Conservatorio di Musica “Luca Marenzio” di Brescia TESI DI LAUREA IN JAZZ L’APPORTO DI LOUIS ARMSTRONG ALLA RINASCENZA DEL CANTO Relatore: prof. Corrado Guarino Candidata: Brunella Angela Mazzola ANNO ACCADEMICO 2012-2013 SOMMARIO Introduzione 2 Capitolo 1 3 Louis Armstrong genio ed ascoltatore 1.1 Biografia 3 1.2 La cultura del canto nel popolo afro-americano 7 Capitolo 2 Il contributo di Louis Armstrong agli sviluppi stilistici nella vocalità Jazz 10 Capitolo 3 Nascita e sviluppo dello scat: dalle origini, al bebop, ad oggi 17 3.1 Dallo scat arcaico, al bebop, ad oggi 19 3.1.1 I grandi scat singer 19 3.1.2 L’evoluzione dello scat negli ultimi cinquant’anni 22 3.1.3 Considerazioni sulla probabile esistenza di una teoria di scelta delle sillabe 24 3.1.4 Lo scat linguaggi tramandati ed espressione sensoriale 27 3.1.5 La funzione terapeutica della vocalità 28 Capitolo 4 Louis Armstrong Analisi Anatomico-Scientifica dell’attività vocale e dell’attività strumentale di 30 4.1 Il diverso supporto respiratorio fra trombettista e cantante 31 4.2 Lo strumento a fiato coinvolge la laringe 31 4.3 Vocalità 34 4.4 Tutto questo influenzò Louis Armstrong 35 4.4.1 Il “Fry” di Louis Armstrong 37 4.4.2 Il vibrato 39 Capitolo 5 Breve Analisi Musicale del solismo di Louis Armstrong 41 Conclusioni 53 Bibliografia, sitografia, discografia, cd ascolti allegato 57 Ringraziamenti 59 INTRODUZIONE La tesi si apre con un’introduzione di carattere storico che prende in esame il denso percorso artistico di Louis Armstrong, dai primi approcci canori durante l’infanzia e dalla prima formazione musicale, ai primi concerti nei gruppi storici, fino alle prime esecuzioni di scat e standard caratterizzanti le sue ultime apparizioni. L’obiettivo del lavoro vuole essere infatti quello di dimostrare come la carriera di questo celebre jazzista abbia dato un apporto decisivo alla cosiddetta «rinascenza del canto»1, che dal secondo decennio del Novecento inizia ad emanciparsi dalla lirica, muovendo verso una concezione di canto moderno. A tal fine nel secondo capitolo viene tracciata una breve storia dello sviluppo dell’improvvisazione “scat”, di cui Armstrong fu il pioniere e si analizza in modo particolare l’uso delle sillabe. Il lavoro prosegue quindi con un esame anatomico-scientifico della vocalità e della pratica trombettistica di Louis Armstrong, con una parentesi critica sulle più comuni opinioni in merito. In conclusione si affronta una breve analisi musicale su solismo, scat e cantato di Louis Armstrong in cui si possono notare alcune influenze stilistiche esercitate sui cantanti che si esibivano nel periodo iniziale della sua carriera e specularmente nella vocalità contemporanea. Si esamina inoltre lo stile solistico degli ultimi periodi, a detta di molti musicologi “sintesi” della personalità di Louis Armstrong. 1 Stefano Zenni, Louis Armstrong, Roma 2002, p. 48. 1 Capitolo 1 LOUIS ARMSTRONG GENIO ED ASCOLTATORE 1.1 BIOGRAFIA “Satchmo ha definito il concetto stesso di Jazz”, dicono gli storici, ed è considerato ancora oggi il più grande jazzista e solista di tutti i tempi. Nato nel più povero quartiere di New Orleans il 4 Agosto del 1901, a due passi da Storyville, ebbe un’istruzione rudimentale e si esercitò nell’uso della tromba al riformatorio Waif’s Home di New Orleans. All’interno di tale struttura, dove Armstrong trascorse diversi periodi, si cercava di insegnare un mestiere ai ragazzi. A tal fine venne costituita anche un’ orchestra giovanile diretta da Peter Davis che aveva in repertorio marce militari, arrangiamenti di musiche di Liszt, Bach, Rachmaninov, Mahler, Haydn. Qui Louis Armstrong venne inserito e qui apprese l’uso della cornetta e studiò i primi rudimenti di teoria musicale. In realtà egli aveva già soffiato in una piccola tromba di latta qualche anno prima, all’età di sette anni, quando aveva iniziato a lavorare raccogliendo cianfrusaglie con il carretto della famiglia Karnofsky, dalla quale ereditò la passione per il canto. 2 “All’età di undici anni, mettendo da parte cinquanta centesimi a settimana riuscì a comprare con cinque dollari una malandata cornetta al banco dei pegni: «Dopo averci soffiato un po’ capii che potevo suonarci Home Sweet Home»2. Nel 1912 cantando per le strade con il suo quartetto vocale, come racconta nell’autobiografia My Life in New Orleans Armstrong si accorse che in città si trovava un musicista in grado di suonare la cornetta in modo eccezionale: si trattava di Joe King Oliver. Egli diventerà suo idolo e modello e con lui suonerà i primi blues nei locali a Storyville. In seguito “papà Oliver”, così nominato da Armstrong, lo chiamerà a Chicago per una sostituzione, dando inizio ad una eccezionale carriera. Importante per la sua formazione fu anche il periodo in cui Louis Armstrong suonò per la linea di battelli Strake Fusse sul Mississippi nell’orchestra di Fate Marable, un grande musicista che suonava la calliope (organo a vapore) e che gli insegnò a leggere le partiture a prima vista. Louis Armstrong insieme a “papà Oliver” 2 ZENNI, 2002, p. 12. 3 Nel 1922 Oliver invitò Armstrong ad unirsi alla Creole Jazz band a Chicago dove egli iniziò collaborazioni importanti e continuative nel corso della sua carriera. Satchmo collaborò per anni con innumerevoli artisti del jazz, e ricevette moltissimi riconoscimenti. Qui di seguito accenneremo solo ad alcuni passaggi. Nel 1961 in The Beautiful American con Duke Ellington “What does it mean to be American?” Dopo un concerto di Armstrong al New York Town Hall nel maggio del 1947, il manager Joe Glaser sciolse la grande band di Pops e creò un nuovo gruppo ridotto a sei membri, formato da Armstrong e da altri famosi musicisti. La nuova formazione venne annunciata all'apertura del Billy Berg's Supper Club e venne chiamata All Stars, gruppo storico che accompagnerà Louis Armstrong per tutta la sua lunga carriera. Louis Armstrong amava particolarmente i duetti: collaborò con Jimmie Rodgers, Bing Crosby, Duke Ellington, Fletcher Henderson, Bessie Smith, Elvis Presley e tanti altri, e soprattutto con Ella Fitzgerald, insieme alla quale Armstrong incise diversi dischi fra i quali: Ella and Louis, Ella and Louis Again, e Porgy and Bess for Verve Records Negli anni ‘50 praticò sia vocalità che strumento, diffondendo l’uso dello “scat” e contribuendo alla nascita degli “standard”. L’innovazione consisteva nell’eseguire brani di successo del periodo dandone una libera interpretazione. Così facendo Armstrong influenzò intere generazioni non solo di cantanti ma anche di musicisti. Cambiò inoltre l’approccio alla 4 tromba: il suo ruolo da solista non sarà più di semplice virtuoso dello strumento, bensì diverrà interprete ed intrattenitore, inizialmente poco amato dalla critica musicale, ma apprezzato dal pubblico. A tale proposito è rilevante dire che la rielaborazione della tecnica trombettistica, anche per problemi di salute (due infarti), vedrà ancora presente l’utilizzo del Fa sovracuto, nonostante le labbra affaticate. Seguendo l’intento di approfondire nella tesi argomenti riguardanti nello specifico la vocalità di Louis Armstrong, desidero accennare brevemente ad un fatto che influenzò la sua salute nel corso della lunga carriera. Una nota dolente riguarda il lungo rapporto con il manager Joe Glaser, personaggio legato alla malavita che sfruttò molto il talento di Louis Armstrong per diversi anni. Si noti infatti nella foto sottostante la mano “bianca” appoggiata sulla spalla, gesto il cui significato sottintendeva una esplicita dichiarazione: «That’s my nigger», ovvero «questo è il mio negro». 5 Louis Armstrong di lui scrisse: «Joe Glaser era uno degli uomini più simpatici che siano mai esistiti oltre che il migliore datore di lavoro per il quale io abbia lavorato»3. Negli ultimi anni Armstrong suonò in diversi locali e show e fece tour in Africa, Europa e Asia mantenendo i propri impegni concertistici costanti fino a poco prima della morte, sopraggiunta il 6 luglio 1971. 1.2 LA CULTURA DEL CANTO NEL POPOLO AFRO-AMERICANO La cultura del canto classico nel popolo afro-americano è stata finemente esposta dal musicologo Luca Bragalini nel suo saggio “Le Arie” del quale riportiamo alcuni importanti paragrafi: «Il 22 maggio 1796 si rappresentò la prima opera lirica al St. Peter Theater di New Orleans, il Sylvain di André Grétry. Nell’arco di nemmeno due decenni nella metropoli della Louisiana vennero ospitate ben 102 opere di 25 diversi compositori di musica classica quasi tutti francesi. Attorno alla fine del 1830 i cittadini di New Orleans videro nascere tre importanti istituzioni tra cui il St. Charles Theater, il più lussuoso e magnificente teatro di tutti gli Stati Uniti (costo circa mezzo milione di dollari). Ebbene, come suggerisce Henry Kmen, agli schiavi era permesso andare all’opera pur con un permesso rilasciato dai padroni. Negli anni ‘50 si vide poi l’opera francese cedere il passo a capolavori di italiani quali Rossini, Donizetti, 3 Da Wikipedia English, alla voce “Louis Armstrong”. 