02|10 AA TT TT UUAALLI ITTÁÁ concerti opere festival Vieni a suonare in Puglia Puglia Sounds, progetto di sviluppo del sistema musicale fortemente voluto dalla giunta regionale presieduta da Nichi Vendola, è una novità nel modo di pensare il finanziamento pubblico alla musica in Italia: meno soldi, e tutti finalizzati alla creazione sul territorio di un indotto della musica dal vivo JACOPO TOMATIS L’edizione pugliese della crudele filosofia tremontiana del “panino alla Divina Commedia” potrebbe essere un panzerotto. Più piccolo, più umile (più fritto), il panzerotto pugliese si accontenta di ripieni meno aulici, ma mira a rovesciare quel bisogno primario tanto caro al ministro dell’Economia: con la cultura, ci si deve mangiare. E neanche in pochi. L’idea di un finanziamento pubblico di natura mecenatistica più che imprenditoriale è parte non sradicabile del pensiero di molti, amministratori e non, tremontiani e non. E forse rimane, ripiegata tra le spire del subcosciente, l’idea che in fondo l’arte è per l’arte e tutto questo parlare di soldi, di mercato sia un po’ volgare. Il panzerotto si può vendere, la musica – be’, la musica – è una cosa che si fa per motivi più alti, no? Anche per questo ci si stupisce di fronte ad un’idea così squisitamente venale come Puglia Sounds. Un progetto la cui importanza supera la dimensione regionale (come testimonia l’interesse della rivista “Billboard”, la bibbia americana dell’industria discografica) e che è, ad oggi, il più credibile tentativo avviato in Italia di mangiare (con) la musica. Trattandola non come una voce di spesa, ma come una potenzialità economica. Come la Catalogna? Musicisti catalani di tutti i generi arrivano ogni mese alle orecchie degli operatori culturali di tutto il mondo. La Catalogna da anni spinge sulla propria offerta musicale, e ha delineato una “via catalana” alla promozione artistica che riesce a essere fieramente regionalistica pur senza campanilismi o leghismi. «Alla fine – spiega Antonio Princigalli - non abbiamo inventato nulla che non accada già in parti del mondo un po’ più evolute: non c’è solo la Catalogna, ma anche la Bretagna, l’Inghilterra, la Francia, la Corea, i Paesi Baschi… Ma nella logica localistica che vige oggi in Italia, è una rivoluzione: la La Casa delle Musiche al Teatro Kursaal di Bari Puglia è terra aperta». Princigalli, coordinatore del progetto Puglia Sounds, ha una storia da operatore culturale di livello alla regia di realtà pugliesi come Radiodervish e Notte della Taranta. Lo incontriamo nel foyer dello Teatro Kursaal di Bari, da qualche mese trasformato in Casa delle Musiche. Chiarisce subito che l’idea di fare indotto con la cultura non è poi così eretica, ma non manca di rivendicarne il primato, perché «un intervento pubblico regionale che consideri la cultura – e la musica nello specifico – un elemento sano per lo sviluppo economico» è una novità per l’Italia, e fatto al sud assume un valore particolare. «È una cosa che l’Unione Europea chiede da vent’anni, avendo identificato questo tipo di sviluppo come l’unico sano possibile per le regioni del sud europeo. Si tratta di fare come viene fatto per il settore caseario, tessile, meccanico… Nel Libro verde pubblicato ad aprile di quest’anno, il 2,6 % del PIL europeo è dato dall’indotto e dal sistema dell’industria culturale. Non sono spiccioli». La nuova Catalogna potrebbe essere la Puglia, patria della taranta, dei panzerotti e di Nichi Vendola? Vendolandia Ma a Vendolandia, terra di sole e legalità agli occhi del cupo elettore di sinistra, non è tutto oro quel che riluce dello splendore dell’astro nascente Nichi. La crisi c’è anche qui, i soldi sono pochi e non si regalano, i lupi non giacciono con gli agnelli, le realtà musicali territoriali litigano