Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
SEMINARIO DEI GRUPPI DI RICERCA CLIO'92
IGEA MARINA (RN) 8-9 DICEMBRE 2006
Gruppo di ricerca
Rappresentazioni filmiche di persistenze e mutamenti nella società italiana del
secondo dopoguerra, con particolare riferimento e migrazioni e lavoro
Bozza del programma dei lavori del nuovo gruppo di ricerca
Coordinamento di
Maurizio Gusso
1. UNA PROPOSTA DI RISTRUTTURAZIONE DEL PROGETTO DI RICERCA
1.0 Presentazione degli eventuali nuovi partecipanti al gruppo.
1.1 Proposta di ristrutturazione del progetto di ricerca, a cura del coordinatore
Maurizio Gusso (cfr. Allegato 1).
1.2 Dibattito.
2. LABORATORIO FORMATIVO ADULTO SULLE RAPPRESENTAZIONI DEL PASSAGGIO
DELL’ITALIA DA PAESE A PREVALENTE EMIGRAZIONE A PAESE A PREVALENTE
IMMIGRAZIONE IN ALCUNI FILM ITALIANI DI FICTION DEL SECONDO DOPOGUERRA
(cfr. Allegati 2 e 3).
3. BILANCIO DEL SEMINARIO E PROPOSTE OPERATIVE PER IL PROSEGUIMENTO
DELLA RICERCA.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
ALLEGATO 1: UNA PROPOSTA DI RISTRUTTURAZIONE DEL PROGETTO DI
RICERCA. Abstract della comunicazione introduttiva di Maurizio Gusso
1. MOTIVAZIONI DELLA PROPOSTA
La proposta di ristrutturare il progetto originario del Gruppo di ricerca didattica Storia
e rappresentazioni multimediali della società postindustriale nasce da una serie di
considerazioni.
A) Nel precedente Seminario nazionale dei Gruppi di ricerca didattica di Clio ’92 (3-4
dicembre 2005) si era concordato un programma di massima di attività del gruppo,
all’indirizzo
consultabile
nel
sito
www.clio92.it
www.clio92.it/index.php?area=6&menu=30&page=256,
cliccando,
al
termine
dell’articolo, sulla voce Gruppo di ricerca Storia e rappresentazioni multimediali della
società postindustriale, che teneva conto del lavoro pregresso, consultabile all’indirizzo
www.clio92.it/?area=1&menu=44&page=325, cliccando sulla voce Attività e materiali
prodotti dal gruppo del gruppo di ricerca n.6.
B) Successivamente, però, tutti i tentativi del coordinatore di stimolare una autonoma
produzione a distanza dei componenti dei due sottogruppi individuati sulla società
multiculturale e sul lavoro e/o di organizzare dei seminari (in presenza) di gruppo o
sottogruppo non hanno avuto gli esiti sperati, per un complesso di fattori, fra cui i
sovraccarichi lavorativi e familiari, l’incidente stradale subito da Paolo Bernardi e
l’impegno di Gabriella Boyer, Paolo Coppari, Eliana Decet, Maurizio Gusso, Carla
Marcellini, Giangi Orsoni, Paola Panico, Saura Rabuiti e Rosanna Ruffini nella
produzione e revisione dei materiali prodotti dal precedente Gruppo sulla società
postindustriale. A parte qualche breve riunione fra il coordinatore ed alcuni membri
del nuovo Gruppo in occasione di alcuni appuntamenti nazionali di Clio ’92, le
esperienze più significative riconducibili alle tematiche e alle metodologie del Gruppo
sono state alcune esperienze di formazione di insegnanti e studenti condotte da
Maurizio Gusso a Genova e Recanati in iniziative promosse da Maurizio Cuccu e Paolo
Coppari e i lavori del coordinatore sulle rappresentazioni letterarie (cfr. M.Gusso, Il
laboratorio con le fonti letterarie, in Insegnare storia. Guida alla didattica del
laboratorio storico, a c. di P.Bernardi, Utet Università, Torino, 2006, pp.150-165) e
musicali delle migrazioni.
A questi fattori se ne sono probabilmente aggiunti altri quattro:
. l’accavallamento fra completamento dei lavori del vecchio Gruppo e decollo del
nuovo ha creato più problemi di quanti non ne abbia risolti, nel senso che anche i
componenti del Gruppo vecchio che si erano dichiarati favorevoli a far decollare il
nuovo Gruppo prima di aver concluso le pubblicazioni del vecchio hanno faticato
troppo a reggere le due cose contemporaneamente;
. le limitate competenze e/o disponibilità rispetto agli scambi a distanza di riflessioni e
materiali;
. la frammentazione territoriale: nel vecchio Gruppo avevano funzionato
discretamente i sottogruppi a base territoriale, mentre il nuovo è formato da persone
più isolate nel territorio o da ex sottogruppi nel frattempo sfaldatisi per motivi
preterintenzionali;
. probabilmente l’intreccio fra le specificità della società postindustriale e delle fonti
filmiche, letterarie e musicali ha elevato troppo il quoziente di difficoltà perché
occorreva fare una ricerca di prima mano sulle fonti artistiche specifiche della società
postindustriale, che sono molto meno note e studiate delle fonti socioeconomico-
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
politiche sulla società postindustriale o dei film e dei testi letterari e musicali sulla
società industriale.
D) Lo stallo della ricerca nell’ultimo anno, l’impegno del vecchio Gruppo di ricerca a
concluderne le pubblicazioni entro l’inizio del 2007 e il numero ristretto di persone che
hanno confermato la propria partecipazione al Seminario nazionale dei Gruppi di
ricerca didattica di Clio ’92 a Igea Marina mi spingono a fare un ultimo tentativo di
rilanciare il Gruppo di ricerca didattica rielaborandone il progetto originario.
2. RISTRUTTURAZIONE DEL PROGETTO
La ristrutturazione del progetto delimita il campo alle rappresentazioni filmiche di
mutamenti e persistenze nelle migrazioni e nel lavoro nell’Italia del secondo
dopoguerra, partendo dai processi di industrializzazione e terziarizzazione senza
escludere di arrivare ad esaminare le rappresentazioni filmiche specifiche della società
postindustriale, ma senza nemmeno pretendere di farne il baricentro della ricerca.
Un’ipotesi potrebbe essere quella di costruire insieme, a partire da piccoli gruppi
territoriali, delle serie di fonti filmiche omogenee sulle migrazioni e sul lavoro, secondo
espliciti criteri di selezione e montaggio (v. Allegato 2) e delle piste di formazione in
servizio e di ricerca didattica per insegnanti della secondaria di primo e secondo
grado.
Qualora venisse confermato il progetto di una Scuola estiva di Arcevia dedicata al
Novecento, il Gruppo potrebbe preparare un laboratorio apposito su cinema, storia e
migrazioni (o lavoro).
Un sottogruppo pilota territoriale potrebbe essere un gruppo milanese Clio ’92 – Iris;
se ne potrebbero aggiungere altri, per esempio a Genova e nelle Marche. I materiali
dei sottogruppi (progetto, piste per la formazione e la ricerca didattica, schede su film
ecc.) potrebbero essere pubblicati nei siti www.clio92.it e www.storieinrete.org.
Con l’aiuto, già garantito, di Maurizio Cuccu si potrebbe pensare anche a un prodotto
di tipo multimediale.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
ALLEGATO N.2: MAURIZIO GUSSO, I FILM NEL LABORATORIO DIDATTICO DI
STORIA. UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE, in B. Rossi (a cura di), Geografia
e storia nel cinema contemporaneo. Percorsi curricolari di area storico-geograficosociale nella scuola, Cuem, Milano, 2006, pp.26-62
1. ALCUNE OPZIONI PER L’USO DIDATTICO DEI PRODOTTI ARTISTICI COME FONTI
STORICHE
Per rendere esplicite le implicazioni interdisciplinari dei rapporti fra cinema e didattica
della storia e per favorire un ampliamento della gamma dell’interdisciplinarità, mi
sembra importante sottolineare come l’uso didattico dei film come fonti storiche sia un
caso specifico del più generale uso didattico dei prodotti artistici come fonti. Perciò,
prima di affrontare gli aspetti specifici dell’uso didattico dei film, espliciterò una serie
di raccomandazioni e opzioni metodologiche interdisciplinari più ampie, riferibili ai
prodotti delle diverse arti (arti figurative, fotografia, cinema, musica, letteratura ecc.).
Una prima raccomandazione concerne la presa di coscienza del fatto che la
complessità dei fenomeni artistici (testi, opere, generi, convenzioni e modalità
rappresentative, tecniche, istituzioni, usi sociali ecc.) e il carattere specifico, ma
‘spurio’ / ‘impuro’ / ‘sincretico’ (Vinella, 2002) e storico, della loro ‘artisticità’ danno
luogo alla problematicità di una teoria dell’arte e a una pluralità di approcci
possibili (semiotica, ermeneutica, critica d’arte, sociologia dell’arte, storia dell’arte
ecc.).
Una seconda opzione è quella per un approccio alle opere d’arte ispirato non al
‘realismo ingenuo’ della ‘teoria del riflesso’ (l’arte come riproduzione fedele del reale,
come imitazione, esclusiva o quasi, della natura o della società), né al ‘formalismo’ o
‘convenzionalismo assoluto’ (l’arte come imitazione, esclusiva o quasi, dell’arte), ma a
forme di ‘convenzionalismo relativo’ o ‘realismo smaliziato’, ispirate alla teoria
dell’arte come ‘rappresentazione’ / interpretazione polisemica di aspetti di realtà
(in tensione vitale sia con la natura, sia con la società, sia con le eredità artistiche e
culturali) e convergenti con l’approccio ‘convenzionalista relativo’ ai ‘fatti storici’
(Agazzi, 1989; Gusso, 1994, 2004 b; Topolski, 1997).
Una terza opzione è quella per un approccio equilibrato ai prodotti artistici come fonti
storiche, attento alla loro complessità e alla problematicità del dibattito teorico e
metodologico.
Da un lato, infatti, va tenuta presente la cautela di chi li considera prevalentemente
(se non esclusivamente) come fonti ‘primarie’ o ‘dirette’ per la storia
dell’immaginario e/o delle mentalità collettive e/o delle idee e/o dei modelli
culturali (anzitutto quelli degli autori) (Vovelle, 1989) e per la storia delle forme
(incluse le storie non storicistiche delle specifiche arti in questione: letteratura,
cinema, musica, fotografia ecc.) e solo come fonti ‘secondarie’ o ‘indirette’ per le altre
storie (storia dell’ambiente, della cultura materiale, economica, sociale e politica).
Dall’altro, però, vanno presi in considerazione due elementi ulteriori. La ‘rivoluzione
documentaria’ del XX secolo ha rimesso in discussione queste tradizionali
classificazioni gerarchiche delle fonti (De Luna, 2001; Le Goff, 1978; Topolski, 1981;
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Tosh, 1989). Inoltre, alcune arti hanno un diverso rapporto con la cultura materiale e
con la realtà fisica (si vedano, per esempio, le differenze, a questo proposito, fra la
letteratura, la musica, il cinema, la fotografia e le arti figurative) e alcuni artisti hanno
una particolare attenzione alla documentazione e contestualizzazione storica, per cui,
per certi versi, alcuni prodotti artistici possono essere utilizzati pure come fonti per la
storia dell’ambiente e della cultura materiale, se non anche per quella economica,
sociale e politica, a cui in ogni caso molte opere d’arte magari obliquamente alludono,
con rinvii non chiari a tutti i fruitori e che quindi andranno esplicitati nell’analisi dei
testi, tanto più con gli studenti.
Una quarta raccomandazione riguarda la presa di coscienza dei diversi usi didattici
possibili dei prodotti artistici come fonti storiche.
Occorre, anzitutto, evitare gli usi scorretti (falsificanti, decontestualizzanti ecc.) o
inefficaci (testi non completamente ‘leggibili’) dei prodotti artistici come fonti storiche
e andar oltre il loro uso meramente esornativo-estetizzante, né correttamente
illustrativo, né documentario (per esempio, le immagini inserite nei manuali di storia
senza esplicitarne né i riferimenti agli altri testi, a partire dal testo-base espositivo, né
le loro coordinate documentarie; la fonte audiovisiva come una sorta di spot
divertente che come un diversivo interrompe la noia di una tradizionale forma di
comunicazione didattica prevalentemente espositiva e verbale, dalla lezione frontale al
manuale).
Ecco un elenco di usi corretti ed efficaci delle fonti, graduati dal semplice al
complesso.
In primo luogo, un uso soggettivo-proiettivo-esistenziale del testo/fonte come
‘pretesto’/ stimolo/’specchio’, per un primo livello di cattura dell’attenzione,
motivazione e problematizzazione. Per esempio, si possono usare i prodotti artistici
come icebreaker o ‘rompighiaccio’ evocativi, sintetici, problematizzanti e facilitatori,
per far emergere negli studenti e/o negli insegnanti le ‘preconoscenze’ - ‘evocati’,
immagini e rappresentazioni mentali, concetti spontanei, orientamenti, valori ecc. - e
le motivazioni e per far scattare le dissonanze cognitive e/o emozionali: dall’accorgersi
di sapere e/o provare emozionalmente qualcosa al prender coscienza che non se ne sa
abbastanza e/o che le proprie emozioni possono essere meno superficiali, fino a
mettersi in ricerca per provare a saperne e a capirne di più; il testo/fonte può essere
utilizzato come ‘esempio’ suggestivo e problematizzante, purché sottoposto alle
regole della comunicazione (es.: comunicazione delle impressioni di ‘lettura’).
In secondo luogo, un uso correttamente illustrativo della fonte, a
illustrazione/conferma di informazioni, argomentazioni, interpretazioni, valutazioni
contenute in altre fonti (testo-base espositivo del manuale, lezione-quadro
dell’insegnante, saggistica, altre fonti privilegiate ecc.), considerate più importanti e
magari inscritte in un altro linguaggio (es.: una fonte iconica introdotta a conferma di
un testo-base espositivo di un manuale di storia o di un insegnante).
In terzo luogo, un uso correttamente
illustrativo e almeno parzialmente
documentario (dato che un uso compiutamente documentario non è sempre
possibile), a parziale problematizzazione delle informazioni, argomentazioni ecc.
contenute in altri testi.
Infine, un approccio che equilibri l’uso soggettivo-proiettivo-esistenziale,
quello correttamente illustrativo e quello parzialmente documentario: si tratta
di un livello difficile da raggiungere integralmente e dunque di un ideale regolativo
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
verso cui tendere asintoticamente, più che di una meta effettivamente raggiungibile
per intero da tutti, sempre e comunque.
Una quinta opzione è quella per un triplice approccio interdisciplinare ai prodotti
artistici, intesi sia come ‘specchi’, sia come testi, sia come fonti storiche (Carlini –
Gusso, 2002; Gusso, 2002a). L’uso dei prodotti artistici come ‘specchi’, su cui
insegnanti e studenti proiettano i loro “orizzonti di attesa” (Ceserani, 1999; Jauss,
1989; Marangi, 2004), le loro domande di senso, esistenziali e soggettive, rientra nel
campo dell’educazione alla ricezione e alla comunicazione/espressione: si chiede di
provare a fruire attentamente del prodotto artistico e a comunicare le impressioni di
ricezione nel modo a un tempo più personale e più efficace comunicativamente. La
loro analisi come testi, inscritti in una pluralità di codici specifici, da decodificare
attentamente, pertiene all’ambito dell’educazione linguistica ed estetica. Il loro uso
come fonti storiche rientra nel campo della formazione storica. Si tratta,
ovviamente, di distinguere tre aspetti intrecciati e di intrecciare tre aspetti distinti,
senza confonderli né separarli rigidamente.
Questo approccio prevede un percorso testo/fonte – serie – contestualizzazione
storica (Carlini – Gusso, 2002; Geymonat, 1985; Gusso, 1985, 1992a, 1992b e
2002a).
Il prodotto artistico va, anzitutto, inteso come uno ‘specchio’ espressivo e
comunicativo in cui il fruitore può proiettare la propria immagine, i propri “orizzonti
di attesa”: l’approccio proiettivo, soggettivo ed esistenziale viene considerato come un
buon esempio di prima ‘lettura’ predisciplinare e ‘sincretica’ (ossia impressionisticoglobale) del testo (piano della ‘intratestualità’), purché preveda una
concentrazione sulla ricezione / ‘lettura’ / ‘ascolto’ e la comunicazione delle
impressioni di ‘lettura’.
Inoltre, le opere d’arte vanno considerate come testi linguistici, inscritti in codici e in
generi specifici, e come fonti storiche, da sottoporre ad un’analisi sia tematica, sia
linguistica e semiotica, sia storica. Una prima ‘rilettura’ critica del testo, attenta alla
sua alterità rispetto alla soggettività del ‘lettore’, per stimolare il passaggio dal
precedente approccio predisciplinare a uno disciplinare e interdisciplinare, può
utilizzare la ‘zona prossimale’ fra approccio predisciplinare e alcuni elementi
fondamentali dei linguaggi disciplinari. Per esempio, dell’approccio semioticoermeneutico si possono anticipare la distinzione fra ‘tema principale’ e ‘motivi
secondari’ e l’analisi dell’ambientazione spaziale, temporale e sociale e del sistema dei
personaggi (Grosser, 1985; Tomaševskij, 1968), mentre dell’approccio storiografico si
può anticipare la costruzione di un ‘questionario’ (Bloch, 1978), ossia di un elenco di
domande / problemi significativi, in grado di favorire il “passaggio dalla struttura
potenziale alla struttura effettiva” informativa delle fonti (Mattozzi, 1992), ossia di
ricavare dalla loro polisemia e dal loro potenziale informativo solo le informazioni
pertinenti al tema di ricerca consapevolmente delimitato attraverso l’operazione della
“tematizzazione” (Gusso, 2004c). Altre riletture del testo possono approfondire le
competenze disciplinari linguistiche (es.: approccio semiotico ed ermeneutico) e
storiche (es.: critica delle fonti).
