura riorganizzazione qualche passo inizia a muoversi, nulla suc- Al centro della discussione c’è stata l’organizzazione futura della struttura isernina Il sub commissario Mastrobuono a sorpresa in visita al Pronto soccorso cede, invece, per risolvere i disagi più immediati. Un compito che toccherebbe ai funzionari dell’Asrem ma che non viene ancora affrontato. Nel frattempo l’esasperazio- ne è sempre più forte, tanto da spingere i medici a lavorare con il lutto al braccio, una forma di protesta giapponese che mostri visivamente le difficoltà incontrate ogni giorno. Lanciato l’appello a tutti i partiti di centrosinistra e alle associazioni Sit-in del Guerriero Sannita per sollevare il caso del reparto ISERNIA. Ha scritto ai segretari di tutti i partiti del centrosinistra e anche a quelli che sono fuori della coalizione, oltre ai rappresentanti delle forze sociali, dei movimenti e delle associazioni. Giovanni Muccio ha lanciato un appello affinché siano tutti presenti al sit-in organizzato dal Guerriero Sannita per protestare contro la paralisi del pronto soccorso dell’ospedale Veneziale. L’appuntamento è fissato per domani pomeriggio alle 16 al’ingresso del nosocomio isernino. “Il disagio che incontrano i cittadini unitamente al personale medico e paramedico del pronto soccorso è solo la punta dell’iceberg – afferma Muccio - La sanità molisana, da decenni è stata terreno di interessi clientelari, scaricando sui cittadini i costi di questa scellerata politica sia con aumento delle accise, tickets, Irpef ed Irap sia con le cartolarizzazioni, che impegnano le future generazioni a pagare i debiti contratti per necessità di bilancio e non di sviluppo. Noi, umili e onesti Guerrieri – prosegue Muccio nel nostro piccolo faremo sentire il grido di dolore che proviene oramai dagli strati più poveri della popolazione molisana, che percepisce l’affievolimento al diritto alla propria salute, non potendo più sostenere economicamente le spese per accedere ad eventuali prestazioni sanitarie, rimandando le proprie visite e cure”. Pertanto il Guerriero Sannita lancia un appello a tutte le forze politiche e sociali. Il Movimento politico chiede di non essere lasciato solo in questa nella battaglia che ha intrapreso partecipando al sit-in di domani. La scelta dopo l’ennesima riunione con l’Asrem che non ha portato a soluzione concrete e immediate. Da allora, è trascorsa una settimana, non c’è stata nessuna novità. I problemi del reparto sono essenzialmente due: la carenza di personale, acuitasi nell’ultimo periodo dopo i tagli necessari per il rispetto del piano di rientro, e i pochi sbocchi per i pazienti in termini di posti letto negli altri reparti. I problemi li hanno spiegati in una nota di oltre due mesi fa gli stessi medici. Che non hanno ottenuto risposta alle loro sollecitazioni. Dicono i sanitari del reparto: “Si era concordato con tutta la dirigenza di assegnare al nostro Pronto soccorso un’altra unità Ota (un infermiere) e un dirigente medico. Non è stato assegnato alcun dirigente medico e gli Ota sono diminuiti di una unità invece di aumentare. Il personale infermieristico che ha terminato il periodo di incarico e che era stato, tra l’altro formato per gestire le Sdo (le schede di dimissione ospedaliera), non è stato riassunto né sostituito”. In buona sostanza, al posto di potenziare il personale per un reparto che non riesce a far fronte alla grande mole di urgenze e di pazienti che si riversano, i dipendenti sono stati tagliati senza che vi fosse un rimpiazzo. La svolta pensata dai vertici dell’azienda? Informatizzare tutto, ma è stato un flop anche questo. “L’informatizzazione – dice ancora la lettera sottoscritta da tutto il personale del reparto – sta aumentando il carico burocratico senza semplificare il lavoro. Il personale deve sottrarre sempre più tempo all’assistenza dei pazienti per compiti burocratici”. E poi, ciliegina sulla torta, il paradosso: al reparto non funzionano nemmeno le porte, rotte da ormai