fra loro. «Ma il primo merito di questa amministrazione – spiega Princigalli - è stato di passare con l’aratro SEGUE A PAGINA 4 » 4 AT T U A L I TÁ n.276, dicembre 2010 PUGLIA SOUNDS » SEGUE DA PAGINA 3 su un terreno assolutamente compatto, e di liberare energie che esistevano, ma che vivevano nei sotterranei. Si sono sparsi dei semi, si ha avuto la possibilità di pensare le cose in prospettiva». La visione a lungo termine deriva principalmente dall’impiego dei soldi del FESR, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Negli anni scorsi è toccato al teatro e al cinema, con l’Apulia Film Commission, con il sogno non celato di fare della Puglia un distretto dell’arte, la Regione dove si vengono a girare i film, a provare gli spettacoli e ad ascoltare musica dal vivo. Non megaeventi o esborsi una tantum (vedi Elton John in piazza del Plebiscito a Napoli, stessi Antonio Princigalli fondi), ma investimenti mirati sulle “eccellenze e potenziali eccellenze”. Al di là delle dichiarazione d’amore per Battiato raccolte da autorevoli testate, qualcuno ha notato come Vendola, di fatto, non abbia un interesse specifico per la musica. Questo è solo l’ultimo tassello di una grande operazione di visibilità giocata sulla cultura, su cui Vendola ha investito oltremisura in termini di immagine e credibilità. Un esempio di buongoverno per gli ottimisti, una «campagna elettorale in vista del grande salto» per i più maligni. Un modo virtuoso di raccogliere consenso, nella peggiore delle ipotesi. Il mondo in Puglia Sono due le direttrici principali dei progetti di Puglia Sounds. La prima va verso l’esterno e mira alla “internazionalizzazione della scena”. L’altra punta verso l’interno, ed è dedicata alle produzioni. Il bando produzioni – semestrale fino al 2012 - è aperto a soggetti italiani e stranieri, ed è finalizzato a portare prime nazionali sul territorio pugliese. Ha un budget tutto sommato contenuto, più o meno quanto un grosso festival (o due concerti di Elton John). Dov’è il “trucco”? Lo chiarisce Princigalli: «Noi non diamo soldi: diamo servizi. Se un artista chiede di venire a provare in Puglia, gli concediamo il teatro gratis e tutti - o una parte - dei servizi che chiede». Quindi ospitalità per musicisti e staff, assistenza tecnica specializzata, facchini, trasferimenti, promozione: tutte attività che rimangono sul territorio. «Da un lato si fa indotto perché tutti i soldi sono spesi in Puglia, dall’altro si potenzia la crescita artistica e l’offerta, e si fa vivere una comunità riempiendo teatri che, soprattutto d’inverno, sono usati al 10 percento». I criteri del bando cercano di conciliare la potenzialità economica e turistica con la qualità, quest’ultima garantita da una commissione di esperti (i critici Fabrizio Versienti e Ugo Sbisà e Flavio Severini, consulente della fondazione Musica per Roma, con cui Puglia Sounds ha un protocollo d’intesa). Una volta passata attraverso la commissione, la proposta passa alla “Cabina di regia” che ne verifica la fattibilità. Il bando è rivolto a soggetti di produzione già avviati e solidi: «Se io ti affido soldi pubblici – chiarisce Princigalli - e l’obiettivo è che il progetto faccia un tour, è necessaria una certa esperienza del promotore». È richiesto perciò di documentare la produzione di quindici date di uno stesso spettacolo o artista nel biennio precedente alla domanda; è anche un modo di combattere il nero: si richiedono borderò, agibilità e documentazioni ufficiali. Nell’elenco delle prime produzioni, già sostenute o previste, ci sono big della canzone (Vasco Rossi, Gianna Nannini, Pooh, Daniele Silvestri) e glorie baresi come Anna Oxa; eccellenze locali del jazz radicale e della world music, come Pino Minafra e la Banda Di Ruvo di Puglia, o i due progetti