Francesco Zammartino ---------------------------------------------------------------------------------------------------- Autonomia procedimentale ed autonomia processuale degli Stati membri nel processo d’integrazione in Europa. Le esperienze italiana e francese. Sommario: I. L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo italiano – II. L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo francese.- III. L’invalidità degli atti amministrativi in diretto contrasto col diritto europeo: l’ipotesi della nullità nell’ordinamento italiano.- IV. L’illegittimità comunitaria indiretta degli atti amministrativi- V. Il contrasto degli atti amministrativi con le norme comunitarie non self-executing in Italia – V.1 segue: il diverso regime in Francia - VI. L’esercizio del potere di riesame degli atti amministrativi in contrasto col diritto europeo: quali prospettive in Italia e in Francia. I) L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo italiano. Negli ultimi anni il primato del diritto europeo sugli ordinamenti degli Stati membri ha assunto aspetti estremamente significativi, soprattutto in riferimento alla c.d. invalidità comunitaria degli atti amministrativi nazionali1. Esso, affermatosi anche mediante una progressiva e costante attività giurisprudenziale della Corte di Giustizia, ha indotto gli apparati amministrativi pubblici nazionali, in taluni casi, a decidere di non applicare una norma interna in palese contrasto con il dettato normativo europeo2. 1 In verità già con la famosa sentenza del 15 luglio 1964, c-6/64, Costa c. Enel, la Corte di Giustizia aveva espressamente manifestato la superiorità del diritto comunitario su quello degli Stati membri,; tale orientamento consolidato da successive decisioni tra cui spicca la sentenza CGCE C.224/97, RIDPC 1999, p.1347, è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale con la note sentenze nn° 14/64 e 389/89. In dottrina, si v.G. GRECO, Fonti comunitarie e atti amministrativi italiani, in Riv. It. dir. pub. com., 1991, 38 ss; P. PIVA, Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea: diretta efficacia e primato, Napoli, 2008. 2 Mediante il rinvio pregiudiziale la Corte di Giustizia, indirettamente, ha esercitato un controllo di legittimità che si è esteso via via anche agli atti amministrativi nazionali sulla base del principio della necessaria applicazione uniforme del diritto comunitario nei rispettivi Stati membri. In dottrina, si v., tra gli altri,S. M. CARBONE e F. SORRENTINO, Corte di Giustizia o Corte federale delle Comunità europee ? in Giur. Cost. 1978, p. 655 ss. ; R. MASTROIANNI, Rinvio pregiudiziale alla Corte comunitaria e sospensione del processo civile , in Il diritto dell’Unione europea , 2000, p. 92ss; F. GHERA, Pregiudiziale comunitaria , pregiudiziale costituzionale e valore di precedente delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia , in Giur.Cost. 2000, p.1193 ss; L. D’ANIELE, Commento all’art. 134 TCE, in A. TIZZANO( a cura di) , Trattati dell’Unione Europea e della Comunità Europea, Milano, 2004, pp. 1105-1106-1107; L. CHIEFFI, Commento all’art. 11 Cost., in Commentario, cit. p.292; A. 1 Alla luce di queste prime considerazioni, sembra opportuno affermare che la fase del processo d’integrazione nell’Unione europea dei diversi Stati membri si effettua attraverso un complesso sistema di regole che trovano la loro fonte non già negli atti normativi (regolamenti, direttive e decisioni ) e amministrativi(raccomandazioni, pareri e comunicazioni), ma anche nelle stesse sentenze e, talvolta, pareri della Corte europea e del Tribunale di primo grado3. Questo ha contribuito, ai fini di un tempestivo adeguamento degli ordinamenti interni ai principi comunitari4, al dilagare, negli ultimi anni, di un fenomeno consistente nella sostituzione progressiva dei provvedimenti legislativi in luogo di regolamenti o atti amministrativi per l’esecuzione degli obblighi comunitari.5 Ma se tale fenomeno ha assunto connotati di non particolare rilievo in paesi dove il sistema amministrativo ha mostrato maggiore capacità di “aderenza” all’impianto costituzionale6 ( per esempio, e con le debite differenziazioni, Spagna e Germania) in Italia7 e in Francia il fatto che un provvedimento amministrativo, sia esso statale o di enti territoriali locali, si frapponesse o meglio ancora s’inserisse nel TIZZANO, Ancora sui rapporti tra Corti europee: principi comunitari e c.d. controlimiti costituzionali, in Il diritto dell’Unione europea, n° 3/07, p. 737ss. S.M. CARBONE, Corte Costituzionale, pregiudiziale comunitaria e uniforme applicazione del diritto comunitario, in Il diritto dell’Unione europea, n° 3 /07, pp.708-709; M.P. CHITI , La Consulta e il primo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia: verso il concerto costituzionale europeo, in Giornale di diritto amministrativo,2008. 3 Si v. S. Battini, L’influenza dell’integrazione europea, in L’amministrazione pubblica italiana (a cura di S. Cassese e C. Franchini), Bologna, 1994, p. 143ss.; F. ASTONE, Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999. 4 Si v. A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2000, p.61. 5 Si v. M D’ALBERTI, Le nuove mete del diritto amministrativo, Bologna, 2011, p. 56ss. 6 Le difficoltà riscontrate nel lungo percorso dell’integrazione comunitaria sono chiarite da G. GRECO, Profili di diritto pubblico italo-comunitario, in Argomenti di diritto pubblico italo-comunitario, Milano, 1989, p. 4ss. 7 F. SORRENTINO, Le fonti del diritto amministrativo, in G. SANTANIELLO( a cura di ), in Trattato di diritto amministrativo XXXV, Padova, 2007; E. KLEIN, L’influenza del diritto comunitario sul diritto amministrativo degli Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 690 ss.; A. SAGGIO, La giurisprudenza comunitaria sui rapporti tra diritto comunitario e diritto interno: riflessi sulla struttura dell’ordinamento comunitario e suoi effetti rispetto agli ordinamenti nazionali, in dir. regionale, 1996, 455ss.; L. Duguit, Traité de droit constitutionnel, 1991, p. 555ss. C’è da segnalare, tuttavia, che pur non in presenza nel nostro ordinamento , a differenza di quello tedesco, di una legalità dell’azione amministrativa di rango costituzionale, molteplici sono state le posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in relazione all’utilizzazione del provvedimento amministrativo in luogo di quello legislativo nell’attuazione del diritto comunitario. Non è qui la sede per sviluppare l’interessantissimo