6 Bellini con Verdi in testa. Esisteva anche un amplificatore del fenomeno verdiano nei vicini Caraibi e più precisamente ad Avana, Cuba, dove già dal tardo settecento si mostrava interesse all’opera. Molto più tardi infatti Filippo Galli, basso rossiniano, Ignazio Marini, estimatore di Verdi e Fortunata Tedesco, contesa tra la Scala, Vienna e Parigi, oltre a magnifici professori dell’orchestra tra cui il primo contrabbasso Giovanni Bottesini, vi resero omaggio al loro eroe Giuseppe Verdi. A Milano in un tardo pomeriggio di fine ottobre 1949 si vide Armstrong scendere da un taxi davanti alla Scala. Si era ritagliato una visita tra il concerto pomeridiano e serale al Teatro Odeon, confessando di voler “star vicino a quei gran dritti di come Verdi e Wagner e scattare delle foto coi loro busti…” una stramberia a cui nessuno diede troppo conto. Si sapeva infatti che il trombettista era collezionista di 78 giri di Enrico Caruso, Amelia Galli-Curci e Luisa Tetrazzini. Louis Armstrong affrontò, nel repertorio dell’orchestra del Vendom Theater, nella Chicago dei ruggenti anni ’20, l’intermezzo della Cavalleria Rusticana e le Ouvertures di Rossini. Si prodigò a citare nei suoi dischi passi di Bizet o di Verdi, rimanendo sempre il buon vecchio Satchmo. Persino il musicologo Joshua Barrett rintracciò nella cadenza di West End Blues (1928) un frammento di una villanella incisa dalla Galli-Curci nel 1920. Pensare che all’epoca scritti dei primi critici di jazz negli anni 30, dicevano che il jazz era la voce del proletariato nero in antitesi con la musica dei bianchi borghesi: teoria rivoluzionata da Satchmo! …ad esempio il break di tromba che riecheggia in New Orleans Stomp (1927) coincide nota per nota (e tonalità) con l’aria di Maddalena del quartetto del Rigoletto. Anche nel solo di sax soprano nella versione di Summertime (1938) di Sidney Bechet, è chiara un’accorata citazione dell’aria di Lenora della scena del “Miserere” nel Trovatore. Ed inoltre aggiungendo la sfumatura verdiana nel secondo tema di Riverside Blues (1923) 7 di King Oliver, possiamo mettere a fuoco il profondo legame tra l’opera ed il primo jazz nella Crescent City. Insomma la loro amata tradizione gli uomini di New Orleans la consegnarono a quel gran pelago, in perpetua altalena tra oralità e scrittura, che è il jazz. Fucina in cui si armonizzarono marce militari ed inni sacri, ritmi africani e temi di Broadway, suggestioni cubane e melodie ebraiche, e in cui un aspro canto delle campagne del Mississippi può stemperarsi in una leggiadra aria di coloritura e Verdi cangiarsi in un blues!!»4 4 Il passo è tratto dal saggio Luca Bragalini, Le Arie, breve viaggio all’origine degli scambi fra due generi musicali solo apparentemente agli antipodi, con un testimone d’eccezione: Louis Armstrong, Amadeus 2009, pp. 66-69. 8 Capitolo 2 IL CONTRIBUTO DI LOUIS ARMSTRONG AGLI SVILUPPI STILISTICI DELLA VOCALITA’ JAZZ «Chiunque canti ha preso qualcosa da lui perché lui ne ha gettato le basi, ne ha evocato il feeling. E’ lì a disposizione. Non c’è alcun bisogno di cercarlo» Billy Eckstine5 Musicalmente, lo abbiamo visto, Armstrong nacque con il canto, a cui fu introdotto a sette anni anche dalla famiglia povera di ebrei russi Karnofsky per la quale egli lavorava. Oltre a fargli sentire un ambiente caldo e protettivo che a suo dire lo aiutò a crescere, la signora Karnofsky gli insegnò a cantare Russian Lullaby. Dice Louis Armstrong: «All’età di 11 anni capii che era stata quella famiglia ad instillarmi la passione del canto». Si aggiunga quest’altro prezioso ricordo: «Andavo in chiesa con mia madre, e mentre stavo lì seduto guardavo tutti quelli che cantavano: ma cantavano dal profondo dell’anima. E’ questo che ti entra nel sangue, quando il vecchio reverendo attacca la sua parte e tutti prendono a cantare. Un tipo di canto bellissimo. Ci sono nato, io»6. 5 6 Billy Eckstine, noto direttore d’orchestra; collaborò con Fast Navarro. Come cantante si esibì con Earl Hines. ZENNI, 2002, p. 50. 9 Non bisogna poi dimenticare il quartetto vocale dell’adolescenza di Satchmo, sempre molto apprezzato per le strade di New Orleans. Già a New York con Fletcher Henderson nei primi anni venti Armstrong voleva sfogare la sua vera anima d’intrattenitore. Egli scalpitava per poter cantare e fare uno dei suoi numeri, senza peraltro riuscirci, e fu questa una delle ragioni della sua defezione. Solo una volta Henderson gli permise di farlo e ne uscì una memorabile versione di Everybody Loves My Baby che scatenò l’entusiasmo del pubblico del Roseland, divenendo poi un numero fisso negli spettacoli del giovedì dedicati al varietà. Il disco relativo (1924) ci offre una piccola idea di quell’esecuzione e reca in coda la prima, fugace testimonianza della voce di Louis Armstrong7. “La svolta nella carriera di Louis Armstrong avvenne in coincidenza di un profondo mutamento nella scena del jazz americano: la crisi di Wall Street alla fine dell’anno 1929, spazzò via infatti tutti i residui della vecchia cultura musicale del Sud. Sparì il repertorio di New Orleans ed i musicisti di quella generazione furono messi fuori gioco. Un intero mondo crollò e non ci fu più spazio per la musica legata ad un clima culturale ed economico ormai inesistente. Louis Armstrong fu in grado di cavalcare l’onda di questa trasformazione, nel momento in cui prendeva l’avvio una nuova sequenza storica. Si stava affermando sui palcoscenici di Broadway una nuova generazione di raffinati autori di canzoni: Harry Warren, Arold Harlen, Jimmy McHugh, e l’industria discografica cercava di divulgare nuovi successi facendoli interpretare da qualche cantante in ascesa come Bing Crosby o da un popolare talento jazzistico quale appunto Louis Armstrong. Così, filtrando con il proprio talento la situazione congiunturale, Satchmo si trovò di nuovo 7 ZENNI, 2002, p. 10 a produrre opere del tutto originali. Nei dischi registrati tra il 1929 e il 1933 vengono delineati nuovi principi del linguaggio jazz, relativi questa volta all’interpretazione delle canzoni (note in seguito come “standards”), dal carattere espressivo detto “ballad” e ad una radicale ridefinizione delle regole del canto. Lo schema che alimentava la catena degli eventi era il seguente: l’editore consegnava a Louis Armstrong una qualsiasi canzone appena pubblicata, egli ne fissava su disco una lettura del tutto originale, spesso definitiva, che diffondeva nelle trasmissioni radio e nei concerti decretandone il successo, anche nel mondo della musica leggera”8. La riflessione contenuta in questo paragrafo fa riferimento al capitolo “La Rinascenza del Canto” in ZENNI, 2002, 8 pp. 48-49. 11 Il pezzo, così rimodellato, stimolava molti musicisti a tentarne una propria interpretazione. In questo modo esso veniva automaticamente inglobato nel repertorio jazz, divenendo oggetto di nuove personalizzazioni ed improvvisazioni. Gunther Schuller, musicista e musicologo ha elencato alcune delle canzoni pubblicate nel 1930 e 1931 incise da Armstrong, diventate poi degli standard: 1930 Blue Again (McHugh); Body and Soul (Green); Confessin’ (Dougherty/Reynolds); Exactly Like You (McHugh); I Got Rhythm (Gershwin); If I Could Be With You (Johnson); I’m a Ding Dong Daddy (Baxter); Memories of You (Blake); On the Sunny Side of the Street (McHugh); The Peanut Vendor (Simons); Rockin’ Chair (Carmichael); Them There Eyes (Pinkard); You’re Lucky to Me (Blake). 1931 All of Me (Marks/Simmons); Between the Devil and the Deep Blue Sea (Arlen); Georgia on My Mind (Carmichael); I Surrender Dear (Barris); Kickin’ the Gong Around (Arlen); Lazy River (Carmichael); Stardust (Carmichael); Walkin’ My Baby Back Home (Albert); Wrap Your Troubles in Dreams (Barris); You Rascal You (Theard). Altri brani significativi: I Can’t Give You Anything But Love, Ain’t Misbehavin’, Black and Blue, When You’re Smiling incisi nel 1929, tra il 1932 e il 1933 Keepin’ Out of Mischief Now, I Gotta Right To Sing the Blues, I’ve Got The World on a String, e più avanti ancora I’m in the Mood for Love (1935) e Jeepers Creepers (1938). 12 Con Charlie Parker arriverà un rinnovamento altrettanto radicale del repertorio degli standard, precisamente nel bebop. Si veda a questo proposito il paragrafo relativo alla nascita e allo sviluppo del cantare scat. La vocalità di Louis Armstrong quindi diventa sempre più presente nelle sue incisioni, come lo diventa la sperimentazione. Lo si nota nelle evidenti influenze stilistiche di cantanti blues quali Bessie Smith ad esempio, come nel brano I’m not rough 1927. Poi in seguito all’incontro con le canzoni di alto artigianato, dalla marcata caratterizzazione espressiva di parole e musica, Louis Armstrong comincia a esplorare più coscientemente i propri mezzi vocali. La nuova interpretazione che riduce la parte scritta a debole traccia lasciando quindi più spazio al totale rinnovamento melodico e ritmico, crea una ricomposizione. Nasce quindi una nuova, fondamentale regola del jazz sia strumentale che vocale. A questo proposito Henry Pleasants scrive di Armstrong: «ha stabilito dei precedenti che sarebbero divenuti le convenzioni del canto popular americano e ha offerto al cantante delle opportunità creative – nonché delle responsabilità creative – di cui non aveva più goduto nella musica occidentale dalla fine del diciottesimo secolo». “In seguito all’impatto del timbro vocale e della libertà immaginativa di Armstrong, le nozioni eurocolte di canto corretto, impostato, “qualitativamente alto”, spariranno per sempre dall’orizzonte della musica occidentale”9. A queste nuove variazioni e timbri si aggiunse anche la modifica del testo. A causa di una cattiva dizione, destinata comunque a migliorare con gli anni, o forse grazie a questa, Louis Armstrong gioca con il suono delle parole, modificando il testo originale con 9 ZENNI, 2002, p. 51. 