gelso – morus l - Provincia di Asti

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GELSO – MORUS L
Fam. Moraceae – FRA murier – ING mulberrytree – TED Maulbeerenbaum – SPA morera
Storia
e
curiosità
locali
Il gelso è una pianta appartenente alla famiglia
delle Moraceae (dal celtico mor = nero, per
allusione al colore dei frutti maturi) che cresce a
tutte le latitudini e prospera dalle regioni
temperate alle tropicali, praticamente in tutto il mondo. Originario dell’Asia, dalla Turchia fino alla Cina, il gelso annovera
due specie da frutto, il bianco e il nero (rispettivamente Morus alba e M. nigra, dal colore dei frutti), 10 specie ornamentali e
numerose varietà.
La sua coltivazione è molto diffusa in Cina e tale pratica si tramanda da molti secoli; secondo alcuni documenti la
coltivazione del gelso risale al 2700 a.C., ed era inizialmente legata allo sfruttamento
delle larve dei bachi per la produzione della seta.
Nell’antichità la pratica della bachicoltura giunse anche in Armenia e nelle aree del
Mar Caspio, diffondendo anche le piante di gelso, e solo più tardi, grazie agli arabi,
si andrà propagando anche in Europa.
Il primo ad arrivare in Italia fu il nero che si
fece apprezzare per la dolcezza dei suoi frutti .
Il bianco venne importato dall’Asia Minore
nel XII secolo e anch’esso coltivato per i
frutti, sebbene meno aromatici e gustosi.
Columella scriveva a proposito del gelso nel “De rustica”; moro è anche il nome
diffuso delle forme dialettali quanto quello del gelso. L’etimologia si può ascrivere a
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un’origine per elisione dal greco siko-moros e gelso deriverebbe da “moruscelsus o moroaltoeccelso”. Venne poi denominato “albero dalla chioma d’oro” per i suoi impieghi nella produzione
della seta. Per Ovidio i frutti erano rossi come il sangue di Tisbe. I Greci e i Romani
conoscevano,quindi, quest’albero.
L'uso dei vestiti da seta da parte degli uomini viene però giudicato non in modo favorevole ed
infatti Tiberio lo vieta e Seneca così scrive: “Vedo abiti di seta, se anche così si possono
chiamare, che non offrono alcuna protezione al corpo né alla modestia di chi li porta e con addosso i quali nessuna donna
potrebbe onestamente giurare di non essere nuda”; tre secoli dopo, Ammiano Marcellino narra che “ una volta l'uso era
destinato solo ai ceti nobili ma ora si è esteso a tutte le classi”. Giustiniano, imperatore d'oriente , nel sesto secolo affida a
due monaci una missione speciale cioè cercare di avere le preziose uova di baco, anche con l’inganno; i monaci le
nascosero dentro canne di bambù, usate come bastoni da viaggio e in questo modo trafugarono il prezioso contenuto ,
trasportandolo dall'Oriente all'Occidente.
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La coltivazione del baco e la produzione della seta sono attestati ad Avellino nel
1036 e a Palermo nel 12º secolo; pochi anni dopo queste attività si propagavano in
Veneto, Emilia-Romagna , Toscana, Campania e Calabria.
In Piemonte, per lungo tempo, le testimonianze riguarderanno soltanto il
commercio della seta e non la sua produzione.
Marco Polo racconta nel suo “Milione”, essendo vissuto in Cina, che “si
producono enormi quantità di seta perché vi sono tanti bachi da seta e infiniti
gelsi” e aggiunge che “vi sono città di commerci straordinari e di ricchissimi
redditi e hanno seta in quantità smisurata”. La leggenda narra che 27 secoli prima
di Cristo, sarebbe stata un'imperatrice a insegnare al suo popolo come allevare il
baco. Il gelso bianco, invece, pare sia giunto solo nel 1434 per un interesse serico. Al periodo rinascimentale si fa risalire
l’impiego di questi alberi per la bachicoltura: divennero in breve così importanti che le genti di campagna iniziarono a
portare in processione, nel giorno dell’Ascensione, un ramo di gelso, per assicurarsi la prosperità dei bachi da seta e la
protezione del Cielo sull’intero raccolto.
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In Piemonte nel XIV le attestazioni certe che comprovano la presenza di un gelso sono mancanti
e le interpretazioni storiografiche non sono concordi
Nel 1415 negli statuti di Mondovì si parla di “vermini che fanno seta”. Nel 1453 il Comune di
Torino stipula una convenzione con tre imprenditori che si obbligano a esercitare l'arte della
produzione della seta senza commettere frodi.
Gli Statuti sono molto severi per coloro che sradicano, incidono o rubano le piante di gelso in
quanto queste attività favorisce non solo i privati ma anche la cosa pubblica.
Emanuele Filiberto fu molto attivo per diffondere la coltivazione del gelso ed è curioso che Alessandro Thesauro nel 1585
pubblichi un poemetto in versi sciolti
avente per titolo “La sereide” ed è proprio per definire meglio l'attività di
bachicoltura che viene realizzato un volume più tecnico, scritto dall'agronomo Agostino Gallo. Nel 1676 , in Piemonte, fa
la comparsa il primo filatoro meccanico, “ il mulino da seta” a Racconigi.
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Nel lombardo veneto , Maria Teresa d’Austria proclamò vari editti per la protezione e
l’implementazione della coltura del baco e chiese a tutti i conventi, le città e le istituzioni di
distribuire gratuitamente piantine di gelso. La pianta era molto fiorente nella pianura padana ma
oggi è quasi scomparsa.
Un tempo le produzioni erano per le classi contadine un titolo per il reddito e anche un onore. Le
fibre artificiali hanno sostituito l’uso della seta, ma la gelsicoltura conobbe nel passato un periodo
di massimo fulgore.
Oltre per l’aspetto legato ai bachi da seta, il gelso è coltivato per i suoi frutti, considerati particolarmente gustosi e carichi di
importanti contenuti a livello di vitamine e altri principi attivi.
Per lungo tempo, i gelsi furono utilizzati come tutori delle viti, che si arrampicavano sui tronchi avvinghiandosi alle branche
in una sorta di matrimonio. La vite, allevata in questo modo, si dice per l'appunto “maritata”. Il frutto dei gelsi, la mora, ha
attratto sotto gli alberi i bambini dei ogni epoca storica. Sulle tavole dei personaggi importanti, guarniva cesti e dolci nelle
occasioni di festa. Ancora oggi, celebre è la granita di more siciliana. Fino al secondo dopoguerra, i paesaggi di campagna
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del nostro Paese furono caratterizzati dalla presenza del gelso. Segnavano i confini di proprietà e offrivano un valido
sostegno per le sponde dei fossi d'acqua. Le mondine si sono riposate sotto le chiome di gelso durante la pausa di lavoro del
pranzo, come si vede anche nel celeberrimo film “Riso amaro”. Anche la vita degli uomini di campagna fu oggetto di
mutamenti per la presenza dei gelsi. Con le loro foglie, all'interno di ogni abitazione rurale, venivano allevati i bachi per la
produzione della seta. La coltura dei bachi, in tutte le zone rurali della
penisola, costituiva il primo reddito dell'annata e serviva per pagare l'affitto
dei terreni e delle case. Il gelso ha sempre accompagnato la storia dell'uomo,
contribuendo, in modo degno di menzione, allo sviluppo industriale tra l’800 e
il ‘900. Ha rappresentato un “trait d’union” tra l'attività agricola alla nascente
attività industriale. La forte richiesta di materia prima da destinare alle filande,
unita alla grande disponibilità di produzione, costituisce un vero e proprio
“boom economico”, tanto da riuscire a far diventare nell'800 l'attività serica la
maggiore attività
non agricola di molte zone d'Italia. Alla fine dell'800,
l'introduzione delle fibre sintetiche e la modernizzazione dell'agricoltura,
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decretarono l'inizio del declino dell'industria della seta e di conseguenza tutto
l'indotto legato alla produzione dei bachi.
In Italia la bachicoltura fu introdotta dapprima in Sicilia e in Calabria per giungere
poi al centro-nord. L’Italia detenne, per lungo tempo, un ruolo di primo piano in
questo ambito. I gelsi erano coltivati o in pieno campo, come siepi lungo i confini di
proprietà, o vicino alla casa colonica. Si trattava di un’attività a cui partecipava tutta
la famiglia rurale.
Gelso bianco e gelso nero –tra storia e mitologia
Il gelso bianco (Morus alba) può vivere 4 secoli.
Si racconta che il re normanno Ruggiero II abbia introdotto il gelso bianco nel regno di Sicilia nel 1130.
Nel 1500 in tutta la penisola era già diffuso. Precedentemente veniva coltivato nell'impero Bizantino, dove il gelso bianco
era attivato dalla Cina attraverso la Persia.
Fino al VI secolo, la Cina aveva invaso l'Europa con le sue sete che i romani e i bizantini pagavano a peso d'oro. La via della
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seta attraversava tutta l'Asia centrale e attraverso numerosi intermediari arrivava in Europa. Per lungo tempo si pensò che la
seta fosse prodotta dagli alberi, fino a quando, nel 555 d.C., due monaci (a rischio della propria vita) portarono nei manici
dei bastoni alcune uova del “bombice del gelso”, i cui bruchi sono i bachi da
seta.
I cinesi lo conoscevano da 3.000 anni; le cronache narrano che verso che verso il
2.700 a.C. l'imperatrice Si-Ling-Chi, dopo aver osservato dei piccoli bruchi che
mangiavano le foglie di gelso bianco e che tessevano dei bozzoli sericei in cui si
chiudevano per diventare crisalidi, pensò che fosse utile allevarli per trarre
profitto dalla loro seta lucente.
Per i suoi frutti si coltivava (prima del gelso bianco) il gelso nero (Morus nigra
L.)
con
foglie
e
frutti
di
colore
scuro.
In Grecia si conosceva la mora viola/nerastra chiamata “Sykaminon”, nome
derivato da Sukè , il "fico" o più correttamente moron, frutto del rovo.
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Secondo Plinio e Dioscoride, il gelso costituiva una cura contro la
diarrea. Combatteva i parassiti intestinali e le foglie tritate ,
aggiungendo un po' d'olio, venivano applicate sulle ustioni.
Nelle “Metamorfosi” di Ovidio, il “Gelso nero” ci racconta la triste
vicenda di due giovani babilonesi: i ragazzi si amavano di un amore
tenero e puro e si incontravano spesso presso una fonte all'ombra di un
albero di gelso. I loro incontri erano clandestini perché le famiglie,
come nell'opera di Shakespeare "Romeo e Giulietta" , osteggiavano
questa unione. Un giorno Tisbe (nome della giovane innamorata)
giunse per prima alla fonte, scorse una leonessa e fuggì atterrita,
lasciando cadere il velo che la ricopriva. La belva lacerandolo lo tinse del sangue di una preda che aveva precedentemente
uccisa. Poco dopo arrivò Piramo (nome del giovane) trovò il velo e credette che Tisbe fosse morta a causa sua. In preda alla
disperazione più nera si trafisse il cuore e il suo sangue schizzò le more del gelso.
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Quando Tisbe tornò e vide l'accaduto maledì l'albero: "porterai per sempre frutti scuri in segno di lutto per testimoniare che
due amanti ti bagnarono con il loro sangue" e si trafisse con la stessa spada usata da Piramo.
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Da allora i frutti del moro nero, prima bianchi poi rossi, quando maturano assumono un colore porpora scuro.
Ovidio attribuisce a questa leggenda un'origine asiatica in quanto il gelso nero
proviene da Sud, nel Caucaso, dal Mar Caspio, dall'Armenia e dall'Iran del Nord.
Da lì, la sua coltivazione si diffuse in nord-Africa, poi nella Spagna e in Italia, ma
la seta ottenuta è di scarsa qualità.
Nell’antichità ai frutti di gelso, molto apprezzati per il loro sapore, venivano
attribuite
differenti
proprietà
terapeutiche
.
Si ritrovano documentazioni che descrivono gli usi medicinali dei frutti di gelso
in Plinio, il quale narra che presso i Romani i frutti acerbi del gelso nero (Morus
nigra), portati addosso, arrestavano le emorragie, mentre quelli maturi uniti a
miele, agresto secco, mirra e zafferano, originavano un medicamento che veniva consigliato per combattere il mal di gola e
disturbi
di
stomaco.
Si rinvengono notizie in merito alle proprietà medicamentose del Gelso anche nella medicina tradizionale cinese, dove viene
considerato epatoprotettore, rinforzante delle cartilagini, diuretico e normalizzatore della pressione sanguigna . Altre fonti
riportano invece usi legati alla riduzione dello stress e alla prevenzione del diabete mellito; anche la corteccia delle radici
viene usata, come antinfiammatorio, diuretico, antitussivo e antipiretico.
Botanica e morfologia
Presenti in tutta Italia, entrambe le specie diventano alberi imponenti, alti fino a
15 m il bianco e 10 m il nero e larghi altrettanto, con chioma rotondeggiante ed
espansa , data da foglie caduche, alterne, intere, da ovate a cordate e a volte
trilobate, lunghe fino a 15 cm, di colore verde brillante e con lamina inferiore
glabra nel gelso bianco, più scure, dentate e con la pagina inferiore pelosa nel
gelso nero. La fioritura, in aprile-maggio, è data da fiori unisessuati nel bianco
(specie monoica) e sia unisessuati che ermafroditi nel nero, comunque
insignificanti, tanto che l’evento passa inosservato. I frutti maturano da maggio
a luglio sul gelso bianco e da giugno a settembre sul nero: assomigliano visivamente alle more, ma botanicamente si
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chiamano “sorosio” e hanno rispettivamente colore bianco giallognolo o
rosato (sono già dolci anche immaturi) oppure porpora-nero (aciduli se
acerbi) a maturità. Il frutto è carnoso color giallastro bianco con sapore
dolciastro (con una punta acidula) , matura in giugno luglio.
Chioma densa, con foglie verde scuro e lucide superiormente, più chiare
inferiormente.
Il gelso (Morus L.) è un genere di pianta originario dell’Asia ma anche
diffuso allo stato naturale in Africa e in Nord America. Comprende
alberi o arbusti di taglia media. Le foglie sono caduche, alterne, di forma
ovale o a base cordata con margine dentato.
Il gelso bianco (Morus alba L.), specie originaria dell’Asia centrale e
orientale, fu importato in Europa con il baco da seta in quanto
quest’ultimo è ghiotto delle sue foglie.
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Il gelso nero (Morus nigra L.), originario dell’Asia Minore e Iran, fu introdotto
in Europa probabilmente nel Cinquecento. Ha foglie più piccole del gelso bianco
e produce frutti nero-violacei saporiti.
Le
specie
i
frutti
del
genere
(more
Morus
nere
e
vengono
more
coltivate
bianche
per
che
diversi
scopi:
sono
eduli);
le foglie sono utilizzate in bachicoltura come alimento base per l’allevamento
dei
come
bachi
da
piante
seta;
ornamentali;
per ricavarne legname da lavoro, buona legna da ardere, pertiche flessibili e
vimini per la fabbricazione di cesti.
Bombyx mori è una specie di farfalla della famiglia Bombycidae. La sua larva, conosciuta come baco da seta, ha una
notevole importanza economica in quanto utilizzata nella produzione della seta. La sua dieta consiste esclusivamente di
foglie di gelso. È originaria della Cina settentrionale.
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La storia dei bachi da seta
Il baco produce la seta in due ghiandole che sono collocate
parallele all’interno del corpo. La seta è costituita da
proteine raccolte nelle ghiandole, il baco la estrude da due
aperture situate ai lati della bocca, i seritteri. La bava
sottilissima, a contatto con l’aria si solidifica e, guidata con movimenti ad otto della testa, si
dispone in strati formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i
300 e i 900 metri. Il filo microscopicamente è formato da due proteine: due fili di fibroina paralleli ricoperti da sericina.
Il baco impiega tre - quattro giorni per preparare il bozzolo formato da circa venti-trenta strati concentrici costituiti da un
unico filo ininterrotto, dopodiché si trasforma in crisalide e poi questa in farfalla.
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I bachi da seta hanno uno spiccato appetito, mangiano foglie di gelso giorno e
notte, senza interruzione, e di conseguenza si accrescono rapidamente. Il loro
pasto è interrotto solo quattro volte, le dormite, in corrispondenza di altrettante
mute. Le quattro mute suddividono la vita della larva in cinque cosiddette età.
Dopo la quarta muta (ovvero nella quinta età) il corpo del baco diventa
giallastro per la turgidità delle ghiandole della seta all’interno del corpo e la
pelle più tesa; a questo punto il baco è pronto per avvolgersi nel suo bozzolo di
seta (in gergo si dice anche che il baco sale al bosco, in quanto il bozzolo
viene costruito attorno a rametti secchi).
Prima della filatura del bozzolo la larva deve eliminare tutti i liquidi in eccesso
e le feci che non possono essere contenute nel bozzolo, questo momento viene definito dagli allevatori purga.
A questo punto il baco, che fino ad ora si è nutrito sulla foglia fornita dal bachicoltore su ripiani orizzontali, il letto, inizia a
cercare un luogo adatto alla filaturata verso l’alto, lontano dal letto di allevamento.
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Se la metamorfosi arriva a termine e il bruco si trasforma in falena, l’insetto adulto uscirà dal bozzolo forandolo, utilizzando
un liquido e le zampe, rendendo il filo di seta che lo compone inutilizzabile.
Di conseguenza, gli allevatori gettano i bozzoli in acqua bollente per uccidere
l’insetto prima che ciò avvenga, oppure il bozzolo viene essiccato in appositi
essiccatoi per essere filato successivamente. L’immersione in acqua bollente
permette il dipanamento del filo di seta, in quanto parzialmente lo strato
proteico di sericina che avvolge il filo di seta.
Alcuni bozzoli vengono risparmiati per consentire la riproduzione del baco.
La falena del baco da seta è incapace di volare e di cibarsi. Questa specie di
insetto esiste ormai solo come risultato di una selezione esplicita da parte
dell’uomo e ha, presumibilmente, perso gran parte delle sue caratteristiche
originarie. Il bruco è incapace di sopravvivere in pieno campo su un gelso; il colore della sua pelle è bianco e manca del
necessario mimetismo per cui è facile preda di animali.
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Come per tutti gli animali allevati dall’uomo, esistono
moltissime razze di baco da seta. Allevato per millenni,
ogni Paese votato alla bachicoltura ha originato peculiari
razze con caratteristiche diverse per quantità di
seta prodotta, diametro del filo, colore del bozzolo. Hanno produttività superiore
le razze dette poliibrido giapponese, selezionate in quel paese lo scorso secolo. A
causa della sua lunga e complicata storia e della sua rilevanza economica, il
genoma del baco da seta è stato oggetto di approfonditi studi da parte della scienza
moderna per migliorare le sue caratteristiche.
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Storia del gelso e dei bachi in Piemonte e nell’ Astigiano.
Nelle fonti archivistiche depositate all’Archivio storico di Asti, si
sono rinvenute molte notizie riguardanti i mercati dei bozzoli ed in
particolare i prezzi dei bachi in Piemonte e nell’Astigiano. In tutta
Italia, e in Piemonte in particolare, venivano organizzati i mercati.
Nelle fonti si sono anche trovate relazioni delle Camere di
commercio sullo stato della bachicoltura. Nel 1864, la Camera di commercio di Torino scrive che:
“Si dovette continuare ad assistere all’atrofia che da otto anni ha distrutto gran parte di filugelli”.
