STORIA DELLA CHIESA Dal Concilio di Trento fino al Concilio Vaticano II Il libro usato è “Storia della Chiesa in prospettiva di storia delle idee” – Joseph Lortz – Ed. Paoline. È fatto molto bene fino alla riforma e alla contro – riforma, ma perde un po’ di colpi nei periodi dell’illuminismo e della formazione del Regno d’Italia. La storia della Chiesa è una disciplina teologica, perché è l’oggetto che stabilisce il metodo e siccome la Chiesa è una realtà teandrica, sacramentale allora se la studio, faccio teologia! Ma allo stesso tempo è storia, perché i giudizi che si danno sono empiricamente verificabili sui documenti e sui monumenti. Il metodo vedrà quindi prima l’erudizione, o momento positivo, e poi un giudizio di tipo teologico, o momento speculativo e non si avrà paura dei risultati perché la Chiesa è Verbo Incarnato e lo storico che la analizza non ha panni sporchi da nascondere perché sa benissimo che:«dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia» e quindi non bisogna nascondere gli errori perché la Chiesa perché il suo fondatore è Santo, perché ci sono i sacramenti ecc. IL CONCILIO DI TRENTO Convocazione e decorso Di per sé l’inizio fu decisamente povero, senza francesi senza tedeschi, senza la presenza del papa, ecc. ma fu grande perché ci furono dei santi dopo di esso che lo realizzarono, insomma non rimase lettera morta come alcuni altri precedenti (l’ultimo fu il Concilio Lateranense V [1512 - 1517]). Il Concilio stentò molto a partire perché tanto temuto dai papi visto che bisognava fronteggiare da un lato il problema protestante che ne innescò altri ormai urgenti quali: l’unità della Chiesa, il problema della fede, ecc. ma soprattutto bisognava conferire nuove energie al popolo cattolico, rinvigorirne la debole coscienza di sé e rafforzarne la volontà di riforma in senso globale perché ormai era in gioco la vita stessa della Chiesa, la sua forza originaria e il suo risanamento. Già all’interno della Chiesa stessa infatti era da tempo che molte forze si auspicavano una riforma che non è un concetto quindi eretico, ma autenticamente cattolico. Quindi il Concilio stesso rappresenta una riforma della Chiesa ad esso seguirà poi un momento di reazione alla riforma protestante che prenderà il nome di Controriforma. Il Concilio infatti non è la versione democratico – parlamentare della Chiesa in cui l’autorità viene dal basso (perché l’autorità non viene né dall’alto, né dal basso, ma da Gesù!), ma rende presente la Chiesa. Oltre ai vari problemi teologici c’erano anche tutti quelli politici: Imperatore, Spagna, Francia, Tedeschi, Papato politico e non si può capire il Tridentino se si tiene conto di questi reali interessi tra loro contrapposti che dominavano l’epoca. Dopo una serie di tentativi di partenza tutti falliti, Paolo III, superando la pressante opposizione della Curia (che aveva paura di perdere tutti i diritti) e delle corte francese convocò il concilio e l’imperatore e il re di Francia approvarono la convocazione e così si partì il 13 dicembre 1545 a Trento con solo 31 aventi diritto di voto (solo prelati aventi giurisdizione propria e non più teologi come a quelli passati di Costanza e di Basilea), ma oltre ai “padri conciliari” c’erano molti collaboratori, periti e consultori. C’è da dire che oltre ai piccoli numeri c’era molta confusione teologica perché se sulla Bibbia ancora ancora ci si salvava, sulla Tradizione nessuno era preparato. Meno male che la maggioranza dei partecipanti fu comunque spagnola (e anche dopo il primo periodo fu così) che erano forse i più attaccati alla Chiesa vista la pressione che i musulmani esercitavano su di loro e proprio i teologi spagnoli (Cano, Lainez, De Soto ecc.) saranno quelli che riusciranno a redigere brillanti articoli di fede anche se l’apporto dell’agostiniano Seripando sarà essenziale. Il Concilio si svolgerà in tre periodi: il primo con Paolo III (1545 - 1547) anche se lo spostamento a Bologna (1548) rovinò il clima politico perché fu visto come un atto di ingerenza del papa verso l’imperatore e il Concilio (che anche se non vide promulgazione di decreti, ma fu molto utile come discussione sulla dottrina dei sacramenti) venne sospeso per essere poi ripreso da Giulio III (1551 - 1552) che terminerà per l’avanzata di Maurizio di Sassonia e di altri principi contro l’imperatore. Va notato che in questo secondo periodo parteciparono anche dei protestanti che però vanificarono ogni tentativo di riunificazione con le loro richieste (annullamento di tutti i decreti, riesumazione dei decreti di Costanza e Basilea, esonero dei vescovi dall’obbedienza al papa), va detto che in questa sessione si promulgherà il decreto sull’Eucaristia (presenza reale e transustanziazione contro le dottrine luterane della consustanziazione e dell’ubiquità), i canoni sulla confessione auricolare e sull’unzione degli infermi e un decreto sui diritti e i doveri dei vescovi che se da un lato vide la sconfitta degli spagnoli, che volevano che fosse stabilito come di diritto divino l’obbligo di residenza dei vescovi nella loro diocesi e che si dicesse che il potere di giurisdizione del vescovo (e non solo il potere d’ordine) veniva direttamente da Dio (e non dal papa) in virtù del sacramento1, dall’altra vide anche la sconfitta dei curialisti che volevano far promulgare come dogma il rigido sistema papale. Seguì a questo punto un periodo di stanca vista la delusione per gli scarsi risultati dogmatici e politico – ecclesiastici e viste le opposizioni della chiesa nazionale francese e dello stesso papa Paolo IV alla cui morte però papa Pio IV lo riconvocò e lo portò a termine (1562 - 1563). In questo periodo vennero promulgati i decreti di riforma del matrimonio, della nomina e dei doveri dei vescovi, della nomina e dei doveri dei parroci, degli Ordini e poi ci furono decreti sul Purgatorio, sulle indulgenze, sul culto dei santi, delle reliquie e delle immagini. Gli ultimi decreti furono firmati da 232 padri aventi diritto di voto. Pio IV, nonostante l’opposizione curiale, approvò tutti i decreti e istituì una Congregazione apposita per la loro interpretazione autentica e per controllarne l’esecuzione. Note sullo svolgimento del Concilio Decisivo per lo svolgimento del Concilio e per i suoi risultati fu il fatto che fosse guidato dai papi, che fossero cioè i legati pontifici a fissare il regolamento, l’ordine del giorno e la formulazione ufficiale delle proposte decisive. Interessante anche il modo di procedere: su quello su cui si era tutti d’accordo tutto andava bene, sul resto si tagliava ciò che creava discordia e si lasciava il resto. Notare poi come Lutero sia poco citato, anche perché i Padri non ne conoscevano bene il pensiero e alcuni (quelli del partito dell’Expectatio) erano dell’idea di cercare di riprenderlo, quindi si usò sempre la formula:«Se uno dice … anatema sit!». La Chiesa non condanna mai infatti la persona, ma delle proposizioni e per venire incontro a Lutero i Padri Conciliari ripresero proprio le tesi agostiniane contro il neo – pelagianesimo, ma facendo lui una lettura nominalista a nulla servirono questi tentativi. L’eretico tende infatti a semplificare, mentre la sana dottrina è più interessante, tiene insieme le cose che difficilmente si tengono insieme (pienezza e purezza) come nella predicazione si deve tenere insieme l’esigenza di predicare il Vangelo e niente altro, ma a tutti! Tornando a Lutero infatti la riforma di per sé non è sbagliata perché ri-forma vuol dire dare di nuovo la forma a ciò che l’ha persa, ma se la forma che io ho in testa non è corretta allora la riforma diventa un aborto! È meglio che alcune cose rimangano rotte piuttosto che restaurarle in maniera errata e rovinarle doppiamente! Non per niente protestanti e ortodossi (anti – romani entrambe) non si sono mai trovati d’accordo, perché la forma di Chiesa che hanno in testa non è la vera forma, ma solo una parte di essa! Risultati 1) Dal punto di vista della dottrina il Tridentino è completamente conforme alla Tradizione della Chiesa antica, infatti impedì soltanto false interpretazioni, esprimendo il senso della dottrina cattolica mediante nuove formulazioni. E se anche la Scolastica fu la filosofia predominante la parola della Scrittura presa alla lettera fu avvertita talmente come elemento decisivo da molti teologi che si limitò il gusto esplicativo proprio della Scolastica. 1 Cosa che verrà poi approvata nel Concilio Vaticano II grazie agli studi fatti da Both per cui la differenza tra vescovo e prete non è solo il potere di giurisdizione che viene dal papa, ma il vescovo è sacerdote in senso pieno e diaconi e presbiteri sono a lui “funzionali”. Il cambio di mentalità fu quindi evidente e ciò giustifica la nota esplicativa a LG per far sì che l’esercizio dell’ordine fosse … ordinato perché il vescovo non è più la “mano longa” del papa e se va fuori di testa, la Chiesa non ha strumenti per affrontarlo, perché non può togliergli l’ordine! 2) Se da un lato i Padri Conciliari aprirono porte a Lutero, dall’altro lato non provarono a valutare quali elementi di cattolicità fossero presenti nella sua dottrina, come in quella di Calvino, semplicemente perché ne ignoravano i contenuti. C’è da dire poi che Lutero era assolutamente geniale, certo poco ortodosso, ma genio rimaneva e e persone di parte cattolica che furono mandate a parlare con lui invece erano assolutamente povero di creatività limitandosi a sottolineare gli errori senza definire la verità. Le dottrine riformate infatti accentavano esageratamente l’aspetto dinamico – personale su quello statico – ontico e nei contenuti si potevano riassumere con: l’unilateralità della fonte della Fede (sola scriptura), l’unilateralità del processo salvifico (sola fides) e un malinteso concetto di Chiesa. A queste tre tematiche i Padri risponderanno che: a. Anche la tradizione dogmatica è fonte della fede, proprio perché la Scrittura necessita di una spiegazione che può venire solo dalla Chiesa. E ciò è tanto vero che fu la Chiesa a definire ciò che è la Sacra Scrittura e così venne approvato il canone dei libri ispirati. Questo mette in luce come per i Padri la Scrittura fosse importantissima. b. La Chiesa possiede un sacerdozio sacramentale e sette sacramenti sono i veri segni efficaci della grazia. Il loro centro è la messa che viene vista come sacrificio satisfattorio, e non solo come sacrificio di lode e di grazie, come diceva Lutero, cosicché se coloro che lo celebrano si rivolgono a Dio con fede, con riverenza, pentimento e penitenza esso procura loro la remissione dei peccati. 3) E sulla giustificazione la posizione, frutto del primo periodo del Concilio, fu chiara: essa non è solo forense, come se Dio coprisse i peccati per non vederli, ma è reale! E questo mutamento è ottenuto attraverso la grazia santificante di Dio e tuttavia l’uomo vi prende parte con la sua libera volontà che è sì lesa dal peccato originale, ma non distrutta! E questa volontà umana compie qualcosa di salutare proprio a motivo e nella misura in cui essa è santificata e mossa dalla grazia. 4) Se la sicurezza nella Rivelazione in quanto tale è assoluta, una simile infallibilità assoluta non conviene alla certezza personale della salvezza (che viene così ripudiata), anche se non è condannata la fiducia incondizionata del cristiano nella sua salvezza. 5) Fu poi decisa un’energica azione di risanamento generale: a. nessuno poteva accedere a più di un beneficio; fu soppresso l’ufficio di collettore delle elemosine (legato alla predicazione delle indulgenze); b. per evitare abusi i matrimoni dovevano celebrarsi davanti al parroco; c. bisognava assicurare una predicazione regolare e più pura della dottrina le domeniche e le altre feste; il Vangelo andava letto in lingua nazionale la domenica; d. fu presa in considerazione la formazione del clero, pubblicando il celebre decreto sui seminari (che nel significato iniziale non erano contrapposti alle università) per assicurare a tutti i futuri chierici una sufficiente istruzione teologica ed ascetica; e. siccome il vescovo e il parroco erano essenzialmente pastori, dovevano osservare la residenza che divenne un obbligo stretto che andava attualizzato dal vescovo con periodiche visite pastorali e sinodi. f. La revisione della curia non fu propriamente attuata, anche se alcuni privilegi, quali le provvisioni e le spettanze, vennero limitati. g. Anche per gli ordini si decretò che non si potesse possedere un patrimonio privato, che le monache osservassero una clausura più stretta e che l’età minima per le profetesse fosse elevata e che fosse limitata l’istituzione delle commende. 6) L’accettazione e l’attuazione dei decreti dottrinali e di riforma, ad opera degli organi dello Stato e della gerarchia grazie ai sinodi, avvenne assai lentamente e in maniera poco unitaria. 7) L’importanza del Tridentino non sta però nelle singole dottrine o nelle riforme che esso dispose, ma perché contribuì decisamente a chiarire la concezione cattolica della Chiesa come istituzione salvifica oggettiva e ancorata al papato. Si pose così fine alla grande lotta antiecclesiastica iniziata nel secolo XIII e che si era sempre scagliata contro il papato e che era spesso inficiata da idee in cui erano espresse le tendenze del particolarismo (nazionale o soggettivistico - individualistico) tanto deleterie per la Chiesa. Da notare che l’episcopalismo spagnolo, a differenza di quelli passati e di quelli che si sarebbero espressi in futuro, affermava il primato del papa su tutta la Chiesa e la sua indipendenza da ogni potenza terrena, sia politica che conciliare, ma ribadiva l’autorità propria dei vescovi derivante dal loro diritto divino. E questo atteggiamento curiale del Concilio si vide nella richiesta di approvazione di tutti i decreti da parte del papa e nel fatto che tutti i problemi insoluti furono rimessi per un ulteriore esame al papa tanto che Pio V fece editare l’Indice Tridentino, il nuovo Catechismo Romano, il Messale e il Breviario. 