“L`ictus si può evitare E si può anche curare”

Attualità
Mercoledì 16 novembre 2011
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Cattolica, centro d’eccellenza
“L’ictus si può evitare
E si può anche curare”
Ischemia ed emorragia: il dottor Pietro Modugno spiega come si interviene
la piccola comunicazione crea po i 50 anni un eco doppler
delle turbolenze e può essere delle carotidi per capire se è
causa di embolismo cerebrale presente una stenosi della caanche nei pazienti giovani e rotide interna che nel tempo
portare ad un ictus soprattutto potrebbe evolvere e portare a
questa compliin persone che
canza trombotihanno meno di
ca.
40 anni”.
Per i più giovaQual è la preni
bisogna
venzione miPressione alta
escludere che
gliore dall’ice fumo sono alcuni non abbiano
tus?
una trombofi“Bisogna difattori di rischio,
lia, un problestinguere tra le
diverse tipolo- le emicranie incurabili ma di coagulagie di ictus e una spia importante zione di tipo
ereditario o fafra le età delle
miliare,
che
persone colpinon ci sia una
te. Ci sono papervietà del fozienti che presentano determinati fattori di rame ovale. Lo si può appurarischio. Ad esempio hanno la re se ci sono delle sintomatopressione alta, il colesterolo, logie particolari neurologiche,
sono fumatori, sono pazienti se ci sono spesso episodi di
dislipidemici o che hanno già cefalea e di emicrania refratavuto problemi cardiaci in taria a qualsiasi forma di terapia. In entrambi i casi c’è una
giovane età.
soluzione al
Sopratprobletutto in
ma”.
questi
Ecco,
casi sadottore,
rebbe
parliaauspimo delle
cabile
due sofare do-
“
“
CAMPOBASSO. Pietro Modugno è chirurgo vascolare alla Cattolica di Campobasso.
Questa chiacchierata per lui è
una pausa da una lunga mattinata di lavoro. Lo studio al
primo piano della struttura
che da qualche mese è la Fondazione Giovanni Paolo II, in
contrada Tappino, ha negli angoli, discretamente nascosti,
gli scatoloni di un trasloco.
Clinica e ricerca si fondono
nella sua attività. I collaboratori di ogni giorno li vuole al
suo fianco per fare il punto su
una patologia di cui tutti parlano, l’ictus. Perché ha colpito
un personaggio famoso. Perché ha colpito un ragazzo, Antonio Cassano.
Seduto alla scrivania, di fronte, ha la foto della sua Gravina in Puglia. Alle spalle istantanee di gite in barca a vela e
poste di Otranto e Gallipoli.
Accanto a lui Mariangela
Amatuzio ed Enrico Maria
Centritto, chirurghi che compongono la sua équipe. Un
pezzo del puzzle che è il dipartimento di malattie cardiovascolari diretto dal professor
Francesco Alessandrini.
Racconta con lessico professionale quel ‘buio’, l’interruzione del flusso vitale di sangue al cervello. Più o meno 20
persone su cento – fra quelle
che vengono colpite da ictus –
non sopravvivono alla fase
acuta. Fa impressione scoprire che anche i giovani possono esserne vittima.
“L’ictus cerebrale può avere
una componente sia ischemica che emorragica. Prevalentemente, vale a dire nell’8085% dei casi – si tratta di un’ischemia. Di solito, in questi
casi si riscontra una trombosi
del vaso della carotide interna
che porta il sangue al cervello.
Nel restante 20% dei casi –
spiega Modugno - si tratta di
un evento cardio-embolico,
che cioè parte dal cuore, e può
essere legato o ad un’aritmia
oppure, come è successo a
Cassano, ad una pervietà, vale
a dire una cavità di comunicazione, presente nella membrana che separa l’atrio destro da
quello sinistro. È un foro presente alla nascita che normalmente si riassorbe con la crescita. Nei casi in cui questo
riassorbimento non si verifica
luzioni possibili
“Per quanto riguarda la stenosi carotidea, questa va controllata periodicamente, e ovviamente trattata con la terapia antiaggregante e la cardioaspirina. Quando supera il
70% bisogna capire se procedere con un intervento chirurgico di disostruzione per liberare la carotide dal restringimento. Rispetto ai pazienti
più giovani c’è da accertare,
con la Tac o la risonanza, se
c’è stato un ictus e se si è in
presenza di forame ovale pervio si procede come nel caso
di Cassano. Vale a dire con un
trattamento per via endovascolare – un device introdotto
attraverso la vena – che realizza la chiusura del buco che
c’era fra la cavità destra e sinistra del cuore”.
Quanti interventi di questo
genere sono stati realizzati
in Cattolica a Campobasso e
con quali risultati?
“Se parliamo di stenosi carotidea siamo cui circa 700 interventi dal 2004 al 2011 con
una mortalità pari allo 0% e
con un’incidenza di
complicanz e
neu-
rologiche pari all’1%. I colleghi emodinamisti hanno anche impiantanti anche dei device per la pervietà, in numero inferiore anche perché è
una patologia che si sta scoprendo in tempi recenti”.
Un successo che ha fatto par-
lare della Cattolica di Campobasso anche all’estero. Qual è
il segreto?
“Io ritengo che stia nel comportarsi come l’equipaggio di
una barca a vela. Occorre un
affiatamento non solo tra le
persone che compongono la
stessa équipe ma anche con
tutte le altre componenti del
dipartimento di malattie cardiovascolari. Il malato va inquadrato e curato a 360°: col
cardiochirurgo, con l’emodinamista che quando c’è un
problema coronarico lo studia
prima, col riabilitatore. Un
trattamento personalizzato per
ogni paziente è la formula
vincente”.
rita iacobucci
IL CERVELLO LA STENOSI DELLA CAROTIDE
La stenosi della carotide è una patologia che comporta il
restringimento dell’arteria carotidea, vaso che porta il sangue al cervello, con conseguente riduzione del lume del
vaso e quindi offrendo un minor apporto di sangue. Il cervello necessita di un continuo e costante apporto di sangue: riduzioni di flusso, dovute a stenosi o altre cause,
possono determinare patologie cerebrali importanti, quali
l’ictus.
La malattia cerebrovascolare rappresenta, nella società
industrializzata, la terza causa di morte dopo i tumori e le
cardiopatie. In Italia avvengono circa 250 ictus al giorno
ed in media il 20% non sopravvive alla fase acuta.
La stenosi carotidea va trattata quando l’arteria si è ridotta del 70% anche se il paziente non accusa sintomi. Quando la stenosi è inferiore al 70%, ma superiore al 60% va
trattata solo se il paziente presenta determinati sintomi
neurologici. Esistono due opzioni di trattamento per i pazienti con stenosi carotidea. La prima è l’angioplastica con
palloncino attraverso un catetere portato direttamente in
arteria carotide interna. La seconda è l’intervento eseguito dal chirurgo vascolare.
