Capitolo 2

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Conservatorio di Musica “Luca Marenzio” di Brescia
TESI DI LAUREA IN JAZZ
L’APPORTO DI
LOUIS ARMSTRONG
ALLA RINASCENZA
DEL CANTO
Relatore: prof. Corrado Guarino
Candidata: Brunella Angela Mazzola
ANNO ACCADEMICO 2012-2013
SOMMARIO
Introduzione
2
Capitolo 1
3
Louis Armstrong genio ed ascoltatore
1.1 Biografia
3
1.2 La cultura del canto nel popolo afro-americano
7
Capitolo 2
Il contributo di Louis Armstrong agli sviluppi stilistici nella vocalità Jazz
10
Capitolo 3
Nascita e sviluppo dello scat: dalle origini, al bebop, ad oggi
17
3.1 Dallo scat arcaico, al bebop, ad oggi
19
3.1.1 I grandi scat singer
19
3.1.2 L’evoluzione dello scat negli ultimi cinquant’anni
22
3.1.3 Considerazioni sulla probabile esistenza di una teoria di scelta delle sillabe
24
3.1.4 Lo scat linguaggi tramandati ed espressione sensoriale
27
3.1.5 La funzione terapeutica della vocalità
28
Capitolo 4
Louis Armstrong
Analisi Anatomico-Scientifica dell’attività vocale e dell’attività strumentale di
30
4.1 Il diverso supporto respiratorio fra trombettista e cantante
31
4.2 Lo strumento a fiato coinvolge la laringe
31
4.3 Vocalità
34
4.4 Tutto questo influenzò Louis Armstrong
35
4.4.1 Il “Fry” di Louis Armstrong
37
4.4.2 Il vibrato
39
Capitolo 5
Breve Analisi Musicale del solismo di Louis Armstrong
41
Conclusioni
53
Bibliografia, sitografia, discografia, cd ascolti allegato
57
Ringraziamenti
59
INTRODUZIONE
La tesi si apre con un’introduzione di carattere storico che prende in esame il denso
percorso artistico di Louis Armstrong, dai primi approcci canori durante l’infanzia e dalla
prima formazione musicale, ai primi concerti nei gruppi storici, fino alle prime esecuzioni
di scat e standard caratterizzanti le sue ultime apparizioni.
L’obiettivo del lavoro vuole essere infatti quello di dimostrare come la carriera di questo
celebre jazzista abbia dato un apporto decisivo alla cosiddetta «rinascenza del canto»1, che
dal secondo decennio del Novecento inizia ad emanciparsi dalla lirica, muovendo verso
una concezione di canto moderno.
A tal fine nel secondo capitolo viene tracciata una breve storia dello sviluppo
dell’improvvisazione “scat”, di cui Armstrong fu il pioniere e si analizza in modo
particolare l’uso delle sillabe.
Il lavoro prosegue quindi con un esame anatomico-scientifico della vocalità e della pratica
trombettistica di Louis Armstrong, con una parentesi critica sulle più comuni opinioni in
merito.
In conclusione si affronta una breve analisi musicale su solismo, scat e cantato di Louis
Armstrong in cui si possono notare alcune influenze stilistiche esercitate sui cantanti che si
esibivano nel periodo iniziale della sua carriera e specularmente nella vocalità
contemporanea. Si esamina inoltre lo stile solistico degli ultimi periodi, a detta di molti
musicologi “sintesi” della personalità di Louis Armstrong.
1
Stefano Zenni, Louis Armstrong, Roma 2002, p. 48.
1
Capitolo 1
LOUIS ARMSTRONG GENIO ED ASCOLTATORE
1.1 BIOGRAFIA
“Satchmo ha definito il concetto stesso di Jazz”, dicono gli storici, ed è considerato ancora
oggi il più grande jazzista e solista di tutti i tempi. Nato nel più povero quartiere di New
Orleans il 4 Agosto del 1901, a due passi da Storyville, ebbe un’istruzione rudimentale e si
esercitò nell’uso della tromba al riformatorio Waif’s Home di New Orleans. All’interno di
tale struttura, dove Armstrong trascorse diversi periodi, si cercava di insegnare un mestiere
ai ragazzi. A tal fine venne costituita anche un’ orchestra giovanile diretta da Peter Davis
che aveva in repertorio marce militari, arrangiamenti di musiche di Liszt, Bach,
Rachmaninov, Mahler, Haydn. Qui Louis Armstrong venne inserito e qui apprese l’uso
della cornetta e studiò i primi
rudimenti di teoria musicale. In realtà
egli aveva già soffiato in una piccola
tromba di latta qualche anno prima,
all’età di sette anni, quando aveva
iniziato
a
lavorare
raccogliendo
cianfrusaglie con il carretto della
famiglia
Karnofsky,
dalla
quale
ereditò la passione per il canto.
2
“All’età di undici anni, mettendo da parte cinquanta centesimi a settimana riuscì a
comprare con cinque dollari una malandata cornetta al banco dei pegni: «Dopo averci
soffiato un po’ capii che potevo suonarci Home Sweet Home»2.
Nel 1912 cantando per le strade con il suo quartetto vocale, come racconta
nell’autobiografia My Life in New Orleans Armstrong si accorse che in città si trovava un
musicista in grado di suonare la cornetta in modo eccezionale: si trattava di Joe King
Oliver. Egli diventerà suo idolo e modello e con lui suonerà i primi blues nei locali a
Storyville. In seguito “papà Oliver”, così nominato da Armstrong, lo chiamerà a Chicago
per una sostituzione, dando inizio ad una eccezionale carriera. Importante per la sua
formazione fu anche il periodo in cui Louis Armstrong suonò per la linea di battelli Strake
Fusse sul Mississippi nell’orchestra di Fate Marable, un grande musicista che suonava la
calliope (organo a vapore) e che gli insegnò a leggere le partiture a prima vista.
Louis Armstrong insieme a “papà
Oliver”
2
ZENNI, 2002, p. 12.
3
Nel 1922 Oliver invitò Armstrong ad unirsi alla
Creole Jazz band a Chicago dove egli iniziò
collaborazioni importanti e continuative nel
corso della sua carriera.
Satchmo collaborò per anni con innumerevoli
artisti
del
jazz,
e
ricevette
moltissimi
riconoscimenti. Qui di seguito accenneremo solo
ad alcuni passaggi.
Nel 1961 in The Beautiful American con Duke
Ellington “What does it mean to be American?”
Dopo un concerto di Armstrong al New York Town Hall nel maggio del 1947, il manager Joe
Glaser sciolse la grande band di Pops e creò un nuovo gruppo ridotto a sei membri, formato
da Armstrong e da altri famosi musicisti. La
nuova
formazione
venne
annunciata
all'apertura del Billy Berg's Supper Club e
venne chiamata All Stars, gruppo storico che
accompagnerà Louis Armstrong per tutta la sua
lunga carriera.
Louis Armstrong amava particolarmente i
duetti: collaborò con Jimmie Rodgers, Bing Crosby, Duke Ellington, Fletcher Henderson,
Bessie Smith, Elvis Presley e tanti altri, e soprattutto con Ella Fitzgerald, insieme alla quale
Armstrong incise diversi dischi fra i quali: Ella and Louis, Ella and Louis Again, e Porgy and
Bess for Verve Records
Negli anni ‘50 praticò sia vocalità che strumento, diffondendo l’uso dello “scat” e
contribuendo alla nascita degli “standard”. L’innovazione consisteva nell’eseguire brani di
successo del periodo dandone una libera interpretazione. Così facendo Armstrong influenzò
intere generazioni non solo di cantanti ma anche di musicisti. Cambiò inoltre l’approccio alla
4
tromba: il suo ruolo da solista non sarà più di semplice virtuoso dello strumento, bensì diverrà
interprete ed intrattenitore, inizialmente poco amato dalla critica musicale, ma apprezzato dal
pubblico. A tale proposito è rilevante dire che la rielaborazione della tecnica trombettistica,
anche per problemi di salute (due infarti), vedrà ancora presente l’utilizzo del Fa sovracuto,
nonostante le labbra affaticate.
Seguendo l’intento di approfondire nella tesi argomenti riguardanti nello specifico la
vocalità di Louis Armstrong, desidero accennare brevemente ad un fatto che influenzò la
sua salute nel corso della lunga carriera.
Una nota dolente riguarda il lungo rapporto con il manager Joe Glaser, personaggio legato
alla malavita che sfruttò molto il talento di Louis Armstrong per diversi anni. Si noti infatti
nella foto sottostante la mano “bianca” appoggiata sulla spalla, gesto il cui significato
sottintendeva una esplicita dichiarazione: «That’s my nigger», ovvero «questo è il mio
negro».
5
Louis Armstrong di lui scrisse: «Joe Glaser era uno degli uomini più simpatici che siano
mai esistiti oltre che il migliore datore di lavoro per il quale io abbia lavorato»3.
Negli ultimi anni Armstrong suonò in diversi locali e show e fece tour in Africa, Europa e
Asia mantenendo i propri impegni concertistici costanti fino a poco prima della morte,
sopraggiunta il 6 luglio 1971.
1.2 LA CULTURA DEL CANTO NEL POPOLO AFRO-AMERICANO
La cultura del canto classico nel popolo afro-americano è stata finemente esposta dal
musicologo Luca Bragalini nel suo saggio “Le Arie” del quale riportiamo alcuni importanti
paragrafi:
«Il 22 maggio 1796 si rappresentò la
prima opera lirica al St. Peter Theater
di New Orleans, il Sylvain di André
Grétry. Nell’arco di nemmeno due
decenni nella metropoli della Louisiana
vennero ospitate ben 102 opere di 25
diversi compositori di musica classica
quasi tutti francesi. Attorno alla fine del
1830 i cittadini di New Orleans videro nascere tre importanti istituzioni tra cui il St.
Charles Theater, il più lussuoso e magnificente teatro di tutti gli Stati Uniti (costo circa
mezzo milione di dollari). Ebbene, come suggerisce Henry Kmen, agli schiavi era
permesso andare all’opera pur con un permesso rilasciato dai padroni. Negli anni ‘50 si
vide poi l’opera francese cedere il passo a capolavori di italiani quali Rossini, Donizetti,
3
Da Wikipedia English, alla voce “Louis Armstrong”.
