IL GIOCO DELLE PARTI: CAPIRE PER EDUCARE Dott.ssa Sabina Ortolano Psicologa dell’Apprendimento [email protected] Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare Se i bambini vivono con l'ostilita', imparano a combattere Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi Se i bambini vivono con la pieta', imparano a commiserarsi Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli Se i bambini vivono con l'incoraggiamento, imparano a essere sicuri di se‘ Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare Se i bambini vivono con l'accettazione, imparano ad amare Se i bambini vivono con l'approvazione, imparano a piacersi Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che e' bene avere un obiettivo Se i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi Se i bambini vivono con l'onesta', imparano a essere sinceri Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos'e' la giustizia Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se' stessi e nel prossimo Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo e' un bel posto in cui vivere Dorothy Law Nolte (dal libro i bambini imparano quello che vivono ,ed. Fabbri editori) L’ASCOLTO ATTIVO (CARL ROGERS) • favorisce l’apertura al dialogo, • è un alleato speciale anche nelle relazioni quotidiane di ognuno di noi, in quanto ci consente di stabilire un contatto autentico con l’altro e di avviare con lui un tipo di comunicazione più efficace e proficua. Imparare ad ascoltare attivamente PERMETTE DI: • evitare errori molto comuni che contribuiscono a formare delle “barriere” nella comunicazione che portano a quelle facili incomprensioni di cui ognuno di noi ha esperienza; • diventare più sensibili e attenti al vissuto emotivo che accompagna ogni comunicazione e si esprime attraverso il linguaggio Paraverbale e non verbale, consentendoci di andare oltre ciò che viene espresso con le parole; • padroneggiare la tecnica del rispecchiamento empatico che ci consente di comunicare all’altro la nostra presenza nella relazione e gli darà la netta sensazione di essere ascoltato e compreso. Imparare ad ascoltare attivamente PERMETTE DI… Saper ascoltare attivamente è un’arte grazie alla quale possiamo rendere efficace il nostro modo di comunicare e di entrare in relazione autentica con l’altro. LA COMUNICAZIONE EMPATICA l’accettazione incondizionata e non giudicante, l’empatia e l’autenticità della relazione sono i veri cardini di una comunicazione efficace mirata a far emergere nell’altro le risorse che egli già naturalmente possiede e che devono solo essere attivate per la realizzazione dei propri obiettivi e il raggiungimento dell’equilibrio e del benessere. l’ascolto attivo è quindi lo strumento privilegiato di comunicazione. LA COMUNICAZIONE EMPATICA • Ma cosa vuol dire esattamente ascoltare attivamente? • Come può essere “attiva” una persona che dovrebbe lasciare spazio a chi parla? LA COMUNICAZIONE EMPATICA esempio Chi si pone in posizione di ascolto nei confronti di un interlocutore (per esempio un amico che ha bisogno di sfogarsi su un certo problema che lo affligge) spesso lo fa assumendo uno di due opposti atteggiamenti:· – o pensa di dover restare in silenzio per dare all’altro modo di tirare fuori tutto; – oppure, al contrario, comincia subito a elaborare risposte e soluzioni che esporrà con zelo cogliendo al volo la prima pausa nel racconto. In entrambi i casi non possiamo parlare di ascolto attivo!! L’ascolto attivo • Nell’ascolto attivo bisogna adoperarsi per comunicare “attivamente” la nostra disponibilità di ascolto senza lasciare all’altro il compito di intuirla. Non significa solo ascoltare con attenzione, ma farlo entrando empaticamente in contatto con il linguaggio, i pensieri e le emozioni dell’interlocutore, evitando di introdurre significati propri per comprendere il vero senso di ciò che intende comunicare senza esprimere giudizi di merito. L’ascolto attivo • Un ascolto attivo, per essere veramente efficace deve dunque possedere tre qualità fondamentali, e cioè deve essere: – empatico: l’empatia mira ad instaurare il rapporto e la fiducia attraverso l’attenzione ai contenuti e la