8) Allo stesso tempo l’unità ecclesiastica della cristianità era diventata un problema allora insolubile e gli influssi immediati sulla Riforma furono nulli, anche se senza Lutero non ci sarebbe neanche stato il Tridentino! E questo concilio condusse veramente al Vaticano I con la definizione dell’infallibilità pontificia e della suprema giurisdizione del papato romano e questo è quindi indirettamente merito di Lutero! 9) In generale quindi il risultato supererà le miserevoli deficienze umane, portando ad una metanoia, così come richiesta nel Vangelo, la quale cresce molto lentamente, ma sa penetrare nell’intimo. E la Chiesa fece così proprio il grido con il quale Lutero aveva iniziato la sua lotta:«L’intera vita del cristiano deve essere penitenza». LA CONTRORIFORMA Sguardo generale Nell’Impero con Ferdinando I e Carlo V si ha la lotta contro i turchi e la Francia e poi il regno di Massimiliano II (che in un primo tempo si mostra ostile al Tridentino) impediscono un’attuazione piena. Ma la diffusione dell’ordine dei Gesuiti e la presenza dello Stato della Baviera sono il sostegno più sicuro del cattolicesimo in quei territori, impedendo la diffusione del protestantesimo nella parte occidentale della Germania. Solo il figlio di Massimiliano II, Rodolfo II attuerà il Tridentino spianando la via alla Controriforma. L’acuirsi del contrasto tra cattolici e protestanti porta, in campo religioso alla “Formula di Concordia” del 1577 e in campo politico alla formazione di due leghe di principi: quella protestante nel 1608 e quella cattolica nel 1609. In Francia, Enrico II mostra due facce facendosi aiutare dai protestanti, ma contrastando gli Ugonotti. Dopo la sua morte assume la guida Caterina de’ Medici al posto dei Francesco II e Carlo IX, che cercò di affermarsi tra i cattolici e gli Ugonotti, che intanto si erano entrambe costituiti come partiti politici, ma siccome alcuni Ugonotti iniziavano ad influenzare il figlio maggiorenne, essa fece ammazzare loro e migliaia di Ugonotti nella notte di San Bartolomeo (24 agosto 1572). Dopo una lunga lotta civile nel 1598 con l’Editto di Nantes di Enrico IV si concedeva al libertà religiosa agli Ugonotti riuscendo così a ricostruire il paese gravemente sconvolto. In Inghilterra, i reggenti (Enrico VIII e Edoardo VI) introdussero la dottrina protestante, mentre la forma esteriore rimase cattolica, ma fu Elisabetta I (1558 - 1603) che introdusse nuovamente il protestantesimo e dette la sua forma definitiva alla Chiesa anglicana e sempre sotto di lei l’Inghilterra assunse sempre più il ruolo di potenza sovrana, soprattutto dopo la sconfitta dell’Armada spagnola nel 1588. In Spagna, Filippo II (1556 - 1598), fervorosamente cattolico, tentò di reprimere la Riforma, anche con metodi inopportuni (esaltando l’Inquisizione), nei Paesi Bassi e in Inghilterra. Con la sconfitta della grande Armada inizia il declino del prestigio mondiale spagnolo. Da segnalare il gesuita Francesco Suarez (1548 - 1617) che apre nuove strade nella teologia (dottrina della grazia e natura dell’ordine) e nel diritto naturale. Rifioriscono le Missioni in seguito alle scoperte d’oltreoceano. Nelle colonie spagnole si procede ad una cristianizzazione forzata, ma i missionari nel 1541 riusciranno, con Las Casas, ad ottenere una legislazione umana a protezione degli indiani. Il termine Controriforma viene usato molto spesso in maniera inesatta, perché con esso si intende semplicemente l’insieme delle reazioni del cattolicesimo nei confronti dei movimenti protestanti, nelle quali si possono distinguere ricchi impulsi religiosi da fenomeni legati al semplice concetto di potere. In generale comunque si potrebbe dire che essa spesso non fu conforme allo spirito del Vangelo, perché nel tentativo di opporre un baluardo all’attacco, di annientare le tendenze protestantizzanti in seno alla Chiesa e riguadagnare i territori perduti furono impiegati tutti i mezzi religiosi, teologici, politici e pratici (Inquisizione) senza troppo ascoltare con comprensione le legittime istanze religiose della Riforma. Controversisti avversari della Riforma Con le sue 95 tesi sul valore delle indulgenze, pubblicate nel 1517, Lutero si distaccava dal genere di dispute teologiche allora in voga caratterizzate dalla eccessiva verbosità, da sottili distinzioni concettuali in questioni secondarie e da una assai scarsa teologia. Esse invece iniziano con una dichiarazione prettamente cattolica che riassume concisamente i principi della dottrina cristiana sulla metanoia e su una migliore giustizia interiore, ma poi degenerano in un aspro attacco contro la Chiesa, anche se nell’intento dovevano essere un serio tentativo di riforma di essa e in essa. Egli produsse quindi documenti gravidi di problematica religiosa e teologica di quel processo di trasformazione che lui andava maturando fra molteplici lotte psicologiche e spirituali. Detto ciò la lotta teologica che si sviluppò attorno alle sue idee restò per lungo tempo sul livello corrente molto basso in cui si badava più alle parole che non al pensiero sempre sostituito da sofismi (la disputa di Lipsia rimase in questo solco). Particolare importanza in questa disputa assumono i controversisti, quegli uomini che dall’inizio riconobbero nelle tesi di Lutero un attacco distruttivo, anche se la loro reazione, sia in senso religioso che teologico restò di gran lunga inferiore all’assunto: a) In primo luogo c’è Giovanni Eck (1486 - 1543) professore di teologia e parroco di Ingolstadt. Dotato di una vasta cultura che spaziava dagli interessi umanistici di geografia alla matematica e alle scienze naturali. Conosceva tutta la Sacra Scrittura già da ragazzo, ma non si può dire che il suo pensiero teologico attingesse direttamente da essa. Egli oltre ad interpretare male le tesi di Lutero, non sentendone le esigenze pastorali in genere, non ricercando gli elementi cattolici presenti nella sua dottrina. Detto ciò la sua opera ha un posto di notevole importanza nella storia della Chiesa soprattutto perché riconobbe in Lutero quella nuova concezione di fondo che rinnegava la Tradizione e che quindi tendeva ad una nuova concezione di Chiesa. Con i suoi attacchi a Lutero egli contribuì a chiarire la situazione da parte cattolica e ridestò i cattolici, contribuì alla lotta contro l’innovazione religiosa con numerosi scritti e partecipando come rappresentante di parte cattolica a molti colloqui controversistici. Con il passare degli anni crebbe anche la sua austerità religiosa. b) Ad Eck si unirono ben presto molti altri soprattutto membri degli ordini mendicanti: a tutt’oggi se ne conoscono oltre 300: uno dei primi fu Gerolamo Emser (1478 - 1527), segretario del duca di Giorgio di Sassonia e valido umanista; molto importante è poi l’opera di Giovanni Cochlaus (1479 - 1552), canonico della cattedrale di Breslavia, uomo di cultura umanistica enciclopedica che spaziava dalla storia, alla geografia, alla pedagogia. Egli abbandonò la sua attività umanistica per servire la Chiesa oppressa redigendo numerose opere di letteratura cattolica pastorale – teologica. Dal punto di vista storico particolarmente incisiva è stata la sua infelice immagine di Lutero in cui lo si dipingeva come bugiardo, beone e fornicatore. Immagine questa che se non scusabile è comprensibile tenendo conto delle deformazioni così palesi della dottrina cattolica e della vita cattolico – ecclesiale predicate a tutti da Lutero in una forma decisamente rozza che ogni tanto oscurò la sua predicazione religiosa; molti altri in tutta Europa si associarono e gli italiani non furono da meno. Il primo esponente fu Silvestro Prierias († 1523) che iniziò con un livello molto basso, ma poi arrivarono pensatori che conoscevano molto bene i problemi legati all’evangelismo tra cui spiccano i “progressisti” Contarini, Seripando e Nicchianti Molto importante poi il lavoro dei domenicani Tommaso De Vio Gaetano (†1534) e Ambrogio Catarino Polito (1484 - 1553). I controversisti spagnoli diedero il contributo durante il Concilio. Detto ciò ci sono stati molti altri teologi né conservatori, né novatori che per molto tempo sono stati dimenticati, ma senza cui non si avrebbe un quadro completo della situazione della Riforma. Tra di essi: Gian Antonio Pantusa (†1562) con scritti sull’Eucaristia, sulla chiesa visibile e sul primato; Isidoro Clario (†1555) uno dei pochi benedettini; il cardinale Marino Grimani (†1546) che compilò un commento la sulla lettera ai Romani e ai Galati in difesa della fede; Antonio Pucci (†1544) che difese la presenza reale nell’Eucaristia; il francescano Delfino (†1560). Facendo un bilancio della questione controversisti: o In quasi tutte queste opere vi sono molti elementi importanti, ma non vi si riscontra nulla di straordinario né per impronta di personalità, né per potenza di pensiero o di stile. o Fatta eccezione per il Gaetano, Lutero attacca e i controversisti si difendono, trincerandosi nella polemica. D’altronde non c’è in costoro quella genialità creatrice che trascina e porta a positivi cambiamenti: la santità. Certo alcuni scritti sono simpatici, ma mancano di quella forza che affascina, che costringe a dispetto della potenza dialettica e espositiva, l’esuberante ricchezza di spirito e la veemenza di Lutero. o A parte Tommaso Murner, i cattolici non possedevano il senso della eloquenza popolare sicché i protestanti furono quasi i soli ad usare i libelli satirici come mezzo di propaganda. o Tutto questo comunque è da capire perché il livello teologico del tempo era pessimo, anemico e Lutero giunse come un fulmine a ciel sereno con punti di vista ed idee nuovi e sconvolgenti di fronte a cui bisognava difendersi come si poteva e tenendo conto che andava allargandosi sempre di più la contestazione. o I teologi controversisti ebbero quindi il merito di arginare l’attacco, di fungere da sbarramento lavorando soprattutto sull’ecclesiologia che anche se rimase comunque un po’ troppo giuridica, fece affiorare un qualcosa di decisivo: una base unitaria e poggiante sulla Tradizione. Nell’ambito della teologia ci si ancorò alla Tradizione e ciò permise ai cattolici di rafforzare la coscienza di sé portando così ad una vera riforma interna. In questo lavoro di ricostruzione della vita cattolica un ruolo molto importante lo ebbe il cardinal Hosius. o In generale all’interno della galassia controversista ci furono due schieramenti: quello freddamente intellettuale (Eck, Hosius ecc.) per cui Lutero e compagni erano eretici, figli di Satana, senza intuire il senso delle posizioni avversarie; quello di coloro che vedevano la frattura che andava formandosi e rifiutavano d’ammettere che essa potesse essere definitiva. Cercarono così di dialogare con i protestanti usando semplicemente la Scrittura e riuscendo nel loro intento (anche se la chiarezza teologica non era mai troppo buona) perché la Scrittura presa nella sua interezza confuta da se stessa le unilateralità del sistema protestante, in quanto offriva ad esso i necessari complementi. L’atteggiamento propenso al dialogo prese corpo in un gruppo di teologi, il partito dell’expectatio, e si esplicò in una specie di programma di mediazione la cui caratteristica principale era la dottrina della duplice giustificazione: una che cambia interiormente l’uomo e l’altra che gli viene semplicemente imputata. Facevano parte di questo partito uomini fortemente influenzati dall’umanesimo come Pighius, Pflug, Witzel, Helding, Gropper e il cardinal Pole. Discorso a parte va fatto per il cardinale Gaspare Contarini, uomo di raffinata cultura umanistica, figura moralmente e religiosamente cristallina, fedele a tuta prova alla Chiesa il cui metodo apologetico si basava: su una rigorosa veridicità, anche quando si trattava di riconoscere gli abusi di pare cattolica; su di una valutazione critica della polemica cattolica, in cui vedeva alcuni aspetti dannosi. Nello sforzo di giungere alla comprensione teologica della Riforma e di tentare la riconciliazione tra cattolici e luterani egli raggiunse i limiti del possibile. o In generale tutti questi teologi non sono stati appoggiati (moralmente ed economicamente) da Roma nella loro opera di difesa, soprattutto tramite iniziative editoriali, il che li porterà ad un lavoro snervante. La situazione cambiò con Gregorio XIII che promuovendo interventi centrali portò ad un vantaggioso mutamento. o Molto importante in questo campo l’opera dei gesuiti, tanto che per Pietro Canisio in Germania allora valeva più uno scrittore che dieci professori e consigliò di istituire un collegio di scrittori per la elaborazione della letteratura controversista in lingua tedesca. Essi comunque più che combattere il protestantesimo puntarono a riformare il clero le cui colpe della catastrofe in cui la Chiesa si ritrovava furono più volte riconosciute. Ignazio infatti insegnava ai suoi che:«dobbiamo cominciare da ciò che avvicina i cuori e non da quelle cose che ci dividono» e poi che gli avversari bisogna combatterli con:«mitezza ed umiltà» e «cercate di rendervi amici e di strappare dall’errore con saggezza e amore» e «chi al giorno d’oggi vuole giovare agli eretici ha bisogno soprattutto di un amore grande e deve bandire dal suo cuore tutto quello che potrebbe sminuire il rispetto per l’eretico: egli deve trattarlo amichevolmente». Purtroppo questa linea fu più volte infranta perché si poneva l’uccisione dei protestanti sullo stesso piano di ladri, falsari e sobillatori. L’eretico infatti, riprendendo un noto concetto medioevale, veniva visto come colui che mina il res publicum fidelium, che essendo il glutine della società la porta allo sfascio proprio come l’azione del falsario. o Con l’andare del tempo il lavoro polemico negativo venne sempre più approfondendosi, traducendosi in insegnamento positivo e in realizzazioni pastorali, sia nel campo del ministero che in quello della letteratura, anche se tutta l’opera letteraria