TECNICHE PARTICOLARI NELLA SCRITTURA PER VOCE Con questo articolo introduciamo lo studio, dal punto di vista della composizione, delle voci. Il primo strumento dell’uomo, la voce, è anche il meno studiato dai compositori, persino in Italia, paese dell’opera. Ciò deriva dal fatto che molte teorie compositive nate nella metà del secolo scorso hanno posto l’accento più sulla struttura e le forma trascurando l’aspetto più pratico dello scrivere, l’adeguare come un abito su misura ogni musica agli strumenti (o alla voce). Sono state sviluppate molte tecniche sia riguardo all’emissione del suono che in ambito espressivo. Ne descriviamo alcune. Parlato Estremamente semplice ed anche di antico uso, si scrive con delle crocette sulle note, in modo libero scrivendole come se fossero un si in chiave di violino (re in chiave di basso) o con indicazioni di vario tipo. In Puccini troviamo le crocette con indicazione “registro acuto” ad esempio. Oppure forte e chiaro, o sottovoce (sconsigliabile per musica con orchestra di grandi dimensioni o per il teatro) Sprechstimme (altrimenti chiamato Sprechgesang termine però riferito oggi più propriamente all’opera tardoromantica tedesca) Si tratta di una combinazione tra parlato e canto. Venne utilizzato la prima volta nel Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg che così commentò questa tecnica: “L’esecutore si renda cosciente della differenza tra suono cantato e suono parlato: il suono cantato conserva immutata la sua altezza, mentre il suono parlato dà si l’altezza della nota, ma la abbandona subito, scendendo e salendo. Non si desidera affatto un parlare realistico, naturalistico. Al contrario, deve essere ben chiara la differenza tra il parlare comune ed un parlato che operi in una forma musicale” Non ci sono indicazioni particolari se non quella di scrivere Sprechgesang e porre attenzione a quanto affermato da Schoenberg, cioè al fatto che si intona parlando o se vogliamo si parla intonando. Quindi fare attenzione a note lunghe che si trasformeranno automaticamente in canto per mantenere il suono e l’altezza e si consiglia di utilizzare questa tecnica con voce leggera per avere agilità e non la pesantezza di una voce drammatica. Importante è l’aspetto della recitazione, la parte parlata. Consente intervalli anche ampi ma richiede un’ottima intonazione nell’esecutore. In merito alle note Schoenberg stesso cambiò grafia più volte. Inizialmente utilizzò piccole crocette tra i gambi delle note o scrivendo le note stesse con le crocette rendendosi però conto che era il sistema utilizzato per il parlato. Successivamente utilizzò una sola linea al posto di cinque con crocette che andando sopra o sotto indicavano altezze relative come in Ode a Napoleone Bonaparte del 1942. Ma in questo caso dobbiamo parlare di una voce puramente recitante che ha delle indicazioni relative di altezze, cosa che avviene anche nel Wozzeck di Alban Berg. In ambito contemporaneo si consiglia la prassi comune cioè scrivere Sprechgesange o Sprechstimme sopra il pentagramma (5 linee) e scrivere le note con le crocette. Overtoni Manipolando la cavità orale si possono produrre overtoni. Pratica di origine orientale e tradizione della musica mongola, troviamo questa tecnica nella scrittura vocale contemporanea. Il caso più noto è Stimmung di K. Stockhausen. basta indicare in partitura Overtoni, efficace come nel caso di Stockhausen in ambito corale. Subtoni Rilassando le corde vocali è possibile creare subtoni, inversione degli overtoni. Si tratta di un registro basso emesso da una voce. Fu tipico di Joan LA Barbara che collaborò con Feldman e Cage. Anche in questo caso basta scrivere la tecnica. Multifonici Di difficile emissione ma estremamente interessanti i multifonici sono suoni multipli dati da parziali degli armonici emessi da un suono, tecnica che si sta sviluppando in questi ultimi anni sugli strumenti a fiato. In ambito vocale questa tecnica è stata usata dal compositore tedesco Hans Werner Henze nel 1968 in Versuch über Schweine. Cantare dentro il pianoforte Vi sono dei brani che prevedono che l’esecutore canti dentro il pianoforte (anche amplificato) in direzione delle corde. SI sviluppano moltissimi armonici e la voce si fonde con essi. Bisogna porre attenzione nel tenere premuto il pedale del sostegno per far si che le corde interne del piano vibrino. Questa non è proprio una tecnica vocale ma un uso particolare che si fa della cassa armonica e delle corde interne del piano. Si possono utilizzare anche degli strumenti ed anzi sono ancora più efficaci. Come