Si lamenta anche che “il morbo resiste alle più attente cure dei
bachicoltori e grave è la difficoltà di trovare semi non guasti”. Nel
1863 viene rinnovato il bollettino generale dei bozzoli, in quanto
quest’opera si ritiene di grande utilità. Nel 1866 vengono ringraziati i
componenti delle giunte municipali per l’invio tempestivo dei dati da
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pubblicare sul bollettino, documento che “riuscì ad attrarre esplicite dichiarazioni di pubbliche soddisfazioni”. Per quanto
riguarda le quantità prodotte, a livello statistico, nel 1871, il Sindaco Bosia, ad Asti,
accerta che vengono prodotti in media 65'000 miriagrammi con un prezzo medio di lire
43'372. Alla città di Asti venivano inviati molti manifesti dalle altre città, come ad
esempio, nel 1882, da parte di Ancona, Pinerolo ed Alba. In Alba, come si legge nel
Manifesto nel 1878, “il mercato è aperto dal 6 giugno corrente mese ed attivo per le
contrattazioni dalle 5 e mezza del mattino”. Tutti i manifesti esaminati riportano prescrizioni
dettagliate sul modo di collocare i bozzoli che dovranno, come si legge in questo caso, “essere
collocati in modo regolare e nell’ordine che verrà indicato”. È molto importante, in tutti i casi ,che
preventivamente venga indicata la media dei prezzi da inserire poi nel bollettino ufficiale dei
mercati. Nel 1882 la città di Pinerolo inseriva prescrizioni sulle pesate e sulle contrattazioni: “E’
proibito a chicchessia di incagliare la libertà delle contrattazioni”. Anche ad Alessandria venivano
individuate precise normative, ad esempio che “le mercuriali saranno divise in verde, gialla,
bianca, miste e suddivise secondo la qualità”. Nel 1882 si aggiunge che: “si deve indicare all’atto della pesatura dei bozzoli
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da stufarsi il grado di stufatura che si desidera”. Nel medesimo anno, anche Casale Monferrato pubblica il bando del
mercato dei bozzoli con le seguenti diciture: “la Giunta municipale desidera assicurare una buona riuscita del mercato dei
bozzoli in questa città ed offre le migliori garanzie dell’ordine della sicurezza nell’interesse del libero commercio”. Molta
attenzione viene posta sulla sicurezza degli incaricati, in quanto “per pesare i bozzoli sono scelte persone probe e capaci”.
Il 29 aprile 1882 il ministero redige una relazione in base alle notizie raccolte dai vari osservatori bacologici delle varie
province del regno, aventi sedi a Ceva, Mondovì, Cremona, Bologna, Reggio-Emilia, Altopascio, Anghiari, Benevento,
Caserta, Reggio Calabria. Queste relazioni erano redatte annualmente dalle competenti autorità e,
ad esempio, in quell’anno a Bologna “il caldo precoce a
marzo e aprile, la rigogliosa vegetazione dei gelsi, indussero
la maggior parte dei bachicoltori a incubare il seme”. Per
quanto riguarda
prezzi dei bozzoli, venivano in tutte le
province del Regno, e quindi anche ad Asti, stilate le
mercuriali generali per ogni anno, le medie statistiche e anche
i prezzi di ogni giorni; inoltre, per ogni cadenza temporale, venivano anche indicate le quantità dei bozzoli venduti.
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Il segretario della Camera di Commercio di Torino, il 17 giugno del 1880, indica i prezzi dei bozzoli per tutta l’Italia; si
citino alcuni valori medi riguardanti la produzione e i costi: Asti 100 miriagrammi - lire 50, Casale 106 miriagrammi - lire
50, Iesi 1479 – lire 70, Novara 1260 – lire 33, Forlì 1828 – lire 42.
L’11 giugno 1881 il prezzo medio era lire 42,139 per i verdi e i bianchi; il 1° luglio 1882,
ad Asti, il prezzo medio per miriagramma era lire 46,865. Nel 1883, in un altro bando, si
legge che gli avventori “non potranno rifiutarsi di somministrare quei maggiori
schiarimenti che loro si richiederanno per la compilazione della statistica dei prezzi”. Nel
1890, ad Asti, dal quadro statistico generale risulta che erano stati prodotti in media 38'239 miriagrammi per un prezzo di
lire 1.709.445. Nel 1888, addirittura, la quantità fu quasi doppia. Anche nel secolo successivo
continuano ad essere pubblicate tutte queste statistiche riguardanti
i prezzi e anche i bandi continuano a contenere dettagliate
prescrizioni anche sulla tenuta dei locali che devono “essere
sufficientemente ventilati”. Nel 1906 il prezzo medio era di lire
37, 034 e sostanzialmente, nei primi decenni del Novecento,
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oscilla tra le due decine e quaranta lire.
Il 5 maggio 1917, la Giunta decide di regolamentare il mercato dei bozzoli in modo più
dettagliato, anche a causa di alcune lamentele da parte dell’Associazione serica, riguardanti il
posteggio dei carri nella piazza.
Nel 1927, l’Istituto bacologico di Asti versa in gravi ristrettezze finanziarie e il Direttore, con una
lettera del 21 maggio, scrive al Podestà: “L’Istituto bacologico astigiano fu fondato nel 1856 dal
Cavaliere Ragionier Solaro, è il più antico istituto che l’Italia possa realmente vantare; l’antica
razza indigena del Piemonte è tanto apprezzata per la resistenza fisiologica della crisalide quanto per la finezza del prodotto
serico e fu selezionata attraverso cinquant’anni di lavoro assiduo del compianto fondatore morto nel 1911”. Prosegue
dicendo che: “L’Istituto è all’altezza di affrontare la battaglia della seta, perché dispone delle più moderne attrezzature
scientifiche ed industriali”; chiede di salvare l’istituzione che rischia di fallire e usa parole drammatiche: “Se non arrivano i
fondi richiesti possiamo dichiararci morti”. Purtroppo dalle carte emerge che, nel giugno dello stesso anno, l’istituto è
costretto a chiedere il concordato preventivo e, dalla stima del perito del Tribunale, si apprende che i mobili e i macchinari
sono valutati lire 56.726 e lo stabilimento una cifra più o meno analoga. Dopo la procedura in Tribunale, si cerca di dare
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continuità all’istituzione, chiedendo un prestito alla Cassa di Risparmio di Asti in data 30 agosto 1927, anche al fine di
“evitare la disoccupazione di un considerevole numero di maestranze”. L’attività viene continuata per “vantaggio di queste
terre ma anche della nazione e viene adottato uno statuto di società anonima in cui sono prescritti i
poteri dell’Assemblea, del Consiglio, del Direttore, dei revisori”. Il capitale sociale è di lire
200’000 e così l’Istituto “può rendere un onorato servizio all’agricoltura nostra”.
Il 5 luglio 1945 il presidente dell’Istituto per l’addestramento e la formazione dei lavoratori, con
sede a Como, scrive al sindaco di Asti quanto segue: “Nel piano di riassetto economico industriale
del travagliato dopoguerra del nostro Paese, tra le industrie destinate sicuramente a riprendersi e a
svilupparsi,verrà ad assumere un’importanza di primissimo piano l’industria serica”. Sostanzialmente ritiene importante che
anche ad Asti vengano istituiti corsi professionali per la formazione del personale “necessari per sostenere la ripresa e
intensificare la produzione dei bachi da seta”.
A Valfenera era molto attiva e fiorente l’ attività di filatura: coinvolta , in modo determinante,era tutta la comunità per
quasi due secoli, rappresentandone una peculiarità e elemento essenziale; lo stabilimento fu chiuso a metà degli anni ‘50;
sulla storia della bachicoltura nell’ astigiano in generale e con particolare riferimento a Valfenera, è stato scritto un volume,
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costituente un interessante e prezioso contributo, realizzato nell'ambito della collana di ricerca di storia locale e del
gruppo di lavoro di Valfenera nel 1991.
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L'ambiente rurale fu coinvolto e condizionato in modo netto e determinante, per quasi due secoli, dalla pratica industriale
della lavorazione della seta.
Per quanto riguarda l'esistenza di un'industria serica nell'astigiano nel 14º secolo le interpretazioni storiche sono contrastanti.
Carlo Emanuele I di Savoia nel 1582 introdusse l'arte di cultura nell'astigiano cedendo la possibilità di esercitare “questa
nuova arte e industria”.
Nell'astigiano, alla fine del XVI secolo, vengono concessi esercizi con diritto di privativa della
provvista della semente di bachi di seta. Dalla fine del secolo XVI si intensificarono
gli
interventi del governo ducale per cercare di incentivare la bachicoltura e la sericoltura.
Molteplici sono le norme emanate dai Savoia relative alla tessitura e alla manifattura di stoffe e
nell’ astigiano si assiste allo sviluppo dell'attività di lavorazione della seta.
In quel periodo, il Ducato riservava molte attenzioni allo sviluppo dell'agricoltura, auspicando un miglioramento delle
finanze statali. Anche le attività di importazione e di esportazione dei prodotti serici erano severamente regolamentate per
evitare evasioni fiscali e per assicurare la buona qualità dei prodotti. Anche allora si violavano le leggi e alcuni bachicoltori
avevano trasgredito “agli ordini fatti sopra la fabbrica e la consegna della seta” ; costoro erano residenti in molti paesi
nell'astigiano. A Nizza e a Castell’Alfero si contano rispettivamente 56 e 40 assegnatari di semi di baco all'inizio del 1600.
Sono stati emanati appositi bandi a Cortanze nel 1686 per punire coloro che rubavano le foglie di gelso; alcuni atti del 1686
riguardano “ 16 piante tra olmi e moroni assai grossi e antichi e una gran quantità di piante novelle di moroni”.
A Canelli, tra il XVII e il XVIII secolo, sussistano molti ordinati che riguardano la cura del gelso.
Nel 1750, l’ Intendente di Asti, si riferisce a una situazione esistente nel secolo precedente in cui
era fiorente la manifattura della seta.
Nel 1700, la coltura dei bachi prosperò nelle terre del Monferrato e dell'astigiano anche grazie alla
politica economica di Vittorio Amedeo II, (1666- 1732), che diede grande impulso all'attività
industriale nelle province; vi erano molti filatoi: ad Asti, ad esempio, ve ne erano quattro, a
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Canelli tre; tra il 1724 e il 1730 si registrò una riduzione di piante; nel 1776 fu emanato un Decreto regio che proibiva di
mandare al di fuori dello Stato le foglie dei gelsi.
Sotto il Regno di Carlo Emanuele III (1732- 1773) , aumentò il numero delle filature destinate alla prima trasformazione dei
bozzoli in seta grezza, la quale poi veniva ulteriormente elaborata nei filatoi; le filature erano costituite da piccoli impianti
diffusi ovunque nel territorio astigiano secondo le esigenze della produzione locale; molti impianti
erano di uso quasi domestico e sorsero in tutti i comuni dell'astigiano; a Nizza Monferrato la
produzione della seta costituì un rilevante introito economico.
Il padre di Vittorio Alfieri, il conte Antonio Amedeo Alfieri,
investì parte dei propri capitali nell’industria serica: egli costituì
una società con i fratelli ed un certo Giovanni Tommaso Riperti,
faceva “… annualmente travagliare una filatura di seta nella casa
propria denominata de’ Molini, posta nella città di Asti”; nelle carte della famiglia Alfieri, citate nel volume “La filatura di
Valfenera”, si apprende che il conte Antonio Amedeo indirizzò al “Regio Consolato dei cambi, negozi ed arti in Torino
sedente”, in data 8 dicembre 1743 una richiesta di sequestro di 830 libbre di seta lavorata. Questo fatto si determinò, in
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quanto il Riperti morì senza consegnare i dovuti rendiconti e il Conte Alfieri preferì cautelarsi chiedendo allo Stato di porre
sotto sequestro le giacenze presso gli eredi del socio. La filanda degli Alfieri fruttò nel 1741 lire 17564.
Nel 1753, in una relazione redatta dall’Intendente sullo stato della provincia di Asti, si apprende che la produzione serica era
particolarmente diffusa, ad esempio a Bubbio vi erano 60 fornelletti, come pure ad Incisa (in questo ultimo luogo, nel 1787,
vi erano quattro filatoi con 162 operai); a Mombaruzzo se ne contavano 180. A San Damiano si contavano 26 filature di seta
per un totale di 194 fornelletti. Il conte amico di Castell’Alfero possedeva una filatura in Villafranca dotata di 30 fornelletti.
Nel 1780 a Mongardino alcune lavoratrici protestarono in quanto ricevevano una paga veramente esigua, 4 soldi al giorno.
Nel 1787 il paese, che contava più filatoi, era Nizza con nove filatoi, impiegando 416 addetti. Dopo la caduta di Napoleone,
a Nizza Monferrato l’industria della seta subì una grave crisi e chiusero otto dei nove filatoi
esistenti nel 1787.
Nel 1856 sorse anche ad Asti l’istituto bacologico, avente come fine la consulenza tecnica
sulla produzione dei bachi. L’istituto era situato in Via Brofferio, 36 e il borgo era allora
chiamato la “Contrada dei tessitori”, in quanto, in tale via correva un ramo del canale detto
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‘bealera’ che alimentava le botteghe dei tessitori. L’istituto fu fondato da Giuseppe Solaro e chiuse nel 1940. Dopo il 1859,
la crisi serica comportò una diminuzione della produzione e fu in parte dovuta alla mancanza di rinnovamento tecnico e
all’indiscriminata proliferazione delle lavorazioni a domicilio. All’inizio del ‘900 il tracollo di questa attività fu dovuto
anche alla concorrenza delle sete orientali, alle malattie del baco e alla guerra
doganale con la Francia. Nel 1937 l’allevamento dei bachi era ancora diffuso in tutta
la provincia di Asti, ma nel 1952 la bachicoltura era ormai giunta al termine, tranne la
sopravvivenza della filatura di Valfenera.
Ad Asti, nel XX secolo, venivano organizzati i mercati dei bozzoli. All’archivio
storico del Comune sono presenti foto riguardanti queste attività.
Piova ‘ Massaia ( “More E Bigat”) La tradizionale festa dell’Uva del 2013 si è presentata in veste rinnovata, arricchita da
una significativa iniziativa culturale dedicata alla sericoltura. “Mor e bigat”, ovvero gelso e baco da seta, sono un binomio
che ha avuto tanta importanza nelle povere famiglie contadine delle colline astigiane, sino all’epoca della Seconda guerra
mondiale e di cui si ha traccia sin dal lontano Cinquecento. Per ricordare e raccontare il gelso e il suo legame con la
sericoltura in Piemonte e nel mondo, l’Associazione Fra’ Guglielmo Massaia ha organizzato una interessante mostra e una
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conferenza in cui sono intervenuti esperti con importanti contributi storico- scientifici: Franco Correggia, presidente
dell’associazione Terra, Gente, Boschi e Memorie, su “Il gelso e il ciclo del baco da seta nelle campagne astigiane”, Giorgio
Caprettini su “La via della seta, storie e leggende di come la seta unì l’Occidente e l’Oriente”, Franco Scaglia su “Interventi
sugli alberi con l’uso della tecnica del tree-climbing”.
Arte - Pittura
Vincent Van Gogh nel 1889 ha dipinto il “Gelso”.
La rappresentazione é spasmodica e carica di emozioni in tutti i
suoi elementi, nel tronco dell'albero, nei rami, nelle foglie, nel
prato e nelle colline intorno. C'é l'espressione di una violenza e di
una rabbia intime e devastanti . Il suo tipico colore giallo é
strepitoso e viene posto a contrasto con l’azzurro vivido del cielo.
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La coltura dei bachi da seta nelle famiglie contadine tra il IX e XX secolo
I guadagni scarseggiavano e con la vendita dei bachi si ricavavano i denari per effettuare
i pagamenti delle tasse o per acquistare il verde rame per la vite. Un tempo anche il
Piemonte era ricco di gelsi, alimento prediletto dai bachi..
L'allevamento inizia verso la fine del mese di aprile. Seguendo il proverbio secondo il
quale per S. Marco, il 25 aprile, "il baco o è posto o è nato” , la famiglia contadina
riceve dal fattore un'oncia o un'oncia e mezzo di seme bachi con mille raccomandazioni.
Per un allevamento venivano comprate circa 4.000-6.000 uova che pesavano 1-1.5
oncia, custodite nel caratteristico foglio di carta.
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Per soddisfare alcune esigenze particolari, accade spesso che la famiglia contadina decida di allevare per proprio conto un
quarto o una mezza oncia di bigatti insieme a quelli forniti dal padrone.
Questa quantità di seme bachi viene
acquistata privatamente dai
rivenditori specializzati della zona.
Preparazione dei bachi.
Dalla fine di aprile fino a metà
giugno, la famiglia contadina è
sottoposta ad un lavoro intenso e a
disagi notevoli perché l'allevamento dei bachi richiede attenzioni e cure
continue.
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Normalmente i bachi vengono sistemati su intelaiature voluminose (graticci) al piano superiore della casa, nelle camere da
letto e nei magazzini, per evitare l'umidità. Spesso le persone andavano a dormire nella stalla, nel
capanno o in altre parti della casa. La cucina e le camere da letto dovevano essere arieggiate. Ai bachi
venivano dati vari chili di pastura di gelso in continuo; le foglie dovevano essere completamente
asciutte per non fare ammalare i bachi; la raccolta delle foglie era un lavoro pericoloso e pesante in
quanto si doveva andare sulle cime più alte. Reperire la foglia di gelso non è un problema perché in
campagna dei gelsi ce ne sono a volontà. Si trovano lungo i filari delle viti, lungo i sentieri dei campi, lungo le rive dei fossi,
attorno alle case. Raccogliere la foglia di gelso è normalmente compito degli uomini, ma quando i
bigatti mangiano “della grossa” anche le donne devono essere adibite a questa attività.
L'allevamento durava una quarantina di giorni. Le foglie di gelso erano l'unico nutrimento dei bachi
che le mangiavano voracemente, dapprima sminuzzate e poi intere, ma sempre fresche e asciutte (chi
ha avuto esperienza in merito si ricorda il rumore caratteristico e assordante delle centinaia di bachi
che "masticano" le foglie, ma anche l'odore sgradevole che emanavano, specialmente durante le mute).
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In genere era compito delle donne ripulire frequentemente i giacigli, mentre erano gli uomini a procurare la "feuia", cioè le
foglie del gelso.
Il baco di 6-9 cm era maturo per tessere il bozzolo. Alla fine della stagione i raccoglitori avevano i “quaj de bigat” (calli da
baco da seta). Per far schiudere le uova, queste devono essere poste in incubazione per circa una settimana ad una
temperatura possibilmente costante di 25 gradi. A ciò provvedeva di solito la donna anziana della casa perché era senza
dubbio la più esperta e la meno impegnata nei lavori dei campi. Estraeva dalla loro
custodia le cartine su cui erano fissate le numerosissime, piccolissime uova nere, le
avvolgeva in una pezzuola e perché stessero calde le poneva su proprio seno, fra la
sottoveste e il busto, mentre di notte la metteva nel letto sotto il cuscino dei piedi.
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Schiusa della uova
Dopo cinque o sei giorni di incubazione le uova cominciano a schiudersi. Sopra i bacolini neonati viene posta una reticella a
maglia fitta o un foglio di cartapaglia forata con fori da un millimetro di diametro. Sopra la carta viene
sparsa della foglia di gelso tritata finemente.