La Cattolica di Campobasso ha una delle percentuali più
basse di Italia per le complicanze post intervento: su 350
pazienti trattatati lo 0.3 % ha avuto complicazioni neurologiche a fronte di una media nazionale del 2,55%, mentre
quelle cardiache post intervento sono risultate assenti nei
casi trattati a Campobasso, la media
nazionale invece è del 4%.
Il dottor Pietro Modugno coi colleghi Enrico Centritto e Mariangela Amatuzio
Il segreto del lavoro d’équipe
Marciano Ricci racconta:
così il paziente viene seguito
in maniera personalizzata
Marciano Ricci
CAMPOBASSO. Ha avuto modo di
rendersi conto di persona del trattamento
personalizzato che la Cattolica riserva ad
ogni suo paziente.
L’imprenditore Marciano Ricci ha subito
un delicato intervento chirurgico di recente e a distanza di un paio di mesi coglie l’occasione per sottolineare di nuovo
l’eccellenza delle prestazioni effettuate
nella struttura di contrada Tappino.
Marciano Ricci è stato ricoverato proprio
nel reparto di chirurgia vascolare e operato dal professor Snider e dai dottori
Piero Modugno e Carlo Maria De Filippo. Di tutti - medici, infermieri e paramedici - ricorda la straordinaria professionalità ma soprattutto “la vicinanza umana,
l’efficace e puntuale assistenza pre e post operatoria. Per chi ha un problema serio di salute è fondamentale avere intorno persone con visi allegri, con il sorriso
sulle labbra, pronte a dispensare conforto
e aiuto. Il personale della Cattolica di
Campobasso in questo si è superato”.
Un tratto caratteristico del centro di
Campobasso, questo, che è alla base dei
successi dei suoi reparti. E i risultati
d’eccellenza per i pazienti significano la
guarigione da patologie spesso complesse e contro cui è dura combattere. La battaglia si vince meglio ragionando in termini di squadra e puntando sul lato umano dell’assistenza medica. È una convinzione che accompagna l’azione quotidiana dei medici e di tutto il personale. “Desidero ancora una volta ringraziarli e rimarcare come in Molise è possibile realizzare la sanità d’eccellenza”, conclude
Marciano Ricci, auspicando di nuovo che
questo metodo diventi patrimonio dell’intero sistema sanitario molisano.
IL CUORE - LA PERVIETA’
DEL FORAME OVALE
Il forame ovale è una comunicazione tra i due atri, fisiologicamente presente durante la vita fetale.
Consente nel feto il passaggio di sangue ossigenato proveniente dalle vene ombelicali in atrio sinistro. Alla nascita, in seguito, all’aumento della pressione in atrio di sinistra si ha l’accollamento della membrana al setto interatriale.
In una minoranza di casi tale fusione non avviene e il forame rimane aperto. Un forame ovale pervio è solitamente presente nel 30% circa dei soggetti normali.
Tale condizione, in determinate circostanze può permettere il passaggio di materiale embolico (aria, adipe, trombo)
dalla circolazione venosa a quella arteriosa (embolia paradossa).
La presenza della pervietà aumenta il rischio di eventi cerebrali ricorrenti di circa cinque volte. Il rischio è notevolmente aumentato, sino a trenta volte, se al forame pelvio
si associa un aneurisma del setto interatriale, in questo
caso viene, anche, favorita la formazione di aggregati piastrinici sul versante atriale sinistro; il rischio ischemico è
ulteriormente aumentato dalla concomitante presenza di
valvola di Eustachio ridondante, dal prolasso della valvola
mitrale e da uno stato di ipercoagulazione.
I soggetti con pervietà della fossa ovale possono presentare emicrania con un’incidenza da 2 a 5 volte rispetto al
resto della popolazione. La pervietà della fossa ovale permetterebbe, in questo caso, il passaggio dal versante venoso di sostanze d’innesco dell’emicrania (tipo vasodilatatore) che saltando il filtro polmonare raggiungendo in
quantità maggiore la circolazione sistemica.
Campobasso
Mercoledì 16 novembre 2011
CAMPOBASSO. La salute mentale
L’iniziativa Promosan-Asrem
diventa la base per interventi educativi nelle scuole. E’ questo l’obiettivo del progetto “Valutazione di efficacia di un intervento di promozione
della salute mentale nelle scuole”
messo a punto dall’associazione Promosan in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di
Campobasso, l’assessorato alle Politiche Sociali della Regione Molise,
l’Asrem e l’Istituto Superiore di Sa- l’istituto tecnico per le attività socia- per migliorare il benessere psicolonità. L’intervento sperimentale che è li “S. Pertini”; il liceo Socio-psico- gico e l’intelligenza emotiva nelle
pedagogico “G. M. scuole” (Gigantesco–Veltro), che nagiunto alla seconda
Galanti”; l’istituto sce dalla rielaborazione di un primo
edizione,
vedrà
geometri “L. Pitta- testo redatto dall’Istituto superiore di
coinvolti gli istituti
relli”; l’istituto pro- Sanità, il programma d’intervento è
superiori del capo- Veltro
fessionale per il rivolto agli alunni di 10 classi del
luogo di regione, i
cui alunni saranno “Il progetto è giunto Commercio e Turi- biennio (14-16 anni) con l’obiettivo
smo “V. Cuoco”; di promuoverne le competenze sochiamati ad intra- alla seconda
l’istituto professio- ciali, l’autoefficacia, l’assertività e la
prendere un percornale per l’Agricoltu- capacità di risoluzione dei problemi.
so che durerà per edizione
Il progetto partirà a stretto giro di
ra e l’Ambiente.
l’intero anno scola- e partirà a breve
Basato sul manuale posta, già dalla terza settimana di
stico. Cinque le
Sono 5 le scuole
sperimentale “Inter- novembre.
scuole che hanno
vento psicoeducativo Le classi, a cadenza settimanale, teraderito al progetto: che hanno aderito”
La salute mentale
come intervento basilare
nell’educazione scolastica
Il dottor Veltro
ranno incontri della durata di un’ora
durante i quali, guidate da un facilitatore ed un supervisore, affronteranno la lettura del manuale con
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esercitazioni in gruppo, a
casa e somministrazione di
strumenti di valutazione.
L’elaborazione dei dati raccolti sarà, infine, oggetto di
un convegno pubblico che
si terrà a conclusione del
percorso. “Si tratta di un
progetto promosso dall’Istituto Superiore di Sanità a livello nazionale – sottolinea la dottoressa Emiliana Bonanni presidente
Promosan - e l’Associazione Promosam, in stretta
collaborazione con il Dipartimento di salute mentale di Campobasso, ha voluto valutarne sperimentalmente l’efficacia. Il che
rende l’intervento attuato
in Molise un vero e proprio
studio pilota che ha come finalità il
miglioramento del benessere psicologico in un’età particolarmente delicata”.
10 Campobasso
La ricerca
La birra fa bene
alla salute...
cardiovascolare
state messe a confronto con il
rischio di malattie cardiovascolari.