6
Bellini con Verdi in testa. Esisteva anche un amplificatore del fenomeno verdiano nei
vicini Caraibi e più precisamente ad Avana, Cuba, dove già dal tardo settecento si mostrava
interesse all’opera. Molto più tardi infatti Filippo Galli, basso rossiniano, Ignazio Marini,
estimatore di Verdi e Fortunata Tedesco, contesa tra la Scala, Vienna e Parigi, oltre a
magnifici professori dell’orchestra tra cui il primo contrabbasso Giovanni Bottesini, vi
resero omaggio al loro eroe Giuseppe Verdi.
A Milano in un tardo pomeriggio di fine ottobre 1949 si vide Armstrong scendere da un
taxi davanti alla Scala. Si era ritagliato una visita tra il concerto pomeridiano e serale al
Teatro Odeon, confessando di voler “star vicino a quei gran dritti di come Verdi e Wagner
e scattare delle foto coi loro busti…” una stramberia a cui nessuno diede troppo conto.
Si sapeva infatti che il trombettista era collezionista di 78 giri di Enrico Caruso, Amelia
Galli-Curci e Luisa Tetrazzini. Louis Armstrong affrontò, nel repertorio dell’orchestra del
Vendom Theater, nella Chicago dei ruggenti anni ’20, l’intermezzo della Cavalleria
Rusticana e le Ouvertures di Rossini. Si prodigò a citare nei suoi dischi passi di Bizet o di
Verdi, rimanendo sempre il buon vecchio Satchmo. Persino il musicologo Joshua Barrett
rintracciò nella cadenza di West End Blues (1928) un frammento di una villanella incisa
dalla Galli-Curci nel 1920. Pensare che all’epoca scritti dei primi critici di jazz negli anni
30, dicevano che il jazz era la voce del proletariato nero in antitesi con la musica dei
bianchi borghesi: teoria rivoluzionata da Satchmo! …ad esempio il break di tromba che
riecheggia in New Orleans Stomp (1927) coincide nota per nota (e tonalità) con l’aria di
Maddalena del quartetto del Rigoletto.
Anche nel solo di sax soprano nella versione di Summertime (1938) di Sidney Bechet, è
chiara un’accorata citazione dell’aria di Lenora della scena del “Miserere” nel Trovatore.
Ed inoltre aggiungendo la sfumatura verdiana nel secondo tema di Riverside Blues (1923)
7
di King Oliver, possiamo mettere a fuoco il profondo legame tra l’opera ed il primo jazz
nella Crescent City.
Insomma la loro amata tradizione gli uomini di New Orleans la consegnarono a quel gran
pelago, in perpetua altalena tra oralità e scrittura, che è il jazz. Fucina in cui si
armonizzarono marce militari ed inni sacri, ritmi africani e temi di Broadway, suggestioni
cubane e melodie ebraiche, e in cui un aspro canto delle campagne del Mississippi può
stemperarsi in una leggiadra aria di coloritura e Verdi cangiarsi in un blues!!»4
4
Il passo è tratto dal saggio Luca Bragalini, Le Arie, breve viaggio all’origine degli scambi fra due generi musicali
solo apparentemente agli antipodi, con un testimone d’eccezione: Louis Armstrong, Amadeus 2009, pp. 66-69.
8
Capitolo 2
IL CONTRIBUTO DI LOUIS ARMSTRONG AGLI
SVILUPPI STILISTICI DELLA VOCALITA’ JAZZ
«Chiunque canti ha preso qualcosa da lui perché lui ne ha gettato le basi, ne ha evocato il
feeling. E’ lì a disposizione. Non c’è alcun bisogno di cercarlo»
Billy Eckstine5
Musicalmente, lo abbiamo visto, Armstrong nacque con il canto, a cui fu introdotto a sette
anni anche dalla famiglia povera di ebrei russi Karnofsky per la quale egli lavorava. Oltre a
fargli sentire un ambiente caldo e protettivo che a suo dire lo aiutò a crescere, la signora
Karnofsky gli insegnò a cantare Russian
Lullaby. Dice Louis Armstrong: «All’età di
11 anni capii che era stata quella famiglia ad
instillarmi la passione del canto».
Si aggiunga quest’altro prezioso ricordo:
«Andavo in chiesa con mia madre, e mentre
stavo lì seduto guardavo tutti quelli che
cantavano: ma cantavano dal profondo
dell’anima. E’ questo che ti entra nel sangue,
quando il vecchio reverendo attacca la sua
parte e tutti prendono a cantare. Un tipo di canto bellissimo. Ci sono nato, io»6.
5
6
Billy Eckstine, noto direttore d’orchestra; collaborò con Fast Navarro. Come cantante si esibì con Earl Hines.
ZENNI, 2002, p. 50.
9
Non bisogna poi dimenticare il quartetto vocale dell’adolescenza di Satchmo, sempre molto
apprezzato per le strade di New Orleans.
Già a New York con Fletcher Henderson nei primi anni venti Armstrong voleva sfogare la
sua vera anima d’intrattenitore. Egli scalpitava per poter cantare e fare uno dei suoi numeri,
senza peraltro riuscirci, e fu questa una delle ragioni della sua defezione. Solo una volta
Henderson gli permise di farlo e ne uscì una memorabile versione di Everybody Loves My
Baby che scatenò l’entusiasmo del pubblico del Roseland, divenendo poi un numero fisso
negli spettacoli del giovedì dedicati al varietà. Il disco relativo (1924) ci offre una piccola
idea di quell’esecuzione e reca in coda la prima, fugace testimonianza della voce di Louis
Armstrong7.
“La svolta nella carriera di Louis Armstrong avvenne in coincidenza di un profondo
mutamento nella scena del jazz americano: la crisi di Wall Street alla fine dell’anno 1929,
spazzò via infatti tutti i residui della vecchia cultura musicale del Sud. Sparì il repertorio di
New Orleans ed i musicisti di quella generazione furono messi fuori gioco. Un intero
mondo crollò e non ci fu più spazio per la musica legata ad un clima culturale ed
economico ormai inesistente. Louis Armstrong fu in grado di cavalcare l’onda di questa
trasformazione, nel momento in cui prendeva l’avvio una nuova sequenza storica.
Si stava affermando sui palcoscenici di Broadway una nuova generazione di raffinati autori
di canzoni: Harry Warren, Arold Harlen, Jimmy McHugh, e l’industria discografica
cercava di divulgare nuovi successi facendoli interpretare da qualche cantante in ascesa
come Bing Crosby o da un popolare talento jazzistico quale appunto Louis Armstrong.
Così, filtrando con il proprio talento la situazione congiunturale, Satchmo si trovò di nuovo
7
ZENNI, 2002, p.
10
a produrre opere del tutto originali. Nei dischi registrati tra il 1929 e il 1933 vengono
delineati nuovi principi del linguaggio jazz, relativi questa volta all’interpretazione delle
canzoni (note in seguito come “standards”), dal carattere espressivo detto “ballad” e ad una
radicale ridefinizione delle regole del canto. Lo schema che alimentava la catena degli
eventi era il seguente: l’editore consegnava a Louis Armstrong una qualsiasi canzone
appena pubblicata, egli ne fissava su disco una lettura del tutto originale, spesso definitiva,
che diffondeva nelle trasmissioni radio e nei concerti decretandone il successo, anche nel
mondo della musica leggera”8.
La riflessione contenuta in questo paragrafo fa riferimento al capitolo “La Rinascenza del Canto” in ZENNI, 2002,
8
pp. 48-49.
11
Il pezzo, così rimodellato, stimolava molti musicisti a tentarne una propria interpretazione.
In questo modo esso veniva automaticamente inglobato nel repertorio jazz, divenendo
oggetto di nuove personalizzazioni ed improvvisazioni.
Gunther Schuller, musicista e musicologo ha elencato alcune delle canzoni pubblicate nel
1930 e 1931 incise da Armstrong, diventate poi degli standard:
1930
Blue Again (McHugh); Body and Soul (Green); Confessin’ (Dougherty/Reynolds); Exactly
Like You (McHugh); I Got Rhythm (Gershwin); If I Could Be With You (Johnson); I’m a
Ding Dong Daddy (Baxter); Memories of You (Blake); On the Sunny Side of the Street
(McHugh); The Peanut Vendor (Simons); Rockin’ Chair (Carmichael); Them There Eyes
(Pinkard); You’re Lucky to Me (Blake).
1931
All of Me (Marks/Simmons); Between the Devil and the Deep Blue Sea (Arlen); Georgia
on My Mind (Carmichael); I Surrender Dear (Barris); Kickin’ the Gong Around (Arlen);
Lazy River (Carmichael); Stardust (Carmichael); Walkin’ My Baby Back Home (Albert);
Wrap Your Troubles in Dreams (Barris); You Rascal You (Theard).
Altri brani significativi: I Can’t Give You Anything But Love, Ain’t Misbehavin’, Black and
Blue, When You’re Smiling incisi nel 1929, tra il 1932 e il 1933 Keepin’ Out of Mischief
Now, I Gotta Right To Sing the Blues, I’ve Got The World on a String, e più avanti ancora
I’m in the Mood for Love (1935) e Jeepers Creepers (1938).
12
Con Charlie Parker arriverà un rinnovamento altrettanto radicale del repertorio degli
standard, precisamente nel bebop. Si veda a questo proposito il paragrafo relativo alla
nascita e allo sviluppo del cantare scat.
La vocalità di Louis Armstrong quindi diventa sempre più presente nelle sue incisioni,
come lo diventa la sperimentazione. Lo si nota nelle evidenti influenze stilistiche di
cantanti blues quali Bessie Smith ad esempio, come nel brano I’m not rough 1927. Poi in
seguito all’incontro con le canzoni di alto artigianato, dalla marcata caratterizzazione
espressiva di parole e musica, Louis Armstrong comincia a esplorare più coscientemente i
propri mezzi vocali. La nuova interpretazione che riduce la parte scritta a debole traccia
lasciando quindi più spazio al totale rinnovamento melodico e ritmico, crea una
ricomposizione. Nasce quindi una nuova, fondamentale regola del jazz sia strumentale che
vocale. A questo proposito Henry Pleasants scrive di Armstrong: «ha stabilito dei
precedenti che sarebbero divenuti le convenzioni del canto popular americano e ha offerto
al cantante delle opportunità creative – nonché delle responsabilità creative – di cui non
aveva più goduto nella musica occidentale dalla fine del diciottesimo secolo».