dibattito; ci limitiamo a dire, che riducendo con evidente forzature le diverse posizioni a due tipologie di categorie di pensiero , possiamo giungere alle seguenti conclusioni: la prima tesi è rappresentata dalla progressiva attività della Corte di Giustizia e da autorevole dottrina ( Chiti) che sostengono una visione forte del processo d’integrazione europeo, tra l’altro, capace di incidere profondamente nel nostro ordinamento innescando un processo di trasformazione che parte coinvolgendo principi finora ritenuti inattaccabili quali quello di legalità e della preferenza della legge fino ad arrivare persino ad incidere sulla stessa forma di Stato. Il secondo filone di pensiero, rappresentato in larga parte dalla giurisprudenza nazionale(costituzionale e amministrativa meno recente), è ripresa da quelli autori (Greco) che ritengono forzata la tesi di un processo d’integrazione europea che miri a sostituirsi alla sovranità nazionale( o parte di essa), in quanto essa ha trovato poco riscontro, non solo nel diritto nazionale, ma persino in quello europeo. 2 meccanismo di attuazione del diritto comunitario in luogo di quello legislativo, ha suonato più come un campanello di allarme per il mancato rispetto del principio di legalità8, che come utile ( e necessario) strumento ai fini di una tempestiva attuazione del diritto comunitario9. Ne è scaturito un acceso dibattito dottrinale seguito da numerosi interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno reso più complesso e delicato il problema, tanto da far perdere, talvolta, il filo conduttore della questione, che rimane principalmente l’obbligo dell’attuazione dei principi comunitari, pena la responsabilità dello Stato inadempiente10. E’ pacifico che lo scopo principale dell’Unione è quello di realizzare l’integrazione fra le società11. Tale obiettivo, resosi necessario onde evitare il sorgere di tanti diritti nazionali differenti tra loro nell’elaborazione degli strumenti di attuazione,ha spinto l’Unione ad elaborare una serie di principi normativi e giurisprudenziali col precipuo intento di evitare ulteriori “crepe” nello spirito europeistico degli Stati membri12. Va da sé che il costante processo d’integrazione tra gli Stati membri ha dato luogo alla nascita di un diritto europeo, che in tempi brevi ha invaso tutti i rami del diritto nazionale, e in particolar modo quello amministrativo più incline a subire l’influenza dell’attività ermeneutica della giurisprudenza13. Ebbene in Italia, rispetto alla Francia,14 le conseguenze dell’”europeizzazione”del diritto amministrativo15 sono state tali da incidere S. Stammati, L’impatto della CE sull’amministrazione, in Riflessioni sui mutamenti costituzionali nel processo d’integrazione europea, atti del seminario, in S . Panunzio ( a cura di ), Milano, p. 653. 9 Si v. , per i poliedrici aspetti che investono i rapporti tra Il diritto comunitario e gli enti locali, I.M. Marino, Aspetti della recente evoluzione del diritto degli enti locali, Palermo, 2007. 10 Si cfr. M.G. Pulvirenti, Intangibilità del giudicato, primato del diritto comunitario e teoria dei controlimiti costituzionali, in Riv. ital. dir. pubbl. com., n°2/2009, p. 394; M.P. Chiti, La responsabilità dell’amministrazione nel diritto comunitario, in Riv. ital. dir. pub. com., 2009, n°3-4, p.506ss. 11 Tra le tante, CGCE, 14 ottobre 2004, C- 36/02. In dottrina, per tutti A. Tizzano, Europeizzazione dei diritti nazionali, in La Corte europea tra Stati nazionali e globalizzazione, ( a cura di ), Enciclopedia Treccani, 2004, Roma, p. 60ss; A.Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, il Mulino, 2002; inoltre, M. Catarbia, Unità nella diversità: il rapporto tra la Costituzione europea e le Costituzioni nazionali, in giustamm.it, p10; A.Ruggeri, Trattato costituzionale, europeizzazione dei controlimiti e tecniche di risoluzione delle antinomie, in www.forumcostituzionale.it, 2009. ; M D’Orsogna, , Il diritto amministrativo italiano nel diritto europeo, in atti del Convegno annuale “Esiste una via italiana al diritto amministrativo”, Teramo 10-11 settembre 2010, p.6-7. 12 Cfr. R. Caranta, Diritto comunitario e tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, in Riv. trim dir. pub., 2000, n°1, p. 81. 13 Anche se riguardo ad uno specifico campo quale è quello degli aiuti di Stato, si veda G. Guarino, Costituzione italiana e integrazione europea; aiuti di Stato, “distrazione amministrativa e costi impropri delle imprese, in Riv. ital. dir. pub.com., 2008. 14 Si v. J. Dutheil de la Rochére, Inflluence du droit en droit communautaire, RFDA, 2001, n°4, p. 909ss. 15 Si v. ,a tal riguardo, S. Cassese, I lineamenti essenziali del diritto amministrativo comunitario, in Riv. ital. dir. pub. com., 1991, p.3-10; id, La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. it. dir. Pub. com., 2002, n°2-3; G. Cocco, Una convivenza voluta ma sofferta: il rapporto fra diritto 8 3 profondamente sugli originari rapporti tra l’amministrazione comunitaria16 e quella nazionale, soprattutto se si pensa che tale fenomeno ha iniziato ad incidere sostanzialmente sia sull’autonomia dell’organizzazione amministrativa17 (si pensi all’ampliarsi sempre di più delle politiche comunitarie che inducono gli Stati a istituire organismi ad hoc come l’organismo di diritto pubblico per fronteggiare le nuovi funzioni di derivazione comunitaria),sia sull’attività amministrativa in genere18(vedi ad esempio i provvedimenti in c.d. coamministrazione, che sono il frutto di modelli procedimentali imposti al nostro diritto amministrativo), con ricadute che si sono diffuse,come in seguito vedremo, anche nel sistema processuale( la tutela cautelare per le posizioni soggettive protette dal diritto comunitario)19. Alla luce di quanto detto, l’influenza sempre più penetrante della normativa comunitaria sul nostro diritto amministrativo, e la conseguente attuazione in via amministrativa della stessa20, hanno aperto un interessante dibattito, in dottrina come in giurisprudenza (comunitaria e nazionale), circa la natura dell’invalidità che colpisce l’atto amministrativo nazionale in ipotesi di contrasto col diritto comunitario. La questione si pone in questi termini: l’accertata difformità di un provvedimento amministrativo nazionale dalla normativa comunitaria dà luogo ad una patologia riconducibile alla tradizionale disciplina dei vizi dell’atto, ovvero si è di fronte ad un vizio individuato nella c.d. “anticomunitarietà”, con possibili ricadute sia sul diritto sostanziale che su