I risultati generali confermano
quello che già era noto per il vino: un consumo moderato (circa due bicchieri al giorno per
gli uomini ed uno per le donne)
può abbassare il rischio di essere colpiti da una malattia cardiovascolare, fino al 31% in
meno confrontato con chi non
beve affatto.
Ciò che questo studio aggiunge
di nuovo è rappresentato dai
dati sulla birra. Per la prima
volta, infatti, viene documentato scientificamente il rapporto
tra quantità moderate di birra e
protezione cardiovascolare. La
protezione massima si osserva
ad un consumo medio corrispondente, per una birra con
gradazione di 5 gradi, a circa
tre classiche birre piccole alla
spina (200 ml ciascuna) al giorno.
“Nella nostra ricerca – spiega
Simona Costanzo, primo autore dello studio – abbiamo considerato vino e birra separatamente: prima si osserva una riduzione nel rischio cardiovascolare con un consumo basso
o moderato. Poi, con l’aumento
delle quantità, si può vedere
che questo vantaggio sparisce,
fino a che il rischio diventa addirittura più alto rispetto a un
non bevitore. La parte interessante del nostro studio è che,
tra le ricerche selezionate per la
meta-analisi, ce ne sono 12 in
cui il consumo di vino e di birra è stato paragonato direttamente. Usando questi dati abbiamo potuto osservare che le
curve della protezione cardio-
Giovanni de Gaetano
vascolare per le due bevande si
sovrappongono molto bene”
Ma i bevitori, di vino o di birra,
faranno meglio ad essere cauti
prima di brindare a questi risultati. “Quello di cui stiamo parlando – dice Augusto Di Castelnuovo, capo dell’Unità di
Statistica dei Laboratori di Ricerca ed uno dei pionieri negli
studi epidemiologici sull’alcol
– è un bere moderato e regolare. Penso che questo concetto
non sarà mai evidenziato abbastanza. Vino e birra sono parte
di uno stile di vita. Un bicchiere accompagna cibi salutari,
mangiati alla giusta ora e magari in compagnia della famiglia o di amici. Non c’è posto
per il binge drinking o per qual- sare che quest’ultimo sia il protagonista.
siasi altra forma di abuso”.
“I dati riportati nella nostra me- Ma entrambe contengono polita-analisi– sottolinea Di Castel- fenoli, anche se differenti tra
nuovo – non possono poi esse- loro. I ricercatori della Fondare estesi a chiunque. In donne zione “Giovanni Paolo II” sottolineano cogiovani ancome
questo
ra in età fertiaspetto sia da
le, ad esempio
approfondire
l’alcol può
meglio in fuelevare legturo.
germente il riUna vita sana
“Una ricerca
schio di alcuni
con attenzione
come questa –
tipi di tumore.
commenta
Questo poalla prevenzione
Giovanni de
trebbe controè l’elemento chiave
Gaetano, Dibilanciare gli
effetti positivi della medicina nel futuro rettore dei Laboratori di Risul sistema
cerca della
cardiovascoFondazione
lare e perciò
“Giovanni
ridurre i benefici complessivi delle bevande Paolo II” – è parte di un concetto che il nostro gruppo ha da
alcoliche sulla salute”.
Nelle similitudini tra vino e bir- tempo abbracciato: guardare
ra per quanto riguarda gli effet- alla vita reale delle persone. Sati positivi sulla salute cardiova- lute e malattia sono condizioni
scolare c’è una domanda anco- che derivano anche dal nostro
ra senza risposta: gli effetti fa- stile di vita.
vorevoli derivano dal solo alcol Nuove terapie, nuovi farmaci,
o da altre sostanze contenute sono estremamente importanti.
Ma una vita salutare, con una
nelle due bevande?
Vino e birra sono differenti per forte attenzione alla prevenziocomposizione ad eccezione ne, è l’elemento chiave della
dell’alcol, così potremmo pen- medicina negli anni futuri”.
“
“
CAMPOBASSO. Uno studio
ad opera dei laboratori della
Fondazione di Ricerca e Cura
"Giovanni Paolo II" di Campobasso, pubblicato sull''European Journal of Epidemiology' dimostra che la birra può produrre gli stessi effetti positivi del
vino sulla salute del cuore. La
birra dunque può prendere un
posto da protagonista accanto
al vino per quanto riguarda gli
effetti positivi sulla salute cardiovascolare. E’ la conclusione
di uno studio condotto dai Laboratori di Ricerca della Fondazione di Ricerca e Cura
”Giovanni Paolo II” di Campobasso. Ma sia per il vino che
per la birra, la parola chiave è
bere moderatamente e con regolarità.
La ricerca, pubblicata on line
dall’European Journal of Epidemiology, ha usato il metodo
statistico della meta-analisi,
che permette di raggruppare diversi studi scientifici condotti
in tutto il mondo, ottenendo un
risultato generale. In questo
modo è stato possibile esaminare dati relativi ad oltre
200.000 persone, per le quali le
abitudini nei confronti delle diverse bevande alcoliche sono
Mercoledì 16 novembre 2011
Isernia e Provincia 17
Mercoledì 16 novembre 2011
Oggi incontro con i lavoratori. I sindacati: “Faremo di tutto per tutelarli, ma la situazione è intricata”
Igea, la parola passa
al Tribunale di Isernia
Libri contabili all’esame. In arrivo l’amministratore giudiziario
ISERNIA. Una situazione
surreale quella che stanno vivendo di dipendenti dell’Igea
dalla scorsa mattina: conti-
nuano ad andare al lavoro, ma
sanno già che la struttura ha i
giorni contati. Lo scorso pomeriggio, infatti, sono stati
Dipendenti infuriati con la proprietà
“Incredibile, abbiamo saputo
del fallimento dai giornali”
ISERNIA. Beffa nella beffa di una situazione che è paradossale. I lavoratori dell’Igea Medica hanno saputo dai giornali della
decisione di portare i libri contabili in tribunale e chiedere il fallimento della società. Per giunta, come se non bastasse, devono
anche andare recarsi presso la struttura nonostante sappiano che
da gennaio potrebbero non avere più un lavoro.
Un’amarezza troppo grande quella dei dipendenti che ieri si sono sfogati e hanno spiegato: “Abbiamo appreso dai giornali cosa stava succedendo all’azienda e al nostro posto di lavoro. Come possiamo andare avanti in queste condizioni? Come è possibile recarsi ogni giorno al lavoro sapendo cosa sta succedendo?”. E’ proprio per spingere la proprietà a dare delle spiegazioni, sono stati gli stessi dipendenti a chiedere un incontro con i
due soci. Enzo Di Luozzo ha già fatto sapere di non voler partecipare e che “parlerà in futuro delle sue scelte”, mentre sarà presente al faccia a faccia con i cinquanta dipendenti Franco Rossi.