comprensione degli stati d’animo; – reattivo: chi ascolta non deve essere passivo, ma inviare continuamente feedback volti a rinforzare l’interlocutore e a ottenere più informazioni; – selettivo: chi ascolta deve cercare di ottimizzare il processo della comunicazione individuando gli argomenti effettivamente rilevanti stimolando l’interlocutore a concentrarsi su questi. Il MODELLAMENTO • Forma di apprendimento che avviene tipicamente in presenza di episodi d’interazione interpersonale • Utile per: – Apprendere nuovi comportamenti – Migliorare i comportamenti posseduti – Disinibirsi nei confronti di determinate situazioni – Inibire certi comportamenti Regole per un modellamento efficace • Caratteristiche del modello: modelli empatici e rinforzanti posseggono la massima capacità di modellamento nei confronti del bno che osserva • Caratteristiche dell’osservatore: affinchè il modello possa insegnare qualcosa, è inevitabile che l’osservatore sia in grado di prestargli attenzione, riesca a memorizzare l’informazione, abbia un livello cognitivo inferiore rispetto al modello • Impiego del rinforzo sia nei confronti del modello che dell’osservatore. L’uso del rinforzo nel primo caso è noto come rinforzo vicariante ed è utile quando vogliano insegnare regole di comportamento, rinforzare l’osservatore, dopo che ha eseguito in comportamento del modello, svolge la funzione di consolidare l’apprendimento. LO SVILUPPO DEL SE’ Che cos’è il sè • Tutto ciò che il bambino sa e sente rispetto a se stesso, nella convinzione di riuscire a essere il promotore di qualcosa • La funzione fondamentale del sé è quella di definire l’individuo e di scoprire attraverso le risposte alla domanda “chi sono io?”, che cosa ci rende unici come esseri umani Il modo che i bambini hanno di valutare se stessi dipende dalle interazioni con gli adulti di riferimento!! Perché è importante che i bambini sviluppino un senso di sé positivo? I bambini sicuri di sé hanno una maggiore capacità di concentrazione, hanno una maggiore motivazione, e mostrano un atteggiamento positivo nei confronti degli errori Bambini che si valutano in senso positivo hanno maggiori probabilità di diventare adulti con elevato senso di autoefficacia (migliori relazioni interpersonali, capacità decisionale ecc..) In età adolescenziale saranno meno attratti dalle droghe, dall’alcol, dal tabacco Saranno meno esposti a fenomeni come il bullismo (Olweus, 2002) Il sè • È un costrutto cognitivo e sociale, che si crea nell’interazione con le persone di riferimento importanti come i genitori, gli insegnanti, i coetanei (Harter, 1999) • I bambini imparano a conoscere se stessi attraverso gli occhi delle loro persone di riferimento (Cooley, 1909) • Gli adulti di riferimento hanno una importante responsabilità nella costruzione del concetto di sé, perche il sé dei bambini si specchia in loro MODALITÀ PER RAFFORZARE IL SÉ DEL BAMBINO • • • • • • • Attaccamento sicuro Stile educativo autorevole Stile di attribuzione Giochi/giocattoli di valore Consapevolezza corporea Interessi e hobbys Coetanei EDUCAZIONE AUTOREVOLE • Non esiste una educazione perfetta (Schneewind, 2003), ma lo stile educativo autorevole/democratico ha un effetto positivo sullo sviluppo del sé del bambino. • Tre sono le caratteristiche: considerazione da parte dell’adulto, esigere e porre limiti, e accordare autonomie. Stile educativo Accettazione partecipazione dell’adulto controllo Accordo di autonomie AUTOREVOLE Affettuoso, attento e sensibile nei confronti del bisogno del bambino Adatto all’età, richieste sensate, che vengono spiegate e seguite in modo conseguente Il bno può prendere decisioni proprie AUTORITARIO Caldo, ostile e svalutante Richieste vengono ottenute con la violenza (urlare, comandare, criticare) Decisioni vengono prese dall’adulto PERMISSIVO Affettuoso però poca attenzione Nessuna o poche richieste Il bno può decidere molte cose da solo TRASCURANTE Emotivamente distante e non raggiungibile Nessuna o poche richieste Il punto di vista del bno è indifferente EDUCAZIONE AUTOREVOLE • Riconoscere l‘unicità e la particolarità del bambino. • Trattare i bambini con