FOGLIO MUSICOLOGICO
a cura di Stefania Montoncello
“…La ginnastica serve al corpo,
la musica serve a formare l’animo…”
Così Platone ci dimostra quale ruolo di fondamentale importanza occupava la
musica nel mondo greco; infatti veniva considerata uno degli elementi di base
dell’educazione proprio per la sua influenza sulla formazione del carattere dei
giovani ed in generale sul comportamento dei cittadini. Il termine greco dal quale è
derivato il nome stesso di “musica”, (mousiké technè, cioè “arte delle muse”)
definiva ancora nel V sec. a.C. non solo l’arte dei suoni, ma anche la poesia e la
danza. Nell’età arcaica, periodo storico compreso tra l’VIII e il VI sec.a.C., il genere
più sviluppato era la lirica, intesa come poesia cantata accompagnata con uno
strumento a corda, che si suddivideva in lirica monodica e lirica corale.
Durante le feste pubbliche venivano eseguite di solito le cmposizioni corali che
assumevano forme particolari secondo la destinazine del canto: il paian in onore di
Apollo; l’hymenaios, canto di nozze; il threnos, canto funebre; il prosodion,melodia
professionale; il parthenion, eseguito da un coro di ragazze ed il dithyrambos
dionisiaco. I canti solistici invece erano generalmente destinati ad un pubblico meno
numeroso, come quello dei simposi che concludevano i banchetti quando i convitati,
dopo le rituali libagioni agli dei, si abbandonavano al piacere del vino e dell’amore.
I greci ed i romani ignoravano del tutto l’armonia e la polifonia, la loro musica si
esprimeva esclusivamente attraverso la pura melodia. L’accompagnamento seguiva
fedelmente lo sviluppo della linea del canto o all’unisono o all’intervallo di ottava;
soltanto dopo il IV sec.a.C. si hanno notizie di canti accompagnati ad intervallo di
quarta e quinta. Il ritmo dell’esecuzione musicale era condizionato dalla forma
metrica del verso, fondata sulla quantità di sillabe e non sulla disposizione degli
accenti tonici. Lo schema fondamentale su cui si basavano, corrispondente alla
nostra ottava, era il tetracordo, cioè la successione di quattro suoni congiunti i cui
estremi erano ad intervallo di quarta. Il panorama musicale delle origini fu molto
vario: ogni regione ebbe il suo repertorio di melodie per le diverse occasioni,
tramandato oralmente di generazione in generazione. Solo in seguito queste linee
melodiche più significative ed apprezzate furono denominate nomoi, che
letteralmente significava “leggi”, proprio perché non era lecito uscire dai limiti di
intonazione stabiliti. Si trattava di strutture melodiche definite, ognuna delle quali
serviva per una particolare occasione rituale: ogni nomos ricordava nel titolo il
luogo d’origine (es.eolico e poetico) o le caratteristiche formali (es.nomoi orthio,
trocaico e acuto) o la destinazione sacrale (es.nomos pitico o nomos di Zeus, Athena
e di Apollo). Terpandro (VIII-VII sec a.C.) un musico di Amfissa nell’isola di
Lesbo, fu il primo a dare una definizione dei caratteri dei nomoi. Dopo la metà del
IV sec., quando Pisistrato istituì ad Atene la festa delle Dionisie Urbane, i
concorrenti che si esibivano nei concorsi ditirambici, tragici e comici iniziarono a
non sentire più obbligo di ripetere sempre gli stessi schemi e le arie tradizionali ma
introdussero innovazioni nei moduli melodici. Perciò al nomos, canto rituale che
doveva rimanere immutato nei suoi elementi melodici, si sostituì come struttura
portante delle nuove composizioni l’harmonia, inteso come disposizione degli
intervalli all’interno di una scala. Ma quali erano gli strumenti usati da questi
musici? Gli antichi greci suddividevano gli strumenti in tre grandi famiglie: gli
strumenti a corda, quelli a fiato e quelli a percussione.
Gli strumenti a corda si suddividevano in lire (con le corde della stessa lunghezza,
di solito suonate nei banchetti dagli uomini liberi e considerato lo strumento nobile
per eccellenza) ed arpe (corde di diversa lunghezza, generalmente suonato da donne
e ritenuto uno strumento domestico). Dal punto di vista mitico, la nascita della lira è
attribuita al dio Ermes, che costruì una lira con il guscio di una tartaruga e delle
corde per farsi perdonare da Dio Apollo d’avergli rubato la sua mandria. Gli
strumenti a fiato invece si distinguevano per la forma (es.syrinx, flauto di Pan;
salpino, tromba usata in contesti militari), per la disposizione dei fori e
dell’accordatura (es.auloi pythikoi, per l’accompagnamento dei peana; auloi
chorikoi, per accompagnare i ditirambi) ed infine per l’altezza dei suoni prodotti.
L’aulos non fu mai ritenuto uno strumento adatto all’educazione degli uomini liberi,
proprio perché legato al culto dionisiaco del ditirambo; in più la tradizione greca gli
attribuisce un’origine straniera, mentre la lira era considerata autoctona, ellenica per
eccellenza. A differenza di atri popoli antichi, presso i greci gli strumenti a
percussione (es.tympanon, tamburelli da percuotere con la mano o il sistro, simile
allo xilofono moderno) non ebbero mai molta importanza; essi erano quasi sempre
suonati da donne ed impiegati generalmente nelle cerimonie del culto di Dioniso e
di Cibele.
Gli strumenti nel mondo romano erano essenzialmente gli stessi ma cambiati di
nome: la lira era chiamata fides; gli auloi, tibie; il salpino era chiamato bucina o
lituus.
Nel prossimo numero parleremo della nascita e lo sviluppo della tragedia e
commedia greca.