Il sindaco di Montaquila è stato il solo tra i due soci a commentare la situazione, ricordando che lui non era d’accordo alla decisione drastica di consegnare i libri contabili in tribunale.
consegnati in tribunale i libri
contabili della società, avviando di fatto l’iter per il fallimento della società. Una situazione così poco certa che
ha spinto i dipendenti a chiedere un incontro con i soci.
Si continuerà a lavorare, ma
con la certezza della chiusura
nelle prossime settimane. Essendo, infatti, una struttura
che opera nel ramo della sanità, non può chiudere i battenti dall’oggi al domani: ci saranno ancora altre settimane
di prestazione dei servizi per
poi capire cosa sceglierà il
tribunale.
La strada che sembra essere
quella più plausibile va nella
direzione della nomina di un
amministratore giudiziario,
una figura scelta dal collegio
fallimentare del tribunale di
Isernia per ‘traghettare’ la società fino all’esame della pratica. L’analisi degli incartamenti e della documentazione
fornita dalla Igea, infatti, potrebbe portare via diverso
tempo, vista anche la atavica
carenza di personale tra i ma-
gistrati pentri. Durante questo
periodo di esame del fascicolo, però, l’Igea deve essere
comunque amministrata, continuando a svolgere i propri
servizi. A differenza di una
normale azienda che produce
o gestisce merce, la dichiarazione di fallimento di una
struttura del genere implica
anche la gestione di pazienti.
E’ necessario, quindi, garantire una serie di parametri che
vanno dalla banale somministrazione dei pasti a chi è ricoverato all’Acqua Solfurea
fino a operazioni più complesse come i servizi sanitari
e riabilitativi. Ecco, quindi,
che il tribunale potrebbe scegliere questa strada per questioni di celerità e urgenza,
così da avere più tempo da
dedicare all’esame della documentazione. Una volta terminata questa osservazione,
sarà il collegio dei magistrati
a dichiarare il fallimento o
meno.
Resta, quindi, appesa ad un
filo anche la questione dei dipendenti della struttura: in
cinquanta prestano servizio
nel centro riabilitativo quasi
da un decennio e, nonostante
non percepiscano stipendio
da mesi, continuano a lavorare. Lo faranno almeno fino al
31 dicembre prossimo, data
di scadenza della convenzione con la Regione Molise.
Impossibile prevedere sin da
ora cosa succederà dopo: potrebbe esserci al timone della
società un curatore fallimentare oppure potrebbe essere
stata trovata, nel frattempo,
un’altra soluzione. Il cammino della società è ancora incerto e questa assenza di sicurezza si ripercuote tutta sui
lavoratori, ancora ignari sul
loro futuro. Anche ieri si sono
presentati al lavoro come fanno da mesi, ma la preoccupazione e l’amarezza serpeggiano incontrollate. Dopo anni di
prestazioni per costruire una
struttura all’avanguardia nel
proprio campo e dopo mesi di
sacrifici per continuare a lavorare pur senza la certezza
dello stipendio alla fine mese.
La situazione di stand-by,
quindi, rende ancora più difficile la prosecuzione del lavoro da parte dei dipendenti.
“Attendiamo cosa succederà
dopo il deposito dei libri in
tribunale – ha spiegato Guglielmo Di Lembo della Cisl
– e gli atti conseguenti. Noi
cercheremo di fare di tutto
per tutelare i lavoratori dell’Igea e anche i pazienti, beneficiari di servizi che sarebbe un peccato andassero perduti. Già il fatto che un socio
fosse d’accordo alla consegna
dei libri in tribunale e l’altro
invece no rende la situazione
più intricata del normale”. Si
attendono i futuri risvolti,
un’attesa carica di aspettative, ma anche di tante amarezze.
G.L.
Isernia e Provincia 19
Mercoledì 16 novembre 2011
Il caso
ISERNIA. Visita del sub
commissario Isabella Mastrobuono al Pronto soccorso
di Isernia. Al centro della discussione, come era prevedibile, i problemi che il reparto
ha e le possibilità future per
migliorare il servizio ai pazienti. E’ stata una lunga discussione quella che la Mastrobuono ha avuto con i sanitari del Veneziale di Isernia,
da mesi in stato di agitazione
per i continui disagi con cui
sono costretti a fare i conti.
Disagi che sono stati illustrati all’Asrem, ma che ancora
non vengono risolti.
Il sub commissario dalla sanità, ovviamente, ha parlato
dell’organizzazione tecnica
non solo del reparto, sollecitando anche i suggerimenti
del personale sanitario. “Sono in attesa della relazione
che mi faranno pervenire i
medici per avviare poi un
passaggio in assessorato”. Se
sul fronte di una futura riorganizzazione qualche passo
inizia a muoversi, nulla suc-
Al centro della discussione c’è stata l’organizzazione futura della struttura isernina
Il sub commissario Mastrobuono
a sorpresa in visita al Pronto soccorso
cede, invece, per risolvere i
disagi più immediati. Un
compito che toccherebbe ai
funzionari dell’Asrem ma che
non viene ancora affrontato.
Nel frattempo l’esasperazio-
ne è sempre più forte, tanto
da spingere i medici a lavorare con il lutto al braccio, una
forma di protesta giapponese
che mostri visivamente le difficoltà incontrate ogni giorno.
Lanciato l’appello a tutti i partiti di centrosinistra e alle associazioni
Sit-in del Guerriero Sannita
per sollevare il caso del reparto
ISERNIA. Ha scritto ai segretari di tutti i
partiti del centrosinistra e anche a quelli che
sono fuori della coalizione, oltre ai rappresentanti delle forze sociali, dei movimenti e
delle associazioni. Giovanni Muccio ha lanciato un appello affinché siano tutti presenti
al sit-in organizzato dal Guerriero Sannita
per protestare contro la paralisi del pronto
soccorso dell’ospedale Veneziale.
L’appuntamento è fissato per domani pomeriggio alle 16 al’ingresso del nosocomio isernino. “Il disagio che incontrano i cittadini
unitamente al personale medico e paramedico del pronto soccorso è solo la punta dell’iceberg – afferma Muccio - La sanità molisana, da decenni è stata terreno di interessi
clientelari, scaricando sui cittadini i costi di
questa scellerata politica sia con aumento
delle accise, tickets, Irpef ed Irap sia con le
cartolarizzazioni, che impegnano le future
generazioni a pagare i debiti contratti per necessità di bilancio e non di sviluppo. Noi,
umili e onesti Guerrieri – prosegue Muccio nel nostro piccolo faremo sentire il grido di
dolore che proviene oramai dagli strati più
poveri della popolazione molisana, che percepisce l’affievolimento al diritto alla propria salute, non potendo più sostenere economicamente le spese per accedere ad eventuali prestazioni sanitarie, rimandando le proprie visite e cure”.
Pertanto il Guerriero Sannita lancia un appello a tutte le forze politiche e sociali. Il Movimento politico chiede di non essere lasciato
solo in questa nella battaglia che ha intrapreso partecipando al sit-in di domani.