Il passaggio dall’analisi per linee interne di un singolo testo/fonte alla costruzione di
una serie di fonti coincide con il trasferimento dal piano della ‘intratestualità’ a quello
della ‘intertestualità’. In effetti, una fonte da sola è come la rondine del proverbio:
non fa primavera, ossia non si sa se rappresenta la regola o l’eccezione o l’eccezione
dell’eccezione, rispetto, per esempio, alle mentalità collettive o ai modelli culturali, e
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
quindi si tratta di verificarne il grado di generalizzabilità, attraverso una comparazione
fra diversi testi / una serie di fonti mediante il ‘metodo contrastivo’ (Ceserani, 1999;
Geymonat, 1985; Marchese, 1978 , 1981), ovvero la ricerca di analogie controllate e
di differenze significative fra coppie e serie via via più ampie di testi/fonti, in base a
griglie comuni di analisi.
In particolare, si ricorda l’importanza di un intreccio ben dosato di fonti diverse (es.:
letteratura, fonti orali, musica, cinema, fotografia, arti figurative).
Infine, per passare al piano della contestualizzazione storica, si segnalano in
particolare quattro piste:
a) contestualizzazione biografica (individuazione di alcuni nessi fondamentali fra
l’opera d’arte e i suoi autori, a partire dalle loro biografie);
b) scioglimento / esplicitazione dei riferimenti alla storia ambientale, della cultura
materiale, socioeconomica e politica contenuti nel testo/fonte;
c) contestualizzazione nella storia dell’immaginario e/o delle mentalità collettive e/o
delle idee e/o dei modelli culturali;
d) contestualizzazione nella storia delle forme (arti, lingue / linguaggi, generi,
modalità e convenzioni rappresentative ecc.).
Una sesta opzione è quella per uno ‘sfondo integratore’ psicopedagogico e didattico,
ossia un approccio storico-interdisciplinare (Gusso, 1994, 2004c), per ‘nuclei fondanti’
(Gusso, 2004c), problemi (Bernardi, 2003; Gusso, 1994, 2004 c), progetti (Medi,
2001; Quartapelle, 1999a) competenze e standard (Baratelli e altri, 2002; Cerini –
Fiorin, 2001; Colombo – D’Alfonso, 1999; Marchioro, 2003), globale, integrato
(cognitivo e socio-affettivo-relazionale), intersoggettivo, interculturale (Brusa e altri,
2000; Gusso, 1999a, 1999 b, 2001 e 2004 a), attento alle differenze di genere
(Brigadeci, 2001), plurilinguistico, interattivo, ludico, multimediale, da laboratorio
(Bernardi, 2002 e 2003; Brigadeci, 2002; Brigadeci e altri, 2001; Brusa, 1991; De
Bartolomeis, 1978; Deiana, 1999; Delmonaco, 1995; Fossa e altri, 2005; Perillo Santini, 2004; Scognamiglio, 2004), e in particolare per un percorso dalla rilevazione
delle ‘preconoscenze’ al loro arricchimento mediante nuovi metodi per elaborare
nuove informazioni (Gusso, 1984, 2004c) e forme di educazione dell’immaginazione
(Armellini, 1987, 1989 e 1993).
Un approccio all’insegnamento/apprendimento (in particolare quello della storia e dei
linguaggi verbali e non verbali) fondato su un uso critico delle nuove tecnologie e dei
nuovi media (Calvani, 1999; Criscione, 2001; Maragliano, 1994; Maragliano e altri,
1994; Parisi, 2000) può svolgere diverse funzioni positive e consentire di realizzare
alcune importanti finalità educative:
a) gettare un ponte fra la cultura giovanile
(in larga parte visiva, musicale,
multimediale ecc.) e la cultura adulta, fra i saperi storici quotidiani e specialistici
(passaggio graduale da un approccio predisciplinare a forme di approcci disciplinari
aperti e interdisciplinari), contribuendo così a un’educazione interculturale: nel caso di
storia, si tratta di considerare come risorse dell’insegnamento / apprendimento i
saperi storici sia specialistici (storiografia), sia quotidiani (memoria storico-sociale,
rappresentazioni e immagini della storia ecc.);
b) adattare l’insegnamento/apprendimento a una pluralità di stili di apprendimento e
insegnamento;
c) gettare un ponte tra formazione storica ed educazione linguistico-comunicativa
e artistica e sperimentare forme di interdisciplinarità fra l’area geostorico-sociale,
l’area scientifico-naturalistico-tecnologica e le aree dei linguaggi verbali e non verbali;
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
d) perseguire in maniera integrata obiettivi cognitivi (conoscenze, abilità graduate
dal semplice al complesso, competenze) e obiettivi socioaffettivo-relazionali
(comportamenti, atteggiamenti, rinforzo delle motivazioni ecc.: es.: piacere della
‘lettura’ di testi artistici / fonti storiche; individuazione di figure e testi di riferimento
materiali e/o simbolici), attraverso percorsi come quello dalla rilevazione delle
‘preconoscenze’ al loro arricchimento;
e) rispondere alle esigenze di sintesi ed evocatività, proprie di molti insegnamenti e
in particolare dell’insegnamento / apprendimento della storia.
Una settima opzione è quella per una solidarietà reciproca fra le discipline / aree
disciplinari di riferimento e le ‘educazioni trasversali’, sia quelle più consolidate da
tempo (educazione linguistico-comunicativa, estetica, scientifico-tecnologica, storica
ecc.), sia più recenti (educazione interculturale, alle pari opportunità, alla pace, alla
cittadinanza, allo sviluppo sostenibile, alla salute ecc.) (Gusso, 1994, 1998a, 1999 a,
1999b).
Un’ottava opzione è quella per una progettazione curricolare per temi / problemi,
tipologie / casi e blocchi / filoni ricorrenti di temi, finalità e strategie didattiche
(metodi, procedure, tecniche, strumenti, forme di verifica e valutazione), fra loro
coerenti (Gusso, 1994, 1998a, 2004 c).
2. UN ESEMPIO DI APPROCCIO AI FILM DI FICTION COME FONTI STORICHE:
RAPPRESENTAZIONI DI MILANO COME LUOGO DI IMMIGRAZIONE NEL CINEMA
ITALIANO DEL SECONDO DOPOGUERRA
2.1 Dalle esperienze didattiche e formative alla modellizzazione e alla
selezione di piste didattiche esemplificative, sostenibili e generalizzabili
Come docente e formatore degli insegnanti ho sperimentato di persona e proposto ai
colleghi vari percorsi didattici, a carattere interdisciplinare e interculturale, sulle
migrazioni, utilizzando testi letterari (Gusso, 2002 a), musicali e filmici (Gusso,
2000b).
In questo scritto, da una gamma più ampia di percorsi integrati storici, letterari, filmici
e musicali sul passaggio dell'Italia da paese a prevalente emigrazione a paese a
prevalente immigrazione mi limito a estrapolare una pista didattica esemplificativa,
sostenibile e generalizzabile, su una serie di film italiani del secondo dopoguerra,
accomunati dalla rappresentazione delle migrazioni interne e dell’immigrazione
straniera nell’area metropolitana milanese del secondo dopoguerra e scelti per
l'ultimo anno della secondaria superiore (anche se, con adattamenti, estensibili
agli anni iniziali, alle terze medie e all'educazione degli adulti), chiarendone i criteri di
selezione e d'uso, pur senza poter né analizzare in profondità i film scelti e le altre
fonti letterarie e musicali intrecciate, né poter riprodurre le sequenze filmiche
selezionate e le corrispondenti piste di lavoro operative.
Questa limitazione è dovuta sia a problemi di spazio, sia alla constatazione che negli
anni finali della secondaria superiore molti ostacoli ancora si frappongono a un uso
ampio e approfondito delle fonti filmiche all’interno della didattica della storia:
conviene, quindi, procedere per gradi, mostrando, anzitutto, come sia possibile
proporre un insegnamento integrato di storia e cinema per ‘nuclei pluridisciplinari’
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
(previsti dalla normativa sui nuovi esami di stato) come le migrazioni, mediante una
revisione parziale del 'canone storiografico scolastico' (Gusso, 2004 a) e del ‘canone
letterario scolastico’ (Gusso, 2001) tradizionali del Novecento, già di per sé più fluidi e
'liberalizzati' di quelli dei secoli precedenti. Nella mia esperienza di docente di italiano
e storia nell'anno finale dei corsi Igea dell'Istituto di Istruzione Superiore Statale
"Fabio Besta" di Milano, da quando esistono i nuovi esami di stato, la tematica delle
migrazioni è stata sempre scelta come uno dei 'nuclei pluridisciplinari', su cui far
convergere gli apporti di materie quali italiano, storia, geografia, lingue straniere e
diritto.
Prima di presentare la serie di film privilegiati e di chiarirne i criteri di selezione,
spiegherò le motivazioni delle scelte della tematica/problematica delle migrazioni,
della sua delimitazione al caso italiano e al sottocaso milanese e dei film di fiction
come fonti storiche.
2.2 Le migrazioni come tematica ricorrente da affrontare con un approccio
interdisciplinare e interculturale
Le migrazioni costituiscono un nodo storico, scientifico, etico-civile e formativodidattico, che, per essere meglio affrontato, richiede un approccio interdisciplinare e
interculturale.
Dal punto di visto storico, le migrazioni hanno attraversato l'intero arco della storia
umana (Cohen, 1995; Corti, 2003; Gusso, 1998 b; Richard, 1996), assumendo
caratteristiche particolari nel Novecento (es.: spostamenti coatti di massa) e
soprattutto a partire dagli anni '70, con la ‘inversione dei flussi migratori
internazionali’, che, a differenza che nei secoli del colonialismo europeo, si dirigono
prevalentemente dai "Sud" e dagli "Est" del mondo verso i "Nord" e gli "Ovest"
(Gusso, 1998 b).
Da un punto di vista scientifico, sono un fenomeno complesso, demografico,
ecologico, economico, sociale, politico, culturale, che richiede la convergenza di più
approcci disciplinari (Barra – Beretta Podini, 1995; Eva, 1998; Harrison, 1998; Pollini,
1998).
Da un punto di vista etico-civile, costituiscono un insieme di risorse e problemi (si
pensi, per esempio, alle questioni degli incontri/scontri fra culture e dei diritti di
cittadinanza).
Da un punto di vista formativo-didattico, possono essere considerate una tematica
interdisciplinare ricorrente, rilevante per diversi motivi. Anzitutto, essendo le
migrazioni una delle costanti della storia umana, ma assumendo caratteristiche
specifiche nel 'mondo attuale' (Brusa, 1999; Gusso, 1998 c), il loro studio contribuisce
all’orientamento scolastico, professionale e civile e alla formazione storica e diventa
un ottimo banco di prova per una World History (Brusa, 1997; Cajani, 2000) e per
una graduale riduzione del tasso di etnocentrismo della storia insegnata (Brusa e altri,
2000; Gusso, 1999a, 1999b, 2004a). Inoltre, essendo un fenomeno ’in sé
interdisciplinare’, si prestano particolarmente a farvi convergere materie
d’insegnamento afferenti sia a una stessa 'area formativo-didattica' come quella
geostorico-sociale (Gusso, 1994, 2004c), sia a più 'aree' (matematico-naturalisticotecnologica, dei linguaggi verbali e non verbali), come nel caso dei 'nuclei
pluridisciplinari' dei nuovi esami di stato.
Infine, sono riconducibili - con diverse ‘curvature’ - a parecchi ‘filoni’ ricorrenti di
finalità e temi (es.: educazione interculturale, civico-sociale, allo sviluppo
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
sostenibile, alla pace, alle pari opportunità), alla cui luce rileggere tutti i curricoli
disciplinari e su cui fondare pratiche didattiche interdisciplinari, anzitutto nelle ‘aree’
dei linguaggi verbali e non verbali e geostorico-sociale (cfr. Gusso, 1994, 1998a,
1999a, 1999b, 2004c).
Se si vuol contribuire alla costruzione di un 'filone ricorrente' di educazione
interculturale, si possono affrontare le migrazioni in un'ottica di "antropologia
reciproca" (Gusso, 1999a, 1999b; Le Pichon, 1991), fondata, cioè, sulla reciprocità
degli sguardi ("gli uni visti dagli altri e gli altri visti dagli uni"), iniziando, per esempio,
a costruire due unità di apprendimento modulari 'strategiche' (Brusa, 2001; Gusso,
1994, 2004c; Mattozzi, 2000; Quartapelle, 1999b) sui due differenti punti di vista:
quello degli immigrati e quello degli autoctoni.
Il mondo ha conosciuto vari tipi di fenomeni migratori (immigrazione ed emigrazione,
migrazioni interne e internazionali) ed è attualmente accomunato dalla ‘inversione
della corrente migratoria’. La storia del mondo è anche la storia delle sue correnti
migratorie, al tempo stesso complesso problema e risorsa straordinaria, fattore di
conflitto e di multiculturalità / interculturalità.
Qualora, per limiti di tempo e/o di competenze, si dovesse sintetizzare un percorso
sulle migrazioni in due sole unità di apprendimento modulari di storia, in un’ottica di
“antropologia reciproca” converrebbe, quindi, privilegiare un’unità sulle strutture
migratorie precedenti la ‘inversione della corrente migratoria’ e una su quelle
conseguenti a tale ‘inversione’.
2.3 L’Italia come caso particolare di transizione da paese a prevalente
emigrazione a paese a prevalente immigrazione
Nel quadro di un approccio per tipologie e casi (Gusso, 1994, 2004c) alla didattica
della storia, il caso italiano è particolarmente interessante non solo perché è il
nostro, ma anche perché, in seguito alla 'inversione della corrente migratoria', l'Italia
è passata da paese a prevalente emigrazione a paese a prevalente immigrazione.
Anche nel caso italiano, qualora, per limiti di tempo e/o di competenze, si dovesse
sintetizzare un percorso sulle migrazioni in due sole unità di apprendimento modulari
di storia, in un’ottica di “antropologia reciproca”, converrebbe, quindi, privilegiare
un’unità sulle strutture migratorie precedenti la ‘inversione della corrente migratoria’ e
una su quelle conseguenti a tale ‘inversione’.
Una prima unità di apprendimento modulare, incentrata sull'Italia come paese a
prevalente emigrazione nel periodo precedente la 'inversione della corrente
migratoria', potrebbe riguardare sia la grande emigrazione oltre Oceano a cavallo fra
Ottocento e Novecento, sia quella in Europa prima e dopo le due guerre mondiali
(Audenino – Corti, 1994; Comitato nazionale “Italia nel mondo”, 2001, 2002;
Gabaccia, 2003; Pugliese, 2002; Sori, 1979), sia - per certi versi - le migrazioni
interne di lunga durata in età moderna e contemporanea (Arru – Ramella, 2003) e in
particolare quelle dal Sud al Nord e dalle montagne e campagne verso le grandi città
industriali e terziarie in epoca fascista (Treves, 1976) e soprattutto negli anni del
boom economico (Ascoli, 1979, 1990; Pugliese, 2002; Signorelli, 1995). Una seconda
unità, incentrata sull'Italia come paese a prevalente immigrazione, potrebbe
concernere l'immigrazione straniera in Italia proveniente dai 'Sud' e dagli 'Est' del
mondo in seguito alla 'inversione della corrente migratoria' (Bonifazi, 1998;
Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, 2001; Lonni, 2003;
Mottura, 1992; Pugliese, 2002).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Un ulteriore approfondimento dell'ottica dell'antropologia reciproca comporterebbe un
esame, in entrambe le unità, degli sguardi incrociati degli immigrati e degli autoctoni.
Entrambe le unità potrebbero essere costruite su un intreccio di molteplici tipi di fonti
scritte, orali, materiali, fotografiche (Corti, 1999), iconografiche, musicali (Rossi,
1999; Savona – Straniero, 1976), audiovisive ecc..
2.4 Il caso dell’area metropolitana milanese
In questo scritto mi occuperò solo dell’area metropolitana milanese, per vari motivi:
a) per la significatività dell’area metropolitana milanese come polo di attrazione delle
migrazioni italiane interne e dell’immigrazione straniera nel secondo dopoguerra
(Alasia – Montaldi, 1975; Barile e altri, 1994; Petrillo, 1992) e come stretto intreccio
fra le dimensioni locali, regionali, nazionali, europee e planetarie dei processi
migratori;
b) per le valenze comparative degli studi di caso (Gusso, 2000 a; Prats, 2000),
soprattutto nella prospettiva di un approccio geostorico-sociale allo studio del
territorio, degli scambi interculturali, delle visite di studio e dell’educazione al
patrimonio;
c) per l’utilità di una storia locale intesa non come ‘localismo’ deteriore, ma come
storia globale del territorio (Aa. Vv., 2000; Bortolotti, 1993, 1996; Brusa, 2004;
Delmonaco Lombardi, 1982; Mattozzi, 1996; Plaisant, 2000);
d) perché ci sono a disposizione bibliografie e filmografie non enormi, ma sufficienti;
e) perché lavoro nell’area metropolitana milanese, che è anche l’area metropolitana
che conosco meglio;
f) per limiti di spazio.