quello processuale nazionale? Si è dell’opinione che una risposta a tale quesito vada maturata in un quadro di riflessione più ampio, che coinvolge questioni di carattere generale quali: 1°) il livello d’integrazione effettivamente raggiunto dalla Comunità con il nostro ordinamento complessivo;21 2°) la diffusione del fenomeno dell’attuazione in via amministrativa del diritto comunitario; 3°) l’affermazione del principio di una “amministrazione di risultati”. Quanto al primo aspetto il processo d’integrazione europeo che attualmente comunitario e diritto interno, in Riv. it. dir. pub. com.1991, p.641; G. Falcon, Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo comunitario, in Riv. it. dir. pub. com., 1991, p.345; M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, Milano, 1994, p. 183 ss. 16 Sul punto, si v. .J. Auby- J. De La Rochère, A Propos de la notino de droit administratif européen , in Rev. fran. d’adm. pub. , n°123/2007, Paris, p. 373ss 17 Si v. sul punto G. Della Cananea, Diritto amministrativo europeo, n°5, 2006, p. 107-108. 18 Sul punto, G. Greco, Il potere amministrativo nella (più recente) giurisprudenza del giudice comunitario, in Riv. it. dir. pub. com. , n°5/09, p. 844ss. 19 I primi segnali di una annunciata “corrosione” di questi principi che in tempi non sospetti apparivano inattaccabili, sono da ravvisarsi nello spirito europeistico che regna nel D.lgs n°300, artt. 2,2c. e 5,c.5, lett.D. A tal proposito si v. CGCE, sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/93. 20 F. Astone, Le Amministrazioni nazionali nel processo di formazione e attuazione del diritto comunitario, Torino, 2004. 21 Fu, come è noto, la Corte di giustizia ad affermare tale tesi prima con la storica sentenza Costa C6/64, in seguito ribadite dalla sentenza Simmenthal n°186/87. 4 coinvolge i due ordinamenti in una simbiosi quasi assoluta, ha ormai fatto breccia anche presso la Corte Costituzionale, per lungo tempo contraria a qualsiasi ragionamento favorevole all’affermazione della tesi monista22. La Consulta, infatti, nelle sue ultime pronunce23ha gradualmente cambiato rotta24, ispirandosi ad una visione d’integrazione tra i due ordinamenti , allineandosi con la già consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, che in tempi non sospetti, si era pronunciata a favore di un forte processo d’ integrazione25. Nello stesso ordine di ragionamento va inquadrato il sempre crescente fenomeno dell’attuazione in via amministrativa del diritto comunitario. Tale fenomeno, che, come è stato già ribadito, ha suscitato non poche perplessità in coloro che vi intravedono una deroga al principio di legalità26, ha trovato terreno fertile proprio nella volontà dello stesso legislatore, il quale, potenziando nelle ultime leggi comunitarie quegli strumenti atti a facilitare in via regolamentare o amministrativa l’attuazione della normativa comunitaria, ha fornito “l’alibi” alle autorità amministrative di considerare l’applicazione del diritto comunitario ad opera della legge nazionale alquanto complessa ed incerta27. D’altra parte, la preferenza per il provvedimento amministrativo in luogo di quello legislativo va ricondotta in un disegno più ampio nel quale è stato previsto che l’attuazione del diritto comunitario deve essere ripartita tra Stato, Regioni ed Enti locali territoriali in base alle loro rispettive competenze. Ciò significa che allo Stato vengono riservati solo compiti relativi al coordinamento delle relazioni con l’Unione Europea, che trovano generalmente sbocco nel provvedimento legislativo. In ultima analisi, il passaggio da una gestione amministrativa di servizi ad una gestione ispirata a parametri di qualità 22 A tal riguardo, si cfr. le non più recenti sentenze CGCE, nn.14/64, 98/65, 170/84 e 113/85, favorevoli, sebbene con timide aperture, alla tesi della netta separazione tra i due ordinamenti. In tal senso anche TAR Piemonte,sez. II, sent. n°34/89. 23 Corte Cost. sentt., nn° 348/07 , 349/07 e 102/08. 24 Sul punto, C. Pinotti, I controlimiti nel rapporto tra ordinamento comunitario e nazionale, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, n°2/2009, p. 213ss. 25 P. Barile, Il cammino comunitario della Corte, in Giur. Cost., 1973, p. 2405 ss. A. Pace, La sentenza Granital ventitrè anni dopo, Relazione al seminario su “ Diritto comunitario e diritto interno tenutosi presso la Corte Costituzionale il 20 aprile 2007, in www.associazioneitalianacostituzionalisti.it; M.E. Bartolini, Un nuovo orientamento della Corte Costituzionale sui rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano?, in Il diritto dell’Unione europea, n°3/08, p. 526-527. Si v. Cons. Stato, sex. V, n° 35/2003; S.M.Carbone, Il ruolo della giurisprudenza comunitaria nell’integrazione europea, in www.federalismi.it, n°16/2007,p.1ss. 26 Nell’ambito di un ragionamento che investe l’intero sistema delle fonti legali si v. F. Sorrentino, Le fonti del diritto italiano, Verona, 2009, p. 120-121. 27 Si cfr. V. Cerulli Irelli- F. Luciani, Diritto comunitario e diritto interno tra Stato e Regioni, in Riv. ital. dir. pub. com., n° 5/2008, p. 867; ancora V.Cerulli Irelli, I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, in Le nuove Istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona, 2009, p. 389; P. RIDOLA, Forma di Stato e principio di sussidiarietà, in La riforma costituzionale, atti convegno AIC 6-7/11/1998, Padova, 1999. 5 e orientata ai risultati ridisegna un nuovo modello di amministrazione. Quest’ultima, abbandonando la vecchia cultura burocratica fondata sull’adempimento in favore di quella manageriale, pone al centro dell’attività amministrativa la soddisfazione dei bisogni delle realtà sociali che, essendo in continuo mutamento, sono sempre più complesse e frammentate. Ne consegue che, nello svolgimento dei propri compiti, la Pubblica amministrazione per evitare una responsabilità extracontrattuale28 nel caso di mancata attuazione della normativa comunitaria, deve attenersi a principi quali quelli dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e di proporzionalità.29 La qualità crescente, che deve connotare i c.d. “prodotti” delle amministrazioni, ha potenziato esponenzialmente i diritti dei destinatari30, potendo quest’ultimi usufruire, pur in mancanza di espresse previsioni contenute nel nuovo Trattato(esse in fondo si riducono agli artt. 16 e 340 ), di tutta una serie di strumenti, sostanziali e processuali, prodotti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia31, che