13 elisioni, sostituzioni, ripetizioni, improvvise esclamazioni dalla funzione ritmica e sonora, enfatizzazione delle vocali. Tutto questo oggi potrebbe sembrare scontato, ma si deve sottolineare che prima di Louis Armstrong il cantante rimaneva fedelissimo a parole e melodia originali, variando appena il fraseggio. Ne esponiamo di seguito qualche esempio. Dopo Satchmo sarà tutto diverso: in Dinah .i versi sono scarnificati, articolati, le particelle sono cancellate e le parole sono fatte vibrare come entità sonore indipendenti, le connessioni sintattiche vengono eliminate (“Oh Dinah...anyone finah State of Carolina…”). In You Rascal You (1931), le parole sono rese quasi invisibili; dal testo razzista di Shine (1931) ad essere rimosso è proprio il titolo. A volte lo “scat” scaturisce proprio dalla destrutturazione delle sonorità sillabiche di una parola (vedi capitolo 5), come nel caso di Lazy River (1931). Un altro esempio è la strofa di Black and Blue (1929): in essa si narra la storia di un amante negro che, lasciato da una donna mulatta (l’ideale di bellezza di colore nel 1929), si rammarica per il colore scuro della propria pelle. Nella sua partecipe interpretazione Armstrong, eliminando l’antefatto (la donna mulatta), trasforma il testo di Andy Razaf in un dolente lamento razziale di straordinaria forza emotiva. «La sua identificazione con la musica – precisa infatti Pleasants10 – era intima, la sua relazione con il contenuto testuale casuale e distaccata, spesso veicolante un senso sotterraneo di bonaria presa in giro»11. Dopo gli anni Trenta lo “scat” tenderà ad assumere un peso minore nell’economia interpretativa di Satchmo, salvo riaffiorare spesso in brevi, pregnanti espansioni del testo, a dilatarne i contorni espressivi. 10 11 Critico musicale, ha studiato canto, pianoforte e composizione. ZENNI, 2002, p.52. 14 Luciano Federighi12disse di aver intravisto, nel disteso vocalizzo presente in West End Blues (1928), una anticipazione del cantante contemporaneo Bobby McFerrin13, oggi ricercatore ed ambasciatore di innovative sonorità vocali. Questo a conferma di quanto le idee stilistiche vocali di Armstrong fossero già da allora destinate a diventare base di un rinnovamento inevitabile. Con Louis Armstrong sono fiorite grandi tradizioni. Cab Calloway, Leo Watson, Ethel Waters, Ella Fitzgerald, Bing Crosby, Billie Holiday, Betty Carter, Frank Sinatra, e tanti altri cantanti jazz, pop, rock, che non risulteranno indifferenti a queste lezioni stilistiche. 12 Luciano Federighi è laureato in letteratura angloamericana all'Università di Pisa, ha insegnato all'università di Davis, in California, dal 1978 al 1980 ed ha lungamente viaggiato attraverso gli Stati Uniti. E’ autore di testi sul blues e sul jazz per la Rai ed ha pubblicato diversi volumi sulla storia del blues. 13 Bobby McFerrin, stimatissimo vocalist, ha collaborato con diversi musicisti in tutto il mondo sia nell’ambiente classico che nel jazz. Ricercatore dell’acustica vocale, è stato il primo cantante afro-americano a dirigere, un’orchestra di musica classica al Teatro alla Scala di Milano nel 2007. 15 Capitolo 3 NASCITA E SVILUPPO DELLO SCAT: DALLE ORIGINI, AL BEBOP, AD OGGI «La sillaba prende la stessa forza e spessore e dinamismo di modulazione, la stessa filigranata ricchezza e duttilità di abbellimenti e inflessioni, le stesse eccitanti variazioni di attacco, di durata e di rilascio, della singola nota nel disegno solistico della cornetta o della tromba, e analogo valore nello spazio armonico». Luciano Federighi La popolarità e la fortuna dei dischi degli Hot Five culminarono nel 1926 con l’enorme successo di Heebie Jeebies. In quel disco Louis Armstrong si lanciava in un chorus di scat, cantando cioè sillabe senza senso. Tale assolo, che segnò l’inizio di una nuova era nella storia del canto, secondo la “leggenda” si sarebbe verificato per puro caso: lo spartito sarebbe infatti caduto durante la registrazione, costringendo Armstrong ad improvvisare l’estrosa e fortunata soluzione14. 14 ZENNI, 2002, p. 52. 16 “Nell’ assolo di Heebie Jeebies si notò l’equivalenza stilistica fra la tromba e la voce di Armstrong, analogia riscontrabile anche in Hotter Than That, in cui l’assolo di tromba e il canto scat, articolati su principi identici, si scambiano frasi e ritmi. Qui la sua voce, inoltre, prima di dialogare con la chitarra di Lonnie Johnson, esegue svariati poliritmi”15. Naturalmente Heebie Jeebies non è il primo esempio di canto scat le cui radici affondano nella lunga tradizione della musica afroamericana16. La prima testimonianza registrata è del 1924, e viene dalla voce di Don Redman, in My Papa Doesn’t Two-Time No Time di Fletcher Herderson. Da segnalare anche It Had To Be You, di Aileen Stanley in duetto con Billy Murray, sempre nel 1924, per la Victor. 15 16 ZENNI, 2002, p. 52. Da Scat Wikipedia English. 17 Jelly Roll Morton affermò che il primo scat non era «di quel ragazzo Louis, ma di un suo amico, Joe Sims, che veniva da Vicksburg Missisipi, un vecchio commediante». Egli sostenne inoltre che: «lo scat non significa nulla, serve per dare sapore alla canzone». E ancora, su Louis Armstrong: «Tony Jackson ed io usavamo lo scat già nel 1906 quando Louis era ancora alla casa per orfani!»17. 3.1 DALLO SCAT ARCAICO, AL BEBOP, AD OGGI Louis Armstrong ha certamente fatto scuola, come già detto, ed è stato stimolo anche per molti scat singer arrivati negli anni successivi alle prime registrazioni. Scrive Schuller: «A proposito del citato Heebie Jeebies, […] due parole sul canto di Armstrong. Nell’ascoltatore di orientamento eurocolto la voce di Louis, con la sua tecnica rauca e totalmente antiortodossa di solito produce uno choc completo. […] sconfinando nel rifiuto di una voce primitiva e rozza. In realtà il suo canto non è che il corrispettivo vocale del suo modo di suonare […] libero, ispirato. Nella sua voce si colgono tutte le sfumature, inflessioni e la scioltezza spontanea della sua cornetta, inclusi portamenti e colpi d’attacco, vibrato e trilli. […] Ha aggiunto una nuova scuola o tecnica di canto alla musica occidentale, sebbene il suo orientamento di partenza sia senz’altro africano»18. 3.1.1 I Grandi Scat Singer19 La cantante scat più stimata e riconosciuta e che ha largamente diffuso questo stile, soprattutto con il brano How High The Moon nelle varie versioni a partire dal 1960 è Ella 17 Si veda a questo proposito il paragrafo relativo all’origine dello scat. GUNTHER SCHULLER, Il Jazz. Il Periodo Classico. Le origini Oliver, Morton, Armstrong, EDT Edizioni, Torino 1996, p. 93. 19 Molte notizie contenute nel paragrafo 3.1.1 sono tratte dalla voce “scat” di Wikipedia English. 18 18 Fitzgerald. La sua improvvisazione imita i suoni dell’era swing. Durante l’esecuzione spesso l’interprete inizia, come ad esempio nella versione eseguita in Giappone nel 1980, con il primo chorus utilizzando lo stesso tempo e cantandone le parole, proseguendo poi con uno special introduzione allo scat ed in seguito passando allo scat vero e proprio e più fantasioso, della durata di ben 6 minuti. Ella Fitzgerald imita volontariamente tutti gli strumenti dell’orchestra usando [b] – [p], consonanti labiali “esplosive” come gli strumenti a fiato, il rilascio del fiato built-up come pressione dell’aria sulla canna, [d] come lo staccato degli ottoni. Per queste sue caratteristiche Will Friedwald la paragonò ai protagonisti animati del “velocissimo” Roadrunner Cartoon creato da Chuck Jones. Negli ultimi anni Ella Fitzgerald, aggiungendo nuove idee, dimostra inoltre grande abilità nell’attingere ispirazioni e riff dalla musica popolare di allora. Sempre in una versione di How High the Moon del 1960 cita una dozzina di canzoni tra cui The Peanut Vendor, Heat Wave, A-Tisket A-Tasket, Smoke Gets in Your Eyes. Tra i maggiori esponenti dello scat style ricordiamo anche Mel Tormé, bambino prodigio della batteria, diventato uno dei più influenti musicisti del Ventesimo Secolo. Il suo scat era costruito su special ed arrangiamenti per big band che esaltavano le sue grandi competenze di polistrumentista. Nelle esibizioni del crescente numero di cantanti scat si notavano svariate strutturazioni. La scelta delle sillabe è elemento chiave dell’improvvisazione perché la scelta influenza altezza, intonazione e risonanza20. Diversi cantanti infatti andavano in differenti direzioni: 20 Il tema è ulteriormente sviluppato nel paragrafo di riferimento: “Considerazioni sulla probabile esistenza di una teoria di scelta delle sillabe”. 