Le piccole larve attratte dall'odore della foglia cominciano a salire attraverso i fori della carta
gettandosi a mangiare voracemente la foglia tritata. Quando tutti i bacolini sono saliti sulla carta, queste
viene trasferita su un setaccio da farina e di nuovo viene distribuita sopra i bachi altra foglia fresca tritata.
Il ciclo del baco da seta
Il bacolino appena nato è lungo circa un millimetro, è di colore nero e molto
peloso. Durante il suo sviluppo, che dura poco più di trenta giorni, le sue
dimensioni aumentano di circa ottomila volte. Per compiere questa trasformazione la
larva cambia periodicamente il proprio rivestimento esterno. Questa operazione prende il
nome di muta, o sonno, o dormita. Durante la muta il baco non mangia e rimane con la testa diritta per più di
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un giorno e non deve essere in alcun modo disturbato perché sta attraversando una fase importante e delicata dello sviluppo.
Alla fine della muta il baco ha cambiato pelle e riprende a mangiare fino alla muta successiva. Le mute sono quattro e
suddividono la vita del baco in cinque età, dette in gergo mangiate:
1° età dalla nascita al 7° giorno;
2° età dall'8° al 12° giorno;
3° età dal 13° al 17° giorno;
4° età dal 18° al 23° giorno;
5° età dal 24° al 29° giorno;
Segue poi la filatura e l'imbozzolamento.
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Quando i bachi sono in quarta muta si dice che stanno “dormendo della grossa”; quando sono nella quinta età si dice che
“stanno mangiando della grossa”. Infatti, in 6-7 giorni il baco divora il 70 percento della foglia di gelso che gli serve per il
proprio sviluppo.
I bachi crescono rapidamente e quando i setacci diventano piccoli, per poterli contenere tutti,
venivano trasferiti sui graticci del bazzo. Le donne si preoccupano di tenere sempre pulita la
lettiera e cambiano i graticci sempre più frequentemente; stanno tutto il giorno vicino ai bigatti e
gli uomini sono impegnati a raccogliere la foglia dalla mattina alla sera. Nell'ultima età arrivano
a sostituire il graticcio a giorni alterni e il lavoro diventa frenetico. Per allevare un'oncia e mezzo di bigatti (45 grammi di
seme bachi pari a 60.000/90.000 uova bachi) si devono allestire più di 10 bazzi per un complessivo di circa 50 graticci e per
alimentare i bachi occorre raccogliere circa 15 quintali di foglia di gelso.
Filatura e imbozzolamento
Al termine del ciclo, il baco smette di mangiare e comincia a emettere segnali di filatura della seta
emettendo un esilissimo filo di bava da un foro che sta sotto la sua bocca.
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A questo punto, si predispone il bosco affinché il baco possa salire a cercare il luogo a lui più gradito per tessere il bozzolo.
Il bosco viene preparato normalmente con fascetti di ramoscelli di acero campestre o di sarmenti di viti. Si tratta
di apposite strutture ( frasche di betulla, erica, ginestra, colza, stoppia, ..) sulle quali i bachi si arrampicavano per
annidarsi tra i rami. Il “bosco” era tutto pieno di bozzoli; infatti, quando il baco ha trovato il posto più idoneo
comincia col tessere una trama di fili robusti di sostegno, al centro della quale va a porsi per iniziare a costruire il bozzolo.
Con un continuo movimento avanti e indietro della testa, il baco tesse attorno a sé una trama di fili di seta sempre più fitta
fino a chiudersi completamente dentro. Impiega circa due giorni per finire il bozzolo.
Metamorfosi
All'interno del bozzolo, il baco inizia la trasformazione da larva in crisalide impiegando 24/36 ore, poi in insetto adulto,
farfalla, entro 15/18 giorni. A questo punto, la farfalla, bianca, fuoriesce divaricando la trama serica in corrispondenza di
uno dei due poli del bozzolo. Questo processo naturale veniva interrotto tramite la bollitura o l’essiccamento, operazioni a
cui di solito provvedevano gli opifici e non le famiglie contadine che di solito vendevano i bachi prima delle varie fasi di
trasformazione. Chi desiderava ottenere un gomitolo da seta per uso famigliare si teneva un po’ di bozzoli: i fili di seta si
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attaccavano a un bastone immerso in acqua bollente. Anche ad Asti, in via Brofferio,
esisteva una filanda in cui, negli anni ‘30 del secolo scorso, venivano impiegate molte
fanciulle giovanissime, in un'attività molto dura e faticosa.
Accoppiamento e fecondazione
Mentre la femmina, di dimensioni maggiori rispetto a quelle del maschio, rimane
immobile, il maschio, più piccolo, agita le ali e si sposta
vivacemente alla ricerca di una femmina con cui accoppiarsi.
Dopo poche ore dall'accoppiamento, la femmina fecondata
depone 400-500 uova e muore.
Cernita - vendita
I ragazzi e le donne raccoglievano le frasche e si radunavano bel cortile a togliere i bozzoli; si trattava di un’operazione
molto delicata. Gli allevatori non aspettano lo sfarfallamento, cioè che il baco completi la metamorfosi ed esca dal bozzolo
perché i bozzoli forati perdono il loro valore commerciale. Perciò dopo otto, dieci giorni dall'imbozzolamento, quando i
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bozzoli raggiungono una buona compattezza e durezza, vengono staccati dal bosco, sistemati in cestoni foderati di tessuto
candido di bucato perché facciano “bella figura” al mercato. Gli uomini caricano i cestoni e portano i bozzoli al mercato per
la vendita che veniva contrattata il più possibile per trarne il massimo guadagno. Il più importante mercato del basso
Piemonte era quello di Cuneo.
I commercianti e gli agenti delle filande esaminavano con cura il prodotto e se è di loro gradimento iniziavano le loro
trattative di acquisto con il fattore il quale, prima della decisione finale, con un cenno del capo pare che chiedesse al
contadino il consenso alla vendita. Stabilito il prezzo della seta, il compratore consegnava al fattore un cartellino con il
prezzo convenuto. A questo punto i cesti con i bozzoli venivano portati alla pesatura dove un funzionario del Comune
procede al controllo del peso dichiarando a voce alta il peso riscontrato, esigendo dal venditore la tassa comunale di pesata e
rilasciando un cartellino col peso dichiarato. Mediamente il rendimento per un'oncia di seme bachi è di circa 65-80
chilogrammi di bozzoli. Dopo questa operazione, i bozzoli venivano versati nei contenitori dell'acquirente mentre il fattore,
con i due cartellini, si reca alla cassa del compratore a riscuotere l'importo. Riscosso l'importo, si rivolgeva al contadino e gli
versava immediatamente la metà della somma in contanti. Gli spiccioli, normalmente, venivano offerti come mancia alle
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donne. Quei soldi serviranno per realizzare qualche piccolo desiderio personale (una gonna, una camicetta, un fazzoletto per
le massaie che tanto avevano lavorato), ma soprattutto per coprire le spese indispensabili per la
conduzione del podere.
Nella filande vi erano molti telai di variegate misure, vicine ai quali vi erano i pentoloni per
mettere i bozzoli a bollire e un grande arcolaio per raccogliere la seta
filata. Gli orari erano pesanti e il lavoro molto duro ( 6-18 con un
intervallo per il pranzo). Il filo di seta veniva controllato dal direttore e
se aveva nodi o non era di grandezza uniforme veniva applicata una
multa di 2-3 soldi. Le ragazze avevano le mani sempre scottate dall’acqua bollente in quanto i
bozzoli erano presi a tre a tre e si doveva fare attenzione a non
spezzare i fili nell’intreccio. A ogni matassa corrispondeva il
nome di una ragazza con un biglietto e se il lavoro non era, a parere del direttore, ben
fatto si comminava il licenziamento in tronco.
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Fine della bachicoltura
Nel secondo dopoguerra, nelle campagne si verifica un progressivo regresso di quest’ antica arte contadina. Molteplici
furono le cause: diminuzione dei prezzi dei bozzoli, malattie del baco, spopolamento delle campagne, eccessivo
frazionamento dei poderi e avvento dei tessuti sintetici.
Nelle province di Verona, Parma, Firenze e Arezzo vi sono alcuni gelsi centenari testimoni di un passato glorioso e florido
che costituì un valido aiuto al reddito delle famiglie contadine di un tempo.
Notizie colturali
L’ambiente: il gelso prospera in qualunque ambiente, dalle rive del mare fino alla media collina
(5-600 m di quota), da Nord a Sud, su qualsiasi tipo di terreno, argilloso, sassoso, povero o
pendente, con l’interessante risvolto di frenare l'erosione del suolo e bloccare i movimenti franosi.
Ma attenzione: non è coltivabile in vaso! Le giovani piante o le talee radicate infatti possono
rimanervi al massimo per tre anni, poi vanno trapiantate in piena terra.
Innaffiature
Non va annaffiato, se non nel primo anno dopo l’impianto in modo che attecchisca bene. Si concima ogni autunno con un
fertilizzante organico tipo letame ben maturo, stallatico secco, compost o humus. L’unico accorgimento, al momento
dell’impianto (che deve prevedere uno straterello di drenaggio sul fondo della buca), è l’inserimento di un robusto tutore a
cui assicurare il fusto, soprattutto se il terreno è in pendio. Preferisce una posizione soleggiata o a mezz’ombra, ma vive
ugualmente anche in ombra (unica conseguenza: produrrà meno frutti).
Potature
Non richiede potature, se non per eliminare rami secchi o spezzati, oppure per contenerne
l’accrescimento eccessivo: tollera ogni genere di taglio, compresa la capitozzatura (che
però è sconsigliabile perché, nel tempo, indebolisce la pianta). La resistenza alle malattie
fa sì che non richieda l'impiego di fitofarmaci.
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Riproduzione
Per riprodurlo, si utilizza la talea di ramo dell’anno precedente, da prelevare in estate. La riproduzione da seme è invece
sconsigliabile, perché possono intercorrere anche 10 anni per avere i primi frutti. Non è possibile innestare il bianco sul
nero o viceversa, perché le due specie sono incompatibili.
Avversità
Cocciniglia del gelso è il nome comune degli insetti Omotteri della famiglia dei Coccidi e in
particolare di alcuni di essi; (dallo spagnolo cochinilla, propr. porcellino di S. Antonio, da
cochino, porco la cocciniglia del gelso). Diaspis pentagona, originaria dell'Estremo Oriente, si è diffusa in gran
parte del mondo, provocando ingenti danni ai gelsi, tanto da creare, spesso,
una crisi di riflesso
per l'industria della seta: una
soluzione
problema
a
tale
venne
rinvenuta
dall'entomologo Berlese agli inizi del sec. XX, importando dall'America
settentrionale un piccolo imenottero, Prospatella berlesei, in grado di
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combattere efficacemente il coccide. La prospaltella del berlese è un insetto che si rende utilissimo perché distrugge la
diapside, insetto che arreca grandi danni alle piante di gelso. Infatti la prospaltella depone le uova nel corpo delle larve della
diapside e le larve che si sviluppano da queste uova, nutrendosi nel corpo dell’ospite, finiscono per ucciderlo.
Hyphantria cunea è un lepidottero originario del Nord America, presente in Italia dall'inizio degli anni '80 ed oggi
ampiamente diffuso nell'intera Pianura Padana, ma anche in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Marche. Si tratta di
una specie polifaga, con un'ampissima gamma di piante ospiti di interesse agrario e ornamentale. Tra quelle su cui l'insetto si
sviluppa con maggiore frequenza (ospiti primari) ricordiamo l'acero, il gelso, il noce, il pioppo
bianco, il salice, il tiglio, il platano, il ciliegio. Su tali piante la femmina si riproduce senza
difficoltà e depone le uova, pertanto esse risultano sempre colpite dall’insetto.
Proprietà e utilizzi in fitoterapia
Molti dati epidemiologici indicano che una dieta ricca in frutta può essere utile per ridurre
l’incidenza di svariate patologie di tipo degenerativo (disturbi cardiovascolari legati a processi
infiammatori e cancerosi). Per questo vi è una grande attenzione nei confronti di molti composti fenolici originati da fonti
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vegetali, che svolgono un ruolo importante grazie alle loro proprietà antiossidanti. I frutti di gelso risultano molto ricchi
proprio in questi composti fenolici e possono quindi essere introdotti in una dieta come supplemento di vitamina C, calcio e
fosforo, senza dimenticare il loro valore nutrizionale come zuccheri, lipidi e proteine.
Oltre ad un utilizzo in ambito culinario come frutto, i frutti di gelso possiedono anche
un’antica tradizione di impiego erboristico. Nella medicina tradizionale di differenti paesi si
trovano indicazioni per l’impiego dei frutti o di preparati ottenuti da frutti o tisane o decotti
delle foglie.
In primo luogo bisogna considerare le proprietà antiossidanti delle foglie e dei frutti del
gelso, legate sia al modesto contenuto in vitamine (specialmente la C) che al loro alto
contenuto in composti polifenolici, come antocianine e flavonoidi. Questa peculiarità è stata trovata solo in questo tipo di
more e non è molto comune neanche negli altri tipi di frutti . Grande importanza, inoltre, hanno le antocianine come
capillaro-protettori, esplicando un’azione di protezione sull’endotelio vascolare.
Tutti questi composti bioattivi agiscono sinergicamente sull’organismo per migliorare le condizioni di salute e per ridurre
quindi il rischio di malattie cronico-degenerative. L’alto contenuto in antociani (dal greco anthos = fiore, kyáneos = blu- una
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classe di pigmenti idrosolubili appartenente alla famiglia dei flavonoidi), rende questi
frutti interessanti anche come alternativa al mirtillo per le proprietà flebotoniche e di
miglioramento della circolazione.
Un’altra attività importante da prendere in considerazione è quella ipoglicemizzante delle
foglie, per la quale non sono ancora stati individuati i componenti ritenuti responsabili. In
particolare, emerge che l’abbassamento della glicemia a digiuno non raggiungerebbe valori superiori al 20%, mentre più
netta sarebbe l’azione in caso di iperglicemia.
Gli estratti ricavati dai vari componenti possono essere quindi indicati come
supplemento nella terapia di pazienti diabetici: forma e posologia devono però essere
stabilite in base al tipo di diabete, ai farmaci che si stanno assumendo, alla dieta e alla
presenza di eventuali complicazioni nella patologia.
Generalmente la modalità di assunzione preferita è la tisana, con altre droghe che possono aumentarne o modularne l’azione.
Un esempio di tisana: 40g Gelso nero (foglie), 30g Mirtillo (foglie), 10g Galega (sommità), 10g Fagiolo (baccelli), 10g
Noce (foglie); un cucchiaio per tazza, lasciare in infusione per 10-15 min; assumere 2-3 tazze al dì.
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Oltre a questa proprietà, le foglie manifestano anche una blanda attività diuretica e soprattutto anti-dopaminergica.
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Usi e utilizzi vari
Ai nostri giorni vengono utilizzati i frutti di entrambe le specie come
alimenti, anche se non diffusamente come un tempo; la preferenza va alle
more nere, più succose e rinfrescanti di quelle bianche, contraddistinte
invece da un gusto dolce e acidulo.
Le more nere sono impiegate tradizionalmente in Sicilia nella preparazione di gelati, liquori, e
marmellate (tipiche anche delle Marche) da gustare con dolci e formaggi.
L’assunzione delle more può quindi avvenire come tale, oppure trasformate sotto forma di marmellate e sciroppi.
Quest’ultimi hanno una lunga tradizione popolare, essendo rinfrescanti ed espettoranti; per uso esterno vengono usate per la
preparazione di uno sciroppo astringente per gargarismi nel mal di gola.
Oltre a rappresentare, quindi, una comoda via di assunzione dei frutti, costituiscono anche un ottimo mezzo di conservazione
degli stessi, in quanto l’alto tenore zuccherino conserva intatti buona parte dei principi attivi nutrizionali di partenza. Questo
permette anche l’esportazione del prodotto, perché il periodo di conservazione è nettamente superiore rispetto al frutto
fresco.
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Ricette
La marmellata di more di gelso
• Lavare accuratamente 1,5 kg di more di gelso bianco o nero. Porre sul fuoco, in una pentola d’acciaio
inox, a fiamma bassa, aggiungendo acqua fino a un terzo dell’altezza della massa di frutti.
• Quando, mescolando, le more si disfano, aggiungere 350 g di zucchero di canna. Se i frutti sono
bianchi, si può aggiungere a piacere il succo di due limoni o una stecca di vaniglia per aromatizzare.
• Continuare la cottura a fiamma bassissima, mescolando spessissimo, finché il composto si addensa: la marmellata è pronta
quando scende lentamente dal cucchiaio di legno. Porre in contenitori di vetro puliti e chiudere subito.
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ONTANO – ALNUS
Fam. betullaceae
Storia
L’ontano nero (Alnus glutinosa) è un albero di bell’aspetto che predilige le zone ricche
d’acqua come stagni, paludi, rive dei fiumi, specialmente dove la corrente non è troppo
accentuata. Il nome deriva dal celtivo alnus che significa “nei pressi delle rive”. Il legno
di questo albero non è pregiato ma possiede una caratteristica del tutto particolare: se
immerso in acqua esso diviene resistente e non marcisce se non dopo molto, molto
tempo. Formò oggetto di citazione sia con Virgilio, Plinio, Vitrunio e Dionigi di
Alicarnasso.
Tra le diverse specie di Ontano, quello che normalmente viene chiamato "Ontano nero" è la più diffusa, non solo da noi ma
in tutta l'Europa. L'appellativo deriva dalla tinta marrone scuro presentata dalla corteccia del fusto e dei rami. La stessa
pianta è anche chiamata "Ontano rosso" per il colore che il legno assume, a contatto dell'aria, dopo il taglio.
Questa caratteristica fece nascere la credenza che tale albero avesse dei poteri diabolici e si giunse a credere che dai suoi
rami tagliati venisse emesso sangue.
Nel Medioevo l'Ontano, forse anche per l'alone di superstizioni da cui era circondato, ebbe un
posto di rilievo nel campo della medicina popolare: un impiastro di foglie fresche era ritenuto un
rimedio insuperabile per cicatrizzare le ferite, mentre il decotto di corteccia veniva usato come
febbrifugo.
Botanica e morfologia
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Raggiunge un'altezza di circa 30 metri; ha una chioma scura, a piramide, molto
densa.
Tronco e corteccia: diritto o arcuato, spesso policonico, presenta una scorza
rugosa grigio bruna, con lenticelle orizzontali, longitudinalmente fessurata negli
esemplari più vecchi.
Foglie semplici , dentate, decidue, alterne, picciolate, ovato o rotonde, con base
cuneata, apice arrotondato o retuso, margine doppiamente seghettato. La pagina
superiore è verde scuro, quella inferiore un po' più chiaro; foglie giovani e giovani rametti appiccicosi.
I fiori maschili hanno 4 stami opposti, disposti a gruppi di 3-5 amenti giallastri. Le infiorescenze femminili hanno forma
ovoidale e sono portati da lunghi peduncoli; contengono i minuscoli semi bordati di un'ala translucida, hanno l'aspetto di
piccole pigne, come quelle delle conifere.
I frutti (prima verdi poi bruno-nerastri, legnosi a maturazione, simili a pignette) contengono acheni dotati di una stretta ala;
sono persistenti a lungo sulla pianta.