rispetto in tutte le situazioni. • Aiutare e supportare i bambini, qualora ne abbiano bisogno, senza limitare lo sviluppo delle competenze del bambino attraverso un comportamento iperprotettivo. • Essere contenti del tempo che si trascorre con i bambini, trarre piacere dalle attività insieme e pianificare tempo per conversazioni. Parole chiave: calore emotivo, affetto, considerazione, accettazione, sostegno, amore EDUCAZIONE AUTOREVOLE / FARE RICHIESTE E PORRE LIMITI Fare richieste e porre limiti Avere fiducia nella capacità del bambino di riuscire a fare qualcosa in autonomia e metterlo di fronte a sfide che favoriscano il suo processo evolutivo. • Risolvere i conflitti in modo costruttivo. • Sostenere il proprio punto di vista in modo convincente. • Porre limiti e confini chiari a seconda del momento evolutivo in cui il bambino si trova. Parole chiave: Regole chiare e limiti, essere conseguenti EDUCAZIONE AUTOREVOLE / ACCORDARE AUTONOMIE L’accordo di autonomie Prendere sul serio bisogni, preferenze e punti di vista del bambino e tenere in conto i rischi calcolabili. • Disponibilità al dialogo e al compromesso. • Permettere al bambino di esprimere la propria capacità decisionale e proporgli possibilità di scelta nella vita quotidiana (es. vorresti bere dell’acqua, succo oppure latte?). • Dare la possibilità al bambino di fare delle esperienze proprie (es. anche attraverso la collaborazione in casa). Parole chiave: Indipendenza, Autonomia EDUCAZIONE AUTOREVOLE Trasmettere al bambino amore e accettazione Incondizionata (Abidin, 1996): • Dica al bambino che lo ama. • Comunichi al bambino il suo amore e accettazione in modo non verbale, attraverso la gestualità e il tocco (abbracci, carezze). • Lasci fare al bambino alcune cose da solo. • Ascolti il suo bambino molto attentamente. • Prenda parte alle attività del bambino e lasci alla lui la conduzione. • Utilizzi lodi e critiche costruttive. Lo sviluppo adolescenziale • Grande quantità di sfide nuove: – Cambiamento biologico: imparare ad affrontare i cambiamenti puberali e a controllare la carica emotiva dei rapporti di amicizia e l’emergere della sessualità – Cambiamento scolastico: il passaggio alla scuola secondaria comporta un grande cambiamento ambientale che mette a dura prova l’efficacia personale – Cambiamento sociale L’AUTOEFFICACIA (Bandura, 1977) La convinzione di essere in grado, in una certa situazione, di poter ottenere una determinata prestazione: tale sensazione (della propria capacità) influenza la percezione, la motivazione e la prestazione stessa. L’autoefficacia ci dice se una persona ritiene di essere sufficientemente competente per ottenere determinati obbiettivi e prestazioni. Questo sentimento del “Voler essere competente” è riscontrabile già nel primo anno di vita del bambino (quando il bambino prova gioia nello sperimentare gli effetti delle proprie azioni). Nel secondo e terzo anno di vita i bambini sviluppano un forte desiderio di voler fare qualcosa da soli. OBIETTIVI DELLA SCUOLA • Fornire agli studenti gli strumenti intellettivi, le convinzioni e le abilità autoregolatorie che servono loro per autoistruirsi tutta la vita • Gli studenti devono sviluppare le abilità necessarie per regolare le determinanti motivazionali, emozionali e sociali del loro funzionamento intellettivo oltre agli aspetti cognitivi • Chi si autoregola efficacemente matura le proprie conoscenze e abilità e sviluppa interesse intrinseco per le attività intellettuali, chi ci riesce poco ha una crescita personale limitata Attenzione, motivazione e comprensione La motivazione è sempre un’interazione tra il soggetto e l’ambiente circostante. Il soggetto per eseguire il compito deve: • essere in grado di farlo; • dare valore all’attività da svolgere; • possedere una serie di convinzioni positive su se stesso e sull’apprendimento. Attenzione, motivazione e comprensione • • • • • • • Anche la motivazione, per essere adeguata, necessita di adeguati processi cognitivi: l’alunno che non ha sufficiente motivazione molto spesso non riesce a mettere in atto tali elaborazioni cognitive in modo efficace: individuazione di mete da