“In seguito all’impatto del timbro vocale e della libertà immaginativa di Armstrong, le
nozioni eurocolte di canto corretto, impostato, “qualitativamente alto”, spariranno per
sempre dall’orizzonte della musica occidentale”9.
A queste nuove variazioni e timbri si aggiunse anche la modifica del testo. A causa di una
cattiva dizione, destinata comunque a migliorare con gli anni, o forse grazie a questa,
Louis Armstrong gioca con il suono delle parole, modificando il testo originale con
9
ZENNI, 2002, p. 51.
13
elisioni, sostituzioni, ripetizioni, improvvise esclamazioni dalla funzione ritmica e sonora,
enfatizzazione delle vocali.
Tutto questo oggi potrebbe sembrare scontato, ma si deve sottolineare che prima di Louis
Armstrong il cantante rimaneva fedelissimo a parole e melodia originali, variando appena
il fraseggio. Ne esponiamo di seguito qualche esempio.
Dopo Satchmo sarà tutto diverso: in Dinah .i versi sono scarnificati, articolati, le particelle
sono cancellate e le parole sono fatte vibrare come entità sonore indipendenti, le
connessioni sintattiche vengono eliminate (“Oh Dinah...anyone finah State of
Carolina…”).
In You Rascal You (1931), le parole sono rese quasi invisibili; dal testo razzista di Shine
(1931) ad essere rimosso è proprio il titolo. A volte lo “scat” scaturisce proprio dalla
destrutturazione delle sonorità sillabiche di una parola (vedi capitolo 5), come nel caso di
Lazy River (1931).
Un altro esempio è la strofa di Black and Blue (1929): in essa si narra la storia di un
amante negro che, lasciato da una donna mulatta (l’ideale di bellezza di colore nel 1929), si
rammarica per il colore scuro della propria pelle. Nella sua partecipe interpretazione
Armstrong, eliminando l’antefatto (la donna mulatta), trasforma il testo di Andy Razaf in
un dolente lamento razziale di straordinaria forza emotiva.
«La sua identificazione con la musica – precisa infatti Pleasants10 – era intima, la sua
relazione con il contenuto testuale casuale e distaccata, spesso veicolante un senso
sotterraneo di bonaria presa in giro»11.
Dopo gli anni Trenta lo “scat” tenderà ad assumere un peso minore nell’economia
interpretativa di Satchmo, salvo riaffiorare spesso in brevi, pregnanti espansioni del testo, a
dilatarne i contorni espressivi.
10
11
Critico musicale, ha studiato canto, pianoforte e composizione.
ZENNI, 2002, p.52.
14
Luciano Federighi12disse di aver intravisto, nel disteso vocalizzo presente in West End
Blues (1928), una anticipazione del cantante contemporaneo Bobby McFerrin13, oggi
ricercatore ed ambasciatore di innovative sonorità vocali. Questo a conferma di quanto le
idee stilistiche vocali di Armstrong fossero già da allora destinate a diventare base di un
rinnovamento inevitabile.
Con Louis Armstrong sono fiorite grandi tradizioni. Cab Calloway, Leo Watson, Ethel
Waters, Ella Fitzgerald, Bing Crosby, Billie Holiday, Betty Carter, Frank Sinatra, e tanti
altri cantanti jazz, pop, rock, che non risulteranno indifferenti a queste lezioni stilistiche.
12
Luciano Federighi è laureato in letteratura angloamericana all'Università di Pisa, ha insegnato all'università di
Davis, in California, dal 1978 al 1980 ed ha lungamente viaggiato attraverso gli Stati Uniti. E’ autore di testi sul
blues e sul jazz per la Rai ed ha pubblicato diversi volumi sulla storia del blues.
13
Bobby McFerrin, stimatissimo vocalist, ha collaborato con diversi musicisti in tutto il mondo sia nell’ambiente
classico che nel jazz. Ricercatore dell’acustica vocale, è stato il primo cantante afro-americano a dirigere,
un’orchestra di musica classica al Teatro alla Scala di Milano nel 2007.
15
Capitolo 3
NASCITA E SVILUPPO DELLO SCAT: DALLE ORIGINI, AL
BEBOP, AD OGGI
«La sillaba prende la stessa forza e
spessore e dinamismo di modulazione, la
stessa filigranata ricchezza e duttilità di
abbellimenti
e
inflessioni,
le
stesse
eccitanti variazioni di attacco, di durata e
di rilascio, della singola nota nel disegno
solistico della cornetta o della tromba, e
analogo valore nello spazio armonico».
Luciano Federighi
La popolarità e la fortuna dei dischi degli Hot Five culminarono nel 1926 con l’enorme
successo di Heebie Jeebies. In quel disco Louis Armstrong si lanciava in un chorus di scat,
cantando cioè sillabe senza senso.
Tale assolo, che segnò l’inizio di una nuova era nella storia del canto, secondo la “leggenda”
si sarebbe verificato per puro caso: lo spartito sarebbe infatti caduto durante la registrazione,
costringendo Armstrong ad improvvisare l’estrosa e fortunata soluzione14.
14
ZENNI, 2002, p. 52.
16
“Nell’ assolo di Heebie Jeebies si notò l’equivalenza stilistica fra la tromba e la voce di
Armstrong, analogia riscontrabile anche in Hotter Than That, in cui l’assolo di tromba e il
canto scat, articolati su principi identici, si scambiano frasi e ritmi. Qui la sua voce, inoltre,
prima di dialogare con la chitarra di Lonnie Johnson, esegue svariati poliritmi”15.
Naturalmente Heebie Jeebies non è il primo esempio di canto scat le cui radici affondano
nella lunga tradizione della musica afroamericana16. La prima testimonianza registrata è del
1924, e viene dalla voce di Don Redman, in My Papa Doesn’t Two-Time No Time di Fletcher
Herderson. Da segnalare anche It Had To Be You, di Aileen Stanley in duetto con Billy
Murray, sempre nel 1924, per la Victor.
15
16
ZENNI, 2002, p. 52.
Da Scat Wikipedia English.
17
Jelly Roll Morton affermò che il primo scat non era «di quel ragazzo Louis, ma di un suo
amico, Joe Sims, che veniva da Vicksburg Missisipi, un vecchio commediante». Egli
sostenne inoltre che: «lo scat non significa nulla, serve per dare sapore alla canzone». E
ancora, su Louis Armstrong: «Tony Jackson ed io usavamo lo scat già nel 1906 quando
Louis era ancora alla casa per orfani!»17.
3.1 DALLO SCAT ARCAICO, AL BEBOP, AD OGGI
Louis Armstrong ha certamente fatto scuola, come già detto, ed è stato stimolo anche per
molti scat singer arrivati negli anni successivi alle prime registrazioni.
Scrive Schuller:
«A proposito del citato Heebie Jeebies, […] due parole sul canto di Armstrong.
Nell’ascoltatore di orientamento eurocolto la voce di Louis, con la sua tecnica rauca e
totalmente antiortodossa di solito produce uno choc completo. […] sconfinando nel rifiuto
di una voce primitiva e rozza. In realtà il suo canto non è che il corrispettivo vocale del
suo modo di suonare […] libero, ispirato. Nella sua voce si colgono tutte le sfumature,
inflessioni e la scioltezza spontanea della sua cornetta, inclusi portamenti e colpi
d’attacco, vibrato e trilli. […] Ha aggiunto una nuova scuola o tecnica di canto alla
musica occidentale, sebbene il suo orientamento di partenza sia senz’altro africano»18.
3.1.1 I Grandi Scat Singer19
La cantante scat più stimata e riconosciuta e che ha largamente diffuso questo stile,
soprattutto con il brano How High The Moon nelle varie versioni a partire dal 1960 è Ella
17
Si veda a questo proposito il paragrafo relativo all’origine dello scat.
GUNTHER SCHULLER, Il Jazz. Il Periodo Classico. Le origini Oliver, Morton, Armstrong, EDT Edizioni, Torino
1996, p. 93.
19
Molte notizie contenute nel paragrafo 3.1.1 sono tratte dalla voce “scat” di Wikipedia English.
18
18
Fitzgerald. La sua improvvisazione imita i suoni dell’era swing. Durante l’esecuzione
spesso l’interprete inizia, come ad esempio nella versione eseguita in Giappone nel 1980,
con il primo chorus utilizzando lo stesso tempo e cantandone le parole, proseguendo poi
con uno special introduzione allo scat ed in seguito passando allo scat vero e proprio e più
fantasioso, della durata di ben 6 minuti.
Ella Fitzgerald imita volontariamente tutti gli strumenti
dell’orchestra usando [b] – [p], consonanti labiali
“esplosive” come gli strumenti a fiato, il rilascio del fiato
built-up come pressione dell’aria sulla canna, [d] come lo
staccato degli ottoni. Per queste sue caratteristiche Will
Friedwald la paragonò ai protagonisti animati del
“velocissimo” Roadrunner Cartoon creato da Chuck Jones.
Negli ultimi anni Ella Fitzgerald, aggiungendo nuove idee,
dimostra inoltre grande abilità nell’attingere ispirazioni e riff dalla musica popolare di
allora. Sempre in una versione di How High the Moon del 1960 cita una dozzina di canzoni
tra cui The Peanut Vendor, Heat Wave, A-Tisket A-Tasket, Smoke Gets in Your Eyes.
Tra i maggiori esponenti dello scat style ricordiamo anche Mel Tormé, bambino prodigio
della batteria, diventato uno dei più influenti musicisti del Ventesimo Secolo. Il suo scat
era costruito su special ed arrangiamenti per big band che esaltavano le sue grandi
competenze di polistrumentista.
Nelle esibizioni del crescente numero di cantanti scat si notavano svariate strutturazioni.