2.5 Il ricorso ai film per un approccio didattico storico-interdisciplinare e
interculturale alla tematica migratoria
La delimitazione del campo dei prodotti artistici ai film garantisce comunque, pur
all’interno della sola arte cinematografica, un intreccio di diversi linguaggi verbali e
non verbali e una mediazione fra le arti tradizionalmente più rappresentate nelle
pratiche didattiche (per esempio: letteratura) e quelle più presenti nei consumi
culturali ‘spontanei’ degli studenti (per esempio, musica, per non parlare della
televisione e della pubblicità).
I complessi rapporti fra cinema e storia, da un lato, costituiscono un caso particolare
del problema più generale delle relazioni fra arte e storia, ma, dall’altro, presentano
alcuni aspetti legati alla specificità del film rispetto agli altri prodotti artistici.
Tralasciando, in questo scritto, per limiti di spazio, l’analisi del linguaggio
cinematografico e delle strutture narrative dei film (Chatman, 1981) e gli usi del
cinema come agente di storia (a partire dal caso più vistoso, quello dei film di
propaganda), come strumento di raccolta e conservazione di documenti o di
ricostruzione e interpretazione storica (‘scrittura filmica della storia’), intendo
occuparmi, nel quadro più ampio della problematica dell’approccio didattico
interdisciplinare al cinema (Carlini, 2000; Castaldini, 1991; Cicardi, 2001; Ferracin –
Porcelli, 1993; Marangi, 2004; Porcelli – Ferracin, 2000), dell’uso didattico del film
come fonte storica e in particolare per la storia dell’immaginario, delle idee, delle
mentalità, dei modelli culturali e del ‘visibile’, più ancora che come fonte per la storia
socioeconomico-politica, dell’ambiente e della cultura materiale e per quella delle
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
forme (De Luna, 1993, 2001; Ferro, 1980, 1983; Gori, 1994; Iaccio, 2000; Ortoleva,
1985, 1991; Sanfilippo, 2004, Sorlin, 1979, 1984, 2001).
L’analisi delle rappresentazioni filmiche delle migrazioni interne e dell’immigrazione
straniera in Italia (Fantoni Minnella, 2004; Ripanti, 2003) favorisce e viene favorita da
un approccio interculturale alla didattica della storia e del cinema (Angrisani e altri,
2001; Brusa e altri, 2000; Ferracin – Porcelli, 2000; Gusso, 1999a, 1999b e 2004a;
Serra, 2003).
Nella mia pratica professionale, ho adottato alcune precauzioni per un inserimento
graduale, ma non disorganico né episodico, né solo strumentale, dei film come fonti
storiche nella didattica interdisciplinare della storia, che penso sia utile suggerire
anche ai colleghi.
Anzitutto, l’uso dei film come fonti storiche, se non la ‘ciliegina sulla torta’, è il punto
d’arrivo di un processo che, valorizzando gli eventuali apporti offerti dai colleghi dei
cicli scolari precedenti e/o del presente consiglio di classe, all’inizio, senza rinunciare a
mettere in evidenza la storicità dei film, ne privilegia le caratteristiche di ‘specchi’ e di
‘testi’, prendendo le mosse dall’educazione alla ricezione / ’lettura’ / ascolto, dalla
comunicazione delle impressioni di ‘lettura’, dalla costruzione di una piccola ‘comunità
ermeneutica’ di interpretazione dei testi (Armellini, 1987, 1989, 1993; Luperini, 1998;
Stanganello, 2000a, 2000b), a partire da testi, generi e temi meno lontani dai
consumi culturali ‘spontanei’ degli studenti (per esempio: spot pubblicitari, videoclip,
telefilm, documentari, cortometraggi, film comici ecc.), e dall’analisi dei testi mediante
procedure e strumenti convenzionati (per esempio: schede o griglie per l’analisi dei
film: Carlini e altri, 1998; Carlini – Gusso, 2002).
In secondo luogo, i film si inseriscono in un insegnamento integrato di storia,
letterature italiane e straniere (Gusso, 2002 b), con elementi di cinema e musica, che
valorizza non solo i nessi fra cinema e storia, ma anche quelli fra cinema, letteratura e
musica.
In terzo luogo, oltre a usare alcune ore curricolari di italiano e storia per vedere e
discutere esempi di film interi o di loro sequenze, per esercitarsi nell’uso di metodi e
strumenti quali le schede/griglie per l’analisi dei film e per progettare ‘cineforum’,
utilizzo alcuni incontri nel primo pomeriggio per organizzare ‘cineforum’ per il gruppoclasse (ma anche interclasse), a partecipazione facoltativa, ma riconosciuta dal
consiglio di classe come attività che dà accesso preferenziale al punto annuale di
credito formativo, sulla base della partecipazione attiva e della presentazione di una
relazione orale e/o scritta su almeno un film a testa, scelto dal singolo allievo, che
viene considerata anche ai fini della valutazione di italiano scritto e orale e di storia.
In quarto luogo, cerco di coinvolgere gli studenti nella progettazione e nella gestione
dei cineforum, possibilmente seguendo il metodo cooperativo e all’interno di una
didattica per problemi e/o per progetti (Bernardi, 2003; Marangi, 2004; Medi, 2001;
Quartapelle, 1999a).
In quinto luogo, tento di coinvolgere i colleghi del consiglio di classe nella
progettazione di cineforum interdisciplinari ed altri colleghi di italiano e storia e di altre
materie affini dell’Istituto nella progettazione e gestione di corsi operativi di
autoaggiornamento e di formazione con esperti di cinema e storia.
In sesto luogo, ho utilizzato i film come icebreaker e/o come fonti storiche in attività
progettate insieme da gruppi di insegnanti e studenti, come nel caso del Comitato per
la costruzione di una cultura di pace e per la gestione creativa dei conflitti.
2.6 Criteri di scelta dei film
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
I film italiani presi in considerazione in questo scritto sono stati scelti in base
all'incrocio di diversi criteri (Carlini e altri, 1998; Carlini – Gusso, 2002).
Un primo criterio è stato quello di selezionare film italiani aventi preferibilmente come
'tema' principale o almeno come 'motivo' non troppo secondario le migrazioni
interne e/o l’immigrazione straniera in Italia, viste nella varietà delle motivazioni
(economiche, sociali, culturali, politiche ecc.), dei progetti migratori familiari e
personali, delle distanze spaziali (pendolari, inurbati, immigrati italiani e stranieri),
delle categorie socioeconomico-culturali (contadini, operai, impiegati, intellettuali,
sottoproletari ecc.), dei generi (uomini e donne), delle generazioni e delle fasce d’età
rappresentati, delle provenienze geoambientali (immigrati giunti da diverse regioni
italiane o da diversi paesi stranieri) e dei settori produttivi di provenienza (secondario,
terziario e soprattutto primario) e di destinazione (secondario e terziario).
Un secondo criterio è stato quello della loro ambientazione temporale e
realizzazione nel secondo dopoguerra, con preferenza accordata ai film pressoché
coevi o non molto posteriori ai fenomeni narrati e riguardanti le diverse fasi della
storia delle migrazioni in Italia, prima e dopo la ‘inversione della corrente migratoria’.
Un terzo criterio è stato quello della loro ambientazione a Milano e/o nel suo
hinterland (Gusso, 2000b).
Un quarto criterio è stato quello di selezionare film suscettibili di un triplice
approccio (specchio; testo; fonte storica) e quindi godibili e ‘leggibili’ da un punto
di vista linguistico-comunicativo e tematico, dotati di un certo spessore estetico,
rappresentativi come fonti rispetto alla tematica storica delle migrazioni, ai loro singoli
aspetti più rilevanti e alle diverse fasi della storia del fenomeno migratorio e spendibili
da un punto di vista formativo-didattico; in particolare, si sono scelti film da vedere
per intero, in appositi cineforum o in visioni personali a scuola o a casa, e/o da cui
ricavare sequenze filmiche e/o narrative (‘macrosequenze’) autonome, da
utilizzare come icebreaker sintetici, evocativi, problematizzanti e facilitatori e/o come
inviti alla visione e/o come repertori tematici panoramici da consultare per scegliere
singoli film per approfondimenti di gruppo o individuali.
Un quinto criterio è stato quello della loro reperibilità attraverso nei negozi e nei
circuiti dell’e-commerce dove si vendono o affittano videocassette, DVD e laser disc
(tale reperibilità è stata verificata in Rifilato, 2000 e 2003), o almeno nelle biblioteche
e cineteche che ne consentono il prestito a domicilio e/o la visione (con l'eccezione
possibile di alcuni film fondamentali videoregistrati durante la loro trasmissione in tv).
Un sesto criterio è stato quello della loro appartenenza alla categoria del film di
fiction: si sono, quindi, scartati film appartenenti ad altre categorie, come il
documentario; all'interno del cinema di fiction, tuttavia, si sono scelti film
appartenenti a diversi generi (commedia, dramma, melodramma ecc.: Altman, 2004)
e modalità rappresentative (realistica, melodrammatica, patetica ecc.).
Un settimo criterio è stato quello di scegliere film di cui sono reperibili le
sceneggiature, o su cui esistono schede o analisi nei principali dizionari e/o
enciclopedie e/o storie del cinema e/o repertori cinematografici italiani (Aa. Vv., 1995;
Brunetta, 1998; Chiti – Poppi, 1991; Di Giammatteo, 1996; Di Giammatteo –
Bragaglia, 2004; Farinotti, 2002; Giusti, 2004; Martini, 1997; Martini – Morelli, 1997;
Mereghetti, 2003; Morandini e altri, 2004; Moscati, 1998; Poppi – Pecorari, 1992;
Rondolino, 2000) e/o in monografie critiche, e/o su cui si possano trovare informazioni
critiche mediante Internet (Aimeri – Tomasi, 2001).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
2.7 La serie di film selezionati
In questo scritto propongo una rosa di film e/o di sequenze filmiche, da usare in modo
differenziato, individualizzato ed elastico, ‘a fisarmonica’.
Consiglio prioritariamente i due film, reperibili in VHS e/o DVD, che danno maggior
rilievo alla problematica migratoria e si prestano a un lavoro più approfondito con
tutto il gruppo-classe (o interclasse), nelle ore curricolari o in ‘cineforum’: uno sulle
migrazioni interne dalla provincia rurale dell’Italia meridionale verso una metropoli,
come quella milanese, che offre vari tipi di attività, legali o ai margini della legalità,
sia nel settore secondario, sia in quello terziario, prima della ‘inversione della corrente
migratoria’ (Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratellii, 1960); l’altro sull’immigrazione
algerina dal settore primario al settore secondario, conseguente a tale ‘inversione’
(Maurizio Zaccaro, L’articolo 2, 1993);
In secondo luogo, suggerisco altri due film, reperibili in VHS o DVD, sul problema
dell’integrazione degli immigrati dall’Italia meridionale (i sottoproletari napoletani
assunti in fabbrica di Napoletani a Milano di Eduardo De Filippo, 1953) e centrale (il
maestro di Palestrina Dante Trilli che cerca il successo come pubblicitario, ma poi
torna a fare il maestro elementare, in Scuola elementare di Alberto Lattuada, 19541955), prima della ‘inversione della corrente migratoria’, come film di cui, a seconda
dei contesti educativo-didattici, si possono fare usi diversi: dalla visione integrale nel
gruppo-classe (o interclasse) o in ‘cineforum’ alla visione in piccolo gruppo o
individuale, fino al ricavarne singole ‘macrosequenze’ o sequenze, anche come
icebreaker;
In terzo luogo, propongo altri tre film, reperibili in VHS e/o DVD, al confine fra la
tematica delle migrazioni a medio o ampio raggio e quelle contigue del viaggio interno
all’Italia e dell’impatto fra modelli culturali diversi delle diverse Italie (l’ignoranza
geografica e gli stereotipi su Milano dei fratelli campani Antonio e Peppino Capone e il
loro impatto con la metropoli ambrosiana, in Totò, Peppino e… la malafemmina di
Camillo Mastrocinque, 1956), di un caso-limite di missione politica vendicatrice, che si
trasforma in un’agrodolce integrazione socioeconomica (l’ex direttore della Biblioteca
civica di Guastalla / RE e addetto ai servizi culturali della miniera di Castelnuovo della
C.I.S, che, partito con l’intenzione di vendicare 43 minatori morti per il grisou
dinamitando il grattacielo della sede centrale milanese della C.I.S., ne diventa un
pubblicitario di successo, ne La vita agra di Carlo Lizzani, 1963-1964), e del
pendolarismo a breve raggio (la lenta conquista del posto da impiegato del pendolare
di Meda Domenico Cantoni, ne Il posto di Ermanno Olmi, 1961), come film di cui, a
seconda dei contesti educativo-didattici, si possono fare usi diversi, dalla visione in
piccolo gruppo o individuale, fino al ricavarne singole ‘macrosequenze’ o sequenze,
anche come icebreaker;
Infine, segnalo altri quattro film, attualmente (ma forse, in futuro, chissà?) più
difficilmente reperibili, significativi per la rappresentazione dei problemi di
integrazione di pendolari settentrionali e di immigrati meridionali e stranieri (le
difficoltà incontrate dalla coppia mista, formata dal pendolare operaio lombardo
Andrea Meroni e dall’impiegata e ragazza-madre pugliese Rosaria, in Pelle viva di
Giuseppe Fina, 1962), dei differenti modellli culturali nelle coppie miste fra lombardi e
meridionali o stranieri (fra Giulio Basletti, cinquantenne operaio metalmeccanico
sindacalizzato e poi pensionato, e la sua figlioccia e poi moglie diciassettenne
avellinese Vincenzina Rotunno, prima casalinga e poi, dopo la scoperta della sua
relazione col poliziotto immigrato pugliese Giovanni Pizzullo e la sua cacciata di casa
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
col figlio, single operaia, caporeparto e rappresentante sindacale di fabbrica, in
Romanzo popolare di Mario Monicelli, 1974; fra l’anarco-comunista lombardo Nullo
Bronzi e la siciliana Carmela Santoro, operai in una fabbrica dell’hinterland milanese,
in Delitto d’amore di Luigi Comencini, 1974; fra il gagé Pietro Di Leo, separato dalla
moglie con un figlio, addetto alla sorveglianza nella Rinascente di Milano, e la giovane
rom Pabe, che, dopo la fuga a due ad Ancona, cerca invano di integrarsi nella vita
sedentaria della società gagé attraverso il lavoro di operaia prima e di cameriera
d’albergo poi, in Un’anima divisa in due di Silvio Soldini, 1993), come film di scorta
per eventuali approfondimenti o icebreaker.
Per farsi gradualmente un’idea della complessità dei viaggi di migrazione interna e
dell’impatto fra emigranti provenienti dalle aree rurali del Sud e autoctoni milanesi, si
può partire da alcune sequenze del film di Camillo Mastrocinque, Totò, Peppino e… la
malafemmina (1956), usandole sia come icebreaker, sia come fonti storiche.
In una sequenza i fratelli campani Antonio (Totò / Antonio de Curtis), Peppino
(Peppino De Filippo) e Lucia (Vittoria Crispo) Capone apprendono dal vicino
Mezzacapa (Mario Castellani) che il nipote studente Gianni (Teddy Reno) è scappato
da Napoli con una soubrette (Dorian Gray) a Milano e che Milano non si trova né in
Calabria, né in Sardegna, ma in Lombardia, in mezzo alla nebbia e al freddo.
In un’altra nota ‘macrosequenza’ i tre fratelli, eccessivamente impellicciati, arrivano
alla Stazione Centrale di Milano e arredano con vari generi di conforto una stanza
d’albergo milanese.
In una sequenza altrettanto famosa Antonio, spalleggiato da Peppino, si rivolge in
Piazza Duomo a un vigile milanese, scambiato per un generale austriaco, in un misto
di napoletano, italiano, tedesco e francese e resta piacevolmente sorpreso quando
scopre che parla italiano.
Quello che a noi apparirebbe come un normale viaggio interno all’Italia si configura,
quindi, come un viaggio (quasi di emigrazione) in un paese straniero e
incomprensibile (sulle rappresentazioni filmiche dei viaggi nell’Italia del secondo
dopoguerra si veda Melanco, 1996).
Le analogie tra Toto, Peppino e… la malafemmina e Napoletani a Milano di Eduardo De
Filippo (1953-1954) sono parecchie: in entrambi i casi si tratta di viaggi non di
emigrazione che mettono in luce le differenze fra la Campania (Napoli nel caso del film
di Eduardo De Filippo) e Milano e di film di cui sono protagonisti i più famosi attori
napoletani del periodo (Totò e Peppino De Filippo, nel primo caso; Eduardo De Filippo
nel secondo); vanno sottolineate, però, anche le differenze: per esempio, in
Napoletani a Milano sono più rappresentati gli stereotipi incrociati fra milanesi e
napoletani e i problemi degli emigranti / immigrati a Milano (da quello della casa a
quello del lavoro).
Il film è interessante sotto diversi punti di vista (Carlini – Gusso, 2002).
“La società milanese I.L.A.R. (Industrie lombarde acciaierie riunite) invia l’ingegner
Parenti a impiantare uno stabilimento sul terreno di una borgata napoletana, dove
sorgono dei tuguri fatiscenti. Gli abitanti, guidati dal loro ‘sindaco’, don Salvatore
Aianello [Eduardo De Filippo], si oppongono con tutti i mezzi all’operazione, mentre
nasce una simpatia reciproca fra l’ingegner Parenti [Frank Latimore] e una ragazza
napoletana, Nannina [Anna Maria Ferrero].