raggiungere; adeguata valutazione di probabilità di successo/insuccesso; coerente alternanza degli scopi nel tempo; corretta attribuzione delle cause che determinano i risultati (qual è la causa responsabile degli eventi); efficiente valutazione delle conseguenze dei propri comportamenti; sufficiente capacità di perseverazione per il raggiungimento dello scopo Attenzione, motivazione e comprensione le ragioni per cui certi alunni non mostrano una motivazione dipendono da tre ordini di fattori: • a volte sono presenti dei comportamenti oppositivi per cui c’è un rifiuto deliberato ed intenzionale a svolgere il compito; • in altri casi sono presenti delle difficoltà cognitive che impediscono all’allievo di raggiungere un’adeguata motivazione; • in altri casi ancora le modalità di presentazione delle attività didattiche non riescono a suscitare negli alunni alcun interesse. Attenzione, motivazione e comprensione La motivazione e la comprensione sono dei potenti modulatori dell’attenzione, in particolare quella mantenuta: non esistono dei tempi fissi e costanti di span attentivo che variano con l’età, ma l’attenzione dipende molto spesso dalla comprensione di ciò che dice l’insegnante e da come è riuscito a innalzare il livello di motivazione presentando la lezione seguendo determinati accorgimenti. LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE: ATTIVITÀ SPECIFICHE • sviluppare conoscenze relative all’attenzione (domande di metacognizione) • insegnamento di strategie di problem-solving e autoistruzioni • esercizi di monitoraggio dell’attenzione attraverso riflessioni metacognitive e attribuzionali sui successi e fallimenti dei processi attentivi LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE: • ACCORGIMENTI DA ADOTTARE PER GESTIRE E PRESENTARE LE ATTIVITÀ • Controllo della comprensione, • uso delle autoistruzioni, • orientamento preventivo dell’attenzione, • modalità per ottimizzare l’attenzione degli alunni (suddivisione delle unità didattiche, selezione delle informazioni rilevanti, alternanza delle proposte, arricchimento del divertimento legato alla materia, disposizione della classe, interattività con gli studenti, giochi di ruolo) LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE: Se si vuole ottenere qualche risultato positivo con gli alunni disattenti è opportuno ricordare qualche accorgimento: Catturare l’attenzione • Porre una domanda interessante su cui si possa speculare, mostrando una figura o raccontando una breve storia collegata all’argomento da spiegare e che possa innescare la discussione. • Essere un po’ attori, aggiungendo mimica, teatralità e humor alle proprie spiegazioni. • Aggiungere una dose di mistero agli argomenti che devono essere spiegati, utilizzando oggetti (scatole o borse) dove viene “nascosto” il concetto principale dell’argomento della lezione. • Variare il tono della voce alternando momenti in cui si “tuona” o si sussurra una frase che si vuole far cogliere agli alunni. • Dare segnali chiari che richiamino in modo inequivocabile l’attenzione “…aprite bene le orecchie…ora state tutti molto attenti perché quello che dirò è fondamentale per capire il resto…ora nessuno, dico nessuno, deve essere distratto…” • Utilizzare gessi colorati per scrivere alla lavagna. • Creare aspettativa ed entusiasmo per la lezione che deve essere spiegata. • Utilizzare molto spesso il contatto oculare, soprattutto con gli alunni più disattenti. • Focalizzare l’attenzione • Essere sempre visibili a tutti gli studenti. • Assicurarsi sempre che la propria voce raggiunga perfettamente tutti gli alunni. • Controllare eventuali fonti di rumore che possano interferire con la propria voce. • Far sedere gli alunni più disattenti nei primi banchi in modo che siano più visibili all’insegnanti e guardino meno i compagni. • Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici e brevi. È fondamentale assicurarsi che il ragazzo abbia compreso le istruzioni di un compito; per essere sicuri di ciò si possono fare ripetere le consegne (“…Cosa devi fare?”). • Inserire il maggior numero di esemplificazioni e dimostrazioni pratiche durante le proprie