il gioco delle parti: capire per educare

IL GIOCO DELLE PARTI: CAPIRE
PER EDUCARE
Dott.ssa Sabina Ortolano
Psicologa dell’Apprendimento
[email protected]
Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare
Se i bambini vivono con l'ostilita', imparano a combattere
Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi
Se i bambini vivono con la pieta', imparano a commiserarsi
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia
Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli
Se i bambini vivono con l'incoraggiamento, imparano a essere sicuri di se‘
Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare
Se i bambini vivono con l'accettazione, imparano ad amare
Se i bambini vivono con l'approvazione, imparano a piacersi
Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che e' bene avere un obiettivo
Se i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi
Se i bambini vivono con l'onesta', imparano a essere sinceri
Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos'e' la giustizia
Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto
Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se' stessi e nel
prossimo
Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo e' un bel posto in cui
vivere
Dorothy Law Nolte (dal libro i bambini imparano quello che vivono ,ed. Fabbri editori)
L’ASCOLTO ATTIVO (CARL ROGERS) • favorisce l’apertura al dialogo,
• è un alleato speciale anche nelle relazioni
quotidiane di ognuno di noi, in quanto ci
consente di stabilire un contatto autentico con
l’altro e di avviare con lui un tipo di comunicazione più efficace e proficua.
Imparare ad ascoltare attivamente
PERMETTE DI:
• evitare errori molto comuni che contribuiscono a formare delle
“barriere” nella comunicazione che portano a quelle facili incomprensioni di cui ognuno di noi ha esperienza;
• diventare più sensibili e attenti al vissuto emotivo che accompagna
ogni comunicazione e si esprime attraverso il linguaggio Paraverbale
e non verbale, consentendoci di andare oltre ciò che viene espresso
con le parole;
• padroneggiare la tecnica del rispecchiamento empatico che ci
consente di comunicare all’altro la nostra presenza nella relazione e gli darà la netta sensazione di essere ascoltato e compreso.
Imparare ad ascoltare attivamente
PERMETTE DI…
Saper ascoltare attivamente è un’arte grazie
alla quale possiamo rendere efficace il nostro
modo di comunicare e di entrare in relazione
autentica con l’altro.
LA COMUNICAZIONE EMPATICA
l’accettazione incondizionata e non giudicante,
l’empatia e l’autenticità della relazione sono i veri
cardini di una comunicazione efficace mirata a far
emergere nell’altro le risorse che egli già naturalmente possiede e che devono solo essere
attivate per la realizzazione dei propri obiettivi e il
raggiungimento dell’equilibrio e del benessere. l’ascolto attivo è quindi lo strumento privilegiato di comunicazione.
LA COMUNICAZIONE EMPATICA
• Ma cosa vuol dire esattamente ascoltare
attivamente?
• Come può essere “attiva” una persona che dovrebbe lasciare spazio a chi parla?
LA COMUNICAZIONE EMPATICA
esempio
Chi si pone in posizione di ascolto nei confronti di
un interlocutore (per esempio un amico che ha
bisogno di sfogarsi su un certo problema che lo
affligge) spesso lo fa assumendo uno di due
opposti atteggiamenti:·
– o pensa di dover restare in silenzio per dare all’altro modo di tirare fuori tutto;
– oppure, al contrario, comincia subito a elaborare
risposte e soluzioni che esporrà con zelo cogliendo al
volo la prima pausa nel racconto.
In entrambi i casi non possiamo parlare di ascolto
attivo!!
L’ascolto attivo
• Nell’ascolto attivo bisogna adoperarsi per comunicare “attivamente” la nostra disponibilità di ascolto senza lasciare all’altro il compito di intuirla. Non significa solo
ascoltare con attenzione, ma farlo entrando
empaticamente in contatto con il linguaggio, i
pensieri e le emozioni dell’interlocutore, evitando di introdurre significati propri per
comprendere il vero senso di ciò che intende
comunicare senza esprimere giudizi di merito.
L’ascolto attivo
• Un ascolto attivo, per essere veramente efficace deve
dunque possedere tre qualità fondamentali, e cioè
deve essere:
– empatico: l’empatia mira ad instaurare il rapporto e la fiducia attraverso l’attenzione ai contenuti e la comprensione degli stati d’animo;
– reattivo: chi ascolta non deve essere passivo, ma inviare
continuamente feedback volti a rinforzare l’interlocutore e a ottenere più informazioni;
– selettivo: chi ascolta deve cercare di ottimizzare il processo
della comunicazione individuando gli argomenti
effettivamente rilevanti stimolando l’interlocutore a concentrarsi su questi.