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
A causa delle vibrazioni della scavatrice, nella borgata crolla una vecchia casa
pericolante, dove trovano la morte cinque persone che non
avevano voluto
abbandonarla.
Nuclei familiari di parenti veri e falsi delle vittime (fra cui s’intrufola anche Nannina),
organizzati da don Salvatore Aianello, arrivano in treno a Milano e si presentano al
Consiglio di amministrazione dell’I.L.A.R. per chiedere un indennizzo. L’avvocato
napoletano della società, Nocera [Giuseppe Pica], propone di dare lavoro a tutti i
parenti delle vittime alle dipendenze dell’ingegnere Enrico Parenti pensando che
dicano di no, ma don Salvatore, fiutato il tranello, convince tutti ad accettare.
Don Salvatore viene ospitato nella casa del capo operai milanese Giovanni [Vittorio
Sanipoli]; gli altri trovano sistemazione in camere d’affitto. Mentre l’intraprendente
Nannina trova lavoro come commessa in un negozio di guanti nel centro di Milano e
coltiva la sua relazione con l’ingegner Parenti, i più s’inseriscono bene in fabbrica.
Quando la fabbrica dell’I.L.A.R. deve sospendere l’attività per mancanza di materie
prime, i napoletani ne evitano la chiusura, prima con un lungo sciopero e
l’autogestione, e poi ottenendo aiuto dai concittadini emigrati in tutto il mondo” (ivi).
In particolare, in una ‘macrosequenza’ alcuni napoletani giunti a Milano con don
Salvatore vengono respinti brutalmente dall’ingresso dell’Albergo Ristorante Milano;
un secondo gruppo prende alloggio presso una pigionante; un terzo incontra per caso
per strada un autista concittadino che trova loro una provvisoria sistemazione
notturna in un’autorimessa; Don Salvatore, ospite della famiglia di Giovanni,
capotecnico milanese della fabbrica I.L.A.R., in un dialogo con Giovanni e sua moglie,
sostiene che, per sdrammatizzare il viaggio migratorio in treno e ridurre le distanze
fra Milano e il Sud, basterebbe sostituire i treni fra Napoli e Milano con una linea del
tram Via Caracciolo – Piazza del Duomo.
In un’altra ‘macrosequenza’, quando la fabbrica deve sospendere l'attività per
mancanza di materie prime, i lavoratori napoletani ne evitano la chiusura grazie a una
sorta di ‘catena di Sant’Antonio’ postale di solidarietà fra napoletani emigrati in tutti i
continenti.
Napoletani a Milano può esser considerato un film di transizione fra le tematiche dei
viaggi e degli stereotipi incrociati fra diverse regioni italiane e la tematica
propriamente migratoria, in quanto, accettando l’offerta di lavoro alla I.L.A.R., don
Salvatore e gli altri borgatari napoletani trasformano un viaggio per ottenere degli
indennizzi in una sorta di progetto migratorio.
Sia pur entro questi limiti, il film, tuttavia, è interessante perché intreccia o alterna
alcune rappresentazioni più stereotipate o tradizionali (la scarsa voglia di lavorare e la
propensione alla sceneggiata lacrimevole e al raggiro inventivo di don Salvatore e dei
parenti falsi o finti delle vittime del crollo del tugurio napoletano; il colpo di fulmine fra
la napoletana Nannina e il comprensivo ingegnere settentrionale della I.L.A.R. Enrico
Parenti; la traversata di Milano che si snoda attraverso alcuni loci communes quali la
Stazione Centrale e Piazza della Scala; la coppia di milanesi dal cuore in mano,
composta da Giovanni, burbero capo operai della I.L.A.R., e da sua moglie) con il
ribaltamento di alcuni stereotipi regionali (sono proprio gli operai napoletani a salvare
con il lavoro la I.L.A.R. da una crisi sicura) e con alcuni significativi elementi della
problematica delle migrazioni interne nella fase di transizione fra l’età della
ricostruzione e della ripresa dello sviluppo (1945-1957) (ivi) e quella del boom (19581965) (Carlini e altri, 2002):
a) le migrazioni dalle sacche di marginalità sottoproletaria (la borgata alla periferia di
Napoli da cui provengono il “sindaco” don Salvatore Aianello e i suoi protetti) delle
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
città terziario-industriali del Sud, come Napoli, verso il settore secondario dell’area
metropolitana milanese, anche se, in questo caso, la rappresentazione sembra essere
più a tesi o fiabesca o romanzesca che non realistica;
b) una gamma abbastanza ampia di lavori svolti dagli immigrati meridionali, da quelli
più tradizionali, quali l’attività di avvocato al servizio di un’impresa (come nel caso
dell’avvocato Nocera) o di commessa in un negozio di guanti (come nel caso di
Nannina), a quelli più recenti, come quello di operai della I.L.A.R.;
c) la rappresentazione abbastanza realistica di due dei problemi più spinosi per gli
immigrati a Milano: la ricerca di un alloggio, anche provvisorio, e il superamento degli
stereotipi incrociati fra meridionali / napoletani e settentrionali / milanesi.
Il film contiene, inoltre, alcune delle poche rappresentazioni di un consiglio di
amministrazione in riunione (quello della I.L.A.R.), di una serrata aziendale, di uno
‘sciopero alla rovescia’, con autogestione della produzione da parte delle maestranze
operaie, tipico delle crisi e ristrutturazioni dei primi anni cinquanta, e dell’arrivo delle
camionette della Celere, il reparto speciale autotrasportato della Polizia di Stato,
istituito nel 1945 dal ministro degli Interni socialista Giuseppe Romita e molto usato
nella violenta repressione delle manifestazioni sindacali e politiche dal democristiano
Mario Scelba, ministro degli Interni fra il 1947 e il 1953 (Carlini – Gusso, 2002).
Passiamo ora in rassegna, in ordine cronologico, i film più significativi sull’emigrazione
/ immigrazione a Milano nel secondo dopoguerra (per una loro contestualizzazione
nella storia del cinema milanese e lombardo si vedano De Berti, 1996, 1997; Martini,
1997; Pasculli, 1998).
Se, in senso stretto, il film di Alberto Lattuada, Scuola elementare (1954-1955), come
appare già nel titolo, ha come ‘tema’ principale quello della scuola, la problematica
migratoria vi rappresenta un ‘motivo’ non tanto secondario. Infatti, il maestro
elementare Dante Trilli (Riccardo Billi), dopo la morte della madre e dopo aver vinto il
“concorso per le grandi sedi”, si trasferisce da Palestrina (Roma) a Milano per
l’attrazione che la grande città esercita sul suo animo di provinciale. Ospitato a casa di
Pilade, suo compaesano ed ex compagno di scuola, nonché bidello nella nuova scuola
elementare di Dante, quest’ultimo si accorge che non è facile vivere a Milano col solo
stipendio di maestro, ma inizialmente rifiuta un secondo lavoro, come invece fa Pilade,
nel tempo libero fattorino presso l’industria del padre di uno degli alunni della scuola,
Bonfanti (Alberto Rabagliati). Successivamente Dante si innamora di Laura (Lise
Bourdin), una giovane e bella collega, che, però, rinuncia al concorso per passare di
ruolo nella scuola per iniziare una nuova carriera nel mondo della moda. Dante, allora,
accetta di affiancare Pilade, che ha investito tutti i suoi risparmi nel lancio di un nuovo
capo di abbigliamento, la “camiciamutanda”. “Nonostante l’impegno di Trilli, le spese
per produrre e lanciare il prodotto si fanno ben presto eccessive e Pilade cede brevetto
e società a Bonfanti […]. Trilli, che ha mostrato grande inventiva e abilità nel pensare
la campagna pubblicitaria per il lancio della camiciamutanda, viene assunto da
Bonfanti con il compito di occuparsi della pubblicità della sua azienda. Ma non è lavoro
per il maestro […] che, preso dalla nostalgia per l’insegnamento, strappa la lettera di
dimissioni e il primo giorno di scuola si presenta regolarmente davanti alla sua classe”
(ivi).
Fra le varie sequenze significative, si possono analizzare le seguenti.
Nell’incipit, alla Stazione Centrale di Milano, Dante, sceso dal treno, viene accolto con
un abbraccio da Pilade, che, convinto che l’amico sia a Milano solo di passaggio,
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
quando scopre che si tratta di un trasferimento decisivo, si lascia andare a
considerazioni poco incoraggianti: “’Lei al suo paese col suo stipendio faceva il
signore, qui dovrà fare l’equilibrista […]. Sta facendo una pazzia. Dia retta a me, torni
al paese!’. Le parole di Pilade non servono in alcun modo a smontare l’entusiasmo di
Trilli che si avvia verso l’uscita della stazione con lo sguardo perso in giro a saziarsi
delle immagini del suo nuovo mondo” (ivi).
In un’altra sequenza, in una calda giornata d’estate, Dante e Pilade si ritrovano come
turisti sul tetto del Duomo di Milano: “’Guardi, eccolo là il sogno mio’ dice Pilade
indicando il panorama della città. ‘Pare che basti allungare una mano… gomma,
magneti, panettoni, acciaio, macchine… miliardi! Io volevo solo le briciole…’.
Nell’immaginario collettivo degli anni ’50 Milano rappresenta il simbolo della rinascita
industriale dell’Italia, la città dove si pensa sia facile non solo trovare lavoro ma anche
arricchirsi se si possiedono intraprendenza, volontà, iniziativa e magari un piccolo
capitale da rischiare. Soldi facili, pare che basti allungare una mano per averli dice il
bidello Pilade traducendo in parole le sensazioni che provoca Milano nei nuovi venuti,
ma la realtà è molto più dura, non ci si improvvisa imprenditori e nel mondo
dell’industria vige la legge del più forte. Una cosa è lasciarsi sedurre dall’attivismo e
dall’atmosfera affaristica della città […], un’altra è provare a misurarsi in prima
persona con il mondo dell’economia e della produzione, soprattutto se si è dilettanti,
rischiando la casa e i quattro soldi che si hanno da parte” (ivi).
Complessivamente, dunque, il film mette a fuoco alcuni significativi elementi della
problematica delle migrazioni interne nella fase di transizione fra l’età della
ricostruzione e della ripresa dello sviluppo (1945-1957) (ivi) e quella del boom (19581965) (ivi):
a) sulla persistenza di media o lunga durata della tradizionale mobilità per concorso
dei maestri elementari, del fascino del mondo della moda milanese, dell’influenza dei
rotocalchi come possibili trampolini di lancio per donne belle e giovani e del ‘mito della
capitale economica e morale’ (Dalmasso, 1972; Rosa, 1982) per gli intellettuali di
provincia si innesta la sottolineatura del rilievo del mondo della pubblicità, che anticipa
qualche aspetto del nascente neocapitalismo milanese che verrà approfondito da altri
film dell’età del boom come La vita agra di Carlo Lizzani (1963-1964);
b) dato che, rispetto alle più famose e incisive migrazioni di massa dal settore
produttivo primario delle aree montuose e rurali di tutta Italia e in particolare da
quella meridionale verso il settore produttivo secondario delle grandi città del
‘Triangolo industriale’, le migrazioni dal settore terziario delle cittadine di provincia
verso quello delle grandi città (anche di quelle prevalentemente terziarie come Roma
e i capoluoghi di regione o provincia del Sud) sono meno studiate dagli storici e meno
rappresentate dal cinema, questo film risulta in controtendenza, tanto più che mostra
i tentativi di due addetti al terziario tradizionale (un maestro e un bidello) di sfondare
nel mondo del settore secondario, anche se l’industriale Bonfanti conserva i tipici tratti
un po’ macchiettistici dell’imprenditore paternalista lombardo.
Se, in senso stretto, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti (1960) può essere
considerato un ‘melodramma della famiglia’, si tratta pur sempre della disgregazione
di una famiglia di immigrati lucani (Rosaria Parondi ei suoi figli Vincenzo, Simone,
Rocco, Ciro e Luca) nell’impatto con la Milano dei primi anni del 'miracolo economico'
italiano e quindi la problematica migratoria rappresenta qualcosa di intermedio fra il
‘tema’ principale e un ‘motivo’ secondario.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Il film è complesso e si presta particolarmente a uno ‘smontaggio’ nel laboratorio
didattico storico-interdisciplinare o a un dibattito da ‘cineforum’; tuttavia, se ne
possono segnalare alcune sequenze fondamentali (Carlini e altri, 1998), evitando di
riportare la trama, dato che il film è piuttosto noto.
Nei titoli di testa e nella ‘macrosequenza’ iniziale (il prologo) Rosaria Parondi (Katina
Paxinou) e i figli Simone (Renato Salvatori), Rocco (Alain Delon), Ciro (Max Cartier) e
Luca (Rocco Vidolazzi), arrivati alla Stazione Centrale di Milano, vi cercano invano il
primogenito Vincenzo, già immigrato a Milano, prendono il tram per raggiungerlo,
attraversando una città sfavillante di luci, e imparano dal bigliettaio parole sconosciute
come “capolinea” e “Lambrate”. L’incipit contiene alcuni significativi elementi
anticipatori. “L’assenza del primogenito Vincenzo rappresenta il tema dell’assenza del
capofamiglia: nessuno dei figli riuscirà davvero a sostituire il padre morto e a tener
unita la famiglia. È Ciro [il quartogenito] ad aiutare la madre a scendere dal treno e a
offrirsi ad andar a cercare Vincenzo, ma è Simone [il secondogenito] a farlo invano”
(ivi); nella sequenza del tram, la persona più colpita dal fascino delle luci notturne di
Milano è Simone, mentre la persona più apatica è Rocco. Si susseguono tre temi
musicali: il primo, melodrammatico, introdotto all’inizio dei titoli di testa, segnala la
modalità prevalentemente melodrammatica del film; il secondo, inserito nei titoli di
testa e composto dalla canzone popolare Paese mio in dialetto pugliese (in origine una
ninna nanna pugliese), cantata dal cantante melodico-popolare Elio Mauro, è il
Leitmotiv della nostalgia del paese d’origine lucano che riecheggerà più volte nel film;
il terzo tema, che accompagna la discesa della famiglia Parondi lungo la scalinata della
Stazione Centrale verso il tram per Lambrate, è un tema più allegro, ‘moderno’ e
‘swingato’ e accompagna verso la scoperta della metropoli sfavillante di luci.
Il primo atto (Vincenzo) si apre con la ‘macrosequenza’ dei festeggiamenti, a casa dei
Giannelli, immigrati lucani di più vecchia data, per il fidanzamento fra Vincenzo (Spiro
Focas) e Ginetta Giannelli (Claudia Cardinale), commessa alla Standa,
melodrammaticamente interrotto dall’arrivo degli altri Parondi e dal litigio fra i parenti
di Ginetta e Rosaria, che pretende che Vincenzo sistemi la famiglia di origine prima di
formarne una nuova e costringe tutti i figli a lasciare precipitosamente la casa.
In una sequenza successiva la famiglia Parondi, al completo, trasloca su un carrettino
tutti i suoi averi nel seminterrato di una casa popolare a Lambrate (le riprese sono
state effettuate nell’edificio di via Dalmazio Birago 2), mentre la portinaia e
un'inquilina si scambiano sui nuovi arrivati battute pungenti che, tradotte dal milanese
in italiano, suonano così: “Vicina: ‘Mamma mia! Ha visto che roba?’. Portinaia:
‘Africa!’. Vicina: ‘E dov’è ‘sta Lucania? Ma vengono proprio tutti qui?. Portiera: ‘Giù,
giù, in fondo, in fondo… Terra da pipe, vero?’” (ivi). Si noti un’altra anticipazione
interessante. “A tirare il carretto per le stanghe è il primogenito Vincenzo, mentre Ciro
lo spinge da dietro, Rocco e Luca portano qualcosa, ma Simone viene avanti con le
mani in tasca senza portare niente, mentre Rosaria tiene in mano un ombrello troppo
piccolo per poter riparare tutti” (ivi).
Nel secondo atto (Simone) particolarmente simbolica è la sequenza del torneo
interregionale di boxe per dilettanti, in cui Simone, rappresentante della Lombardia,
sconfigge il rappresentante della Lucania Vitolo. I fratelli di Ginetta e altri immigrati
lucani danno del traditore a Simone, mentre i due gruppi vengono alle mani, Simone
se ne va in compagnia di Nadia (Annie Girardot), una ragazza di vita cremonese,
vicina di casa dei Parondi, sotto gli occhi di Duilio Morini (Roger Hanin), l’ex pugile
omosessuale che aveva scoperto Simone, portandolo ad allenarsi nella palestra
dell’impresario di boxe Cecchi (Paolo Stoppa).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Nel quinto e ultimo atto (Luca), “[…] all’esterno dell’Alfa Romeo, Luca racconta
l’arresto di Simone a Ciro, che gli spiega di aver imparato proprio da Simone, un
tempo, a riconoscere i propri diritti e doveri, lo mette in guardia contro i danni che
possono venire sia dalla malvagità di Simone sia dalla bontà di Rocco e gli confida la
speranza che proprio lui, Luca, possa un giorno ritornare al paese natio, diventato nel
frattempo una città in cui gli uomini avranno imparato a rispettare diritti e doveri.
Luca invita Ciro a rientrare in famiglia e si avvia a casa dopo aver accarezzato un
manifesto con la faccia di Rocco che preannuncia una sua tournée nel mondo” (ivi).
