principi di statistica applicati alle prove tessili

Capitolo 2
- Principi di statistica applicati alle prove tessili -
CAPITOLO 2
PRINCIPI DI STATISTICA APPLICATI ALLE PROVE TESSILI
1.
INTRODUZIONE
2.
REGISTRAZIONE ACCURATA E CORRETTA DEI DATI E DEI CALCOLI
2.1. C IFRE SIGNIFICATIVE
2.2. CALCOLI
3.
SCELTA DEL VALORE MIGLIORE E SIGNIFICATIVO PER UNA PROVA EFFETTUATA PIÙ VOLTE
3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
4.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI E CALCOLO DEI LIMITI PROBABILI DELL’ERRORE
4.1.
4.2.
4.3.
4.4.
5.
ERRORI SISTEMATICI E CASUALI
ACCURATEZZA, PRECISIONE ED ATTENDIBILITÀ
VALORE “ CENTRALE” DI UNA SERIE DI RISULTATI
TRATTAMENTO DEI DATI ABERRANTI
D ISTRIBUZIONI DELLE FREQUENZE
VARIANZA, DEVIAZIONE STANDARD, COEFFICIENTE DI VARIAZIONE
INTERVALLO DI CONFIDENZA
TEST DI SIGNIFICATIVITÀ STATISTICA
CAMPIONAMENTO
5.1. CAMPIONE CASUALIZZATO
5.2. IMPLICAZIONI PRATICHE
6.
TECNICHE STATISTICHE DI CONTROLLO QUALITÀ (CARTE DI CONTROLLO)
6.1. GRANDEZZE F ISICHE
1. INTRODUZIONE
I risultati dei controlli di qualità effettuati nella filiera tessile, sia che si tratti di controlli
online (controlli di processo) che di controlli di prodotto, devono avvalersi di metodi
prelievo e di indagine adeguati e correttamente eseguiti. Oltre a ciò altrettanto importanti
sono i passi successivi che sovrintendono all’elaborazione dei dati, alla loro presentazione
ed alle procedure di adeguamento intraprese per superare le non conformità riscontrate.
Una breve descrizione dei principali fattori da porre sotto controllo viene di seguito
descritta:
•
•
•
•
Registrazione accurata e corretta dei dati e dei calcoli sperimentali
Scelta del valore migliore e significativo quando una stessa prova è stata effettuata più
volte
Valutazione dei risultati e calcolo dei limiti probabili dell’errore
Tecniche statistiche di controllo qualità (carte di controllo)
2. REGISTRAZIONE ACCURATA E CORRETTA DEI DATI E DEI CALCOLI
2.1. Cifre significative
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I risultati delle prove devono essere espressi esclusivamente mediante le cifre
significative, cioè quelle cifre giustificate dal metodo di prova e soprattutto dalla sensibilità
degli strumenti utilizzati. Perciò le cifre significative possono essere considerate come le
cifre di un numero note con certezza, più la prima cifra incerta.
Esempio:
Nella determinazione del peso di un tessuto mediante una bilancia con sensibilità di 0,01 g
il peso deve essere, se espresso in grammi deve riportare due cifre dopo la virgola (es. g
5,60). Se la sensibilità della bilancia fosse di 0,02 g, il risultato dovrebbe sempre essere
espresso con due cifre significative dopo la virgola, ma l’incertezza della misura sarebbe di
± 0,02 g cioè il risultato è compreso tra 5,58 e 5,62.
2.2. Calcoli
Nel riportare i dati dei calcoli numerici si deve sempre riportare il risultato tenendo conto
dei limiti dell’accuratezza delle grandezze utilizzate. le cifre in eccesso dovranno essere
eliminate mediante arrotondamenti.
Somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni
In queste operazioni si deve riportare sempre il numero di cifre decimali uguale a quello
del valore che ne possiede di meno.
Esempio:
3456
34,
0,
6,
3496,
+
345 +
4545 +
1
=
8995
3456 x 1,0118 = 3496,7808
I risultati presentano otto cifre, ma quelle significative saranno soltanto quattro, che con
l’approssimazione portano i risultati a 3497.
3. SCELTA DEL VALORE MIGLIORE E SIGNIFICATIVO PER UNA PROVA
EFFETTUATA PIÙ VOLTE
3.1. Errori sistematici e casuali
Gli errori sistematici sono correlati alle capacità dell’operatore, al metodo utilizzato ed alle
prestazioni degli strumenti. Queste fonti di errore sono generalmente facilmente
individuabili e quindi eliminabili completamente o in grande misura.