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Usi e utilizzi vari - curiosità
Ontano nero : in tempi più recenti, la corteccia di Ontano è stata usata per la concia delle pelli, mentre, messa a macerare
con della limatura di ferro, serviva alla preparazione del colore nero usato per tingere il feltro usato dai cappellai.
I rami tagliati di questa pianta hanno la caratteristica di attirare gli insetti parassiti degli animali per cui la tradizione narra
che, messi per una notte nei pollai, si caricano di tutti i parassiti dei polli. Bruciando poi le frasche la mattina successiva, si
risanerebbe completamente l'allevamento.
Il legno di Ontano, facile da lavorare, è usato per la fabbricazione di zoccoli, di giocattoli e di stampi per fonderia, mobili di
qualità non eccelsa. Era un tempo il combustibile preferito dai fornai per la sua fiamma viva e con poco fumo, mentre il
carbone di Ontano è utilizzato nella fabbricazione della polvere da sparo.
Per la caratteristica di essere praticamente imputrescibile nell'acqua, il legno di questa pianta è stato usato per le costruzioni
in terreni paludosi o lagunari.
Su pali di ontano erano costruiti i villaggi le palafitte della preistoria e sullo stesso materiale sono fondate le case ed i palazzi
di Venezia. La corteccia dei rami viene usata come febbrifugo.
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Per la sua avidità d'acqua, e quindi per il suo intenso potere di evaporazione, è prezioso per il risanamento e la bonifica delle
zone paludose. Le foglie ricche di azoto venivano utilizzate per l’alimentazione degli animali.
Le foglie, se poste sopra i punti doletici, alleviano i dolori reumatici. Un tempo i rami venivano appesi nelle stalle o nei
pollai per attirare e catturare le mosche e altri insetti fastidiosi che vi restavano appiccicati. Nel medioevo si diffuse la
credenza che lo spirito del male viveva nell'ontano, per questo il suo legno diventa color del sangue appena tagliato. Le
foglie dell’ontano nero cadono in autunno quasi senza cambiar colore.
Il nome deriva dal celtico al ed han, ovvero prossimo alle acque, a sottolineare l’habitat di queste piante; risulta essere una
valida specie miglioratrice del suolo (vegetando in terreni “difficili”); reagisce molto bene al passaggio del fuoco,
ripristinando rapidamente un denso soprassuolo.
Per un refuso di traduzione, il nome dell'ontano è stato associato a una maligna figura magica, il "Re degli ontani",
consacrato da una ballata di Goethe (Erlkonig) e da un Lied di Franz Schubert. Accadde infatti che un certo Herder, il primo
a tradurre la leggenda danese alla quale si ispirarono i due artisti, confuse ontani con elfi, due parole che nella lingua danese
hanno un suono simile.
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Nel mito celtico della Battaglia degli Alberi (Cad Goddeu) l’ontano è il primo albero dell’esercito e guida gli altri verso la
battaglia, con ardore e temerarietà impareggiabili.
Sempre nel mondo celtico il suo legno è uno dei nove usati per accendere il grande falò di Beltane, e nonostante sia un
cattivo combustibile, il carbone che produce risultava essere buono ed era largamente preferito dai fabbri perché sprigiona
molto più calore rispetto a quello prodotto da altri alberi.
La sua resistenza anche al fuoco, oltre che all’acqua, attribuisce a questo albero valore e simbolo della forza interiore e
della volontà che, sottoposte a prove difficili, non solo vi resistono, ma ne escono potenziate e rinvigorite, intrise di nuova
forza e ardimento.
Infine, in Irlanda tagliare un ontano era considerato un atto deplorevole, un vero delitto, e chi
compiva questo gesto rischiava di vedere arsa la propria casa.
È una pianta medicinale oggi abbandonata che la pratica popolare aveva un tempo tenuto in
grande considerazione .
Le foglie, sotto forma di infuso, vantavano virtù febbrifughe e diuretiche. Anche alla corteccia
venivano assegnate proprietà febbrifughe . Esternamente, preparazioni a base di corteccia erano adoperate, sotto forma di
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gargarismi, nelle malattie a carico della bocca e della gola: afte, gengiviti, tonsilliti, ecc. Analogo impiego era previsto anche
per le foglie.
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Le foglie (soprattutto fresche): anti-galattogene, cicatrizzanti, detergenti, risolutive e sudorifere.
Il decotto di foglie: gargarismi contro il mal di gola, nelle tonsilliti croniche, nelle infiammazioni e ulcere delle mucose o per
iniezioni vaginali nelle leucoree.
Miti e leggende
Foroneo e l’ontano
In Grecia, il culto dell’ontano veniva impersonificato dalla figura dell’eroe Foroneo figlio
di Inaco, una divinità flluviale, e di Melìa, la ninfa del frassino. E in effetti si tratta di un
albero fluviale che segue, nel calendario arboreo dei mesi, il frassino. Secondo Pausania,
Foroneo fu il primo che scoprì l’uso del fuoco dopo che Prometeo l’ebbe sottratto agli dei
e fu anche il primo a riunire gli uomini della terra che prima vivevano separati, fondò
anche la prima città Foronico che in seguito si sarebbe chiamata Argo.
ACERO CAMPESTRE - ACER CAMPESTRE L. - famiglia aceraceae
Acero Campestre: questo nome gli deriva forse dal suo impiego
come sostegno della vite coltivata a filari nei campi, tanto che si
parlava di "vite maritata all'Acero". Le specie di Acero, spontanee
o coltivate, sono numerosissime, ma nel nostro bosco è
essenzialmente presente l'Acero campestre. Le specie si
distinguono fra loro per la foglia e per la forma dei frutti.
Botanica e morfologia
Descrizione: albero deciduo di piccole o medie dimensioni, 10-20-(22) m, con tronco spesso sinuoso e chioma abbastanza
densa che diviene rotondeggiante; di crescita non molto sostenuta in gioventù, diventa presto lenta, è poco longevo da 120150 anni al massimo.
La corteccia del tronco da giovane è giallastra e a volte un po' suberosa, diventa presto bruno grigiastra chiara e si forma un
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poco profondo ritidoma solcato longitudinalmente e formato da piccole placche rettangolari abbastanza persistenti.
I rametti dell'anno sono bruni e fini, con una leggera pubescenza che normalmente
scompare durante la stagione vegetativa, portano gemme piccole e rossastre
pluriperulate appressate al rametto e con perule pelose nella parte superiore.
I rametti degli anni precedenti possono formare delle evidenti creste longitudinali
suberose come in Liquidambar e alcuni Olmi, oppure essere lisci.
Le foglie sono opposte, normalmente piccole di 4-7 cm, nei polloni possono arrivare a
12 cm, normalmente hanno 5 lobi ottusi a volte solo 3 lobi, il lobo mediano e anche i
laterali, possono essere a loro volta essere leggermente lobati.
Le foglie sono di colore verde scuro sulla pagina superiore, più chiare o anche
leggermente glaucescenti e pubescenti inferiormente, il picciolo se staccato secerne
lattice ed è lungo quanto la lamina.
I fiori sono riuniti in grappoli corimbosi. Le foglie sono a lobi caduche e opposte.
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I frutti dell'Acero hanno un aspetto particolare: sono formati da due semi saldati tra loro ed hanno lateralmente due lunghe
ali che li fanno ruotare velocemente, come le pale
di un elicottero, quando si staccano dalla pianta.
L'aspetto, l'inclinazione, l'armatura di queste ali
valgono a distinguere un Acero dall'altro, proprio
come gli stessi elementi servono a distinguere i
diversi modelli di aerei.
I semi dell'Acero possono disperdersi anche a
grande distanza dalla pianta madre, sfruttando il
vento.
Habitat: diffuso nei boschi meso-termofili ma non eccessivamente xerici, soprattutto nei querceti a foglia caduca, dal
Lauretum freddo al Castanetum freddo al limite del Fagetum, perciò è specie molto plastica, si può trovare, al nord, dalla
costa fino a circa 1000 m s.l.m. nei versanti meridionali, è diffuso in tutta la penisola e nelle isole, in Sicilia si può trovare
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fino a 1600 m s.l.m., si trova spesso in siepi e partecipa al mantello dei boschi, anche perché diffuso dall'uomo un tempo
usato come tutore vivo della vite.
Non caratteristico di associazioni definite ma un po' ubiquitario principalmente nei querceti
planiziali a Farnia ma anche in querceti collinari sia a Farnia che a Rovere e nei carpineti, ma
anche in formazioni di transizione di questi in fasi più primitive, da pioppeti a Pioppo nero e
Salice bianco in aree golenali; nel meridione d'Italia partecipa anche a formazioni di sclerofille
nelle fasi meno xerofile.
Usi e utilizzi vari - curiosità
Gli Aceri trovano un largo impiego nel campo delle piante ornamentali. Il legno di Acero è
ricercato e viene molto usato, per il suo colore chiaro e per le belle venature, nella fabbricazione di mobili, strumenti
musicali sia a fiato che ad arco, pipe e calci di fucili.
Antonio Stradivari fu il primo ad utilizzare legno d'acero nella costruzione dei suoi leggendari violini.
Le foglie sono ricche di elementi nutritivi e possono servire per l'alimentazione del bestiame.
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Interessante il suo tradizionale uso, condiviso anche dall’Olmo campestre, come tutore vivo delle viti. Il legno, che ha un
colore caldo che tende al rosso, è adatto alla fabbricazione del fondo, delle fasce laterali e dei manici di violini.
L'acero campestre è considerato un'essenza di pregio in quanto rappresentante della flora autoctona
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ROBINIA - ROBINIA PSEUDOACACIA L.
Famiglia: Fabaceae
Storia
Pianta originaria degli Stati Uniti centrorientali (regione dei Monti Allegheny), tipica dei
boschi mesofili misti di latifoglie. Introdotta in Europa, ha dato origine a ecotipi differenti in
grado di colonizzare dagli ambienti fresco-umidi di clima oceanico a quelli caldo-aridi di clima
mediterraneo.
Introdotta a Parigi nei primi anni del XVII secolo, pare da Jean Robin, erborista del Re Enrico
IV di Francia.
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Uno degli esemplari di Robinia piantato proprio nei primi decenni del XV secolo è ancora in vita, se pure un po' malconcio e
tutto puntellato, presso il giardino botanico di Parigi.
Dalla Francia, questo albero si è diffuso rapidamente in Europa ed in Asia, dimostrandosi
veramente provvidenziale in molte zone dove i tentativi di piantare altre essenze non
avevano dato risultati positivi.
I semi di robinia, provenienti dall’America, erano giunti nelle mani di Robin che , nel
1601, li piantò e ne ottenne dei bellissimi alberi ornamentali, divenuti in poco tempo di gran
moda e ben presto diffusi in tutta Europa.
Nei Jardin des Plantes nelle vicinanze di Notre-Dame si possono ammirare ancora oggi due
esemplari piantati dallo stesso Robin. Si ritiene che siano le piante più antiche della città.
In Italia la robinia fu coltivata per la prima volta già nel 1602 nell’Orto botanico di Padova, da
dove si diffuse in Piemonte e in Lombardia. Alessandro Manzoni introdusse la robinia nel
giardino della sua bella villa di Brusuglio in Brianza e ne consigliò l’uso per il rimboschimento e
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il consolidamento dei terreni collinari erosi.
La pianta rimase una curiosità da giardino e da collezionisti fino all'ultimo ventennio dell'Ottocento, quando venne
impiegata per consolidare gli argini franosi lungo le nuove ferrovie. Si dimostrò pianta di rigorosa vegetazione e di grande
adattamento a molte condizioni pedoclimatiche.
La sua larga diffusione è dovuta ai vuoti lasciati dai grandi
disboscamenti e alla sua grande adattabilità a qualunque tipo di terreno,
per la sua caratteristica di leguminosa e quindi di pianta simbionte con i
batteri azoto-fissatori che le permettono di vivere anche in terreni
particolarmente poveri.
Divenne albero agrario di primaria importanza da cui ricavare legna da
ardere, pali da vigneto e materiale da costruzione.
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Botanica e morfologia
Albero alto fino a 25 m, dalla chioma slanciata ed eterogenea, spesso irregolare, di colore verde opaco.
Fusto clindrico, dritto, con spessa scorza grigiastra incisa da solchi verticali e profondi. La parte alta del fusto e i rami sono
provvisti di robuste spine simili a quelle delle rose. Ha un apparato radicale solitamente molto robusto.
Le foglie sono decidue, alterne, lunghe fino a 30 cm, composte, imparipennate, formate da 13-15
segmenti ellittici, arrotondati all'apice, lunghi fino a 4 cm, un po' più chiari sotto. Di un bel colore
verde brillante.
Le foglie della Robinia sono composte, formate
cioè da un numero vario di foglioline, disposte
regolarmente su un lungo picciolo, alternate a due
a due, con una solitaria in punta. La fogliazione avviene molto tardi in
Primavera, verso la fine di Maggio.
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I fiori compaiono in maggio e sono bianchi-rosati, molto profumati, numerosi in racemi penduli di forma papillionacea
lunghi fino a 25 cm.
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I fiori sono raccolti in grappoli ed hanno un profumo intenso e delicato; sbocciano prima
o insieme alle foglie e sono ricercatissimi dalle api. I grappoli di fiori sono prelibati,
soprattutto se raccolti quando non sono ancora pienamente aperti e fritti dopo essere stati
passati nella pastella dolce. Dai fiori si estrae anche uno sciroppo medicinale.
I frutti sono legumi grigio scuri, appiattiti, contenenti sino a dieci semi.
Il frutto è un legume nerastro, appiattito, lungo 5-10 cm, persistente sull'albero fino ad
inverno inoltrato, con piccoli semi bruno scuri.
I boschi di robinia non sono l’ambiente ideale per la nascita dei funghi, anche perché il
robiniento puro è un ambiente povero di biodiversità.
Usi e caratteristiche
Impiegata in passato per il consolidamento dei versanti, è ormai una specie diffusissima.
Oltre a fornire ottimo legno da carbone con elevato potere calorifico e da costruzione,
veniva impiegata per la divisione dei campi e lungo le
rogge e le marcite. Veniva usata per pali, doghe, raggi
per i carri e utensili vari.
Il legno di robinia é molto duro e resistente al tempo: per queste sue caratteristiche
viene largamente impiegato per palizzate, pali delle vigne, puntelli per galleria di
miniera. Con il legno di questa specie venivano fatti funzionare
in passato i forni da pane di tutta la città.
È considerata una pianta invadente perché, se tagliata, ricaccia
continuamente.
Le sue foglie hanno, perciò, un elevato contenuto di proteine, dal 200 a 250 grammi per
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chilogrammo di foglie secche, e sono quindi adatte per l’alimentazione del bestiame; inoltre le foglie che restano nel terreno
restituiscono l’azoto al terreno stesso. E’ un albero infestante e quindi molto frequente nei boschi. Ama i luoghi freschi,
umidi, ombrosi, si trova quindi a colonizzare tutte le piane alluvionali dei fiumi e torrenti.
Uso Alimentare: i fiori per fare liquori e marmellate, frittelle ed
un ottimo miele. I fiori essiccati e mischiati ad altre essenze,
vengono usati come tisana rilassante.
Tutto il resto della pianta è tossico, tranne che per i conigli ed
altre specie animali.
Il piperonal, un aroma, viene estratto dai fiori e può essere usato
come un sostituto della vaniglia. I semi sono commestibili e,
previa cottura, sono stati usati come fonti di apporto calorico nei
tempi di crisi alimentare grazie al loro buon contenuto in sostanze nutrienti.
Uso Cosmetologico: l'olio essenziale, estratto dai fiori, viene usato in profumeria.
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Uso Farmacologico: la ricerca in campo fitochimico ha dimostrato che alcuni dei componenti della pianta sono in grado di
esercitare attività antibatterica ed attività citotossica ed antineoplastica nei confronti di diverse forme di tumori.
Tutti i trattamenti farmacologici e sanitari devono sempre essere eseguiti sotto stretto e diretto controllo medico.
Indicazioni selvicolturali – curiosità
Pianta utile per "fissare" i versanti grazie all'apparato radicale profondo
e alla facilità di propagazione. Viene quindi trattata a ceduo e crea
velocemente popolamenti stabili.
Vista la sua velocissima diffusione a
partire dal '900 c'è chi parla di pianta
infestante, in alcune zone ha
completamente sostituito le specie
autoctone.
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Il vantaggio competitivo della robinia, dato dalla sua capacità di fissare nel suolo l'azoto atmosferico, si rileva svantaggioso
dal punto di vista della conservazione della natura. Infatti, a seguito dell'arricchimento dei suoli in termini di azoto, le piante
più rare finiscono per essere estromesse da questi ambienti, avversate da altre piante erbacee come le ortiche. Pertanto, su
stazioni particolari, la robinia non sembra essere una specie forestale apprezzata dal punto di vista della conservazione della
natura.
La robinia ha varie virtù: cresce rapidamente e spontaneamente, con tronchi diritti che possono superare i 15-20 metri di
altezza e che raggiungono, in pochi anni, un diametro anche di
un metro, sviluppando una gran massa di foglie che, per molti
mesi, assicurano ombra e una gradevole
vista nel periodo in cui si formano
grappoli di fiori bianchi.
In alcune zone, la Robinia si è
dimostrata invece un grosso problema
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perché, per il suo carattere invadente, si è insediata ovunque.
I metodi di lotta consistenti nei tagli rasi e nel decespugliamento ripetuto difficilmente sono coronati da successo poiché le
robinie continuano a diffondere polloni radicali mentre anche le loro ceppaie, giovani e vigorose, possiedono un'elevata
capacità pollonifera
E' una pianta dal portamento caratteristico, come visto, con la chioma leggermente a forma di cupola; è riconoscibile anche
durante l'inverno per i suoi rami tortuosi muniti di spine molto dure. Proprio per questa loro durezza le spine della Robinia
erano impiegate dagli indiani d'America per la punta delle
frecce. Lo scrittore Carlo Emilio Gadda aveva rimproverato a
Manzoni di aver avuto la malaccorta idea di diffondere una
così “pungentissima” pianta.
Con il loro dolce nettare che contiene quasi il 60% di
zucchero, le robinie richiamano a sé le api.
Molti apicoltori conoscono questo segreto ed utilizzano
280
questi alberi come apiari. Ma non ci si deve stupire del fatto che al supermercato non troverete miele di robinia: il prodotto
del lavoro delle api, viene commercializzato con il nome di "Miele di acacia".
I fiori appena sbocciati sono utilizzati per confezionare frittelle e liquori profumati.
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Pioppo bianco - POPULUS ALBA L.
Storia
Vi sono reperti che risalgono al Cretaceo inferiore.
Virgilio e Plinio citano questa pianta e anche Ovidio ci ricorda questa specie, segno che
le piante popolavano la penisola. La mitologia greca narra che il Pioppo fosse consacrato
al dio Zeus e i sacrifici a lui dedicati dovessero bruciare su pire con rami di pioppo.
Mentre altre versioni narrano che fosse sacro ad Eracle e questo se ne cinse il capo con
una corona quando scese nell’Ade. Questo mito riporta che le foglie della corona poste
verso l’interno della testa mantennero il loro colore vivido e brillante , mentre quelle all’esterno si scurirono a causa del
fumo prodotto negli Inferi. Quando Eracle tornò nel mondo terreno i pioppi assunsero la colorazione della sua corona, una
foglia bicolore, verde e grigio, rappresentazione della dualismo che è insito in ogni creatura vivente, bontà e malvagità, luce
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e ombra, giorno e notte, vita e morte. Secondo la mitologia greco-romana, un
tempo, esistevano due pioppi, il primo bianco dimorante nei Campi Elisi e il
secondo nero, guardiano dell’Ade.