spiegazioni. • Utilizzare un fascio di luce, o un pointer a laser rosso, da indirizzare verso gli stimoli a cui bisogna prestare particolare attenzione. • Utilizzare il più possibile supporti visivi: parole chiave colorate sulla lavagna, semplici schemi, oggetti interessanti, gesti esemplificativi. • Illustrare, illustrare, illustrare: disegnare alla lavagna i concetti chiave della lezioni, anche se le proprie abilità grafiche non sono particolarmente brillanti. • Nel caso non sia disponibile altro materiale scritto, insegnare agli studenti a scrivere brevi, ma essenziali, note della spiegazione orale. • Per aiutarli nella comprensione del testo è opportuno pianificare una serie di attività preparatorie alla lettura: analizzare attentamente le figure, dare una veloce scorsa ai titoli dei paragrafi e alle parole evidenziate per “indovinare” l’argomento del brano, recuperare le conoscenze relative all’argomento del brano, fare ipotesi circa il contenuto del testo, discutere sul testo da leggere, interrompere, ogni tanto la lettura per chiedersi come procede la comprensione e fare degli schemi dei brani letti. Mantenere l’attenzione • Muoversi all’interno della classe per essere sempre visibili. • Essere moto preparati sulla lezione da spiegare ed evitare “tempi vuoti”. • Definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere le attività giornaliere. • Utilizzare domande che presuppongono risposte aperte, su cui effettuare un certo ragionamento e che lascino spazio a risposte diversificate al fine di mantenere la discussione tra gli studenti. • Ridurre il più possibile il tempo della propria spiegazione orale e lasciare più spazio ai commenti degli studenti e alle dimostrazioni pratiche. • Strutturare le lezioni in modo da favorire il lavoro per piccoli gruppo (vedi apprendimento cooperativo e peer tutoring). • Il richiamo verbale dell’insegnante (“…Francesco, stai attento; non distrarti…”) deve essere immediato all’evento negativo, altrimenti, a causa dei loro problemi motivazionali e di memoria, gli alunni disattenti non riescono a capire la ragione e il senso del richiamo. • Utilizzare il nome degli studenti distratti per la spiegazione. • Costruire situazioni di gioco per favorire la comprensione delle spiegazioni. • Controllare costantemente la chiarezza delle istruzioni impartite. • Assicurarsi che tutti gli studenti abbiano veramente capito qual è il loro compito prima di lasciarli lavorare da soli. • Assicurarsi in anticipo che il lavoro assegnato è congruo con il tempo a disposizione, soprattutto per gli alunni più disattenti. • Dare agli studenti un segnale (un cartoncino colorato con una scritta) che possono utilizzare per richiedere l’aiuto dell’insegnante nei momenti di difficoltà. • Rinforzare e gratificare regolarmente per un determinato numero di compiti svolti con una certa accuratezza e impegno (soprattutto per i più disattenti e meno motivati). • Utilizzare un sistema di “perdita di privilegi o premi promessi” (costo della risposta) nel caso in cui lo studente non sia orientato al compito e sia stato precedentemente avvertito delle conseguenze di tale comportamento. Prima di iniziare a lavorare… • Quando vengono spiegate le lezioni o vengono date delle istruzioni per eseguire dei compiti è importante che l'insegnante si accerti del livello di attenzione del bambino. In generale il contatto oculare è la tecnica più efficace per controllare l’attenzione del bambino. • Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici e brevi. È fondamentale assicurarsi che il ragazzo abbia compreso le istruzioni di un compito; per essere sicuri di cio' si possono fare le consegne (“cosa devi fare?”). • Una volta dato un testo di un problema di aritmetica o un testo che contenga delle istruzioni è opportuno aiutare il ragazzo disattento ad individuare (sottolineandole con diversi colori) le parti importanti del testo. Anche l’organizzazione della classe puo’ aiutare… • A prescindere dal fatto che la migliore collocazione è a discrezione dell’insegnante…è opportuno controllare le fonti di distrazione all’interno della classe: – non è indicato far sedere il ragazzo