di questi uomini fu comunque letteratura d’occasione, che venne raccolta e sviluppata in disciplina teologica rigorosamente scientifica solo alla fine del secolo grazie all’opera del cardinale Bellarmino (1542 - 1621), che inserì la polemica in una costruzione positiva e passando vittoriosamente all’attacco. Anche se la sua opera all’inizio fu messa all’indice da Sisto V e nell’Ordine era visto male, le sue tesi restarono tuttavia sempre di guida. Esercitò poi un notevole influsso con i suoi catechismi. Anche lui comunque ha i limiti propri della controversia, già denunciai dal Contarini: i valori cattolici dell’eresia e le intenzioni religiose degli avversari non vengono sempre sufficientemente capiti e riconosciuti. Anch’egli è figlio del suo tempo. IL PAPATO DELLA CONTRORIFORMA E LE CHIESE CATTOLICHE NAZIONALI I due fattori sono fatalmente connessi, perché nonostante fortissime tensioni, la loro interdipendenza è di vitale necessità. L’ATTIVITÀ DEI PAPI Nell’incontro tra riforma cattolica e riforma protestante si viene a creare quell’attegiamento controriformistico che prendeva forma in strumenti, in misure particolari e strutturava l’azione della Chiesa in vera e propria Controriforma che spesso fu caratterizzata dalla coazione. Uno di questi strumenti è l’istituzione dell’Inquisizione romana nel 1542, grazie al Carafa che prese spunto dalla Inquisizione spagnola in atto. Con esse si volevano stroncare eventuali tentativi di eresia in Italia come in Spagna. Di per sé l’inquisizione non è contro il Vangelo, perché è corretto cercare (inquirere) ciò che è secondo il Vangelo e ciò che non lo è, ma punire con la morte chi è eretico, beh è questo che bisogna vedere se è evangelico!! E gli strumenti coattivi in fondo sono sempre segni di debolezza, perché l’errore è solo una verità parziale e si vince solo dicendo una verità totale, completando quella parziale con la parte mancante. Questa inquisizione entrò tremendamente e disumanamente in atto, quando il Carafa fu elevato al soglio pontificio con il nome di Paolo IV (1555 - 1559). Egli aveva una smisurata concezione del pontificato, rivendicando a sé la pienezza del potere, anche sulle potenze politiche. Fu lui che sospese il Concilio proprio per questo suo spirito ierocratico e perché diffidente. Anche verso i nuovi ordini fu molto diffidente, intralciando la strada alle nuove forze in via di formazione. Ciò che lo rovinò furono però i calcoli politici, rendendolo cieco di fronte al pericolo per tutto il cattolicesimo dell’alleanza con la Francia, principale appoggio dei protestanti tedeschi e dei turchi. D’altra parte fu però un vero riformatore, procedendo energicamente per far avanzare le cause della riforma cattolica, intervenendo energicamente contro molti abusi (soprattutto la simonia) e tentando di obbligare i vescovi alla residenza e di vincolare ai loro monasteri i monaci “girovaghi”. Ma tutti i suoi difetti prima elencati resero praticamente sterili i suoi grandi desideri di riforma, ostacolando così quella Controriforma a cui lui tanto energicamente tendeva. I fatti sociologici infatti hanno una loro consistenza e per cambiarli ce ne vuole!!! Quindi per cambiare non basta una buona volontà personale, ma la giusta disposizione delle strutture e l’impiego adeguato delle forze oggettive rappresentate dalla società. E ciò venne confermato da Pio IV (Medici, 1559 - 1565) che sebbene avesse meno zelo religioso accettò il dato delle realtà politiche ed ecclesiastico-politiche, impiegando le forze a disposizione ed eliminando quelle palesemente nocive di modo che la sua azione diventasse decisiva, senza essere distruttiva: strinse nuovi legami d’amicizia con l’Impero; riconvocò il Concilio portandolo a termine; favorendo l’opera di altre grandi personalità e dando unità all’azione, iniziò la Controriforma politico-ecclesiastica in senso vero e proprio. Anche Pio IV protesse smodatamente i suoi nipoti nominandone due cardinali, ma uno di loro diverrà un santo: Carlo Borromeo (1538 1584). Nominato a 21 segretario di stato del papa, a 23 anni arcivescovo di Milano e a 25 anni ordinato sacerdote, fu un rappresentante esemplare, precursore di una forma religioso-caritativa intessuta di eroico servizio pastorale; tutti i suoi soldi li devolveva per opere di carità e si dedicò agli ammalati durante la peste del 1576; fece applicare il Concilio nella sua Diocesi ed irradiò la sua azione in tutte le diocesi dell’Italia Settentrionale curando la formazione dei sacerdoti, la costruzione di chiese e la solennità e il decoro delle sacre funzioni. A Pio IV succedette Pio V (Ghislieri 1566 - 1572) che fu un vero santo, il primo papa santo dell’età moderna che disse:«Può governare soltanto Colui che governa se stesso secondo le leggi di Cristo». Per lui il centro della pietà fu, come per San Carlo Borromeo, il Crocifisso insieme alla filiale devozione per Maria. Con lui si attua quel definitivo mutamento del programma pontificio di origine medievale , secolarizzato nel Rinascimento, in quanto egli non vede più la politica come un fine principale o come fine a se stessa e non tollera che essa sia posta al servizio di un egoismo dinastico-secolare, insomma in lui si riconosce l’ideale di un papa religioso nel pieno senso della parola, tanto che egli riteneva inutili l’esercito dello stato pontificio (perché:«Le armi della Chiesa sono la preghiera, il digiuno e la Sacra Scrittura»), diresse il suo attacco contro la venalità nelle cariche curiali e contro i vari abusi che si verificano negli ordini. Con Pio V la Controriforma raggiunse il suo apogeo e si consolidò dando così inizio in Italia al grande secolo dei santi. A questo punto bisognava solo irraggiare gli effetti della Controriforma in maniera sistematica e ad ampio raggio, anche fuori dall’Italia. Questo fece Gregorio XIII (Boncompagni, 1572 - 1585) nel suo lungo pontificato. É in questo periodo infatti che il calvinismo si fa sempre più forte e raggiunge il suo culmine tanto che sembrava che tutta l’Europa al nord delle Alpi dovesse diventare protestante, ma con l’aiuto dei gesuiti egli riuscì in una folgorante espansione dello spirito cattolico in tutta Europa e favorì anche le missioni nei paesi d’oltremare. Attenzione però che in una lettura religiosa della storia, il solo successo non può mai costituire la piena giustificazione dei mezzi impiegati, infatti Gregorio XIII non ebbe uno spirito religioso pari a quello del suo predecessore e fu naturale che l’irrobustita coscienza cattolica reagisse per la propria sopravvivenza usando metodi che per un cristiano non sono accettabili: fomentare la rivoluzione in Irlanda per sedare la Riforma in Inghilterra, la notte di San Bartolomeo ecc. A lui succedette Sisto V (Peretti, 1585 - 1590), generale dei francescani, il cui pontificato fu all’insegna delle grandi opere e in cui si può leggere la necessità e la legittimità del pensare e dell’agire politico del capo supremo della Chiesa del tempo e insieme constatare come un tale pensare e agire possa rimanere scevro da ogni intento mondano. Egli infatti non fu né pastore, né maestro, ma sovrano perché la situazione così gravida di pericoli e di problemi rese necessaria l’azione politica. Proprio in questo momento infatti la potenza spagnola, cattolica e filo-papale, cominciò a perdere potere sullo scacchiere europeo, mentre ascendeva sempre più la protestante Inghilterra e le cattoliche Francia e Austria che però erano sempre più nazionaliste. Il pericolo per il papato era sempre più evidente. Egli fu comunque anche un valido regnante di Roma: soffocando il banditismo (certo non in maniere molto ortodosse!); riordinando le finanze; reideando architettonicamente la città ottenendo la Roma “nuova” (barocca); rammodernò l’amministrazione della Chiesa attraverso la riorganizzazione della curia, iniziata dai suoi predecessori, con la specializzazione in singoli dicasteri. Provvide anche a far redigere il testo latino della Vulgata che però siccome volle che fosse ottenuto in breve tempo fu di qualità molto scadente. PRINCIPI CATTOLICI NAZIONALI Con il problema della Riforma viene sempre più formandosi la chiesa cattolica di stato che se da un lato portò aiuti indispensabili alla Chiesa nello stesso tempo ne rappresenta anche un peso ed un pericolo che è quello dell’individualismo ecclesiastico, del cesaro – papismo2. Durante il MedioEvo infatti si aveva un concetto sacrale della società3 e quindi era ovvio che il re venisse consacrato, tanto che apparteneva in qualche modo al clero4 ed era altrettanto ovvio che fosse quasi tutto in mano al clero (ospedali, università ecc.). E questo essere “dei gratia” del re faceva sì che da un lato egli fosse posto sotto la regalità di Dio e sotto le sue leggi (tanto che erano passibili di scomunica!), ma dall’altra che egli avesse un certo potere nella Chiesa, certi privilegi (non ultimi quelli finanziari) e che potesse avanzare delle pretese quali l’elezione dei vescovi. Dalla parte della Chiesa questa portava ad una serie di privilegi, di facilitazioni nella sua azione (i preti non possono essere giudicati da tribunali laici, non sono obbligati ad andare in guerra ecc.), ma allo stesso tempo il re (o il Parlamento nel caso di una Repubblica) poteva nominare abati e vescovi e se il re iniziava a litigare con il papa o con la Chiesa allora tendeva a nazionalizzare la sua Chiesa. Qui sta l’intelligenza della Chiesa e soprattutto dei papi nel servirsi dell’appoggio di uno stato senza però diventarne dipendente. In Occidente il fenomeno (che in Spagna si chiamò giurisdizionalismo, in Francia gallicanesimo, in Austria giuseppinismo, in Portogallo pombalismo, nel regno di Napoli tanuccianesimo, in Germania febbronianesimo, giurisdizionalismo in un Repubblica ecc.) non si incancrenì mai eccessivamente come successe in Oriente dove il re, aveva quasi un che di divino. Nell’Impero la situazione fu decisamente più complessa perché con il decreto Cuius regio, eius et religio della Pace di Augusta del 1555 sia cattolici che protestanti tesero alla conquista o alla riconquista dei territori perduti anche con mezzi coercitivi. La stessa aria si respirò anche in Francia e in Inghilterra dove gli scontri tra le due fazioni erano violenti e sanguinosi e si acutizzavano o attenuavano a seconda dei regnanti.. IL CORONAMENTO DELL’OPERA IL SECOLO DEI SANTI5 Ciò che rese possibile un vero rinnovamento interno della Chiesa e gli diede consistenza, che costituì anche la forza e il valore religioso del movimento della Controriforma, fu una meravigliosa Concetto che peraltro lo stesso Cavour ritirò fuori con il “concetto di libera Chiesa in libero stato” o che oggi si può vedere nella Chiesa Ufficiale cinese. 3 Mentre noi oggi siamo in transito verso una società secolarizzata, che però è difficile che esista allo stato puro! E allo stesso modo nella Chiesa si tende, dopo il Vaticano II, ad una purezza giuridica, ma no ci sarà mai totalmente, sarà sempre solo nella testa dei giuristi! Certo il giurisdizionalismo va ridimensionato, ma non sarà mai eliminato! Ed ecco perché colpendo l’aristocrazia l’illuminismo colpisce la Chiesa, perché la sposta dalla situazione a cui si era adattata. 4 C’era addirittura l’ordo di consacrazione di un re che era molto simile a quello di ordinazione del prete! E anche elle modalità di esercizio, la differenza era poca, il re infatti non era visto come un re assoluto, ma come un servitore tanto che in Francia i re andavano a messa tutte le mattine e nelle solennità erano obbligati ad essere a disposizione degli scrofolosi, dei piagati, per guarirli, per far da taumaturghi. 5 Se in generale il ‘400 è stato il secolo dei santi italiani, il ‘500 è di quelli spagnoli ed il ‘600 sarà di quelli francesi. 2 fioritura di santi, tutti formati in una magnifica libertà e in un’originalità sorprendente (e talvolta addirittura sconcertante), ma tutti profondamente uniti nell’unico Cristo e nell’unica Chiesa! Tutti testimoniano vigorosamente che esistono forze che danno un’impronta decisiva nella storia e che tali forze provengono dalla sfera religiosa e sacra, il loro influsso infatti, anche se indirettamente, si esercita con una profondità inestimabile in altri campi dell’agire umano e ciò mostra la genialità della loro santa umanità. Teresa di Gesù Nata nel 1515 da famiglia di antica nobiltà ad Avila. A 18 anni entra nel Carmelo, ma solo dopo 22 anni (nel 1557) si opera in lei una vera conversione al desiderio ardente di perfezione: ella fa il voto di fare sempre ciò che è più perfetto. Questa sua fioritura interna portò: Alla riforma del Carmelo riportandolo alla sua severità originaria della povertà assoluta. Ella in questa vera e propria lotta spiegò non soltanto una straordinaria energia, ma anche con un’umiltà eroica, sopportando per cinque anni l’imperversare della bufera con la serena superiorità del saggio che nulla può staccare dall’unica meta: Dio. La riforma è insomma l’irradiazione dell’opera di santificazione personale, attuata in un’interrotta vita di preghiera e di penitenza e con delle intuizioni del tutto inspiegabili dal punto di vista razionale. 