Il MODELLAMENTO
• Forma di apprendimento che avviene
tipicamente in presenza di episodi
d’interazione interpersonale
• Utile per:
– Apprendere nuovi comportamenti
– Migliorare i comportamenti posseduti
– Disinibirsi nei confronti di determinate situazioni
– Inibire certi comportamenti
Regole per un modellamento efficace
• Caratteristiche del modello: modelli empatici e rinforzanti
posseggono la massima capacità di modellamento nei confronti del
bno che osserva
• Caratteristiche dell’osservatore: affinchè il modello possa insegnare
qualcosa, è inevitabile che l’osservatore sia in grado di prestargli attenzione, riesca a memorizzare l’informazione, abbia un livello cognitivo inferiore rispetto al modello
• Impiego del rinforzo sia nei confronti del modello che
dell’osservatore. L’uso del rinforzo nel primo caso è noto come rinforzo vicariante ed è utile quando vogliano insegnare regole di
comportamento, rinforzare l’osservatore, dopo che ha eseguito in comportamento del modello, svolge la funzione di consolidare
l’apprendimento.
LO SVILUPPO DEL SE’
Che cos’è il sè
• Tutto ciò che il bambino sa e sente rispetto a
se stesso, nella convinzione di riuscire a essere
il promotore di qualcosa
• La funzione fondamentale del sé è quella di
definire l’individuo e di scoprire attraverso le risposte alla domanda “chi sono io?”, che cosa ci rende unici come esseri umani
Il modo che i bambini hanno di valutare
se stessi dipende dalle interazioni con
gli adulti di riferimento!!
Perché è importante che i bambini
sviluppino un senso di sé positivo?
I bambini sicuri di sé hanno una maggiore capacità di
concentrazione, hanno una maggiore motivazione, e
mostrano un atteggiamento positivo nei confronti
degli errori
Bambini che si valutano in senso positivo hanno
maggiori probabilità di diventare adulti con elevato
senso di autoefficacia (migliori relazioni
interpersonali, capacità decisionale ecc..)
In età adolescenziale saranno meno attratti dalle
droghe, dall’alcol, dal tabacco
Saranno meno esposti a fenomeni come il bullismo
(Olweus, 2002)
Il sè
• È un costrutto cognitivo e sociale, che si crea
nell’interazione con le persone di riferimento importanti come i genitori, gli insegnanti, i
coetanei (Harter, 1999)
• I bambini imparano a conoscere se stessi
attraverso gli occhi delle loro persone di
riferimento (Cooley, 1909)
• Gli adulti di riferimento hanno una importante
responsabilità nella costruzione del concetto di
sé, perche il sé dei bambini si specchia in loro
MODALITÀ PER RAFFORZARE IL
SÉ DEL BAMBINO
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•
•
•
•
•
Attaccamento sicuro
Stile educativo autorevole
Stile di attribuzione
Giochi/giocattoli di valore
Consapevolezza corporea
Interessi e hobbys
Coetanei
EDUCAZIONE AUTOREVOLE
• Non esiste una educazione perfetta
(Schneewind, 2003), ma lo stile educativo
autorevole/democratico ha un effetto positivo
sullo sviluppo del sé del bambino.
• Tre sono le caratteristiche: considerazione da
parte dell’adulto, esigere e porre limiti, e accordare autonomie.
Stile educativo
Accettazione
partecipazione
dell’adulto
controllo
Accordo di
autonomie
AUTOREVOLE
Affettuoso, attento
e sensibile nei
confronti del
bisogno del
bambino
Adatto all’età, richieste sensate,
che vengono
spiegate e seguite
in modo
conseguente
Il bno può prendere
decisioni proprie
AUTORITARIO
Caldo, ostile e
svalutante
Richieste vengono
ottenute con la
violenza (urlare,
comandare,
criticare)
Decisioni vengono
prese dall’adulto
PERMISSIVO
Affettuoso però
poca attenzione
Nessuna o poche
richieste
Il bno può decidere
molte cose da solo
TRASCURANTE
Emotivamente
distante e non
raggiungibile
Nessuna o poche
richieste
Il punto di vista del
bno è indifferente
EDUCAZIONE AUTOREVOLE
• Riconoscere l‘unicità e la particolarità del bambino.