Gli errori casuali sono invece indeterminabili e perciò non completamente eliminabili. la
loro influenza sui risultati può essere invece stimata teoricamente mediante l’analisi
statistica dei dati raccolti.
3.2. Accuratezza, precisione ed attendibilità
L’accuratezza si identifica con la vicinanza di ogni singolo risultato ottenuto (x), o della
media aritmetica (x), rispetto al valore vero (µ).
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L’accuratezza viene di solito espressa in termini di errore assoluto (xi - µ oppure x - µ) o
di errore relativo:
xi - µ
. 100
µ
La precisione rappresenta l’accordo di una serie di risultati tra loro. Viene generalmente
espressa in termini di deviazione dei risultati dalla loro media aritmetica.
La precisione rappresenta dunque una misura della dispersione dei risultati, e quindi della
capacità di riprodurre la misura.
In termini statistici non riveste nessun significato parlare di precisione di un singolo
risultato, poiché non può essere né controllato e neppure riprodotto; si può invece parlare
di incertezza.
L’attendibilità di un risultato caratterizza il significato globale di un dato analitico e viene
influenzata da numerosi fattori: sensibilità, precisione ed accuratezza del metodo
utilizzato, precisione ed accuratezza dell’operatore.
-
bersaglio
bersaglio
bersaglio
bersaglio
A: scarsa precisione ed accuratezza;
B: scarsa precisione e buona accuratezza;
C: buona precisione e scarsa accuratezza;
D: buona precisione e buona accuratezza.
3.3. Valore “centrale” di una serie di risultati
Al termine delle prove di controllo si ottengono una serie di risultati, dai quali occorre
individuare il valore migliore per poterlo utilizzare correttamente oppure per poterlo
confrontare con il valore vero, al fine di valutare l’accuratezza dei risultati ottenuti.
Questo valore viene fatto coincidere con il valore centrale dei risultati ottenuti, mediante
l’introduzione del concetto di media, mediana e di percentile.
•
media aritmetica (x): si ottiene sommando tutti i dati ottenuti e dividendo per il
numero dei dati stessi.
n
x1 + x 2 + ... + x n ∑i =1 xi
x=
=
n
n
•
mediana: si riferisce al valore centrale di una serie di numeri, quando gli stessi sono
disposti in ordine di grandezza crescente o descrescente.
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Esempio:
nella determinazione della resistenza allo scoppio di un tessuto a maglia si ottengono i
seguenti risultati:
kg/cm2: 3,2 – 3,2 – 3,3 – 3,4 - 3,4 – 3,5 – 3,8 – 4,3 – 5,8
media aritmetica = 3,8
mediana = 3,4
Come possiamo notare la media risulta superiore a 7 dati su 9, mentre la mediana viene
naturalmente posizionata sul dato centrale della serie.
Perciò quando, in una serie di dati, la media aritmetica diverge dalla mediana siamo in
presenza di dati divergenti dai valori presenti con maggiore frequenza (dati aberranti).
•
percentile: si intende quel valore che divide l’insieme dei dati in modo tale che risulti
inferiore ad una determinata percentuale degli stessi. Ad esempio per 95° percentile si
intende quel dato risulta maggiore del 95% dei valori riscontrati (oppure inferiore al
rimanente 5%). La mediana, espressa come percentile rappresenta il 50° percentile.
Naturalmente il calcolo di questi parametri risulta correttamente eseguito se prima di tutto
viene presa in considerazione l’esistenza di possibili dati non significatici (dati aberranti).
Questi dati, affetti da errori molto grandi, vanno quindi scartati prima del computo delle
medie e mediane.
3.4. Trattamento dei dati aberranti
Vari sono i criteri che possono essere seguiti per valutare la significatività dei dati ottenuti.
Al fine di evidenziare statisticamente l’esistenza di dati che si discostano in maniera
significativa dalla media (aberranti) si riporta di seguito il test di Dixon.
In pratica occorre disporre tutti i dati in ordine crescente o decrescente facendo in modo
che il dato sospetto sia il primo della serie. Quanto si ritengono aberranti sia il primo che
l’ultimo della serie, il test deve essere applicato a partire da quello più basso.
Disposti i dati, si procede al calcolo di un opportuno parametro (h) per mezzo di una delle
formule riportate nella seguente tabella scelta in funzione del numero di dati disponibili.
Se il risultato è maggiore o uguale ai corrispondenti valori riportati nelle colonne per
α=0,05 (probabilità maggiore del 95%), e per α=0,01 (probabilità maggiore del 99%), il
dato è sicuramente aberrante .