6 Ma ancor più importante, per la vita della Chiesa, fu la sua mistica con cui la santa permeò l’Ordine. Ella raggiunse le più alte vette della preghiera contemplativa e ne divenne, in grado straordinario, maestra. Ella infatti dirà nel 1577:«La vita che ora comincia per me nella preghiera è la vita di Dio in me; posso ben dirlo», nel senso principale che il suo unico desiderio fu quello di adempiere la volontà di Dio. I suoi scritti mistici ancor oggi sono stupendi e fondamentali per tutta la Chiesa e le sue idee furono la base della mistica francese del XVII secolo, da cui scaturirono le maggiori realizzazioni religiose del secolo. Per comprendere la funzione di Santa Teresa nella storia della Chiesa è importante conoscere la grande impressione che produsse su di lei l’affermarsi del protestantesimo in Francia che la spronò ad essere la promotrice pratica e cosciente della riforma cattolica contro quella anticattolica. Va ancora notato come Teresa si il più bel frutto della più antica e fiorente aristocrazia del sangue e dello spirito, di cui ella è matura espressione che forgiò il suo temperamento cavalleresco, ignaro di ogni mediocrità e che sopportò le più tremende tentazioni dello spirito, compreso il dubbio, fino alla vittoria. Morì il 4 ottobre 1582. Filippo Neri Quest’uomo fu impregnato dello spirito dell’Oratorio del Divino Amore e dell’ordine dei Teatini, entrambi punti di forza della riforma cattolica in Italia. Visse dal 1515 al 1595, conobbe 15 papi e partecipò da vicino, in maniera fondamentale, alle trasformazioni estremamente drammatiche della curia romana. Il suo stile e la sua opera sono in contrasto con l’Ordine del suo amico Ignazio di Loyola: egli infatti da voce a quelle forze che scaturiscono più dall’iniziativa personale che non da un’organizzazione ben definita e sulla base di una rigida obbedienza. Certo salda organizzazione e energica concentrazione furono importanti e fondamentali soprattutto nelle caotiche burrasche del secolo XVI e XVII, ma Filippo Neri ci aiuta proprio a non cristallizzarci in esse, con una vita nella Chiesa, e quindi come fedele espressione della sua natura, più libera: egli è la miglior personificazione cattolica della libertà del cristiano e dimostra che il santo non distrugge, ma sublima la realtà naturale e umana. Egli ancora laico comincia ad orientarsi verso Dio e la sua vocazione gli si rivela a poco a poco, nel contatto con i malati, per lui il cristianesimo infatti è compiere opere di misericordia: con questo spirito fonda, nel 1548, la “Confraternita della SS. Va subito chiarito il concetto di mistica che è oggi, uno dei più bistrattati che c’è: essa non è niente altro che la Grazia che agisce in colui o colei che la lascia agire, è totale passività. Per non rischiare assolutizzazioni però essa va sempre unita ad una buona ascetica che è la parte attiva e che non ottiene niente se non quello, come dice San Paolo, di rimanere allenati. Altrimenti la mistica rischia di diventare patologica quiescenza, personalismo che diventa soggettivismo e fa tendere al panteismo. Così la prova di autenticità di un mistico è la sua capacità di servizio, perché ogni immersione in Dio è essenzialmente legata ad una vita apostolica e caritativa e quindi ad una sana ecclesialità. Dall’altra se ad una buona ascetica non si collega un atteggiamento mistico, di passività rispetto all’azione di Dio, essa si patologizza in stoicismo. 6 Trinità”. Nel 1551, a 36 anni, viene ordinato sacerdote, entrando in una confraternita di preti secolari che, senza una regola, pregano in comune e si spronano al bene, Nel 1564 fonda la “Congregazione dell’Oratorio”, la cui formazione dei membri è caratterizzata da discussioni libere che si svolgono in piccoli circoli. Questa Congregazione dal 1574 sarà caratterizzata dalla vita comune e nel 1575 verrà approvata da Gregorio XIII, rimanendo senza voti e di modo che ogni casa sia indipendente dalle altre. Gli unici due vincoli sono:«Se vuoi l’obbedienza spontanea, non comandare troppo» e «La nostra sola regola è l’amore». Vediamo le caratteristiche di questo santo: Nonostante questa vita libera anche per lui l’obiettivo principale era rinunciare alla propria volontà e per far ciò imponeva a se stesso e anche agli altri le forme più bizzarre di umiliazione: umile irraggiava mansuetudine e letizia. Era di un’incondizionata sottomissione alla Chiesa, un po’ come il Savonarola che egli infatti venerava come santo e di cui leggeva gli scritti e a cui si ispirava. Come lui era poi un maestro nell’orazione, ma al contrario dell’asprezza profetica, possedeva una mistica dolcezza ed un mistico ardore, che lo infiammavano fino al venir meno delle forze. Alieno a qualsiasi forma di esaltazione, la Messa era per lui la misteriosa fonte di rinnovamento, in cui si sentiva travolto dall’amore e proprio per ciò fu fautore della celebrazione regolare e della Comunione frequente. L’ascesi per lui non aveva nulla a che fare con la sporcizia che lui aborriva. Molto significativo poi il suo metodo di direzione spirituale individuale, in cui anche qui rifiutava qualsiasi forma di sistema rigido. Egli non esercitava la minima pressione, per questo attirava tutti a sé e vicino a lui ci si sentiva davvero portati alla bontà. Incoraggiò considerevolmente ricerche e studi, particolarmente nel campo dell’antichità romano-cristiana e in quello della storia della Chiesa: o fu uno dei primi ad interessarsi delle catacombe, tanto che il suo discepolo Antonio Bosio fu il primo a scoprirle scentificamente. o Fondò poi la famosa Biblioteca Vallicelliana Cesare Baronio, futuro cardinale e prefetto della Biblioteca Vaticana, raccolse il materiale con cui compilò il suo colossale lavoro degli “Annales Ecclesiastici”, fino al 1198, in risposta alle protestanti “Centurie di Magdeburgo” di Flacio Il lirico. Queste due iniziative furono fondamentali per la riforma della Chiesa, perché si un “ritorno alle fonti” che fece riaffiorare l’immagine dei primi tempi eroici della Chiesa. Vasto fu l’operato anche in altri settori dell’arte quali la musica: dalle esecuzioni musicali negli oratori, si svilupparono gli inizi dell’Oratorio musicale (a cui collaborò Palestrina). Filippo, in opposizione a Lutero, diede così prova, come San Francesco ai suoi tempi, che l’unione più stretta con la Chiesa e con il papato, lungi dal sopprimere necessariamente la libertà personale e la realizzazione del sacerdozio universale, può anche arricchirli. E questa piena aderenza alla Chiesa si univa in lui ad un’impressionante e coraggiosa libertà, tanto che non ebbe timore nel richiamare all’umiltà il capo supremo della Chiesa (Clemente VIII) e neppure di fargli pervenire qualche ordine, seppur moderato. Lo spirito di Filippo sarà poi ripreso nel XIX secolo da Newman che rinnovò l’Oratorio in Inghilterra. Fondazione di altri ordini San Carlo Borromeo contribuì a fondare gli Oblati (1578) e con Angela Merici le Orsoline (1535) che all’inizio non facevano voti e non vivevano in comune ed erano al servizio dei malati e dedite all’istruzione della gioventù. Più tardi i voti furono resi obbligatori e ne fu aggiunto un quarto relativo all’istruzione delle giovani. Il secondo grande ordine dell’epoca dopo i gesuiti, fu quello dei Cappuccini. Dapprima erano un gruppo di francescani della zona di Ancona desiderosi di riforma, ai quali stava a cuore che la regola di san Francesco fosse osservata in tutta la sua severità, ne ottennero l’autorizzazione da papa Clemente VII nel 1525. Inclini all’inizio alla vita eremitica dopo vari travagli e assestamenti saranno dediti alla predicazione e allo studio teologico- scientifico. Il primo vicario della congregazione (1535-36) fu Bernardino Ochino daAsti che però nel 1537 passò alla Riforma Protestante. Questo passaggio insieme alla lotta per trovare la forma ideale dell’Odrine portarono l’Ordine sull’orlo della rovina, ma in seguito divenne di nuovo imponente e quando Gregorio XIII nel 1574 ne revocò la limitazione all’Italia si diffusero ovunque. A differenza dei gesuiti essi consacrarono tutta la loro attività al popolo. L’ordine ospedaliero di Camillo de Lellis (†1624), discepolo di Filippo Neri; I “fratelli minori regolari” fondati da Francesco Caracciolo (approvati nel 1588) dediti ai poveri e ai carcerati; Gli “scolopi” fondati nel 1597 da Giuseppe Calasanzio († 1648) dedicati interamente all’educazione della gioventù, in particolare ai meno abbienti. Altri ordini dediti all’insegnamento furono i “fratelli delle scuole cristiane” fondati da La Salle, i “Padri della dottrina cristiana” fondati nel 1592 da Cesare de Bus († 1607), le “Suore di Nostra Signora” fondate nel 1598 da Pietro Fourier († 1640), i “Padri Somaschi” fondati da Gerolamo Emiliani († 1537). L’ATTIVITÀ MISSIONARIA FUORI D’EUROPA Nonostante l’aspro travaglio del rinnovamento religioso, ma vista la forte coscienza ecclesiastica rinsaldatasi a partire dagli anni ’40, la scoperta del Nuovo Mondo costituì un pressante invito ad annunciare il Vangelo ai popoli e alle tribù dei nuovi paesi, così dopo la programmazione si passò all’attuazione in un primo momento con domenicani e francescani, ma poi in maniera più sistematica grazie alla riorganizzazione generale della Chiesa. Attori principali di quest’azione furono i gesuiti con i cappuccini. Enorme importanza assunse poi l’istituzione nel 1622 da parte di Gregorio XV, di un’apposita congregazione pontificia per la diffusione della fede. Per l’Asia uno dei primi missionari, fu Francesco Saverio che era uno dei compagni di Sant’Ignazio e con lui aveva svolto l’attività pastorale e caritativa, ma nel 1542 venne mandato come legato pontificio a Goa, colonia portoghese sulla costa occidentale dell’India, poi venne mandato nell’India Meridionale e in Giappone. Mentre si accingeva ad evangelizzare la Cina, morì nel 1552, dopo appena 10 anni di attività. Sbalorditiva nell’attività di questo santo è la sua capacità di annuncio senza alcuna conoscenza delle lingue straniere, ma infuocata da quel fuoco misterioso che il Signore portò dal cielo e che in lui ardeva fortemente e caratterizzava la sua pietà e la sua azione. La sua opera fu veramente smisurata ed indefessa, ma pura nelle intenzioni e nella attuazione anche quando fece ricorso al potere secolare. L’espansione cristiana procedette decisa in tutto l’Oriente tanto che nel 1625 in Giappone si contavano 600.000 cristiani, ma nel 1637 dopo una sommossa dei cristiani perseguitati, la dottrina proveniente dall’Occidente fu definitivamente proibita, anche se i missionari che tornarono in Giappone nel XIX secolo trovarono ancora il Cristianesimo nelle famiglie in cui era stato tramandato. Più importante fu però l’evangelizzazione dell’America centrale e meridionale da parte di spagnoli e portoghesi e di quella del nord da parte dei francesi in Canada, dove la diffusione del cristianesimo si estese rapidamente e così anche l’organizzazione in diocesi. Certo questa grande opera di evangelizzazione è gravemente macchiata dal brutale egoismo dei conquistatori che degradarono a schiavi gli indigeni, li sfruttarono vergognosamente e causarono loro malattie e degenerazione psichica. E la situazione era tale che Paolo III emise una bolla in cui si proibiva la schiavitù dicendo che gli indiani come i bianchi hanno un’anima immortale e sono in grado pertanto di ricevere la dottrina cristiana e i sacramenti. Ma il monito rimase inascoltato tanto che il domenicano Bartolomeo Las Casas († 1566) si prodigherà per il riconoscimento dei diritti degli indigeni e più tardi il gesuita san Pietro Claver (1616 - 1654) per i diritti dei negri. D’altro canto però uno splendido esempio di inculturazione fu quello delle Riduzioni promosso dai gesuiti in Paraguay. Si trattava di indigeni che, sotto la guida dei gesuiti, conducevano una vita disciplinata, rigidamente e ordinatamente ripartita fra lavoro e riposo, che riconoscevano la supremazia spagnola pagando le tasse, ma per il resto erano liberi, tutti i proventi del loro lavoro affluivano ad una cassa comune e la loro unione impedì lo sfruttamento. Le Riduzioni durarono dal 1631 al 1767 e nonostante certi innegabili abusi, va giudicato nel complesso positivamente. Tutte lo slancio missionario della Chiesa urtò contro considerevoli difficoltà di carattere interno, contro cui devono lottare anche le missioni ai nostri giorni: Spesso il cristianesimo fu imposto con la forza, tanto che spesso la mancanza della credibilità interiore dell’opera missionaria si fece insopportabile. Di uomini aperti al dialogo nel Medio Evo ce ne furono pochissimi ed il cristianesimo così all’inizio dell’era moderna era totalmente impregnato della cultura occidentale che l’incontro con uomini di altre culture magari anche molto sviluppate come quelle dell’estremo oriente richiedeva un avvicinamento tra il cristianesimo e queste civiltà e soprattutto i gesuiti le provarono tutte. Ma nonostante gli splendidi successi talora riportati, il gigantesco problema di fondo per il futuro del mondo (Occidente – Oriente, Nord - Sud) è ancora insoluto. In generale si può dire che il seme della parola divina, in nessun luogo è penetrato in maniera tanto ampia e profonda da diventare, nel vero senso del termine, “creatore” secondo le leggi proprie ad ogni spazio culturale. Si tratta del problema d fondo per la storia della Chiesa, quello di un moderato adattamento. Alcuni fulgidi esempi di missionari in tal senso furono: Matteo Ricci (1552-1610) in Cina, dimostrando che la scienza cinese era alla pari di quella occidentale e cercò sul piano scientifico, umano e religioso un avvicinamento ed un adattamento al mondo cinese, tanto che in materia di culto riprendeva i culti cinesi cambiandoli di significato, evangelizzandoli. Certo dopo la sua morte questo adattamento fu molto contrastato da alcuni gesuiti stessi, ma soprattutto da francescani, domenicani, lazzaristi e sacerdoti provenienti dalle missioni estere di Parigi e se in un primo tempo fu concesso con Paolo V che nel 1615 accordò, sotto l’influsso del Bellarmino, l’uso di un breviario cinese, della messa in cinese e possibilità di sacerdoti cinesi, ma nel 1742 Benedetto XIV avvenne la condanna definitiva di questi modi di procedere. E insieme ai riti cinesi furono proibiti anche quelli “malabarici” che si erano sviluppati in nel sud-est dell’India. Inizialmente infatti il cristianesimo veniva visto come la religione degli Intoccabili, perciò i Bramani non ne volevano sapere. E qui si inserisce l’opera del gesuita Roberto de Nobili (1577-1656) che adottò costume e metodi di vita, nella realtà concreta stessa delle caste, cercando di eliminare dalla predicazione tutto ciò che nei riti nella terminologia poteva urtare i Brahmani e redasse molte opere