quattro mesi. Primo Piano lo aveva già segnalato, ma la situazione non è di certo migliorata. Anzi. Si è anco- ra in attesa dei pezzi di ricambio: “La manutenzione della struttura presenta ritardi notevoli. Siamo da oltre tre settimane con le porte automatiche rotte e non si sa quando arriveranno i pezzi di ricambio. Il personale non ha alcuna barriera fisica con un’utenza sempre più esasperata”. Questa situazione di grande disagio era stata illustrata anche al prefetto di Isernia con una accorata lettera con la quale si chiedeva un intervento per garantire ancora il servizio ai cittadini della provincia. 20 Agnone Alto Molise Mercoledì 16 novembre 2011 Negli ultimi decreti commissariali non si fa cenno al servizio per l’ospedale di Agnone Laboratorio di analisi, si teme l’ennesimo taglio Il reparto Caracciolo è considerato un’eccellenza della sanità ADELINA ZARLENGA AGNONE. L’attenzione resta alta per l’ospedale San Francesco Caracciolo. Il presidio sanitario, di cui molti tentano di scrivere il destino, ospita al suo interno reparti di eccellenza, che si reggono anche grazie alla dedizione e alla competenza di chi vi lavora. Tra questi, spicca senza dubbio il Laboratorio Analisi. Centro all’avanguardia, che già da tempo sperimenta il sistema via web per la pubblicazione dei referti medici, che gode di buone attrezzature e della professionalità del dott. Meo, esperto di immunopato- logia da circa trent’anni, di biologi e tecnici. Da tempo, si teme per la chiusura del reparto, fondamentale per la sussistenza del nosocomio. Ma, nonostante gli allarmi lanciati in passato e le preoccupazioni presenti, il servizio funziona al meglio. Quali i timori, dunque? Negli ultimi decreti commissariali, il numero 84 in particolare – quello che riguarda nello specifico l’ospedale di Agnone – non ci sarebbero riferimenti ad alcuni servizi. E non si parla nemmeno del Laboratorio Analisi, per il quale si teme l’accorpamento con il centro isernino. Tali osservazioni so- no state rilevate anche durante l’ultimo incontro pubblico tra i comitati civici, i medici, l’amministrazione comunale, i legali di Art.32, sulla questione. Meeting da cui si è delineata la necessità di impugnare “in via preventiva” i recenti atti commissariali davanti al TAR. La situazione resta intricata e complessa. Difficile attribuire responsabilità. Capire come si evolverà il tutto. “Per il Laboratorio Analisi non è cambiato nulla – precisa il dott. Meo – resta un’eccellenza. Ma mi sento come un’appendice di Isernia. Nel decreto 84 il servizio non esiste più, la preoccupazione è che da un momento all’altro verremo chiamati ad Isernia, oppure che gli esami che da anni vengono svolti al Caracciolo debbano essere effettuati al Veneziale. Predisporre un mezzo per trasportarli da una struttura all’altra, aumenterebbe solo i costi. Come garantire la qualità? Come portare, in termini pratici il sangue ad Isernia? Non ha sen- L’ospedale Caracciolo A sinistra, il dottor Meo nel laboratorio so”. Il Laboratorio fa infatti capo al nosocomio pentro. Fino ad oggi, i medici non hanno ricevuto direttive per spostare il servizio, ma leggendo le carte restano sull’allerta. Le incertezze riguardano il futuro. I vertici commissariali stanno mettendo a punto una serie di provvedimenti che sembrano andare incontro alle esigenze della struttura, ma alcuni punti, come evidenziato anche dai referenti del Comitato Art.32 e dagli avvocati, non tornano. Bisognerà attendere che i decreti siano valutati dal nuovo Consiglio Re- gionale, capire come saranno trasformati in atti concreti. “Molte cose – ammette Meo – ci sono solo sulla carta. Se il Caracciolo tra qualche tempo sarà convertito in Presidio Territoriale di Assistenza, il Laboratorio Analisi non esisterà più. Ma non ho gettato la spugna. Svolgo duecento ore di reperibilità al mese, continuo con i sacrifici, perché non si tratta solo di un reparto, ma della sopravvivenza della struttura. Sull’ospedale si regge l’economia della zona. Con