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Esempio:
nella determinazione titolo di un filato di cotone a capo unico si sono ottenuti i seguenti
risultati:
Nec 56,63 – 56,08 – 56,04 – 56,00 – 55,95 (valore medio = 56,14)
Sospettando che il valore 56,63 possa essere considerato aberrante si calcola il valore di
h:
x2 − x1 56,08 − 56,63 − 0,55
=
=
= 0,809
x5 − x1 55,95 − 56,63 − 0,68
Il valore ottenuto è maggiore di quelli tabellati (0,642 e 0,780), e per tale motivo il valore
56,63 deve essere considerato aberrante e di conseguenza eliminato dalla serie.
4. VALUTAZIONE DEI RISULTATI E CALCOLO DEI LIMITI PROBABILI
DELL’ERRORE
Fino a questo punto abbiamo cercato di ottenere un risultato il più significativo possibile,
ricavandolo da una serie di dati. Questo consente di avere un’indicazione in merito
all’accuratezza, purché si abbia a disposizione il valore vero (µ), o presunto tale, mediante
il calcolo dell’errore assoluto o di quello relativo.
Per stabilire invece la precisione del risultato di una prova è necessario aggiungere al
valore significativo prescelto (generalmente la media) un parametro che descriva la
dispersione dei dati ottenuti, e permetta di definire i limiti probabili dell’errore associato al
risultato.
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4.1. Distribuzioni delle frequenze
Nel caso della misura di un parametro per mezzo di un gran numero di determinazioni (es.
misura della finezza microscopica di centinaia di fibre di lana) possiamo riportare nelle
ordinate di un grafico cartesiano la frequenza (cioè il numero di volte che una stessa
misura si ripete), rispetto al valore assoluto della misura riportato in ascissa. Il grafico
ottenuto viene indicato come curva di distribuzione delle frequenze.
Nel grafico della distribuzione delle frequenze, il rapporto tra l’area sottesa dalla curva
delimitata da due perpendicolari alle ascisse poste in corrispondenza di due valori
osservati e l’area totale, indica la frequenza relativa delle osservazioni poste all’interno di
quell’intervallo.
Ad esempio nel caso di un grafico dove vengono riportate in ordinate il numero di fibre
(frequenza) e nelle ascisse il relativo valore di lunghezza possiamo evidenziare che il 50%
delle fibre osservate possiede una lunghezza compresa tra 9 e 11 mm; questo perché
l’area individuata dai suddetti parametri rappresenta la metà dell’area totale.
Le curve di frequenza sperimentali possono assumere varie forme; tra le possibili curve
teoriche di distribuzione delle frequenze la più importante ed utilizzata è sicuramente
rappresentata dalla curva Gaussiana o normale.
Questa curva caratterizzata dalla classica forma a campana è definita da due parametri
fondamentali:
•
•
media aritmetica: di tutte le osservazioni che indica i massimo della curva;
deviazione standard: che indica l’ampiezza o l’allargamento della curva ai lati del
valore medio.
In pratica non avremo mai a disposizione un numero infinito di misure (popolazione), ma
sempre un insieme di osservazioni (campione) che si suppone faccia parte e sia
naturalmente rappresentativo dell’intera popolazione. È ovvio che tanto maggiore sarà il
numero dei campioni osservati e tanto più alta sarà la probabilità che la distribuzione della
frequenza si avvicini al comportamento teorico (valore vero).
4.2. Varianza, deviazione standard, coefficiente di variazione
Un insieme di misure è tanto più dispersa quanto più i valori sono diversi tra loro e quindi
diversi dalla media.
La somma delle differenze fra ogni dato e la media, calcolata senza tener conto del segno,
sarà tanto maggiore quanto più grande è la dispersione. Riferendosi solitamente ai
quadrati delle singole differenze, la loro somma viene chiamata devianza (D):
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Dxx = Σ.(xi -x)2 = Σxi 2 - nx2
La devianza è tanto maggiore quanto più alto è il numero dei dati e tanto maggiore è la
loro dispersione.
Tenendo conto del numero dei dati costituenti il campione, si ottiene la varianza da:
2
sx =
∑ ( x − x)
2
i
=
n −1
∑x
2
i
− nx
2
n −1
dove con sx 2 s’indica la varianza della variabile x e con (n-1) i gradi di libertà.
Sono impiegati i gradi di libertà, perché in tal modo si ottiene una stima migliore della
varianza della popolazione dalla quale si considera estratto il campione.