teologico-religiose per istruire i neofiti e nonostante le critiche anche aspre andò avanti grazi alla bolla del 1623 che lo appoggiava. Più tardi De Nobili cercò di avvicinarsi anche ai Paria, agli intoccabili, proponendo di destinare separatamente dei missionari per i bramani e altri per i Paria. I risultati dell’intervento del 1742 furono il crollo delle missioni nel secolo XVIII. Non ultimo un grande ostacolo fu la deficienza morale e religiosa degli europei stabilitisi oltremare, Francesco Saverio stesso prima di procedere all’evangelizzazione vera e propria dei pagani, dovette cercare di ricondurre a vita cristiana gli europei che vi si erano stabiliti. Comunque questo forte slancio missionario ha mostrato la coscienza che la Chiesa ha della propria vocazione missionaria universale, coscienza che non deriva dai successi, ma dal mandato divino, che assicura la vittoria sì, ma alla parusia: fino a quel momento il mandato missionario deve essere adempiuto in spirito di servizio, sapendo che la legge principale è che “il granello di frumento per dar frutto deve prima morire” (Gv 12,24). E questa legge tutto sommato ha sempre guidato lo slancio missionario di questo periodo, perché in Oriente: in Oriente si ebbero frutti poco durevoli, in America il cristianesimo era come un sottile strato di vernice sull’antico paganesimo. Ma il poco che si è raggiunto offre ricco materiale per un inno alla fede e alla forza organizzativa della Chiesa. RAPPORTO GRAZIA – LIBERO ARBITRIO A questo punto è bene affrontare questo spinoso problema, che segna tutta la teologia e la spiritualità dei secoli successivi e che in generale si può ridurre al problema del rapporto tra cristianesimo e umanesimo infatti San Paolo presenta un uomo che ha una libertà fratturata, incurvata a causa del peccato originale, ma questa concezione entra in collisione con la visione umanista neo-classica che tende ad esaltare l’uomo. Lutero e Calvino hanno quindi esaltato l’azione del peccato originale sulla libertà, tanto che per Calvino l’uomo ha una libertà perduta e Dio predestina alcuni “ante previsa merita”. Per il cristianesimo però questa concezione è esagerata perché sì la libertà è ferita, ma c’è! E la predestinazione si che c’è, ma come dice il concilio Arausicano in un rapporto a noi sconosciuto con la libertà per cui l’uomo non muore per la strada! Chi perisce è merito suo, ma per chi si salva è tutto dono di Dio! E Trento ribadirà che esiste il peccato originale ed esiste la grazia, ma non come essi siano in relazione! Così dopo Trento ognuno formulò le proprie ipotesi e si andò allo scontro, perché da un lato c’erano i gesuiti (filo-borghesi, quindi filo-modernisti e che in opposizione al protestantesimo esaltarano la libertà) e dall’altro c’erano molti francescani, molti domenicani, agostiniani e giansenisti. I primi accusavano i secondi di cripto-calvinismo, i secondi invece accusavano i primi di cripto-pelagianesimo. Roma istituì la commissione “De Auxilis” i cui risultati furono però deludenti perché si ribadì ciò che si era detto a Trento, perciò se si vuole accentuare la libertà va bene, ma non si dica che non c’è la grazia, la predestinazione e viceversa. In quest’ottica va letto lo scontro Lutero- Erasmo, perché quando il primo scrisse “De servo arbitrio” allora il secondo prese la penna in mano e per riequilibrare la bilancia scrisse “De libero arbitrio”. I partiti in campo cattolico erano quindi i seguenti: I gesuiti capeggiati da Molinos che scrisse “Concordia”. Egli proponeva una posizione pastorale che fu molto ben accolta dai pastori d’anime e per cui libertà e grazia stanno insieme per “concursus” , perché il nostro agire è come una barca che è tirata da due cavalli sulle due sponde di un canale. I domenicani capeggiati da Melchior Cano e Banez. Molto più metafisici dicevano che libertà e grazia stanno insieme per la “premotio fisica”, da non intendere però in senso meccanico, dove solo se la grazia si muove allora si muove anche la libertà, ma in senso appunto metafisico per cui il fatto che Dio muove significa che pone l’essere e questo non toglie la libertà a noi uomini, ma la fa essere! La libertà di tutto ciò che esiste è grazie a Dio. Gli agostinisti, capeggiati da Michele Baio, per cui la grazia attrae la libertà per “delectatio vitrix”. Agostino infatti commentando Gv 6,44:«nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» dice che questa attrazione avviene grazie ad un premio una meta, ciascuno è attratto, attirato da Dio che agisce sui suoi piaceri. Cristo ci attrae perché è ricco di tutti i valori e se noi perseguiamo dei valori … Perciò la libertà subisce il fascino della grazia, ma questo non vuol dire che sia annichilata!7 E nessuna di queste tre posizioni era eretica, ma quando ognuno assolutizzava la propria posizione e alcuni principi allora scattavano i problemi. IL SECOLO DELLA CHIESA GALLICANA SGUARDO GENERALE Il Papato Solo la conoscenza del contesto politico permette di riconoscere in armonia con i fatti sia la forza che i limiti di quella rinascita prodotta dalla santità e lo stesso papato, per quanto riguarda la politica ecclesiastica ad extra e ad intra della Chiesa, è segnato da questo contesto in cui forte era il contrasto tra Spagna e Francia e quindi tra le chiese nazionali spagnola e francese. Dall’altro lato dopo il poderoso sforzo della Controriforma a partire dalla metà del XVII secolo si può notare un certo rilassamento delle energie curiali e il prestigio stesso del papato decade ulteriormente, tanto che il nepotismo riapparirà e sarà eliminato solo a fine XVII secolo. Così Clemente VIII Bellissima a tal proposito la frase che Agostino rivolse ad un semi-Pelagiano:«Questo è l’occulto e orrendo veleno della tua dottrina: che fai consistere la grazia nell’imitazione di Cristo e non nel dono della sua persona». 7 (Aldobrandini, 1592-1605) vista la supremazia spagnola si avvicinò di più alla Francia, riconoscendo e assolvendo (1595) Enrico IV passato al cattolicesimo, creando così un presupposto per il consolidamento interno della Francia e quindi una certa indipendenza della curia tra le due grandi potenze cattoliche, ma anche per una rigenerazione di vita religioso-cattolica in Francia. Sotto il suo pontificato si svolse il processo, durato sette anni, dell’ex-domenicano Giordano Bruno, che si concluse con la sua condanna al rogo perché negava i dogmi fondamentali quali l’incarnazione di Dio e aveva una visione panteistica del mondo in cui non c’era spazio per un Dio personale. Egli non è che la punta dell’iceberg della situazione di disgregazione spirituale che regnava alla fine del XVI secolo. Paolo V (Borghese, 1605-1621), canonista anc’egli come il predecessore, sempre come lui si ispira ad idee e pretese anacronistiche di supremazia, tanto che è con lui che si ha l’ultimo interedetto nei confronti di un intero stato: quello della Repubblica di Venezia (il cui consigliere spirituale era il geniale, forse non più cattolico, frate servita Paolo Sarpi). Con Gregorio XV (Ludovisi, 1621-1623) il nepotismo sfrenata manifestò le sue buone possibilità, perché i suoi nipoti si dimostrarono realmente abili. Egli fonda l’importantissima Congregazione De Propaganda Fide con cui il papa è de facto il solo vescovo ordinario di tutte le chiese di missione. Urbano VIII (Barberini, 1623-1644) proseguì l’organizzazione delle missioni tra i pagani, anche se sotto di lui il nepotismo raggiunse vette incredibili tanto che resa la sua famiglia onnipotente nello stato della Chiesa. Egli iniziò la lotta contro il giansenismo, nel 1633 dichiarò le tesi di Galileo assurde e formalmente eretiche e fece erigere dal Bernini la “Confessione di San Pietro”. Seguì Innocenzo X (Panfili, 1644-45) e poi Alessandro VII (Chigi, 1655-1657) il primo a ad esercitare uno scarso nepotismo, che confermò la condanna al giansenismo e che sul lato missionario fu un fattore dell’adattamento perché permise che gli indigeni potessero essere ordinati sacerdoti; in questo periodo Bernini portò a termine piazza San Pietro. Clemente IX (Rospigliosi, 1667-1669) non praticò il nepotismo e prova dei tentativi di conciliazione nella controversia giansenista. Clemente X (Altieri, 1670-1676) venne eletto ottantenne e così il governo lo tennnero in mano i suoi nipoti che spadroneggiarono. Innocenzo XI (Odescalchi, 1676.1689) fu invece uomo di profonda pietà e volontà retta, non pratica il nepotismo e deve sostenere lo scatenarsi della controversia sulle regalie8 in Francia e sempre in Francia deve contrastare le quattro proposizioni del Bossuet per difendere la libertà della Chiesa contro le “libertà [intese come privilegi] della chiesa gallicana”. Attua poi una riforma fiscale dello Stato Pontificio e condanna Molinos e alcuni articoli accentuatamente lassisti di moralisti gesuiti. Alessandro VIII (Ottoboni, 1688-1691) sotto cui migliora il rapporto con la Francia, ma il dissidio sulle regalie non viene ancora composto. Innocenzo XII (Pignatelli, 1691-1700) che proibisce esplicitamente (e proficuamente) il nepotismo e limita nello stato della chiesa la vendita delle cariche9, pone termine alla lotta con la Francia tanto che Luigi XIV annulla l’obbligo dei quattro articoli. Condanna del quietismo. L’impero e le potenze politiche L’esistenza di un movimento di controriforma non bloccò assolutamente l’avanzata della Riforma Protestante (soprattutto in Francia, Polonia, Austria, Boemia e Slesia) e di tutti i problemi e cambiamenti ad essa legati primi fra tutti quelli politico-sociali. L’imperatore Mattia (1612-1619) si adoperò come mediatore tra le lotte religiose, pur sostenendo la Controriforma, tanto che il suo consigliere fu il cardinale Klesl. Ferdinando II (1619-1637) non sarà riconosciuto in Boemia visto come impose il cattolicesimo nel suo paese e si ebbe così inizio alla guerra dei Trent’anni che si svolge in quattro periodi: 8 Per regalie si intende la possibilità da parte del re di nominare un vescovo (che comunque doveva avere l’approvazione dal vaticano che gli consegnava una missino canonica). Ora Luigi XIV dopo l’unificazione della Francia voleva nominarli anche nei territori di nuova conquista, ma il papa si oppose. Allora Luigi XIV li elesse, ma il papa impose loro la scomunica qualora fossero entrati in diocesi. E tutti i capitoli delle cattedrali (che gestivano il passaggio tra vescovi nominando un vicario capitolare) delle varie diocesi si rifiutarono di accoglierli così Luigi XIV dovette abbandonare il suo proposito. Il vicario capitolare quindi protegge la Chiesa locale dai lupi rapaci! 9 Tutte le cariche infatti una volta erano venali, si potevano cioè comprare. 1) Periodo boemo-palatino, in cui l’imperatore si salva grazie all’intervento della lega cattolica e della Sassonia Luterana (per cui «papista piuttosto che calvinista») e in seguito alla vittoria della Montagna Bianca si ha la repressione del Protestantesimo in Boemia, nei paesi confinanti e nel Palatinato (che è la corte dell’Imperatore). 2) Periodo danese, in cui dopo la vittoria sui protestanti si arriva nel 1629 all’assurdo “Editto di restituzione”, per cui ogni territorio che era passato al protestantesimo dopo il trattato di Parsavia del 1552 doveva ritornare cattolico! Così facendo si mise in serio pericolo la situazione favorevole al cattolicesimo e la possibilità di procurarsi vantaggi con la moderazione. 3) Nel 1630 si ha lo sbarco a Usedom di Gustavo Adolfo che porta all’inizio del terzo periodo in cui la guerra ha ormai dimensioni europee. Si arriva al compromesso tra imperatore e principi protestanti e così si pone fine al periodo della guerra originariamente di religione. L’Editto viene abrogato nel 1635. 4) Dal 1635 al 1648 si ha il periodo più terribile, peraltro a carattere politico, in cui la Francia prende apertamente parte alla guerra e le terre tedesche sono devastate a causa del decadimento morale, religioso ed economico dell’impero. Si arriva così alla pace di Westfalia, garantita da Francia e Svezia (decisivi per la storia della Chiesa sono i negoziati di Osnabruck) e in cui il presupposto ovvio è che la religione cristiana è l’unica valida, senza alcuna proclamazione di tolleranza ecclesiastica o religiosa. Tanto più che nel 1683 i turchi assedieranno Vienna e andranno in sua difesa tantissimi principi cristiani, parteciperà anche Innocenzo XI e si formerà la “Lega Santa”. Nel 1697 ci sarà la reazione europea che porterà alla liberazione dell’Ungheria e della Transilvania grazie al principe Eugenio Gli altri stati europei In Francia, sotto il governo di Luigi XII (1610-1643), fortemente influenzato dal cardinale Richelieu, si ha un consolidamento dell’assolutismo, vengono vinte le guerre contro Spagna e Impero, si ha la fondazione dell’Academie francaise, e opera il cattolico Cartesio (1596-1649) fondatore della filosofia moderna e precursore dell’illuminismo. Succederà Luigi XIV (1643-1715), il cui primo ministro sarà il cardinale Mazarino, e che con una oculata politica matrimoniale avanzò diritti di successione su Spagna e Palatinato, che portarono alle guerre che sottesero tutto il regno di questo re. In campo ecclesiastico: sotto di lui nel 1682 si ha l’apogeo del gallicanesimo; nel 1685 si proibisce la pratica della pratica riformata; e scoppiano i casi di giansenismo e quietismo. La Spagna invece con Filippo IV (1621-1665) subisce un’ulteriore decadenza politico-ecclesiastica e la mancanza di eredi del debole figlio Carlo II (1665-1700) fa sì che la successione spagnola divenga il problema politico più importante della fine del secolo. In Inghilterra dopo la morte di Elisabetta assume il governo Giacomo I (1603-1625) che ha causa dei problemi interni con i puritani, non riesce a prender parte alla guerra dei trent’anni. Con Carlo I (1625-1649) la questione puritana peggiora ed aumenta il numero di emigrati in America fino alla guerra civile del 1642-1646 in cui i ribelli capeggiati dal puritano