La scelta dopo l’ennesima
riunione con l’Asrem che non
ha portato a soluzione concrete e immediate. Da allora,
è trascorsa una settimana,
non c’è stata nessuna novità.
I problemi del reparto sono
essenzialmente due: la carenza di personale, acuitasi nell’ultimo periodo dopo i tagli
necessari per il rispetto del
piano di rientro, e i pochi
sbocchi per i pazienti in termini di posti letto negli altri
reparti.
I problemi li hanno spiegati
in una nota di oltre due mesi
fa gli stessi medici. Che non
hanno ottenuto risposta alle
loro sollecitazioni. Dicono i
sanitari del reparto: “Si era
concordato con tutta la dirigenza di assegnare al nostro
Pronto soccorso un’altra unità Ota (un infermiere) e un dirigente medico. Non è stato
assegnato alcun dirigente medico e gli Ota sono diminuiti
di una unità invece di aumentare. Il personale infermieristico che ha terminato il periodo di incarico e che era
stato, tra l’altro formato per
gestire le Sdo (le schede di
dimissione ospedaliera), non
è stato riassunto né sostituito”. In buona sostanza, al posto di potenziare il personale
per un reparto che non riesce
a far fronte alla grande mole
di urgenze e di pazienti che si
riversano, i dipendenti sono
stati tagliati senza che vi fosse un rimpiazzo. La svolta
pensata dai vertici dell’azienda? Informatizzare tutto, ma
è stato un flop anche questo.
“L’informatizzazione – dice
ancora la lettera sottoscritta
da tutto il personale del reparto – sta aumentando il carico
burocratico senza semplificare il lavoro. Il personale deve
sottrarre sempre più tempo
all’assistenza dei pazienti per
compiti burocratici”. E poi,
ciliegina sulla torta, il paradosso: al reparto non funzionano nemmeno le porte, rotte
da ormai quattro mesi. Primo
Piano lo aveva già segnalato,
ma la situazione non è di certo migliorata. Anzi. Si è anco-
ra in attesa dei pezzi di ricambio: “La manutenzione
della struttura presenta ritardi
notevoli. Siamo da oltre tre
settimane con le porte automatiche rotte e non si sa
quando arriveranno i pezzi di
ricambio. Il personale non ha
alcuna barriera fisica con
un’utenza sempre più esasperata”.
Questa situazione di grande
disagio era stata illustrata anche al prefetto di Isernia con
una accorata lettera con la
quale si chiedeva un intervento per garantire ancora il servizio ai cittadini della provincia.
20 Agnone Alto Molise
Mercoledì 16 novembre 2011
Negli ultimi decreti commissariali non si fa cenno al servizio per l’ospedale di Agnone
Laboratorio di analisi,
si teme l’ennesimo taglio
Il reparto Caracciolo è considerato un’eccellenza della sanità
ADELINA ZARLENGA
AGNONE. L’attenzione resta
alta per l’ospedale San Francesco Caracciolo. Il presidio
sanitario, di cui molti tentano
di scrivere il destino, ospita al
suo interno reparti di eccellenza, che si reggono anche
grazie alla dedizione e alla
competenza di chi vi lavora.
Tra questi, spicca senza dubbio il Laboratorio Analisi.
Centro all’avanguardia, che
già da tempo sperimenta il sistema via web per la pubblicazione dei referti medici, che
gode di buone attrezzature e
della professionalità del dott.
Meo, esperto di immunopato-
logia da circa trent’anni, di
biologi e tecnici. Da tempo, si
teme per la chiusura del reparto, fondamentale per la sussistenza del nosocomio. Ma,
nonostante gli allarmi lanciati
in passato e le preoccupazioni
presenti, il servizio funziona
al meglio.
Quali i timori, dunque? Negli
ultimi decreti commissariali,
il numero 84 in particolare –
quello che riguarda nello specifico l’ospedale di Agnone –
non ci sarebbero riferimenti
ad alcuni servizi. E non si parla nemmeno del Laboratorio
Analisi, per il quale si teme
l’accorpamento con il centro
isernino. Tali osservazioni so-
no state rilevate anche durante l’ultimo incontro pubblico
tra i comitati civici, i medici,
l’amministrazione comunale,
i legali di Art.32, sulla questione. Meeting da cui si è delineata la necessità di impugnare “in via preventiva” i recenti atti commissariali davanti al TAR. La situazione
resta intricata e complessa.
Difficile attribuire responsabilità. Capire come si evolverà il tutto. “Per il Laboratorio
Analisi non è cambiato nulla
– precisa il dott. Meo – resta
un’eccellenza. Ma mi sento
come un’appendice di Isernia.
Nel decreto 84 il servizio non
esiste più, la preoccupazione
è che da un momento all’altro
verremo chiamati ad Isernia,
oppure che gli esami che da
anni vengono svolti al Caracciolo debbano essere effettuati al Veneziale. Predisporre un
mezzo per trasportarli da una
struttura all’altra, aumenterebbe solo i costi. Come garantire la qualità? Come portare, in termini pratici il sangue ad Isernia? Non ha sen-
L’ospedale Caracciolo
A sinistra, il dottor Meo nel laboratorio
so”. Il Laboratorio fa infatti
capo al nosocomio pentro. Fino ad oggi, i medici non hanno ricevuto direttive per spostare il servizio, ma leggendo
le carte restano sull’allerta.
Le incertezze riguardano il futuro. I vertici commissariali
stanno mettendo a punto una
serie di provvedimenti che
sembrano andare incontro alle
esigenze della struttura, ma
alcuni punti, come evidenziato anche dai referenti del Comitato Art.32 e dagli avvocati, non tornano. Bisognerà attendere che i decreti siano valutati dal nuovo Consiglio Re-
gionale, capire
come saranno
trasformati in
atti
concreti.
“Molte cose –
ammette Meo –
ci sono solo sulla carta. Se il
Caracciolo tra qualche tempo
sarà convertito in Presidio
Territoriale di Assistenza, il
Laboratorio Analisi non esisterà più. Ma non ho gettato la
spugna. Svolgo duecento ore
di reperibilità al mese, continuo con i sacrifici, perché non
si tratta solo di un reparto, ma
della sopravvivenza della
struttura. Sull’ospedale si regge l’economia della zona.
Con il Caracciolo c’è lavoro
anche per il panettiere, per i
commercianti. Se dovessero
impoverirsi i servizi, la gente
continuerebbe ad andare via,
lasciando l’Alto Molise in ba-
lia del nulla. Il problema più
grave è l’abbandono del territorio”. Intanto, il reparto continua ad essere efficiente. Se
da un lato, infatti, le preoccupazioni per il presidio sanitario sono tante, dall’altro non
bisogna dimenticare la funzionalità dei vari settori, la
qualità di alcuni servizi. “La
specialista di biologia molecolare – puntualizza Meo –
che lavora nel Laboratorio
Analisi di Agnone è stata
chiamata, per le proprie competenze, in Germania. Io stesso sono stato chiamato a lavorare a Chieti con l’Università.