La scelta delle sillabe è elemento chiave dell’improvvisazione perché la scelta influenza
altezza, intonazione e risonanza20. Diversi cantanti infatti andavano in differenti direzioni:
20
Il tema è ulteriormente sviluppato nel paragrafo di riferimento: “Considerazioni sulla probabile esistenza di una
teoria di scelta delle sillabe”.
19
Betty Carter ad esempio era incline ad usare suoni come “louiee-ooie-la-la” (suoni a lingua
morbida, come liquidi), Sarah Vaugan optava invece per “Shoo-doo-shoo-bee-ooo-bee”
(con consonanti fricative, esplosive e vocali aperte, e gli shh, come le spazzole e ahh con
attacco glottale, come la gran cassa della batteria).
Le sillabe venivano quindi scelte anche dalla Vaugan ad imitazione degli strumenti. Ella
Fitzgerald giocava “più swing”, mentre Sarah Vaugan tendeva all’imitazione delle
formazioni “combo” dell’era bop.
Altra componente molto importante per un cantate di scat era lo “humor” e Cab Calloway
ne fu il principale ambasciatore. Altri importanti esponenti furono Slim Gaillard e Leo
Watson, il quale spesso accennava a filastrocche prima di iniziare l’improvvisazione, oltre
a portare avanti un’incessante ripetizione di alcune parole.
Louis Armstrong fu un modello anche per lo humor, parere questo espresso da moltissimi
cantanti.
Cab Calloway stesso, il quale eseguì nel 1930 l’assolo scat all’interno della sua Porgy and
Bess richiamando lo stile di Armstrong, riteneva il “solo” di Heebie Jeebies: «il
fondamento dello scat moderno».
Nell’ottobre del 1927 Duke Ellington registrò Creole Love Call dove Adelaide Hall cantò
senza dire una parola: «lei canta con il groove di un trombettista» affermò Nat Hentoff. E
ancora: «la creatività era condivisa fra lei e Duke: lui conosceva lo stile della performance
che lei (che produceva il suono) desiderava fare». Duke Ellington ripeté l’esperimento di
“complicità” in una delle sue versioni di The Mooche con lo scat di Baby Cox eseguito
dopo un solo del trombonista Tricky Sam Nanton.
20
Nei gruppi vocali sono rilevanti le Boswell Sisters, trio vocale della Louisiana attivo negli
anni Trenta. Amavano sperimentare a livello ritmico ed usavano regolarmente lo scat
armonico nei loro dischi, un esempio è It Don’t Mean a Thing If It Ain’t Got That Swing.
Altri cantanti scat degni di nota furono Scatman Crothers cantante e ballerino come molti
all’epoca e Nat Gonella cantante e trombettista inglese.
Questa pratica improvvisativa e di intrattenimento, lo scat, non fu comunque accettata da
tutti. Alcune autorità in ambito musicale già all’inizio della sua diffusione, la
consideravano priva di rispettabilità, tra queste la BBC Radio che nel 1930 ne proibì la
messa in onda.
Nel corso degli anni e con lo sviluppo della musica jazz, lo scat si evolve e durante l’era
bop diventa popolare. Annie Ross dichiarò: «lo scat è molto eccitante, tutti vogliono farlo».
Così fu, poiché ne fecero uso svariati interpreti, tra cui le già citate Ella Fitzgerald e Sarah
Vaugan, Eddie Jeggerson, Betty Carter, Anita O’Day, Joe Carroll, Carmen McRae, Jon
Hendricks, Babs Gonzales e anche Dizzy Gillespie cantante, oltre che trombettista.
3.1.2 L’evoluzione dello scat negli ultimi cinquant’anni
Si inserirono in seguito altre novità: nel 1960 molti cantanti scat inclusero nuovi suoni
quali “grida, urla, risate”, che fino ad allora erano stati considerati non musicali. Nella
rinascita del bop negli anni 70 si rinnoverà l’interesse di molti giovani cantanti al canto
scat. Tali interpreti vedranno se stessi come una continuazione della tradizione del bop
classico.
21
In questi anni sono emersi cantanti leggendari dell’improvvisazione jazz: Chet Baker,
trombettista cantante, che collaborò con Parker, Gillespie, il quale fu grande esponente del
cool jazz. Si presume che lo scat con la consonante [d] sia stata introdotta da lui: “dee doo
dee” è un improvvisazione sillabica molto usata nel jazz contemporaneo.
Altri grandissimi esponenti attuali sono Mark Murphy e Kurt Elling.
Ancora oggi lo scat continua ad evolversi: l’improvvisazione vocale si sviluppa in modo
indipendente dalle variazioni del jazz strumentale (musica pop dance ed elettronica, ad
esempio Ski Ba Bop Ba Dop Bop nella canzone Scatman 1994 di John Scatman).
L’improvvisazione vocale “sperimentale” di Bobby McFerrin dimostra come lo scat oggi
sia uno stile vocale che ha fatto molti passi avanti rispetto ai concetti iniziali.
Attualmente anche molte rock band sperimentano lo scat: i Fantomas (avant - garde metal
band), Mike Patton, Steven Taylor, per arrivare agli eccezionali artisti rapper hip-hop
contemporanei, che lo hanno del resto sempre praticato. Curioso citare la presenza di scat
un po’ “bizzarri” in alcuni brani, come ad esempio Prestige Solar A Gammon di Bernie
Taupin e Elton John (1974) che include nomi di molte varietà di pesci.
Il gruppo vocale Manhattan Transfer nel 1985 pubblicò Vocalese con la partecipazione di
Jon Hendricks. Fu un disco importante dove i quattro scat singer resero omaggio ai grandi
solisti del jazz, come del resto in altri attuali cd, dove riarmonizzano vocalmente storici
soli strumentali jazz.
Alcuni autori sostengono che lo scat affondi le sue radici nella musica tradizionale
africana. In tutta la musica africana infatti la voce umana e gli strumenti assumono una
sorta di parità musicale e sono a volte così vicini nel timbro e così inestricabilmente
intrecciati nel tessuto della musica da essere quasi indistinguibili. Dick Higgins reputa
“eguali” canto scat e suoni della tradizione poetica afro-americana. Nell’Africa occidentale
22
è tipico convertire ritmi di batteria in melodie vocali, pattern ritmici specifici con
traduzioni sillabiche specifiche.
Il musicista e docente Roberto Lanieri, esprimendo un’opinione condivisa da psicologi e
metafisici basata sul Modello Jung dell’inconscio collettivo, afferma: «l’improvvisazione
vocale permette rivelazioni della profondità dell’anima ed è basata su diversi stati di
coscienza, considerando che l’espansione della coscienza tende ad essere “vocale”, in
quanto la voce è lo strumento primordiale»21.
3.1.3 Considerazioni sulla probabile esistenza di una teoria di scelta delle sillabe.
Le consonanti [p], [b], [m], [l], sono fra le prime che l’infante pronuncia naturalmente nelle
vocalizzazioni dei primi anni di vita. Si possono dunque fare delle considerazioni emerse
anche in base all’analisi della vocalità dei cantanti durante la fase di studio
dell’improvvisazione. Osservandone specificatamente la dizione, ho notato che spesso
vengono usate e scelte vocali per la maggior parte attinenti all’altezza della miglior nota
cantata emessa dal soggetto. Si può inoltre aggiungere che le vocali strette [i] ed [u] sono
facili da sostenere in quanto articolate con la lingua più vicina al palato; le vocali [e] ed [ɛ]
rimangono prevalentemente più vicine alla risonanza in maschera22, anche perché emesse
tenendo la lingua in posizione obliqua. La pronuncia di tali vocali, sonorità prevalente
nella lingua inglese, facilita suono ed agilità. La risonanza in maschera, soprattutto se ben
associata alla risonanza di testa, alleggerisce l’emissione vocale potenziandola (prevalenza
di frequenze medie). Si aggiunga oltretutto che nell’inglese la scioltezza del cantato, con
21
Wikipedia English, voce “scat”.
Essendo le vocali pronunciate con la lingua il posizione obliqua, risuonano prettamente nella cavità nasale. Per
maschera si intende la zona ossea in corrispondenza delle radici della dentatura incisiva superiore e basso zigomo.
22
23
parole molto più povere di vocali, è agevolata rispetto ad altre lingue con parole invece più
ricche di vocali, come l’italiano.
Il coinvolgimento delle consonanti nella formazione delle sillabe, si orienta maggiormente
verso quelle leggermente più “rumorose”: labiali [b] e [p], labio-dentali [v] e talvolta [f],
alveolo – dentali [t] e [d], ovvero le consonanti formate dall’apice della lingua in appoggio
al palato duro. Il rumore dato dall’aria indirizzata verso
verso il palato duro agevola l’incisività
delle sillabe, soprattutto quelle sopraelencate che si indirizzano naturalmente in maschera.
Le consonanti gutturali [k] [gh] hanno invece un’articolazione più arretrata ed agevolano
l’intubazione. Esse vengono tuttavia
tuttavia prese in considerazione quando si desidera dare forza
“esplosiva”, soprattutto negli attacchi. Si utilizzano infine le consonanti linguali [l] e [n]
per dare alle sillabe maggiore fluidità.
Usualmente le diverse posizioni di articolazione delle vocali vengono rappresentante per
mezzo di uno schema della cavità orale, detto trapezio vocalico:
QUADRILATERO VOCALICO IPA23
23
L’immagine è tratta dalle Dispense di Fonologia e Glottologia del prof. Leonardo M. Savoia dell’Università di
Firenze e di Foggia.
24
Luogo di Articolazione Consonanti:
25
3.1.4 Lo scat: linguaggi tramandati ed espressione sensoriale
Nel recente avvio di nuove ricerche è stato evidenziato che lo scat potrebbe realmente
derivare da un miscuglio di linguaggio dialettale africano e lingue tribali, miscuglio poi
arricchito dallo spanish nel passaggio attraverso Cuba dei popoli africani in schiavitù, ed in
seguito nuovamente arricchite dalle lingue europee incontrate nel nuovo continente.
Certamente era presente allora fra gli schiavi, come è presente da sempre nel nuovo
continente, il linguaggio oggi chiamato slang.