La varianza viene espressa in termini di differenza tra i quadrati delle misure originali; per
rendere omogenea la misura della dispersione con quest’ultima si estrae la radice
quadrata della varianza, ottenendo così la deviazione standard (s) o scarto tipo.
s=
∑( x
i
−
− x )2
n −1
=
∑x
2
i
− nx
2
n −1
Quando la deviazione standard si riferisce ad un’intera popolazione di dati il simbolo (s)
viene sostituito da (σ).
Lo scarto tipo espresso in termini percentuali prende il nome di coefficiente di variazione:
C.V. =
S
X
. 100
In una curva gaussiana la frequenza relativa delle osservazioni, comprese in un qualsiasi
intervallo nell’intorno della media, è correlabile alla deviazione standard.
In pratica nell’intervallo µ ± σ cade il 68,27% delle osservazioni, nell’intervallo µ ± 2σ il
95,45, mentre nell’intervallo µ ± 3σ il 99,70%.
4.3. Intervallo di confidenza
Una volta determinato il parametro statistico (media), su un campione costituito da n
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elementi, il problema della stima statistica consiste nel trarre indicazioni rispetto allo
scostamento del suddetto parametro rispetto, ad esempio al valore vero.
Il processo di stima conduce alla fine a determinare un intervallo di confidenza attorno al
parametro sperimentale (media), caratterizzato da una probabilità molto elevata
(generalmente il 95% o, in alcuni casi il 99%) di contenere il valore vero.
Ciò significa che ripetendo un gran numero di volte la prova nelle stesse condizioni, si avrà
la probabilità del 95% (o 99%) che il valore vero rientri nell’intervallo di confidenza
calcolato.
Per un numero di misure piuttosto grande (n>30) i limiti situati attorno alla media
sperimentale, limiti che definiscono l’intervallo di confidenza della media, sono dati dalla
seguente relazione:
x = ±
t.s
n
dove:
s: deviazione standard
n: numero di misure
t: t di Student (parametro statistico ricavabile da apposite tabelle – per una probabilità del
95% e per un elevato numero di misure: t = 1,96.
Conseguentemente l’intervallo di confidenza attorno al valore medio (x ) sarà dato da:
I.C. = x ±
t.s
n
Il valore del t di Student è influenzato da due parametri (in base ai quali va fatta la scelta): i
gradi di libertà (ν) del campione (numero delle misure –1) e l’accuratezza che si desidera
raggiungere.
Quest’ultima condizione è rappresentata da α nella successiva tabella, e rappresenta la
frazione percentuale di rischio connessa con la previsione. Ad esempio per un certo grado
di libertà, utilizzando un α = 0,05 si ottiene una probabilità del 95% che il valore vero sia
incluso nell’intervallo di confidenza calcolato.
Dal punto di vista pratico, alla nozione di intervallo di confidenza può essere anche
attribuito il concetto di accuratezza (p) della misura sperimentale. Nel caso del risultato
espresso come media, l’accuratezza viene espressa in termini percentuali (p%); in questo
caso il valore di deviazione standard (s) è sostituito dal coefficiente di variazione % (C.V.).
p%=
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t .CV %
n
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Esempio 1
Determinazione microscopica della finezza della lana
Calcolo dell’intervallo di confidenza della misura:
•
•
•
fibre misurate = 400
diametro medio = 20 µm
coeff. di variaz. = 25 %
deviazione standard (scarto tipo) = [ s = C.V. .x /100] = 25 x 20/100 = 5 µm
intervallo di confidenza = 20 ± (1,96 x 5) /
400 = 20 ± 0,49 µm
Dai risultati ottenuti si riscontra che, nelle condizioni analitiche descritte, con il 95% di
probabilità, il valore vero del diametro dell’intera popolazione di fibre di lana è compreso
nell’intervallo tra 19,51 e 20,49 µm.
Esempio 2
Determinazione microscopica della finezza della lana
Calcolo del minimo numero di fibre da misurare al fine raggiungere un intervallo di
confidenza prefissato (p%) rispetto al valore medio:
•
•
•
accuratezza prefissata della misura (p%) = ± 2%
diametro medio = 20 µm
coeff. di variaz. = 25 %
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t .CV %
numero di fibre minimo da misurare = p % =
da cui n =
n
 t .CV % 


 p% 
2
2
1,96.25% 
n = 
 = 600 fibre
 2% 
Il risultato ottenuto evidenzia chiaramente che per la determinazione della finezza media di
un lotto di lana per mezzo di analisi microscopica (lanametro), quando il valore del
diametro medio è di ca. 20 µm ed il CV del 25%, il numero minimo di fibre da misurare è di
600 per ottenere un intervallo di confidenza non superiore a ± 2% rispetto al valore medio.