• Trattare i bambini con rispetto in tutte le situazioni.
• Aiutare e supportare i bambini, qualora ne abbiano
bisogno, senza limitare lo sviluppo delle
competenze del bambino attraverso un
comportamento iperprotettivo.
• Essere contenti del tempo che si trascorre con i
bambini, trarre piacere dalle attività insieme e
pianificare tempo per conversazioni.
Parole chiave: calore emotivo, affetto,
considerazione, accettazione, sostegno, amore
EDUCAZIONE AUTOREVOLE / FARE
RICHIESTE E PORRE LIMITI
Fare richieste e porre limiti
Avere fiducia nella capacità del bambino di
riuscire a fare qualcosa in autonomia e metterlo
di fronte a sfide che favoriscano il suo processo
evolutivo.
• Risolvere i conflitti in modo costruttivo.
• Sostenere il proprio punto di vista in modo
convincente.
• Porre limiti e confini chiari a seconda del
momento evolutivo in cui il bambino si trova.
Parole chiave: Regole chiare e limiti, essere
conseguenti
EDUCAZIONE AUTOREVOLE /
ACCORDARE AUTONOMIE
L’accordo di autonomie
Prendere sul serio bisogni, preferenze e punti di vista del
bambino e tenere in conto i rischi calcolabili.
• Disponibilità al dialogo e al compromesso.
• Permettere al bambino di esprimere la propria
capacità decisionale e proporgli possibilità di scelta nella
vita quotidiana (es. vorresti bere dell’acqua, succo oppure latte?).
• Dare la possibilità al bambino di fare delle esperienze
proprie (es. anche attraverso la collaborazione in casa).
Parole chiave: Indipendenza, Autonomia
EDUCAZIONE AUTOREVOLE
Trasmettere al bambino amore e accettazione
Incondizionata (Abidin, 1996):
• Dica al bambino che lo ama.
• Comunichi al bambino il suo amore e accettazione in
modo non verbale, attraverso la gestualità e il tocco
(abbracci, carezze).
• Lasci fare al bambino alcune cose da solo.
• Ascolti il suo bambino molto attentamente.
• Prenda parte alle attività del bambino e lasci alla lui la
conduzione.
• Utilizzi lodi e critiche costruttive.
Lo sviluppo adolescenziale
• Grande quantità di sfide nuove:
– Cambiamento biologico: imparare ad affrontare i
cambiamenti puberali e a controllare la carica
emotiva dei rapporti di amicizia e l’emergere della sessualità
– Cambiamento scolastico: il passaggio alla scuola
secondaria comporta un grande cambiamento
ambientale che mette a dura prova l’efficacia personale
– Cambiamento sociale
L’AUTOEFFICACIA (Bandura, 1977)
La convinzione di essere in grado, in una certa situazione,
di poter ottenere una determinata prestazione: tale
sensazione (della propria capacità) influenza la
percezione, la motivazione e la prestazione stessa.
L’autoefficacia ci dice se una persona ritiene di essere sufficientemente competente per ottenere determinati
obbiettivi e prestazioni.
Questo sentimento del “Voler essere competente” è riscontrabile già nel primo anno di vita del bambino
(quando il bambino prova gioia nello sperimentare gli
effetti delle proprie azioni).
Nel secondo e terzo anno di vita i bambini sviluppano un
forte desiderio di voler fare qualcosa da soli.