Si pensi anche all’influente presenza del linguaggio diretto del Woodoo, non inteso come
strumento per le “fatture”, ma come un insieme di danze, linguaggio spirituale e canti che
servivano a liberarsi dalle fatiche e che gli schiavi avevano portato con sé dall’Africa,
insieme al “call and response”24, spesso citato nella storia dello spiritual. Il Woodoo si
esprimeva attraverso evocazioni e linguaggi a noi ancor oggi sconosciuti, aggiungendo
inoltre, passaggio fondamentale, il contributo della “poliritmia africana”.
Curioso segnalare, sebbene non ancora specificatamente documentato, il fatto che nella
musica “new age” contemporanea artisti orientali, islandesi ed altri cantanti del nord
Europa, quali Enya ad esempio, compongono ed eseguono brani dedicati alla natura,
associando precise vocali o sillabe a precise sensazioni evocate da colori, animali, etc. Un
nuovo linguaggio che sembrerebbe persino comune a diverse popolazioni sparse in tutto il
mondo.
24
Tipologia di canto praticato nei campi di lavoro del popolo afroamericano in schiavitù: in esso il leader cantava
strofe in variazione (call) e il gruppo rispondeva coralmente cantando una melodia ripetitiva (response).
26
3.1.5 La funzione terapeutica della vocalità
Per concludere questo capitolo sull’evoluzione dello scat non si può tralasciare un ultimo
importante elemento: la funzione terapeutica della pratica vocale. Nella modalità
dell’interpretazione musicale libera, nell’istinto che fa “fluttuare” su armonia e tempo,
musicisti e cantanti attuano anche scelte “inconsce”, alcune delle quali sono tradotte oggi
con vere e proprie definizioni: musicoterapia e cantoterapia.
Negli ultimi anni si è meglio definita inoltre un’altra pratica terapeutica, sviluppatasi
appunto nella vocalità: l’Healing Sound Practice. Proveniente della cultura tibetana, si
tratta della cura attraverso l’emissione del suono vocale che si affianca già da tempo a
terapie per malattie tumorali e psichiatriche in centri specializzati. Secondo tale pratica
determinate vocali e determinate sillabe coinvolgono direttamente, nella vibrazione, alcune
parti del nostro corpo, in specifico vari punti del cranio e del busto a seconda della vocale
emessa e della durata. Sentire il busto “suonare” come in questa pratica, fa riflettere sulla
presenza di una forte influenza nelle scelte fatte dal cantante, per gestire al meglio
dinamiche ed espressività sonora oltre la parola
Scientificamente ormai sappiamo quanto la musicoterapia abbia assunto fondamentale
importanza nella cura delle patologie, in modo particolare la cantoterapia (definizione
segnalata in Riza Scenze 2009) che rilassa e massaggia internamente il corpo, involucro
delle corde vocali.
Se il buon uso dello strumento vocale, come anche la musicoterapia portano notevoli
benefici, ma evidenziamo per contro l’influenza negativa proveniente dall’inquinamento
acustico al quale siamo quotidianamente esposti. Molte persone usano gli “ear monitor”
all’aperto non solo per ascoltare ma anche per isolarsi dal rumore, non dimenticando
27
inoltre le migliaia di onde di trasmissione che attraversano il nostro corpo con invisibile
violenza.
28
Capitolo 4
ANALISI ANATOMICO-SCIENTIFICA DELL’ATTIVITA’
VOCALE E STRUMENTALE DI LOUIS ARMSTRONG
La voce di Louis Armstrong negli anni ‘30 è ancora relativamente “liscia”, regolare:
«addirittura in Ain’t Misbehavin’ (1929) elegge a modello i crooners bianchi»25. La
tessitura di baritono sconfina costantemente verso il registro tenorile, suo registro naturale
da giovane: tale tensione verso l’acuto, riscontrabile anche nel solismo strumentale di
quegli anni, appare come l’espressione di una esuberanza fisica e vitalistica irreprimibile.
Tuttavia «è proprio lo sforzo innaturale di una voce priva di controlli tecnici - suggerisce
Pleasants,- a logorare progressivamente le corde vocali, da ciò scaturirà a partire dagli anni
Quaranta quella voce ghiaiosa, scura, frastagliata»26.
Nei paragrafi successivi verranno approfondite le caratteristiche di tale vocalità.
In modo particolare l’analisi di alcuni fattori tecnici renderà comprensibile la diversità di
appoggio sul fiato e conseguente risonanza delle due attività musicali praticate da
Armstrong, quella trombettistica e quella vocale.
25
Lo stile del crooner è nato negli Stati Uniti, dopo l'avvento del microfono. La tradizione imponeva al cantante
una impostazione di voce stentorea e squillante, tale da poter giungere chiaramente fino alle ultime file dei teatri;
l'utilizzo del microfono rende meno indispensabile la potenza vocale e permette al cantante l'utilizzo di una tecnica
sussurrata. Il crooning quindi non è un genere musicale specifico, ma è piuttosto uno stile e una tecnica di canto che
si fonde col jazz e con un certo tipo di musica ballabile. Bing Crosby è stato uno dei prototipi di crooner, anche se
nel novecento il più popolare è stato senza dubbio Frank Sinatra.
26
ZENNI, 2002, p.
29
4.1 Il diverso supporto respiratorio fra trombettista e cantante
Sull’uso del fiato e sulla sua gestione esiste un dubbio spesso sollevato dai musicisti: se
esista in verità una diversa pratica fra trombettista27 e cantante, riferendosi alla pressione
interna che viene a formarsi durante la fonazione in entrambi i casi.
Riguardo al rapporto fra i diaframmi (diaframma pelvico e diaframma situato alla base
della cassa toracica) ed al meccanismo di potenziamento che consiste nell’aumento della
pressione del fiato, siamo certamente tutti d’accordo sul fatto che possa essere comune,
anche se si tratta di pressioni più o meno intense – colonna più o meno larga - e di
dinamiche decisamente diverse, in quanto diverse sono le casse di risonanza coinvolte
nelle due pratiche. Tuttavia esistono alcune analogie: si può certo dire infatti che i
trombettisti praticando una pressione molto forte, sarebbero certamente in grado di
supportare molto bene anche la voce cantata.
4.2 Lo strumento a fiato coinvolge la laringe
Nei testi di tecnica musicale si ritiene che la laringe costituisca, per gli strumenti a fiato, un
punto di passaggio dell’aria che consente la continuità del tubo di risonanza, senza tuttavia
svolgere alcun ruolo attivo nella produzione sonora. Il diaframma del musicista e
l’imboccatura dello strumento avrebbero il compito di gestire e regolare tutta l’emissione
sonora. Benade28, nei suoi studi, propone l’immagine di “colonne d’aria” affermando che
la laringe deve essere “spalancata” e che l’aria nei polmoni è spinta verso l’imboccatura
27
La tromba è l’unico strumento a fiato considerato in questa tesi, anche se verranno accennate alcune valutazioni
sul flauto, sax ed altri strumenti a fiato. Meccanismi comunque diversi dalla tromba.
28
Fisico, studioso dell’acustica strumentale, con particolare passione per gli strumenti a fiato di cui ne modificava
la struttura.
30
formando delle colonne d’aria. E’ nata però in seguito la curiosità dei foniatri, alimentata
dall’opinione in comune a molti strumentisti, riguardo all’esistenza di un differente
“timbro” strumentale, che sembra appunto diverso non solo per le diverse conformazioni
anatomiche del musicista, che rendono “unico” il tubo di risonanza.
Infatti si è oggi scientificamente dimostrato come la laringe viene coinvolta, in percentuali
variabili, nella pratica di diversi strumenti a fiato. Lo attesta un esame chiamato l’EGG
31
Elettroglottogramma. Per tutte le categorie di strumenti a fiato si riscontra una adduzione
incompleta delle corde vocali (fatta eccezione per il flauto traverso) senza attività
vibratoria. Tuttavia mai le corde vocali si presentano abdotte o spalancate, anzi si riscontra
una riduzione della distanza ariepiglottica29, tanto più evidente quanto più acuta la nota
emessa30.
29
Riduzione dello spazio triangolare presente sotto l’epiglottide, sopra l’aderenza delle corde vocali.
Il tema è sviluppato in modo completo nella relazione di Ugo Cesari, Chiara Faggioli e Ciro Niri in La Voce del
Cantante, Volume Quinto a cura del Dr. Franco Fussi, Omega, Bologna 2009, p. 282; p. 284.
30
32
4.3 Vocalità
Durante l’emissione vocale o fonazione il corpo vibrante interno (laringe) forma, con
l’adduzione delle corde vocali, un ulteriore diaframma (aderenza-separazione).
Questo produce onde sonore che fuoriescono dal cavo orale spinte dal fiato creando in
contemporaneo
due
importantissime
pressioni:
quella
sottoglottica31
e
quella
sopraglottica32.
In tale processo viene inoltre coinvolto un terzo fondamentale diaframma: il velo pendulo,
anche chiamato palato molle. Esso durante la fonazione può essere alto o basso ed in
campo vocale si conoscono molto bene i differenti spazi di risonanza di testa, nasale e
orale che si vengono a creare. In conseguenza ai
ai movimenti del velo pendulo le pressioni
31
32
Pressione che si viene a formare sotto l’aderenza delle corde vocali in funzione, in trachea
Pressione che si viene a formare sopra l’aderenza delle corde vocali, nel cavo orale.
33
interne sono molto differenti. In ogni cavità dove entrano onde sonore accompagnate dal
fiato (altrimenti non sarebbero udibili) si forma una “pressione”, il cui controllo coinvolge
per il cantante tutti i diaframmi sopracitati: pelvico, toracico, glottale, palatale. Secondo la
teoria della “catena dei diaframmi” di Gisela Rohmert33 anche altri due: il pavimento della
bocca ed il diaframma della sella turcica, dove si trova l’ipofisi, che vengono anch’essi
ritenuti importantissimi per la risonanza.
Durante l’emissione sonora il trombettista gestisce il fiato, vibrando poi le labbra (che
fungono da ancia doppia, sorgente vibratoria) all’interno del bocchino; si ha quindi con
corpo vibrante al limite della bocca nella quale si forma una forte pressione interna
(ricordiamo le enormi guance di Dizzy Gillespie) Tale pressione interna, anche se in
presenza di movimenti laringei precedentemente illustrati, è molto diversa da quella del
cantante che, se ben impostato, utilizza equilibratamente le diverse pressioni all’interno del
cavo orale.