del trombettista Cesare Dell’Anna: Opa Cupa (insieme a La Fanfara Vagabontu) e Giro Di Banda; e poi ancora, la salentina Lucia Manca, Michele Napoletano con le Assurd, Emma Marrone, l’americana Rachelle Ferrell e tre spettacoli nell’ambito di altrettanti festival (Time Zones, Tre Volte Dio e Suono e Immagine). Il tutto è partito ad ottobre con una produzione internazionale: lo spettacolo Way To Blue/The Songs Of Nick Drake, omaggio al musicista inglese diretto da Joe Boyd, con grandi nomi come Vashti Bunyan, Green Gartside e Robyn Hitchcock. «Prossimamente – aggiunge Princigalli – ci sarà la classica. Abbiamo finanziato la produzione di quattro opere per i Solisti Dauni, ospiteremo la stagione cameristica del Collegium Musicum e ci sarà un progetto del pianista Emanuele Arciuli». Nomi per il futuro? «Gianluca Petrella con il nuovo disco, Caparezza, Erica Mou, Capossela, Jovanotti…». La Puglia nel mondo L’internazionalizzazione della scena passa attraverso protocolli d’intesa con organismi stranieri. Il primo, in un’ottica di scambio e di coproduzioni, è con l’Ambasciata d’Olanda. «Poi, come fanno tutti, siamo stati e saremo alle maggiori fiere internazionali con i nostri operatori». In occasione del Womex, la maggiore fiera mondiale dedicata alla world music, Puglia Sounds ha supportato lo showcase dei Nidi d’Arac, invitati dall’organizzazione. Anche qui la selezione dei soggetti da finanziare avviene tramite bando, riservato in questo caso a «chi ha partita i.v.a. in Puglia». Il sistema sovvenziona fino a 12.500 euro per ogni tour all’estero: oltre ai Nidi d’Arac, sarà supportato Nicola Conte, e in dicembre i Sud Sound System andranno in Australia. Il ritorno in questi casi è di immagine: un «marketing territoriale» che vuole concretizzarsi nella creazione di una “musica pugliese”. Come nel caso della recente compilation uscita con la rivista “XL”, che non manca – in ottica commerciale – di sfruttare prodotti mainstream come cassa di risonanza: così i Negramaro, sbattuti in copertina, si trainano dietro gruppi di maggiore qualità e minore visibilità come Mascarimirì. «Non si può sempre dire “venite in Puglia perché ci sono i trulli, la mozzarella”. C’è anche la cultura, i festival, la musica...» chiosa Princigalli. O, per dirla con i meno modesti Negramaro: «Non siamo soltanto sole, mare e vento e con i nostri fratelli salveremo la musica italiana»... Circuito virtuoso La Casa delle Musiche è ospitata dal Teatro Kursaal, splendido liberty vista mare in pieno centro Bari. Poi, pare, migrerà alla Fiera del Levante. Ma il prossimo passo è il Circuito Regionale delle Musiche: «Attraverso il Teatro Pubblico Pugliese – spiega Princigalli - esiste già un circuito che tiene insieme una quarantina di enti locali. In estate c’è una quantità di appuntamenti inverosimile, in inverno i teatri sono gli unici spazi agibili. Al momento la base del circuito è composta da otto enti, due province e sei comuni, di cui due capoluoghi, Lecce e Brindisi». Il sistema sostiene il 40% del cachet degli artisti, e fornisce le spese tecniche e promozionali. Il comune paga il restante 60%, con la possibilità di rientrare grazie alla biglietteria, e con l’auspicio di creare nuovo pubblico: «Tanto più pubblico hai, tanto più hai mercato… Alla fine del percorso l’obiettivo è che le amministra- » L’INTERVISTA «Piccoli, cauti e pedagogici» Silvia Godelli, Assessore alla Cultura della giunta Vendola, spiega Puglia Sounds P arlare di politica pugliese, oggi, significa parlare di Nichi Vendola. Ma ai margini dello “shining” vendoliano, le politiche culturali sono portate avanti da amministratori di grande esperienza: è il caso di Silvia Godelli, Assessore regionale a Mediterraneo, Cultura e Turismo, nel consiglio di amministrazione del