indicazione, se non ve ne sono altre, basta scrivere dove si deve cantare e come. Il brano più noto ad utilizzare questa tecnica è stato Ancient voice of children di George Crumb. Si tratta di cinque movimenti con testi di Garcia Lorca cantati da un mezzosoprano al quale si aggiunge, nel brano finale, una voce bianca. ESTENSIONE DEGLI ARCHI La scrittura per archi è stata da sempre la base di quella orchestrale. E’ importante comprendere i limiti e le possibilità di questa famiglia di strumenti. nel grafico sono riportate le estensioni professionali standard per ogni strumento ma dobbiamo considerare che questi limiti sono molto labili in altezza. Ad esempio, un violinista professionista può superare il limite del si6 acuto ma le posizioni diventano sempre più piccole e non vi è chiarezza nell’intonazione. Il limite inoltre, sia per il violino che per la viola, viene superato facilmente con l’utilizzo degli armonici. Il violino può arrivare al sol7, il sol più acuto della tastiera del pianoforte. Nel violino e nella viola non sono stati riportati i limiti raggiungibili con gli armonici perchè ciò farà parte di un successivo articolo. Sono stati invece inseriti gli armonici nel violoncello e nel contrabbasso poichè le note così acute per questi strumenti bassi sono raggiungibili esclusivamente con la suddetta tecnica. I limiti di estensione degli archi ci fanno comprendere che questa famiglia, da sola, può ricoprire una tale vastità di estensione (in considerazione anche della possibilità di avere un do basso come quinta corda del contrabbasso) da eguagliare quasi l’intera tastiera di un pianoforte. Tutti gli strumenti musicali possono essere divisi in tre registri, basso, medio e acuto. Ciò avviene anche per gli archi, aspetto che verrà successivamente trattato, ma questa famiglia ha un’altra particolarità oltre al cambio di registro che rende differente il suono, le corde, che sono di spessore diverso e acusticamente vengono percepite in modo diverso dall’ascoltatore. Questo aspetto dovrà essere tenuto presente dal compositore professionista e non solo per la scrittura degli archi. Ogni strumento suona “meglio” nel registro e nell’estensione sua propria. Ad esempio, abbiamo visto dall’immagine delle estensioni che il violoncello può arrivare a registri tipici del violino e della viola ma il suo suono, a quelle altezze, sarà più sforzato e brillante. Le stesse note, suonate da un violino, avranno un suono più morbido, addirittura più scuro alla percezione dell’orecchio. Prendiamo in esame ora il sol sotto il do centrale, la nota più bassa del violino che viene suonata con la corda vuota (senza pressione di un dito della mano sinistra). La sonorità che verrà percepita sarà piuttosto scura perchè si tratta di una corda spessa, la più spessa del violino che ha la struttura e la costruzione di uno strumento acuto. Questa nota, suonata dal violino, verrà percepita dall’orecchio quasi come se fosse suonata un’otava sotto. La stessa nota, suonata dal violoncello, avrà una sonorità chiara, brillante poichè si trova nel miglior registro di questo strumento. E’ importante riflettere su queste considerazioni prima di approcciarsi alla scrittura per archi. Le estensioni vanno usate con moderazione e con “furbizia” per evitare in prova di ascoltare qualcosa di diverso rispetto a ciò che avevamo pensato. Lo spaziare tipico di ogni strumento e delle voci per diversi registri, aspetto che rende cantabile la parte musicale, non deve prescindere dal fatto che esistono delle zone tipiche e di miglior suono. Una scrittura che abbia come costante i violoncelli nel loro registro acutissimo e i violini che utilizzano solo la corda di sol, la più bassa, renderà la nostra partitura molto problematica, per usare un eufemismo. A meno che…. non si voglia veramente questo effetto, ad esempio in una partitura contemporanea si cercano delle sonorità particolari e fuori dalla norma. L’interessante è essere pienamemnte consapevoli di ciò che stiamo scrivendo per gli strumenti d’orchestra evitando così sorprese nel primo ascolto in prova. Una raccomandazione importante è quella di non fidarsi di suoni campionati che riproducono la nostra partitura, ne esistono di vario tipo anche molto belli ma non avranno mai il suono (con i pregi ed i difetti) dello strumento reale. Inoltre è opportuno parlare sempre con gli esecutori. Qualsiasi violinista sarà sempre più esperto di noi. Magari non in armonia, in analisi, in forma, storia ed estetica della musica. Ma sicuramente nell’emissione del suono del suo strumento.