Le professionalità valide ci
sono, ma non si devono far
fuggire. Fino ad oggi, un anestesista si è trasferito a Cesena, un pediatra a Perugia, un
altro medico a Sondrio. È necessario creare le condizioni
affinché ciò non avvenga”.
32 Larino Area Frentana
Mercoledì 16 novembre 2011
Bambino Gesù al Vietri
A un mese dall’apertura,
bilancio più che positivo
LARINO. Torniamo a distanza di un mese dall'avvio delle
attività del polo pediatrico
Bambino Gesù Molise che ha
sede nel padiglione del Vietri
una volta ospitante le stanze
di degenza della ginecologia,
ad occuparcene perché negli
ultimi giorni abbiamo avuto
modo di visitare nuovamente
il reparto e così abbiamo potuto, ascoltando sia il direttore Italo Trenta che le famiglie
dei piccoli che si sono rivolte
al centro, tracciare un primo
bilancio che fin da ora, ma il
giudizio naturalmente non
spetta a noi, sembra decisamente qualitativamente e
quantitativamente positivo. Infatti il primo dato che riportiamo riguarda il numero delle
prestazioni
che in poco più di
un mese
sono state
erogate dal
centro d'eccellenza. Dati
che si attestano
oltre le cento prestazioni con un trend sempre
in crescita vuoi per il fatto che
si sta divulgando tra la popolazione la notizia dell'apertura
del centro sia per il fatto che
molte famiglie che prima erano solite rivolgersi direttamente alla sede centrale di
Roma del Bambino Gesù hanno avuto l'ulteriore conferma
delle prestazioni erogate al
Vietri proprio dai centralini di
prenotazione dell'importante
ospedale pediatrico romano,
che raccogliendo le richieste
provenienti dal Molise, ed in
alcuni casi anche dalle regioni limitrofe, sta direttamente
inviando al reparto di Larino i
piccoli pazienti. Cosa che fino allo scorso 13 ottobre non
sarebbe stata possibile. Quotidianamente nelle sale rimodernate funzionalmente per
ospitare i bambini, sia il direttore Trenta che la dottoressa
Basso, insieme al personale
infermieristico e paramedico
ricevono in media sei/sette
bambini al giorno. Si va dalle
visite propriamente pediatriche per valutare lo stato di
crescita dei bambini alle visite specialistiche. Infatti, cosa
che prima anche quando c'era
la pediatria al Vietri non avveniva, ogni
settimana con
regolarità è
presente
u
n
soddisfatti – ha affermato una
mamma all'uscita dall'ambulatorio – che finalmente in
questa regione sono riusciti
ad attivare un reparto che risponda appieno alle nostre
chirurgo che effettua visite
specifiche ai bambini, il tutto
in un ambiente pensato a loro
misura e con estrema professionalità. “Siamo davvero
esigenze. Prima per un problema, fortunatamente semplice, eravamo costretti a recarci a Roma per far visitare
nostro figlio, ora al contrario,
nei prossimi giorni saranno attivate anche le
altre visite specialistiche
come quelle ortopediche.
Proprio il consulto ortopedico – ci hanno confermato dal reparto pediatrico – dopo quello chirurgico è
quello maggiormente richiesto dalle famiglie in quanto
proprio nell'età compresa tra i
tre e i quattro anni vanno a delinearsi possibili patologie alle articolazioni che meritano
di essere controllate e seguite
per valutare il da farsi. Un
semplice resoconto, quello
che vi abbiamo proposto scevro da valutazioni che non
spetta a noi fare, anche se almeno stando ai numeri e alla
soddisfazione della gente,
possiamo affermare che nonostante tutto, la convenzione
stipulata con il Bambino Gesù
sta dando frutti concreti a discapito di quelli che avevano
affermato che si trattava soltanto dell'ennesima inaugurazione senza futuro, beh forse
qualcuno si sbagliava. A noi
non resta che ricordare che il
centro è aperto tutti i giorni
dal lunedì al venerdì ed è possibile prendere un appuntamento
al
numero
0874827352.
Struttura,
personale
e il primario
Italo Trenta
del Bambin
Gesù
come confermatoci dalla stessa sede centrale, possiamo venire qui a Larino risparmiando da un punto di vista economico senza perdere la professionalità medica che avevamo
a Roma”. “Qualcuno – ha aggiunto un papà – ha fatto notare che le visite sarebbero costose. Niente di più sbagliato
in quanto rispondono alle tabelle regionali e poi di fronte
alla salute del proprio figlio
non credo si possa stare a vedere i soldi che si spendono.
Io non sono di Larino e prima
per andare a Roma, oltre ai
soldi, dovevo mettere in conto anche lo stress che comunque facevo sopportare alla
mia bambina”. Soddisfatto
del primo mese di attività anche il primario Trenta che ormai da un anno a Larino insieme alla caposala, si è perfettamente integrato con la realtà
larinese diventando, insieme
alla collega Basso, un punto
di riferimento per tante famiglie e i loro piccoli. Oltre alle
visite chirurgiche attivate in
contemporanea all'apertura,
Nicola De Francesco
18
ISERNIA
LAVORO
Mercoledì 16 Novembre
Il legale Balducci: «Messi in ginocchio dai mancati pagamenti»
Igea, si rischia
un nuovo caso
San Stefar
L
o spettro di un nuovo caso
San Stefar aleggia minaccioso sull’Igea medica.
Spaventando pazienti, sindacalisti
e soprattutto lavoratori. I registri
della clinica di riabilitazione, com’è
noto, sono stati riconsegnati in tribunale lunedì mattina. Con i due
soci, Enzo Di Luozzo e Franco Rossi, divisi fino all’ultimo sul destino
della casa di cura. Rossi avrebbe
voluto prendere tempo al fine di
verificare se c’erano le condizioni per procedere a un concordato
preventivo. Ma la sua linea non
ha prevalso. E Di Luozzo, pur nello sconforto, ha deciso di recarsi
a palazzo di giustizia. «Una scelta
prudente - ha commentato il legale dell’Igea, Ottavio Balducci – soprattutto nei confronti dei pazienti
e dei lavoratori». Ma che fa stare in
ansia i circa cinquanta dipendenti
e le loro famiglie, senza contare
gli utenti delle terapie. A scattare
un’istantanea della drammaticità
della situazione è il segretario generale della Cgil Funzione Pubblica, Guglielmo Di Lembo. Il sindacalista non si nasconde: «Temiamo
un nuovo caso San Stefar – dice – e
la strada di una partecipazione
della Regione Molise, auspicata
da uno dei soci, purtroppo sarà
quasi certamente impraticabile».
Di Lembo ricorda un solo caso di
riassorbimento da parte della sanità pubblica, quasi in toto, dei dipendenti a carico di una struttura
privata convenzionata. Si trattava
del San Raffaele di Roma, nel quale però lavoravano qualcosa come
oltre 1.300 persone. Numeri ben
diversi, che fanno temere per il
futuro dei 50 tra infermieri e fisioterapisti della struttura di Isernia.
