Al CERN di Ginevra si trova l`LHC, la macchina più complessa mai

LHC, frantumare particelle per cercare le nostre origini
Non lontano da Ginevra, in un tunnel circolare lungo 27 km sepolto a circa 100 metri di profondità,
interrotto in quattro punti dove si allarga per lasciare spazio a enormi saloni sperimentali, si trova il
più grande laboratorio del mondo: l’LHC, il Large Hadron Collider, cioè “Grande Collisore di
Adroni”. Per realizzarlo vi hanno lavorato per dieci anni circa cinquemila scienziati e tecnici
provenienti da una cinquantina di nazioni.
Lungo il tunnel scorrono parallelamente due tubi, dove vi è un vuoto molto spinto, simile allo
spazio intergalattico, che si intersecano in corrispondenza dei grandi saloni. Nei tubi, vengono
prima iniettati e poi accelerati due fasci di particelle – una per ciascun tubo – che, circolando in
direzioni opposte, vengono fatti collidere nei quattro punti di intersezione. Le interazioni tra le
particelle che si urtano vengono osservati da enormi detector, i rivelatori, e poi registrati.
Figura 1 . Veduta del grande anello dell’LHC con indicata la posizione dei quattro grandi e sofisticati rivelatori,
denominati con gli acronimi ATLAS, ALICE, CMS e LHCb, che avranno lo scopo di osservare il processo di collisione
tra le particelle.
Per mantenere i fasci di particelle sulle traiettorie circolari prestabilite e per focalizzarli sono usati
circa 1500 magneti superconduttori (*) raffreddati da elio liquido alla temperatura di 1,9 K (-271,3
°C), lunghi ognuno 15 m, che generano ciascuno un campo magnetico di 8 Tesla.
Il programma scientifico dell’LHC prevede principalmente la collisione di protoni e di ioni di
piombo accelerati fino ad una velocità prossima a quella della luce.
Il processo di accelerazione non solo aumenta la velocità delle particelle, ma accresce la loro
energia facendola diventare anche molto maggiore della sua cosiddetta “energia a riposo”, cioè
quella che il principio di equivalenza di massa ed energia prevista da Einstein (il famoso E = mc2)
attribuisce ad una particella ferma.
Ad esempio, mentre l’energia di un protone in quiete è di circa 1 Gigaelettronvolt (GeV), un
protone al 99% della velocità della luce ha un’energia di circa 7 GeV, un protone al 99,95%
raggiunge i 30 GeV mentre al 99,9999991% della velocità della luce l’energia raggiunge i 7
Teraelettronvolt (TeV), valore raggiungibile nell’LHC; considerando che nell’urto frontale tra due
particelle le singole energie si sommano, si ottiene che l'energia di una collisione tra due protoni
raggiungerà i 14 TeV.
Da notare che 14 TeV è un’energia molto bassa se la confrontiamo con le energie con le quali
abbiamo a che fare nella vita di tutti i giorni: infatti equivale poco più all'energia che ha in volo una
zanzara! (**). Il punto è che il protone è circa mille miliardi di volte più piccolo della zanzara. Si
comprende allora l’utilità di questo grande acceleratore di particelle. LHC è una macchina capace di
trasformare le singole particelle in formidabili serbatoi di energia concentratissima che poi sono in
grado di rilasciare quando si urtano. Questa energia, sempre per il principio di equivalenza di massa
ed energia, si trasforma in “massa a riposo” di nuove e, si spera, mai viste prima particelle e ciò
potrebbe rivoluzionare le nostre conoscenze sui principi fondamentali dell’Universo, ad iniziare
dalla sua creazione.
Infatti, un processo analogo, ma in scala enormemente più grande, si è verificata durante i
primissimi istanti di vita del nostro Universo, 15 miliardi di anni, con il famoso Big Bang.
Quell’esplosione ha prima di tutto generato un “brodo” caldissimo e denso di particelle primordiali
che si scontravano fra loro a energie e quindi a temperature molto al di là di qualsiasi cosa sia
possibile anche solo immaginare di riprodurre. Soltanto dopo circa 10-9 secondi dopo la creazione, a
causa del raffreddamento dovuto all’espansione dell’universo, l’energia media delle particelle si era
ridotta a qualche TeV ovvero a valori che l’LHC è in grado di produrre con ogni fascio.
E’ perciò possibile guardare all’LHC come ad una macchina del tempo in grado di riprodurre, anche
se in uno spazio ridottissimo e nel breve istante in cui si svolge una collisione fra particelle, il
comportamento dell’intero universo all’età di << un miliardesimo di secondo>> per scoprire come e
quando è comparsa la materia così come la conosciamo ora.
In particolare, in questo Big Bang ricreato in laboratorio, gli scienziati sperano di trovare due
particelle primordiali mai osservate: la particella di Higgs e il quark “solitario”.
L’esistenza di queste particelle è fondamentale per continuare a dare credibilità al Modello
Standard, la teoria che a tutt’oggi fornisce la spiegazione più accreditata sul comportamento delle
particelle fondamentali e sulle loro interazioni.
Secondo questa teoria, paradossalmente, le particelle non dovrebbero avere massa. Affinché questa
previsione teorica del Modello Standard possa corrispondere alla realtà, senza equivoci, il fisico
scozzese Peter Higgs ha postulato l’esistenza di un “campo” che pervade ogni angolo dell’universo,
anche quello intono a noi: il Campo di Higgs. Soltanto quando le particelle senza massa
interagiscono con il campo di Higgs acquisterebbero la loro massa e darebbero luogo al mondo
reale che osserviamo intorno a noi.