La gestione di più casse di risonanza (petto, bocca, naso, testa) per il cantante deve
raggiungere un equilibrio. Una diversa interiorizzazione quindi rispetto a quella degli
strumenti a fiato. Con analogie, ma da ben assimilare in tutta la sua complessità.
4.4 Tutto questo influenzò Louis Armstrong?
Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti dunque, il trombettista cantante pratica una
complessa alternanza di pressioni interne. Louis Armstrong riuscì a trovare un
compromesso nella gestione della vocalità, ormai trasformata in rauco-baritonale negli
ultimi anni della sua carriera. Ciò fu reso possibile dal suo grande talento e dalla sua
33
Medico, laureata in didattica vocale, contralto solista, è impegnata nella ricerca sulla funzione della voce umana
con il gruppo sperimentale dell’Università di Darmstadt.
34
predisposizione ad una certa resistenza fisica: egli possedeva infatti un busto molto
tarchiato, con baricentro leggermente spostato in avanti, che altera la linea cervicale, ma
compensato da una cavità orale ampia e da un collo largo34.
Anche se più avanti si illustreranno gli aspetti positivi della tecnica vocale usata da
Armstrong negli ultimi anni, evidenziamo ora quali furono le possibili cause del
cambiamento della sua vocalità:
•
le malattie (affaticamento cardiaco e due infarti conseguenti).
•
la stanchezza per l’intensa attività (i 300 concerti all’anno nel periodo centrale della
carriera).
•
la naturale ossificazione della laringe che come tutte le cartilagini in età senile si
trasforma indurendosi con conseguente limitazione dell’agilità: una possibile velatura
della voce35 e in certi casi una perdita degli acuti.
•
non per ultima causa, il fumo.
Osservando inoltre il contesto posturale di Louis Armstrong si può notare una leggera
iperlordosi lombare: «un altro affaticamento l’iperlordosi cervicale e lombare, tipica per i
trombettisti»36.
Tuttavia Louis Armstrong si adattò ad un uso prevalente della cassa di risonanza pettorale.
Tale risonanza è legata alle vocalità di bassa frequenza, naturalmente coinvolta
nell’emissione dei medio bassi, quando le corde vocali vibrano più lentamente e con
laringe posizionata più in basso (onde larghe e lente, che viaggiano quindi verso il basso –
34
Gli africani hanno un’ottima stabilità, una conformazione osseo - cranica completamente diversa dalla nostra,
con ossa più pesanti (poco adatte al nuoto ad esempio). Essi presentano un busto ben piazzato (The African
Elegance!),molto adatto quindi all’allineamento posturale ed all’ottimizzazione della pressione respiratoria
interna. Si aggiunga inoltre la presenza di labbra carnose, resistenti e adatte quindi a produrre la vibrazione
all’interno del bocchino della tromba.
35
Ne è esempio la “velatura vocale” attuale di Aretha Franklin, la cui vocalità risulta comunque ottima, poiché
ancora in presenza di note acute.
36
La Voce del Cantante, p. 290.
35
si pensi alla funzione del “subwoofer”). Tutto questo non risultò difficile ad Armstrong,
poiché egli possedeva come già detto un buon petto risuonante.
Altro importante aspetto positivo che agevolò la resistenza di Louis Armstrong fu la sua
buona e corretta alimentazione. Egli possedeva una notevole resistenza fisica, ma aveva
anche abitudini alimentari di concezione “sana, alla New Orleans” come raccontò nella sua
autobiografia. In essa descriveva le sue diete (non saltava mai i pasti), vantandosi oltretutto
della regolare assunzione di erbe svizzere lassative ritenute da lui “elisir di salute assoluta”.
4.4.1 Il “Fry” di Louis Armstrong37
Oggi, in base a definizioni provenienti da diversi metodi di classificazione e
perfezionamento della tecnica vocale, nuovi vocabolari della tecnica, si classifica la voce
di Louis Armstrong come “Fry” (frittura vocale), anche detta “Pulse Register”, “Creaky
Voice”, “Glottal Fry”, “Murmur Voice”, “Fry Register”, “Strowbass”, “Voce del
Consigliere”, “Voce Basale”.
Si tratta di una adduzione cordale in grado di produrre il suono con un particolare rumore
di fondo. E’ necessaria una grande concentrazione durante il suo allenamento basato sulla
“tenuta” di una nota emessa, che va fatta durare il più possibile (per averne un’idea
immediata si pensi alla pratica usuale delle note tenute dei monaci tibetani).
In base ad alcune ricerche effettuate sulla pratica di tale tecnica si è riscontrato che la
presenza di un Fry “ottimale” coincide con una voce stabile e capace di proiettarsi bene:
essendo dunque migliorabile più la si pratica, migliorerà di conseguenza anche la voce, in
tutti i suoi registri.
37
Parte delle informazioni contenute in questo paragrafo son tratte dalla relazione di Ponzanelli, Mazzocchi e Brizi
nel quinto volume de “La Voce del Cantante” a cura di Franco Fussi, pp. 151; 175.
36
Le corde vocali vere durante tale fonazione sono in forte contrazione e le false
in
contrazione più lieve, la quantità di aria utilizzata è scarsa e la vibrazione della mucosa
(“cappottino delle corde vocali”)38 è superficiale.
In logopedia l’uso del Fry è utilizzato ad esempio per favorire una buona adduzione delle
corde vocali e per aumentare l’elasticità della mucosa.
Le frequenze di tale vocalità vanno dai 64 Hz (Fry + voce) ai 65 Hz (voce dei monaci) ai
75 Hz (voce da basso).
L’utilizzo di questa tecnica non mira quindi ad una voce “dura” ma ad una voce ben
bilanciata.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa sonorità caratterizzante la voce di
Armstrong negli ultimi anni della sua vita, fu quindi il frutto di un’autoeducazione che lo
portò a ritrovare un equilibrio, necessario dopo i diversi affaticamenti per l’ eccessivo
lavoro39.
Del resto le corde vocali, sono un organo che si “autoricarica” molto facilmente, poiché
sono dotate di un’eccezionale ripresa in stato di riposo durante il silenzio ed anche nel
sonno, quando il corpo si rilascia (ricordiamo che al mattino si è più alti!).
La laringe è fra l’altro uno degli organi più resistenti del corpo umano.
Anche alla fine di questo paragrafo, dunque, risulta evidente il talento di Louis Armstrong,
insito in ogni sua pratica musicale. Si comprende che la ripresa vocale si è per lui
trasformata, sfociando nella pratica prevalente del suo “nuovo” stile.
38
Le velocissime vibrazioni delle corde vocali (circa 100 vibrazioni al secondo nel range del parlato), in realtà sono
le vibrazioni della mucosa della quale sono rivestite. Non sono definite delle vere e proprie “corde”, in lingua
anglosassone sono infatti chiamate plagues (piaghe). Il gel morbidissimo che le ricopre è il primo a danneggiarsi ad
esempio nel fumatore, che perde gli acuti a causa di capillari che si gonfiano all’interno delle corde vocali, in difesa
delle stesse ormai “scoperte”.
39
Egli subì tra l’altro diverse operazioni, tra cui una alla cavo laringeo nel 1936.
37
4.4.2 Il Vibrato, miglior caratteristica di collegamento fra le due tecniche,
trombettistica e vocale, praticate da Louis Armstrong
Riguardo al vibrato di Louis Armstrong, risultano illuminanti le parole di Gunther
Schuller40: «fu durante il 1925 che cominciò a lavorare a questa importante componente
del suo timbro: il vibrato, rendendosi conto che poteva essere un ingrediente essenziale per
acquistare slancio ritmico […] che non è un qualcosa che aggiungiamo alla nota, soopra
la nota, ma un “elemento” interno alla nota che le da movimento…dovrebbe esser
qualcosa che manda il suono in avanti non su e giù. […] E’ una sfumatura personale che
all’inizio egli trasse senza dubbio dalla propria (o altrui) tecnica vocale. Al vibrato si
aggiunsero presto altre due sigle di Armstrong: il trillo di labbro e il “vibrato terminale »41.
Proprio
nel
vibrato
di
Louis
Armstrong dunque, si coglie il più
importante collegamento fra le due
pratiche
respiratorie
e
foniche
utilizzate nello strumento a fiato e
nella
vocalità,
opinione
questa
condivisa anche dai foniatri.
Praticare sia strumento che vocalità è stata una possibilità concessa al suo grande talento,
sostenuto, come descritto in precedenza, dalla sua grande resistenza fisica ed aggiungerei
da un’acuta intelligenza. Tuttavia ciò ha, per contro, certamente contribuito ad affaticarlo,
40
41
SCHULLER, 1996, pag. 90.
Il termine venne usato da André Hodeir, a proposito del trombonista Dickie Wells.
38
rallentando delicati momenti di ripresa che avrebbero potuto aiutarlo a non ammalarsi,
soprattutto a livello cardiaco.
Grandi punti a favore quindi per Louis
Armstrong
sono
stati
l’Equilibrio
Emotivo
e
certamente
L’Equilibrio
Respiratorio, conseguenza speculare di
una buona pratica.
Nella didattica del musicista come nella
didattica del cantante è rilevante il
perfezionamento della ritmica, fondamento di bravura e di conseguente resistenza. Gran
parte dei musicisti nel settore ritmico, ad esempio, non respira in modo corretto durante
l’approccio con lo strumento.
39
Capitolo 5
BREVE ANALISI DEL SOLISMO DI LOUIS
ARMSTRONG
Si espone qui di seguito, come appendice di quanto esposto in tesi, una breve analisi
musicale e stilistica di tre brani interpretati da Louis Armstrong42.