il Caracciolo c’è lavoro anche per il panettiere, per i commercianti. Se dovessero impoverirsi i servizi, la gente continuerebbe ad andare via, lasciando l’Alto Molise in ba- lia del nulla. Il problema più grave è l’abbandono del territorio”. Intanto, il reparto continua ad essere efficiente. Se da un lato, infatti, le preoccupazioni per il presidio sanitario sono tante, dall’altro non bisogna dimenticare la funzionalità dei vari settori, la qualità di alcuni servizi. “La specialista di biologia molecolare – puntualizza Meo – che lavora nel Laboratorio Analisi di Agnone è stata chiamata, per le proprie competenze, in Germania. Io stesso sono stato chiamato a lavorare a Chieti con l’Università. Le professionalità valide ci sono, ma non si devono far fuggire. Fino ad oggi, un anestesista si è trasferito a Cesena, un pediatra a Perugia, un altro medico a Sondrio. È necessario creare le condizioni affinché ciò non avvenga”. 32 Larino Area Frentana Mercoledì 16 novembre 2011 Bambino Gesù al Vietri A un mese dall’apertura, bilancio più che positivo LARINO. Torniamo a distanza di un mese dall'avvio delle attività del polo pediatrico Bambino Gesù Molise che ha sede nel padiglione del Vietri una volta ospitante le stanze di degenza della ginecologia, ad occuparcene perché negli ultimi giorni abbiamo avuto modo di visitare nuovamente il reparto e così abbiamo potuto, ascoltando sia il direttore Italo Trenta che le famiglie dei piccoli che si sono rivolte al centro, tracciare un primo bilancio che fin da ora, ma il giudizio naturalmente non spetta a noi, sembra decisamente qualitativamente e quantitativamente positivo. Infatti il primo dato che riportiamo riguarda il numero delle prestazioni che in poco più di un mese sono state erogate dal centro d'eccellenza. Dati che si attestano oltre le cento prestazioni con un trend sempre in crescita vuoi per il fatto che si sta divulgando tra la popolazione la notizia dell'apertura del centro sia per il fatto che molte famiglie che prima erano solite rivolgersi direttamente alla sede centrale di Roma del Bambino Gesù hanno avuto l'ulteriore conferma delle prestazioni erogate al Vietri proprio dai centralini di prenotazione dell'importante ospedale pediatrico romano, che raccogliendo le richieste provenienti dal Molise, ed in alcuni casi anche dalle regioni limitrofe, sta direttamente inviando al reparto di Larino i piccoli pazienti. Cosa che fino allo scorso 13 ottobre non sarebbe stata possibile. Quotidianamente nelle sale rimodernate funzionalmente per ospitare i bambini, sia il direttore Trenta che la dottoressa Basso, insieme al personale infermieristico e paramedico ricevono in media sei/sette bambini al giorno. Si va dalle visite propriamente pediatriche per valutare lo stato di crescita dei bambini alle visite specialistiche. Infatti, cosa che prima anche quando c'era la pediatria al Vietri non avveniva, ogni settimana con regolarità è presente u n soddisfatti – ha affermato una mamma all'uscita dall'ambulatorio – che finalmente in questa regione sono riusciti ad attivare un reparto che risponda appieno alle nostre chirurgo che effettua visite specifiche ai bambini, il tutto in un ambiente pensato a loro misura e con estrema professionalità. “Siamo davvero esigenze. Prima per un problema, fortunatamente semplice, eravamo costretti a recarci a Roma per far visitare nostro figlio, ora al contrario, nei prossimi giorni saranno attivate anche le altre visite specialistiche come quelle ortopediche. Proprio il consulto ortopedico – ci hanno confermato dal reparto pediatrico – dopo quello chirurgico è quello maggiormente richiesto dalle famiglie in quanto proprio nell'età compresa tra i tre e i quattro anni vanno a delinearsi possibili patologie alle articolazioni che meritano di essere controllate e seguite per valutare il da farsi. Un semplice resoconto, quello che vi abbiamo proposto scevro da valutazioni che non spetta a noi fare, anche se almeno stando ai numeri e alla