Nel complesso, Rocco e i suoi fratelli è uno dei film più polisemici e meno disorganici
sulle migrazioni interne dal settore produttivo primario dei paesi meridionali verso
l’area metropolitana milanese per vari motivi.
Anzitutto presenta tutta una gamma di possibilità che l’area metropolitana milanese
offre agli immigrati: l’edilizia (prima occupazione di Vincenzo e Ciro), i servizi legati
alle infrastrutture (le attività di posteggiatore e di benzinaio successivamente svolte
da Ciro), la fabbrica (l’Alfa Romeo, dove alla fine Ciro si sistema), l’artigianato e la
piccola distribuzione (la stireria dove per un certo tempo Rocco lavora alle dipendenze
di Luisa / Suzy Delair), la grande distribuzione (la Standa, dove lavora Ginetta), ma
anche i lavori precari e occasionali (come quello di spalare la neve), il duro sport dei
poveri, ossia la boxe (attività prima di Simone e poi di Rocco), le attività ai margini
della legalità o illegali, come la prostituzione (praticata da Nadia), il furto dei gioielli di
Luisa ad opera di Simone, i furti d’auto e il contrabbando di sigarette ad opera di Ivo
(Corrado Pani) e di altre cattive amicizie di Simone, la bisca clandestina, dove
quest’ultimo ritrova Nadia dopo lo stupro, e il furto con ricatto perpetrato da Simone
ai danni di Morini.
In secondo luogo, il film, attraverso il microcosmo della famiglia Parondi, presenta
tutta una gamma di traiettorie di integrazione o di emarginazione degli immigrati
nell’area metropolitana milanese: l’integrazione acritica attraverso il lavoro e la
costituzione di un nuovo nucleo familiare nel caso di Vincenzo; il contrasto fra
l’apparente integrazione della casalinga e madre di famiglia Rosaria nelle abitazioni
sempre più dignitose, da una parte, e, dall’altra, la sua profonda refrattarietà ai
‘moderni’ modelli metropolitani e il suo compulsivo attaccamento al modello arcaico
della matriarca mediterranea distruttiva ed autodistruttiva, che immola le individualità
dei propri figli sull’altare di un malinteso senso dell’unità familiare; la sconfitta del
tentativo di Nadia di rifarsi una vita e la sua uccisione sacrificale e fatale, data la sua
funzione di femme fatale e di elemento perturbante e disgregatore dell’unità della
famiglia Parondi e in particolare del rapporto latentemente omosessuale fra Rocco e
Simone; il delitto e castigo di Simone; il sacrificio dell’amore per Nadia, compiuto da
Rocco, in nome dell’unità familiare e la trasformazione della sua carriera come pugile
professionista da possibile riscatto personale in una sorta di condanna a un lavoro
massacrante e a continue trasferte per riimborsare con i proventi della boxe Morini, in
cambio del ritiro della denuncia per furto di Simone; l’ambivalenza del percorso di
Ciro, che, da un lato, sembra illustrare ironicamente la tesi ideologica marxista
volgare ed edificante del contadino meridionale immigrato della conquista una sua
coscienza di classe diventando operaio della grande fabbrica, ma, dall’altro, sembra
integrarsi assorbendo la mentalità d’ordine, perbenista e consumista della società
borghese; le nostalgie e le speranze proiettate da Rocco e Ciro su Luca, come unico
possibile autore di un riscatto e di un rientro in un paese d’origine finalmente uscito
dalla miseria.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Infine Rocco e i suoi fratelli mette in rilievo i conflitti fra gli ‘arcaici’ e mediterranei
modelli culturali degli immigrati rurali meridionali e i ‘moderni’ modelli culturali della
società urbana e industriale ‘continentale’.
Sarebbe interessante analizzare il film di Ermanno Olmi, Il posto (1961), incentrato
sull’esame e sulla graduale conquista di un posto da impiegato in una grande azienda
milanese da parte del giovane Domenico Cantoni, figlio di un operaio pendolare
dell’hinterland milanese (Meda) negli anni del ‘miracolo economico’ (Carlini e altri,
1998; Owens, 2001; Pellizzari, 2003), ma si tratta di un pendolare inurbato più che di
un immigrato vero e proprio e comunque non ce n’è lo spazio.
Nel film di Giuseppe Fina, Pelle viva (1962) Andrea Meroni (Raoul Grassilli), un
operaio qualificato lombardo (di Lonate Po, nome fittizio) che fa il pendolare a Milano,
dove lavora come caricatore ai forni di una ferriera, e Rosaria (Elsa Martinelli), una
ragazza pugliese che vive a Milano, dove lavora all’Ufficio Assistenza del Comune, e
che ogni sabato prende il suo stesso treno per andar a visitare il figlio illegittimo
Tonino all’Istituto dell’infanzia abbandonata di San Quinto (nome fittizio), si
incontrano casualmente, si innamorano e si sposano; Andrea si trasferisce a Milano
dopo avervi trovato lavoro, ma viene licenziato dopo aver partecipato a una
manifestazione di protesta degli operai pendolari contro una prolungata sosta del
treno ed essere stato incarcerato per un mese per violenza a pubblico ufficiale, mentre
la moglie sta per partorire; quando esce dal carcere, Andrea dovrà ricominciare da
capo come manovale (Carotti, 1992; Tinazzi, 1963). Il film, però, è di difficile
reperibilità e comunque non c’è spazio per esaminarlo qui.
Sarebbe interessante analizzare anche il film di Carlo Lizzani, La vita agra (19631964), tratto dal romanzo omonimo di Luciano Bianciardi (Rizzoli, Milano, 1962), in
cui Luciano Bianchi (Ugo Tognazzi), sposato e con figli, ex direttore della Biblioteca
civica di Guastalla (RE) e addetto ai servizi culturali della miniera di Castelnuovo della
C.I.S., arrivato a Milano per vendicare i 43 morti della miniera di Castelnuovo facendo
saltare con la dinamite il grattacielo della C.I.S., incontra casualmente Anna
(Giovanna Ralli), una giornalista romana comunista, si mette a convivere con lei, si
afferma nell'azienda come pubblicitario di successo e alla fine accompagna Anna, che
rientra a Roma in treno, alla Stazione Centrale, poco prima di accogliervi la moglie e il
figlio, in arrivo con un altro treno; ma si tratta di progetti migratori molto particolari,
dato che Luciano inizialmente ha solo l’intenzione di vendicare i morti di Castelnuovo,
mentre Anna, che è venuta a Milano per fare un servizio giornalistico su uno sciopero
sindacale, vi resta solo per amore di Luciano (Carlini e altri, 1998; De Santi, 2001).
Inoltre, non c’è spazio per approfondirne qui l’analisi.
Nel film di Mario Monicelli, Romanzo popolare (1974) Giulio Basletti (Ugo Tognazzi),
cinquantenne operaio metalmeccanico sindacalizzato dell’hinterland milanese, ritrova
dopo 17 anni, immigrata a Milano, Vincenzina Rotunno (Ornella Muti), la figlioccia che
aveva tenuta a battesimo durante una trasferta di lavoro a Pontecagnano (AV), e la
sposa; apre le porte di casa a Giovanni Pizzullo (Michele Placido), un poliziotto
pugliese immigrato a Milano, ferito da un compagno di lavoro di Giulio durante una
manifestazione sindacale; quando scopre che Giovanni ha una relazione con
Vincenzina, caccia di casa la moglie e il figlio; stanca di essere contesa
possessivamente dai due uomini, Vincenzina inizia una vita autonoma con il figlio, va
a lavorare come cottimista in un guantificio di Melegnano, poi in una fabbrica di
Settimo Milanese e diventa caporeparto e rappresentante sindacale di fabbrica in una
grande ditta di confezioni, mentre Giovanni, trasferito in un’altra questura, sposa
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
un’altra ragazza e Giulio va in pensione; in un finale aperto, Vincenzina, tramite il
figlio, invita Giulio a pranzo (Age e altri, 1974; Della Casa, 1986). Il film, tuttavia, è di
difficile reperibilità e comunque non c’è lo spazio per analizzarlo.
Nella tragica “favola operaia” ed ecologista di Luigi Comencini Delitto d’amore (1974)
due operai di una fabbrica dell’hinterland milanese, il lombardo Nullo Bronzi (Giuliano
Gemma), che vive in una tipica casa operaia con i genitori, due fratelli e una sorella, e
Carmela Santoro (Stefania Sandrelli), immigrata da Mazara del Vallo / TP, che abita in
una cascina di periferia, trasformata in un dormitorio per immigrati, con la madre e
tre fratelli, s’innamorano, nonostante le differenti mentalità. Infatti, Nullo, proveniente
da una famiglia anarchica, sarebbe disposto a sposare subito Carmela, ma solo con il
matrimonio civile, mentre Carmela non solo desidera sposarsi in chiesa, ma è scissa
fra i modelli più ‘moderni’ delle sue più emancipate compagne di lavoro e il modello
più arcaico della sua famiglia tradizionale, in cui il fratello maggore, Pasquale (Brizio
Montinaro), veglia sul suo onore, a costo di picchiarla. Quando Nullo scopre che
Carmela, apparentemente costretta dal fratello a rientrare a Mazara del Vallo, in realtà
è a casa gravemente intossicata dalle esalazioni venefiche del suo reparto
verniciatura, la sposa col rito civile; dopo la sua morte, Nullo spara al proprietario
della fabbrica (Gili, 2005; Pirro – Comencini, 1974). Il film, però, è di difficile
reperibilità e non c’è lo spazio per approfondirne qui l’analisi.
Per passare all’immigrazione extracomunitaria a Milano, un film fondamentale è quello
di Maurizio Zaccaro, L’articolo 2 (1993), in cui l'operaio algerino Said Kateb (Mohamed
Miftah), immigrato nell'hinterland milanese con la prima moglie Malika (Naima El
Mcherqui) e i suoi tre figli, viene raggiunto suo malgrado dalla seconda moglie Fatma
(Rabia Ben Abdallah) e dagli altri tre figli; accusato di bigamia, ma appoggiato dai suoi
compagni di lavoro e dal sindacato e difeso da un’avvocatessa italiana (Susanna
Marcomeni), che si appella all’articolo 2 della Costituzione repubblicana italiana, viene
autorizzato dal tribunale milanese a tenersi le due mogli, purché non sotto lo stesso
tetto; alla fine muore in un incidente sul lavoro.
Il film è complesso e si presta particolarmente a uno ‘smontaggio’ nel laboratorio
didattico storico-interdisciplinare o a un dibattito da ‘cineforum’; tuttavia, se ne
possono segnalare alcune sequenze fondamentali, come la rappresentazione molto
delicata della prima notte di coabitazione fra Said e le due mogli con i rispettivi figli e
il racconto della sentenza del tribunale nel Palazzo di Giustizia di Milano, spedito per
lettera da Said alla madre in Algeria, con il montaggio alternato delle immagini
algerine e di quelle milanesi.
Nell’insieme, nonostante il finale un po’ brusco (la morte del protagonista in un
incidente sul lavoro), L’articolo 2 è uno dei film più polisemici e meno disorganici sulle
migrazioni interne dal settore produttivo primario dei paesi meridionali verso il settore
secondario dell’area metropolitana milanese per vari motivi:
a) rappresenta in modo abbastanza realistico e intenso la famiglia originaria di Said, il
lungo viaggio migratorio in corriera di Fatma e dei suoi tre figli dal villaggio algerino,
dove abita con i parenti del marito, fino al porto di Genova;
b) rappresenta in modo abbastanza realistico e complesso i rapporti fra Said e i suoi
superiori e compagni di lavoro, in cui la solidarietà sindacale e personale con Said
consente di andar oltre gli stereotipi culturali iniziali;
c) tratteggia alcuni problemi comuni e specifici della prima e della seconda
generazione di immigrati extraeuropei, quali l’impatto con il pregiudizio etnico o
culturale (le battute sulla poligamia di qualche compagno di lavoro di Said; gli
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
atteggiamenti infastiditi o pregiudizialmente ostili del funzionario del porto di Genova
e di alcuni magistrati del Tribunale di Milano; la gattopardesca sentenza “all’italiana”
del Tribunale) e le forme di razzismo strisciante (le barzellette e le battute crudeli di
alcuni compagni di classe del secondogenito di primo letto di Said) o esplicito (il
brutale pestaggio di Said, accusato ingiustamente di attardarsi in una cabina
telefonica; la scritta razzista nella toilette del treno diretto a Genova) e il conflitto fra
l’autorità paterna e il desiderio di autonomia della primogenita di primo letto;
d) non trascura di rappresentare il punto di vista di Said sugli aspetti dei modelli
culturali italiani che non condivide (la denuncia dell’ipocrisia degli italiani che a parole
condannano la poligamia, ma poi la praticano di fatto nella forma dell’adulterio, ma
anche il pregiudizio nei confronti della possibilità di una donna di essere un buon
avvocato);
e) tratta con sensibilità ed equilibrio sia l’incontro al porto di Genova tra Said e Fatma
e figli, in cui, sotto lo sguardo prima commosso e poi esterrefatto di una poliziotta,
Said prima abbraccia i figli e Fatma e poi la schiaffeggia perché, decidendo di testa
sua di raggiungerlo in Italia, lo ha messo nei pasticci, sia i rapporti fra le due mogli,
sia il conflitto fra due diversi modelli culturali e giuridici, quello algerino, che permette
la poligamia, e quello italiano, che non la riconosce.
Nel film di Silvio Soldini Un’anima divisa in due (1993) il gagiò Pietro Di Leo (Fabrizio
Bentivoglio), separato dalla moglie con un figlio, addetto alla sorveglianza alla
Rinascente di Milano, colpito da Pabe (Mária Bakó), una nomade rom, da lui sorpresa
con un profumo rubato nel grande magazzino, scappa con lei ad Ancona, dove invano
Pabe cerca invano di integrarsi lavorando prima in fabbrica e poi come cameriera in un
albergo; alla fine torna in treno a Milano e al suo campo nomadi, ma i rom sono
andati via tutti e al posto del campo ora c’è un cantiere (Acquati, 1997; Angrisani e
altri, 2001; Colombo, 2002; Ferracin – Porcelli, 2000). Tuttavia a Milano sono
ambientate solo le parti iniziale e finale del film, di non facile reperibilità; non ci
sarebbe, inoltre, lo spazio per analizzarlo qui.
BIBLIOGRAFIA
AA. VV., CinEnciclopedia. Speciale centenario. La banca dati del cinema mondiale
aggiornata al 1995, terza edizione ampliata, Ente dello Spettacolo – Editoria
Elettronica Editel, Roma 1995 (cd-rom).
AA. VV., Per la conoscenza delle storie locali nella scuola, in Associazione Clio ’92,
Oltre la solita storia. Nuovi orizzonti curricolari, Polaris, Faenza (RA) 2000.
ACQUATI F., Silvio Soldini, in G. Martini, G. Morelli (a cura di), Patchwork due.
Geografia del nuovo cinema italiano, Il Castoro, Milano 1997.
AGAZZI E., Naive Realism and Naive Antirealism, in Realism Today, numero
monografico di Dialectica, 1989, n. 1-2.
AGE (pseudonimo di Agenore Incrocci), SCARPELLI F., MONICELLI M., Romanzo
popolare, Bompiani, Milano 1974.
AIMERI L., TOMASI D., Internet per il cinema. Tecniche, generi, cinematografie,
autori, Utet Libreria, Torino 2001.
ALASIA F., MONTALDI D., Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati. Nuova edizione
accresciuta, Feltrinelli, Milano 1975 (I edizione: ivi, 1960).
ALTMAN R., Film/Genere, Vita e Pensiero, Milano 2004.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
ANGRISANI S., MARONE F., TUOZZI C., Cinema e cultura delle differenze. Itinerari di
formazione, Ets, Pisa 2001.
ARMELLINI G., Come e perché insegnare letteratura. Strategie e tattiche per la scuola
secondaria, Zanichelli, Bologna 1987.
ARMELLINI G., Per una “educazione dell’immaginario”, ne Il Mulino, 1989, n. 323.
ARMELLINI G. (a cura di), Letteratura, arte e musica nei bienni. Strategie e tattiche
dell’educazione estetica, Cappelli, Bologna 1993.
ARRU A., RAMELLA F. (a cura di), L’Italia delle migrazioni interne. Donne, uomini,
mobilità in età moderna e contemporanea, Donzelli, Roma 2003.
ASCOLI U., Movimenti migratori in Italia, Il Mulino, Bologna 1979.
ASCOLI U., Gli anni delle migrazioni interne, in Aa. Vv., Il miracolo economico e il
centro-sinistra, vol. XXIV di G. Cherubini, F. Della Peruta, E. Lepore, M. Mazza, G.
Mori, G. Procacci, R. Villari (a cura di), Storia della società italiana, Teti, Milano 1990.
AUDENINO P., CORTI P., L’emigrazione italiana, Fenice 2000, Milano 1994.
BARATELLI M., BARBARINO L., BOCCIONI G., NEGRI M.P., ZELIOLI M., F.A.Re.
Formazione con gli adulti. Esperienze a confronto, Angeli, Milano 2002.
BARILE G., DAL LAGO A., MARCHETTI A., GALEAZZO P., Tra due rive. La nuova
immigrazione a Milano, ivi, 1994.
BARRA D., BERETTA PODINI W. (a cura di), Le migrazioni. Educazione interculturale e
contesti interdisciplinari, Cres – Edizioni Lavoro, Roma 1995.
BERNARDI P. (a cura di), Laboratori per la storia, in I Quaderni di Clio, 2002, n. 3.