Arte
Piccoli particolari presi in prestito dalla natura, trasformati dalla luce in un
incantevole spettacolo delle forme. E' quello che accade ad un filare di pioppi
sulle rive del fiume Epte, perpetuato per sempre da Claude Monet nel 1891.
Un tema, quello dei pioppi, dove l'artista fissa
il dinamismo verticale
dell'esile albero che quasi sembra perdersi nel cielo carico di nuvole, per poi giocare con quello stesso sviluppo verticale dei
fusti riflessi nell'acqua. E la luce, nella serie di tele, permette di riscontrare molte differenze pittoriche.
Monet rappresenta i pioppi in diversi momenti della giornata ed in diverse stagioni, cogliendo i particolari e fissando la luce
per l'eternità.
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Le pennellate brevi e piene di vita vibrante raccontano la foschia mattutina di un paesaggio autunnale regalando l'effetto di
un raggio soffuso che accarezza la natura altre volte rappresentano il calar
del sole e lo spettacolo naturale acquisisce una nuova dimensione e
singolarità. Oppure, possono cogliere il caldo di una giornata d'estate
attraverso una brillantezza più piena.
La luce catturata da Monet riesce ad afferrare con grande sensibilità
l'atmosfera, ritrarre le radiose giornate di sole, accanto a quelle grigie di
pioggia, attraverso la nebbia e sotto i tersi e splendenti cieli dell'estate.
Anche lo spettacolo più plumbeo e cupo diventa affascinante e che regala allo spettatore attimi di stupore e di eternità.
Sceglie un unico soggetto per condensare una serie sotto l’incedere dell'influenza meteorologica.
Come accade ai suoi pioppi. Cézanne diceva che Monet era "soltanto un occhio, ma che occhio!".
Un occhio che assorbiva e divorava luce, albe e tramonti, soli allo zenit e opacità invernali, riverberi acquatici e bagliori
notturni.
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Les peupliers [I pioppi] : Con ogni probabilità, questo quadro rappresenta l'esterno del parco del castello di Marcouville,
nelle immediate vicinanze di Pontoise. L'interesse di Paul Cézanne per questo tipo di paesaggio è forse legato al fatto che il
suo amico e collega Camille Pissarro ha già dipinto questa zona cinque anni prima.
Tuttavia, il confronto tra le due opere si ferma qui. Questo dipinto diffonde una
forte energia vitale. Cezanne cerca di condensare nella sua pittura anche i fenomeni
della interpretazione razionale che portano a riconoscere le forme e lo spazio.
La perizia consiste nel rendere comprensibile e di facile lettura un paesaggio di
alberi e vegetazione. A tale scopo, l'artista contrappone l'aspetto rettilineo dei pioppi
alle masse disordinate degli altri alberi. Tra le pennellate oblique lo sfondo bianco traspare un po' ovunque conferendo alla
superficie della tela luminosità e animazione. In maniera manifesta, Cézanne cerca di risolvere la difficoltà tecnica data dalla
raffigurazione di una prospettiva il cui unico motivo è il fogliame.
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La differenza tra questo paesaggio boscoso e quelli della scuola di Barbizon è significativa. Cézanne, come Pissarro,
raffigura alberi piantati dall'uomo al posto di quelli che crescono "naturalmente". Nelle sue composizioni, l'artista introduce
così il risultato dell'attività umana che, più dello sviluppo caotico della
natura, organizza e ordina il paesaggio.
La luminosità e brillantezza dei colori è una delle conquiste della pittura
impressionista che Claude Monet esalta nei numerosi paesaggi dipinti ad
Argentuil a metà degli anni ’70 del XX
secolo.
“ Prato con pioppi” viene
dipinto nel 1875,
traspare nell'azzurro del cielo in contrasto col
verde degli alberi e del prato, una sensazione di
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serenità , di armonia e di calma e la sua pittura esprime la "gioia di vivere"; l’artista si affida principalmente al colore
(molto libero, steso puro a macchie) e la sua pittura si svincola dal disegno. Egli osserva attentamente la natura traendo da
essa tutte le varietà degli attimi preziosi, per fissarli per l’ eternità. Segue il viaggio quotidiano della luce e le sue variazioni
immortala un momento unico di un paesaggio quale manifestazione fuggevole dell’essere del mondo.
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Botanica e morfologia
Dimensione e portamento: può superare anche i 35 metri di altezza ma l’altezza e la grandezza
sono variabili a seconda delle varietà. Chioma arrotondata.
Tronco e corteccia: Fusto robusto ricoperto da corteccia, liscia, bianco verdastra che
successivamente si fessura e diventa rugosa nella parte basale, dove diventa nerastra. Rami
cilindrici e ottagonali.
Foglie: Foglie decidue, alterne, munite di picciolo, di grande variabilità a seconda delle specie.
Presentano lamina da rotondo-ovata o palmata a 5 lobi. Pagina inferiore biancastra.
Strutture riproduttive: Pianta dioica: fiori maschili in amenti con numero vario di stami cilindrici, fiori femminili in amenti;
i frutti sono capsule glabre in amenti pendenti dai rami che in primavera liberano semi piumosi trasportati dal vento ( “ i
pappi”, con ciuffo e peli bianchi, cotonosi, creano fenomeni allergici).
Usi e utilizzi vari - curiosità
Il legno di Pioppo bianco è biancastro e tenero; ha qualità mediocri ed è
impiegato per realizzare cassette da imballaggio e sopratutto nell' industria
cartaria. È molto usato come pianta ornamentale e nelle alberature stradali per la
bella chioma bianco argentata.
Il pioppo bianco è simbolo di speranza e di
vittoria.
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PIOPPO NERO - Populus nigra L.
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Botanica e morfologia
Albero alto fino a 30 metri. Sono presenti due varietà: una con chioma ovoidale e quella
italica (pioppo cipressino) con chioma stretta e colonnare. Ha un forte e profondo
apparato radicale e poco esigente per quanto riguarda il terreno.
Tronco e corteccia: tronco diritto con corteccia spessa, grigio bruna, solcata in verticale.
Foglie: decidue, semplici, triangolari-romboidali, ampie, con un picciolo lungo e il
margine dentellato.
Strutture riproduttive: pianta dioica: infiorescenze maschili in amenti di 5-9 cm, di colore rossastro, infiorescenze femminili
in amenti esili lunghi anche 12 cm di colore giallo-verde. Ogni fiore è dotato di due stigmi. I frutti sono capsule ovoidali che
a maturazione liberano semi piumosi.
I funghi instaurano un rapporto simbiotico con le radici, permettendo loro di assorbire, oltre all'acqua, ulteriori elementi
nutritivi. I funghi ricevono in cambio le materie organiche a loro necessarie, quali zuccheri, proteine e vitamine. Dove si
sviluppano micorrize, gli alberi sono sicuramente più sani e vigorosi e, comunque, molto meno soggetti allo stress
ambientale. L’intreccio di ife, di cui è costituito il fungo, costituisce una fitta rete capillare che aumenta, anche di cento
volte, la capacità assorbente della radice. In condizioni particolarmente favorevoli, tale intreccio è così intenso che le
ife possono ricoprire la radice. I funghi più comuni sotto i pioppi sono le Morchella, le Inocybe e il Paxillus Ieucopus. Sotto
il pioppo si trovano anche molte specie di tartufo, tra i quali il Tuber
magnatum.
Usi e utilizzi vari
Il legno è di modesta qualità e ha impieghi simili agli altri pioppi, essendo
impiegato sopratutto nell' industria della carta e per produrre carbone vegetale
e fiammiferi. E' tradizionalmente impiegato per le alberature dei viali che
conducono a ville e proprietà rurali (come il cipresso nelle zone mediterranee).
In Italia i terreni in cui si insistono i pioppi sono passati in vent'anni da 150.000
a 70.000 ettari.
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Usi Erboristici e/o Culinari: l'estratto di gemme di pioppo è analgesico e astringente, viene tradizionalmente utilizzato per il
trattamento di vari disturbi come febbre, dolori articolari e diarrea. Le gemme vengono usate per preparare l'unguento
populeo, impiegato contro le emorroidi.
Curiosità: Il pioppo è da sempre considerato come albero
funereo e infero, arcaicamente sacro alla Madre Terra.
Ulisse, durante il suo viaggio nell'Oltretomba, vide dei
pioppi neri del bosco di Persefone, insieme ai salici, che
delimitavano il confine tra il mondo dei vivi e quello dei
morti. Il pioppo nero è simbolo di disperazione e lutto; si
dice inoltre che, mentre il pioppo bianco cresca nei campi elisi, il nero cresca bene
nell'Ade. Il colore nero, tuttavia, come è stato più volte sottolineato, non necessariamente è sinonimo di malvagità o
negatività: il nero è il colore delle profondità, sia delle acque che della terra, e quindi collegato con l'utero della Grande
Madre, che perennemente accoglie a se gli esseri nel ciclo infinito di vita-morte-rinascita.
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OLMO CAMPESTRE - Ulmus minor Mill.
Storia
Si sono trovati reperti fossili in Siberia risalenti al Miocene inferiore.
Virgilio ci narra del “maritaggio”della vite all’olmo “ inde ubi iam validus
amplexae stirpibus ulmos exierint” e il poeta mantovano ci ricorda che il suo
legname era già allora molto pregiato e serviva per forgiare le parti curve
dell’aratro. Anche Columella lo associa alla vite; dai greci e dai romani,
quindi, l’olmo veniva utilizzato come sostegno della vite.
Quella della vite con l’olmo è una simbiosi, che coinvolge probabilmente l’apparato radicale e funghi simbionti delle radici
delle due piante (micorrizae). Probabilmente l’olmo era molto di più che un semplice “tutore” come invece spesso si legge
nelle descrizioni della viticultura tradizionale.
Durante periodo medievale, era usuale, soprattutto in Francia, che nelle vicinanze del castello del nobile del luogo venisse
piantato un olmo. E, sotto le fronde di questo albero veniva amministrata la giustizia. Dopo l’usanza medioevale altri
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sovrani in tempi più vicini vollero circondarsi di olmi. Enrico IV chiese che le strade del Regno fossero fiancheggiate da
olmi e ne incentivò notevolmente la diffusione così che è possibile datare con una certa esattezza, intorno ai quattrocento
anni, gli esemplari più vecchi sopravvissuti in Francia.
Nel 1799, si celebrò una formidabile esperienza rivoluzionaria costituita dalla Repubblica
Partenopea , in quella occasione si piantò 2l'Albero della Libertà”, sotto al quale si
svolgevano i momenti più importanti della comunità. Con la restaurazione borbonica, gli
Alberi della Libertà furono divelti e dati alle fiamme dal furore del regime reazionario .
Oggi, in Italia, di quegli alberi non ne rimane traccia. O quasi, perché per fortuna a Montepaone, in provincia di Catanzaro,
ancora svetta un ultimo residuato. Montepaone, come altri paesi del meridione, ebbe i suoi martiri. I cugini Luigi Rossi e
Gregorio Mattei che furono impiccati il 28 novembre del 1799 nella Piazza Mercato di Napoli.
L’olmo campestre è una pianta molto diffusa in Italia e, nonostante questo, abbandonata e per tanti versi dimenticata.
Il motivo dell’abbandono di questo albero è soprattutto la grafiosi, una malattia (fungo patogeno) che ha decimato gli
esemplari adulti a partire dalla prima metà del ’900. Per questo motivo, nonostante qualche eccezione è inusuale che oggi si
utilizzino olmi per nuove piantumazioni.
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Botanica e morfologia - notizie colturali
Dimensione e portamento: può raggiungere i 30 metri di altezza; chioma leggera, elegante e
globosa.
Tronco e corteccia: tronco diritto, molto ramoso. Corteccia opaca, rugosa, il colore varia dal
grigio al bruno, fessurata in piccole placche e solcata longitudinalmente. Rami grossi lunghi e
ricoperti.
Foglie: foglie decidue, semplici, inserzione alterna , lamina ovale, base asimmetrica, apice appuntito.
Strutture riproduttive: fiori ermafroditi, sessili, riuniti a gruppi in infiorescenze, colore rosso (antere).
I frutti, samare riunite in gruppi, maturano in estate; contengono solo un seme.
In Italia si trova, ormai decimato dalla grafiosi, soprattutto nei filari ai bordi dei campi o nelle alberature
stradali. Predilige i suoli freschi, profondi e fertili.
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Avversità
Ceratostomella ulmi, ascomiceti che originano forme di tracheobatteriosi. Vi sono poi altri
funghi che originano il mal bianco, il seccume fogliare e poi tutta la schiera degli agenti
dei marciumi. Tra gli insetti gli scolitidi xilofagi.
Usi e utilizzi - curiosità
Il pregio dell’olmo sono la durezza, l’elasticità e la tenacia. Veniva usato per la
costruzione di ruote di carri e carrozze. Un tempo veniva usato come tutore della vite. Il
legno di Olmo campestre, di buona qualità, facilmente lavorabile e resistente all'acqua, è
usato per la costruzione di mobili, porte, pavimenti, utensili agricoli e nella produzione di compensato.
le foglie, invece, erano usate come foraggio per il bestiame. La corteccia del fusto, molto fibrosa, è utilizzata dagli
agricoltori per fare legature per innesti.
Non è un buon combustibile. La pianta viene anche impiegata a scopo ornamentale in parchi, viali e giardini.
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L'olmo campestre, con le su foglie e la sua corteccia, contiene principi per le proprietà astringenti, cicatrizzanti e depurative.
I frutti appena formati, grazie al loro sapore buon aromatico, possono essere usati come ingredienti in insalate.
Il legno è esternamente si presenta chiaro, ma tende ad inscurirsi procedendo verso l'interno fino ad assumere colore
brunastro nel durame.
Una caratteristica dell’olmo e quella di raccogliere al suo interno la silice presente nel terreno e se la pianta cresce in una
zona particolarmente ricca di silice (terreni sabbiosi) la lavorazione del legno diventa particolarmente difficoltosa, tanto da
definirlo da parte di alcuni falegnami come “olmo rabbioso”. Questa difficoltà di lavorazione che abbiamo notato anche
nella nostra falegnameria è dovuta al fatto che gli utensili perdono rapidamente il filo.
Con la corteccia particolarmente fibrosa e resistente si facevano nel passato stuoie e cordami.
297
PLATANO OCCIDENTALE - PLATANUS OCCIDENTALIS L.
Storia
In greco, "platano" significa largo, riferendosi alla caratteristica forma del platano quando cresce
in condizioni favorevoli. Testimone di questo fatto è platano di Kos in Grecia con oltre 2000
anni di età e una circonferenza di 14 metri. Quest'aspetto maestoso, questa resistenza
sorprendente sarebbero forse dovuti al processo di rigenerazione veramente particolare della sua
corteccia. A maturità, la corteccia si trasforma in larghe scaglie (ritidomi) che si staccano in
placche lasciando scoperta la nuova scorza liscia e morbida. La mitologia greca ispirandosi da questa specie di muta
vegetale, ha scelto il platano come simbolo della rigenerazione.
298
Botanica e morfologia
Dimensione e portamento Il Platano occidentale (Platanus occidentalis),detto anche Platano americano, è un grande albero
appartenente alla famiglia delle Platanaceae che arriva a 30-40 m di altezza per 4 m di diametro del tronco nei casi più
eclatanti, anche se di solito il diametro arriva solo a 2 m.
Fusto e tronco: a corteccia molto caratteristica e esteticamente
piacevole, è caratterizzata da uno strato superficiale a grandi
placche brune e grigie che si sfalda, mettendo a nudo il legno al di
sotto che da verde, come appare inizialmente, nel giro di qualche
tempo diventa bianco. La chioma è piramidale quando la pianta è
giovane, poi diventa larga e rotondeggiante. La ramificazione può partire dal basso,
oppure da grande altezza a partire da un lungo fusto dritto, oppure possono esserci più
tronchi.
Foglie: le foglie semplici e alterne sono caduche, ovate con base troncata, lunghe 10-20
299
cm, con 3-5 lobi e di colore verde chiaro. Alla fogliazione sono tormentose e piegate su loro stesse, mentre in autunno
diventano giallo brune.
Strutture riproduttive I fiori che compaiono, a seconda del clima tra la fine di marzo e maggio, sono a sessi separati. Quelli
maschili formano capolini color rosso scuro, hanno 4-6 stami ciascuno con le antere allungate, e sono portati da un corto
gambo che cresce sui ramoscelli dell’anno precedente. I fiori femminili sono color verde chiaro chiazzato di rosso, con un
ovario supero ovato-allungato con lo lungo stilo rosso, curvo, e sono riuniti in capolini portati da ramoscelli ancor più
vecchi. L’impollinazione è anemofila e il suo polline allergenico. I frutti maturano a settembre-ottobre e sono acheni che si
riuniscono a formare una infruttescenza pendula a forma di pallina che spesso resta sulla pianta tutto l’inverno per poi
disperdere i semi e/o cadere la primavera successiva. I semi hanno un apice piumoso e vengono dispersi dal vento. E’ una
pianta longeva e dalla crescita rapida.
Notizie culturali
Clima e terreno: Il Platano occidentale non è presente allo stato spontaneo in Italia, dato che è stato introdotto in Europa
dagli Stati Uniti nel XVII secolo e qui si è ibridato spontaneamente con il Platano orientale dando vita al Platano ibrido ben
300
più diffuso in Italia. E’ una pianta rustica che ama suoli ricchi, argilloso sabbiosi, profondi e ben drenati, in vicinanza
dell’acqua, ma che non può tollerare una sommersione per più di due settimane consecutive. Richiede il pieno sole e può
tollerare in una certa misura sia la salinità che l’aridità. Non ha problemi nei confronti dell’inquinamento.
Avversità - Il Platano occidentale è sensibile a oidio, antracnosi, agli attacchi di
Neochlamisus platani, che comunque non è presente in Italia, e a quelli del
fungo Ceratocystis fimbriata che causa il Cancro colorato del Platano che porta
la
pianta alla morte certa nel giro di pochi anni se l’infezione avviene in basso nel
tronco. Il legno di piante infettate rimane contagioso per anni, dato che le
clamidospore del fungo restano vitali a lungo. Anche gli strumenti usati per
potare le piante malate vanno trattati opportunamente per non estendere
l’infezione ad altri esemplari ancora sani.
301
Caratteristiche del legno – Usi e Utilizzi: Il legno del Platano occidentale viene utilizzato in America per realizzare mobili,
e in ebanisteria.
Varietà : Tra le varietà di Platano occidentale ricordiamo: “Bloodgood”, adatta a siti e condizioni difficili, è resistente
all’antracnosi ; “Columbia” ad habitus piramidale con foglie profondamente
lobate, resiste a oidio e antracosi ; “Sutternii” con foglie variegate e corteccia
bianca che si sfoglia; “Liberty” foglie a cinque lobi che ricordano un po’
quelle degli aceri americani, resiste a oidio e antracnosi.