In primo luogo si prenderà in considerazione La Vie en Rose, classico popular del 1945
con testo di Edith Piaf e musica di Louiguy, esempio della trasformazione innovativa di
brani da “popular” in “jazzy” attuata da Armstrong. Si esaminerà poi Lazy River, in
particolare lo scat di Louis Armstrong sia nella prima versione del 1931 che nella seconda
del brano dell’anno 1961, brano dove sono contenuti anche il cantato e breve scat di Bing
Crosby nel quale risulta evidente l’adozione dello stile afro-americano da parte di cantanti
bianchi. Infine verrà analizzato il solo trombettistico di Chim Chim Cher-ee (1968),
considerato dagli esperti sintesi stilistico-musicale dell’artista Louis Armstrong e verrà
esposta analisi di un chorus cantato del brano dove si evidenziano analogie stilistiche.
Scrive Luciano Federighi di Armstrong cantante agli inizi: «la sequenza lirico-sintattica,
oltre a quella melodica, viene messa a soqquadro, sconvolta da amputazioni dei versi,
incrostazioni di mugolii e particelle sillabiche, sostituzioni e anticipazioni, in una
prospettiva emozionalmente nuova, magistralmente e magicamente sospesa tra linguaggio
vocale e strumentale»43.
Si aggiunge a questo scritto che negli ultimi anni della carriera di Louis Armstrong è
invece la tromba a divenire un prolungamento della voce.
42
43
I tre brani oggetto di questo capitolo sono inseriti nel cd allegato alla tesi.
ZENNI, 2002, p. 54.
40
5.1 La Vie en Rose (1951)
Lo stile trombettistico di Armstrong è stato alla base dello sviluppo stilistico del suo cantato
dei primi anni. Dalla descrizione del vibrato svolta nel precedente capitolo si è rilevata
un’importante analogia presente tra il solismo strumentale e il solismo vocale, a
dimostrazione di una influenza reciproca tra gli atteggiamenti attuati nelle due pratiche
musicali.
Come segnalato nella parte storica iniziale di questo lavoro, Armstrong rendeva “jazzy” tutte
le canzoni che interpretava: esponiamo quindi alcuni dettagli relativi a questo passaggio.
La prima caratteristica evidente è la ricchezza ritmica, grande protagonista in un’esecuzione
ricca di anticipi, terzine, dilatazioni delle stesse melodia, dilatazioni del tempo.
Nelle incisioni dei brani popolari Armstrong reinterpreta la melodia degli “standard”
aggiungendo piccole e svariate sfaccettature. Molte vengono dal blues, ad esempio aggiunta
di blue note, riff riempitivi, cromatismi, frammenti della scala pentatonica, tutti
completamenti usati a collegamento ed abbellimento del fraseggio.
Alcune di queste caratteristiche si possono quindi osservare nello spartito seguente di La
Vie en Rose, rielaborato da Armstrong nel 1951 dopo il grande successo di Edith Piaf del
1945.
41
42
-
La prima esposizione della melodia è eseguita dalla tromba, dalla battuta 5 alla 24. Nei
primi anni in cui venivano commissionate le incisioni di brani popolari dell’epoca,
Louis Armstrong poneva evidentemente in primo piano l’esecuzione trombettistica. Nel
brano infatti tutte le caratteristiche stilistiche di Armstrong sono riscontrabili
maggiormente nell’esecuzione trombettistica, già dal primo chorus (scale cromatiche,
abbellimenti, etc).
-
Alla seguente esecuzione canora Armstrong lascia una certa linearità e semplicità
melodica. Il cantato appunto eseguito dalla battuta 29 alla 48 rimane fedelissimo al
testo in inglese scritto da David Mack: Armstrong è inizialmente poco riconoscibile,
canta con il timbro vocale ancora giovanile, pulito, con suono ricco di armonici tipici
della voce tenorile. Solo in alcuni passaggi e sul finale delle parole egli pratica la
tecnica “Fry”, descritta precedentemente, che negli anni seguenti diventerà prevalente e
caratterizzante. Evidenziamo che l’uso di tale vocalità, sui finali delle parole appunto,
ne dimostra il suo corretto uso. E’ infatti in fase rilascio del fiato che si crea quella
riposante leggerezza vocale, lo sfumare, che è fra le caratteristiche principali di ogni
cantante ben impostato. Louis Armstrong
confidenza con la gestione del proprio fiato.
43
mostra ancora una volta la grande
5.2 Lazy River (1961-63)
Il cantante Bing Crosby disse di Louis Armstrong nel 1950: «Egli è il principio e la
fine della musica in America»44.
L’influenza di Armstrong su Bing Crosby è molto evidente già nelle sue prime
registrazioni (ad esempio Just One More Chance,1931). Dettaglio rilevante descritto
anche nel New Grove Dictionary of Jazz: «Crosby ha introdotto nel canto popolare
bianco il concetto stesso del cantare afro-americano»45.
Esponiamo di cosa si tratta. Sono tecniche di abilità nella gestione del fiato e si
sviluppano passando dal registro di testa (pratica vocale effettuata con corde false,
estensione maschile tenorile che parte solitamente dal Si4-Re5 sviluppandosi verso gli
acuti) al registro di petto (sempre nell’estensione tenorile da nota iniziale Fa2. al Do5
– do di petto). Nelle definizioni odierne nella tecnica vocale, si parla anche delle zone
di passaggio (dove i due registri petto e testa maschili si possono sovrapporre, cioè da
Sol4 a Si4-Re5-Mi5 circa) un vero e proprio micro-spostamento di posizione. Qui si è
definito da tempo un terzo registro nella vocalità, cioè la voce mista o mix resonance,
detta anche Registro Misto46.
Altra caratteristica dello stile afro-americano è il modo di evidenziare le consonanti,
eseguita per enfatizzare il testo, pratica questa tipica delle cantanti nere, e presente
nello scat.
Questi atteggiamenti verranno emulati più tardi da quasi tutti i cantanti pop, soul e
jazz, che oltretutto aggiungeranno glissati, attacchi glottali, soffiati e graffiati, e tanti
44
45
Wikipedia English, voce “scat”.
Wikipedia English, voce “scat”.
46
Le corde vocali si posizionano “circa a metà” fra le posizioni dei due registri precedentemente descritti, spesso con
l’aggiunta di una restrizione dello spazio ari-epiglottico oltre che l’abbassamento del palato molle.
44
altre tipologie di vibrato. Tante caratteristiche che creeranno nel tempo un’importante
nuova definizione di “canto non classico” o “canto moderno”.
Louis Armstrong e Bing
Bing Crosby collaborarono molto, soprattutto nel cinema.
Armstrong nel 1931 apparve infatti nel suo primo film Ex –Flame poco dopo il loro
incontro, avvenuto nel New Cotton Club di Los Angeles nel 1930, locale dove
Satchmo si esibiva che era frequentato da molte celebrità di Hollywood.
La prima versione del brano Lazy River di Arodin/Carmichael, registrata da Louis
Armstrong nel 1931 iniziò con un breve assolo di tromba. Nella strofa seguente il
cantato ignorò la melodia ed
ed Armstrong cantò come se suonasse la tromba,
“picchettando” tutte le singole note della prima parte ed utilizzando un fraseggio
sincopato. Nella seconda strofa eseguì invece la melodia completamente improvvisata,
evolutasi successivamente in un classico Armstrong’s Scatting.
Lo scat scaturisce dalla destrutturazione delle sonorità
sonorità sillabiche di due parole: Lazy e
River -.
45
Lo stesso Crosby dichiarò quanto questo brano, come altri di Armstrong, furono per
lui fonte di ispirazione riguardo a stile e pronuncia.
Negli anni ‘60 dunque i due artisti registrarono insieme lo standard Lazy River. Qui
Louis Armstrong, dopo un’introduzione strumentale ed un chorus cantato da Bing
Crosby, esegue lo scat sillabando, soprattutto con consonanti labiali e linguali.
46
Aggiungiamo anche otto battute di cantato
cantato di Bing Grosby, dove si nota soprattutto la
trasformazione ritmica del brano, che risulta ricco di anticipi, terzine, glissati e dinamiche
che rendono l’inizio del brano, nella parte eseguita “ballad”, particolarmente raffinato
(nello stile di Bing Crosby pare di cogliere un’analogia con lo stile di Elvis Presley).
Quando Crosby esegue una scala crescente riduce il volume ad una leggerezza anche
questa tipica del canto afro-americano.
47
5.3 Chim Chim Cher-ee (1968)
Nel 1968 la Disney chiede ad Armstrong di incidere canzoni fiaba; nascerà un bellissimo
album contenente il brano Chim Chim Cher-ee, cantato originariamente dallo spazzacamin
(melodia ebraica scritta dai F.lli Sherman) tratto dal Musical Mary Poppins. Il brano era
già stato scelto da Coltrane nel 1965 per l’album John Coltrane Quartet.
Come in tutte le fiabe anche in Mary Poppins è insita una vena “cupa”. Questo aspetto
“dark” (definito così nel linguaggio anglosassone) viene enfatizzato da Armstrong nella
canzone Chim Chim Cher-ee. Il brano è eseguito cambiando il tempo: veniva eseguito nel
musical in 3/4, Armstrong invece sceglie di eseguirla in 4/4. Un cambiamento di grande
rilevanza per l’impronta espressiva del brano.
Prendiamo inizialmente in considerazione il quarto chorus della canzone Chim Chim Cheree dove viene eseguito l’assolo di tromba, per meglio evidenziare alcune caratteristiche
stilistiche che ritroviamo poi nel cantato melodico. Tralasceremo lo scat che viene solo
brevemente accennato in coda al brano, che viene poi sfumato.
La tromba suona con timbro e ritmo forti. Molti attacchi sono scolpiti. In certe parti viene
attuata una ritmica “fluttuante”, di stile malinconicissimo, come il cantato anch’esso
completamente “fluttuante”.
48
L’improvvisazione risulta molto codificata:
-
Nelle prime quattro battute Armstrong esegue un Sol ribattuto seguito da una Scala
Cromatica discendente (partendo dal Do5) sugli accordi Do minore, che ritroveremo anche
alla fine del chorus; un’idea che si ripeterà anche nel secondo chorus più estesa.
-
Dalla battuta 5 alla 8 esegue una Scala Minore Armonica con una sola Blue Note (Gb nella
sesta battuta) dove Armstrong si sofferma per ben 4/4. I primi 2/4 l’effettiva blue note che
si prolunga diventando settima dell’accordo successivo di La bemolle settima.