19 Betty Carter ad esempio era incline ad usare suoni come “louiee-ooie-la-la” (suoni a lingua morbida, come liquidi), Sarah Vaugan optava invece per “Shoo-doo-shoo-bee-ooo-bee” (con consonanti fricative, esplosive e vocali aperte, e gli shh, come le spazzole e ahh con attacco glottale, come la gran cassa della batteria). Le sillabe venivano quindi scelte anche dalla Vaugan ad imitazione degli strumenti. Ella Fitzgerald giocava “più swing”, mentre Sarah Vaugan tendeva all’imitazione delle formazioni “combo” dell’era bop. Altra componente molto importante per un cantate di scat era lo “humor” e Cab Calloway ne fu il principale ambasciatore. Altri importanti esponenti furono Slim Gaillard e Leo Watson, il quale spesso accennava a filastrocche prima di iniziare l’improvvisazione, oltre a portare avanti un’incessante ripetizione di alcune parole. Louis Armstrong fu un modello anche per lo humor, parere questo espresso da moltissimi cantanti. Cab Calloway stesso, il quale eseguì nel 1930 l’assolo scat all’interno della sua Porgy and Bess richiamando lo stile di Armstrong, riteneva il “solo” di Heebie Jeebies: «il fondamento dello scat moderno». Nell’ottobre del 1927 Duke Ellington registrò Creole Love Call dove Adelaide Hall cantò senza dire una parola: «lei canta con il groove di un trombettista» affermò Nat Hentoff. E ancora: «la creatività era condivisa fra lei e Duke: lui conosceva lo stile della performance che lei (che produceva il suono) desiderava fare». Duke Ellington ripeté l’esperimento di “complicità” in una delle sue versioni di The Mooche con lo scat di Baby Cox eseguito dopo un solo del trombonista Tricky Sam Nanton. 20 Nei gruppi vocali sono rilevanti le Boswell Sisters, trio vocale della Louisiana attivo negli anni Trenta. Amavano sperimentare a livello ritmico ed usavano regolarmente lo scat armonico nei loro dischi, un esempio è It Don’t Mean a Thing If It Ain’t Got That Swing. Altri cantanti scat degni di nota furono Scatman Crothers cantante e ballerino come molti all’epoca e Nat Gonella cantante e trombettista inglese. Questa pratica improvvisativa e di intrattenimento, lo scat, non fu comunque accettata da tutti. Alcune autorità in ambito musicale già all’inizio della sua diffusione, la consideravano priva di rispettabilità, tra queste la BBC Radio che nel 1930 ne proibì la messa in onda. Nel corso degli anni e con lo sviluppo della musica jazz, lo scat si evolve e durante l’era bop diventa popolare. Annie Ross dichiarò: «lo scat è molto eccitante, tutti vogliono farlo». Così fu, poiché ne fecero uso svariati interpreti, tra cui le già citate Ella Fitzgerald e Sarah Vaugan, Eddie Jeggerson, Betty Carter, Anita O’Day, Joe Carroll, Carmen McRae, Jon Hendricks, Babs Gonzales e anche Dizzy Gillespie cantante, oltre che trombettista. 3.1.2 L’evoluzione dello scat negli ultimi cinquant’anni Si inserirono in seguito altre novità: nel 1960 molti cantanti scat inclusero nuovi suoni quali “grida, urla, risate”, che fino ad allora erano stati considerati non musicali. Nella rinascita del bop negli anni 70 si rinnoverà l’interesse di molti giovani cantanti al canto scat. Tali interpreti vedranno se stessi come una continuazione della tradizione del bop classico. 21 In questi anni sono emersi cantanti leggendari dell’improvvisazione jazz: Chet Baker, trombettista cantante, che collaborò con Parker, Gillespie, il quale fu grande esponente del cool jazz. Si presume che lo scat con la consonante [d] sia stata introdotta da lui: “dee doo dee” è un improvvisazione sillabica molto usata nel jazz contemporaneo. Altri grandissimi esponenti attuali sono Mark Murphy e Kurt Elling. Ancora oggi lo scat continua ad evolversi: l’improvvisazione vocale si sviluppa in modo indipendente dalle variazioni del jazz strumentale (musica pop dance ed elettronica, ad esempio Ski Ba Bop Ba Dop Bop nella canzone Scatman 1994 di John Scatman). L’improvvisazione vocale “sperimentale” di Bobby McFerrin dimostra come lo scat oggi sia uno stile vocale che ha fatto molti passi avanti rispetto ai concetti iniziali. Attualmente anche molte rock band sperimentano lo scat: i Fantomas (avant - garde metal band), Mike Patton, Steven Taylor, per arrivare agli eccezionali artisti rapper hip-hop contemporanei, che lo hanno del resto sempre praticato. Curioso citare la presenza di scat un po’ “bizzarri” in alcuni brani, come ad esempio Prestige Solar A Gammon di Bernie Taupin e Elton John (1974) che include nomi di molte varietà di pesci. Il gruppo vocale Manhattan Transfer nel 1985 pubblicò Vocalese con la partecipazione di Jon Hendricks. Fu un disco importante dove i quattro scat singer resero omaggio ai grandi solisti del jazz, come del resto in altri attuali cd, dove riarmonizzano vocalmente storici soli strumentali jazz. Alcuni autori sostengono che lo scat affondi le sue radici nella musica tradizionale africana. In tutta la musica africana infatti la voce umana e gli strumenti assumono una sorta di parità musicale e sono a volte così vicini nel timbro e così inestricabilmente intrecciati nel tessuto della musica da essere quasi indistinguibili. Dick Higgins reputa “eguali” canto scat e suoni della tradizione poetica afro-americana. Nell’Africa occidentale 22 è tipico convertire ritmi di batteria in melodie vocali, pattern ritmici specifici con traduzioni sillabiche specifiche. Il musicista e docente Roberto Lanieri, esprimendo un’opinione condivisa da psicologi e metafisici basata sul Modello Jung dell’inconscio collettivo, afferma: «l’improvvisazione vocale permette rivelazioni della profondità dell’anima ed è basata su diversi stati di coscienza, considerando che l’espansione della coscienza tende ad essere “vocale”, in quanto la voce è lo strumento primordiale»21. 3.1.3 Considerazioni sulla probabile esistenza di una teoria di scelta delle sillabe. Le consonanti [p], [b], [m], [l], sono fra le prime che l’infante pronuncia naturalmente nelle vocalizzazioni dei primi anni di vita. Si possono dunque fare delle considerazioni emerse anche in base all’analisi della vocalità dei cantanti durante la fase di studio dell’improvvisazione. Osservandone specificatamente la dizione, ho notato che spesso vengono usate e scelte vocali per la maggior parte attinenti all’altezza della miglior nota cantata emessa dal soggetto. Si può inoltre aggiungere che le vocali strette [i] ed [u] sono facili da sostenere in quanto articolate con la lingua più vicina al palato; le vocali [e] ed [ɛ] rimangono prevalentemente più vicine alla risonanza in maschera22, anche perché emesse tenendo la lingua in posizione obliqua. La pronuncia di tali vocali, sonorità prevalente nella lingua inglese, facilita suono ed agilità. La risonanza in maschera, soprattutto se ben associata alla risonanza di testa, alleggerisce l’emissione vocale potenziandola (prevalenza di frequenze medie). Si aggiunga oltretutto che nell’inglese la scioltezza del cantato, con 21 Wikipedia English, voce “scat”. Essendo le vocali pronunciate con la lingua il posizione obliqua, risuonano prettamente nella cavità nasale. Per maschera si intende la zona ossea in corrispondenza delle radici della dentatura incisiva superiore e basso zigomo. 22 23 parole molto più povere di vocali, è agevolata rispetto ad altre lingue con parole invece più ricche di vocali, come l’italiano. Il coinvolgimento delle consonanti nella formazione delle sillabe, si orienta maggiormente verso quelle leggermente più “rumorose”: labiali [b] e [p], labio-dentali [v] e talvolta [f], alveolo – dentali [t] e [d], ovvero le consonanti formate dall’apice della lingua in appoggio al palato duro. Il rumore dato dall’aria indirizzata verso verso il palato duro agevola l’incisività delle sillabe, soprattutto quelle sopraelencate che si indirizzano naturalmente in maschera. Le consonanti gutturali [k] [gh] hanno invece un’articolazione più arretrata ed agevolano l’intubazione. Esse vengono tuttavia tuttavia prese in considerazione quando si desidera dare forza “esplosiva”, soprattutto negli attacchi. Si utilizzano infine le consonanti linguali [l] e [n] per dare alle sillabe maggiore fluidità. Usualmente le diverse posizioni di articolazione delle vocali vengono rappresentante per mezzo di uno schema della cavità orale, detto trapezio vocalico: QUADRILATERO VOCALICO IPA23 23 L’immagine è tratta dalle Dispense di Fonologia e Glottologia del prof. Leonardo M. Savoia dell’Università di Firenze e di Foggia. 24 Luogo di Articolazione Consonanti: 25 3.1.4 Lo scat: linguaggi tramandati ed espressione sensoriale Nel recente avvio di nuove ricerche è stato evidenziato che lo scat potrebbe realmente derivare da un miscuglio di linguaggio dialettale africano e lingue tribali, miscuglio poi arricchito dallo spanish nel passaggio attraverso Cuba dei popoli africani in schiavitù, ed in seguito nuovamente arricchite dalle lingue europee incontrate nel nuovo continente. Certamente era presente allora fra gli schiavi, come è presente da sempre nel nuovo continente, il linguaggio oggi chiamato slang. Si pensi anche all’influente presenza del linguaggio diretto del Woodoo, non inteso come strumento per le “fatture”, ma come un insieme di danze, linguaggio spirituale e canti che servivano a liberarsi dalle fatiche e che gli schiavi avevano portato con sé dall’Africa, insieme al “call and response”24, spesso citato nella storia dello spiritual. Il Woodoo si esprimeva attraverso evocazioni e linguaggi a noi ancor oggi sconosciuti, aggiungendo inoltre, passaggio fondamentale, il contributo della “poliritmia africana”. Curioso segnalare, sebbene non ancora specificatamente documentato, il fatto che nella musica “new age” contemporanea artisti orientali, islandesi ed altri cantanti del nord Europa, quali Enya ad esempio, compongono ed eseguono brani dedicati alla natura, associando precise vocali o sillabe a precise sensazioni evocate da colori, animali, etc. Un nuovo linguaggio che sembrerebbe persino comune a diverse popolazioni sparse in tutto il mondo. 