mirano a condannare l’amministrazione inadempiente32, con risarcimento per i danni patrimoniali causati33.Nel medesimo ordine di pensiero34va collocata la costante giurisprudenza amministrativa, culminata nella decisione n. 361/07 del Consiglio di giustizia amministrativa, nella quale in sostanza si è voluto sottolineare che l’autorità 28 I primi riconoscimenti della responsabilità dello Stato- amministrazione si sono avuti con la sentenza Hedley Lomas del 23 maggio 1996, in cui la Corte di Lussemburgo, ritenendo in base all’art. 34 del Trattato,lesivo di un diritto di un privato un diniego di autorizzazione dell’amministrazione britannica, ha ritenuto come la violazione grave e manifesta del diritto comunitario possa giustificare anche la riduzione ai minimi termini dell’attività discrezionale dell’autorità amministrativa interna. Si v. in dottrina, M. Maresca , Servizi di interesse generale, diritti degli utenti e tutela dell’ambiente ( a cura di ) , Milano, 2006 p. 1155. 29 Sul punto si v. A. Sandulli, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, 1998: D.U. Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano 1988; L. Patruno, La proporzionalità come “arma intelligente” della giurisprudenza comunitaria?, in Dir, pub. comp, eur., Padova, 2003, n°3; G. Ligugnana, Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso Inglese e italiano, in Riv. it. Dir. pub. Com., Milano, 2011, p. 452. 30 CGCE, 5/02/1963, C-26/62 ; si cfr. anche Corte Cass., sez. lav., 11/10/!995, n°10617. In dottrina, tra gli altri, R. Tizzano, La tutela dei privati, nei confronti degli Stati membri dell’UE, in Foro it. 1995, IV, p. 22ss; R. Caranta, Tutela giurisdizionale, in M.P. Chiti e G. Greco, in Trattato di diritto amministrativo europeo, 2007. 31 Si v. a riguardo,N. Pignatelli, L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo, in Giur. cost., n°4, 2008, p.3635. 32 Sul punto F.G. Scoca, Autodichia e Stato di diritto, in Dir. proc. amm., n°1/2011, p. 31. 33 R. Tassone, I diritti tra ordinamento interno ed ordinamento comunitario, in Dir. proc. Amm. n°3/08 p. 716ss. M. Fragola, Riflessioni sull’atto amministrativo e sull’illecito amministrativo nell’ordinamento comunitario, in Amm. it. 1992, p. 32 ss. G. Della Cananea, La Corte di Giustizia e i rimedi contro le omissioni del legislatore , in Giornale di diritto amministrativo, 1997,pp. 827-828. Meno recente si cfr. R. Bifulco,La responsabilità dello Stato per atti legislativi, Padova, 1999, p. 179ss. 34 C’è da aggiungere che la Corte di Lussemburgo si è evoluta a tal punto da spingersi a prevedere che la responsabilità extracontrattuale dello Stato possa derivare non solo da un mancato recepimento a livello legislativo di una direttiva comunitaria, ma anche da un provvedimento amministrativo (mancata autorizzazione) contrastante con la relativa disciplina comunitaria. 6 amministrativa nel dare, al pari di qualsiasi soggetto dell’ordinamento, una propria specifica interpretazione alle norme giuridiche che vengono introdotte nel nostro ordinamento, si carica anche delle possibili responsabilità che possono sorgere in capo ad essa, qualora risulti che l’interpretazione data della norma ha cagionato conseguenze economicamente pregiudizievoli a terzi35. Si pensi al caso relativo alle Regioni, per le quali, in caso di reiterata inosservanza del diritto comunitario, è stato previsto la possibilità, da parte dello Stato36, di rivalersi nei loro confronti (e degli Enti territoriali locali) per gli eventuali oneri finanziari comminati dalla Corte europea37. Volendo trarre delle prime conclusioni sulla base delle considerazioni svolte, è evidente il nuovo ruolo che assume l’amministrazione pubblica nazionale rispetto ai vincoli imposti dal diritto dell’U.E. ; tali vincoli trovano il loro fondamento non solo nella consolidata giurisprudenza della Corte europea, ma nella stessa Carta costituzionale italiana( art. 117, 1° comma), laddove espressamente si sancisce l’obbligo dello Stato e delle Regioni38 di legiferare nel rispetto degli obblighi imposti dal diritto comunitario e internazionale39. Quanto affermato, contribuisce, da una parte, alla realizzazione di un nuovo e più coerente assetto dei rapporti tra i due tipi di ordinamento, caratterizzato, tuttavia, da una progressiva affermazione dei principi comunitari a scapito dei vincoli imposti dal nostro sistema amministrativo nazionale40, con la conseguente ridefinizione in senso restrittivo della nozione stessa di 35 Si v. A Lamberti, Sussidiarietà e livelli di tutela dei diritti, in onore di V. Buonocore,Milano, vol. I, p. 487ss. 36 CGCE, 5/3/96, C-46/93 e C-48/93. In dottrina si v. R. Conti, Autorità di cosa giudicata, diritto interno e primato del diritto comunitario, in Nuove autonomie, 2005, p. 385,ss. 37 Uno dei principi cardine che caratterizzano il quadro normativo del Trattato di Lisbona (art. 9F) è quello di assicurare ai cittadini dell’Unione la sostanziale effettività della loro tutela .Tale risultato deve essere conseguito normalmente mediante i rimedi giurisdizionali improntati dagli Stati membri, ma nulla vieta che l’UE si riservi il potere di intervenire qualora la tutela del cittadino sia messa in seria discussione, facendo sorgere in capo allo Stato inadempiente un risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale. Tra gli altri, M. Fragola, Istituzioni europee: il 13 dicembre è stato firmato a Lisbona il trattato di riforma. Il trattato in sintesi, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2008, Napoli, p. 202 ss. 38 Si cfr. a riguardo gli spunti critici di M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo , Milano, 2011, p. 258ss. 39 Cfr. in proposito, G. Gaia, Introduzione al diritto comunitario,Roma, 2007, p.128ss, M.P. Chiti, La peculiarità dell’invalidità amministrativa per anticomunitarietà, in Riv. ital. dir. pub. com. 2008, p479 ss. C. Napoli, La Corte dinnanzi ai “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. Tra applicazione dell’art. 17, primo comma e rispetto dei poteri interpretativi della Corte di Giustizia , in Le Regioni, 2006, p. 483 ss. S. Catalano, L’incidenza del nuovo articolo 117, primo comma Cost., sui rapporti fra norme interne e norme comunitarie, in AA. VV.,Le Corti dell’integrazione europea e la Corte Costituzionale italiana, a cura di N. Zanon, Napoli,2006, pp. 130-131; F. Vecchio, Il giudice ordinario italiano e la tutela multilivello dei diritti fondamentali dopo il Trattato di Lisbona, in www. Giustamm.it, p. 1 . 