Anche perché nella sanità pubblica «le qualifiche più alte possono
essere inserite soltanto mediante
pubblico concorso – spiega ancora
Di Lembo – diversamente da quelle più basse, che invece potrebbero passare attraverso il Centro per
l’impiego». Ma perché il parallelismo con la San Stefar? Presto detto: I due centri di riabilitazione di
Termoli e Campobasso attendono
ancora l’accreditamento dell’Asrem per ripartire con le attività, a
seguito del fallimento del colosso
Angelini. Una vicenda che dura ormai da quasi tre anni. I lavoratori,
dopo aver subito per mesi la crisi
dell’ex proprietà, hanno garantito
il servizio con spirito costruttivo e
senso di abnegazione pur in assenza di pagamenti. Con la chiusura
della procedura fallimentare e l’acquisto del gruppo Petruzzi speravano in una rapida soluzione della vertenza. Ma così non è stato: i
due centri sono chiusi da mesi con
90 dipendenti a casa e un numero
imprecisato di utenti senza assistenza. Sarà davvero questa la fine
dell’Igea? Al momento certezze
non ci sono. Tranne una: la prossima nomina, da parte del tribunale
pentro, di un amministratore giudiziario, che dovrà occuparsi della
corresponsione degli stipendi ai
dipendenti e di portare avanti le
attività riabilitative. In attesa che
altri soggetti possano far ripartire
la clinica con altri auspici, anche se
nuovi acquirenti, per adesso, non
si profilano. Ma da dove nascono i
guai della struttura sita in località
Acqua Solfurea? A far luce è l’avvocato Balducci: «Le attività sanitarie – dichiara – sono state diminuite in modo repentino, di anno
in anno. Si è intaccata quella che
è la vera e propria remunerazione delle prestazioni. Privilegiando
non già il diritto alla salute, ma la
capacità di spesa pubblica». In altre parole, la condizione debitoria
dell’Igea non deriva dal mancato
pagamento di obbligazioni. Bensì
dal dover rinunciare, anno dopo
anno, alle spettanze che la Regione
non paga all’Igea per prestazioni
già erogate in favore dei pazienti.
«Colpa dei tagli imposti dal governo centrale al budget degli enti
locali», taglia corto il legale della
struttura. Che spiega come un privato quale l’Igea sia rigidamente
vincolato dalla convenzione con la
Regione. Mentre gli ospedali pubblici, di fronte al dissesto finanziario, «possono imporre da un giorno all’altro l’aumento dei ticket su
farmaci e ricette». Cosa accadrà
ora al centro di riabilitazione? Il
tribunale dovrà valutare le condizioni per la procedura concorsuale
da seguire. E capire se esistano o
meno enti o altri soggetti che vogliano contribuire a rilanciare la
clinica, comunque prevista nel Piano Sanitario regionale. La convenzione con la Regione, infatti, scade
il 31 dicembre prossimo. Intanto,
stamani il dottor Franco Rossi riceverà i lavoratori della struttura
per cercare di fornire qualche risposta su un futuro tutt’altro che
roseo. Ma nel difficile compito sarà
da solo: Di Luozzo, all’incontro,
avrebbe fatto sapere che non parteciperà.
Pasquale Bartolomeo
LE CITTÀ DEL MOLISE
Mercoledì 16 novembre 2011
5
Salute mentale nelle scuole, al via
la sperimentazione in cinque istituti
C
AMPOBASSO. La salute mentale come base
per interventi educativi nelle scuole. Questo
l’obiettivo del progetto “Valutazione di efficacia di un
intervento di promozione della salute mentale nelle
scuole” messo a punto dall’Associazione Promosam in
collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale
di Campobasso, l’assessorato regionale alle Politiche
sociali, l’Asrem e l’istituto superiore di Sanità. Giunto
al secondo anno, l’intervento sperimentale vedrà coinvolti gli istituti superiori del capoluogo di regione, i cui
alunni saranno chiamati ad intraprendere un percorso che abbraccerà l’intero anno scolastico. Cinque le
scuole che hanno aderito al progetto: l’istituto Tecnico per le attività sociali “Pertini”; il liceo Socio-psicopedagogico “Galanti”; l’istituto Geometri “Pittarelli”;
il Professionale per il commercio e turismo “Cuoco”;
il Professionale per l’agricoltura e l’ambiente. Basato
sul manuale sperimentale “Intervento psicoeducativo
per migliorare il benessere psicologico e l’intelligenza
emotiva nelle scuole” (Gigantesco–Veltro), che nasce
dalla rielaborazione di un primo testo redatto dall’Iss,
il programma d’intervento è rivolto agli alunni di 10
classi del biennio (14-16 anni) con l’obiettivo di promuoverne le competenze sociali, l’autoefficacia, l’assertività e la capacità di risoluzione dei problemi. Il
progetto avrà inizio a partire dalla terza settimana di
novembre. Le classi, a cadenza settimanale, terranno
incontri della durata di 60 minuti durante i quali, guidate da un facilitatore ed un supervisore, affronteranno la lettura del manuale con esercitazioni in gruppo,
a casa e somministrazione di strumenti di valutazione.
L’elaborazione dei dati raccolti sarà, infine, oggetto di
un convegno pubblico che si terrà a conclusione del
percorso. “Si tratta di un progetto promosso dall’Iss
a livello nazionale – sottolinea Emiliana Bonanni presidente Promosan - e l’associazione Promosam, in
stretta collaborazione con il Dsmo, ha voluto valutarne
sperimentalmente l’efficacia. Il che rende l’intervento
attuato in Molise un vero e proprio studio pilota che
ha come finalità il miglioramento del benessere psicologico in un’età particolarmente delicata”.
6
CAMPOBASSO
Mercoledì 16 novembre 2011
Birra salutare, tre spine piccole
al giorno riducono
i rischi cardiovascolari
C
AMPOBASSO. La
birra può prendere un posto da protagonista a fianco del vino
per quanto riguarda gli
effetti positivi sulla salute cardiovascolare. E’ la
conclusione di uno studio
condotto dai Laboratori
di Ricerca della Fondazione di Ricerca e Cura ”Giovanni Paolo II” di Campobasso. Ma sia per il vino
che per la birra, la parola
chiave è bere moderatamente e con regolarità.
La ricerca, pubblicata
on line dall’European
Journal of Epidemiology,
ha usato il metodo statistico della meta-analisi,
che permette di raggruppare diversi studi scientifici condotti in tutto il
mondo, ottenendo un risultato generale.