Oliviero Cromwell vincono e così il re viene decapitato nel 1649. Cromwell regna come lord protettore e se da un lato governa con molta tolleranza tutte le confessioni protestanti, dall’altro lato reprime sanguinosamente le sommosse nell’Irlanda rimasta cattolica. Con lui l’Inghilterra ha un forte sviluppo marino. Alla sua morte il Parlamento ristabilisce la monarchia e viene richiamato re Carlo II (1660-1685). Dopo di lui Giacomo II che resta in carica fino alla “ricoluzione gloriosa” che porta al trono la figlia, protestante, Maria e il marito di lei Guglielmo III d’Orange (1688-1702) che concedono la libertà di professare la propria religione anche per le sette. Nei Paesi Bassi ampia tolleranza verso tutte le confessioni riformate e in maniera limitata per cattolici ed ebrei. La Svezia, che come chiesa nazionale ha tendenze protestanti dal 1523, diviene una grande potenza autonoma per opera di Gustavo Adolfo, cancelliere della regina Cristina (16321654), che diventata maggiorenne abdica, per farsi cattolica, a favore del cugino Carlo Gustavo, chiamato Carlo XI con cui si afferma l’assolutismo. La chiesa nazionale è luterana, ma si mantiene l’organizzazione episcopale. In Russia quando al governo c’è Ivan il Terrbile (1533-1584), grazie alla mediazione del Papa si ha la pace con la Polonia. Sotto lo zar Fedor (1584-1588) si ha l’erezione del patriarcato autonomo di Mosca. Disordini dinastici portano al potere la dinastia Romanov che avvicinano la Russia all’Europa. Lo zar Michele (1645-1676) attua una riforma ecclesiastica (scisma “Raskol”) e nel 1686 aderisce alla Lega Santa. Pietro il Grande (1689-1725) porterà definitivamente a contatto la Russia con l’Occidente, andando anche contro i costumi ecclesiastici. LE CHIESE NAZIONALI Un ruolo decisivo in tutta l’epoca moderna e su ciò che fu la Riforma Protestante (in senso negativo) e quella cattolica (in senso positivo) fu giocato dai precedenti consolidamenti nazionali, favoriti dalle chiese territoriali (iniziate nel XIII secolo) che da un lato limitò l’influsso del papato sugli stati d’Europa (soprattutto sulle casse!), ma dall’altra portò (a partire dal XVI secolo) ad ingerenze da parte degli stati in campo ecclesiastico. Cresceva infatti la concezione autonoma degli stati (e delle chiese contro la concezione verticistico-piramidale di Roma che toglieva ogni voce alle chiese particolari) e la tendenza assolutistica di tutti i governanti con un conseguente loro influsso su tutte le sfere della vita e quindi anche quella ecclesiastica. Spagna e Francia Ciò divenne realtà, prima che altrove, con il cesaro-papismo spagnolo di Filippo II (1566-98), uomo di fede profonda, ma che aggiunse una clausola di riserva ai decreti disciplinari del concilio di Trento, intervenne nei concistori proponendo cinque o sei papabili ecc. In lui, da buon spagnolo, comunque l’interesse per la Chiesa quale depositaria della verità e dell’unica religione, era autentico e quindi si trattava di un atteggiamento ecclesiastico-religioso, coordinato a servizio dello Stato. In Francia invece si procedette alla formazione di un’autentica chiesa nazionale, in maniera molto meno corretta che non in Spagna, minando maggiormente l’unità della Chiesa e questo grazie al cardinal Richelieu (1585-1642, che per perseguire il suo progetto di una Francia totalmente centralizzata nella monarchia procedette allo sterminio degli ugonotti, che erano calvinisti) al suo consigliere il barone padre Giuseppe Le Clerc (1577-1638, cappuccino detto “eminenza grigia” e che fu di un’enigmaticità sconcertante: uomo di pietà non comune, autore di opere mistiche, predicatore notevole, riformatore del proprio ordine ed organizzatore delle missioni cappuccine in tutto il mondo e fautore di una riconciliazione con gli ugonotti, ma dall’altra era addentro a tutti gli intrighi della politica di Richelieu di cui ne fu l’ispiratore) il cardinal Mazarino (1602-1661, che per proteggere il nipote di Urbano VIII non ebbe timore di minacciare guerra al papa Innocenzo X), che erano più francesi e uomini di stato che non cardinali, e Luigi XIV (1643-1715). Qui infatti l’elemento religioso-ecclesiastico non si trovava accanto allo Stato, ma subordinato agli interessi di questo che si atteneva alle proprie esigenze: ecco il gallicanesimo. Gallicanesimo che si rivelerà una minaccia perché inserito in un contesto di decadenza religiosa e morale di estesissime zone dell’alta società, di debolezza e di assenteismo, tanto che il piacere era il fine supremo e si era “cattolici” solo per vendetta, per odio ecc. Veniva così a mancare quella sintesi cattolica che esige coerenza di professione e di vita. Forze culturali e religiose A far fronte a queste tendenze centrifughe non ci furono sicuramente i papi, che furono in questo periodo tutti di mediocre levatura, ma una rigogliosissima élite formata da Francesco di Sales, Giovanna Chantal, Vincenzo de’ Paoli, Fenelon, Bourdaloue, Pascal ecc. e quindi la santità, la pietà e la teologia furono destinate ad avere maggiore incidenza del gallicanesimo sia nella vita ecclesiastica contemporanea che nelle sue ripercussioni sul futuro. Si potrebbe dire che ci troviamo dinanzi al fondersi della pietà umanistica con lo spirito francese, del cristianesimo con la cultura profana, di quello che comunemente si chiama gallicanesimo religioso e che portò l’elemento religioso-cattolico negli strati più elevati e migliori della nazione. Certo non mancarono reazioni teologiche aberranti che caddero sotto censura ecclesiastica come il quietismo (contro l’attivismo dei gesuiti e l’esteriorizzazione della cultura di corte), l’agostinismo e il rigorismo giansenista (contro il decadimento dei costumi e al probabilismo dei gesuiti). La situazione in Germania Se da un lato la Germania si è dissanguata nella guerra dei Trent’anni, non va dimenticato il sorprendente rigoglio di vita che si esprime nell’architettura barocca dei vescovadi-principati della Germania occidentale e meridionale. Teologi e uomini di fede eccelsi non ce ne saranno, anche se non mancano persone significative e saranno più che altro il protestantesimo, come in Inghilterra e in America, a dare una impronta più marcata allo sviluppo religioso. Un triste capitolo della seconda metà del XVII secolo fu quello delle grandi persecuzioni delle streghe cui presero parte tutte le confessioni. A fianco della cultura cristiana è sempre vissuta infatti una cultura pre-cristiana, ma con la nascita delle scienze si inizia a non sopportare ciò che non è scienza, ciò che è arcaico e con lo svilupparsi sempre più come scienza della teologia essa sviluppa anche una demonologia che inizia ad applicare. È quindi la modernità che crea le streghe! Si fece poi passare come eresia la disobbedienza alla Chiesa! Non mancano comunque voci contro questo orribile e crudele eccesso tra cui spiccano quella del gesuita Federico von Spee (1631) ed il protestante Thomasius (1704). LA FIORITURA UN SECONDO SECOLO DI SANTI Situazione generale della Chiesa in Francia I primi frutti della pietà dopo la Riforma giungono dall’estero grazie a Teresa che allarmata dal progredire del calvinismo manda lì le sue milizie mistiche e a San Francesco di Sales, allievo dei gesuiti e impregnato dell’esempio e dello spirito di San Filippo Neri, da lui personalmente conosciuto. Dall’altra la situazione ecclesiale era sconfortante perché i decreti del concilio di Trento non erano ancora stati applicati e continuavano ad essere riservate le più alte prelature ai nobili e ai favoriti di corte. Inoltre la sproporzione tra lo stile di vita dell’aristocrazia e del popolo comune era tanto più insana perché l’alto clero faceva suo il modo di vivere dell’aristocrazia. Inoltre oltre a mancare seminari mancavano, ed è cosa ben più grave, modelli da imitare. Solo su questo sfondo possiamo capire le realizzazioni dei grandi santi francesi. Francesco di Sales (1567-1622) La sua attività si adegua esattamente ai bisogni dei tempi nuovi, ormai differenti da quelli medievali e malgrado di origine savoiarde fu un francese al lavoro per i francesi, tanto che i suoi libri, diffusi in tutto il mondo, hanno comunque una marcata impronta nazionale e legata al suo tempo. L’importanza della sua attività può essere considerata sotto un triplice aspetto: Nella sua attività controriformistica. Egli crebbe proprio quando scoppiarono le guerre degli uogonotti, ma in una famiglia profondamente cattolica da cui imparò un’educazione da perfetto gentiluomo. Iniziati gli studi dai gesuiti, la sua “ora di Damasco” è legata proprio al tema della grazia che appassionava in quel tempo gran parte della società francese: ha Dio destinato l’uomo al paradiso o all’inferno e ve lo conduce arbitrariamente o in base alle previsioni dei meriti e dei peccati? A 16 anni egli fu improvvisamente assalito dalla convinzione di essere nel numero di coloro che Dio ha già previsto come dannati cadendo così sull’orlo della disperazione e in preda ad un mortale pessimismo, ma prima con un atto di volontà («se non potrò amare Dio nell’eternità, voglio almeno amarlo con tutte le mie forze in terra») e poi con un’illuminazione ricevuta in preghiera egli espresse per tutta la sua vita un gioioso ottimismo diventando così il predestinato combattente del tetro calvinismo. Ordinato sacerdote a 25 anni nella sua attività di predicazione tratterà spesso tematiche controriformistiche, ma secondo il più puro stile gesuitico in cui tutto è subordinato al fine religioso. Quando poi nel 1594 ci fu la libera risoluzione di evangelizzare la regione di Cablais, ormai interamente calvinista, egli si dedicò anima e corpo a questo compito, senza successo, incontrando l’opposizione più dura, ma da cui emerge la sintesi che faceva di lui un grande: mitezza e indulgenza mirabilmente unite ad una coerenza eroica e ad un invincibile spirito di sacrificio. Nel 1602 diviene vescovo della vasta diocesi di Ginevra (con sede in Annecy) ed il suo programma fu semplice, ma vasto: catechismo, predicazione, teologia controversistica e preoccupazione per i sacerdoti e i seminaristi. Nella sua opera come direttore spirituale. Egli si dimostra maestro in questo campo con come testimoniano le 2000 lettere e i due grandi testi: “Introduzione alla vita devota” (Filotea) e “Trattato sull’amore di Dio” (Teotimo): introduce nella pietà i “santi affetti”; il Sacro cuore assume una notevole importanza; raccomanda la comunione frequente (almeno una volta alla settimana); i suoi consigli sono caratterizzati da grande libertà interiore e da un’equilibrata moderazione. Nel 1604 conosce Madame Giovanna Francesca de Chantal (1572-1641) che egli guida all’ideale ascetico della perfezione, con umili mezzi e incantevole libertà e sicurezza. Con lei fonda l’ordine della Visitazione che all’inizio doveva essere un Ordine attivo, senza clausura, ma vista la diffidenza dei vescovi francesi e di Roma rinunciò, destinando l’Ordine alla contemplazione. Nel nuovo stile della sua ascesi “secolarizzata”, del poter essere cristiani nella “mondanità” e proprio per questo più che mai attuale anche ai nostri giorni. Nessuno prima e dopo di lui ha messo in pratica meglio di lui il suo motto:«Più gioia!», nessuno meglio di lui ha assegnato alla religione della Croce il compito di arricchire l’uomo. E questo lo fece svelando, con un’arte senza precedenti, la ricchezza della religione e nell’utilizzare, per la conquista delle anime, la sua dolce forza d’attrazione. E l’andare “incontro al mondo” non era per lui un indebolimento dell’annuncio della Croce, ma un invigorimento grazie: A) alle sperimentate vie dell’ascetica, i piccoli esercizi quotidiani (tra tutti il Rosario) perché Francesco (molinista come teologo, ma per tutto il resto agostinista) conosceva bene le debolezze degli uomini, non già per scusarle con frivola indulgenza (gesuiti), né per sottoporle ad una critica sterile (giansenisti). Egli così facilita il cammino, ma conduce alle altezze. B) L’elemento base della religione per lui è:«Dio, soltanto Dio e ancora una volta Dio», cioè l’amore infiammato di Dio. Insomma lui presenta una felice ed efficace rappresentazione di interiore libertà cristiana. Il suo agire a favore dell’uomo è anche messo in luce dal suo amore per la scienza che gli fece mettere in piedi l’Accedemia Florimontana ad Annecy e gli fece scrivere nel testamento di sezionare il suo corpo alla sua morte, cosa che per quei tempi era una cosa incredibile!!! Per la storia della Chiesa l’umanesimo devoto di Francesco di Sales è molto importante perché non si espone alle unilateralità dell’umanesimo del XV secolo (che sminuivano la singolarità e la forza della religione rivelata, della redenzione e quindi della Chiesa), ma non togliendo nulla al calore personale-umanistico della pietà (elemento non cattolico) e all’ottimismo umanista (elemento anticattolico), egli li nobilita, rendendoli cristiani nel vero senso della parola perché fondati sulla Rivelazione, sulla morte redentrice del Cristo, sulla grazia e sulla partecipazione di essa attraverso i sacramenti. Egli approfondisce così il moralismo umanistico trasformandolo in cristianesimo umanistico operando il ritorno dell’umanesimo alla Chiesa o il suo coronamento per opera della Chiesa opponendosi così al calvinismo, al pessimismo che dilagava nella Chiesa nei confronti del mondo, al rigorismo e alla religione del dolore di Pascal. Dall’umanesimo egli eredita poi quella “calma stoica” che ha le radici nel Vangelo del Dio-Padre e che in lui non rischierà mai di cadre in unilateralità, perché associata ad una vita mirabilmente attiva:«Non rifiutare nulla e non pretendere nulla … Lasciarsi portare dalle braccia di Dio … Egli conosce la mia debolezza e sa che no potrei sopportare dei colpi troppo forti». Vincenzo De’ Paoli (1581-1660) Egli fu un altro grande pastore di origini contadine che intraprese la carriera ecclesiastica per amore degli studi, ma che nel 1609 si