BERNARDI P. (a cura di), Insegnare storia con le situazioni-problema, ivi, 2003, n. 4.
BESIA F., La “grande emigrazione” italiana nella storiografia, in Italia contemporanea,
1994, n. 194.
BLOCH M., Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di G. Arnaldi, Einaudi,
Torino 1978.
BONIFAZI C., L’immigrazione straniera in Italia, Il Mulino, Bologna 1998.
BORTOLOTTI L., Storia, città e territorio, Angeli, Milano 1993.
BORTOLOTTI L., Le ricerche di storia locale nel dibattito storiografico attuale. Fonti,
metodi, risultati, prospettive, in G. Delle Donne (a cura di), Ricerca e didattica della
storia locale in Alto Adige. Atti del convegno svolto a Bolzano il 20-21 ottobre 1994,
Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 1996.
BRIGADECI C., Storia di genere e didattica della storia, in C. Brigadeci, A. Criscione,
G. Deiana, G. Pennacchietti, Il laboratorio di storia. Problemi e strategie per
l’insegnamento nella prospettiva dei nuovi curricoli e dell’autonomia didattica,
Unicopli, Milano 2001.
BRIGADECI C. (a cura di), Il laboratorio di italiano. Esperienze, riflessioni, proposte,
ivi, 2002.
BRIGADECI C., CRISCIONE A., DEIANA G., PENNACCHIETTI G., Il laboratorio di storia.
Problemi e strategie per l’insegnamento nella prospettiva dei nuovi curricoli e
dell’autonomia didattica, ivi, 2001.
BRUNETTA G.P., Storia del cinema italiano. Dal neorealismo al miracolo economico,
vol. III: Dal neorealismo al miracolo economico 1945-1959 e vol. IV: Dal miracolo
economico agli anni novanta 1960-1993, Editori Riuniti, Roma 1998.
BRUSA A., Il laboratorio storico, La Nuova Italia, Firenze 1991.
BRUSA A. (a cura di), World History. Il racconto del mondo, in Quaderno, 1997, n. 1314 (supplemento a I viaggi di Erodoto, 1997, n. 33).
BRUSA A., Storia contemporanea e storia attuale, in Strumenti Cres, 1999, n. 22
(supplemento a Mani Tese, 1999, n. 360).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
BRUSA A., Moduli & moduli di storia, in L. Bresil, M. Tamburiello (a cura di),
Modularità e… Storia, in Quaderno del Cidi di Bari, senza data (ma 2001), n. 23.
BRUSA A., La linea e le scale: modi diversi di orientarsi nella storia, in S. Presa (a cura
di), Che storia insegno quest’anno. I nuovi orizzonti della storia e il suo insegnamento,
Regione Autonoma Valle d’Aosta / Assessorato all’Istruzione e Cultura – Direzione
delle Politiche Educative – Ufficio Ispettivo Tecnico, Aosta 2004.
BRUSA A., BRUSA A., CECALUPO M., La terra abitata dagli uomini, Progedit, Bari
2000.
CAJANI L. (a c. di), Il Novecento e la storia. Cronache di un seminario di fine secolo,
Ministero della Pubblica Istruzione / Direzione Generale Istruzione Secondaria di I
Grado, Roma 2000.
CALVANI A., I nuovi media nella scuola. Perché, come, quando avvalersene, Carocci,
Roma 1999.
CARLINI F. (a cura di), Così lontano, così vicino. Il cinema tra narrazione e
videogame, Angeli, Milano 2000.
CARLINI F., DINOIA D., GUSSO M., “C’è il boom o non c’è?”. Immagini dell’Italia del
‘miracolo economico’ attraverso film dell’epoca (1958-1965), Irrsae Lombardia, Milano
1998 (videocassetta di 65’ e volumetto di accompagnamento).
CARLINI F., GUSSO M., I sogni nel cassetto. Il cinema mette in scena la società
italiana della ricostruzione (1945-1957), Angeli, Milano 2002.
CAROTTI C., Alla ricerca del Paradiso. L’operaio nel cinema italiano 1945-1990,
Graphos, Genova 1992.
CASTALDINI E. (a cura di), Scuola e piccolo-grande schermo. Percorsi educativi per
l’immagine in movimento, Cappelli, Bologna 1991.
CERINI G., FIORIN I. (a cura di), I curricoli della scuola di base. Testi e commenti,
Tecnodid – Zanichelli, Napoli – Bologna 2001.
CESERANI R., Guida allo studio della letteratura, Laterza, Roma-Bari 1999.
CHATMAN S., Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Pratiche,
Parma, 1981.
CHITI R., POPPI R., Dizionario del cinema italiano. I film, vol. II: Dal 1945 al 1959,
con la collaborazione di E. Lancia, Gremese, Roma 1991.
CICARDI F. (a cura di), Cinema. Uno sguardo sull’esperienza. Proposte curricolari e
pratiche didattiche, Angeli, Milano 2001.
COHEN R. (a cura di), The Cambridge Survey of World Migration, Cambridge
University Press, Cambridge 1995.
COLOMBO S., Il cinema di Silvio Soldini, Falsopiano, Alessandria 2002.
COLOMBO A., D’ALFONSO R., Competenze e nuovi curricoli, in Università e scuola,
1999, n. 2/R.
COMITATO NAZIONALE “ITALIA NEL MONDO”, Storia dell’emigrazione italiana.
Partenze, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina, Donzelli, Roma 2001.
COMITATO NAZIONALE “ITALIA NEL MONDO”, Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi,
a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina, ivi, 2002, con il cd-rom Memorie
visive degli emigranti. Luoghi di partenza. Il viaggio. Paesi di arrivo e il cd audio Le
canzoni dell’emigrazione.
COMMISSIONE PER LE POLITICHE DI INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI, Secondo
rapporto sull’integrazione degli immigrati in Italia, a cura di G. Zincone, Il Mulino,
Bologna 2001.
CORTI P., L’emigrazione, Editori Riuniti, Roma 1999.
CORTI P., Storia delle migrazioni internazionali, Laterza, Roma-Bari 2003.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
CRISCIONE A., Criss-crossed landscapes. Laboratorio di storia e nuove tecnologie, in
C. Brigadeci e altri, op. cit..
DALMASSO É., Milano capitale economica d’Italia, Angeli, Milano 1972.
DE BARTOLOMEIS F., Sistema dei laboratori per una scuola nuova necessaria e
possibile, Feltrinelli, Milano 1978.
DE BERTI R., Milano nel cinema: l’immagine della città sullo schermo, in R. De Berti (a
cura di), Un secolo di cinema a Milano, Il Castoro, Milano 1996.
DE BERTI R., I cangianti orizzonti della Lombardia, in G. Martini – G. Morelli (a cura
di), op. cit..
DEIANA G., La scuola come laboratorio. La ricerca storica, Polaris, Faenza (RA) 1999.
DELLA CASA S., Mario Monicelli, ne Il Castoro Cinema, 1986, n. 124.
DELMONACO A., Dove si costruisce la memoria. Il laboratorio di storia, in Aa. Vv.,
Dalla memoria al progetto. Seminario di formazione per Docenti, in Quaderni.
Formazione Docenti, 1995, n. 5.
DELMONACO LOMBARDI A., Ancora a proposito di storia locale, in Bollettino
dell’Istituto campano per la storia della Resistenza, 1982, n. 1.
DE LUNA G., L’occhio e l’orecchio dello storico. Le fonti audiovisive nella ricerca e nella
didattica della storia, La Nuova Italia, Firenze, 1993.
DE LUNA G., La passione e la ragione. Fonti e metodi dello storico contemporaneo, ivi,
2001.
DE SANTI G., Carlo Lizzani, Gremese, Roma 2001.
DI GIAMMATTEO F., Nuovo dizionario universale del cinema. I film, in collaborazione
con C. Bragaglia, Editori Riuniti, Roma 1996, voll. 2.
DI GIAMMATTEO F., BRAGAGLIA C., Dizionario dei capolavori del cinema, Bruno
Mondadori, Milano 2004.
EVA F., Geografia delle migrazioni, in E. Damiano (a cura di), Homo Migrans.
Discipline e concetti per un curricolo di educazione interculturale a prova di scuola,
Angeli, Milano 1998.
FANTONI MINNELLA M., Non riconciliati. Politica e società nel cinema italiano dal
neorealismo a oggi, Utet Libreria, Torino 2004.
FARINOTTI P., Dizionario di tutti i film, con la collaborazione di T. Sossi e G. Zappoli,
Garzanti, Milano 2002.
FERRACIN L., PORCELLI M., Un video tra i libri. Itinerari per un uso dei film in classe,
La Nuova Italia, Firenze 1993.
FERRACIN L., PORCELLI M., Al cinema con il mondo, Emi, Bologna 2000.
FERRO M., Cinema e storia. Linee per una ricerca, Feltrinelli, Milano 1980.
FERRO M., Il cinema come agente e fonte della storia, in Storie e storia, 1983, n. 9.
FOSSA A., NICOLETTI G., PEATINI E., Laboratori per fare storia. Guida pratica alla
metodologia della ricerca storico-didattica, Canova, Treviso 2005.
GABACCIA D.R., Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, Einaudi,
Torino 2003.
GEYMONAT L., Testo letterario e contesto: un percorso didattico, in A. Colombo, C.
Sommadossi (a cura di), Insegnare la lingua: educazione letteraria, Edizioni
Scolastiche Bruno Mondadori, Milano 1985.
GILI J.A., Luigi Comencini, Gremese, Roma 2005.
GIUSTI M., Dizionario dei film italiani stracult. Nuova edizione aggiornata e ampliata,
Frassinelli, Milano 2004.
GORI G.M. (a cura di), La storia al cinema. Ricostruzione del passato
/
interpretazione del presente, Bulzoni, Roma 1994.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
GROSSER H., Narrativa. Manuale/Antologia, Principato, Milano 1985.
GUSSO M., L’uso di testi narrativi come fonti nella ricerca e nella didattica della storia,
in Aa.Vv., Ricerca e didattica. Uso delle fonti e insegnamento della storia, Edizioni
Scolastiche Bruno Mondadori, Milano 1985.
GUSSO M., Una storia per immagini: le civiltà precolombiane. Cento diapositive a
colori con un fascicolo di accompagnamento, Lega per i Diritti e la Liberazione dei
Popoli - Movimento Laici America Latina, Milano 1992.
GUSSO M., L’America Latina in musica e in versi: sette cantautori di quattro paesi.
Quattro musicassette di 60’ l’una con un fascicolo didattico, ivi, 1992.
GUSSO M., Per un curricolo innovativo di formazione geostorico-sociale e Filoni
ricorrenti e unità didattiche strategiche, in Aa. Vv., Per un curricolo continuo di
formazione geostorico-sociale nella scuola di base, Irrsae Lombardia, Milano 1994,
vol. I.
GUSSO M., Educazioni e area geostorico-sociale: una solidarietà reciproca, in Aa. Vv.,
Scienze geostorico-sociali per un curricolo verticale. Dalla Ricerca-Azione alla
Sperimentazione Assistita, ivi, 1998.
GUSSO M., Storia delle migrazioni, in E. Damiano (a cura di), op. cit., 1998.
GUSSO M., Orizzonti della contemporaneità, storia del Novecento e curricoli, in B.
Rossi (a cura di), Storia contemporanea e scuola: una rinnovata sfida educativa. Atti
del Convegno nazionale. Milano 5 marzo 1997, Istituto per il Diritto allo Studio
dell'Università degli Studi di Milano, Milano 1998.
GUSSO M., Aspetti formativi dell’educazione interculturale, in I. Frassetto (a cura di),
Convivenza e rispetto delle diversità, Direzione Didattica I Circolo di Castelfranco
Veneto – Direzione Didattica II Circolo di Montebelluna – Coordinamento “Fratelli
d’Italia”, Montebelluna (TV) 1999.
GUSSO M., Educazione interculturale, in Ong Lombarde – Irrsae Lombardia –
Provveditorato agli Studi di Milano (a cura di), Portare il mondo a scuola, Cres –
Edizioni Lavoro, Roma 1999.
GUSSO M., Du “local” au “global”. Lieux de visite, régions et comparaisons
européennes dans la perspective des échanges interculturels, in N. Mahy (a cura di),
Se comprendre en Europe. Un “modèle” de formation continue européenne, Groupe
Graphique Chauveheid, Liège – Stavelot 2000.
GUSSO M., Représentations filmiques de villes et de parcours migratoires comme
ressources pour une dimension européenne de la formation, ivi; cfr. M. Gusso, Las
ciudades y la inmigración en el cine. Una fuente para estudiar Europa, in Íber, 2000,
n. 23.
GUSSO M., Per una didattica interculturale della letteratura, in Strumenti Cres, 2001,
n. 28 (supplemento a Mani Tese, 2001, n. 380).
GUSSO M., Dagli emigranti narrati agli emigrati narranti: l’esperienza migratoria degli
italiani nelle rappresentazioni letterarie. Un percorso didattico interdisciplinare,
“Strumenti Cres”, 2002, n. 30 (supplemento a “Mani Tese”, 2002, n. 388).
GUSSO M., L’Italia narrata. Un percorso integrato di storia e letteratura del
Novecento, in C.Brigadeci (a c. di), op. cit..
GUSSO M., Dimensione planetaria della storia ed educazione interculturale, in S. Presa
(a cura di), op. cit..
GUSSO M., Il contributo della storia, in S. Citterio, M. Salvarezza (a cura di), L?area
geostorico-sociale. Dalla ricerca ai curricoli, Angeli, Milano 2004.
GUSSO M., Ipotesi per un curricolo continuo di area, ivi.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
HARRISON G., Antropologia culturale dei processi migratori e dei diritti umani, in E.
Damiano (a cura di), op. cit..
IACCIO P., Cinema e storia. Percorsi immagini testimonianze, Liguori, Napoli 2000.
JAUSS H.R., Perché la storia della letteratura?, Guida, Napoli 1989.
LE GOFF J., Documento / monumento, in Aa. Vv., Enciclopedia, Einaudi, Torino 1978,
vol. V.
LE PICHON A., Cronache dell'antropologia reciproca, in A. Le Pichon - L. Caronia (a
cura di), Sguardi venuti da lontano: un'indagine di Transcultura, Bompiani, Milano
1991.
LONNI A., Immigrati, Bruno Mondadori, Milano 2003.
LUPERINI R., Il professore come intellettuale. La riforma della scuola e l’insegnamento
della letteratura, Lupetti – Piero Manni, Milano - Lecce 1998.
MARAGLIANO R., Manuale di didattica multimediale, Laterza, Roma – Bari 1994.
MARAGLIANO R., MARTINI O., PENGE S. (a cura di), I media e la formazione, La
Nuova Italia Scientifica, Roma 1994.
MARANGI M., Insegnare cinema. Lezioni di didattica multimediale, Utet Libreria,
Torino 2004.
MARCHESE A., Dizionario di retorica e di stilistica, Arnoldo Mondadori, Milano 1978.
MARCHESE A., Introduzione alla semiotica della letteratura, Sei, Torino 1981.
MARCHIORO S. (a cura di), Gli standard nell’educazione degli adulti. La produzione di
standard per l’educazione degli adulti della Regione Emilia-Romagna, Editcomp,
Bologna 2003.
MARTINI G., Patchwork: 100 anni di cinema in Italia. Un viaggio attraverso le regioni,
Finzioni - SOLEI Gruppo Editoriale Informatico, Milano 1997.
MARTINI G., MORELLI G. (a cura di), Patchwork due. Geografia del nuovo cinema
italiano, ll Castoro, Milano 1997.
MATTOZZI I., Educazione all’uso delle fonti e curricolo di storia, in P. Roseti (a cura
di), Storia geografia studi sociali nella scuola primaria. Linee-guida per la formazione
del docente, Nicola Milano, Bologna 1992.
MATTOZZI I., Criteri metodologici e riferimenti normativi, in G. Delle Donne (a cura
di), op. cit..
MATTOZZI I., La programmazione modulare: una chiave di volta dell’insegnamento
della storia, in L. Cajani (a cura di), op. cit..
MEDI M. (a cura di), Dossier Equità sociale e diritti di cittadinanza. Educazione allo
sviluppo, area di progetto, metodo cooperativo, in Strumenti Cres, 2001, n. 29
(supplemento a Mani Tese, 2001, n. 384).
MELANCO M., Il motivo del viaggio nel cinema italiano (1945-1965), in G.P. Brunetta
(a cura di), Identità italiana e identità europea nel cinema italiano dal 1945 al
miracolo economico, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996.
MEREGHETTI P., Il Mereghetti. Dizionario dei Film 2004, con la collaborazione di A.
Pezzotta, F. Mazzarella, V. Bellocchio, P.M. Bocchi, R. Curti e A. Stellino, Baldini
Castoldi Dalai, Milano 2003.
MORANDINI L., MORANDINI L., MORANDINI M., Il Morandini. Dizionario dei film 2005,
con la collaborazioine di S. Mogni e S.M. Tassi, Zanichelli, Bologna 2004.
MOSCATI M., Il Grande Dizionario dei Film apparsi in Italia dal 1930 ad oggi, Hobby &
Work Italiana, Bresso (MI) 1998.
MOTTURA G. (a cura di), L’Arcipelago Immigrazione. Caratteristiche e modelli
migratori dei lavoratori stranieri in Italia, Ediesse, Roma 1992.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
ORTOLEVA P., Rifar le polpe al carcame della storia. Il passato nell’audiovisivo di
finzione e la didattica, in Aa. Vv., La cinepresa e la storia. Fascismo antifascismo
guerra e resistenza nel cinema italiano, Edizioni ScolastIche Bruno Mondadori, Milano
1985.