OBIETTIVI DELLA SCUOLA
• Fornire agli studenti gli strumenti intellettivi, le
convinzioni e le abilità autoregolatorie che servono
loro per autoistruirsi tutta la vita
• Gli studenti devono sviluppare le abilità necessarie
per regolare le determinanti motivazionali,
emozionali e sociali del loro funzionamento
intellettivo oltre agli aspetti cognitivi
• Chi si autoregola efficacemente matura le proprie
conoscenze e abilità e sviluppa interesse intrinseco
per le attività intellettuali, chi ci riesce poco ha una
crescita personale limitata
Attenzione, motivazione e comprensione
La motivazione è sempre un’interazione tra il soggetto e l’ambiente circostante. Il soggetto per eseguire il compito deve:
• essere in grado di farlo;
• dare valore all’attività da svolgere; • possedere una serie di convinzioni positive su
se stesso e sull’apprendimento. Attenzione, motivazione e comprensione
•
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•
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•
•
Anche la motivazione, per essere adeguata, necessita di adeguati
processi cognitivi:
l’alunno che non ha sufficiente motivazione molto spesso non riesce a mettere in atto tali elaborazioni cognitive in modo efficace:
individuazione di mete da raggiungere;
adeguata valutazione di probabilità di successo/insuccesso;
coerente alternanza degli scopi nel tempo;
corretta attribuzione delle cause che determinano i risultati (qual è
la causa responsabile degli eventi);
efficiente valutazione delle conseguenze dei propri comportamenti;
sufficiente capacità di perseverazione per il raggiungimento dello
scopo
Attenzione, motivazione e comprensione
le ragioni per cui certi alunni non mostrano una
motivazione dipendono da tre ordini di fattori:
• a volte sono presenti dei comportamenti oppositivi per
cui c’è un rifiuto deliberato ed intenzionale a svolgere il compito;
• in altri casi sono presenti delle difficoltà cognitive che
impediscono all’allievo di raggiungere un’adeguata motivazione;
• in altri casi ancora le modalità di presentazione delle
attività didattiche non riescono a suscitare negli alunni
alcun interesse.
Attenzione, motivazione e comprensione
La motivazione e la comprensione sono dei
potenti modulatori dell’attenzione, in particolare quella mantenuta: non esistono
dei tempi fissi e costanti di span attentivo che
variano con l’età, ma l’attenzione dipende molto spesso dalla comprensione di ciò che
dice l’insegnante e da come è riuscito a innalzare il livello di motivazione presentando
la lezione seguendo determinati accorgimenti.
LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE:
ATTIVITÀ SPECIFICHE
• sviluppare conoscenze relative all’attenzione (domande di metacognizione)
• insegnamento di strategie di problem-solving
e autoistruzioni
• esercizi di monitoraggio dell’attenzione attraverso riflessioni metacognitive e
attribuzionali sui successi e fallimenti dei
processi attentivi
LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE:
• ACCORGIMENTI DA ADOTTARE PER GESTIRE E
PRESENTARE LE ATTIVITÀ
• Controllo della comprensione,
• uso delle autoistruzioni,
• orientamento preventivo dell’attenzione,
• modalità per ottimizzare l’attenzione degli alunni (suddivisione delle unità didattiche, selezione delle
informazioni rilevanti, alternanza delle proposte,
arricchimento del divertimento legato alla materia,
disposizione della classe, interattività con gli studenti,
giochi di ruolo)
LINEE GUIDA PER FAVORIRE LA METAATTENZIONE:
Se si vuole ottenere qualche risultato positivo con gli alunni
disattenti è opportuno ricordare qualche accorgimento:
Catturare l’attenzione
• Porre una domanda interessante su cui si possa speculare,
mostrando una figura o raccontando una breve storia collegata
all’argomento da spiegare e che possa innescare la discussione.
• Essere un po’ attori, aggiungendo mimica, teatralità e humor alle proprie spiegazioni.
• Aggiungere una dose di mistero agli argomenti che devono essere
spiegati, utilizzando oggetti (scatole o borse) dove viene “nascosto” il concetto principale dell’argomento della lezione.
• Variare il tono della voce alternando momenti in cui si
“tuona” o si sussurra una frase che si vuole far cogliere agli alunni.
• Dare segnali chiari che richiamino in modo inequivocabile
l’attenzione “…aprite bene le orecchie…ora state tutti molto attenti perché quello che dirò è fondamentale per capire il
resto…ora nessuno, dico nessuno, deve essere distratto…”
• Utilizzare gessi colorati per scrivere alla lavagna.
• Creare aspettativa ed entusiasmo per la lezione che deve
essere spiegata.
• Utilizzare molto spesso il contatto oculare, soprattutto con gli
alunni più disattenti.
• Focalizzare l’attenzione
• Essere sempre visibili a tutti gli studenti.
• Assicurarsi sempre che la propria voce raggiunga perfettamente
tutti gli alunni.
• Controllare eventuali fonti di rumore che possano interferire con la
propria voce.
• Far sedere gli alunni più disattenti nei primi banchi in modo che
siano più visibili all’insegnanti e guardino meno i compagni.
• Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici e brevi. È
fondamentale assicurarsi che il ragazzo abbia compreso le istruzioni
di un compito; per essere sicuri di ciò si possono fare ripetere le
consegne (“…Cosa devi fare?”).