2011 40 CGCE,13 gennaio 2004, C-453/00, Racc. I-857; CGCE, 18 luglio 2007, C-119/05, Racc.I 6199; Sul punto si cfr. M. Caparbia, I diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona: verso nuovi equilibri?, in Giornale di diritto amministrativo, n°3/2010, p222-223: 7 amministrazione pubblica.41 L’attivazione per la prima volta del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia da parte della Corte Costituzionale,42 nell’ambito di una giudizio volto a far dichiarare l’incostituzionalità di una legge regionale in contrasto con la normativa comunitaria in materia di aiuti statali, s’inquadra proprio in quel filone di pensiero per il quale il generale interesse per un’uniforme applicazione del diritto comunitario deve comunque rimanere obiettivo principale43. Nella fattispecie, la Consulta ha statuito che i giudici, a fronte di un’incompatibilità tra una norma interna e il diritto dell’Unione, non sono più tenuti a rimettere alla Corte Costituzionale44 la questione di costituzionalità per violazione indiretta dell’art. 11 Cost. potendo invece utilizzare lo strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE in tutti quei giudizi in corso in cui l’applicazione del diritto comunitario dà adito a dubbi interpretativi.45 Nella medesima scia, va segnalata la recente sentenza della Corte di Giustizia del 19 novembre, Causa 318/08, che, pur non riguardando direttamente il nostro Stato, potrebbe rappresentare un precedente molto rilevante. In particolare, la Corte di Lussemburgo è stata investita in via pregiudiziale dal Tribunale amministrativo di Poznaniu in Polonia in riferimento ad una controversia tra un cittadino polacco soggetto ad un obbligo tributario illimitato in Polonia e l’Amministrazione finanziaria. Quest’ultima, aveva rifiutato di concedere, in base all’art. 3, n°1, della legge 26 luglio 1991 relativa all’imposta sul reddito, al contribuente delle agevolazioni fiscali derivanti da contributi previdenziali e assicurativi di malattia , in quanto versati nel corso dell’esercizio fiscale in uno Stato membro diverso da quello impositore. Dal canto suo, il giudice di rinvio pur ritenendo non riscontrabili gli estremi di una violazione della libertà di circolazione prevista dall’art. 45 TFUE, riteneva, tuttavia, indispensabile far valutare ai giudici europei se le disposizioni controverse fossero o meno in contrasto con l’art. 49 TFUE che, come è noto, vieta qualsiasi discriminazione ai danni dei lavoratori che svolgono attività commerciali negli Stati membri dell’Unione, dal momento che anche il Tribunale costituzionale polacco si era precedentemente pronunciato a favore della illegittimità 41 S. Cassese, Diritto comunitario e diritti nazionali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 2007, p.10ss 42 Corte Cost., ord. n°103/2008. 43 Si v. Corte Cost. ord. n°454/2006. In dottrina si cfr. le considerazioni di S. Battini, Il controllo comunitario sugli aiuti statali alle imprese, in A. Massera ( a cura di ), Ordinamento comunitario e Pubblica amministrazione, Bologna, 1994, p. 295ss. 44 Corte Cost. sent. n°232/75 45 Corte Cost. sent. 170/84, punto 6 considerato in diritto. Si v. per tutti, G. Martinico, L’interpretazione silente. La funzione interpretativa della Corte di Giustizia e il diritto costituzionale europeo, Napoli, 2008, passim. 8 costituzionale delle norme in quanto in contrasto con l’art. 2 della Carta fondamentale( salvo poi decidere di posticipare la perdita di efficacia vincolante). La Corte di giustizia,attraverso la terza sezione, ha dichiarato che una norma nazionale che prevede che un contribuente residente è soggetto ad agevolazioni fiscali derivanti da contributi previdenziali e assicurativi di malattia solo qualora tali contributi siano stati versati nello Stato membro di imposizione, si contrasta con il principio di divieto di discriminazione di cui agli art. 43 e 49 TFUE . Per questi motivi la Corte ha imposto al giudice nazionale di disapplicare (ossia rendere inefficaci) le disposizioni nazionali contrarie in favore dell’applicazione della normativa comunitaria46, indipendentemente dalla decisione del Tribunale costituzionale che aveva statuito di rinviare la perdita dell’efficacia vincolante delle disposizioni nazionali dichiarate incostituzionali. Si apre, in realtà, uno scenario del tutto nuovo, nel quale la tutela effettiva dei diritti dei singoli riconosciuti dalla normativa comunitaria47 e dalla CEDU48 può spingersi, pur di garantire una uniforme e non discriminatoria disciplina, a derogare i sistemi e le modalità di tutela processuale vigenti nei rispettivi sistemi interni49 e a creare generali regole processuali 50 valevoli per tutti gli Stati membri dell’Unione.51 46 CGCE, 19 novembre 1991, Cause riunite C- 6/1990 e C-9/1990; CGCE, 7 gennaio 2004, C201/2002; CGCE, 13 marzo 2007, C-432/2005. In dottrina G. Greco, Illegittimità comunitaria, cit. p. 512.; M.A. Sandulli, Le nuove frontiere della giustizia amministrativa, in Quaderno n° 1, Foro amm.Tar , Milano, 2004; id, Diritto europeo e processo amministrativo, in Riv. it. pubbl. com. , n°1/2008, p. 37ss. 47 Su questo punto, B. Randazzo, Costituzione e CEDU . Il giudice delle leggi apre una “finestra” su Strasburgo, in Gior. dir. amm. , 2005 p. 25ss. M.P. Chiti, Dalla “Comunità di diritto” alla Unione dei diritti, in Diritto e processo amministrativo, n°4, 2008, p. 1003ss. 48 Sugli effettivi limiti imposti alla diretta applicabilità delle norme della CEDU nell’Ordinamento italiano si cfr., Corte Cost., sent. n° 227/2010. In dottrina di recente si cfr. A. Ruggeri, Rapporti tra Corte costituzionale e Corti europee, bilanciamenti interordinamentali e “controlimiti” mobili, a garanzia dei diritti fondamentali, in Riv. tel. giur. AIC, n°1 /2011. 49 G. Greco, Illegittimità comunitaria e pari dignità degli ordinamenti, in Riv. it. dir. pubb. com., 2008, p.514-515; G. Cocco, Le “Liasions dangereuses” tra norme comunitarie, norme interne e atti amministrativi, in Riv. it. dir. pub. com.,1995, 684. Cfr. inoltre, CGCE , 9 marzo 1978, C- 106/77, in Racc. p. 629. 50 Si. v.. D. U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise lost ?, Torino, 2009. Inoltre si v. Corte Cost., sentt. nn° 311 e 317/2009, con commento di A. Ruggeri, Conferme e novità di fine anno in tema di rapporti tra diritto inerno e CEDU, in www. forum costituzionale.it.,2009. 