24 Tipologia di canto praticato nei campi di lavoro del popolo afroamericano in schiavitù: in esso il leader cantava strofe in variazione (call) e il gruppo rispondeva coralmente cantando una melodia ripetitiva (response). 26 3.1.5 La funzione terapeutica della vocalità Per concludere questo capitolo sull’evoluzione dello scat non si può tralasciare un ultimo importante elemento: la funzione terapeutica della pratica vocale. Nella modalità dell’interpretazione musicale libera, nell’istinto che fa “fluttuare” su armonia e tempo, musicisti e cantanti attuano anche scelte “inconsce”, alcune delle quali sono tradotte oggi con vere e proprie definizioni: musicoterapia e cantoterapia. Negli ultimi anni si è meglio definita inoltre un’altra pratica terapeutica, sviluppatasi appunto nella vocalità: l’Healing Sound Practice. Proveniente della cultura tibetana, si tratta della cura attraverso l’emissione del suono vocale che si affianca già da tempo a terapie per malattie tumorali e psichiatriche in centri specializzati. Secondo tale pratica determinate vocali e determinate sillabe coinvolgono direttamente, nella vibrazione, alcune parti del nostro corpo, in specifico vari punti del cranio e del busto a seconda della vocale emessa e della durata. Sentire il busto “suonare” come in questa pratica, fa riflettere sulla presenza di una forte influenza nelle scelte fatte dal cantante, per gestire al meglio dinamiche ed espressività sonora oltre la parola Scientificamente ormai sappiamo quanto la musicoterapia abbia assunto fondamentale importanza nella cura delle patologie, in modo particolare la cantoterapia (definizione segnalata in Riza Scenze 2009) che rilassa e massaggia internamente il corpo, involucro delle corde vocali. Se il buon uso dello strumento vocale, come anche la musicoterapia portano notevoli benefici, ma evidenziamo per contro l’influenza negativa proveniente dall’inquinamento acustico al quale siamo quotidianamente esposti. Molte persone usano gli “ear monitor” all’aperto non solo per ascoltare ma anche per isolarsi dal rumore, non dimenticando 27 inoltre le migliaia di onde di trasmissione che attraversano il nostro corpo con invisibile violenza. 28 Capitolo 4 ANALISI ANATOMICO-SCIENTIFICA DELL’ATTIVITA’ VOCALE E STRUMENTALE DI LOUIS ARMSTRONG La voce di Louis Armstrong negli anni ‘30 è ancora relativamente “liscia”, regolare: «addirittura in Ain’t Misbehavin’ (1929) elegge a modello i crooners bianchi»25. La tessitura di baritono sconfina costantemente verso il registro tenorile, suo registro naturale da giovane: tale tensione verso l’acuto, riscontrabile anche nel solismo strumentale di quegli anni, appare come l’espressione di una esuberanza fisica e vitalistica irreprimibile. Tuttavia «è proprio lo sforzo innaturale di una voce priva di controlli tecnici - suggerisce Pleasants,- a logorare progressivamente le corde vocali, da ciò scaturirà a partire dagli anni Quaranta quella voce ghiaiosa, scura, frastagliata»26. Nei paragrafi successivi verranno approfondite le caratteristiche di tale vocalità. In modo particolare l’analisi di alcuni fattori tecnici renderà comprensibile la diversità di appoggio sul fiato e conseguente risonanza delle due attività musicali praticate da Armstrong, quella trombettistica e quella vocale. 25 Lo stile del crooner è nato negli Stati Uniti, dopo l'avvento del microfono. La tradizione imponeva al cantante una impostazione di voce stentorea e squillante, tale da poter giungere chiaramente fino alle ultime file dei teatri; l'utilizzo del microfono rende meno indispensabile la potenza vocale e permette al cantante l'utilizzo di una tecnica sussurrata. Il crooning quindi non è un genere musicale specifico, ma è piuttosto uno stile e una tecnica di canto che si fonde col jazz e con un certo tipo di musica ballabile. Bing Crosby è stato uno dei prototipi di crooner, anche se nel novecento il più popolare è stato senza dubbio Frank Sinatra. 26 ZENNI, 2002, p. 29 4.1 Il diverso supporto respiratorio fra trombettista e cantante Sull’uso del fiato e sulla sua gestione esiste un dubbio spesso sollevato dai musicisti: se esista in verità una diversa pratica fra trombettista27 e cantante, riferendosi alla pressione interna che viene a formarsi durante la fonazione in entrambi i casi. Riguardo al rapporto fra i diaframmi (diaframma pelvico e diaframma situato alla base della cassa toracica) ed al meccanismo di potenziamento che consiste nell’aumento della pressione del fiato, siamo certamente tutti d’accordo sul fatto che possa essere comune, anche se si tratta di pressioni più o meno intense – colonna più o meno larga - e di dinamiche decisamente diverse, in quanto diverse sono le casse di risonanza coinvolte nelle due pratiche. Tuttavia esistono alcune analogie: si può certo dire infatti che i trombettisti praticando una pressione molto forte, sarebbero certamente in grado di supportare molto bene anche la voce cantata. 4.2 Lo strumento a fiato coinvolge la laringe Nei testi di tecnica musicale si ritiene che la laringe costituisca, per gli strumenti a fiato, un punto di passaggio dell’aria che consente la continuità del tubo di risonanza, senza tuttavia svolgere alcun ruolo attivo nella produzione sonora. Il diaframma del musicista e l’imboccatura dello strumento avrebbero il compito di gestire e regolare tutta l’emissione sonora. Benade28, nei suoi studi, propone l’immagine di “colonne d’aria” affermando che la laringe deve essere “spalancata” e che l’aria nei polmoni è spinta verso l’imboccatura 27 La tromba è l’unico strumento a fiato considerato in questa tesi, anche se verranno accennate alcune valutazioni sul flauto, sax ed altri strumenti a fiato. Meccanismi comunque diversi dalla tromba. 28 Fisico, studioso dell’acustica strumentale, con particolare passione per gli strumenti a fiato di cui ne modificava la struttura. 30 formando delle colonne d’aria. E’ nata però in seguito la curiosità dei foniatri, alimentata dall’opinione in comune a molti strumentisti, riguardo all’esistenza di un differente “timbro” strumentale, che sembra appunto diverso non solo per le diverse conformazioni anatomiche del musicista, che rendono “unico” il tubo di risonanza. Infatti si è oggi scientificamente dimostrato come la laringe viene coinvolta, in percentuali variabili, nella pratica di diversi strumenti a fiato. Lo attesta un esame chiamato l’EGG 31 Elettroglottogramma. Per tutte le categorie di strumenti a fiato si riscontra una adduzione incompleta delle corde vocali (fatta eccezione per il flauto traverso) senza attività vibratoria. Tuttavia mai le corde vocali si presentano abdotte o spalancate, anzi si riscontra una riduzione della distanza ariepiglottica29, tanto più evidente quanto più acuta la nota emessa30. 29 Riduzione dello spazio triangolare presente sotto l’epiglottide, sopra l’aderenza delle corde vocali. Il tema è sviluppato in modo completo nella relazione di Ugo Cesari, Chiara Faggioli e Ciro Niri in La Voce del Cantante, Volume Quinto a cura del Dr. Franco Fussi, Omega, Bologna 2009, p. 282; p. 284. 30 32 4.3 Vocalità Durante l’emissione vocale o fonazione il corpo vibrante interno (laringe) forma, con l’adduzione delle corde vocali, un ulteriore diaframma (aderenza-separazione). Questo produce onde sonore che fuoriescono dal cavo orale spinte dal fiato creando in contemporaneo due importantissime pressioni: quella sottoglottica31 e quella sopraglottica32. In tale processo viene inoltre coinvolto un terzo fondamentale diaframma: il velo pendulo, anche chiamato palato molle. Esso durante la fonazione può essere alto o basso ed in campo vocale si conoscono molto bene i differenti spazi di risonanza di testa, nasale e orale che si vengono a creare. In conseguenza ai ai movimenti del velo pendulo le pressioni 31 32 Pressione che si viene a formare sotto l’aderenza delle corde vocali in funzione, in trachea Pressione che si viene a formare sopra l’aderenza delle corde vocali, nel cavo orale. 33 interne sono molto differenti. In ogni cavità dove entrano onde sonore accompagnate dal fiato (altrimenti non sarebbero udibili) si forma una “pressione”, il cui controllo coinvolge per il cantante tutti i diaframmi sopracitati: pelvico, toracico, glottale, palatale. Secondo la teoria della “catena dei diaframmi” di Gisela Rohmert33 anche altri due: il pavimento della bocca ed il diaframma della sella turcica, dove si trova l’ipofisi, che vengono anch’essi ritenuti importantissimi per la risonanza. Durante l’emissione sonora il trombettista gestisce il fiato, vibrando poi le labbra (che fungono da ancia doppia, sorgente vibratoria) all’interno del bocchino; si ha quindi con corpo vibrante al limite della bocca nella quale si forma una forte pressione interna (ricordiamo le enormi guance di Dizzy Gillespie) Tale pressione interna, anche se in presenza di movimenti laringei precedentemente illustrati, è molto diversa da quella del cantante che, se ben impostato, utilizza equilibratamente le diverse pressioni all’interno del cavo orale. La gestione di più casse di risonanza (petto, bocca, naso, testa) per il cantante deve raggiungere un equilibrio. Una diversa interiorizzazione quindi rispetto a quella degli strumenti a fiato. Con analogie, ma da ben assimilare in tutta la sua complessità. 