• Inserire il maggior numero di esemplificazioni e dimostrazioni
pratiche durante le proprie spiegazioni.
• Utilizzare un fascio di luce, o un pointer a laser rosso, da
indirizzare verso gli stimoli a cui bisogna prestare
particolare attenzione.
• Utilizzare il più possibile supporti visivi: parole chiave
colorate sulla lavagna, semplici schemi, oggetti
interessanti, gesti esemplificativi.
• Illustrare, illustrare, illustrare: disegnare alla lavagna i
concetti chiave della lezioni, anche se le proprie abilità
grafiche non sono particolarmente brillanti.
• Nel caso non sia disponibile altro materiale scritto,
insegnare agli studenti a scrivere brevi, ma essenziali,
note della spiegazione orale.
• Per aiutarli nella comprensione del testo è
opportuno pianificare una serie di attività
preparatorie alla lettura: analizzare attentamente
le figure, dare una veloce scorsa ai titoli dei
paragrafi e alle parole evidenziate per
“indovinare” l’argomento del brano, recuperare le conoscenze relative all’argomento del brano, fare ipotesi circa il contenuto del testo, discutere sul
testo da leggere, interrompere, ogni tanto la
lettura per chiedersi come procede la
comprensione e fare degli schemi dei brani letti.
Mantenere l’attenzione
• Muoversi all’interno della classe per essere sempre visibili.
• Essere moto preparati sulla lezione da spiegare ed evitare
“tempi vuoti”.
• Definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere le
attività giornaliere.
• Utilizzare domande che presuppongono risposte aperte,
su cui effettuare un certo ragionamento e che lascino
spazio a risposte diversificate al fine di mantenere la
discussione tra gli studenti.
• Ridurre il più possibile il tempo della propria spiegazione
orale e lasciare più spazio ai commenti degli studenti e
alle dimostrazioni pratiche.
• Strutturare le lezioni in modo da favorire il lavoro per
piccoli gruppo (vedi apprendimento cooperativo e peer
tutoring).
• Il richiamo verbale dell’insegnante (“…Francesco, stai
attento; non distrarti…”) deve essere immediato
all’evento negativo, altrimenti, a causa dei loro problemi motivazionali e di memoria, gli alunni disattenti non
riescono a capire la ragione e il senso del richiamo.
• Utilizzare il nome degli studenti distratti per la
spiegazione.
• Costruire situazioni di gioco per favorire la comprensione
delle spiegazioni.
• Controllare costantemente la chiarezza delle istruzioni
impartite.
• Assicurarsi che tutti gli studenti abbiano veramente capito
qual è il loro compito prima di lasciarli lavorare da soli.
• Assicurarsi in anticipo che il lavoro assegnato è congruo con il
tempo a disposizione, soprattutto per gli alunni più disattenti.
• Dare agli studenti un segnale (un cartoncino colorato con una
scritta) che possono utilizzare per richiedere l’aiuto dell’insegnante nei momenti di difficoltà.
• Rinforzare e gratificare regolarmente per un determinato
numero di compiti svolti con una certa accuratezza e impegno
(soprattutto per i più disattenti e meno motivati).
• Utilizzare un sistema di “perdita di privilegi o premi promessi” (costo della risposta) nel caso in cui lo studente non sia
orientato al compito e sia stato precedentemente avvertito
delle conseguenze di tale comportamento.
Prima di iniziare a lavorare…
• Quando vengono spiegate le lezioni o vengono date delle
istruzioni per eseguire dei compiti è importante che
l'insegnante si accerti del livello di attenzione del bambino. In
generale il contatto oculare è la tecnica più efficace per
controllare l’attenzione del bambino.
• Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici e
brevi. È fondamentale assicurarsi che il ragazzo abbia
compreso le istruzioni di un compito; per essere sicuri di cio' si
possono fare le consegne (“cosa devi fare?”).
• Una volta dato un testo di un problema di aritmetica o un
testo che contenga delle istruzioni è opportuno aiutare il
ragazzo disattento ad individuare (sottolineandole con diversi
colori) le parti importanti del testo.
Anche l’organizzazione della classe puo’ aiutare…
• A prescindere dal fatto che la migliore collocazione è a
discrezione dell’insegnante…è opportuno controllare le fonti di distrazione all’interno della classe: – non è indicato far sedere il ragazzo vicino alla finestra, al
cestino, ad altri compagni rumorosi o ad altri oggetti molto
interessanti.