4.4. Test di significatività statistica
In base ai parametri rilevati su un campione si vuole rilevare se l’ipotesi che il valore medio
(xA) rilevato da una serie di osservazioni (nA ) sia statisticamente significativo rispetto, ad
esempio, al valore vero (µ).
Per fare ciò si può calcolare il t di Student mediante la seguente formula:
t=
xA − µ
s A2
nA
Il valore t ottenuto viene confrontato con quello riportato nella tabella della distribuzione
del t di Student per i gradi di libertà ν=nA -1 e per la probabilità prescelta.
Nel caso che il valore del t di Student calcolato sia superiore o uguale a quello tabulato si
può concludere che la differenza tra il valore sperimentale e quello vero è significativa.
I problemi affrontabili con questi criteri sono, in pratica, molto frequenti. Ad esempio la
valutazione di un titolo medio di un lotto di filato rispetto al valore commerciale dichiarato;
oppure la valutazione della resistenza dinamometrica di un filato rispetto al valore
nominale, ecc.
Nell’esecuzione pratica di questi test statistici occorre distinguere i casi di test unilaterali o
bilaterali. Il test unilaterale può, ad esempio, essere sfruttato quando si deve valutare un
dato di resistenza meccanica rispetto ad un capitolato che esprime un livello minimo con
una tolleranza in un solo senso; mentre quello bilaterale viene invece utilizzato nelle
valutazioni di grandezze che prevedono intervalli di tolleranza sia positivi sia negativi (es.
masse per unità di superficie o lunghezza dei tessuti, titoli dei filati, etc).
Il trattamento matematico dei dati è identico nei due casi, si deve soltanto prestare
attenzione nella scelta dei valori limite di t per una probabilità del 95%. Si prenderà
t(0,050)= 1,65 per un test unilaterale e t(0,025) = 1,96 per un test bilaterale.
Esempio 1 (test unilaterale)
La resistenza a trazione di un lotto di filato, come media di 50 prove, è risultata di 265 g
con uno scarto tipo (deviazione standard) di 25 g. Il valore nominale della resistenza a
trazione del filato è di 280 g.
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Verificare se il filato testato deve essere considerato effettivamente di resistenza inferiore
rispetto alla norma, oppure se detta differenza è puramente casuale.
In questo caso il test è chiaramente unilaterale, ed i valori critici di t sono:
t (5% probabilità) = 1,65 e t (1% probabilità) = 2,33.
t=
265 − 280
252
50
= (-) 4,2
La differenza è significativa, perciò il filato può essere considerato effettivamente meno
resistente del valore nominale.
Esempio 2 (test bilaterale)
La determinazione del titolo di un filato ha originato, in 10 provini, un risultato medio pari a
Nm 59,2, rispetto ad un valore nominale di Nm 60.
Ammettendo un C.V. del 2%, il titolo del filato in oggetto può essere considerato più
grosso di quello dichiarato?
In questo caso il test è chiaramente bilaterale, perché le variazioni possono avvenire nei
due sensi, ed i valori critici di t sono:
t (2,5% probabilità) = 1,96 e t (0,5% probabilità) = 2,58.
s= CV% . µ = 0,02 . 60 = 1,2
t=
59,2 − 60
1, 22
10
= (-) 2,1
La differenza non è significativa, perciò il titolo del lotto di filato esaminato può essere
considerato in tolleranza rispetto al valore nominale.
5. CAMPIONAMENTO
Abbiamo fino a adesso descritto le modalità di elaborazione di una serie di dati
sperimentali, ordinandoli e rappresentandoli con una serie di parametri. Questi dati devono
essere considerati come un campione estratto da un universo o popolazione che viene
definito come un sistema finito o infinito comprendente tutte le possibili osservazioni del
tipo in esame.
Il concetto di universo infinito può essere semplicemente illustrato pensando ai miliardi di
fibre che costituiscono un lotto di lana, mentre il campione può essere rappresentato dalle
poche centinaia di fibre utilizzate, ad esempio, per la misura della finezza microscopica.