soddisfazione della gente, possiamo affermare che nonostante tutto, la convenzione stipulata con il Bambino Gesù sta dando frutti concreti a discapito di quelli che avevano affermato che si trattava soltanto dell'ennesima inaugurazione senza futuro, beh forse qualcuno si sbagliava. A noi non resta che ricordare che il centro è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì ed è possibile prendere un appuntamento al numero 0874827352. Struttura, personale e il primario Italo Trenta del Bambin Gesù come confermatoci dalla stessa sede centrale, possiamo venire qui a Larino risparmiando da un punto di vista economico senza perdere la professionalità medica che avevamo a Roma”. “Qualcuno – ha aggiunto un papà – ha fatto notare che le visite sarebbero costose. Niente di più sbagliato in quanto rispondono alle tabelle regionali e poi di fronte alla salute del proprio figlio non credo si possa stare a vedere i soldi che si spendono. Io non sono di Larino e prima per andare a Roma, oltre ai soldi, dovevo mettere in conto anche lo stress che comunque facevo sopportare alla mia bambina”. Soddisfatto del primo mese di attività anche il primario Trenta che ormai da un anno a Larino insieme alla caposala, si è perfettamente integrato con la realtà larinese diventando, insieme alla collega Basso, un punto di riferimento per tante famiglie e i loro piccoli. Oltre alle visite chirurgiche attivate in contemporanea all'apertura, Nicola De Francesco 18 ISERNIA LAVORO Mercoledì 16 Novembre Il legale Balducci: «Messi in ginocchio dai mancati pagamenti» Igea, si rischia un nuovo caso San Stefar L o spettro di un nuovo caso San Stefar aleggia minaccioso sull’Igea medica. Spaventando pazienti, sindacalisti e soprattutto lavoratori. I registri della clinica di riabilitazione, com’è noto, sono stati riconsegnati in tribunale lunedì mattina. Con i due soci, Enzo Di Luozzo e Franco Rossi, divisi fino all’ultimo sul destino della casa di cura. Rossi avrebbe voluto prendere tempo al fine di verificare se c’erano le condizioni per procedere a un concordato preventivo. Ma la sua linea non ha prevalso. E Di Luozzo, pur nello sconforto, ha deciso di recarsi a palazzo di giustizia. «Una scelta prudente - ha commentato il legale dell’Igea, Ottavio Balducci – soprattutto nei confronti dei pazienti e dei lavoratori». Ma che fa stare in ansia i circa cinquanta dipendenti e le loro famiglie, senza contare gli utenti delle terapie. A scattare un’istantanea della drammaticità della situazione è il segretario generale della Cgil Funzione Pubblica, Guglielmo Di Lembo. Il sindacalista non si nasconde: «Temiamo un nuovo caso San Stefar – dice – e la strada di una partecipazione della Regione Molise, auspicata da uno dei soci, purtroppo sarà quasi certamente impraticabile». Di Lembo ricorda un solo caso di riassorbimento da parte della sanità pubblica, quasi in toto, dei dipendenti a carico di una struttura privata convenzionata. Si trattava del San Raffaele di Roma, nel quale però lavoravano qualcosa come oltre 1.300 persone. Numeri ben diversi, che fanno temere per il futuro dei 50 tra infermieri e fisioterapisti della struttura di Isernia. Anche perché nella sanità pubblica «le qualifiche più alte possono essere inserite soltanto mediante pubblico concorso – spiega ancora Di Lembo – diversamente da quelle più basse, che invece potrebbero passare attraverso il Centro per l’impiego». Ma perché il parallelismo con la San Stefar? Presto detto: I due centri di riabilitazione di Termoli e Campobasso attendono ancora l’accreditamento dell’Asrem per ripartire con le attività, a seguito del fallimento del colosso Angelini. Una vicenda che dura ormai da quasi tre anni. I lavoratori, dopo aver subito per mesi la crisi dell’ex proprietà, hanno garantito il servizio con spirito costruttivo e senso di abnegazione pur in assenza di pagamenti. Con la chiusura della procedura fallimentare e l’acquisto del gruppo Petruzzi speravano in una rapida soluzione della vertenza. Ma