4.4 Tutto questo influenzò Louis Armstrong? Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti dunque, il trombettista cantante pratica una complessa alternanza di pressioni interne. Louis Armstrong riuscì a trovare un compromesso nella gestione della vocalità, ormai trasformata in rauco-baritonale negli ultimi anni della sua carriera. Ciò fu reso possibile dal suo grande talento e dalla sua 33 Medico, laureata in didattica vocale, contralto solista, è impegnata nella ricerca sulla funzione della voce umana con il gruppo sperimentale dell’Università di Darmstadt. 34 predisposizione ad una certa resistenza fisica: egli possedeva infatti un busto molto tarchiato, con baricentro leggermente spostato in avanti, che altera la linea cervicale, ma compensato da una cavità orale ampia e da un collo largo34. Anche se più avanti si illustreranno gli aspetti positivi della tecnica vocale usata da Armstrong negli ultimi anni, evidenziamo ora quali furono le possibili cause del cambiamento della sua vocalità: • le malattie (affaticamento cardiaco e due infarti conseguenti). • la stanchezza per l’intensa attività (i 300 concerti all’anno nel periodo centrale della carriera). • la naturale ossificazione della laringe che come tutte le cartilagini in età senile si trasforma indurendosi con conseguente limitazione dell’agilità: una possibile velatura della voce35 e in certi casi una perdita degli acuti. • non per ultima causa, il fumo. Osservando inoltre il contesto posturale di Louis Armstrong si può notare una leggera iperlordosi lombare: «un altro affaticamento l’iperlordosi cervicale e lombare, tipica per i trombettisti»36. Tuttavia Louis Armstrong si adattò ad un uso prevalente della cassa di risonanza pettorale. Tale risonanza è legata alle vocalità di bassa frequenza, naturalmente coinvolta nell’emissione dei medio bassi, quando le corde vocali vibrano più lentamente e con laringe posizionata più in basso (onde larghe e lente, che viaggiano quindi verso il basso – 34 Gli africani hanno un’ottima stabilità, una conformazione osseo - cranica completamente diversa dalla nostra, con ossa più pesanti (poco adatte al nuoto ad esempio). Essi presentano un busto ben piazzato (The African Elegance!),molto adatto quindi all’allineamento posturale ed all’ottimizzazione della pressione respiratoria interna. Si aggiunga inoltre la presenza di labbra carnose, resistenti e adatte quindi a produrre la vibrazione all’interno del bocchino della tromba. 35 Ne è esempio la “velatura vocale” attuale di Aretha Franklin, la cui vocalità risulta comunque ottima, poiché ancora in presenza di note acute. 36 La Voce del Cantante, p. 290. 35 si pensi alla funzione del “subwoofer”). Tutto questo non risultò difficile ad Armstrong, poiché egli possedeva come già detto un buon petto risuonante. Altro importante aspetto positivo che agevolò la resistenza di Louis Armstrong fu la sua buona e corretta alimentazione. Egli possedeva una notevole resistenza fisica, ma aveva anche abitudini alimentari di concezione “sana, alla New Orleans” come raccontò nella sua autobiografia. In essa descriveva le sue diete (non saltava mai i pasti), vantandosi oltretutto della regolare assunzione di erbe svizzere lassative ritenute da lui “elisir di salute assoluta”. 4.4.1 Il “Fry” di Louis Armstrong37 Oggi, in base a definizioni provenienti da diversi metodi di classificazione e perfezionamento della tecnica vocale, nuovi vocabolari della tecnica, si classifica la voce di Louis Armstrong come “Fry” (frittura vocale), anche detta “Pulse Register”, “Creaky Voice”, “Glottal Fry”, “Murmur Voice”, “Fry Register”, “Strowbass”, “Voce del Consigliere”, “Voce Basale”. Si tratta di una adduzione cordale in grado di produrre il suono con un particolare rumore di fondo. E’ necessaria una grande concentrazione durante il suo allenamento basato sulla “tenuta” di una nota emessa, che va fatta durare il più possibile (per averne un’idea immediata si pensi alla pratica usuale delle note tenute dei monaci tibetani). In base ad alcune ricerche effettuate sulla pratica di tale tecnica si è riscontrato che la presenza di un Fry “ottimale” coincide con una voce stabile e capace di proiettarsi bene: essendo dunque migliorabile più la si pratica, migliorerà di conseguenza anche la voce, in tutti i suoi registri. 37 Parte delle informazioni contenute in questo paragrafo son tratte dalla relazione di Ponzanelli, Mazzocchi e Brizi nel quinto volume de “La Voce del Cantante” a cura di Franco Fussi, pp. 151; 175. 36 Le corde vocali vere durante tale fonazione sono in forte contrazione e le false in contrazione più lieve, la quantità di aria utilizzata è scarsa e la vibrazione della mucosa (“cappottino delle corde vocali”)38 è superficiale. In logopedia l’uso del Fry è utilizzato ad esempio per favorire una buona adduzione delle corde vocali e per aumentare l’elasticità della mucosa. Le frequenze di tale vocalità vanno dai 64 Hz (Fry + voce) ai 65 Hz (voce dei monaci) ai 75 Hz (voce da basso). L’utilizzo di questa tecnica non mira quindi ad una voce “dura” ma ad una voce ben bilanciata. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa sonorità caratterizzante la voce di Armstrong negli ultimi anni della sua vita, fu quindi il frutto di un’autoeducazione che lo portò a ritrovare un equilibrio, necessario dopo i diversi affaticamenti per l’ eccessivo lavoro39. Del resto le corde vocali, sono un organo che si “autoricarica” molto facilmente, poiché sono dotate di un’eccezionale ripresa in stato di riposo durante il silenzio ed anche nel sonno, quando il corpo si rilascia (ricordiamo che al mattino si è più alti!). La laringe è fra l’altro uno degli organi più resistenti del corpo umano. Anche alla fine di questo paragrafo, dunque, risulta evidente il talento di Louis Armstrong, insito in ogni sua pratica musicale. Si comprende che la ripresa vocale si è per lui trasformata, sfociando nella pratica prevalente del suo “nuovo” stile. 38 Le velocissime vibrazioni delle corde vocali (circa 100 vibrazioni al secondo nel range del parlato), in realtà sono le vibrazioni della mucosa della quale sono rivestite. Non sono definite delle vere e proprie “corde”, in lingua anglosassone sono infatti chiamate plagues (piaghe). Il gel morbidissimo che le ricopre è il primo a danneggiarsi ad esempio nel fumatore, che perde gli acuti a causa di capillari che si gonfiano all’interno delle corde vocali, in difesa delle stesse ormai “scoperte”. 39 Egli subì tra l’altro diverse operazioni, tra cui una alla cavo laringeo nel 1936. 37 4.4.2 Il Vibrato, miglior caratteristica di collegamento fra le due tecniche, trombettistica e vocale, praticate da Louis Armstrong Riguardo al vibrato di Louis Armstrong, risultano illuminanti le parole di Gunther Schuller40: «fu durante il 1925 che cominciò a lavorare a questa importante componente del suo timbro: il vibrato, rendendosi conto che poteva essere un ingrediente essenziale per acquistare slancio ritmico […] che non è un qualcosa che aggiungiamo alla nota, soopra la nota, ma un “elemento” interno alla nota che le da movimento…dovrebbe esser qualcosa che manda il suono in avanti non su e giù. […] E’ una sfumatura personale che all’inizio egli trasse senza dubbio dalla propria (o altrui) tecnica vocale. Al vibrato si aggiunsero presto altre due sigle di Armstrong: il trillo di labbro e il “vibrato terminale »41. Proprio nel vibrato di Louis Armstrong dunque, si coglie il più importante collegamento fra le due pratiche respiratorie e foniche utilizzate nello strumento a fiato e nella vocalità, opinione questa condivisa anche dai foniatri. Praticare sia strumento che vocalità è stata una possibilità concessa al suo grande talento, sostenuto, come descritto in precedenza, dalla sua grande resistenza fisica ed aggiungerei da un’acuta intelligenza. Tuttavia ciò ha, per contro, certamente contribuito ad affaticarlo, 40 41 SCHULLER, 1996, pag. 90. Il termine venne usato da André Hodeir, a proposito del trombonista Dickie Wells. 38 rallentando delicati momenti di ripresa che avrebbero potuto aiutarlo a non ammalarsi, soprattutto a livello cardiaco. Grandi punti a favore quindi per Louis Armstrong sono stati l’Equilibrio Emotivo e certamente L’Equilibrio Respiratorio, conseguenza speculare di una buona pratica. Nella didattica del musicista come nella didattica del cantante è rilevante il perfezionamento della ritmica, fondamento di bravura e di conseguente resistenza. Gran parte dei musicisti nel settore ritmico, ad esempio, non respira in modo corretto durante l’approccio con lo strumento. 