-
Poi nelle battute 9-10-11 si ripropone una scala minore dove, sull’accordo di Do minore
con la settima maggiore, Armstrong suona due quarti di Si bemolle.
bemolle. Sembrerebbe la stessa
idea di cromatismo (seguono poi La naturale e La bemolle) eseguita in precedenza, ma così
riproposta costruisce una nuova idea melodica. In questo punto del brano risulta così molto
evidente quello stile “fluttuante” sopradetto.
49
«He’s at his most rhytmically free on this album; everything coheres on the nearly sevenminute “Chim Chim Cher-ee”, witch features two completely different sixteen_bar trumpet
solos, each –haunting and even modern – performed over a descending minor vamp»47.
La scelta di passaggio dal 3/4 al 4/4, si deve probabilmente al desiderio di “swingare” il
brano. Il cantato infatti risulta rilassato, ritmico, ricco di anticipi (anche di 1/4). Risulta ben
presente anche la tipica forza nella pronuncia della [c] iniziale delle parole Chim Chim e la
47
RICCARDI, 2012, p.263.
Traduzione: Si sente molto la sua libertà ritmica in questo album; tutto risulta coerente nei sette minuti di Chim
Chim Cher-ee, dove presenta due soli in sedici battute completamente differenti, entrambi –facili da ricordare e
persino moderni si riferiscono ad un’idea di improvvisazione minore discendente.
50
Sc, fricativa, all’inizio della parola Cher-ee, l’enfatizzazione del testo tipica del canto afroamericano.
Tutto il brano Chim Chim Cher-ee che viene ritenuto uno dei brani più significativi della
carriera di Louis Armstrong, è da musicologi e storici definito una sintesi della personalità
allegra ed insieme drammatica del genio Louis Armstrong, oltre che del suo inconfondibile
stile.
Scrive Luciano Federighi del primo Armstrong cantante:
«La sequenza lirico-sintattica, oltre a quella melodica, viene messa a soqquadro, sconvolta
da amputazioni dei versi, incrostazioni di mugolii e particelle sillabiche, sostituzioni e
anticipazioni, in una prospettiva emozionalmente nuova, magistralmente e magicamente
sospesa tra linguaggio vocale e strumentale»48.
Dal al ’35 al ‘45 avvengono dei cambiamenti nella vocalità di Armstrong, ritorna anche
più semplice e lineare, fedele alla melodia. Sarà invece lo strumento a divenire un
prolungamento della voce.
Verso la fine della carriera Louis Armstrong unisce pratica strumentale e vocale in una
sonorità molto amalgamata, perfettamente proporzionata, dove la tromba e la voce
risultano ormai unite in un unico linguaggio.
48
ZENNI, 2002, p. 54.
51
CONCLUSIONI
Il lavoro ha voluto mostrare parte del grande apporto che Louis Armstrong ha dato alla nascita
del jazz, in particolare attraverso dettagli stilistici specifici del canto. La parte storica iniziale
evidenzia le peculiari attitudini di Louie49 al canto e all’intrattenimento ed illustra quanto queste
attitudini, ben nutrite da una preparazione musicale impeccabile, abbiano aperto vie e dato
stimoli per un’inevitabile evoluzione stilistica avviatasi con l’arrivo del popolo afro-americano
nel nuovo continente. Nella parte sull’analisi anatomica di Louis Armstrong è stato esposto l’uso
della sua fisicità che, corretto o scorretto, ha formato un’artista poliedrico, perfettamente in
equilibrio nonostante gli affaticamenti. Infine la breve analisi musicale evidenzia solo alcuni dei
dettagli teorici e di tecnica vocale del grande apporto di Louis Armstrong alla rinascenza del
canto50. Per sviluppare in modo esauriente soltanto questo singolo aspetto sarebbe stata
necessaria la stesura di un’apposita tesi di laurea. La ricerca invece si è orientata più verso
l’approfondimento degli aspetti tecnici della pratica vocale e strumentale di Louis Armstrong,
oggi possibile in quanto esistono svariate informazioni scientifiche in merito.
49
Louie è il nome con cui Louis Armstrong preferiva essere chiamato
Dal dizionario Garzanti della lingua italiana: Rinascenza, il rinascere. In luogo di questo francesismo,
specialmente nell’uso figurato, si dica rinascimento.
50
52
53
Ruolo e preparazione del cantante si stanno evolvendo. Preparazione musicale e conseguente salto di qualità
culturale cominciano ad incarnarsi nella pratica vocale di molti artisti della voce, cosa che non è sempre avvenuta.
Ne fu causa una fuorviante “distrazione” dettata da apertura, spontaneità, forza, immediatezza di chi possiede un
linguaggio corporale e vocale molto diretto. La preparazione non è sacrificio, ma natura del talento. L’esigenza di
pratica continua ed intelligentemente costruttiva è insita nel canto come nel musicista. Non si vive fino in fondo un
importante ruolo artistico, soprattutto nella vocalità, senza un enorme lavoro continuo mirato a coltivarne le
caratteristiche. Il buon lavoro di un grande artista può essere componente di grandi cambiamenti stilistici, di
evoluzioni.
L’ emblema di tanto impegno, lavoro, professionalità, è Louis Armstrong.
54
«Tutta la mia vita è stata felicità. Attraverso tutte le sventure ed il resto, io non ho pianificato
nulla. La vita era lì per me, e io l’ho accettata. E la vita, qualunque cosa venisse fuori, è stata
bella con me, e io amo tutti».
Louis Armstrong
55
SITOGRAFIA
http://it.wikipedia.org/wiki/Louis_Armstrong
http://en.wikipedia.org/wiki/Scat_singing
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
Registrazioni
Louis Armstrong Hot Five e Hot Seven Sessions (1925-1928)
Satchmo a Pasadena (1951)
Louis Armstrong Plays WC Handy (1955)
Louis Armstrong al Crescendo, vol. 1 (1955)
Louis e gli angeli (1957)
Struttin ' (1996)
Con Ella Fitzgerald
Ella e Louis (1956)
Ella e Louis Ancora una volta (1957)
Porgy and Bess (1957)
Con Duke Ellington
Louis Armstrong e Duke Ellington: The Great Summit / Complete
Sessions (1961)
Altre collaborazioni
Louis Armstrong Meets Oscar Peterson (1957)
I veri ambasciatori (1961)
Canzoni
" West End Blues " (1928)
" Ciao, Dolly! " (1964)
" What a Wonderful World " (1967)
Compilation
The Complete Ella Fitzgerald & Louis Armstrong su Verve (1997)
Hot Fives & Sevens (2000)
Il Grande Summit: The Master Takes (2001)
Disney Songs The Satchmo Way (1968)
56
BIBLIOGRAFIA
GUNTHER SCHULLER, Il Jazz. Il Periodo Classico. Le origini Oliver, Morton, Armstrong, EDT
Edizioni, Torino 1996.
LOUIS ARMSTRONG, Satchmo. La mia vita a New Orleans (titolo originale My life in new
Orleans), Minimum Fax Edizioni, ROMA 2004 (ristampa).
RICKY RICCARDI, What a wonderful world. The Magic of Louis Armstrong’s Later Years,
Vintage Books, New York 2012.
STEFANO ZENNI, Louis Armstrong, Roma 2002.
FRANCO FUSSI, La voce del cantate, volume quinto, Atti del V Convegno Internazionale “La
Voce Artistica” a cura dell’ASL di Ravenna, Fondazione Ravenna Manifestazioni e Vocologia
Artistica dell’Università di Bologna (sede di Ravenna) Omega Edizioni, 2009.
LUCA BRAGALINI, Jazz e Opera. Le arie, breve viaggio all’origine degli scambi fra due generi
musicali solo apparentemente agli antipodi. Con un testimone d’eccezione: Louis Armstrong,
2009.
SAMUEL A. FLOYD JR, The power of black music, Oxford Paperbacks, New York-Oxford 1995.
ALLEGATO: CD ASCOLTI
Elenco tracce:
12345678910-
Louis Armstrong e gli Hot Five
Heebie Jeebies
Louis Armstrong e Ella Fitzgerald
Summertime
Cab Calloway
Minnie The Moocher
Babs Gonzales
Oop-Pop-A-Da
Ella Fitzgerald
How High The Moon
Louis Armstrong
La Vie En Rose
Louis Armstrong
Lazy River
Louis Armstrong e Bing Crosby
Lazy River
Louis Armstrong
Chim Chim Cher-ee
Bobby McFerrin alla Scala di Milano (2007) video
57
RINGRAZIAMENTI
In primis ringrazio di cuore il Prof. Corrado Guarino per l’aiuto che ho ricevuto nel mio
cammino verso cultura, educazione e preparazione musicale. Per gli stimoli a continuare in
approfondimenti futuri e per le occasioni di esibizione e di inserimento offertemi in questi anni
di studio. Ringrazio tutti gli insegnanti del Trienno Sperimentale di Jazz del Conservatorio Luca
Marenzio di Brescia, in particolare Luca Bragalini, Martina Grossi, Cristina Baldo, Francesco
Villa, Evy De Marco, Marcella Mandanici, Mariani, Elisa Dakin, Angelo Peli, Rebaudengo.
Ringrazio Camilla della segreteria, per le accortezze verso tutti noi studenti, e tutto il personale
presente “nei corridoi” del Conservatorio. Ringrazio i Direttori da me conosciuti: Prof. Balzaretti
e Prof. Ruocco.
Per i consigli inerenti la stesura di questa tesi: Irene Tirloni, Roberto Soggetti, Antonio La
Bruna, Osvaldo Tagliani, Martina Grossi.
Per il supporto morale negli anni di studio: mamma Irvana Grazioli, il Joyful Gospel Choir,
Bruna Mazzola, Patrizia Fornari, Achille Pellenghi e Anna Finardi, Gianluigi Scanu, Franco
Raffo, Michele Lodi, Stefania Torchio, e tanti altri cari amici.
La tesi è dedicata ai fratelli Luciano Mazzola e Prof. Paolino Mazzola, che hanno certamente
presenziato alla proclamazione, le due sedie già occupate in prima fila, dove nessuno è riuscito
ad appoggiare la giacca……
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