51 Cons. Stato,IV, sent. 2 /03 /2010, n° 1120, commento di A. Celotto, Il Trattato di Lisbona ha reso le CEDU direttamente applicabile nell’ordinamento italiano?, in www. giustamm. it; Si cfr., anche, M. Giuliani Federico, Primazia comunitaria e strumenti processuali a tutela delle posizioni giuridiche di derivazione europea, in www. Diritto.it, 2010; A. Ruggeri, Dimensione europea della tutela dei diritti fondamentali e tecniche interpretative, in Il diritto dell’U.E.,2010, p. 126ss. 9 II) L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo francese. A conclusioni un po’ diverse, invece, dobbiamo pervenire in relazione agli effetti del processo d’integrazione europeo52 sul sistema amministrativo francese. Nonostante che anche in Francia l’affermazione del diritto comunitario abbia posto in risalto, soprattutto negli ultimi anni, temi quali il rispetto dell’autonomia procedimentale dello Stato, la responsabilità civile di quest’ultimo e la c.d. illegittimità comunitaria degli atti nazionali,53 non mancano nel rapporto tra l’ordinamento dell’Unione e l’ordinamento francese problemi che ostacolano il processo d’integrazione54. Tali problematiche sono da individuarsi anzitutto in ragione dei differenti criteri sui quali si basano in fondo i due Sistemi organizzativi55. Il comunitario è, infatti, proteso ad una logica fondata essenzialmente al raggiungimento di “obiettivi”; il sistema amministrativo francese è, invece, ancora strutturato su criteri prettamente formali ed organici e risente principalmente del ruolo svolto in tutti questi anni, quale tutore della legalità nazionale e del rispetto dell’autonomia procedimentale, da parte del Conseil d’Etat, più dello stesso Conseil Costitutionnel56. I giudici francesi ,del resto, si sono sempre mostrati, soprattutto in passato, poco favorevoli ad accogliere il primato assoluto del diritto comunitario su quello interno; basti pensare che lo scarso entusiasmo europeistico si era già manifestato subito dopo la storica sentenza del 1975 con la quale il Consiglio Costituzionale aveva demandato ai giudici comuni l’accertamento dell’eventuale incompatibilità di una disposizione legislativa rispetto alla normativa comunitaria . Così, mentre la Cour de Cassation subito si allineò alla pronuncia del giudice costituzionale stabilendo in una nota e storica sentenza57 la prevalenza del diritto comunitario su quello interno, il Conseil d’Etat continuò imperterrito a rifiutare di esaminare qualsiasi controversia che avesse ad oggetto l’eventuale difformità tra la normativa comunitaria e il diritto interno, in nome del S. Battini , L’influence de l’intégration européenne, in Revue française d’administration publique, n. 67, p. 401ss. 53 Sul punto si v. E. Calzolaio, L’illecito dello Stato tra diritto comunitario e diritto interno. Una prospettiva comparatistica. Giuffré , 2000, p. 104ss. 54 In tal senso, O. Gohin, Constrution européen et Constitution française: l’apport de Michel Debré, in Rev. fr. dr. const. 2002, p.507. 55 Si v. C. Ferrari-Breeur, La giurisdizione amministrativa in Francia , in Diritto e processo amministrativo, n .2/2009, 417. 56 Cons. Const., dec , n° 74-54, 15/01/1975. 57 C. Cass., sent. 24/05/1975. 52 10 rispetto e della salvaguardia dell’identità nazionale58. Solo nel 1989, con una nota sentenza,59 esso stabilì il principio secondo cui il contrasto di una legge o di un atto normativo nazionale, anche successivo a direttive europee, doveva risolversi con la disapplicazione delle disposizioni nazionali, di guisa che il giudice nazionale da quel momento non doveva più limitarsi alla sola verifica della compatibilità degli atti amministrativi con la legge nazionale, ma estenderla anche alla normativa comunitaria.60 Ma l’autonomia e la diretta applicabilità del diritto comunitario, che tra l’altro ha attribuito ai cittadini dei paesi membri un notevole ampliamento del proprio ventaglio di diritti e facoltà nel mondo giuridico61 e la possibilità di azionare nuovi strumenti processuali a tutela delle nuove situazioni soggettive di origine comunitaria62, ha imposto anche in Francia, da una parte, l’adeguamento alle prescrizioni comunitarie63, dall’altra la revisione del tradizionale concetto di responsabilità extracontrattuale per violazione del diritto comunitario.64 La sentenza Brasseries du Pècheur del 1996 mediante la quale i giudici di Lussemburgo, sulla scia del caso Francovich, hanno stabilito per la prima volta che la violazione della normativa comunitaria da parte del legislatore statale impegnava lo Stato ad una diretta responsabilità extracontrattuale è da considerasi di estrema importanza per la realizzazione di quel sistema che prevede la responsabilità dello Stato unitariamente inteso, indipendentemente dall’organo coinvolto dalla violazione. Dalla pronuncia si ricava, in effetti, il principio secondo il quale lo Stato è responsabile non solo per una non corretta ed immediata applicazione del diritto comunitario , ma anche per i comportamenti illeciti che l’amministrazione, i giudici e il legislatore statale tengono, inficiando così i diritti riconosciuti ai privati dalle prescrizioni comunitarie65. Ma pur considerando le recenti evoluzioni sul tema della responsabilità che hanno interessato Si v. M.R. Donnarumma, Intégration européenne et sauvegarde de l’identité nationale, in Rev. fr. dr. const., n°84,2010, p. 734ss ; L. Countron, La lente conversion du Conseil d’Etat à l’effet direct des directives, in AJDA, Paris, juillet 2010, p. 1413. 59 CE, sent. 20/10/1989, Nicolò. 60 Con l’arret Nicolò viene affermato definitivamente il principio della diretta applicabilità del diritto amministrativo comunitario, superando così definitivamente la teoria dell’écran lègislative. 61 CJCE , 20 settembre 2001,C-184/1999, Rec. P. I-6193 62 Si v. P. Yves Chicot, La citoyenneté entre conquete de droits et droits a conquérir, in Revue de droit public, n°1, Paris, p. 223 ss. 63 J. Dutheil de la Rochère, Influence du droit en droit communautaire , cit., p. 909. 64 R. Chapus, Droit administratif général, LGDJ, 16° ed.; J.M. Favret, Les influences réciproques du droit communautaire et du droit national dans le contentieux de la responsabilité publique extracontractuelle , Manin, 2000 ; C. Broyelle, La responsabilité de l’Etat du fait des lois, LGDJ, 2003 ; G. Tesauro, Responsabilité des Etats membres pour violation du droit communautaire, in Rev. marché U.E., 1996, p. 33. Cfr., CJCE, 22/04/97, C-66/95. 