convertì decidendo, dopo anni di atroci tormenti spirituali causatigli da dubbi di fede, di farsi santo. Così nel 1612 è parroco di una parrocchia di campagna, poi fino all’età di 44 anni è cappellano privato del conte Gondi, generale delle galere reali, e per il suo interessamento nel 1619 divenne assistente spirituale delle galere in cui organizzò una cura d’anime specifica ed ottenendo delle mitigazioni per i galeotti. Alla morte di Luigi XIII (che muore assistito da lui) diviene membro del Consiglio di Coscienza. Pone le basi di istituzioni caritative in grande stile, combatte la carestia, dà vita ad ogni forma di assistenza durante la guerra e dopo la guerra. La spiritualità di Vincenzo de’ Paoli era molto più modesta e al sua teologia molto meno complessa di quelle del suo amico Francesco di Sales, egli era un genio pratico dell’organizzazione, rispondendo così anch’egli, ma in maniera diversa, ai bisogni del suo tempo e in particolare orientando tutta la sua attività all’amore operoso verso i poveri e la raccolta di forze per questo scopo avviene attraverso la preghiera e la mortificazione. La sua spinta interiore viene poi da un’idea quasi perfetta di Provvidenza: egli non dirige e non sceglie nulla secondo i propri desideri, né l’azione, né il momento, né il modo, né il luogo stesso dove si debba agire, sta a Dio decidere tutto:«Le opere di Dio hanno il loro momento. In quell’esatto momento la Provvidenza le realizza, né prima, né dopo … Attendere la volontà di Dio, e quando essa sia chiara, realizzarla». Il segreto dei suoi successi e di tutte le sue realizzazioni è che non è guidato da interesse personale e quindi nonostante tutti i suoi piani, non esercita la minima pressione sugli uomini e quindi non urta contro resistenze e opposizioni di alcun genere, perché chi si fa veramente carico degli ultimi non da fastidio a nessuno e nessuno gli da fastidio. Anch’egli come Francesco di Sales pose come obiettivi primari: catechismo, predicazione e cura per i sacerdoti. A cui si aggiunse un’organizzazione vasta e complessa dall’amore operoso: i preti della missione, o lazzaristi, il cui compito era predicare e seguire spiritualmente i carcerati, tutto gratuitamente. La loro casa divenne il primo seminario francese (a cui si ispirarono poi molti altri seminari) e che divenne ben presto anche casa per esercizi e luogo di formazione del clero; le figlie della Carità, religiose moderne addette all’assistenza, senza clausura e pronte a tute le forme possibili di carità, soprattutto assistenza di malati e di orfani i “servitori dei poveri”, le “dame di carità”e varie altre associazioni caritative laiche San Vincenzo combatté molto contro il quietismo, che esaltava le virtù passive portando alla scissione di religione e vita. Fu anche abile direttore spirituale. Il periodo classico francese; nuovi Ordini Visti questi due in questo periodo la Francia conterà una vera miriade di santi e la cosa importante è che a tutt’oggi sono tra i migliori nomi che la cultura e la letteratura francese possano vantare; gran parte della nazione e della sua fioritura quindi è cattolica e religiosa. Così sono di questo tempo: o i sulpiziani, fondati da J.J. Olier († 1657), impegnati nella riforma del clero francese; o i trappisti, fondati nel 1664dall’abate normanno De Rancé († 1700), che vivevano una piena osservanza della regola benedettina e degli usi cistercensi, con una rigida osservanza e totale ignoranza della scienza; o i Fratelli delle scuole cristiane, fondati nel 1681 da Giovan Battista de la Salle, e il cui proprium ì l’insegnamento ai poveri, ma in lingua francese e non più in latino. A fianco di questi positivi moti di Riforma ce ne furono altri che crearono un po’ più di problemi come il giansenismo e il quietismo che vedremo tra poco. Realizzazioni scientifiche Molti sacerdoti e credenti si profusero anche nel campo della storia ecclesiastica, delle discipline storiche ausiliarie e delle scienze naturali dando un mirabile testimonianza della profonda armonia tra fede e scienza. Tra questi spiccano: l’abate Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), grande bibliotecario e archivista; Jean Harduin (†1729) e Giovanni Mansi († 1769), editori degli atti conciliari; il lessicografo Charles Dufrense du Cange (†1768), Stefano Evodio Assemani (†1782), studioso di lingue orientali e molti altri. L’apertura di molti uomini non fu comunque sempre fatta propria dai rappresentanti della Chiesa. Ciò si mostrò nella famosa controversia concernente Galileo Galilei (†1642) che dette poi seguito alla diffidenza della Chiesa cattolica verso le scienze cosicché il nuovo mondo sorge essenzialmente al di fuori della Chiesa cattolica: con Galilei si erano cacciati gli scienziati. Detto questo tra Chiesa e scienza c’è sempre stato e sempre ci sarà attrito, ma con Galilei ci fu più che altro un errore giudiziario e per altro lo stesso Galilei non si limitò all’esposizione di un esatto sistema scientifico (che peraltro conteneva parecchie falle), ma l’aveva congiunto ad un excursus in campo teologico. TENSIONI NEL SECOLO XVII PARTE PRIMA: LE CONTROVERSIE TEOLOGICHE Nei secoli XVI, XVII e XVIII si formano in tutti i territori e in tutti i paesi in cui la Chiesa è ancora forte delle correnti separatistiche originate da: tendenze, come prima della Riforma, verso la formazione di chiese territoriali e nazionali; la tentazione dei signori cattolici di emulare quelli protestanti quali signori della loro chiesa; una reazione al carattere esclusivamente neo-latino del governo della Chiesa, della teologia e della pietà. A queste si aggiunga che Trento non aveva risolto molte questioni sollevate sia nella Chiesa che dai protestanti e questo esercitava un grande fermento all’interno della Chiesa. I movimenti separatistici in questione sono giansenismo e quietismo in campo teologico e gallicanesimo e febronianismo in campo politico, tutti caratterizzati dalla tendenza episcopalista e che contengono elementi positivi, ma anche altri molto pericolosi. RAPPORTO LEGGE E LIBERTÀ Il movimento del giansenismo si inserisce in quello che è il problema del raggiungimento della salvezza e più in generale il rapporto tra grazia e volontà (visto sopra) che sconvolse tutto il mondo occidentale e che in Francia vedeva contrapposti cattolici e calvinisti. In campo morale questo dialogo-scontro si ebbe nel difficile rapporto tra legge e libertà. Vediamo le posizioni in campo: 1) tuziorismo, (da tuzior = sicuro) per cui conviene sempre fare quello che dice la legge e se c’è una qualche dubbio o novità meglio lasciar stare; 2) probabiliorismo, scelgo quale tra la via della legge e della libertà sia più probabilmente vera; 3) equiprobabilismo, se sono egualmente probabili la scelta sta a me; 4) probabilismo, la via della libertà è possibile, basta che ci sia un autore valido che la propone; 5) lassismo, va bene tutto. Ora sia la prima che l’ultima posizione sono inaccettabili perché né ciò che è conforme alla legge costituisce di per sé un valore e neanche qualsiasi cosa si faccia va bene. Anche la penultima di per sé non va tanto bene, perché chi mi dice quale autore è affidabile, valido? Tanto per capire l’attualità del discorso Paolo VI nell’Humanae Vitae ha tenuto l’agostinismo tradizionale nella morale sessuale, tenendo così fermi i principi, le leggi, ma ha invitato alla benignità pastorale. Non ha quindi annacquato la legge, non ha accettato innovazioni alla tradizione bimillenaria della Chiesa, ma ha invitato alla benignità. Potremmo dire che la sua posizione oscilla tra la seconda e la terza. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori passò dalla posizione probabilista a quella equi-probabilista e fu lui uno dei primi a parlare di benignità pastorale, fondandosi sulla legge dell’epicheia. Perciò il problema non è tanto il probabilismo nella pratica pastorale quanto più quello sui principi, su quello non ci deve essere tentennamento! Ed è proprio contro l’eccessivo lassismo dei gesuiti e della pratica generale della Chiesa e della società francese che si scagliarono i giansenisti. Lo scontro fu totale perché per i gesuiti bastava il timore dell’inferno per la salvezza, mentre per i giansenisti no, ci voleva l’atto di contrizione; i gesuiti puntavano alla pienezza, a raggiungere tutti e quindi per questo erano di manica larga, ma giansenisti & co. ricordavano che ci sono certe esigenze che se non sono rispettate non si è cristiani! IL GIANSENISMO Un gruppo di studenti di Lovanio (dove insegnò l’agostinista Baio) tra cui, Giansenio († 1638) e l’abate di Saint Cyran, in seguito alle questioni grazia-libertà decisero di leggere tutta l’opera di Agostino e lo fecero, ma focalizzando l’attenzione solo sul problema citato. Dopo gli studi l’abate rimase un prete, pastore d’anime e valido direttore spirituale, mentre Giansenio divenne vescovo di Ypres. Poco prima della morte pubblicò un testo l’opera “Augustinus”, sottoponendola al giudizio della Chiesa e dedicandola al papa Urbano VIII e quindi senza alcuna voglia di contestazione, anzi! Certo in Giansenio si assolutizzava il tardo agostino anti-pelagiano esaltando così il concetto di “massa dannata” di Sant’Agostino, ma se di un’immagine se ne fa un principio allora iniziano i guai! Infatti per Giansenio alla concupiscenza non si poteva resistere e Gesù è morto solo per gli eletti, i quali soli ricevono la grazia e vengono risollevati da questa condizione miserabile10. Ma le posizioni di Giansenio vennero prima censurate con la bolla “In eminenti ecclesiae” di Urano VII e poi dalla Costituzione “Cum occasione” di Innocenzo X in cui si condannavano cinque proposizioni che non erano state estratte dall’Augustinus, ma che derivavano dai suoi principi (DS 2001): 1. Alcuni comandamenti di Dio sono impossibili per gli uomini giusti che vogliono e si sforzano in base alle forze che possiedono al presente; manca loro infatti la grazia, mediante la quale questi diventano possibili; [Censura: proposizione temeraria, empia, blasfema, condannata con l’anatema, eretica e come tale la condanniamo] 2. Non si resiste mai alla grazia interiore, nello stato di natura decaduta; [Censura: proposizione eretica e come tale la condanniamo] 3. Per meritare o demeritare, nello stato di natura decaduta, non si richiede nell’uomo la libertà dalla necessità, ma è sufficiente la libertà dalla costrizione; [Censura: proposizione eretica e come tale la condanniamo] 4. I semipelagiani ammettevano la necessità della grazia interiore preveniente per singoli atti, anche per l’inizio della fede; ed erano eretici per il fatto che affermavano che quella grazia era tale che la volontà umana potesse resisterle od obbedirle. [Censura: proposizione falsa ed eretica e come tale la condanniamo] 5. È semipelagiano il dire che Cristo è morto e ha effuso il suo sangue in generale per tutti gli uomini. [Censura: proposizione falsa, temeraria, scandalosa e, compresa nel senso per cui Cristo è morto soltanto per la salvezza dei predestinati, empia, blasfema, oltraggiosa, contraria alla divina pietà ed eretica e come tale la condanniamo] Dopo queste condanne il movimento giansenista si divise: per alcuni (ad es. Antoine Arnould) erano chiaramente esagerate, ma nel libro di Giansenio non c’erano e quindi non andava condannato e alcuni vescovi, di questa posizione, piuttosto che riconoscere esplicitamente la condanna si limitarono ad un “ossequioso silenzio”. Alessandro VI nel 1705 punirà questa modo di fare (che alcuni vescovi usarono anche al Concilio Vaticano I!) con la costituzione “Vineam Domini Sabaoth” (DS 2390). per altri invece (ad es. Pascal) la Chiesa aveva ufficialmente preso posizione contro l’agostinismo e questo non andava bene, bisognava combatterla. E qui, a questo punto, vale la pena spendere due parole per il monastero di Port-Royal. Monastero cistercense femminile del XIII secolo era mantenuto dalla famiglia Arnould le cui figlie erano di volta in volta badesse. A 12 anni fu fatta badessa Angelica Arnould e in quel periodo fu direttore spirituale del convento l’abate di Saint Cyran. Dopo un po’ la badessa decise di fare veramente la badessa riformando il monastero che divenne finalmente tale: liturgia delle Ore, adorazione Eucaristica, lavoro manuale ecc. E anche una volta che l’abate di Saint Cyran fu imprigionato da Richelieu continuarono a venire direttori spirituali filo-giansenisti. Ben presto alle monache si aggiunsero i solitari e solitarie, degli eremiti laici che vivono vicino al monastero e partecipano alla liturgia delle ore e vivono del loro lavoro o di pensioni. Essi diedero vita anche a numerose opere sociali tra cui spiccavano le “piccole scuole” di Port-Royal che ai grandi collegi preferivano i piccoli numeri, non si insegnava latino e greco, ma tanta matematica e la famosa logica di Port Royal, non si davano né premi, né punizioni. Da queste scuole uscirono Jean Racine, Nicolais Boileau, La Roche de Foucauld ecc. Tra i solitari spiccarono il medico Hamon e Pascal. A quest’ultimo fecero scrivere “Difesa del cristianesimo contro i libertini” (dove per libertini si intendono gli scettici), ma l’opera non fu portata a termine e fu trovata su fogli sparsi alla sua morte. Raccogliendo questi fogli si ottenne quel best-seller che sono “I pensieri”. Per lui tutta la conoscenza degli uomini è in due uomini: Adamo e Cristo, dove il primo è la miseria di vivere Il concetto di “massa dannata” è buono, ma non bisogna intenderlo in senso quantitativo bensì in senso qualitativo, perché non c’è chi è preso dalla grazia e chi no! La corretta interpretazione è che siamo tutti così, siamo tutti bisognosi della Grazia che sola ci può salvare! 