vicino alla finestra, al cestino, ad altri compagni rumorosi o ad altri oggetti molto interessanti. – Non è ugualmente produttivo collocare l’allievo in una zona completamente priva di stimolazioni in quanto egli diventa più iperattivo perchè va alla ricerca di situazioni nuove e interesssanti. • Disporre i banchi in modo che l’insegnante possa passare frequentemente in mezzo ad essi, in modo da controllare che i più distratti abbiano capito il compito, stiano seguendo la lezione e stiano eseguendo il lavoro assegnato. Alcuni suggerimenti per la gestione delle lezioni… • Accorciare i tempi di lavoro. Fare brevi e frequenti pause soprattutto durante i compiti ripetitivi e noiosi. • Rendere le lezioni stimolanti e ricche di novità: i ragazzi hanno peggiori prestazioni quando i compiti sono noiosi e ripetitivi (ad esempio un brano di un libro viene compreso meglio se contiene delle figure. Anche il ritmo della voce dell'insegnante quando spiega puo’ incidere sulla capacità attentiva degli studenti). • Interagire frequentemente, verbalmente e fisicamente, con gli studenti. • Fare in modo che gli allievi debbano rispondere frequentemente durante la lezione. • Utilizzare il nome degli studenti distratti per la spiegazione. • Costruire situazioni di gioco per favorire la comprensione delle spiegazioni. • Utilizzare il gioco di ruoli per spiegare concetti storici, sociali in cui siano coinvolti vari personaggi. • Abituare il ragazzo impulsivo a controllare il proprio lavoro svolto. Anche l’ordine puo’ aiutare… • È importante stabilire delle attività programmate e routinarie in modo che il ragazzo impari a prevedere quali comportamenti deve produrre in determinati momenti della giornata. • È importante definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere le attività giornaliere, rispettando i tempi dello studente (questo lo aiuta anche ad orientarsi meglio nel tempo). • Aiutare l’allievo iperattivo a gestire meglio il proprio materiale: l’insegnante dovrebbe dimostrare che dà importanza all’organizzazione lasciando 5’ al giorno per ordinare il proprio materiale. • Proporsi come modello per mantenere in ordine il proprio materiale e mostrare alcune strategie per fare fronte alle situazioni di disorganizzazione. • Aiutare il ragazzo ad applicare (o inventare) delle strategie per tenere in ordine il proprio materiale. • Premiare il banco meglio organizzato del giorno. • Utilizzare il diario per la comunicazione giornaliera con la famiglia (non per scrivere note negative sul comportamento). L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman) DA DOVE DERIVA IL CONCETTO DI IA: Sulla base di esperimenti effettuati, dapprima in laboratorio con dei roditori e in seguito confermata da ricerche in ambito umano, Seligman riscontrò come individui posti continuamente in condizioni sulle quali ritengono di non potere in alcun modo intervenire per controllarle e modificarle, tendono a sviluppare un senso di impotenza che può anche estendersi oltre l’evento specifico sperimentato. Ad esempio, l’ impossibilità da parte dei soggetti di ridurre i rumori fastidiosi a cui erano sottoposti, si poteva estendere, in due terzi dei soggetti testati, alla incapacità di regolare l’intensità luminosa di fonti di luce, anche se avevano la possibilità di farlo, in quanto ritenevano di essere impotenti ad agire. L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman) • Approfondendo l’osservazione sul comportamento degli individui testati, Seligman suddivise gli stessi in due categorie: quella degli ottimisti e quella dei pessimisti nei quali si era manifestato il senso di impotenza, ed i cui pensieri, nei confronti delle esperienze indesiderate, contenevano tre elementi chiave del loro modo di essere: 1. la tendenza ad incolpare se stessi per gli accadimenti avversi 2. il considerare queste condizioni durature nel tempo 3. la convinzione che il loro comportamento inadeguato avrebbe potuto portarli, in futuro, verso ulteriori fallimenti L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman) l’acquisizione del controllo da parte dell’uomo, inizia sin dalla primissima infanzia allorché