Si può ricorrere al seguente paragone per spiegare in modo comprensibile come “funziona” la
particella di Higgs. Se corriamo su una spiaggia e la sabbia è asciutta e dura si può correre
velocemente senza affondare. Se invece la sabbia è bagnata ci si sprofonda, è come se il nostro
corpo fosse diventato improvvisamente <<pesante>> e diventa quindi difficoltoso correre. Il
campo di Higgs è come l’acqua nella sabbia: è ciò che ci rende improvvisamente pesanti.
L’esistenza di questo Campo di Higgs sarebbe legata alla comparsa, avvenuta durante il Big Bang
di una particella associata al campo stesso: la particella di Higgs, soprannominata la particella di
Dio per il ruolo che ha di conferire consistenza all’universo stesso.
Secondo alcune previsioni tale particella dovrebbe avere una massa inferiore di circa cento volte a
quella del protone, secondo altre di circa 200 volte maggiore di quella del protone.
I detector di ATLAS, uno dei quattro esperimenti che verranno eseguiti all’interno dell’LHC,
cercheranno proprio di rivelare e stabilire la massa della particella di Higgs sfruttando gli urti tra
protoni.
Fig. 2. Il gigantesco rivelatore ATLAS
dell’acceleratore LHC è alto come un
palazzo di sei piani, ed è realizzato con 7000
tonnellate di metallo, quanto ve ne sono nella
Torre Eifell. I suoi rivelatori non
individueranno direttamente la particella di
Higgs, ma potranno dimostrare la sua
esistenza analizzando i prodotti del suo
decadimento. Ad esempio, se la particella di
Higgs avesse una massa piccola, di circa 120
GeV), decadrebbe in una coppia di mesoniB, leptoni tau e fotoni. Se avesse una massa
maggiore (circa 160 GeV), decadrebbe in
una coppia di bosoni W o Z.
Un altro esperimento all’interno dell’LHC, denominato ALICE, cercherà di verificare l’esistenza
dei quark solitari per svelare la seguente incongruenza. Tutta la materia dell’universo è formata da
quark (i costituenti dei protoni e neutroni) e da elettroni. La cosa strana è che i quark oggi esistono
solo in gruppi di due o tre e mai da soli; soltanto subito dopo il Big Bang la loro energia era
talmente elevata che non potevano unirsi, cosa che è invece successo in seguito, quando l’universo
ha cominciato a raffreddarsi. Nell’LHC si faranno scontrare fasci di nuclei di piombo creando una
<<palla di fuoco>> con temperature 100.000 volte maggiori di quelle esistenti al centro del Sole
(che sono già di alcune decine di milioni di gradi) per ottenere uno stato della materia detto plasma
di quark e gluoni ( i gluoni sono le particelle che trasportano la forza forte, che unisce i quark ). Una
volta ricreata questa << zuppa cosmica >> di quark isolati sarà interessante osservare come essi si
ricombinino per formare la materia.
Figura 3 Nell’esperimento ALICE verranno fatti scontrare nuclei di piombo: gli urti comprimeranno e scalderanno i
protoni e i neutroni dei nuclei in modo da ricreare le estreme condizioni di temperatura e densità tali da isolare i singoli
quark.
Note
(*) I forti campi magnetici vengono generati da correnti molto intense che scorrono in fili costituiti da certe
leghe metalliche, come quelle di niobio e titanio (NbTi) oppure niobio e stagno (Nb 3Sn) le quali portate a
temperature estremamente basse - appena pochi gradi sopra lo zero assoluto della scala Kelvin (-273 gradi
centigradi)-, perdono tutta la loro resistenza al passaggio della corrente. E’ il fenomeno della
superconduttività. I fili raggiungono le temperature che permettono la superconduttività circondandoli di elio
liquido, l’unica sostanza che si conserva allo stato liquido a 5 gradi sopra lo zero assoluto (a questa
temperatura qualsiasi altra cosa solidifica).
(***) 14 TeV può sembrare una grande quantità di energia, e in effetti lo è quando viene impiegata in una
singola collisione fra due particelle. Ma, lo ricordiamo ancora una volta, è invece una quantità trascurabile
nella vita di tutti i giorni. Basti pensare che quando accendiamo un fiammifero, nella reazione sono coinvolti
circa 1021 atomi, e ciascuno processo rilascia circa 10 eV, di modo che l’energia totale è dell’ordine di 1022
eV, circa dieci miliardi di TeV. Nell’LHC ci saranno fasci composti da 300 mila miliardi di protoni per
ognuno dei sensi di marcia, suddivisi in 2.800 pacchetti posti a distanza di 7,5 metri l’uno dall’altro. Tuttavia
le particelle sono così piccole che la probabilità di scontro tra due di esse è estremamente bassa. Nel punto in
cui i fasci si incroceranno, le collisioni saranno solo 20 su 200 miliardi di particelle. Ma poiché i fasci si
incroceranno circa 30 milioni di volte al secondo, l'LHC produrrà fino a 600 milioni di collisioni al secondo,
e ciascuna di esse rilascerà 14 TeV, per un totale di 4 miliardi di TeV, non molto differente dall’energia
rilasciata accendendo un fiammifero!