– Non è ugualmente produttivo collocare l’allievo in una zona completamente priva di stimolazioni in quanto egli
diventa più iperattivo perchè va alla ricerca di situazioni
nuove e interesssanti.
• Disporre i banchi in modo che l’insegnante possa passare frequentemente in mezzo ad essi, in modo da controllare che i
più distratti abbiano capito il compito, stiano seguendo la
lezione e stiano eseguendo il lavoro assegnato.
Alcuni suggerimenti per la gestione delle
lezioni…
• Accorciare i tempi di lavoro. Fare brevi e frequenti
pause soprattutto durante i compiti ripetitivi e
noiosi.
• Rendere le lezioni stimolanti e ricche di novità: i
ragazzi hanno peggiori prestazioni quando i compiti
sono noiosi e ripetitivi (ad esempio un brano di un
libro viene compreso meglio se contiene delle figure.
Anche il ritmo della voce dell'insegnante quando
spiega puo’ incidere sulla capacità attentiva degli studenti).
• Interagire frequentemente, verbalmente e
fisicamente, con gli studenti.
• Fare in modo che gli allievi debbano rispondere
frequentemente durante la lezione.
• Utilizzare il nome degli studenti distratti per la
spiegazione.
• Costruire situazioni di gioco per favorire la
comprensione delle spiegazioni.
• Utilizzare il gioco di ruoli per spiegare concetti
storici, sociali in cui siano coinvolti vari
personaggi.
• Abituare il ragazzo impulsivo a controllare il
proprio lavoro svolto.
Anche l’ordine puo’ aiutare…
• È importante stabilire delle attività programmate e
routinarie in modo che il ragazzo impari a prevedere
quali comportamenti deve produrre in determinati
momenti della giornata.
• È importante definire con chiarezza i tempi necessari
per svolgere le attività giornaliere, rispettando i
tempi dello studente (questo lo aiuta anche ad
orientarsi meglio nel tempo).
• Aiutare l’allievo iperattivo a gestire meglio il proprio materiale: l’insegnante dovrebbe dimostrare che dà importanza all’organizzazione lasciando 5’ al giorno per ordinare il proprio materiale.
• Proporsi come modello per mantenere in ordine
il proprio materiale e mostrare alcune strategie
per fare fronte alle situazioni di
disorganizzazione.
• Aiutare il ragazzo ad applicare (o inventare) delle
strategie per tenere in ordine il proprio materiale.
• Premiare il banco meglio organizzato del giorno.
• Utilizzare il diario per la comunicazione
giornaliera con la famiglia (non per scrivere note
negative sul comportamento).
L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman)
DA DOVE DERIVA IL CONCETTO DI IA:
Sulla base di esperimenti effettuati, dapprima in laboratorio con dei
roditori e in seguito confermata da ricerche in ambito umano,
Seligman riscontrò come individui posti continuamente in
condizioni sulle quali ritengono di non potere in alcun modo
intervenire per controllarle e modificarle, tendono a sviluppare un
senso di impotenza che può anche estendersi oltre l’evento specifico sperimentato.
Ad esempio, l’ impossibilità da parte dei soggetti di ridurre i rumori fastidiosi a cui erano sottoposti, si poteva estendere, in due terzi dei
soggetti testati, alla incapacità di regolare l’intensità luminosa di fonti di luce, anche se avevano la possibilità di farlo, in quanto
ritenevano di essere impotenti ad agire.
L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman)
• Approfondendo l’osservazione sul comportamento degli individui testati, Seligman suddivise gli stessi in due categorie:
quella degli ottimisti e quella dei pessimisti nei quali si era
manifestato il senso di impotenza, ed i cui pensieri, nei
confronti delle esperienze indesiderate, contenevano tre
elementi chiave del loro modo di essere:
1. la tendenza ad incolpare se stessi per gli accadimenti avversi
2. il considerare queste condizioni durature nel tempo
3. la convinzione che il loro comportamento inadeguato avrebbe
potuto portarli, in futuro, verso ulteriori fallimenti
L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman)
l’acquisizione del controllo da parte dell’uomo, inizia sin dalla primissima infanzia allorché il
comportamento della madre sa rispecchiare e
rispondere alle azioni del suo piccolo (sorride al suo
sorriso… lo consola quando piange, lo alimenta quando ha fame…) ed è proprio attraverso questa reciproca danza di manifestazioni che il bambino
impara ad acquisire il controllo delle situazioni. Il
contrario di quanto avviene in quei piccoli che,
ricoverati in istituti, pur ricevendo cibo e cure ad
orari stabiliti e con modalità standardizzate, ma non
affetto, cadono preda della depressione anaclitica
che può portare anche alla morte.