39 Capitolo 5 BREVE ANALISI DEL SOLISMO DI LOUIS ARMSTRONG Si espone qui di seguito, come appendice di quanto esposto in tesi, una breve analisi musicale e stilistica di tre brani interpretati da Louis Armstrong42. In primo luogo si prenderà in considerazione La Vie en Rose, classico popular del 1945 con testo di Edith Piaf e musica di Louiguy, esempio della trasformazione innovativa di brani da “popular” in “jazzy” attuata da Armstrong. Si esaminerà poi Lazy River, in particolare lo scat di Louis Armstrong sia nella prima versione del 1931 che nella seconda del brano dell’anno 1961, brano dove sono contenuti anche il cantato e breve scat di Bing Crosby nel quale risulta evidente l’adozione dello stile afro-americano da parte di cantanti bianchi. Infine verrà analizzato il solo trombettistico di Chim Chim Cher-ee (1968), considerato dagli esperti sintesi stilistico-musicale dell’artista Louis Armstrong e verrà esposta analisi di un chorus cantato del brano dove si evidenziano analogie stilistiche. Scrive Luciano Federighi di Armstrong cantante agli inizi: «la sequenza lirico-sintattica, oltre a quella melodica, viene messa a soqquadro, sconvolta da amputazioni dei versi, incrostazioni di mugolii e particelle sillabiche, sostituzioni e anticipazioni, in una prospettiva emozionalmente nuova, magistralmente e magicamente sospesa tra linguaggio vocale e strumentale»43. Si aggiunge a questo scritto che negli ultimi anni della carriera di Louis Armstrong è invece la tromba a divenire un prolungamento della voce. 42 43 I tre brani oggetto di questo capitolo sono inseriti nel cd allegato alla tesi. ZENNI, 2002, p. 54. 40 5.1 La Vie en Rose (1951) Lo stile trombettistico di Armstrong è stato alla base dello sviluppo stilistico del suo cantato dei primi anni. Dalla descrizione del vibrato svolta nel precedente capitolo si è rilevata un’importante analogia presente tra il solismo strumentale e il solismo vocale, a dimostrazione di una influenza reciproca tra gli atteggiamenti attuati nelle due pratiche musicali. Come segnalato nella parte storica iniziale di questo lavoro, Armstrong rendeva “jazzy” tutte le canzoni che interpretava: esponiamo quindi alcuni dettagli relativi a questo passaggio. La prima caratteristica evidente è la ricchezza ritmica, grande protagonista in un’esecuzione ricca di anticipi, terzine, dilatazioni delle stesse melodia, dilatazioni del tempo. Nelle incisioni dei brani popolari Armstrong reinterpreta la melodia degli “standard” aggiungendo piccole e svariate sfaccettature. Molte vengono dal blues, ad esempio aggiunta di blue note, riff riempitivi, cromatismi, frammenti della scala pentatonica, tutti completamenti usati a collegamento ed abbellimento del fraseggio. Alcune di queste caratteristiche si possono quindi osservare nello spartito seguente di La Vie en Rose, rielaborato da Armstrong nel 1951 dopo il grande successo di Edith Piaf del 1945. 41 42 - La prima esposizione della melodia è eseguita dalla tromba, dalla battuta 5 alla 24. Nei primi anni in cui venivano commissionate le incisioni di brani popolari dell’epoca, Louis Armstrong poneva evidentemente in primo piano l’esecuzione trombettistica. Nel brano infatti tutte le caratteristiche stilistiche di Armstrong sono riscontrabili maggiormente nell’esecuzione trombettistica, già dal primo chorus (scale cromatiche, abbellimenti, etc). - Alla seguente esecuzione canora Armstrong lascia una certa linearità e semplicità melodica. Il cantato appunto eseguito dalla battuta 29 alla 48 rimane fedelissimo al testo in inglese scritto da David Mack: Armstrong è inizialmente poco riconoscibile, canta con il timbro vocale ancora giovanile, pulito, con suono ricco di armonici tipici della voce tenorile. Solo in alcuni passaggi e sul finale delle parole egli pratica la tecnica “Fry”, descritta precedentemente, che negli anni seguenti diventerà prevalente e caratterizzante. Evidenziamo che l’uso di tale vocalità, sui finali delle parole appunto, ne dimostra il suo corretto uso. E’ infatti in fase rilascio del fiato che si crea quella riposante leggerezza vocale, lo sfumare, che è fra le caratteristiche principali di ogni cantante ben impostato. Louis Armstrong confidenza con la gestione del proprio fiato. 43 mostra ancora una volta la grande 5.2 Lazy River (1961-63) Il cantante Bing Crosby disse di Louis Armstrong nel 1950: «Egli è il principio e la fine della musica in America»44. L’influenza di Armstrong su Bing Crosby è molto evidente già nelle sue prime registrazioni (ad esempio Just One More Chance,1931). Dettaglio rilevante descritto anche nel New Grove Dictionary of Jazz: «Crosby ha introdotto nel canto popolare bianco il concetto stesso del cantare afro-americano»45. Esponiamo di cosa si tratta. Sono tecniche di abilità nella gestione del fiato e si sviluppano passando dal registro di testa (pratica vocale effettuata con corde false, estensione maschile tenorile che parte solitamente dal Si4-Re5 sviluppandosi verso gli acuti) al registro di petto (sempre nell’estensione tenorile da nota iniziale Fa2. al Do5 – do di petto). Nelle definizioni odierne nella tecnica vocale, si parla anche delle zone di passaggio (dove i due registri petto e testa maschili si possono sovrapporre, cioè da Sol4 a Si4-Re5-Mi5 circa) un vero e proprio micro-spostamento di posizione. Qui si è definito da tempo un terzo registro nella vocalità, cioè la voce mista o mix resonance, detta anche Registro Misto46. Altra caratteristica dello stile afro-americano è il modo di evidenziare le consonanti, eseguita per enfatizzare il testo, pratica questa tipica delle cantanti nere, e presente nello scat. Questi atteggiamenti verranno emulati più tardi da quasi tutti i cantanti pop, soul e jazz, che oltretutto aggiungeranno glissati, attacchi glottali, soffiati e graffiati, e tanti 44 45 Wikipedia English, voce “scat”. Wikipedia English, voce “scat”. 46 Le corde vocali si posizionano “circa a metà” fra le posizioni dei due registri precedentemente descritti, spesso con l’aggiunta di una restrizione dello spazio ari-epiglottico oltre che l’abbassamento del palato molle. 44 altre tipologie di vibrato. Tante caratteristiche che creeranno nel tempo un’importante nuova definizione di “canto non classico” o “canto moderno”. Louis Armstrong e Bing Bing Crosby collaborarono molto, soprattutto nel cinema. Armstrong nel 1931 apparve infatti nel suo primo film Ex –Flame poco dopo il loro incontro, avvenuto nel New Cotton Club di Los Angeles nel 1930, locale dove Satchmo si esibiva che era frequentato da molte celebrità di Hollywood. La prima versione del brano Lazy River di Arodin/Carmichael, registrata da Louis Armstrong nel 1931 iniziò con un breve assolo di tromba. Nella strofa seguente il cantato ignorò la melodia ed ed Armstrong cantò come se suonasse la tromba, “picchettando” tutte le singole note della prima parte ed utilizzando un fraseggio sincopato. Nella seconda strofa eseguì invece la melodia completamente improvvisata, evolutasi successivamente in un classico Armstrong’s Scatting. Lo scat scaturisce dalla destrutturazione delle sonorità sonorità sillabiche di due parole: Lazy e River -. 45 Lo stesso Crosby dichiarò quanto questo brano, come altri di Armstrong, furono per lui fonte di ispirazione riguardo a stile e pronuncia. Negli anni ‘60 dunque i due artisti registrarono insieme lo standard Lazy River. Qui Louis Armstrong, dopo un’introduzione strumentale ed un chorus cantato da Bing Crosby, esegue lo scat sillabando, soprattutto con consonanti labiali e linguali. 46 Aggiungiamo anche otto battute di cantato cantato di Bing Grosby, dove si nota soprattutto la trasformazione ritmica del brano, che risulta ricco di anticipi, terzine, glissati e dinamiche che rendono l’inizio del brano, nella parte eseguita “ballad”, particolarmente raffinato (nello stile di Bing Crosby pare di cogliere un’analogia con lo stile di Elvis Presley). Quando Crosby esegue una scala crescente riduce il volume ad una leggerezza anche questa tipica del canto afro-americano. 47 5.3 Chim Chim Cher-ee (1968) Nel 1968 la Disney chiede ad Armstrong di incidere canzoni fiaba; nascerà un bellissimo album contenente il brano Chim Chim Cher-ee, cantato originariamente dallo spazzacamin (melodia ebraica scritta dai F.lli Sherman) tratto dal Musical Mary Poppins. Il brano era già stato scelto da Coltrane nel 1965 per l’album John Coltrane Quartet. Come in tutte le fiabe anche in Mary Poppins è insita una vena “cupa”. Questo aspetto “dark” (definito così nel linguaggio anglosassone) viene enfatizzato da Armstrong nella canzone Chim Chim Cher-ee. Il brano è eseguito cambiando il tempo: veniva eseguito nel musical in 3/4, Armstrong invece sceglie di eseguirla in 4/4. Un cambiamento di grande rilevanza per l’impronta espressiva del brano. Prendiamo inizialmente in considerazione il quarto chorus della canzone Chim Chim Cheree dove viene eseguito l’assolo di tromba, per meglio evidenziare alcune caratteristiche stilistiche che ritroviamo poi nel cantato melodico. Tralasceremo lo scat che viene solo brevemente accennato in coda al brano, che viene poi sfumato. La tromba suona con timbro e ritmo forti. Molti attacchi sono scolpiti. In certe parti viene attuata una ritmica “fluttuante”, di stile malinconicissimo, come il cantato anch’esso completamente “fluttuante”. 