così non è stato: i due centri sono chiusi da mesi con 90 dipendenti a casa e un numero imprecisato di utenti senza assistenza. Sarà davvero questa la fine dell’Igea? Al momento certezze non ci sono. Tranne una: la prossima nomina, da parte del tribunale pentro, di un amministratore giudiziario, che dovrà occuparsi della corresponsione degli stipendi ai dipendenti e di portare avanti le attività riabilitative. In attesa che altri soggetti possano far ripartire la clinica con altri auspici, anche se nuovi acquirenti, per adesso, non si profilano. Ma da dove nascono i guai della struttura sita in località Acqua Solfurea? A far luce è l’avvocato Balducci: «Le attività sanitarie – dichiara – sono state diminuite in modo repentino, di anno in anno. Si è intaccata quella che è la vera e propria remunerazione delle prestazioni. Privilegiando non già il diritto alla salute, ma la capacità di spesa pubblica». In altre parole, la condizione debitoria dell’Igea non deriva dal mancato pagamento di obbligazioni. Bensì dal dover rinunciare, anno dopo anno, alle spettanze che la Regione non paga all’Igea per prestazioni già erogate in favore dei pazienti. «Colpa dei tagli imposti dal governo centrale al budget degli enti locali», taglia corto il legale della struttura. Che spiega come un privato quale l’Igea sia rigidamente vincolato dalla convenzione con la Regione. Mentre gli ospedali pubblici, di fronte al dissesto finanziario, «possono imporre da un giorno all’altro l’aumento dei ticket su farmaci e ricette». Cosa accadrà ora al centro di riabilitazione? Il tribunale dovrà valutare le condizioni per la procedura concorsuale da seguire. E capire se esistano o meno enti o altri soggetti che vogliano contribuire a rilanciare la clinica, comunque prevista nel Piano Sanitario regionale. La convenzione con la Regione, infatti, scade il 31 dicembre prossimo. Intanto, stamani il dottor Franco Rossi riceverà i lavoratori della struttura per cercare di fornire qualche risposta su un futuro tutt’altro che roseo. Ma nel difficile compito sarà da solo: Di Luozzo, all’incontro, avrebbe fatto sapere che non parteciperà. Pasquale Bartolomeo LE CITTÀ DEL MOLISE Mercoledì 16 novembre 2011 5 Salute mentale nelle scuole, al via la sperimentazione in cinque istituti C AMPOBASSO. La salute mentale come base per interventi educativi nelle scuole. Questo l’obiettivo del progetto “Valutazione di efficacia di un intervento di promozione della salute mentale nelle scuole” messo a punto dall’Associazione Promosam in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di Campobasso, l’assessorato regionale alle Politiche sociali, l’Asrem e l’istituto superiore di Sanità. Giunto al secondo anno, l’intervento sperimentale vedrà coinvolti gli istituti superiori del capoluogo di regione, i cui alunni saranno chiamati ad intraprendere un percorso che abbraccerà l’intero anno scolastico. Cinque le scuole che hanno aderito al progetto: l’istituto Tecnico per le attività sociali “Pertini”; il liceo Socio-psicopedagogico “Galanti”; l’istituto Geometri “Pittarelli”; il Professionale per il commercio e turismo “Cuoco”; il Professionale per l’agricoltura e l’ambiente. Basato sul manuale sperimentale “Intervento psicoeducativo per migliorare il benessere psicologico e l’intelligenza emotiva nelle scuole” (Gigantesco–Veltro), che nasce dalla rielaborazione di un primo testo redatto dall’Iss, il programma d’intervento è rivolto agli alunni di 10 classi del biennio (14-16 anni) con l’obiettivo di promuoverne le competenze sociali, l’autoefficacia, l’assertività e la capacità di risoluzione dei problemi. Il progetto avrà inizio a partire dalla terza settimana di novembre. Le classi, a cadenza settimanale, terranno incontri della durata di 60 minuti durante i quali, guidate da un facilitatore ed un supervisore, affronteranno la lettura del manuale con esercitazioni in gruppo, a casa e somministrazione di strumenti di valutazione. L’elaborazione dei dati raccolti sarà, infine, oggetto di un convegno pubblico che si terrà a conclusione del percorso. “Si tratta di un progetto promosso dall’Iss a livello nazionale – sottolinea Emiliana Bonanni presidente Promosan - e l’associazione Promosam, in stretta collaborazione con il Dsmo, ha voluto valutarne sperimentalmente l’efficacia. Il che rende l’intervento attuato in Molise un vero e proprio studio pilota che ha come finalità il miglioramento del benessere psicologico in un’età particolarmente delicata”. 