5.1. Campione casualizzato
La stima corretta di un insieme dei parametri ignoti di un universo richiede, innanzi tutto,
che la composizione del campione tenda a riprodurre quella della popolazione, senza
essere falsata da alcuna influenza sistematica. Ciò si ottiene mediante l’ottenimento di un
campione casualizzato, in altre parole mediante una serie di osservazioni estratte da un
universo, in modo tale che ciascuna abbia la stessa probabilità di essere estratta.
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5.2. Implicazioni pratiche
In qualsiasi tipo di misura che si effettua su un campione casualizzato grandissima
importanza è rappresentata dalle modalità di campionamento; queste, naturalmente,
influenzano significativamente la precisione ed accuratezza statistica (intervallo di
confidenza) della misura effettuata.
I principali metodi di prova, descritti da norme tecniche, capitolati o norme contrattuali (es.
determinazione della finezza, lunghezza ed umidità delle fibre tessili) riportano in maniera
estremamente dettagliata le procedure di campionamento dai lotti di materiali da
esaminare, in modo tale da assicurare la rappresentatività statistica al campione
casualizzato prelevato.
Le procedure di campionamento, da un punto di vista pratico, possono essere suddivise in
due fasi principali:
a. prelievo dal lotto del campione di laboratorio (campione casualizzato);
b. preparazione del campione da sottoporre ad analisi provetta utilizzando uno o più
campioni casualizzati.
a. Prelievo dal lotto del campione di laboratorio: il campionamento, generalmente
descritto dalle relative norme tecniche, dipende naturalmente dallo stato di omogeneità
del materiale da campionare. Evidente risulta la difficoltà di campionare lotti di fibre
tessili in fiocco, rispetto a rotoli di tessuti finiti. In generale, soprattutto per le fibre
sciolte, viene generalmente utilizzato un prelievo detto “per zone”, dove da ogni
confezione di materiale (es. balle di lana in numero inferiore a 10), vengono effettuati
alcuni prelievi per singola confezione; questi si uniscono assieme quelli provenienti
dalle altre confezioni e con la tecnica delle divisioni e scarti successivi si arriva a
definire un campione globale di laboratorio. Per esempio, si prelevano campioni di lana
in quattro punti diversi di una balla di fibra, da ciascun prelievo si estraggono ca 100
mg, il campione ottenuto si divide in quattro porzioni da 25 mg, tre si scartano ed una si
mantiene, unendola successivamente con i prelievi provenienti dalle altre balle e
proseguendo con lo stesso metodo fino ad arrivare al campione finale.
b. Formazione delle provette : i materiali oggetto del campionamento possono presentarsi
in forme molto diverse (fibre disorientate [in fiocco], fibre parallele e rettilinee [tops e
stoppini], semilavorati [filati], prodotti finiti [tessuti]). Per tale motivo anche le procedure
di costituzione delle provette da sottoporre alle prove di laboratorio, saranno
influenzate dalla forma e dal livello di omogeneità del materiale in origine, e di
conseguenza seguiranno procedure differenziate.
•
•
Nel caso di fibre in fiocco si può utilizzare la procedura della divisione e scarto, già
descritta nel prelievo per zone;
Per fibre che formano un insieme parallelo (es. nastro stoppino e filato): possiamo
prelevare tutte le fibre la cui parte iniziale (testa) si trova ad una determinata ascissa.
Questo metodo è generalmente utilizzato per le misure di lunghezza delle fibre con
classificatori a pettine o con apparecchi elettronici. Il prelievo effettuato per tutte le fibre
che attraversano una certa ascissa è la situazione che si riscontra nel prelievo delle
fibre tagliate con un microtomo; questa modalità viene impiegata per la determinazione
microscopica della finezza della lana o per i dosaggi microscopici di miste di lana con
fibre animali pregiate.
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6. TECNICHE STATISTICHE DI CONTROLLO QUALITÀ (CARTE DI CONTROLLO)
Le caratteristiche misurabili di un prodotto industriale, ed in particolare quelle di un
prodotto tessile, sono sempre soggette, ad un certo grado di variabilità puramente
aleatoria.
Un sistema produttivo è detto sotto controllo quando anche se i valori assunti dalla
caratteristica non sono tutti uguali fra loro, la distribuzione rimane stabile, consentendo
previsioni fondate sul livello di qualità e rispetto alle eventuali tolleranze.
Invece un sistema è detto fuori controllo, se si aggiunge una tendenza anomala che
occorre individuare ed eliminare.