L’IMPOTENZA APPRESA (Seligman)
• In condizioni di difficoltà si manifesta ansia
nella ricerca di controllare la situazione
imprevedibile, poi in carenza di tale controllo,
subentra la passività, e il comportamento
depresso che ne deriva troverà autoalimentazione in se stesso.
Lev Vygotskij: potenziamento dello sviluppo
prossimale
processo che agisce nei termini di un
cambiamento pervasivo, cioè come un
cambiamento qualitativo o di struttura:
quando un ragazzo impara, in altri termini,
diventa capace di fare cose prima impossibili;
l’apprendimento è cioè il passaggio da ciò che si è potenzialmente in grado di fare a ciò che
si è effettivamente capaci di fare. Il ruolo
della scuola è qui fondamentale
La scuola amplia la zona di sviluppo
prossimale
lo sviluppo dei circuiti cerebrali è legato alla
programmazione genetica (cioè alle istruzioni
contenute nel DNA di ogni individuo) e alle
esperienze postnatali. Nel 2007 la biologia
molecolare ha scoperto e fotografato il
meccanismo di sviluppo prossimale, cioè
quella plasticità neuronale che permette alle
cellule nervose di modificarsi in reazione agli
stimoli ambientali.
come si modifica la struttura biologica
dell’apprendimento durante il processo educativo (moltiplicazione dei dendridi), nel
nostro caso, a scuola, mentre impariamo a
fare ciò che prima non sapevamo fare
neuroni inattivi
neuroni che reagiscono a
stimolazioni sensoriali e
cognitive
• Il cervello, quindi, non può non imparare. Il
punto è perciò non come insegnare ai ragazzi,
ma come facilitare il loro apprendimento.
Qual è il ruolo dell’insegnante con i suoi allievi, inclusi i ragazzi con difficoltà? Un catalizzatore
chimico!
• esempio di un catalizzatore chimico d’uso quotidiano: il cucchiaino
Il gesto di girare il caffè con il cucchiaino per
zuccherarlo consiste appunto nell’utilizzare un catalizzatore chimico, cioè un oggetto (il
cucchiaino) capace di rompere le molecole e
aggiungerle (zucchero+caffé). Se non ci fosse
questo catalizzatore chimico ad accelerare la
fusione tra i due elementi che giacciono nella
tazzina, il caffè si zucchererebbe in 3 anni.
il catalizzatore chimico in ambito scolastico è
l’insegnante, perché è lui che accende la
funzione: come mostrato dalle immagini
l’apprendimento può aumentare il 30% dei dendridi.
Insuccesso scolastico
• Le ricerche evidenziano che l’insuccesso scolastico è molto alto e tende ad aumentare avanzando nei livelli di studio.
Perché ?
• la risposta non è biologica, ma psicologica.
• La scuola impone sempre più strettamente percorsi che
costruiscono l’immagine dello studente, in particolare la valutazione …, come mostra l'introduzione degli INVALSI e di tutti i test che introducendo nella scuola l'ossessione della
valutazione per rilevare gli apprendimenti ostacolano di fatto
la loro acquisizione, determinando il noto fenomeno
dell’impotenza appresa una sindrome psicologica che blocca i
meccanismi neurobiologici dell’apprendimento,inceppandone le normali modalità di espressione. Si tratta dell’unico meccanismo capace di contrastare il normale funzionamento
della funzione biologica.
• l’apprendimento è ostacolato da una funzione biologica in conflitto con esso: la paura.
L’impotenza appresa è dunque un meccanismo alimentato dalla paura, la paura
di sbagliare che cresce insieme al senso di
inadeguatezza che colpisce i “cattivi studenti” nel momento in cui [dimenticandoci che sono
qui per apprendere, non per essere pesati e
misurati ogni 3 minuti] sono sottoposti a test.
Il meccanismo della paura
Grazie per l’attenzione…. https://youtu.be/vSy60Is4Wqo