6 CAMPOBASSO Mercoledì 16 novembre 2011 Birra salutare, tre spine piccole al giorno riducono i rischi cardiovascolari C AMPOBASSO. La birra può prendere un posto da protagonista a fianco del vino per quanto riguarda gli effetti positivi sulla salute cardiovascolare. E’ la conclusione di uno studio condotto dai Laboratori di Ricerca della Fondazione di Ricerca e Cura ”Giovanni Paolo II” di Campobasso. Ma sia per il vino che per la birra, la parola chiave è bere moderatamente e con regolarità. La ricerca, pubblicata on line dall’European Journal of Epidemiology, ha usato il metodo statistico della meta-analisi, che permette di raggruppare diversi studi scientifici condotti in tutto il mondo, ottenendo un risultato generale. In questo modo è stato possibile esaminare dati relativi ad oltre 200.000 persone, per le quali le abitudini nei confronti delle diverse bevande alcoliche sono state messe a confronto con il rischio di malattie cardiovascolari. I risultati generali confermano quello che già era noto per il vino: un consumo moderato (circa due bicchieri al giorno per gli uomini ed uno per le donne) può abbassare il rischio di essere colpiti da una malattia cardiovascolare, fino al 31% in meno confrontato con chi non beve affatto. Ciò che questo studio aggiunge di nuovo è rappresentato dai dati sulla birra. Per la prima volta, infatti, viene documentato scientificamente il rapporto tra quantità moderate di birra e protezione cardiovascolare. La protezione massima si osserva ad un consumo medio corrispondente, per una birra con gradazione di 5 gradi, a circa tre classiche birre piccole alla spina (200 ml ciascuna) al giorno. “Nella nostra ricerca – spiega Simona Costanzo, primo autore dello studio – abbiamo considerato vino e birra separatamente: prima si osserva una riduzione nel rischio cardiovascolare con un consumo basso o moderato. Poi, con l’aumento delle quantità, si può vedere che questo vantaggio sparisce, fino a che il rischio diventa addirittura più alto rispetto a un non bevitore. La parte interessante del nostro studio è che, tra le ricerche selezionate per la meta-analisi, ce ne sono 12 in cui il consumo di vino e di birra è stato paragonato direttamente. Usando questi dati abbiamo potuto osservare che le curve della protezione cardiovascolare per le due bevande si sovrappongono molto bene” Ma i bevitori, di vino o di birra, faranno meglio ad essere cauti prima di brindare a questi risultati. “Quello di cui stiamo parlando – dice Augusto Di Castelnuovo, capo I risultati dello studio condotto dai Laboratori della Fondazione di Ricerca e Cura Giovanni Paolo II dell’Unità di Statistica dei Laboratori di Ricerca ed uno dei pionieri negli studi epidemiologici sull’alcol – è un bere moderato e regolare. Penso che questo concetto non sarà mai evidenziato abbastanza. Vino e birra sono parte di uno stile di vita. Un bicchiere accompagna cibi salutari, mangiati alla giusta ora e magari in com- pagnia della famiglia o di amici. Non c’è posto per il binge drinking o per qualsiasi altra forma di abuso”. “I dati riportati nella nostra meta-analisi– sottolinea Di Castelnuovo – non possono poi essere estesi a chiunque. In donne giovani ancora in età fertile, ad esempio l’alcol può elevare leggermente il rischio di alcuni tipi di tumore. Questo potrebbe controbilanciare gli effetti positivi sul sistema cardiovascolare e perciò ridurre i benefici complessivi delle bevande alcoliche sulla salute”. Nelle similitudini tra vino e birra per quanto riguarda gli effetti positivi sulla salute cardiovascolare c’è una domanda ancora senza risposta: gli effetti favorevoli derivano dal solo alcol o da altre sostanze contenute nelle due bevande? Vino e birra sono differenti per composizione ad eccezione dell’alcol, così potremmo pensare che quest’ultimo sia il protagonista. Ma entrambe contengono polifenoli, anche se differenti tra loro. I ricercatori della Fondazione “Giovanni Paolo II” sottolineano come questo aspetto sia da approfondire meglio in futuro.