Il platano nell’arte
Vincent Van Gogh ha realizzato il dipinto a olio “Grandi Platani” nel 1889. Gli alberi sono raffigurati in tutta la loro
magnificenza; la forza degli elementi naturali è rappresentata dai giganteschi tronchi e dalla corteccia spessa e rugosa; il
giallo e le sue tonalità fanno da sfondo all’ambiente.
302
Curiosita’ – usi utilizzi vari
Il platano possiede virtù terapeutiche conosciute fin dall’antichità. Prospera in città perché si adatta a tutti i terreni e sopporta
molto bene l’inquinamento. Le sue radici attraversano le strade e creano di conseguenza problemi alla circolazione
automobilistica.
L'archeologo francese Dieulafoy, nel 1881, descrisse così le dimensioni del più grande platano iraniano (e forse mondiale):
"E' alto 105 metri con una circonferenza di quindici. Si trova nel santuario Emamzadè Saleh a Tajrish (nord di Teheran). Si
dice che nello squarcio che si era formato nel suo tronco, qualcuno radunava i bambini e dava loro lezioni di persiano e un
altro aveva sistemato un piccolo caffè."
Un platano "letterario" è il "Platano Picchiatore" presente nella saga di "Harry Potter" e un altro viene citato da Giorgio
Boatti nel suo ultimo libro del 2014 , Un paese ben coltivato, in cui parla di un platano in Lombardia, prima di partire per la
sua esplorazione che lo porterà lungo tutta la penisola: “Anche quello ha un cartellino, perché catalogato e vincolato dalla
sovrintendenza, alla base della chioma sta crescendo una pianticella di fico, platafico”.
Boatti asserisce di voler andare oltre la nostalgia: «Sì, ma anche oltre quegli strani occhiali che teniamo tutti sul naso, che
ci fanno vedere un Paese sgarrupato in cui tutto va male. Volevo ribellarmi a quel vezzo intellettuale dell'autodenigrazione.
303
Così, dopo tanti libri sulle tragedie italiane, ne ho scritto prima uno sui monasteri, e ora uno sull'Italia contadina. Prima l'ora,
poi il labora. Si parla tanto di cibo, ma soprattutto in termini epicurei, di gusto, di assaporare, mentre spesso ci
dimentichiamo la parte della fatica, del saper fare». Mosso da una curiosità personale, Boatti ha compiuto un viaggio
attraverso l’Italia dei campi, quasi scordata dai mass media, scoprendo una realtà spesso diversa da quanto siamo indotti a
pensare.
Il platano dei 100 bersaglieri a Carpino veronese si è sviluppato in larghezza facendo registrare una circonferenza di ben 15
metri, caratteristica che rende questo albero ancora più incredibile.
304
305
NORMATIVA
In Italia, la legislazione appositamente emanata per la
protezione dei grandi alberi è stata stimolata dall’indagine
condotta nel 1982 su tutto il territorio nazionale dal Corpo
Forestale dello Stato per la ricerca degli individui arborei più
ragguardevoli per gli aspetti biologici, fisionomici
e
culturali. Alcune Regioni si sono quindi dotate di strumenti
legislativi per la loro tutela; tra di esse si possono citare l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la
Toscana, la Lombardia, l’Umbria, il Lazio, le Marche, la Basilicata, la Valle d’Aosta e il Veneto.
Nell’astigiano la vegetazione del “querco carpineto” è in contrasto con l’invadente robinia: si
generano problemi gestionali anche dovuti all’abbandono e alla coltura intensiva. Nel 2006 si
contavano trentamila ettari di bosco.
Le principali normative riguardanti i boschi e il verde pubblico sono emanate a livello nazionale, regionale e comunale.
Inoltre,lo Stato italiano ha regolamentato la materia forestale con il Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 227 "Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57".
Le disposizioni del decreto sono finalizzate “alla valorizzazione della selvicoltura quale elemento
fondamentale per lo sviluppo socio-economico e per la salvaguardia
ambientale del territorio della Repubblica italiana, nonché alla
conservazione, all'incremento ed alla razionale gestione del patrimonio
forestale nazionale, nel rispetto degli impegni assunti a livello
internazionale e comunitario dall'Italia in materia di biodiversità e
sviluppo sostenibile con particolare riferimento a quanto previsto dalle Risoluzioni delle
Conferenze interministeriali sulla protezione delle foreste in Europa di Strasburgo, Helsinki e
Lisbona”. Anche il codice dei beni culturali ed ambientali reca norme sul taglio degli alberi.
306
La Regione Piemonte ha adottato nel 1979, poi successivamente modificata e integrata, la Legge regionale del 4 settembre
1979, n. 57 “Norme relative alla gestione del patrimonio forestale”; questa normativa riguarda i piani di assestamento
forestali, i piani naturalistici, i tagli dei boschi nelle zone oggetto dei piani e nelle zone non soggette a vincolo idrogeologico
oltre alle relative procedure autorizzatorie.
La L.R. n 4/2009 definisce bosco un terreno coperto da vegetazione forestale arborea e/o
arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, di estensione pari
ad almeno 2.000 metri quadrati e larghezza non inferiore a 20 metri, misurati alla base
esterna del fusto delle piante, con copertura delle chiome al suolo non inferiore al 20 per
cento. Sono inoltre considerate bosco tutte le superfici colonizzate da alberi e/o arbusti
con almeno 10 anni di età (rilevabili dal conteggio degli anelli di accrescimento annuali dei fusti). Questo vale anche se la
“memoria storica”, il catasto o i piani regolatori comunali li considerano aree a colture agricole, edificabili o altro.
Non si considerano bosco: i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura* e gli
impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno in attualità di coltura*.
307
* Se invasi da alberi e arbusti con più di 10 anni e copertura >20% diventano superficie
Il nuovo Regolamento forestale, entrato in vigore il 1° settembre, sostituisce le
Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale, disciplinando gli interventi in tutti i boschi
e le foreste del Piemonte, pubblici e privati, in pianura, collina e montagna; esso contiene
alcuni cambiamenti importanti per i proprietari e gli utilizzatori del bosco.
Le nuove procedure dal 1 settembre 2010: il nuovo regolamento in relazione alla natura e alla complessità degli interventi
selvicolturali, nonché alla superficie interessata, prevede tre diverse procedure:
1.Comunicazione semplice - è un procedimento di segnalazione che ognuno può fare da
sé;
2.Comunicazione con relazione - è una procedura autorizzativa che prevede il silenzio –
assenso, la relazione deve essere redatta da un tecnico forestale;
3.Autorizzazione con progetto - è una procedura autorizzativa che prevede esplicito assenso e deve essere corredato da un
progetto redatto da un tecnico forestale.
308
Il regolamento definisce poi il ceduo, il governo misto e le fustaie, dettando anche nuove regole
per quanto riguarda gli interventi, i tempi, le modalità procedurali e autorizzatorie.
Tutte le normative servono a creare un equilibrio tra le esigenze colturali - produttive e la
creazione di sistemi forestali di pregio. I singoli comuni adottano appositi
regolamenti sulla
gestione del verde che generalmente prevedono regole sull’abbattimento, la potatura, la difesa, gli
alberi di pregio, le aree verdi comunali e il comportamento degli utenti. In particolare la gestione
degli alberi in alcuni casi è direttamente di pertinenza del comune oppure viene affidata a terzi tramite appalti di servizi
(global service); è importante garantire la sicurezza delle piante per evitare danni a cose o persone e fare controlli sulla
salute degli alberi, essendo il proprietario del bene responsabile erga omnes .
Gli alberi, nelle varie città , svolgono un importante servizio per quanto riguarda la tutela del benessere. della salute e
dell'ambiente in quanto puliscono l'aria dall'anidride carbonica e si calcola che ogni euro investito in alberi ,proprio per
questo valore aggiunto, sull'eco - sistema possa garantire una resa fino al trecento percento, in servizi non direttamente
valutabili economicamente, come possono essere la minor permanenza nelle strutture sanitarie di pazienti ospedalizzati, le
cui camere si affaccino sugli alberi e la minore incidenza di malattie sull'apparato respiratorio causate dalle polveri sottili.
309
La Regione Piemonte ha emanato una normativa specifica (Legge 353/2000) per la
gestione integrata degli incendi boschivi (analisi del rischio, monitoraggio, prevenzione,
lotta attiva e ricostituzione); in attuazione di questa legge vengono adottati i piani
regionali antincendi. Nei castagneti e nelle faggete sono comunissimi gli incendi radenti
in inverno e primavera, mentre nei querceti prevalgono i fronti radenti con una vasta
probabilità di passaggio in chioma. La zonizzazione del rischio è effettuata attraverso l’individuazione di classi di rischio
derivanti dai dati statistici.
Il programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020 mette a disposizione del settore agricolo e
forestale alcune misure per investimenti e azioni agro ambientali nelle varie regioni e dura
sette anni. Il Programma è volto a incentivare la competitività del settore agricolo, nel
contempo intende garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali. Nelle varie regioni, i
Psr saranno strutturati in 12 – 19 misure, a loro volto suddivisi in sottomisure (dalle 35 alle 40)
e operazioni; per quanto riguarda la creazione di siepi, filari, fasce tampone boscate, elementi di connessione ecologica, ci si
dovrà riferire alla misura denominata Investimenti in immobilizzazioni materiali, con la relativa sottomisura 4.4 (sostegno a
310
investimenti non produttivi connessi all’adempimento degli obiettivi agro-climatico-ambientale e la collegata operazione
che avrà denominazioni diverse a seconda del tipo di intervento e della regione. Nelle aree di interesse ecologico, gli
agricoltori dovranno riservare almeno il 7% della loro superficie agricola a destinazioni ecologiche (greening); il vincolo
vale anche per le colture permanenti legnose. Sono considerate ecologiche: i terreni a riposo, le terrazze, le aree di valore
paesaggistico, le fasce tampone e le superfici oggetto di imboschimento.
Gli esemplari di alberi e arbusti per l’impianto di siepi campestri, filari e fasce tampone, comprendono numerosi specie,
molte delle quali anche oggetto della presente trattazione:
- Pioppo – produttore di legname da opera, miglioratore dei suoli, utile per l’apicoltura
-
Nocciolo – utile per la fauna selvatica, per l’apicoltura, produttore di frutti, consolidatore e miglioratore dei suoli,
produttore di legna da ardere
- Robinia – legna da ardere e miglioramento dei suoli
- Olmo campestre – legname d’opera, legna da ardere, apicoltura
311
- Ontano nero – miglioramento dei suoli, legna da ardere, legname da opera, fauna selvatica, apicoltura
312
ALBERI MONUMENTALI
Gli alberi , come gli uomini, sono diversi l'uno dall'altro: alti,sottili maestosi e piccoli.
Gli alberi: rossi , gialli, scuri e verdi.
Anche gli uomini, invecchiando, cambiano aspetto e colore
Anche se appartenenti alla stessa famiglia, gli alberi si distinguoo :, quante varietà ci sono nel mondo! così anche per gli
uomini…
La natura ci è simile, nel compimento del suo ciclo di vita, a volte breve, a volte volte lungo: un disegno del destino
E tu a qualche albero assomigli?
(Teresa Ingrao )
Vi sono ancora antichi alberi nei paesaggi collinari, imponenti, sopravvissuti all’incessante incedere del tempo, appartenenti
a diverse specie: farnia, ontano e pioppo bianco sono posti in zone più umide e ombrose; l’acero campestre, il tiglio, il
carpino bianco si ritrovano sui medi e alti versanti dei rilievi. I vecchi alberi sono testimoni di tradizione agrarie e dei
313
cambiamenti colturali e culturali; si ritrovano singoli elementi posti tra i prati, i vigneti e gli
incolti: si tratta di gelsi, noci e ippocastani.
Tutti gli alberi hanno forgiato il colore, le forme, i profili e le geometrie dei territori in generale e
di quello astigiano in particolare.
Questi alberi sono detentori di memoria ma ancora pieni di forme di vita: sono un esempio della
bellezza e della perfezione del creato in cui una mano invisibile regola lo sviluppo, la crescita e
lo scorrimento della ninfa vitale; sono il rifugio per una varietà complessa e molteplici di organismi vegetali e animali. I
grandi alberi stanno scomparendo anche nelle colline astigiane, spesso nell’indifferenza generale senza comprendere il loro
intrinseco valore ambientale e di regolazione ecologica, ma anche culturale, storico, come segno e memoria di un luogo;
rappresentano una bellezza indicibile che si dovrebbe salvare, ma che logiche diverse distruggono.
La Regione Piemonte nel 2006 ha pubblicato un fascicolo sugli alberi monumentali; in tutto il Piemonte sono diffusi alberi
secolari che racchiudono pagine di storia e ricordi lontani. La regione effettua anche un censimento per tutelare questo
immenso patrimonio. Secondo la normativa, gli alberi sono considerati monumentali se, per età o dimensioni, possono
314
essere considerati rari esempi di maestosità o longevità. La regione Piemonte eroga contributi per
la cura ordinaria e straordinaria di questi esemplari. Nell’opuscolo è citato un ippocastano a
Casorzo, in provincia di Asti, che ha oltre 250 anni e una chioma di particolare bellezza cresciuta
in forma libera. Su La Stampa, settimanalmente , a partire dal 2012, vi è un’apposita rubrica,
l’Atlante dei grandi Alberi d’Italia, dedicata ai grandi alberi istituita per celebrare la Giornata
Nazionale dell’Albero. In un articolo sul sito de La Stampa si legge a proposito di un grande
castagno in Val Varaita: “ Questo patriarca vegeta nel bosco al di sopra dell’abitato, lo si raggiunge in una decina di minuti
di passeggiata e si presenta col nome vernacolare riportato su una tavoletta ai suoi piedi:
Tabudiera d’Titta, 350 anni circa. Tabudiera indica la varietà, tabudiere, che produce
piccole castagne, Titta starebbe a indicare il nome d’uno dei primi proprietari. Altezza 32
metri, circonferenza del tronco 970 cm (apd). A mezza architettura il tronco si apre in
due branche primarie che salgono fiorendo nella chioma insolitamente alta. Alla base è
visibile una grotta che s’è creata negli anni successivi al termine della prima guerra
315
mondiale, quando una tempesta ha abbattuto una terza branca; nei decenni la carie ha lavorato incidendo questo spazio
d’ombre”. Anche Torino ha un albero monumentale importante: “Entrando alla
Tesoriera dall’ingresso principale su corso Francia, si può ammirare la grandiosità del platano che svetta nel prato centrale, è
il maggiore platano della città e per dimensione del tronco il maggiore albero del capoluogo: misura 660 cm di circonferenza
a petto d’uomo; l’albero si impalca e si apre a candelabro con decine di branche primarie e secondarie che gettano all’insù
una chioma di tutto rispetto”.
316
317
AFORISMI, CITAZIONI PROVERBI E CURIOSITÀ
Dai ceppi e tronchi lor nascono i duri
nocciuoli, e il grosso frassino, e di Giove
L’albero e il pioppo, ombrifera corona
d’Ercole, e l’alta palma, e il dritto abete
che va i perigli ad affrontar del mare.
Ma l’ispido corbezzolo l’innesto
brama del noce, e inserte mele anch’esso
fruttar si vide il platano infecondo;
Sovente a l’orno incanutir le chiome
dai bianchi fior del pero, irte castagne
crebbero in cima al faggio, e appiè degli olmi
Virgilio – Georgiche – libro II
Fa più rumore un albero che cade che un'intera foresta che cresce.
Laoz
318
Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo. Noi li abbattiamo e
li trasformiamo in carta per potervi registrare, invece, la nostra
vuotaggine.
Kahlil Gibran
Dal giorno, superstite | con gli alberi mi umilio. (Sul colle delle "Terre bianche")
Salvatore Quasimodo
Le cime più alte degli alberi vengono raggiunte dagli animali più intelligenti, le
aquile, e dagli animali che strisciano, i serpenti.
Proverbio cinese
Gli alberi sradicati dal vento non sono adatti per essere trapiantati altrove, perché
hanno lasciato le radici nella
terra. Chi vuole trapiantarli in altra terra, deve invece avere cura di liberare a poco a
319
poco le radici una
dopo l'altra.
San Francesco di Sales
Nella foresta gli alberi sono ineguali, così nel mondo gli uomini.
(Proverbio russo
Pensa che in un albero c'è un violino d'amore. | Pensa che un albero canta e
ride. | Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita.
Alda Merini
In filosofia il nuovo non è un albero nuovo, ma un nuovo germoglio primaverile.
Nicolás Gómez Dávila
320
Ci sono betulle che di notte levano le loro radici, e tu non crederesti mai che di notte
gli alberi camminano o diventano sogni.
Alda Merini
I poeti non si redimono, vanno lasciati volare tra gli
alberi come usignoli pronti a morire.
Alda Merini
È questa la nostra nuova civiltà: come gli uomini una volta vivevano sugli alberi e nelle
caverne adesso vivono in
automobile e sull'autostrada.
Charles Bukowski
Qui e nuce nuculeum esse volt, frangit nucem - Chi vuol mangiare la noce ne deve rompere il guscio.
Plauto (Tito Maccio Plauto)
321
Lo stolto non vede un albero allo stesso modo del saggio.
William Blake
Se mi desti t'ascolto, | e ogni pausa è cielo in cui mi perdo, | serenità d'alberi a chiaro
della notte. [Tratta da: Acque e terre]
Salvatore Quasimodo
Alberi, foste frecce dall'azzurro cadute? Quali crudeli guerrieri vi
scagliarono? Furono le stelle? Le vostre musiche vengono dall'anima degli
uccelli, dagli occhi di Dio, dalla passione perfetta. Alberi!
Riconosceranno le vostre radici il mio cuore in terra?
Federico Garcia Lorca
Un albero giovane che non abbia ancora profonde radici, può con facilità sterparsi; bisogna usar la scure chi lo
lasci ingrossare.
322
Confucio
Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo
momento migliore è adesso.
Confucio
Anche se sapessi che domani il mondo andrà in pezzi, vorrei comunque piantare il mio albero di mele.
Martin Luther King
| Dal libro: Favole |
“Dei boscaioli stavano spaccando un
avevano fatto dei cunei col
pino. Essi
suo legno, così lo
spaccavano con
facilità. E il pino disse: «Non tanto mi risento con la scure che mi colpisce, quanto con i
cunei, che sono
323
nati da me». La favola insegna che non è tanto angoscioso subire dei
maltrattamenti dalle persone estranee, quanto il riceverli dai propri familiari.”
Esopo
Non habeo nauci interpretes somniorum =
Non stimo nulla gli interpreti dei sogni
(letteralmente, nauci è un guscio di noce)
Cicerone
Io sono il suo albero lei il mio cuore inciso
Jacques Prévert
Lodate l'albero che, giubilando, dalla carogna cresce su al cielo!
Bertold Brecht
El mal es árbol que crece y que cortado retoña. - il male è un frutto che cresce e che anche se tagliato, ritorna
324
José Hernández
325
 Gli alberi grandi fanno più ombra che frutto.
 I migliori alberi sono i più battuti.
 Mostrano gli alberi nell'agosto quel che daranno poi di frutto.
 Al primo colpo non cade l'albero.
 Albero che non fa frutto, taglia taglia.
 Albero spesso trapiantato, mai di frutti è caricato.
 Dal frutto si conosce l'albero.
 Dall'albero del silenzio pende per frutto la tranquillità.
 Dell'albero non si giudica dalla scorza.
 Affamato come un baco.
 L'albero pecca e i rami si seccano.
 Non sia superbo chi il suo albero vede fiorire.