Teatro Petruzzelli e fra i maggiori promotori di Puglia Sounds. Qualcuno potrebbe dire che tutto questo è uno spot per Vendola, una prova per il suo “grande salto”… «Noi facciamo campagna elettorale da cinque anni e mezzo. La campagna elettorale però è per il “prodotto Puglia”: sicuramente un pezzettino di questo prodotto è il “brand Vendola”, che è un brand piuttosto peculiare. Vogliamo trasformare il brand Vendola in un brand territoriale, in cui la cultura ha parte fondamenta- le, e questo è un caso di eccezione in un panorama nazionale in forte controtendenza. È un grande spot per la Puglia, sicuramente. In Puglia c’è Vendola… se è uno spot anche per lui, è uno spot derivato». Quali sono gli obiettivi da raggiungere per evitare che rimanga uno spot? «Intanto consolidare il progetto, trasformare il “brand” in un sistema produttivo. Vendola migrerà presumibilmente, la Puglia resta. Con il cinema ha funzionato, può funzionare anche con la musica: diventerà la regione dei grandi concerti, un distretto della creatività, un luogo delle musiche». Quali sono i punti per misurare il successo? «Il radicamento del sistema e la professionalizzazione di chi ci è dentro, non solo dal punto di vista arti- stico, ma anche produttivo, manageriale, distributivo… La prima verifica è se questo si sarà consolidato dopo i tre anni previsti. Se è così, possiamo prevedere che il sistema possa autoalimentarsi con un sostegno limitato. Ci sarà probabilmente un ulteriore biennio: cinque anni sono un periodo sufficiente per il radicamento sul territorio, per stabilizzare il circuito, per creare pubblico e per attrarre anche un minimo di supporto privato. È un modello esportabile? «Credo di sì, perché è un sistema virtuoso e abbastanza semplice: di fatto, non ci mettiamo molti soldi, ma solo quel tanto che consente di fare da calamita e da collante, e sono cifre raggiungibili, nell’ordine di un un milione e mezzo di euro all’anno per le produzioni. Se si pensa che – ad esempio – un evento come il Festival del Cinema di Roma » AT T U A L I TÁ 5 DAL GOVERNO zioni guadagnino la consapevolezza che queste cose si possono fare, nonostante i soldi per i comuni siano sempre meno». I finanziamenti, per ora, ci sono fino a tutto il 2012; negli auspici, il sistema dovrebbe essere in grado di autoalimentarsi, o quasi, in un circolo virtuoso. Le prossime mosse dovrebbero riguardare i giovani (già sono stati fatti esperimenti di un’Officina musicale, dedicata agli esordienti) e la discografia. «Ad inizio del prossimo anno si dovrebbe lanciare una linea a sostegno delle etichette pugliesi, supportandole nella promozione con azioni di sistema - sul modello catalano: ascolti, compilation – o di marketing pubblicitario». Fino a pensare ad accordi con la distribuzione, per avere la «colonnina» della “musica pugliese” nei negozi. «Anche qui, l’obiettivo è che chi suona abbia luoghi per suonare, pubblico, compratori. Che ci sia un mercato». La parola ai musicisti S e quello della classica sembra il settore meno presente in Puglia Sounds, schiacciato da nomi di maggiore appeal, Emanuele Arciuli, che in primavera porterà a Puglia Sounds un concerto dedicato ai compositori nativi americani (con ospite il flautista-star R. Carlos Nakai), si dice ottimista. Il suo è un progetto «di musica rigorosamente classica», che casomai documenta un maggiore interesse per il contemporaneo da parte di Puglia Sounds, più che un reale disinteresse per la “musica colta”. Un progetto che «difficilmente si sarebbe potuto fare», specie in Puglia. Pino Minafra, figura importante del jazz radicale europeo, e orgogliosamente pugliese, lanciò qualche anno fa una polemica contro la musica in Puglia: una critica “da sinistra” a Vendola e a una Regione «narcotizzata» da alcuni