Da questo punto di vista il controllo statistico di qualità ha l’obiettivo di raggiungere la
variazione stabile agendo secondo quattro fasi successive:
a. stabilire un piano razionale di esperienze che serva ad individuare la variabilità
considerata come “normale” e la esprima mediante il proprio scarto tipo. Questo serve
per sostituire al vago concetto qualitativo di “regolarità” un concetto quantitativo.
b. Rilevato lo scarto tipo e la distribuzione (generalmente assimilabile ad una gaussiana)
si ricorre alla carta di controllo per visualizzare l’andamento del processo o del test.
c. La ricerca e l’eliminazione delle cause di eccessiva irregolarità che richiedono la
conoscenza dei cicli di lavorazione e di analisi.
d. L’imposizione di un determinato livello di qualità, ottenuto elevando “barriere” tra una
lavorazione e la successiva, in modo da impedire il proseguimento delle lavorazioni su
campioni difettosi.
Le carte di controllo, introdotte da Shewart nel 1931, costituiscono una tecnica di controllo
statistico che serve ad accertare se un sistema risulti o meno sotto controllo.
Supponiamo che la variabile, oggetto del controllo, sia continua e che la media (x) e la
sua varianza (sx 2) siano note. Supponiamo inoltre che la distribuzione sia normale, ovvero
possa essere rappresentata da una gaussiana. Si può costruire un intorno bilaterale di (x)
detto intervallo di controllo tale che la probabilità di trovarvi una media di un campione sia
molto alta.
La carta di controllo non è altro che un diagramma recante i limiti di controllo, diagramma
realizzato ponendo in ascissa il numero dei campioni prelevati ed in ordinata le
caratteristiche misurate. Si tende ad intervenire quando i punti tendono a cadere fuori dai
limiti prefissati.
Il parametro controllato è spesso una media, ma può essere anche la stessa dispersione.
Nel caso della media si vuole controllare che il sistema non presenti sfasamenti rispetto al
valore nominale imposto, mentre nel caso della dispersione si vuole controllare che la
variabilità intrinseca “naturale” non tenda a cambiare (eterogeneità della materia prima,
cattivo funzionamento di una macchina, etc.).
L’importanza di controllare non solo la media, ma anche la dispersione in un processo
produttivo, risulta evidente quando si considera che generalmente i prodotti devono
rispondere a tolleranze prefissate. Se la tolleranza è molto ampia e lo scarto tipo della
distribuzione è piccolo (dispersione naturale piccola) non esistono problemi nel controllare
la produzione e ci si può preoccupare esclusivamente di mantenere la media centrata.
Negli altri casi sarà invece sarà necessario invece necessario scartare sempre dei pezzi o
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dei dati analitici, cercando così di diminuire la dispersione naturale.
Si riportano esempi di carte di controllo:
Esempio 1: un punto fuori o sulla linea limite (di controllo)
Carta
Cosa significa
_
x
spostamento della media del processo
Cause possibili
1.
2.
errore da parte dell’operatore
(distrazione)
difetto della macchina
Esempio 2: serie di punti consecutivi da una stessa parte
7 consecutivi
10 su 11
12 su 14
Carta
Cosa significa
_
x
spostamento della media del processo
Cause possibili
1.
2.
3.
4.
differenti materie prime
operatore nuovo, inesperto
un difetto in una parte della macchina
variazione della messa a punto della
macchina
Esempio 3: punti che si alternano vicino ai due limiti (dentro e/o fuori dai limiti)
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Carta
_
x
Cosa significa
la dispersione dei valori medi del
processo è mutata
Cause possibili
1.
2.
grande differenza nella qualità dei
materiali
due o più macchine sulla stessa carta di
controllo
Esempio 4: sequenza ciclica dei punti
Carta
_
x
Cosa significa
i valori della media del processo hanno 1.
un andamento periodico
2.
3.