 Sopra l'albero caduto ognuno corre a far legna.
 Porta un albero verde nel tuo cuore e forse gli uccelli vi verranno a cantare.
 Primo vere frigora dissolvuntur atque in nemoribus et in silvis arborum frondes virescunt . In primavera i freddi si
sciolgono e nei boschi e nelle foreste rinverdiscono le fronde degli alberi
INGLESE
L’espressione to bark up the wrong tree (abbaiare all’albero sbagliato) fa riferimento ad un cane che, mentre sta
inseguendo un altro animale, abbaia ad un albero sul quale in realtà l’altro animale non c’è. Significa che si sta
accusando o criticando la persona sbagliata e che ci si dovrebbe rivolgere a qualcun’altro.
326
Per esempio: if you think i wanted things to go like this you’re barking at the wrong tree (se pensi che io volessi che
le cose andassero così stai accusando la persona sbagliata).
Il proverbio money does not grow on trees (il denaro non cresce sugli alberi) si usa
per indicare che i soldi sono difficili da guadagnare e che non è giusto sprecarli.
Per esempio: my wife spent £100 at the mall.. does he think money grow on trees?
(mia moglie ha speso 100 sterline al centro commerciale.. pensa che i soldi crescano
sugli alberi?)
Se qualcuno can’t see the wood for the trees (non riesce a distinguere il legno dagli
alberi) allora si sta concentrando troppo sui dettagli, perdendo la visione generale e più importante di una situazione.
Per esempio: you spent too much time solving minor problems and now you can’t see the wood for the trees (ti sei
concentrato troppo sui dettagli minori a adesso non riesci più a vedere il problema principale)
Il modo di dire make like a tree and leave (fare come un albero e andarsene) è un gioco di parole tra tree (albero) e
leave (che significa sia ‘foglia’ che ‘andarsene’) e si usa quando una persona deve andarsene in fretta e vuole dirlo in
327
maniera scherzosa, informale.
Per esempio: Don’t you have to go to and see your father? Why don’t you make like a tree and leave? (non devi
andare a trovare tuo padre? Dovresti andare!)
Autumn is a second spring when every leaf is a flower. L'autunno è una seconda
primavera quando ogni foglia
è un fiore.
Albert Camus
God loved the birds and invented trees. Man loved the birds and invented cages Dio amava gli uccelli ed inventò gli alberi. l'uomo amava gli uccelli ed inventò le
gabbie.
Jacques Deval
In a nutshell - in inglese informale puoi usare l'espressione in un guscio di noce se stai per descrivere nella maniera
piu' sintetica possibile.
328
A family tree = a genealogical record in the form of diagram. “ my family tree geos back to the Normans”
(Trad.: L’albero genealogico = un archivio genealogiche in forma di diagramma. "Il mio albero genealogico risale ai
Normanni" )
The tree is known by its fruit = you can judge someone best by his actions; deeds are more
eloquent than words.
(Trad.: L’albero si conosce dai suoi frutti = si può giudicare qualcuno meglio dalle sue azioni; le
azioni sono più eloquenti delle parole).
At the top of the tree = at the top of one’s
professions.
(Trad.: In cima all’albero = all’apice della professione)
At bark up the wrong tree = to accuse or blame the wrong person. ”Alison
couldn’t have stolen your watch. She was out all day. You are barking up the wrong tree”.
329
(Trad.: La corteccia sull’albero sbagliato = accusare o incolpare la persona sbagliata. “Allison non può aver rubato
l’orologio. Lei era fuori tutto il giorno. Stai abbaiando contro l’albero sbagliato”) , stai cercando qualcosa nel posto
sbagliato
A heart of oak = someone loyal and brave on whom one can rely. “You can
always count on William in crisis. He has a heart of oak and will stand by
you, whatever the consequences”
(Trad.: Un cuore di quercia = qualcuno leale e
coraggioso su cui si può contare. "Si può sempre contare su William durante una crisi. Ha
un cuore di quercia e ti starà vicino, qualunque siano le conseguenze ")
An old chestnut = an old hackneyed joke, one that has been over-used.” His speech
was full of old chestnuts. People in the audience groaned at each one
(Trad.: Un vecchio castagno = una vecchia barzelletta trita, uno che è stato over-utilizzato. "Il suo discorso era pieno di
vecchi castagni. La gente tra il pubblico gemette ad ognuno )
330
To be nuts about someone = to be madly enthusiastic, infatuated with. “You know, don’t you, that he is nuts about
you?”
331
(Trad.: Essere pazzo di qualcuno = essere follemente entusiasta, infatuato. "Sai, non è vero, che lui è pazzo di te?"
To drive someone nuts = to drive someone mad (use humorously).” Stop
talking for a moment, Kathy! You are driving me nuts with all your
questions!”
(Trad.: Guidare la testa di qualcuno = fare diventare qualcuno pazzo (usato
scherzosamente). "Smettila di parlare per un attimo, Kathy! Mi stai facendo impazzire con tutte le tue domande! "
To be off one’s nut/ to be nuts = to be mad, insane. “You mean to tell me you left all our money on the bus. You must
be off you nut!”
(Trad.: Essere fuori di testa = essere pazzo, insano. "Intendi dirmi che hai lasciato tutti i
nostri soldi sul bus. Devi essere fuori di testa! )
A nut-case = a mad person. ”Don’t waste your time explaining it to her. She’s a nut-case”
(Trad.: Un caso matto = una persona pazza. "Non sprecate il vostro tempo a spiegarlo a lei. E 'un caso matto ")
A hard nut to crack = a tough, intractable problem or person to overcome. “He is
difficult man to convince. You will find him a hard nut to crack”
(Trad.: Un osso duro = un duro, intrattabile problema o la persona a superare. "Lui è l'uomo
difficile da convincere. Lo troverete un osso duro ")
To put in a nutshell= to explain in few words, to give a bare summary. “ That’s right
– we are broke. You’ve put it in a nutshell
(Trad.: Per dirla in poche parole = di spiegare in poche parole, per dare una sintesi. "E 'vero siamo al verde. L’hai messa in poche parole)
As wrinkled as a walnut = very much creased and puckered. “The old farmer’s face was a
crinkled as a walnut from being out in the sun all day
332
(Trad.: rugosa come una noce = molto sgualcita e raggrinzita. "Il volto del vecchio contadino era rugoso come una noce per
essere stato fuori al sole tutto il giorno)
As brown as a walnut - suntanned; a pickled walnut = “An alcoholic’s liver is
like a pickledwalnut”
(Trad.: Come marrone come un abbronzato walnut-; una noce in salamoia "il fegato di
un titolo è come un pickledwalnut"
Eyes like almonds/almond-like eyes = big, beautiful, oval-shaped eyes. “Mambi was a
very attractive girl with eyes like almond and long, shining black hair”
(Trad.: Occhi come mandorle / occhi a mandorla = grande, bella, occhi ovali. "Mambi era una
ragazza molto attraente con gli occhi come mandorle e lunghi, capelli neri lucenti "
Hazel-eyed/ hazel gaze = light-brown eyes the colour of hazelnuts
(Trad.: Occhi color nocciola / sguardo a nocciola = occhi marrone chiaro il colore delle
333
nocciole)
To pay peanuts = to pay a ridiculously small sum of money. “They pay him a salary of £ 6.000 a year; that’s peanuts
for a man of his experience and qualification!”
(Trad.: Per pagare noccioline = pagare una somma ridicola di denaro. "Loro pagano uno stipendio di £ 6.000 l’anno; che è
noccioline per un uomo della sua esperienza e qualificazione! ")
FRANCESE
L'arbre ne tombe pas du pemier coup = L'albero non cade al primo colpo
Je ne connais rien de plus sinistre que la chute des feuilles, en automne, qui
annonce ces longs mois d'arbres noirs, d'arbres morts en hiver - Comme une
chanson dans la nuit de Alain Rémond - Non conosco nulla di più sinistro
che le foglie cadono in autunno, annunciando i lunghi mesi di alberi neri,
alberi morti in inverno.-Come una canzone nella notte di Alain Remond
334
Alain Rémond
Il n'est pas suffisant de ne pas être aveugle pour voir les arbres et
les fleurs. Il faut aussi n'avoir aucune philosophie. Quand il y a
philosophie, il n'y a pas d'arbres : il y a des idées, sans plus"Non basta non essere ciechi per vedere gli alberi e i fiori. E 'anche necessario avere nessuna filosofia. Quando
c'è la filosofia, non ci sono alberi ci sono idee, niente di più.
Fernando Pessoa (trad. F. Laye),
Donner de l'ombrage. Mot qui s'applique également aux grands arbres et aux grands hommes - Dare ombre –
protezione - Parola che si applica anche ai grandi alberi e grandi uomini - Post-scriptum de ma vie
335
Victor Hugo
336
Le chien est, à juste titre, le
symbole de la fidélité ; parmi
les plantes, ce devrait être le
sapin. Lui seul, en effet, tient
bon avec nous, que la saison
soit belle ou mauvaise, et ne
nous abandonne pas en même
temps que le soleil nous retire
sa faveur, comme font tous les
autres arbres, plantes, insectes
337
et oiseaux, pour reparaître quand le ciel nous rit de nouveau - Il
cane è, giustamente, il simbolo di fedeltà; tra le piante, dovrebbe
essere
l'abete. Solo, infatti, si mantiene bene con noi, che la stagione sia
bello o cattivo, e non ci abbandona anche se non gode del favore del
sole, come fanno tutti gli altri alberi, piante, insetti e uccelli, che
riappaiono
riapparire quando il cielo ci arride
nuovamente
Arthur Schopenhauer - Essai sur les apparitions et opuscules divers
338
Contemple-la, cette terre, telle que Dieu l'a donnée à ceux qui l'habitent. N'est-elle pas visiblement et
uniquement disposée, plantée et boisée pour des animaux. Qu'y a-t-il pour nous ? Rien. Et pour eux, tout : les
cavernes, les arbres, les feuillages, les sources, le gîte, la nourriture et la boisson. Aussi les gens difficiles
comme moi n'arrivent-ils jamais à s'y trouver bien. Ceux-là seuls qui se
rapprochent de la brute sont contents et satisfaits. Mais les autres, les
poètes, les délicats, les rêveurs, les chercheurs, les inquiets. Ah ! les
pauvres gens !. Contempla, questa terra, come Dio l’ ha data a coloro
che vi abitano. Non è forse solo visibilmente organizzata e non vi
sono foreste per gli animali? Ciò che egli ha destinato per noi? Niente.
E per
loro, tutte le grotte, alberi, fogliame, molle, alloggio, cibo, acqua e
nutrimento. Anche le persone difficili
come me non riescono a adattarsi. Solo coloro che sono vicini al male sono felici e soddisfatti. Ma gli
altri, i poeti, i sensibili, sognatori, i ricercatori, gli inquieti . Ah! poveri !.
339
Bellezza inutile da Guy de Maupassant - L'inutile beauté - Par Guy de
Maupassant
340
Puis je tombe énervé de parfums d'arbres, las, et creusant de ma face une
fosse à mon rêve, mordant la terre chaude où poussent les lilas, J'attends,
en m'abîmant que mon ennui s'élève.
Posso essermi venuti a noia i profumi
degli alberi, e la mia faccia scavare
uno squarcio nel mio sogno, mordente la terra calda, dove crescono lillà,
aspetto, la mia noia aumenta.
Renouveau - Stéphane Mallarmé
Je ne connais rien de plus sinistre que la chute des feuilles, en automne, qui annonce ces longs mois d'arbres
noirs, d'arbres morts en hiver. - Non conosco nulla di più sinistro che le foglie cadono in autunno, annunciando
i lunghi mesi di alberi neri, alberi morti in inverno.
Comme une chanson dans la nuit de Alain Rémond
SPAGNOLO
 Del árbol enfermizo no esperes fruto rollizo. - un albero malaticcio non può
dare un frutto buono
 De tal árbol, tal astilla.-dallo stesso albero la stessa scheggia di legno,
discendenza
 De un mismo árbol, un madero dorado y otro quemado - dallo stesso albero, discende uno di legno dorato, splendente
l'altro tutto bruciato
341
 El que planta árboles, ama a los otros además de a sí mismo-colui che pianta gli alberi ama anche gli altri oltre se
stesso
 En terreno de sequío, no pongas árbol de río-in un terreno da sequoia non piantare
alberi da fiume
 En marzo árboles podar y cavar si quieres fruto recolectar – a marzo bisogna potare
gli alberi se si desidera raccogliere la frutta
 Junto al agua cuando puedas, pon extensas arboledas - vicino all'acqua, quando si
può, si devono piantare estesi boschi
 Las arboledas labradas quedan bien beneficiadas-gli alberi se ben tagliati
offrono benefici
 Para el arbolado es buena suerte que venga por octubre frío fuerte-per l'albero
costituisce fortuna se a ottobre arriva un forte freddo
342
 Pasado el mes de enero, en podar anda ligero-trascorso il mese di gennaio si potrà
potare senza problemi
 Quien tiene árbol, tiene pájaros-colui che possiede
alberi,possiede anche gli uccelli
 Quien a buen árbol se arrima, buena sombra le
cobija-colui che si avvicina un albero valido può
godere della sua ombra - es un refrán que establece
una metáfora entre el amparo y resguardo del sol que proporciona la copa frondosa
de un árbol, con el amparo y protección de las que disfruta el que goza de los
favores de una persona poderosa esta frase también podría utilizarse en el sentido de que, si te acercas (arrimas) a
alguien que tiene poder y te llevas bien con esa persona, probablemente tendrás
un futuro mejor que si no conoces a nadie que te pueda echar una mano en caso
343
de necesitarlo.- è un proverbio che si avvale di una metafora che riguarda il riparo dal sole sotto la copiosa fronda di
un albero, paragonata alla protezione che si può ottenere e ai favori di una persona
che detiene il potere: colui che conosce molte persone importanti e influenti
rispetto a chi non conosce nessuno di importante , potrà godere di più favori e aiuti
nei momenti di crisi e di necessità
 Un árbol se corta en una hora y no se cría en veinte años-un albero viene tagliato in
un'ora, ma per crescere ci impiega vent'anni
 Árboles y amores, mientras tengan raíces tendrán flores- gli alberi e gli amori se avranno radici forti potranno avere
anche tanti fiori
 Adecuadas plantaciones, enriquecen las naciones- piantagioni
adeguate arricchiscono le nazioni
 Árbol sin flor, día sin sol- albero senza fiori, giorno senza sole
344
 Árbol trasplantado, bien regado-dopo aver trapiantato un albero si deve ben
bagnare
 Árbol que no frutea, bueno es para leña- albero che non dà frutti si può
utilizzare per la legna da ardere
 Árboles y hombres, por su fruto se conocen-gli alberi e gli uomini si conoscono
in relazione ai loro frutti
 Árbol que crece torcido jamás su tronco endereza-un albero che cresce storto non può raddrizzarsi nel tronco in
seguito- se refiere a que si no recibe educación un niño, de adulto no se comportará-ci si riferisce al fatto che se non si
riceve una adeguata educazione da bambini , da adulti non ci si saprà
come comportare in società
 Del árbol caído todo el mundo hace leña-un albero caduto può essere
utilizzato per legna da ardere da tutti - Se usa cuando alguien cae en
345
desgracia y se aprovecha para culparlo de todos los males- si usa quando qualcuno cade in disgrazia e quindi viene
incolpato di tutti i mali
346
 Desde pequeñito se endereza el arbolito-un alberello si deve raddrizzare da piccolino
 No cortes el arbol que te da sombra - Non tagliare l'albero che ti fa ombra.
 Siembra un arbol y haz un bosque sembra che da un albero ci sia poi
una foresta

No hay peor cuña que la del mismo
árbol - es equivalente a ‘no hay
peor astilla que la del mismo palo’. Se dice en el sentido de que no hay peor enemigo que el
que ha sido amigo íntimo o incluso pariente, pues conoce nuestras limitaciones y puntos débiles -non vi è peggior
nemico di quello che ci è stato intimo o parenti stretti in quanto conosce tutti i limiti e i punti di debolezza; Tenía
entendido que el refrán que habla de la cuña de madera es justo el contrario: "No hay mejor cuña que el de la misma
madera".
Los carpinteros saben que a la hora de arreglar un mueble y hay que insertarle alguna cuña, debe ser de la misma
madera, con idénticas caracteristicas mecánicas, resistencia y, sobre todo, el mismo coeficiente de dilatación para
evitar desajustes con el tiempo - vale anche il contrario: ad esempio i falegnami sanno bene che per aggiustare un
mobile è importante che sia del medesimo legno, con le stesse caratteristiche meccaniche e di resistenza e col
medesimo coefficiente di dilatazione per evitare danni con tempo dovuti alla
dilatazioneTEDESCO
 Einen alten Baum verpflanzt man nicht - antico albero non
va trapiantato
 Den Baum, darunter man schauern will, soll man ehren- L'albero, tra cui uno vuole
tremare, sarà onorato.
347
 Den Baum muß man biegen, weil er jung ist - L'albero si può flettere , perché è giovane
 Den Baum erkennt man an den Früchten. - L'albero si riconosce dai frutti che produce
 Es ist kein Baum, der nicht zuvor ein Sträuchlein gewesen- non c'è nessun albero che non sia stato prima un piccolo
arbusto
 Es ist kein Baum so glatt, er hat einen Ast - e nessun albero così ben rasato da essere privo di rami
 Es fällt kein Baum auf einen Hieb - Non cade un albero con un solo
colpo
 Gott läßt sich keinen Baum in den Himmel wachsen - Dio non lascia
crescere gli alberi nel cielo
 Je höher der Baum, je
schwerer sein Fall- più alto
l’ albero più pesante sarà la caduto
348
 Hoher Baum fängt viel Wind - Albero più alto cattura molto vento
 Liegt der Baum, so klaubt jedermann Holz. - vicino a dove si trova l'albero tutti possono attingere al legno
 Junge Rebe, zum alten Baum gesetzt, muß verdorren - i giovani vitigni
attorcigliati a un vecchio albero tendono a seccare
 Mit Geduld und Zeit wird aus dem Maulbeerbaum ein Seidenkleid - con
pazienza dedizione e
tempo si riesce a
realizzare da un albero di gelso
un vestito di seta
 Man neigt dem Baum, der
Nutzen bringt -se si inclina
l'albero si possono avere dei
349
vantaggi
 Man muß um eines Baumes willen nicht den ganzen Wald ausrotten - non si estirpa tutta la foresta per il bene di un
albero.
 Man ehrt den Baum des Schattens wegen.- si rispetta l’ albero per l'ombra che
offre
 Unter altem Baum ist gut schauern - Sotto alberi
secolari è bello rabbrividire
Bäume, wenn sie im Freien stehen und im
Wachstum begriffen sind, gedeihen besser
und tragen einst herrlichere Früchte, als
wenn sie durch Künsteleien, Treibhäuser
und konfiszierte Formen dazu gebracht
werden sollen. - Alberi : quando sono
350
all'aperto e stanno crescendo , prosperano meglio e portano frutti più generosi che se devono essere curati con
artifici, serre e prestabilite forme
351
Immanuel Kant
Jeder Baum, jede Hecke ist ein Strauß von Blumen, und man möchte
zum Maienkäfer werden, um in dem Meer von Wohlgerüchen
herumzuschweben und alle seine
Nahrung darin finden zu können Ogni albero, ogni siepe è un mazzo di fiori e desidera essere visitato dal
coleottero di maggio - un mare di profumi olezzano intorno e gli insetti
vorrebbero trovare il nettare prezioso.