65 Si cfr. CJCE, C-212/04-Adelaner. Si v. A. Saggio, La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Danno e responsabilità, 2001,III, p. 223ss. 58 11 il diritto francese66, non può non sottolinearsi l’ostilità dimostrata da parte dei giudici di Palais Royal nel riconoscere , in caso di violazione di una norma di diritto comunitario67, una responsabilità diretta del legislatore nazionale.68 Si spiega così che sul delicato tema il Conseil d’Etat ha preferito per anni non prendere una posizione, rinunciando spesso ad applicare principi che si ricavavano dalle decisioni della giurisprudenza comunitaria69 e contemporaneamente chiudendo alle pur timide aperture intraprese70 dai Tribunali amministrativi nazionali71. Tale orientamento è stato confermato poi dalla sentenza del 7 maggio 2004 del Tribunale amministrativo di Parigi nella quale si è ribadita l’incompetenza del giudice a riconoscere colpevole, e quindi responsabile, lo Stato per il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati da una direttiva72. I primi segnali di una inversione di tendenza si colgono, invece, nella ormai famosa sentenza del Tribunale amministrativo di Clemont-Ferrand del 23 66 Si pensi alla sentenza Kobler, più volte menzionata, nella quale si prevede la diretta responsabilità dei giudici nazionali nel caso che essi violino le prescrizioni comunitarie. 67 S. Theron, Les évolution de la responsabilité de l’Etat français au regard du droit communautaire, in Rev. droit public, n°5, 2006. p. 1327. Si cfr. anche N. Dantonel Cor, La violation de la norme communautaire et la responsabilité extracontractuelle de l’Etat, in Rev. trim. dr. eur., 1998, p.80ss.D. Dokhan, Les limites du contrôle de la constitutionnalité des actes législatif, Paris, L.G.D.J.,2001.p.126ss. 68 Cfr. CAA Paris, luglio 1992, Société Dangeville, AJDA, 1992, p.768 obs. X. Prétot ; e sopratutto CE ,dec. del 29/10/2004 , nella quale statuizione il giudice amministrativo, pur ammettendo i vincoli derivanti dall’interpretazione di una legge fatta dal giudice costituzionale, si è tuttavia riservato, in talune ipotesi concrete, di valutare discrezionalmente la ragionevolezza dell’interpretazione che di quella disposizione legislativa è stata fatta dal giudice delle leggi. In dottrina si cfr. M. Fromont, La place de la justice administrative française en Europe, Droit administratif, 7/2008, p.8ss ; Dantorel – Car , La mise en jeu de la responsabilité de l’Etat français pour violation du droit communautaire, in Rev. trim, dr. eur, 1995, p. 471s ; Simon, La responsabilité de l’Etat saisie parle droit communautaire, in Act, jur. dr. adm., 1996, p. 493 ; J.M. Lemoine De Forges, Quelle influence communautaire sur l’avenir du modale français de fonction publique ?, in Rev. fr. adm. pub., 2010, n°132, p. 709-710. 69 Le ragioni che hanno indotto il supremo giudice a mostrare un’ evidente reticenza a riconoscere la responsabilità oggettiva del legislatore statale sono essenzialmente di due ordini di motivi ,strettamente collegati tra loro: in primo luogo, il principio comunitario secondo il quale l’assenza di una colpa in capo ad un organo con produce nessun tipo di responsabilità, in secondo luogo, la non previsione del giudice amministrativo francese di una colpa del legislatore. 70 Si v. TA Paris, 11/12/2002, Société Fipp con nota di C. Deffiggier, AJDA, 12/03/2003. Tale autore coglie già nella sentenza in esame un primo ma significativo passo verso il riconoscimento della responsabilità per fatto del legislatore. 71 Si v. Simon-Barav, La responsabilité de l’administration national en cas de violation du droit communautaire, in Rev., marchè, comm.,1987, p.170 ; L. Bubouis, La responsabilité de l’Etat législateur pour les dommages causés aux particuliers par la violation du droit communautaire et son incidence sur la responsabilité de la Communauté, in RFDA, 1996, p. 583. A tal riguado, significativa resta la decisione dei giudici di Palais Royal che investiti dalla sentenza della Corte amministrativa d’appello di Parigi del 1 luglio 1992, nella quale riconosceva la responsabilità del legislatore statale colpevole di aver ignorato gli obiettivi fissati da una direttiva comunitaria, rinunciarono decidere nel merito pronunciandosi per l’inammissibilità della domanda 72 TA Paris, 7/05/2004, Association France Nature Environnement AJDA, 2004, p. 1880ss. Per taluni autori, tale sentenza sembra rappresentare addirittura un passo indietro rispetto a quanto stabilito precedentemente dal Conseil d’Etat ; a tal proposito, si v. S. Theron, Les évolution de la résponsabilité de l’Etat français, in Rev. dr .pub. n°5, 2006, p. 1335. 12 settembre 200473, nella quale l’incompatibilità di una disposizione di legge con l’articolo 87 Ce ha spinto il giudice amministrativo a stabilire il principio secondo cui l’inadempimento del legislatore statale, per mancata o intempestiva osservanza del diritto comunitario, comporta a carico dello Stato una responsabilità di tipo oggettivo74. Nonostante questa “audace nouvelle” abbia subito mostrato i suoi effettivi limiti ( essa in fondo si è limitata ad enunciare solo teoricamente il principio, evitando qualsiasi specifico riferimento che potesse condurre, alla luce del caso Francovich75, ad una diretta chiamata in causa dello Stato legislatore), la sentenza ha indubbiamente rappresentato una prima importante tappa al fine di garantire un’effettiva evoluzione della responsabilità pubblica nel Sistema francese76. In seguito il Conseil d’Etat,77 in ossequio alla sua “jurisprudence d’equitè”, ripropose di nuovo la teoria secondo la quale è nell’ambito di una responsabilità “sans faute” che può ricercarsi una sorta di responsabilità del legislatore che si traduce “nell’ammettere di riconoscere come danno in senso civilistico le conseguenze sfavorevoli che un provvedimento può arrecare a taluni soggetti privati”78. L’influenza del diritto comunitario79 ha messo seriamente in discussione questa impostazione a tal punto che i giudici di Palais Royal hanno cominciato a configurare l’ ipotesi di una diretta “responsabilitè” per colpa del legislatore, per decenni esclusa dalla propria giurisprudenza.80 L’occasione è arrivata l’8 febbraio 2007, data in cui il Conseil d’Etat81 con due decisioni di principio si è allineato ad un orientamento giurisprudenziale già delineato nel 2004 dal Consiglio 73 TA Clemond-Ferrand, SA Fontanille, note C. Weisse-Marchal, AJDA, 2005, p. 387. Si v. anche TA Nantes, 18 febbraio 1998, in Dr. adm., 1997, p.330. 74 Si cfr. anche CE, 23 /03/1984. 75 In tale ormai storica sentenza, la Corte di Giustizia assoggettò, in nome dei principi di effettività e di supremazia del diritto comunitario, il legislatore statale a vincoli ben più rigorosi di quelli costituiti dal sistema delle fonti di diritto costituzionale interno. 