“Una ricerca come questa – commenta Giovanni de Gaetano, direttore dei Laboratori di Ricerca della Fondazione “Giovanni Paolo II” – è parte di un concetto che il nostro gruppo ha da tempo abbracciato: guardare alla vita reale delle persone. Salute e malattia sono condizioni che derivano anche dallo stile di vita. Nuove terapie, nuovi farmaci, sono estremamente importanti. Ma una vita salutare, con una forte attenzione alla prevenzione, è l’elemento chiave della medicina negli anni futuri”. LʼINDAGINE SUI RAPPORTI SESSUALI CONDOTTA DA ASTRARICERCHE CON IL SUPPORTO DI LILLY Disfunzione erettile? I molisani la conoscono e la curano C AMPOBASSO. Il 95% dei molisani conosce la disfunzione erettile (Ds) e circa il 90% è a conoscenza del fatto che da vari anni esistono farmaci seri che la curano. La ricerca “Gli italiani, i rapporti sessuali e la disfunzione erettile” condotta da AstraRicerche con il supporto incondizionato di Lilly mostra uno scenario interessante: i molisani segnano il passo in tema di informazione sulla DE e di conoscenza dei trattamenti farmacologici disponibili. Il campione rappresentativo degli italiani residenti nell’area geografica definita del Cen- tro- Basso (Molise, Lazio, Abruzzo, e Sardegna) pari a circa 4.1 milioni di persone conosce bene l’argomento, quindi, e ha le idee chiare su come affrontare il problema De: raccogliendo le opinioni su soddisfazione, felicità e sessualità ben il 75% del campione afferma che essere soddisfatti sessualmente aiuta ad essere più felici e il 68% sostiene che è bene vivere con naturalezza la propria sessualità. Indagando sulle condizioni che rendono i rapporti sessuali più validi e soddisfacenti il 33% ha poi precisato che una condizione essenziale per la serenità di coppia è che non si debba essere a co- stretti a preoccuparsi di assumere il farmaco prima di fare l’amore. Conoscere la De vuol dire quindi anche informarsi sui modi migliori per affrontarla e affidarsi a delle terapie che non interferiscano con la naturalezza del rapporto. La ricerca “Gli italiani, i rapporti sessuali e la disfunzione erettile” realizzata da AstraRicerche, tra il 18 e il 20 maggio 2011 tramite 828 interviste on line somministrate con il metodo Cawi (Computer Aided Web Interviewing) a un campione rappresentativo degli italiani tra i 30 e i 60 anni, pari a circa 27 milioni di soggetti “Le opzioni terapeu- tiche oggi a disposizione per la cura della De sono molteplici - dichiara Antonio Aversa, specialista in Endocrinologia e Andrologia dell’Università di Roma La Sapienza - e sempre di più le coppie si rivolgono a noi medici chiedendo espressamente di affidarsi ad una cura che rispetti la naturalità dei ritmi di coppia: oggi è disponibile una gamma di differenti terapie, al bisogno o giornaliera, che danno un’efficace risposta per i pazienti che vogliono vivere la propria sessualità in totale naturalezza. La domanda più frequente riguarda la possibilità di risolvere definitivamente il problema, cosa che al momento è più attuabile con il trattamento giornaliero, come per le altre patologie. Tale trattamento non ha dimostrato alcuna pericolosità anche in pazienti complicati da altre malattie. I pazienti desiderano quindi trovare una terapia che restituisca loro la spontaneità, scollegando il più possibile l’assunzione della pillola dall’atto sessuale per vivere la sessualità di coppia nel modo più naturale possibile e tornare ad essere sereni come prima del disturbo” .