il comportamento della madre sa rispecchiare e rispondere alle azioni del suo piccolo (sorride al suo sorriso… lo consola quando piange, lo alimenta quando ha fame…) ed è proprio attraverso questa reciproca danza di manifestazioni che il bambino impara ad acquisire il controllo delle situazioni. Il contrario di quanto avviene in quei piccoli che, ricoverati in istituti, pur ricevendo cibo e cure ad orari stabiliti e con modalità standardizzate, ma non affetto, cadono preda della depressione anaclitica che può portare anche alla morte. L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman) • In condizioni di difficoltà si manifesta ansia nella ricerca di controllare la situazione imprevedibile, poi in carenza di tale controllo, subentra la passività, e il comportamento depresso che ne deriva troverà autoalimentazione in se stesso. Lev Vygotskij: potenziamento dello sviluppo prossimale processo che agisce nei termini di un cambiamento pervasivo, cioè come un cambiamento qualitativo o di struttura: quando un ragazzo impara, in altri termini, diventa capace di fare cose prima impossibili; l’apprendimento è cioè il passaggio da ciò che si è potenzialmente in grado di fare a ciò che si è effettivamente capaci di fare. Il ruolo della scuola è qui fondamentale La scuola amplia la zona di sviluppo prossimale lo sviluppo dei circuiti cerebrali è legato alla programmazione genetica (cioè alle istruzioni contenute nel DNA di ogni individuo) e alle esperienze postnatali. Nel 2007 la biologia molecolare ha scoperto e fotografato il meccanismo di sviluppo prossimale, cioè quella plasticità neuronale che permette alle cellule nervose di modificarsi in reazione agli stimoli ambientali. come si modifica la struttura biologica dell’apprendimento durante il processo educativo (moltiplicazione dei dendridi), nel nostro caso, a scuola, mentre impariamo a fare ciò che prima non sapevamo fare neuroni inattivi neuroni che reagiscono a stimolazioni sensoriali e cognitive • Il cervello, quindi, non può non imparare. Il punto è perciò non come insegnare ai ragazzi, ma come facilitare il loro apprendimento. Qual è il ruolo dell’insegnante con i suoi allievi, inclusi i ragazzi con difficoltà? Un catalizzatore chimico! • esempio di un catalizzatore chimico d’uso quotidiano: il cucchiaino Il gesto di girare il caffè con il cucchiaino per zuccherarlo consiste appunto nell’utilizzare un catalizzatore chimico, cioè un oggetto (il cucchiaino) capace di rompere le molecole e aggiungerle (zucchero+caffé). Se non ci fosse questo catalizzatore chimico ad accelerare la fusione tra i due elementi che giacciono nella tazzina, il caffè si zucchererebbe in 3 anni. il catalizzatore chimico in ambito scolastico è l’insegnante, perché è lui che accende la funzione: come mostrato dalle immagini l’apprendimento può aumentare il 30% dei dendridi. Insuccesso scolastico • Le ricerche evidenziano che l’insuccesso scolastico è molto alto e tende ad aumentare avanzando nei livelli di studio. Perché ? • la risposta non è biologica, ma psicologica. • La scuola impone sempre più strettamente percorsi che costruiscono l’immagine dello studente, in particolare la valutazione …, come mostra l'introduzione degli INVALSI e di tutti i test che introducendo nella scuola l'ossessione della valutazione per rilevare gli apprendimenti ostacolano di fatto la loro acquisizione, determinando il noto fenomeno dell’impotenza appresa una sindrome psicologica che blocca i meccanismi neurobiologici dell’apprendimento,inceppandone le normali modalità di espressione. Si tratta dell’unico meccanismo capace di contrastare il normale funzionamento della funzione biologica. • l’apprendimento è ostacolato da una funzione biologica in conflitto con esso: la paura. L’impotenza appresa è dunque un meccanismo alimentato dalla paura, la paura di sbagliare che cresce insieme al senso di inadeguatezza che colpisce i “cattivi studenti” nel momento in cui [dimenticandoci che sono qui per apprendere, non per essere pesati e misurati ogni 3 minuti] sono sottoposti a test. Il meccanismo della paura Grazie per l’attenzione…. https://youtu.be/vSy60Is4Wqo