48 L’improvvisazione risulta molto codificata: - Nelle prime quattro battute Armstrong esegue un Sol ribattuto seguito da una Scala Cromatica discendente (partendo dal Do5) sugli accordi Do minore, che ritroveremo anche alla fine del chorus; un’idea che si ripeterà anche nel secondo chorus più estesa. - Dalla battuta 5 alla 8 esegue una Scala Minore Armonica con una sola Blue Note (Gb nella sesta battuta) dove Armstrong si sofferma per ben 4/4. I primi 2/4 l’effettiva blue note che si prolunga diventando settima dell’accordo successivo di La bemolle settima. - Poi nelle battute 9-10-11 si ripropone una scala minore dove, sull’accordo di Do minore con la settima maggiore, Armstrong suona due quarti di Si bemolle. bemolle. Sembrerebbe la stessa idea di cromatismo (seguono poi La naturale e La bemolle) eseguita in precedenza, ma così riproposta costruisce una nuova idea melodica. In questo punto del brano risulta così molto evidente quello stile “fluttuante” sopradetto. 49 «He’s at his most rhytmically free on this album; everything coheres on the nearly sevenminute “Chim Chim Cher-ee”, witch features two completely different sixteen_bar trumpet solos, each –haunting and even modern – performed over a descending minor vamp»47. La scelta di passaggio dal 3/4 al 4/4, si deve probabilmente al desiderio di “swingare” il brano. Il cantato infatti risulta rilassato, ritmico, ricco di anticipi (anche di 1/4). Risulta ben presente anche la tipica forza nella pronuncia della [c] iniziale delle parole Chim Chim e la 47 RICCARDI, 2012, p.263. Traduzione: Si sente molto la sua libertà ritmica in questo album; tutto risulta coerente nei sette minuti di Chim Chim Cher-ee, dove presenta due soli in sedici battute completamente differenti, entrambi –facili da ricordare e persino moderni si riferiscono ad un’idea di improvvisazione minore discendente. 50 Sc, fricativa, all’inizio della parola Cher-ee, l’enfatizzazione del testo tipica del canto afroamericano. Tutto il brano Chim Chim Cher-ee che viene ritenuto uno dei brani più significativi della carriera di Louis Armstrong, è da musicologi e storici definito una sintesi della personalità allegra ed insieme drammatica del genio Louis Armstrong, oltre che del suo inconfondibile stile. Scrive Luciano Federighi del primo Armstrong cantante: «La sequenza lirico-sintattica, oltre a quella melodica, viene messa a soqquadro, sconvolta da amputazioni dei versi, incrostazioni di mugolii e particelle sillabiche, sostituzioni e anticipazioni, in una prospettiva emozionalmente nuova, magistralmente e magicamente sospesa tra linguaggio vocale e strumentale»48. Dal al ’35 al ‘45 avvengono dei cambiamenti nella vocalità di Armstrong, ritorna anche più semplice e lineare, fedele alla melodia. Sarà invece lo strumento a divenire un prolungamento della voce. Verso la fine della carriera Louis Armstrong unisce pratica strumentale e vocale in una sonorità molto amalgamata, perfettamente proporzionata, dove la tromba e la voce risultano ormai unite in un unico linguaggio. 48 ZENNI, 2002, p. 54. 51 CONCLUSIONI Il lavoro ha voluto mostrare parte del grande apporto che Louis Armstrong ha dato alla nascita del jazz, in particolare attraverso dettagli stilistici specifici del canto. La parte storica iniziale evidenzia le peculiari attitudini di Louie49 al canto e all’intrattenimento ed illustra quanto queste attitudini, ben nutrite da una preparazione musicale impeccabile, abbiano aperto vie e dato stimoli per un’inevitabile evoluzione stilistica avviatasi con l’arrivo del popolo afro-americano nel nuovo continente. Nella parte sull’analisi anatomica di Louis Armstrong è stato esposto l’uso della sua fisicità che, corretto o scorretto, ha formato un’artista poliedrico, perfettamente in equilibrio nonostante gli affaticamenti. Infine la breve analisi musicale evidenzia solo alcuni dei dettagli teorici e di tecnica vocale del grande apporto di Louis Armstrong alla rinascenza del canto50. Per sviluppare in modo esauriente soltanto questo singolo aspetto sarebbe stata necessaria la stesura di un’apposita tesi di laurea. La ricerca invece si è orientata più verso l’approfondimento degli aspetti tecnici della pratica vocale e strumentale di Louis Armstrong, oggi possibile in quanto esistono svariate informazioni scientifiche in merito. 49 Louie è il nome con cui Louis Armstrong preferiva essere chiamato Dal dizionario Garzanti della lingua italiana: Rinascenza, il rinascere. In luogo di questo francesismo, specialmente nell’uso figurato, si dica rinascimento. 50 52 53 Ruolo e preparazione del cantante si stanno evolvendo. Preparazione musicale e conseguente salto di qualità culturale cominciano ad incarnarsi nella pratica vocale di molti artisti della voce, cosa che non è sempre avvenuta. Ne fu causa una fuorviante “distrazione” dettata da apertura, spontaneità, forza, immediatezza di chi possiede un linguaggio corporale e vocale molto diretto. La preparazione non è sacrificio, ma natura del talento. L’esigenza di pratica continua ed intelligentemente costruttiva è insita nel canto come nel musicista. Non si vive fino in fondo un importante ruolo artistico, soprattutto nella vocalità, senza un enorme lavoro continuo mirato a coltivarne le caratteristiche. Il buon lavoro di un grande artista può essere componente di grandi cambiamenti stilistici, di evoluzioni. L’ emblema di tanto impegno, lavoro, professionalità, è Louis Armstrong. 54 «Tutta la mia vita è stata felicità. Attraverso tutte le sventure ed il resto, io non ho pianificato nulla. La vita era lì per me, e io l’ho accettata. E la vita, qualunque cosa venisse fuori, è stata bella con me, e io amo tutti». Louis Armstrong 55 SITOGRAFIA http://it.wikipedia.org/wiki/Louis_Armstrong http://en.wikipedia.org/wiki/Scat_singing DISCOGRAFIA ESSENZIALE Registrazioni Louis Armstrong Hot Five e Hot Seven Sessions (1925-1928) Satchmo a Pasadena (1951) Louis Armstrong Plays WC Handy (1955) Louis Armstrong al Crescendo, vol. 1 (1955) Louis e gli angeli (1957) Struttin ' (1996) Con Ella Fitzgerald Ella e Louis (1956) Ella e Louis Ancora una volta (1957) Porgy and Bess (1957) Con Duke Ellington Louis Armstrong e Duke Ellington: The Great Summit / Complete Sessions (1961) Altre collaborazioni Louis Armstrong Meets Oscar Peterson (1957) I veri ambasciatori (1961) Canzoni " West End Blues " (1928) " Ciao, Dolly! " (1964) " What a Wonderful World " (1967) Compilation The Complete Ella Fitzgerald & Louis Armstrong su Verve (1997) Hot Fives & Sevens (2000) Il Grande Summit: The Master Takes (2001) Disney Songs The Satchmo Way (1968) 56 BIBLIOGRAFIA GUNTHER SCHULLER, Il Jazz. Il Periodo Classico. Le origini Oliver, Morton, Armstrong, EDT Edizioni, Torino 1996. LOUIS ARMSTRONG, Satchmo. La mia vita a New Orleans (titolo originale My life in new Orleans), Minimum Fax Edizioni, ROMA 2004 (ristampa). RICKY RICCARDI, What a wonderful world. The Magic of Louis Armstrong’s Later Years, Vintage Books, New York 2012. STEFANO ZENNI, Louis Armstrong, Roma 2002. FRANCO FUSSI, La voce del cantate, volume quinto, Atti del V Convegno Internazionale “La Voce Artistica” a cura dell’ASL di Ravenna, Fondazione Ravenna Manifestazioni e Vocologia Artistica dell’Università di Bologna (sede di Ravenna) Omega Edizioni, 2009. LUCA BRAGALINI, Jazz e Opera. Le arie, breve viaggio all’origine degli scambi fra due generi musicali solo apparentemente agli antipodi. Con un testimone d’eccezione: Louis Armstrong, 2009. SAMUEL A. FLOYD JR, The power of black music, Oxford Paperbacks, New York-Oxford 1995. ALLEGATO: CD ASCOLTI Elenco tracce: 12345678910- Louis Armstrong e gli Hot Five Heebie Jeebies Louis Armstrong e Ella Fitzgerald Summertime Cab Calloway Minnie The Moocher Babs Gonzales Oop-Pop-A-Da Ella Fitzgerald How High The Moon Louis Armstrong La Vie En Rose Louis Armstrong Lazy River Louis Armstrong e Bing Crosby Lazy River Louis Armstrong Chim Chim Cher-ee Bobby McFerrin alla Scala di Milano (2007) video 57 RINGRAZIAMENTI In primis ringrazio di cuore il Prof. Corrado Guarino per l’aiuto che ho ricevuto nel mio cammino verso cultura, educazione e preparazione musicale. Per gli stimoli a continuare in approfondimenti futuri e per le occasioni di esibizione e di inserimento offertemi in questi anni di studio. Ringrazio tutti gli insegnanti del Trienno Sperimentale di Jazz del Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, in particolare Luca Bragalini, Martina Grossi, Cristina Baldo, Francesco Villa, Evy De Marco, Marcella Mandanici, Mariani, Elisa Dakin, Angelo Peli, Rebaudengo. Ringrazio Camilla della segreteria, per le accortezze verso tutti noi studenti, e tutto il personale presente “nei corridoi” del Conservatorio. Ringrazio i Direttori da me conosciuti: Prof. Balzaretti e Prof. Ruocco. Per i consigli inerenti la stesura di questa tesi: Irene Tirloni, Roberto Soggetti, Antonio La Bruna, Osvaldo Tagliani, Martina Grossi. Per il supporto morale negli anni di studio: mamma Irvana Grazioli, il Joyful Gospel Choir, Bruna Mazzola, Patrizia Fornari, Achille Pellenghi e Anna Finardi, Gianluigi Scanu, Franco Raffo, Michele Lodi, Stefania Torchio, e tanti altri cari amici. La tesi è dedicata ai fratelli Luciano Mazzola e Prof. Paolino Mazzola, che hanno certamente presenziato alla proclamazione, le due sedie già occupate in prima fila, dove nessuno è riuscito ad appoggiare la giacca…… 58