grandi eventi (vedi Notte della Taranta), dimentica della sua storia musicale. «C’è stata una Puglia migliore» diceva in sostanza Minafra, che ora definisce Puglia Sounds «un primo passo verso una struttura stabile, come è il Teatro Pubblico Pugliese». Il rimpianto è che un progetto come quello con la Banda di Ruvo, di cui la presentazione del nuovo disco era in cartellone al Kursaal in novembre, non trovi in Puglia le occasioni di suonare che trova in Europa. Anche economicamente: «Come da bando, abbiamo ottenuto il teatro per le prove, gli strumenti “pesanti”, le spese di tasse e i rimborsi per la benzina. Nessun cachet». Ma in fondo, il progetto è importante ed è «meglio esserci, anche come cenerentole della situazione». » costa 15 milioni... Quelli sono grandi spot, all’indomani dei quali sul territorio rimane molto poco. Qui invece stiamo facendo delle iniezioni, somministrando integratori e vitamine, sono strumenti di costruzione di un distretto economico, più che altro... È una modalità prudente e siamo molto cauti: non andiamo oltre i centomila euro per le produzioni maggiori, siamo intorno ai dieci-ventimila di media, con la pura offerta di servizi, di spazi. Un sistema come il nostro può diventare una rete interregionale che assume un valore nazionale». Ma non c’è il rischio che il progetto sia destinato a rimanere “interlocutorio” senza un cambio di prospettiva nazionale? «Non ho molte speranze che le politiche nazionali si invertano. Ma se le politiche regionali costruiscono dei tessuti solidi, soprattutto nel sud, è un segnale importante, persino pedagogico. Ma il “sistema musica”, che dovrebbe essere nazionale, a causa dei tagli e dell’assoluta man- canza di politiche, non esiste più. La dimensione territoriale di Puglia Sounds e la sua – diciamo – modestia sono fattori di salvaguardia. Non spariamo altissimo, siamo in linea con il territorio e con i fondi che ci sono, e che essendo contenuti si potrebbero continuare a trovare anche senza il FESR, al limite. Se le risorse ci sono e la regia anche, non vedo perché dovremmo fallire». Silvia Godelli (foto Sara Zandi) Il mondo della classica sembra essere quello meno presente in Puglia Sounds. Come vede la situazione della classica in regione? «È un tasto particolarmente dolente. È una situazione molto disgregata. Abbiamo una fondazione lirico-sin- La musica popolare secondo Bondi Il Tavolo voluto dal ministro e dal suo consigliere Corsi: un cd per Italia 150 RAFFAELE PINELLI A lcuni dei nostri lettori ricorderanno l’intervista ad Antonio Corsi, ideatore della Giornata Nazionale della Musica Popolare che ricorre, dal 2004, la terza domenica di maggio (“giornale della musica” n.252, ottobre 2008). Corsi, che dal 2003 collaborava con l’allora ministro per i beni e le attività culturali Giuliano Urbani, è dal 2008 membro della Segreteria Particolare e consigliere del ministro Bondi, con il compito di monitorare lo stato e le attività dei complessi corali, bandistici, folkloristici e popolari sul territorio nazionale. È il promotore, e attuale presidente, del Tavolo Nazione Musica Popolare Amatoriale, un organo di recente insediamento formato da 80 membri in rappresentanza di tutte le categorie del settore. Il Tavolo, voluto dal ministro Bondi, (sul sito del MIBAC - beniculturali.it - la documentazione), è a sua volta governato da un organo direttivo di 20 membri, formato dai rappresentanti dei ministeri per i beni e le attività culturali, del Turismo, della Gioventù, dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, degli Affari Esteri, dell’Unione delle Province Italiane, dell’Associazione Comuni Italiani, dell’Associazione Nazionale Bande Italiane Musicali Autonome, Assomusica, Feniarco, FITP (Federazione Italiana Tradizioni Popolari), IMSB (Italia Marching Show Bands), T.P. (Tavolo Permanente delle Federazioni Bandistiche fonica neonata e in difficoltà prima di nascere. Poi abbiamo tre istituzioni concertistiche orchestrali, che sono troppe per poter lavorare bene sul territorio, e un numero molto consistente di associazioni. Per cinque anni ho sperato di trovare un fattore coagulante che mettesse insieme più soggetti intorno a un progetto, ma mancavano le precondizioni; è il mio punto di insuccesso: molta concorrenza inutile, molta litigiosità sotto traccia. Abbiamo uno dei più grandi Conservatori italiani che sforna un numero spaventoso di solisti. Purtroppo i musicisti sono troppi rispetto alla domanda, e la classica non è abituata a confrontarsi con il mercato. Rimane il dato che stiamo meglio di cinque anni fa, ma rimane la frammentazione. Finora non ha chiuso quasi nessuno, ma anziché ottenere il rafforzamento di quello che c’era, c’è stato un incremento di soggetti». j.t. Italiane), F.I.G.M. (Federazione Italiana Giovani Majorettes), dal Maestro della Banda dall’Arma dei Carabinieri in rappresentanza delle Bande delle Forze Armate, da “Maestri di chiara fama” in rappresentanza delle bande musicali e dei cori nazionali, da un “esperto di chiara fama dell’ambito folklorico” (Franco Megna) e da due ulteriori “esperti” (Claudio Luchini e Antonio Padovano). Questa imponente struttura direttiva, ci ha spiegato Antonio Corsi, «vuole non solo rappresentare uniformemente le tante realtà popolari e amatoriali della Nazione, ma anche rivestire un ruolo propositivo e di primo piano nei rapporti tra Stato e territorio, inteso in questo caso come espressione delle tante associazioni, bande e gruppi amatoriali che, dalla documentazione prodotta dal Tavolo, risultano essere più di sedicimila in Italia». L’attività del Tavolo ha avuto formalmente inizio con una sessione di tre giorni di lavori e attività a Roma (26-28 ottobre). Tra i vari temi affrontati emergono la stesura del Protocollo d’Intesa tra il Mibac e il MiurAfam che prevede un riconoscimento di “crediti formativi” per le attività svolte all’interno delle associazioni amatoriali e dei complessi bandistici, la realizzazione di un Progetto per l’Unità d’Italia e la realizzazione del cd Invito all’ascolto. Quest’ultimo, registrato durante la tre giorni capitolina e che vede la presenza di tre forma- zioni (il Coro “Vivaldi” di Roma, il Gruppo Folk “L’eco del Gargano” di San Giovanni Rotondo e il Complesso Strumentale dell’Associazione “Amici della Musica” di Allumiere), verrà presentato a dicembre per essere poi distribuito, a gennaio 2011, a tutti i Sindaci italiani come “colonna sonora” per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un investimento economico niente male, visto il periodo non particolarmente favorevole alla cultura... Come ha tenuto a precisare Corsi, «tale iniziativa vuole innanzitutto sensibilizzare i nostri amministratori, invitandoli a convocare un Consiglio Comunale straordinario aperto che avrà per oggetto “La Musica Popolare e Amatoriale dal 1861 ad oggi” e che censirà tutti i gruppi “di musica popolare e amatoriale” presenti su ciascun territorio». Ogni formazione censita sarà riconosciuta come “Gruppo di Musica Popolare e Amatoriale di interesse Comunale”. Il deliberato verrà poi trasmesso, entro lo stesso mese, al Tavolo Nazionale. L’iniziativa ha come scopo quello di far riconoscere, con direttiva del Presidente del Consiglio, tutti i gruppi censiti come “Gruppi di Musica Popolare e Amatoriale di Interesse Nazionale” durante i prossimi festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità Nazionale. Anche se, evidentemente, destino e futuro di tutte queste iniziative appaiono strettamente connesse con il destino del Governo e del ministro Bondi.