Cause possibili
effetti stagionali dei materiali
rotazione periodica degli operatori
effetti periodici di temperatura e umidità
Esempio 5: sequenza di punti crescente e decrescente
carta
_
x
cosa significa
cause possibili
la media del processo segue una 1. usura dell’apparecchiatura
tendenza continua di aumento o di 2. graduale deterioramento di una parte
diminuzione
variazione graduale della temperatura e
dell’umidità
6.1. Grandezze Fisiche
Il Sistema Internazionale delle Unità (S.I.) si centra su 7 unità fondamentali più due
supplementari
Unità fondamentali
grandezza
lunghezza
massa
tempo
intensità di corrente
temperatura termodinamica
intensità luminosa
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nome
metro
kilogrammo
secondo
ampére
kelvin
candela
simbolo
m
kg
s
A
K
cd
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quantità di sostanza
mole
mol
nome
radiante
steradiante
simbolo
rad
sr
Unità supplementari
grandezza
angolo piano
angolo solido
Nel settore tessile vengono inoltre utilizzate anche altre unità derivanti da quelle di
base:
grandezza
frequenza
massa volumica (*)
forza (**)
pressione (***)
energia
potenza
carica elettrica
potenziale elettrico
capacità elettrica
resistenza elettrica
illuminazione
nome
hertz
newton
pascal
joule
watt
coulomb
volt
farad
ohm
lux
(*) = densità (assoluta) = massa volumica espressa in g.cm
simbolo
Hz
N
Pa
J
W
C
V
F
Ω
lx
dimensioni
1
s
-3
kgm
-2
kgms
-2
Nm
Nm
-1
Js
As
-1
WA
-1
CV
-1
VA
-2
cd.sr.m
-3
(**) forza = kgf (kilogrammo forza) corrisponde alla forza esercitata da 1 kg di massa nel campo
gravitazionale terrestre
1N = 1/9,807 = 0,102 kgf
5
(***) pressione = bar = 10 Pa
Grandezze tessili
Nel controllo di qualità dei prodotti tessili particolare importanza è rivestita da una
grandezza fisica denominata ”titolo” o “massa lineica” (massa per unità di lunghezza).
Nel S.I. l’unità di misura del titolo è rappresentata dal tex (Tt) che rappresenta la massa in
g di un tessile di 1 km di lunghezza.
Tt = g/km
Per motivi storici e commerciali sono ancora utilizzate unità di misura diverse del titolo,
unità che possono essere suddivise in due grandi categorie:
•
sistema diretto: esprime una massa per unità di lunghezza – (variabile: massa costante: lunghezza). Più grande è il valore e minore è la finezza dell’elemento (es.
filato). Grandezze: tex (Tt) – Denaro (den).
•
sistema indiretto: esprime una lunghezza per unità di massa – (variabile: lunghezza costante: massa). Più grande è il valore e maggiore è la finezza dell’elemento (es.
filato). Grandezze: Numero metrico (Nm) – Numero inglese cotone (Nec). Oltre a
queste grandezze possono essere utilizzate in specifici settori altri titoli espressi in
“numeri”: Numero inglese lino (NeL) – Numero Pratese (Np)
Sistema diretto
titolo
tex
kilotex
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simbolo
Tt
ktex
dimensioni
g/km
kg/km
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decitex
millitex
denaro
dtex
mtex
den
dg/km
mg/km
g/9000 m
simbolo
Nm
NeC
NeL
Np
dimensioni
m/g
840 yarde/libbra = 768m/454g
274m/454g
583m/339,5g
Sistema indiretto
titolo
Numero metrico
Numero Inglese Cotone
Numero Inglese Lino
Numero pratese lana cardata
Unità di grandezza e carichi specifici a rottura
La tensione di un tessile (es. fibra o filato), cioè il carico di rottura alla trazione per unità di
superficie, è generalmente sostituita da una grandezza che tiene conto del titolo (massa
lineica) in sostituzione dell’unità di superficie. Questo si applica per l’irregolarità delle
sezioni di numerose fibre e per la difficoltà di calcolo che si avrebbe nel caso di un filato,
dove la sezione è costituita da numerose fibre in parte coesionate tra di loro (influenza
delle torsioni). Per questi motivi si tende a rapportare il carico di rottura di una fibra o di un
filato al titolo piuttosto che alla sezione dell’elemento, ottenendo così:
carico specifico alla rottura (tensione) = cN/tex (filati) cN/dtex (fibre)
Sono ancora presenti sia in letteratura sia nella documentazione tecnica, tensioni
espresse come:
carico specifico alla rottura (tensione) = gf/dtex (fibre) gf/den(fibre)
Tabella di conversione grandezze carichi specifici
gf/tex
gf/dtex
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gf/tex
gf/dtex
gf/den
cN/tex
cN/dtex
1
10
9
1,020
10,197
0,100
1
0,900
0,102
1,020
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gf/den
0,111
1,111
1
0,113
1,132
cN/tex
0,981
9,807
8,826
1
10
cN/dtex
0,098
0,981
0,883
0,100
1
Per i filati viene talvolta utilizzato il carico specifico alla rottura, inteso come la lunghezza
del filato che porterebbe alla rottura del provino stesso sotto l’influenza del proprio peso.
resistenza kilometrica (RKM) = gf/dtex = gf . Nm /1000
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