ORTOLEVA P., Cinema e storia. Scene dal passato, Loescher, Torino 1991.
OWENS C., Ermanno Olmi, Gremese, Roma 2001.
PARISI D., [email protected]. Come il computer cambierà il modo di studiare dei nostri figli,
Arnoldo Mondadori, Milano, 2000.
PASCULLI E., Milano cinema prodigio. Anticipazioni e primati in un secolo di
avventure, Canal & I nodi, Venezia 1998.
PELLIZZARI L., “Il posto”, in A. Aprà (a cura di), Ermanno Olmi. Il cinema, i film, la
televisione, la scuola, Marsilio, Venezia 2003.
PERILLO E., SANTINI C. (a cura di), Il fare e il far vedere nella storia insegnata.
Didattica laboratoriale e nuove risorse per la formazione storica e l’educazione ai beni
culturali. Scuola Estiva di Arcevia giugno 2002 – giugno 2003, Polaris, Faenza (RA),
2004.
PETRILLO G., Immigrati a Milano, 1951-1963, in G. Marcialis - G. Vignati (a cura di),
Annali 1. Studi e strumenti di storia metropolitana milanese, Angeli, Milano 1992.
PIRRO U. , COMENCINI L., Delitto d’amore, a cura di E. Stringa, Vangelista, Milano
1974.
PLAISANT L.M., La storia locale tra ricerca e progetto didattico, in Insmli – Istituti per
la storia della Resistenza e della società contemporanea – Landis, Fare storia: la
risorsa del Novecento. Gli Istituti storici della Resistenza e l’insegnamento della storia
contemporanea 1996-2000, Insmli, Milano 2000.
POLLINI G., Sociologia delle migrazioni, in E. Damiano (a cura di), op. cit..
POPPI R., PECORARI M., Dizionario del cinema italiano. I film, vol. III: I film dal 1960
al 1969, con la collaborazione di E. Lancia, Gremese, Roma 1992.
PORCELLI M., FERRACIN L., Apriamo il film a pagina…, La Nuova Italia, Firenze 2000.
PRATS J., Étude de cas unique comme méthode pour l’apprentissage des concepts
historiques et sociaux, in N. Mahy (a cura di), op. cit..
PUGLIESE E., L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino,
Bologna 2002.
QUARTAPELLE F. (a cura di), Didattica per progetti, Angeli, Milano 1999.
QUARTAPELLE F. (a cura di), Proposte per una didattica modulare. Modelli di
educazione linguistica, ivi, 1999.
RICHARD G. (a cura di), Ailleurs, l’herbe est plus verte. Histoire des migrations dans
le monde, Arléa – Corlet, Condé-sur-Noireau 1996.
RIFILATO G., Video Guida 2000 2001, Rai – Eri, Roma 2000.
RIFILATO G., Video Guida 2002/2003, ivi, 2003.
RIPANTI S.M., L’emigrazione nel cinema italiano, in 900. Per una storia del tempo
presente, 2003, n. 8-9.
RONDOLINO G., Storia del cinema. Nuova edizione, Utet Libreria, Torino 2000.
ROSA G., Il mito della capitale morale. Letteratura e pubblicistica a Milano fra Otto e
Novecento, Edizioni di Comunità, Milano 1982.
ROSSI L., Emigrazione interna italiana: una esperienza di laboratorio delle fonti
musicografiche (e altre), in Strumenti Cres, 1999, n. 23 (supplemento a Mani Tese,
1999, n. 363).
SANFILIPPO M., Historic Park. La storia e il cinema, Elleu Multimedia, Roma 2004.
SAVONA A.V., STRANIERO M.L., Canti dell’emigrazione, Garzanti, Milano 1976.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
SCOGNAMIGLIO N., Il ragionamento collaborativo e la scrittura epistemica.
Metodologie costruttiviste nel laboratorio di scrittura multimediale, I.S.U. Università
Cattolica, Milano 2004.
SERRA M., Il giro del mondo in 80 film. Il cinema dell’intercultura, Il Castoro, Milano
2003.
SIGNORELLI A., Movimenti di popolazione e trasformazioni culturali, in F. Barbagallo
(a cura di), Storia dell’Italia repubblicana, vol.II: La trasformazione dell’Italia:
sviluppo e squilibri, tomo I: Politica, economia, società, Einaudi, Torino 1995.
SORI E., L’emigrazione italiana dall’Unità alla seconda guerra mondiale, Il Mulino,
Bologna 1979.
SORLIN P., Sociologia del cinema, Garzanti, Milano 1979.
SORLIN P., La storia nei film. Interpretazioni del passato, edizione italiana a cura di G.
Gori, La Nuova Italia, Firenze 1984.
SORLIN P., Introduzione. L’immagine nella società, in P. Sorlin, Cinema e identità
europea. Percorsi nel secondo Novecento, ivi, 2001.
STANGANELLO G., Tra differenze delle culture e cultura delle differenze. Appunti di
lavoro, in Strumenti Cres, 2000, n. 24 (supplemento a Mani Tese, 2000, n. 336).
STANGANELLO G., Cultura dell’identità, identità delle culture (Seconda parte), in
Strumenti Cres, 2000, n. 25 (supplemento a Mani Tese, 2000, n. 369).
TINAZZI G. (a cura di), Il nuovo cinema italiano, Poligrafica moderna, Padova 1963.
TOMAŠEVSKIJ B., La costruzione dell'intreccio, in T. Todorov (a cura di), I formalisti
russi. Teoria della letteratura e metodo critico, Einaudi, Torino 1968.
TOPOLSKI J., La storiografia contemporanea, Editori Riuniti, Roma 1981.
TOPOLSKI J., Narrare la storia. Nuovi principi di metodologia storica, Bruno
Mondadori, Milano 1997.
TOSH J., Introduzione alla ricerca storica, La Nuova Italia, Firenze 1989.
TREVES A., Le migrazioni interne nell’Italia fascista, Einaudi, Torino 1976.
VINELLA M., Un’arte impura, in M. Vinella (a cura di), Il cinema racconta. Pedagogia e
didattica del linguaggio cinematografico, Luca Sossella, Roma 2002.
VOVELLE M., Ideologie e mentalità, Guida, Napoli 1989.
FILMOGRAFIA
Eduardo De Filippo, Napoletani a Milano (Italia, 1953, b./n., 100'; VHS Fonit Cetra
Video, Gruppo Editoriale Bramante, Cecchi Gori Home Video: 101’).
Alberto Lattuada, Scuola elementare (Italia/Francia, 1954-1955, b/n, 97’; VHS
Mondadori Video: 97’).
Camillo Mastrocinque, Totò, Peppino e… la malafemmina (Italia, 1956, b/n, 118’; VHS
Azzurra Home Video, Formula Home Video, Fabbri Video, attualmente non disponibili;
DVD Ripley’s Home Video: 92’).
Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratelli (Italia -Francia, 1960, b./n., 180’ ca.; VHS
Creazioni Home Video, Mondadori Video, Medusa; DVD Medusa Home Entertainment:
185’).
Ermanno Olmi, Il posto (Italia, 1961, b./n., 98’ ca.; VHS Mondadori Video: 90’).
Giuseppe Fina, Pelle viva (Italia, 1962, b./n., 116’ ca.; non disponibile né in VHS né in
DVD).
Carlo Lizzani, La vita agra (Italia, 1963-1964, b./n., 100'; VHS Fonit Cetra Video non
più in commercio: 100'; DVD Hobby & Work: 100’).
Mario Monicelli, Romanzo popolare (Italia, 1974, col., 110’; VHS Mitel, Deltavideo,
Number One Video non più in commercio: 102’).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Luigi Comencini, Delitto d’amore (Italia, 1974, col., 100’; VHS Multivision; Videopiù
Entertainment: 100’; per lettore DivX e PC CineDivX Minerva Pictures Group: 100’).
Maurizio Zaccaro, L’articolo 2 (Italia, 1993, col., 100’ ca.; VHS Pentavideo, Medusa
Video: 106').
Silvio Soldini, Un’anima divisa in due (Italia/Francia/Svizzera, 1993, col., 124’; VHS
Twentieth Century Fox Home Entertainment non più in commercio).
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
ALLEGATO 3: MAURIZIO GUSSO, DA PAESE A PREVALENTE EMIGRAZIONE A
PAESE A PREVALENTE IMMIGRAZIONE. L’ITALIA COME CASO PARTICOLARE
DELL’INVERSIONE DELLA CORRENTE MIGRATORIA, ATTRAVERSO FILM DI
FICTION
ITALIANI
DEL
SECONDO
DOPOGUERRA
(traccia
per
un
approfondimento)
0. Per rompere il ghiaccio. Esempi di sequenze filmiche ‘rompighiaccio’ a
proposito di migrazioni e frontiere
0.1 Quando viaggiare da Napoli a Milano era quasi come emigrare in un paese
straniero: tre sequenze di un film comico del 1956
Camillo Mastrocinque (Roma 1901-1969), Totò, Peppino e… la malafemmina (Italia,
1956, b/n, 92’; commedia; per tutti; VHS non più in commercio: Azzurra Home Video;
Formula Home Video; DVD: Medusa Video: 101’).
Nella prima sequenza i fratelli campani Antonio (Totò, nome d’arte di Antonio de
Curtis), Peppino (Peppino De Filippo) e Lucia (Vittoria Crispo) Capone apprendono dal
vicino Mezzacapa (Mario Castellani) che il nipote studente Gianni (Teddy Reno) è
scappato da Napoli con una soubrette (Dorian Gray) a Milano e che Milano non si
trova né in Calabria, né in Sardegna, ma in Lombardia, in mezzo alla nebbia e al
freddo.
Nella seconda i tre fratelli, eccessivamente impellicciati, arrivano alla Stazione
Centrale di Milano e arredano con vari generi di conforto una stanza d’albergo
milanese.
Nella terza Antonio, spalleggiato da Peppino, si rivolge in Piazza Duomo a un vigile
milanese, scambiato per un generale austriaco, in un misto di napoletano, italiano,
tedesco e francese e resta piacevolmente sorpreso quando scopre che parla italiano.
Quello che a noi apparirebbe come un normale viaggio interno all’Italia si configura
nell’Italia dei primi anni ’50 rappresentata dal film, con una forzatura comica che
lascia trasparire un fondo di realtà, come un viaggio (quasi di emigrazione) in un
paese straniero e incomprensibile (cfr. Melanco, 1996).
0.2 L’artificiosità delle ‘frontiere naturali’ tra Francia e Italia in un film comico del 1958
che evoca anche il contrabbando transfrontaliero e la sua repressione
Christian-Jaque (nome d’arte di Christian Maudet, Parigi 1904-1994), La legge è legge
(La loi c'est la loi, Francia, 1958, b/n, 95'; commedia; per tutti; VHS disponibili fino a
poco tempo fa: Ricordi Video; RCS Films & Tv, Cine Video Corporation: 88’ ca.): titoli
e sequenza iniziale: la voce fuori campo del contrabbandiere italiano Giuseppe La
Paglia (Totò) presenta come “confine naturale” la frontiera capricciosamente
zigzagante che divide la parte italiana dalla parte francese di Assola, nelle Alpi
Marittime; sorpreso dal gendarme francese Fernand/Ferdinando Pastorelli (Fernandel,
nome d’arte di Fernand Contandin) mentre tenta di contrabbandare una damigiana di
alcool, Giuseppe cerca invano di fuggire nel territorio italiano, ma Fernand lo arresta.
1. Un esempio di rappresentazione, in un film del 1950, della costruzione di
una delle frontiere della ‘guerra fredda’ (quella italo-iugoslava) e delle sue
drammatiche conseguenze su una piccola comunità di bambini e adulti,
costretti a scegliere fra Italia e Iugoslavia con un doppio esodo
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Luigi Zampa (Roma 1905-1993), Cuori senza frontiere (Italia, 1950, b/n, 90’;
drammatico; per tutti; VHS attualmente non disponibile: RCS Films & Tv: 90’): nel
1947 un paese al confine fra Italia e Iugoslavia, dopo la seconda guerra mondiale,
viene diviso in due dalla linea bianca fatta tracciare dall'apposita Commissione
Internazionale dei Territori, in applicazione del trattato di pace dell'Onu del 9 agosto
1946. Entro mezzanotte gli abitanti devono scegliere se essere italiani o iugoslavi.
Tale proclama comporta scelte dolorose. La famiglia Sebastian ha la casa nella parte
italiana, ma il campo nella parte iugoslava. Giovanni Sebastian (Cesco Baseggio), ex
combattente della prima guerra mondiale, decide in un primo tempo di rimanere nella
parte italiana con il padre, la moglie e i figli Donata (Gina Lollobrigida) e Pasqualino
(Enzo Staiola) , ma poi si lascia persuadere a passare dall'altra parte nella speranza di
riottenere la terra e la mucca Bianchina, sconfinata e sequestrata dagli iugoslavi. In
Iugoslavia passa, invece, subito Stefano (Erno Crisa), un meccanico comunista
fidanzato di Donata Sebastian, che, però, nel frattempo si è innamorata di Domenico
(Raf Vallone), un reduce italiano, al quale si è segretamente promessa. I bambini
subiscono le scelte opposte dei rispettivi parenti, ma non si rassegnano a rimanere
divisi nei due stati. È proprio un gruppo di bambini che fa sparire uno dei paletti di
demarcazione. Ne nasce un incidente fra adulti italiani e iugoslavi. Agli spari in paese
fra Domenico e Stefano segue una sparatoria sul confine, che provoca il ferimento di
Pasqualino Sebastian, mentre cerca di rimettere il paletto al suo posto per evitare
ulteriori tensioni. Di fronte al bambino ferito, gli abitanti della zona orientale e quelli
della zona occidentale si commuovono e lasciano passare il camion che trasporta il
ferito e i Sebastian attraverso la frontiera dalla zona iugoslava a quella italiana.
Pasqualino morrà e la linea bianca della ‘guerra fredda’ salirà a nord fino a dividere un
continente dall'altro. Luogo centrale della pellicola è la frontiera, sia materiale, sia
simbolica. Si tratta di uno dei rari film in cui si vede costruire materialmente un
confine politico-militare, con tanto di paletti, filo spinato e linea bianca, che dividono
irrazionalmente e drammaticamente ciò che prima era unito: casa, campo e bestiame
della famiglia Sebastian, la discesa dei giochi dei bambini, una coppia di fidanzati
(Donata e Stefano), un'intera comunità. Il paletto, manomesso dai bambini e poi
riportato a spalle da Pasqualino come una croce in una via crucis sacrificale che lo
condurrà a un ferimento mortale, rappresenta il culmine simbolico e catartico
dell'assurda contesa spaziale fra adulti accecati dall'ossessione del controllo del
territorio. La frontiera è talmente assurda che provoca un doppio esodo a est e ad
ovest, il blocco di spostamenti abituali (un battesimo, la vendita di una mucca) e un
continuo attraversamento involontario e inconsapevole (la mucca Bianchina) o
clandestino del confine (Domenico passa dalla Jugoslavia in Italia e Donata, nel
frattempo passata in Iugoslavia, lo va a trovare di nascosto nella parte italiana). La
breve linea bianca che divide in due il paese rappresenta, però, simbolicamente i
confini ben più estesi della guerra fredda ben prima che la voce off della sequenza
finale lo espliciti verbalmente (cfr. Carlini – Gusso, 2002: 90-100).
2. Un film del 1950 su un lungo viaggio migratorio dalla Sicilia alla Francia
Pietro Germi (Genova 1914 – Roma 1974), Il cammino della speranza (Italia, 1950,
b/n, 101’; tratto da Nino Di Maria – Sommatino / CL 1903-1987 -, Cuori negli abissi.
Romanzo, M.Gastaldi, Milano, 1949; drammatico; per tutti; VHS attualmente non
disponibile: Panarecord: 101’): il lungo viaggio clandestino, alla fine degli anni ’40, di
un gruppo di siciliani – fra cui Saro Cammarata (Raf Vallone, nome d’arte di Raffaele
Vallone) e i suoi figli e Barbara Spadaro (Elena Varzi) – che, nonostante siano stati
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
abbandonati da Ciccio ingaggiatore (Saro Urzì) e abbiano ricevuto il foglio di via per
rientrare in Sicilia, risalgono tutta la penisola e attraversano la frontiera con la Francia
(cfr. Brunetta, 1996 b: 56-57; Carlini – Gusso, 2002: 74-92; Notarangelo e altre,
2005: 114).
L’intera opera è, quindi, fin dal titolo un film sull’emigrazione interna e all’estero.
In particolare, si segnalano due sequenze:
- quella in cui, nel paesino siciliano dove si è appena conclusa l’occupazione della
miniera di zolfo da parte dei lavoratori in sciopero, l’ingaggiatore Ciccio presenta la
Francia come una specie di paradiso terrestre;
- la macrosequenza del finale, in cui, dopo una tormenta di neve in cui Saro, per
legittima difesa, uccide in un duello rusticano Vanni (Francesco Navarra), il
pregiudicato latitante legato a Barbara e geloso di Saro, e in cui muore assiderato
Carmelo il ragioniere (Saro Arcidiacono), gli emigranti clandestini superstiti, mentre
cercano di varcare clandestinamente il confine italo-francese, vengono sorpresi dalle
guardie di frontiera italiane e francesi, che, però, una volta saputo che vengono dalla
Sicilia e vedendo i bambini stremati dal freddo, si impietosiscono e lasciano entrare
tutti in Francia (la voce fuori campo è di Pietro Germi).