Johann Wolfgang von Goethe
Nichts ist für mich mehr Abbild der Welt und des Lebens als der Baum.
Vor ihm würde ich täglich nachdenken, vor ihm und über ihn….- Nulla
impersoni fica per me maggiormente l'immagine di mondo e della vita di quanto non lo faccia l'albero;
davanti vorrei riflettere ogni giorno, prima di lui e su di lui. ...
Christian Morgenstern
Bäume sind Gedichte, die die Erde in den Himmel schreibt- Gli
alberi sono poesie che la terra nel cielo scrive.
Khalil Gibran
Habt Ehrfurcht vor dem Baum, er ist ein einziges großes
Wunder, und euren Vorfahren war er heilig. Die Feindschaft
gegen den Baum ist ein Zeichen von Minderwertigkeit eines
Volkes und von niederer Gesinnung des einzelnen.- nutria te
rispetto per l'albero, lui è un grande miracolo e per i vostri
antenati lui era sacro; l’ostilità contro l'albero è un segno di
inferiorità e indice di basso valore individuale delle persone.
352
Alexander Freiherr von Humboldt
Im Baum der Wald, in jedem Baum steht der Wald andersNella struttura del bosco, in ogni albero la foresta è
rappresentata in modo differente.
Manfred Hinrich
Baum, Wald Es ist dafür gesorgt, daß die Bäume nicht in den Himmel wachsen-Albero, foresta si è
provveduto a che le piante non crescano verso il cielo.
Johann Wolfgang von Goethe
Aber daß ein Baum groß werde, dazu will er um harte Felsen
harte Wurzeln schlagen! Perché un albero possa crescere
vigoroso deve avere forti radici essere saldo con una roccia.
Friedrich Wilhelm Nietzsche
353
Saepius ventis agitatur ingens pinus –più vigorosamente è scosso dai
venti il pino più alto
Orazio
Innumerevoli generazioni cadono come foglie d'autunno, soltanto l'amore
vive in eterno, soltanto l'amore non muore mai
Harry kamp
I boschi , gli alberi e il paesaggio del Monferrato sono oggetto di citazioni anche in numerosi saggi e libri
come ad esempio nel libro di Francesco Oriolo, L'educazione di Maradona, metamorfosi di un cane da
randagio a campione viene affermato che il paesaggio è mutato le vigne hanno ceduto il passo ai boschi ed
in particolare “ sono aumentati pioppeti che non richiedono la stessa fatica della vigna e danno un buon
reddito con il taglio della legna”; in un altro passo si legge che: “ boschi e vigneti facevano da quinta a quella
natura straordinaria rigogliosa; il verde assumeva tonalità diverse e la campagna respirava vitale e quieta”.
354
In Piemonte, a Casorzo, un generoso gelso ospita un bellissimo
ciliegio! Il bialbero è oramai una “ celebrità “ della provincia di
Asti.
Nessuno sa esattamente come i due alberi si siano uniti. Si ipotizza che un uccello
abbia lasciato cadere un seme di ciliegia in cima al gelso e le radici si siano fatte strada
nel tronco cavo fino a raggiungere il suolo per poi svettare verso il cielo.
I bialberi sono un fenomeno che si chiama “epifite” , ovvero specie
che vivono su altre piante che sfruttano come sostegno. Ma di solito non
raggiungono grandi dimensioni e hanno una vita breve perché non hanno humus né spazio
sufficiente per crescere; inoltre , un tempo i gelsi erano rifugio prediletto per alcune specie di
fauna selvatica quali le starne e le pernici.
Un quadro di Caravaggio intitolato L’adorazione dei pastori rappresenta in
355
una cesta un’ascia, una pialla, una sedia a telaio, una trivella e una squadra, attrezzi usati dai contadini
per costruire gerle, sgabelli, seggiole, per mobili; per i tini e le botti si
ricorreva all’opera del falegname.
A Pino d’Asti, nel 1997, l’allora sindaco Giorgio Ferrero, ora, nel 2014,
assessore regionale all’agricoltura in Piemonte, volle l’Istituzione di un
museo dedicato agli
attrezzi contadini, in
cui sono esposti anche
utensili per la lavorazione del salice, un’attività
molto utile per produrre scarpe e zoccoli e con i
vimini intrecciare ceste e damigiane.
Nel 1700 in Piemonte fu istituita un’importante scuola di ebanisti; Pietro Piffetti (1700-1777) e Maria
Bonzanigo (1745-1820); quest’ultimo nacque ad Asti per poi divenire scultore di corte. Realizzò molti
lavori di intaglio in legno e in avorio.
356
Il
primo atto della Norma di Vincenzo Bellini è
ambientato dalla sacra foresta dei Druidi, luogo in cui la
protagonista leva una preghiera
alla luna (“Casta diva, che
inargenti”, prima di congedare i Galli, che si allontanano invocando il
giorno
della
vendetta).
Nella sacra foresta rimane solo
Adalgisa,
che
viene
subito
raggiunta da Pollione: questi la
invita ad
abbandonare le sue
divinità e a seguirlo a Roma (“Va, crudele, al Dio spietato”); la fanciulla dapprima è incerta, ma poi
promette all’amato che l’indomani fuggirà con lui.
Van Gogh e gli alberi - Egli era rinchiuso nel
manicomio di Saint Remy ma riuscì a dipingere
357
paesaggi solari come questo; le pennellate sono animate da colori meravigliosi e la natura è priva di
connotati reali in quanto e carica e densa di emotività e di commozione, il vento sembra piegare le
spighe , il vortice delle nuvole è il simbolo delle tensioni che divorano l'anima dell'artista.
I cipressi svettano verso l'alto e diventano presagio della precoce drammatica fine del genio
questo quadro
rappresenta la felicità dell'artista che viene oppressa dalla presenza della morte,
raffigurata nei cipressi, i tipici alberi dei cimiteri. La distesa di grano poi, si estende sotto un cielo
innaturale, cui la tendenza al tormento si delinea con una pennellata tortuosa e violenta e linee curve e
discontinue. Il campo di grano è un tema che tornerà l'anno dopo con l'opera "Campo di grano con volo
di corvi".
358
Nei quadri sull'autunno pare invece che vi sia un momento di calma e per un attimo il dissidio all'interno
del suo animo pare chetarsi: egli fu un sensibile osservatore della natura, ha fissato nelle sue tele
splendenti e meravigliosi paesaggi in ogni stagione, dai peschi in fiore della primavera, ai campi di
grano arsi dal sole dell'estate, ai giardini autunnali carichi di sfumature di variegati colori, per finire con
i freddi campi invernali spaccati dal gelo.
Ha dipinto Viale di pioppi in autunno, Ragazza nel bosco e Giardino Autunnale.
Nei quadri dedicati all'autunno, il suo
pennello suddivide sulla tela i caldi
colori autunnali, dal rosso, al giallo, al
marrone, all'ocra, rappresentando alberi
ingialliti sbattuti dai primi venti freddi,
campi dove i contadini sono alle prese
359
con gli ultimi lavori di stagione, figurine infreddolite su strade solitarie, cieli colmi di nubi portatrici di
pioggia. Si tratta di paesaggi in cui la malinconia regna sovrana, dove si sente la nostalgia dell'estate
appena trascorsa, delle giornate piene di sole e della natura nel pieno del suo splendore
I colori, anche quando sono vivaci, non riescono a ravvivare il
cielo, dove il sole, così accecante e pieno di forza vitale nei
quadri dedicati all'estate, sembra scomparso, lasciando il posto
a cumuli di nubi che si intravedono tra le cime degli alberi semi
spogli.
Alla capacità descrittiva ed evocativa dei quadri di Van Gogh si riallaccia la sensibilità poetica ed
evocativa di una grande poetessa, Emily Dickison
“Sono più miti le mattine
360
e più scure diventano le noci
361
e le bacche hanno un viso più rotondo,
la rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia,
e la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello”.
Molte sono le associazioni, le fiere, gli eventi e le
istituzioni
che
si
pongono
come
fine
la
valorizzazione della nocciola . Ad esempio, la
Confraternita della Nocciola Tonda Gentile di
Langa è stata fondata nel 2000. Oggi, come si legge
sul sito, conta una trentina di soci che fanno cultura e organizzano eventi per valorizzare e promuovere il
frutto simbolo di Cortemilia in Italia e nel mondo. La Confraternita della Nocciola Tonda Gentile di
Langa si pone l’obiettivo di creare un’opportunità di sviluppo del territorio, basato sulla valorizzazione
dei prodotti tipici, sulla nascita di alleanze e sulla qualificazione dell’offerta turistica, rendendo così i
prodotti e il sistema che interagisce con essi motivo d’attrazione per nuovi target di turisti e visitatori; si
pone cioè l’ambizioso obiettivo di fare marketing
territoriale.
La sede sociale è a Cortemilia, una cittadina di origini romane della Valle
Bormida cuneese. Importante centro commerciale situato ai confini tra il
Piemonte e Liguria, l’antica “Cohors Aemilia” è oggi una delle mete più
visitate dell’Alta Langa, la zona collinare del basso Piemonte più amata dai
turisti stranieri, dove trionfa la coltivazione della nocciola “Tonda gentile”. È
la migliore nocciola del mondo, apprezzata per il suo sapore delicato, l’eccellente pelabilità, la buona
resa e la lunga conservabilità.
362
Anche Castellero, in provincia di Asti, celebra
ogni anno la nocciola, con un ricco programma di
appuntamenti promossi da Comune e Pro loco
che
attraggono
centinaia
di
appassionati,
produttori, assaggiatori e camminatori. Durante la
fiera, solitamente nella piazza del comune vengono esposti
trattori d’epoca e macchine utilizzate
attualmente per la corilicoltura, dimostrazione di estrazione dell’olio di nocciola e bancarelle dei
produttori.
La Fiera Nazionale del Marrone è considerata una delle più importanti rassegne enogastronomiche
d’Italia, vetrina unica delle eccellenze e delle antiche tradizioni del territorio cuneese. Una splendida
occasione per le aziende del territorio e non solo: i migliori prodotti certificati vengono esposti offrendo
ai visitatori un mix di profumi, colori e degustazioni.
Anche Ermanno Olmi, nel suo ultimo film “Torneranno i prati” in cui ci fa comprendere che cosa
significhi
stare in trincea con soldati, abbandonati in cima a una montagna nell’ultimo inverno della
363
Prima Guerra Mondiale, a un rimando agli alberi e si concede scarsi momenti lirici, proprio uno di questi
momenti molto intensi è legato a un larice che prende colori dorati di fronte ai ricordi nostalgici di uno
soldato. Ma per il resto racconta la sua storia con il rigore di un documentarista, riprende il paesaggio con
un colore grigio e con una nitore assoluto e gli uomini con tinte grigioverdi simili a quelle della divisa e
che spesso stemperano nel bianco e nero dei filmati d’epoca che fanno la loro apparizione nel sottofinale.
La Giornata Nazionale degli Alberi, riconosciuta dalla Legge n. 10 del 14 gennaio 2013 (norme per lo
sviluppo degli spazi verdi urbani), rappresenta un’ occasione importante per porre l'attenzione sulla
rilevanza degli alberi per la vita dell'uomo e per l'ambiente. Tale giornata è individuata per legge nel 21
novembre di ogni anno e nasce con la finalità di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del
patrimonio arboreo e boschivo mondiale ed italiano. E' un appuntamento che si rinnova ogni anno con
nuovi eventi e iniziative e si carica di significati sempre diversi ad ogni edizione.
Ogni anno la Giornata è intitolata a particolari temi di rilevante valore etico, culturale e sociale. Il tema
scelto per il 2014 è: “L’albero: la sua storia, la nostra storia”.
364
Gli alberi rappresentano, infatti, da sempre un valore inestimabile per l’umanità, sono custodi della nostra
memoria e fonte di tutela della biodiversità e contengono elementi
preziosi. Essi sono elementi
fondamentali dell’ecosistema e, in modo particolare nelle città, contribuiscono significativamente a
contrastare l’inquinamento ambientale e a migliorare la qualità della nostra vita. Alcuni alberi sono stati
testimoni di importanti avvenimenti storici, altri sono legati a leggende tramandate, altri ancora hanno
partecipato ai cambiamenti importanti nel tempo e nel territorio circostante, sono il simbolo di un
millenario rapporto fra l’uomo e la natura, costituito di rispetto e armonia. Centinaia di persone, con le
scuole in prima fila, sono coinvolte nella piantumazione di nuovi alberi, per dare respiro alle aree verdi
dei nostri comuni e per stimolare una partecipazione attiva alla gestione dell’ambiente che ci circonda e
di cui tutti facciamo parte.
365
366
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369
FONTI ARCHIVISTICHE
Archivio storico di Asti – Inventario generale amministrativo - guardaroba A –
Amministrazione agricoltura industrie e commercio – Atti patrimoniali – cartelle: 13
(fascicolo 1,2,34,14, dal 5 al 14) 14, 15 (fascicolo 15,16, 19, 21, 23, 24,31), 16
(fascicolo dal 32 al 47 , 17 (fascicolo dal 48 al 56), 37 (fascicolo 4, 5), 41 (fascicolo
96, 102 ), 44 (fascicolo 133, 155, 137) , 45 (fascicolo 163, 165, 181), 46 (fascicolo
189), 48 (fascicolo 239), 50 (fascicolo 248, 264)
370
Archivio di Stato di Asti
- Fondo Amico di Castell’Alfero (mazzo 4 fascicolo
11, mazzo 10 fascicolo 18, mazzi 11, 12, 13, 17,
mazzo 18 fascicolo 31, mazzi 19, 20, 23, mazzo 24
fascicolo 13 - 23- 19- 17, mazzi 25,
26)
- Mazzetti di Frinco (mazzo 71, mazzo 95 fascicolo 9, mazzo 103
fascicolo 10, mazzo 104 fascicolo 10, mazzo 108 fascicolo 10,
mazzo 155 fascicolo 11, mazzo 20 fascicolo 19, mazzo 24
fascicolo 222, mazzo 25 fascicolo 244, mazzo 26 fascicolo 225,
mazzo 27 fascicolo 226, mazzo 29 fascicolo 236, mazzo 31 fascicolo 254, mazzo 29 fascicolo 236)
371
- Alfieri di Cortemilia (mazzo 1 fascicolo 27,
mazzo 2 fascicolo 41)
- Coccinito di Montiglio (mazzo 23 fascicolo
1341- 1363, mazzo 69, mazzo 167)
- Roero di Cortanze (mazzo 8 fascicolo 418 – 419
– 423 – 424 – 436 – 437 - 439, mazzo 34)
- Crova di Vaglio (mazzo 11, 13, 14, 45, 46)
FONTI STATISTICHE
www.sistemapiemonte.it - anagrafe agricola
372
SITOGRAFIA
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http://www.settemuse.iT
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397
RINGRAZIAMENTI
Gli
ideatori
e
curatori
della
ricerca
scientifica,
bibliografica,
storica,
archivistica,agronomica e sitografica e del progetto editoriale (Dott. Paolo Guercio –
Dirigente Servizio Agricoltura e Dott.ssa Silvia Sarzanini –
Responsabile Ufficio Supporto Normativo e Divulgazione – Staff della Direzione), responsabili
della redazione del volume e dell’attività che ha comportato un lungo lavoro di ricerca e studio
di approfondimenti a livello bibliografico, archivistico e sitografico, ringraziano per il supporto
fattivo, la motivazione, le conoscenze tecnico-specialistiche, per il prezioso supporto morale e
materiale dimostrati da tutto il gruppo di lavoro:
Dott.ssa Azzurra Tabbia – Università degli Studi di Torino
Studentessa Giulia Martinengo – Università degli Studi di Torino
398
Diego
Sappa
– Ufficio
CED –
Provincia di Asti
Gianluigi Guercio
– area Agricoltura
– Provincia di Asti
La Dottoressa
Azzurra Tabbia
(studentessa della
Scuola di Management e Economia - Torino) si è
occupata della parte grafica, degli approfondimenti statistico – economici e anche di alcune parti
riguardanti le curiosità e la storia con interesse,
con professionalità, competenza, precisione e
accuratezza di analisi scientifica – metodologica.
La studentessa Giulia Martinengo del Dipartimento di cultura, politiche e società
all'Università di Torino, ha curato alcune schede e parte della ricerca di dati bibliografici,
sitografici e archivistici per i vari approfondimenti con precisione e rigore metodologico,
399
particolare competenza storica e sociologica e attitudine nella resa stilistica e nell'aspetto divulgativo.
Il Signor Gianluigi Guercio ha collaborato nella redazione di parte delle schede riguardanti i singoli alberi, con particolare
riferimento alla nocciola, con motivazione ed entusiasmo, fornendo preziosi valutazioni, consigli
concreti ed informazioni, anche tecnico – operative, necessarie a valorizzare la ricostruzione
degli aspetti agronomici.
Un sentito ringraziamento va attribuito a Diego Sappa che con l’alta professionalità, la pazienza
infinita e la massima disponibilità e cura da sempre dimostrate, e anche in occasione della stesura
degli altri volumi di approfondimento ,ha contribuito con successo a risolvere i problemi tecnico
– operativi informatici.
Si ringraziano la Dott. ssa Silvia Sarzanini , il Sig. Gianluigi Guercio, gli Architetti Fulvio Barolo e Barbara Galizia, la
Dott. ssa Bianco Cristina che hanno fornito le fotografie facenti parte di ciascun archivio personale.
Un plauso particolare alla perizia e abilità artistica dell'architetto Barbara Galizia
gentilmente fotografate e autorizzate alla pubblicazione.
le cui opere pittoriche sono state
400
Altre foto fanno parte dell'archivio fotografico degli uffici Vigneti (scattate dal perito agrotecnico Signora Gabriella Lago)
e Supporto normativo - divulgazione. Tutti i fotografi citati hanno dimostrato senso artistico,
motivazione
e
interesse
alla
divulgazione del nostro patrimonio
naturalistico e del nostro paesaggio
agrario
parte
del
quale
è ora
patrimonio dell'umanità
Inoltre,
una
parte
del
materiale
fotografico è stato scaricato dalla rete citando i link consultati.
La Direzione rivolge, in particolare, un sentito e doveroso
ringraziamento a chi ha permesso la stesura di tutti volumi tecnico specialistici editi dall’Area Agricoltura, progetti obiettivo ai quali
la Dott. ssa Silvia Sarzanini - responsabile, esperta e coordinatrice
401
organizzativa della comunicazione, qualità e formazione - ha dedicato anche in questo frangente, il massimo impegno,
grande cura, enorme interesse e un’elevata passione, dimostrando una spiccata attitudine allo studio e alla ricerca
bibliografica e archivistica, complessa e articolata,svolta tramite un lavoro di indagine speculativa e diacronica e indubbia
professionalità, su svariati settori disciplinari, anche durante il tempo libero, extra lavorativo.
Un vivo e sentito ringraziamento per la piena disponibilità e per i consigli di alto valore scientifico e rigore metodologico,
espressi durante le complesse fasi della ricerca storica e dell’approfondimento bibliografico e archivistico, ai Dottori:
Carla Eugenia Forno, Mario Renosio, Barbara Molina, Renzo Remotti, Debora
Ferro, Antonina Chiarenza e
Annamaria Sgambato.
402