10 senza Dio e il secondo la gioia di vivere con Dio. E il suo teologale era talmente genuino che diede filo da torcere alla filosofia contemporanea ma allo stesso tempo le diede un notevole contributo segnando la riflessione filosofica successiva, dimostrando ancora una volta come la grande teologia (Agostino, Tommaso, Kierkegaard ecc.) può dare notevoli contributi alla filosofia, ma più in generale a tutte le scienze umane e alle arti. Pascal inflisse un colpo durissimo ai gesuiti, colpo dal quale non si ripresero più, soprattutto con le sue diciotto “lettere a un provinciale” dove prende in giro l’eccessivo ricorso alla casistica dei confessori gesuiti, perché sì essa serve al confessore per essere misericordioso, ma se la si impugna per fare ciò che si vuole … C’è da dire che Pascal derise anche alcune assoluzioni senza capirne l’importanza pastorale. E Port-Royal divenne talmente scomoda che nel 1710-1712 il governo francese procedette alla sua distruzione. Questo non pose comunque fine alla questione giansenista che si ridestò con maggiore violenza con le opere dell’oratoriano Pascasio Quesnel (1634-1719) tra cui spicca la sua traduzione del Nuovo Testamento a cui allegò le sue Reflexions Morales (1693) dove ribadiva tutte le tesi gianseniste e dove diceva come la Chiesa è invisibile ed è costituita da pochi eletti, poiché la volontà salvifica di Dio non è universale. L’intervento da parte di Clemente IX fu immediato e nel 1713 con la costituzione “Unigenitus Dei Filius” (DS 2400-2502) si bollavano ben centouno proposizioni! Ma la questione non finì lì perché anche alcuni vescovi appoggiarono le posizioni del Quesnel e quando la Chiesa di Roma chiese loro di rivedere le proprie posizioni, molti (i cosiddetti “appellandi”) fecero appello al prossimo concilio: il giansenismo degenerò quindi nel gallicanesimo. La questione spaccò la Francia cattolica già molto prostrata dalla questione degli Ugonotti e portò lentamente all’esaurimento della chiesa gallicana, in terra olandese si arrivò addirittura allo scisma di Utrecht (che perdura tutt’oggi), nel nostro Piemonte la costituzione Unigenitus non fu neanche approvata e il giansenismo si diffuse (tanto che ancora don Bosco disse di averne sradicato gli ultimi strasichi) ecc. Si arrivò addirittura ad un Sinodo di Pistoia dove si approvò la pastorale giansenista, ma la condanna di Pio Vi giunse immediata nel 1794 con la bolla “Auctorem Fidei” (DS 2600-2700) che fu un capolavoro dal punto di vista della tecnica teologica perché cerco di differenziare le tesi agostiniste da quelle gianseniste. Certo alcune proposte di quel Sinodo di per sé non erano malvagie, e le ritroveremo nel Concilio Vaticano II, ma fu l’unilateralismo su queste posizioni che portò alla condanna. Si potrebbe quindi dire che in generale forze che avrebbero potuto concorrere al risanamento della Chiesa corsero invece il pericolo (in quel preciso momento storico) di spaccarla nuovamente per il loro eccessivo estremismo, contrario allo spirito cattolico, e la loro tendenza all’insubordinazione, al settarismo, al separatismo e alla disgregazione. In generale la Chiesa nella questione giansenista tenne una giusta rotta (anche se oltre a condannare avrebbe fatto meglio a cercare il dialogo, cercando di capire le ragioni e cogliendo gli aspetti positivi) evitando, tra le altre cose, la pericolosa affermazione per cui all’esterno della Chiesa non può esservi grazia e ribadendo invece (nella costituzione “Unigenitus”) il concetto delle “vie straordinarie della grazia”. IL QUIETISMO Oltre al giansenismo si oppose alla eccessiva accentuazione del ruolo della volontà umana anche il movimento del quietismo, in modo però opposto, sostenendo la perfetta passività nell’abbandono in Dio in reazione all’eccessivo proliferare di norme. Anche qui ogni vera mistica ha in se degli elementi “quietisti”, perché presupposto della vera preghiera mistica è l’annichilimento spirituale, il concetto di contrizione, l’essere polvere, l’essere niente per così poi essere ri-creati da Dio. Il rischio è di assolutizzare questa posizione evitando le opere e scadendo poi nel lassismo morale. Anche nel passato si possono riscontrare elementi quietisti sia in Occidente che in Oriente ad esempio con il concetto orientale della “luce divina”, con “i fratelli e le sorelle del libero spirito” del XIII secolo, gli “alumbrados” (illuminati) spagnoli del XVI secolo, la tendenza panteizzante dell’unione con Dio nella mistica tedesca ecc. A tutte queste unilateralità soggiacque il prete Miguel de Molinos († 1696) per cui l’unica cosa che valeva era l’assoluta passività dell’anima, l’abbandono totale in Dio, il perfetto amore di Dio e quindi condannava la preghiera di domanda, lo sforzo sul piano morale ecc. Ciò portò a gravi danni e così Innocenzo XI censurò nel 1687 68 proposizioni (DS 2201-2269) che anche qui come i giansenisti avevano l’unico difetto di essere estratte dal loro contesto in cui erano state scritte. La questione tornò nuovamente fuori quando intervennero le alte sfere dell’aristocrazia francese, in particolare con il quietismo moderato di M.me de Guyon († 1717) che fu attaccata violentemente dal vescovo di Meaux Bossuet (1627-1704), ma poi difesa dall’arcivescovo di Cambrai Fénelon (1651-1715). Lo scontro tra i due fu di natura prettamente politica ed orchestrato più che altro da M.me de Maintenon († 1719, che fu prima amante del re e poi sua moglie e che ebbe Fénelon come direttore spirituale in un primo momento) e che insieme a Bossuet (uomo ambizioso tanto da essere chiamato “l’aquila di Meaux”) fece pressione su Luigi XIV perché chiedesse la condanna delle proposizioni controverse di Fénelon, condanna che arrivò nel 1699 con il breve di Innocenzo XII “Cum alias ad apostolatus” (DS 2351-2374), ma che nonostante la censura fu molto contenuto e ristretto da una serie di clausole. L’immediata sottomissione di Fénelon manifestò la sua grandezza d’animo, la sua personalità meravigliosamente tenera, ricca, nobile, sana, di una pietà teologicamente chiara, umanistica e profondamente fedele alla Chiesa, radicata nella libertà del cristiano. Egli stesso infatti rese subito nota dal pulpito la sua condanna e la sua sottomissione facendo distruggere le copie rimanenti del suo libro “Expications des Maximes des Saints sur la vie interieur” e concludendo il discorso dicendo:«Iddio non voglia mai, che quando ci si ricorderà dei presenti avvenimenti, si possa dire cosa diversa da questa: che un pastore ha riconosciuto suo dovere essere più obbediente dell’ultima pecorella del gregge» realizzando così uno dei suoi grandi principi per cui non è necessario dimostrare o difendere la religione, basta rappresentarla in maniera pura e chiara, perché è essa a dimostrare e difendere se stessa o come disse Matthias Claudius:«È poco per un cristiano aver ragione, per il filosofo è qualcosa. Ma aver ragione e lasciarsi pazientemente considerare come uno che non ha ragione e dall cui parte sta tutto il torto, significa vincere il male col bene. Si fa più per la verità quando si costruisce su di essa, che non quando si combatte per essa». Non va dimenticato poi come Fénelon fu uno dei grandi maestri di spirito, instancabile predicatore aderente alla Sacra Scrittura (a differenza dell’arte oratoria barocca stilisticamente perfetta, ma infruttuosa) e assertore di una teologia della croce che diede un senso cattolico ad alcune tesi centrali e decisive di Lutero. IL GALLICANESIMO Esso è la trasposizione della peculiare coscienza nazionale francese nella sfera ecclesiastica, politico-ecclesiastica, fenomeno che inizia lentamente a partire dal XIII secolo e si vede in vari episodi: lotta tra Filippo IV e Bonifacio VIII; l’esilio avignonese; lo scisma d’Occidente; l’idea conciliare ecc. La nota dominante tra tutti questi eventi è la pretesa nazionale-francese a particolari diritti ecclesiastici “gallicani”, insomma una larga indipendenza della chiesa francese da Roma. Queste pretese erano state fino ad allora realizzate dal punto di vista del diritto canonico (gallicanesimo prammatico) nella maniera più completa attraverso la “Prammatica Sanzione di Bourges” (1438) e il concordato del 1516. Questa voglia di indipendenza ha la sua radice nel tentativo di sminuire la supremazia del papato sulle singole chiese e l’espressione più chiara di questa voglia si era avuta nel conciliarismo che insegnava la supremazia del concilio sul papa e che era fortemente sostenuto dalla Francia. Il gallicanesimo dogmatico, il conciliarismo, è stato condannato da Pio II (1460), ma mai dichiarato eretico ed è sempre sopravvissuto, da par suo il gallicanesimo prammatico era invece divenuto sempre più forte e toccò il suo vertice con Luigi XIV. Egli infatti, guidato da considerazioni puramente politiche ed egoistico-dinastiche, nel 1673 proclamò il diritto di nomina sui vescovadi come “diritto di maestà”. L’alto clero, a parte due vescovi filo-giansenisti, fu con lui e così anche larga parte della nazione condivideva l’idea: un roi, une loi, une foi. Facendo poi leva sui problemi scatenati dalla questione giansenista, sullo scetticismo ormai dilagante e sul nazionalismo del clero, egli in un’assemblea generale del clero francese nel 1682 proclamò ufficialmente le famose “libertà gallicane”, redatte da Bossuet in quattro articoli, (DS 2281-2285) che assunsero valore generale di legge anche per le scuole di teologia. Il papa si oppose subito e dopo un breve periodo in cui molte diocesi rimasero vacanti perché il papa non confermava i vescovi, alla fine Luigi XIV lasciò cadere praticamente i “quattro articoli ” evitando così lo scisma, ma mantenendo il “diritto di regalia” che relegò il clero francese in uno stato ancor meno libero di prima che era legato a Roma. A livello spirituale il gallicanesimo è una manifestazione di quel particolarismo ecclesiastico che è perno e centro di raccolta di quelle tendenze centrifughe che portarono alla disgregazione del medioevo ecclesiastico e alla fondazione di una corrente antipapale moderna. Il gallicanesimo positivo, non unilateralizzato, contribuì comunque al progresso della Chiesa e questo viene poche volte ricordato. LA CRISTIANITÀ NON CATTOLICA NEL SECOLO XVII Il luteranesimo viveva, e vive ancora oggi, il grande problema di non riuscire a redigere una confessione che fosse in certo qual modo univoca, nonostante i numerosi tentativi (i principali Wittenberg nel 1536 e Concordia nel 1577) , problema insito nella struttura stessa della Riforma che esalta il soggettivismo liberalistico. Dopo la formula di Concordia il luteranesimo entra comunque nell’epoca della cosiddetta ortodossia stabilendo i confini del luteranesimo con calvinismo e cattolicesimo raggiungendo un vero e proprio approfondimento dottrinale e teologico-sistemaitco che venne però meno ai principi e alla istanze fondamentali di Lutero, anche se poi proprio grazie a quel suo realismo così profondamente legato alla Tradizione per quanto riguarda le dottrine relative alla fede, alla giustificazione e ai sacramenti. Il calvinismo da par suo si estese subito in Olanda dove si sviluppò subito grazie ad elementi di fanatismo nel XVI secolo come ad esempio la predicazione di Melchior Hofmann (che fondò gli anabattisti, che rifiutavano il pedo-battesimo) in cui l’indipendenza politica e religiosa si fusero in unico scopo, visto che i re continuavano ad essere cattolici. Nel XVII secolo invece grazie ad alcuni elementi cattolici provenienti dalla devotio moderna e dall’umanesimo ad essa affine si arrivò al concetto di “tolleranza dogmatica” il cui motto era:«esamina il tutto e tieni il meglio», capofila di questa posizione fu Giacomo Arminio che tanto si prodigò per la ricerca del nucleo essenziale della Rivelazione e per l’unità della Chiesa. Intanto il calvinismo andò consolidandosi anche in Francia (dove si emanò una formula di confessione) e in Germania dove, verso la fine del XVI secolo in seguito all’eccessivo rigorismo all’interno del protestantesimo, portò alla nascita del movimento pietista che esercitò un profondo influsso sulla spiritualità e sulla pietà della cristianità evangelica e fu avviato in Germania da Filippo Giacomo Spener († 1675) che richiamò al ripristino della pietà evangelica, della pratica religiosa personale, della ‘importanza di leggere la Bibbia e al cristianesimo edificante e attivo. Esso si espanse immediatamente in tutta la Germania settentrionale e il centro di irradiazione divenne la cittadina di Halle. In Inghilterra andò consolidandosi l’anglicanesimo anche se nel 1689 sotto Guglielmo III le varie sette interne al calvinismo (cui caratteristiche comuni erano: laboriosità, forte senso di comunità, costituzione democratica, fede nella predestinazione, tendenza ad una certa ipocrisia) vennero tollerate, anche se chi vi apparteneva non poteva ricevere cariche statali. Ciò fece sì che esse si diffusero notevolmente tra le classi sociali inferiori (da cui peraltro veniva il maggior numero di emigranti per le colonie nord-americane) e così le classi operaie non si allontanarono dal cristianesimo così come successe nel resto d’Europa. L’America Settentrionale divenne così un paese con una molteplicità di sette e si rese ben presto così necessaria una reciproca tolleranza religiosa, che venne però limitata alle confessioni protestanti. Tra le varie sette caratteristica fu quella di George Fox che fondò i quaccheri facendo suo il riformismo etico dei puritani, ma rifiutando ogni dottrina, ogni liturgia ecc. e condannando la dottrina della predestinazione. Il XVII pur essendo il secolo della polemica confessionale è quello che presenta anche i maggiori tentativi di unione rispetto ai due secoli successivi. Vanno così ricordati il già citato il calvinista Arminio, poi ci fu il luterano Calixt († 1656), i protestanti Isaac Casaubon († 1614) e Ugo Grotius, il vescovo di Spalato Marco Antonio De Dominis († 1624), lo scozzese John Dury († 1680) e alla fine del secolo Leibniz († 1716), l’abate evangelico Gherardo Molano († 1722) e il vescovo Cristoforo Rojas y Spinola († 1695). In Polonia con il “colloquio di religione di Thorn” si tentò di ricomporre l’unità religiosa, ma senza successo.