In questo modo è stato
possibile esaminare dati
relativi ad oltre 200.000
persone, per le quali le
abitudini nei confronti
delle diverse bevande alcoliche sono state messe
a confronto con il rischio
di malattie cardiovascolari. I risultati generali
confermano quello che
già era noto per il vino:
un consumo moderato
(circa due bicchieri al
giorno per gli uomini ed
uno per le donne) può abbassare il rischio di essere colpiti da una malattia
cardiovascolare, fino al
31% in meno confrontato
con chi non beve affatto. Ciò che questo studio
aggiunge di nuovo è rappresentato dai dati sulla
birra. Per la prima volta,
infatti, viene documentato scientificamente il rapporto tra quantità moderate di birra e protezione
cardiovascolare. La protezione massima si osserva ad un consumo medio
corrispondente, per una
birra con gradazione di
5 gradi, a circa tre classiche birre piccole alla
spina (200 ml ciascuna)
al giorno. “Nella nostra
ricerca – spiega Simona
Costanzo, primo autore
dello studio – abbiamo
considerato vino e birra
separatamente:
prima
si osserva una riduzione
nel rischio cardiovascolare con un consumo basso o moderato. Poi, con
l’aumento delle quantità,
si può vedere che questo
vantaggio sparisce, fino
a che il rischio diventa
addirittura più alto rispetto a un non bevitore.
La parte interessante del
nostro studio è che, tra
le ricerche selezionate
per la meta-analisi, ce ne
sono 12 in cui il consumo
di vino e di birra è stato
paragonato direttamente.
Usando questi dati abbiamo potuto osservare che
le curve della protezione
cardiovascolare per le
due bevande si sovrappongono molto bene”
Ma i bevitori, di vino
o di birra, faranno meglio
ad essere cauti prima di
brindare a questi risultati. “Quello di cui stiamo
parlando – dice Augusto
Di Castelnuovo,
capo
I risultati dello studio condotto dai Laboratori
della Fondazione di Ricerca e Cura Giovanni Paolo II
dell’Unità di Statistica dei
Laboratori di Ricerca ed
uno dei pionieri negli studi epidemiologici sull’alcol – è un bere moderato
e regolare. Penso che questo concetto non sarà mai
evidenziato abbastanza.
Vino e birra sono parte di
uno stile di vita. Un bicchiere accompagna cibi
salutari, mangiati alla giusta ora e magari in com-
pagnia della famiglia o di
amici. Non c’è posto per il
binge drinking o per qualsiasi altra forma di abuso”.
“I dati riportati nella
nostra meta-analisi– sottolinea Di Castelnuovo –
non possono poi essere
estesi a chiunque. In donne giovani ancora in età
fertile, ad esempio l’alcol
può elevare leggermente
il rischio di alcuni tipi di
tumore. Questo potrebbe
controbilanciare gli effetti positivi sul sistema
cardiovascolare e perciò
ridurre i benefici complessivi delle bevande alcoliche sulla salute”.
Nelle similitudini tra
vino e birra per quanto
riguarda gli effetti positivi sulla salute cardiovascolare c’è una domanda
ancora senza risposta:
gli effetti favorevoli derivano dal solo alcol o da
altre sostanze contenute
nelle due bevande? Vino
e birra sono differenti per
composizione ad eccezione dell’alcol, così potremmo pensare che quest’ultimo sia il protagonista.
Ma entrambe contengono
polifenoli, anche se differenti tra loro.
I ricercatori della
Fondazione
“Giovanni
Paolo II” sottolineano
come questo aspetto sia
da approfondire meglio
in futuro.“Una ricerca
come questa – commenta Giovanni de Gaetano,
direttore dei Laboratori
di Ricerca della Fondazione “Giovanni Paolo II” – è
parte di un concetto che il
nostro gruppo ha da tempo abbracciato: guardare
alla vita reale delle persone. Salute e malattia sono
condizioni che derivano
anche dallo stile di vita.
Nuove terapie, nuovi farmaci, sono estremamente
importanti. Ma una vita
salutare, con una forte
attenzione alla prevenzione, è l’elemento chiave
della medicina negli anni
futuri”.
LʼINDAGINE SUI RAPPORTI SESSUALI CONDOTTA DA ASTRARICERCHE CON IL SUPPORTO DI LILLY
Disfunzione erettile? I molisani
la conoscono e la curano
C
AMPOBASSO. Il
95% dei molisani conosce la disfunzione erettile (Ds) e circa il
90% è a conoscenza del
fatto che da vari anni esistono farmaci seri che la
curano.
La ricerca “Gli italiani,
i rapporti sessuali e la disfunzione erettile” condotta da AstraRicerche
con il supporto incondizionato di Lilly mostra
uno scenario interessante: i molisani segnano il
passo in tema di informazione sulla DE e di conoscenza dei trattamenti
farmacologici disponibili.
Il campione rappresentativo degli italiani
residenti nell’area geografica definita del Cen-
tro- Basso (Molise, Lazio,
Abruzzo, e Sardegna)
pari a circa 4.1 milioni
di persone conosce bene
l’argomento, quindi, e ha
le idee chiare su come affrontare il problema De:
raccogliendo le opinioni
su soddisfazione, felicità
e sessualità ben il 75%
del campione afferma che
essere soddisfatti sessualmente aiuta ad essere più
felici e il 68% sostiene che
è bene vivere con naturalezza la propria sessualità.
Indagando sulle condizioni che rendono i rapporti sessuali più validi e
soddisfacenti il 33% ha
poi precisato che una condizione essenziale per la
serenità di coppia è che
non si debba essere a co-
stretti a preoccuparsi di
assumere il farmaco prima di fare l’amore.
Conoscere la De vuol
dire quindi anche informarsi sui modi migliori
per affrontarla e affidarsi
a delle terapie che non interferiscano con la naturalezza del rapporto.
La ricerca “Gli italiani,
i rapporti sessuali e la disfunzione erettile” realizzata da AstraRicerche, tra
il 18 e il 20 maggio 2011
tramite 828 interviste on
line somministrate con il
metodo Cawi (Computer
Aided Web Interviewing)
a un campione rappresentativo degli italiani tra
i 30 e i 60 anni, pari a circa 27 milioni di soggetti
“Le opzioni terapeu-
tiche oggi a disposizione
per la cura della De sono
molteplici - dichiara Antonio Aversa, specialista
in Endocrinologia e Andrologia dell’Università
di Roma La Sapienza - e
sempre di più le coppie
si rivolgono a noi medici
chiedendo espressamente di affidarsi ad una cura
che rispetti la naturalità
dei ritmi di coppia: oggi
è disponibile una gamma di differenti terapie,
al bisogno o giornaliera,
che danno un’efficace risposta per i pazienti che
vogliono vivere la propria sessualità in totale
naturalezza. La domanda
più frequente riguarda la
possibilità di risolvere definitivamente il problema,
cosa che al momento è
più attuabile con il trattamento giornaliero, come
per le altre patologie. Tale
trattamento non ha dimostrato alcuna pericolosità
anche in pazienti complicati da altre malattie.
I pazienti desiderano
quindi trovare una terapia che restituisca loro la
spontaneità, scollegando
il più possibile l’assunzione della pillola dall’atto sessuale per vivere la
sessualità di coppia nel
modo più naturale possibile e tornare ad essere
sereni come prima del disturbo” .