3. Un famoso film del 1960 sull’emigrazione di una famiglia lucana a Milano
nella seconda metà degli anni ‘50
Luchino Visconti (Milano 1906 – Roma 1976), Rocco e i suoi fratelli (Italia/Francia,
1960, b/n, 180’ ca.; soggetto ispirato ai racconti di Giovanni Testori – Novate
Milanese / MI 1923 - Milano 1993 – Cosa fai, Sinatra? e – più parzialmente – Il
Brianza, da Il ponte della Ghisolfa, Feltrinelli, Milano, 1958; drammatico; vietato ai
minori di 14 anni; VHS disponibile fino a poco fa: Medusa: 170’ ca.; DVD: Medusa:
170’)
Anche se, in senso stretto, l’emigrazione non rappresenta il ‘tema principale’ del film,
che può essere considerato un ‘melodramma della famiglia’, si tratta pur sempre della
disgregazione di una famiglia di immigrati lucani (Rosaria Parondi e i suoi figli
Vincenzo, Simone, Rocco, Ciro e Luca), nell’impatto con la Milano dei primi anni del
'miracolo economico' italiano, e quindi la problematica migratoria rappresenta
qualcosa di intermedio fra il ‘tema’ principale e un ‘motivo’ secondario (cfr. Carlini e
altri, 1998, pp.123-135; Gusso, 2006: 46-49; Notarangelo e altre, 2005: 115-118;
Visconti, 1960 e 1978).
Nei titoli e nella ‘macrosequenza’ iniziale (il prologo) Rosaria Parondi (Katina Paxinou)
e i figli Simone (Renato Salvatori), Rocco (Alain Delon), Ciro (Max Cartier) e Luca
(Rocco Vidolazzi), arrivati col treno da Bari alla Stazione Centrale di Milano, vi cercano
invano il primogenito Vincenzo (Spiros Focas), già immigrato a Milano, prendono il
tram per raggiungerlo, attraversando una città sfavillante di luci, e imparano dal
bigliettaio parole sconosciute come “capolinea” e “Lambrate”.
Nel primo atto (Vincenzo) si segnala, in particolare, la sequenza in cui la famiglia
Parondi, al completo, trasloca su un carrettino tutti i suoi averi nel seminterrato di una
casa popolare a Lambrate, mentre la portinaia scambia in dialetto con un'inquilina
battute pungenti sui nuovi arrivati ‘africani’.
4. Un film del 1974 sui problemi dell’emigrazione italiana in Svizzera
Franco Brusati (Milano 1922 – Roma 1993), Pane e cioccolata (Italia, 1974, col., 115’;
commedia; per tutti; attualmente non disponibile in VHS né in DVD)
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
Giovanni/Nino Garofoli (Nino Manfredi), emigrato italiano nella Svizzera tedesca, con
moglie e figlio in Italia, fa il cameriere stagionale in prova presso un ristorante di
lusso, dove è in competizione con un collega e coinquilino turco (Gianfranco Barra) per
l’assegnazione di un posto fisso. Un giorno, inquadrato, a sua insaputa, mentre fa la
pipì contro un muro, nella foto che un turista scatta alla moglie, e denunciato, perde il
posto di lavoro e il permesso di soggiorno in Svizzera. Sale sul treno per rientrare in
Italia, ma, reagendo alla rassegnazione e all’autocompiacimento vittimistico e
folkoristico degli altri emigrati rientranti e vedendo il turco ricevere gli omaggi dei
familiari appena arrivati, scende precipitosamente, ma la sua valigia resta sul treno.
Trova ospitalità nell’appartamento di una vicina di casa, Elena (Anna Karina), un’esule
politica greca, corteggiata da un poliziotto svizzero-tedesco, la quale tiene nascosto in
casa il figlioletto Grigory (Federico Scrobogna).
Diventa cameriere di un industriale italiano (Johnny Dorelli), rifugiatosi in Svizzera per
non pagare le tasse, che, però, dopo essersi fatto dare la liquidazione di Nino con la
promessa di depositarla in banca, per il fallimento e il vuoto di una vita senza affetti e
valori profondi, si suicida. Trova posto nelle baracche degli emigrati, ma, respinto
dalla loro rassegnazione, le lascia per lavorare e vivere in un pollaio con una famiglia
di clandestini napoletani che, a furia di macellare polli a cottimo, ne assumono le
sembianze; insieme a loro, da dietro il reticolato del pollaio, spia e ammira, come
fossero di un’altra razza o delle divinità, alcune ragazze e ragazzi svizzeri, biondi e
belli che prendono il sole e il bagno nudi. Per farsi passare per svizzero-tedesco si
tinge di biondo i capelli, ma tradisce la sua identità italiana festeggiando un gol della
nazionale italiana in una partita trasmessa alla televisione in un bar affollato da
svizzeri-tedeschi, si scontra con loro e viene buttato fuori dal locale. Espulso dalla
Svizzera con un foglio di via, alla stazione ferroviaria è rintracciato da Elena, che,
avendo sposato l’ispettore della polizia stranieri, ne ha ottenuto il permesso di
soggiorno per Nino, che, però, vi rinuncia. Una volta partito, però, non sopporta di
sentire i compagni di scompartimento cantare le solite canzoni folkloristiche e
consolatorie; così tira il freno di emergenza e scende dal treno uscendo da solo dal
tunnel di confine che lo riporta in Svizzera.
Tutto il film è incentrato sui problemi degli immigrati (non solo italiani, ma greci e
turchi) in Svizzera. Si segnalano in particolare tre sequenze:
- la macrosequenza iniziale, in cui Giovanni, pur cercando di integrarsi, viola
involontariamente alcune norme di comportamento e leggi svizzere (mangia pane e
cioccolata mentre ascolta un concertino e fuma nel parco);
- la macrosequenza della convivenza con Elena;
- la macrosequenza della tintura dei capelli e della partita di calcio e in particolare la
sequenza in cui Nino, tinto di biondo ed elegantemente vestito, entra e si siede in un
bar ordinando una birra in uno stentato tedesco a un cameriere italiano, attratto dal
doppio richiamo della foresta dell’inno di Mameli e di una ripresa televisiva di una
partita di calcio della nazionale italiana, si unisce mimeticamente ai cori di scherno
contro gli italiani dei tifosi svizzero-tedeschi, ma getta la maschera, a un gol segnato
da un italiano, urlando di gioia liberatrice e rivendicando in italiano la propria
appartenenza nazionale.
Altre sequenze sono significative per la rappresentazione delle frontiere culturali e di
classe fra autoctoni svizzero-tedeschi benestanti, l’industriale italiano evasore fiscale e
gli immigrati italiani, turchi, greci e spagnoli, a volte solidali, a volte concorrenti, ma
comunque emarginati.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
5. Un film del 1993 che rappresenta l’inversione della corrente migratoria
legata ai processi di globalizzazione e i problemi legati ai conflitti fra diverse
legislazioni e costumi e al riconoscimento dei diritti degli immigrati nel caso
di un immigrato algerino, lavoratore regolare, la cui bigamia viene
riconosciuta in Algeria, ma non in Italia
In seguito alla morte del padre al villaggio algerino d’origine, la sua seconda moglie
Fatma (Rabia Ben Abdallah), preavvisandolo con una lettera che, però, non arriva per
tempo, dopo un lungo viaggio per terra per mare, sbarca con i suoi tre figli al porto di
Genova; il marito a cui vuole ricongiungersi, però, in base alle leggi italiane, risulta
bigamo, mentre la poligamia è ammessa dall’Islam e dalla legislazione algerina. Il
sindacato procura a Said un’avvocatessa (Susanna Marcomeni), ma la giuria del
Tribunale di Milano decide che Said può tenersi le due mogli, purché, per non turbare
l’ordine pubblico e per non offendere il buon costume, entro trenta giorni non
coabitino più sotto lo stesso tetto. Invano l’avvocatessa si appella a un’interpretazione
più elastica dell’articolo 2 della Costituzione italiana: Said sarà costretto a dividere in
due l’appartamento, ma alla fine morrà in un incidente di lavoro.
Tutto il film, fin dal titolo, ha come tema principale il problema del riconoscimento dei
diritti degli immigrati (cfr. Ferracin – Porcelli, 2000: 27-29; Gusso, 2006: 51-52;
Serra, 2003: 67-68).
Si segnalano, in particolare, fra le sequenze più significative:
a) l’incontro fra Said e la seconda moglie Fatma e i figli nella Stazione marittima di
Genova, in cui Said prima abbraccia moglie e figli e poi schiaffeggia la moglie;
b) la prima notte di coabitazione fra Said e le due mogli con i rispettivi figli in un unico
appartamento;
c) il racconto del dibattito e della sentenza del tribunale nel Palazzo di Giustizia di
Milano (in particolare la controversa interpretazione dell’art.2 della Costituzione
italiana), spedito per lettera da Said alla madre in Algeria, con il montaggio alternato
delle immagini algerine e di quelle milanesi.
6. Un film del 1994 che rappresenta l’inversione della corrente migratoria
dopo la caduta del Muro di Berlino, intrecciando il tema dell’emigrazione
italiana in Albania con quello dell’immigrazione albanese in Italia e
cortocircuitando l’immaginario italiano sulla grande emigrazione in America
con quello albanese sulla nuova America italiana
Gianni Amelio (S.Pietro Magisano / CZ 1945-), Lamerica (Italia / Francia, 1994, col. e
b/n, 125'; drammatico/sociale; per tutti; Laserdisc disponibile fino a poco fa: Philips
Video Classics; VHS e DVD: Cecchi Gori Home Video: 125’): il faccendiere italiano
Fiore (Michele Placido) e il suo braccio destro siciliano Gino Enrico Lo Verso), sbarcati
al porto albanese di Durazzo, per rilevare una vecchia fabbrica di scarpe per conto
della Albacalzature, una società italo-albanese di comodo, convenzionata con il
ministero del lavoro nell’Albania post-comunista, e ottenere i contributi statali italiani,
in una ex prigione del passato regime individuano come comodo presidente
prestanome Spiro Tozaj (Carmelo Di Mazzarelli), un vecchio solo, che ha fatto
cinquant’anni di galera, ma dice di avere vent’anni, e corrompono il dottor Kruja,
funzionario del Ministero dell’Industria albanese a Tirana. Mentre Fiore rientra in Italia,
Gino è costretto a inseguire Spiro, scappato col treno per Scutari alla vigilia di un
appuntamento decisivo al Ministero dell’Industria a Tirana, e lo ritrova in un ospedale
di una cittadina del Nord. Sove una dottoressa gli spiega che Spiro è in realtà Michele
Talarico, giunto dalla Sicilia in Albania con l’esercito fascista e imprigionato per
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
decenni nelle prigioni del regime comunista di Enver Hoxha. Michele crede di essere
ancora giovane, in Italia, alla fine della seconda guerra mondiale, con la moglie Rosa e
il figlioletto Giovanni lasciati in Sicilia, che vorrebbe raggiungere. Gino finge di
assecondarlo per poter tornare con lui a Tirana, ma, derubato delle gomme dell’auto,
è costretto a rientrare con Michele a Tirana con gli stessi mezzi (autobus, camion, a
piedi) di cui si servono gli albanesi dell’interno per arrivare al porto di Durazzo e
imbarcarsi per l’Italia, spinti dalla miseria e dallo sfacelo del passato regime e attratti
dal miraggio di un’Italia ricca e felice trasmesso dalle TV italiane. Quando Fiore per
telefono gli comunica che l’affare è andato a monte, Gino abbandona Michele, che
ormai non gli serve più, in un ex albergo occupato dai senzatetto. A Tirana viene
arrestato, spinto a confessare di aver corrotto Kruja, rilasciato, ma privato del
passaporto e quindi costretto, per sfuggire al processo e rientrare in Italia, a salire,
con tanti emigranti albanesi, sul vecchio cargo Partizani, dove ritrova Michele, che
crede di essere in viaggio per l’America e muore col capo sulla sua spalla. Il film può
essere proposto a studenti della secondaria di secondo grado e dell’educazione agli
adulti, ma, con opportune mediazioni didattiche, si possono utilizzare anche per la
secondaria di primo grado alcune sequenze, come quella in cui, nel porto di Durazzo,
un gruppo di ragazzi emigranti albanesi, in attesa di imbarcarsi, impara a memoria,
ripetendole in coro, una serie di parole-chiave, tradotte dall’albanese in italiano, e la
macrosequenza finale, sul cargo Partizani, in cui Michele, che sta spartendo il pane
con i vicini, invita Gino a sedersi accanto a lui, gli dice che suo figlio Giovanni è troppo
piccolo e sua moglie è troppo delicata per imbarcarsi per l’America, ma muore con la
testa sulla spalla di Gino, e che si conclude su una serie di inquadrature dedicate a
singoli emigranti albanesi. Il film rappresenta l’inversione della corrente migratoria
dopo la caduta del Muro di Berlino, intrecciando il tema dell’emigrazione italiana in
Albania con quello dell’immigrazione albanese in Italia e cortocircuitando
l’immaginario italiano sulla grande emigrazione in America con quello albanese sulla
nuova America italiana; costituisce un buon antidoto contro la rimozione della
memoria e della storia delle migrazioni e del colonialismo italiani.
Il film è complesso (cfr. Amelio, 1994 a, 1994 b: 3-14 e 21-25; Ferracin – Porcelli,
2000: 47-50; Martini, 2005: 114-126; Notarangelo e altre, 2005: 123-126) e contiene
varie sequenze interessanti, in particolare la macrosequenza finale, in cui Michele
confonde la 'carretta del mare', con cui rientra in Italia insieme a Gino e a una
moltitudine di emigranti albanesi, con una nave dell’emigrazione italiana in America.
Riferimenti bibliografici
- G.Amelio, Lamerica. Film e storia del film, a c. di Piera Detassis, Einaudi, Torino,
1994 (Amelio, 1994 a).
- G.Amelio, Amelio secondo il cinema. Conversazione con Goffredo Fofi, Donzelli,
Roma, 1994 (Amelio, 1994 b).
- G.P.Brunetta (a c. di), Identità italiana e identità europea nel cinema italiano dal
1945 al miracolo economico, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996
(Brunetta, 1996 a).
- G.P.Brunetta, La ricerca dell’identità nel cinema italiano del dopoguerra, ivi, pp.1167 (Brunetta, 1996 b).
- F.Carlini – D.Dinoia – M.Gusso, “C’è il boom o non c’è?”. Immagini dell’Italia del
‘miracolo economico’ attraverso film dell’epoca (1958-1965), Irrsae Lombardia,
Milano, 1998.
Clio ’92
Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della Storia
(Qualificata alla formazione del personale della scuola con D.M. 4.3.2003)
- F.Carlini – M.Gusso, I sogni nel cassetto. Il cinema mette in scena la società italiana
della ricostruzione (1945-1957), Angeli, Milano, 2002.
- P.Farinotti, Il Farinotti. Dizionario 2007. L'unico dizionario di tutti i film. Il primo da
navigare, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2006.
- L.Ferracin – M.Porcelli, Al Cinema con il mondo, Emi, Torino, 2000.
- M.Gusso, I film nel laboratorio didattico di storia. Un approccio interdisciplinare in
B.Rossi (a c. di), Geografia e storia nel cinema contemporaneo. Percorsi curricolari di
area storico-geografico-sociale nella scuola, CUEM, Milano, 2006, pp.27-63.
- M.Melanco, Il motivo del viaggio nel cinema italiano (1945-1965), in Brunetta, 1996
a, pp.217-308.
- P.Mereghetti, Il Mereghetti. Dizionario dei Film 2006, Baldini Castoldi Dalai, Milano,
2005.
- A.Notarangelo – S.M.Ripanti – C.Terzi, Letteratura e cinema raccontano
l’emigrazione. Una proposta didattica, Istituto per la storia della Resistenza e della
società contemporanea in provincia di Modena – Provincia di Modena, Modena, 2005.
- M.Serra, Il giro del mondo in 80 film. Il cinema dell’intercultura, Il Castoro, Milano,
2003.
. L.Visconti, Rocco e suoi fratelli, a c. di G.Aristarco – G.Carancini, Cappelli, Bologna,
1960 (e 1978).
Bibliografia supplementare su cinema ed emigrazione in Italia
. E.Bertonelli – L.M.Lombardi Satriani (a c. di), Emigrazione e immigrazione: catalogo,
Qualecultura – Jaca Book, Vibo Valentia - Milano, 1991.
- G.P.Brunetta, Emigranti nel cinema italiano e americano, in P.Bevilacqua – A.De
Clementi – E.Franzina (a c. di), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, Donzelli,
Roma, 2001, pp.489-514.
- L.Cigognetti – L.Servetti, Migranti in celluloide: storici, cinema ed emigrazione,
Editoriale umbra, Foligno (PG), 2003.
- M.Cipolloni – G.L.De Rosa (a c. di), La materia di cui sono fatti i sogni: le Americhe
di celluloide dell’emigrazione italiana, Edizioni del Paguro, Salerno, 2001.
- M.Fantoni Minnella, Non riconciliati. Politica e società nel cinema italiano dal
neorealismo a oggi, Utet Libreria, Torino, 2004, pp.104-113.
- L.Gianferrara (a c. di), Cinema ed emigrazione, G.Barghigiani, Bologna, 1988.
- S.M.Ripanti, L’emigrazione nel cinema italiano, “900. Per una storia del tempo
presente”, 2003, n.8-9, pp.111-120.