76 Anche se poi è interessante notare che l’unica volta in cui il Conseil d’Etat fu investito da una domanda di risarcimento proposta da privati avverso una legge nazionale in spregio al diritto comunitario(la disposizione nazionale aveva continuato a fissare il prezzo del tabacco diversamente da quanto aveva stabilito la corte di Giustizia), il supremo giudice nazionale, pur ammettendo la responsabilità “ pour faute de l’Etat”, preferì fondarla sul decreto attuativo della disposizione legislativa, formulando una colpa sì oggettivata ma della Pubblica amministrazione. 77 CE, 28 febbraio 1992, nella quale sentenza si statuisce che la colpa deve essere intesa come “antigiuridicità della condotta” e non come elemento psicologico. In altri termini, grazie alla c.d. teoria della reglementation-écran fu stabilito la responsabilità dell’autorità amministrativa per aver emanato un atto privo di fondamento giuridico. A. Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi, Foro it., V, 2003, p. 176. 78 A Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi, in Foro it. V, 2003, p. 176. L. Dubouis, Le juge administratif français, cit. p. 49 79 CGJE,13/06/2006, C-173/03. 80 Cfr. Y.Galland, L’autolimitation du juge administratif face aux directives communautaires, in Actuel. jur. dr. adm., 2002. 81 CE, dec. n° 279.522-Arcelor e n° 287110 –Gardelieu. 13 costituzionale82, secondo il quale il recepimento nel diritto nazionale di una direttiva costituisce un obbligo per le amministrazioni di natura costituzionale83. Da tali decisioni84, il processo di responsabilizzazione dello Stato francese ha iniziato ad assumere, in tema di violazione del diritto comunitario, una sua configurazione del tutto autonoma, attraverso l’introduzione del modello della colpa oggettiva e della responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto del legislatore.85 Quest’ultimo, secondo il supremo giudice amministrativo dovrà, quindi, tenere una condotta che favorisca la piena affermazione del diritto sovrastatale mediante l’approntamento di disposizioni interne atte a garantire la tutela dei diritti dei privati riconosciuti dalle direttive comunitarie86.Sotto altro profilo, il Conseil d’Etat afferma il carattere assolutamente autonomo dell’azione risarcitoria rispetto all’azione per inadempimento,87 la quale può limitarsi ad agevolare, ma non può condizionare in termini di pregiudizialità l’attivazione della tutela88 risarcitoria da parte dei privati89. Non sono mancate, invece, già da tempo pronunce favorevole da parte del Conseil d’Etat90 in riferimento alla responsabilità dello Stato francese in caso di violazione del diritto comunitario, ad opera dell’attività ermeneutica dei giudici nazionali91. Infatti, a 82 O. Dutheillet De Lamothe, Le Conseil Constitutionnel et le droit européen, in Rev. fr. dr. const. ,2004, p. 24. 83 Cons. Const., dec. n° 496 e 497/2004, nelle quali pronunce viene affermato il principio secondo cui anche il legislatore francese è vincolato al rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della Francia all’Unione europea, così come disposto dall’art. 88-1 della Carta Costituzionale. In dottrina, si v. M. Calamo Specchia, Il Consiglio Constitutionnel e le Corti europee: dall’indifferenza al dialogo? In G.F. Ferrari (a cura di ), Corti nazionali e Corti europee, Napoli, 2006, p. 327ss; V.P. Cassia, Le Juge administratif, la primauté du droit de l’Union européen et la Constitution française in RFDA, 2005, p. 465ss. 84 In entrambe il Conseil d’Etat per la prima volta ha rinunciato a sindacare la legittimità delle disposizioni legislative di recepimento delle direttive, sollevando un problema di interpretazione delle stesse. Ciò ha spinto il supremo giudice amministrativo a rinviare la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia che garantisce in tutta l’Unione un’uniforme interpretazione del diritto comunitario. 85 Si cfr, A. Lazari, La responsabilità del legislatore nel contesto comunitario, in Contratto ed Impresa/Europa, 2009, n°2, p. 591ss. 86 Si cfr. anche TA Lille, n.0702487 del 10/11/2009; CJCE,l 26/01/2010, C-118/08. 87 Su questo bisogna tuttavia aggiungere che nonostante la posizione nettamente in favore da parte della dottrina e della giurisprudenza dell’autonomia delle due azioni, in sede di procedimento amministrativo appaiono ancora deboli le tutele a favore del cittadino rispetto agli strumenti previsti ai fini di ottenere il risarcimento del danno. Sul punto si cfr. la legge n.95/1995. 88 A. De Laubadère, Traité de droit administratif, Paris, 1996, I, p. 889ss. 89 Si v. B. Mathieu, Les rapports normatifs entre le droit communautaire et le droit national. Bilan et incertitudes relatifs aux évolution récente de la jurisprudence des juges constitutionnel et administratif français, in Rev. fr . cost., 2007, p. 686. 90 C’è da considerare, però, che l’adesione del Conseil d’Etat ai principi con le note decisioni del 2007 si è ulteriormente rafforzata con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nella parte in cui (Preambolo) si afferma la vincolatività della Carta dei diritti fondamentali.In dottrina, J.P.Jacquè, La responsabilité de l’Etat pour violation du droit communautaire en France , in Contratto e Impresa /Europa , 2009, n°2, p. 620ss. 91 Sul punto, N. Albert, Précisions sur les conditions d’engagement de la responsabilité de l’Etat du fait du service de la justice, JCPA,2010,n°1, p. 2006 ; M. FROMONT, La place de la justice administrative 14 differenza dell’Italia, in Francia il legislatore, preferendo astenersi dall’intervenire in materia, ha lasciato spazio alla giurisdizione per “créer un cas de responsabilità plus effettif que ce qui était prèvu depuis la jurisprudence Darmont”92. Il Conseil d’Etat ha previsto una responsabilità a carico dello Stato per irragionevole durata del processo, ma solo sulla base di una grave negligenza del giudice nazionale93. Tuttavia, il Conseil d’Etat, pur riconoscendo la responsabilità “du fait du juge” per violazione del termine ragionevole di durata del procedimento, allineandosi così alla giurisprudenza della Corte di Giustizia94, non si è mai sbilanciato sul fatto se tale responsabilità dovesse avere o meno anche i caratteri della “faute lourde”. 95 Il punto di svolta si è avuto con le sentenze Arcelor e Gardalieu , nelle quali si è riconosciuta l’esistenza di un vero e proprio dovere funzionale in capo al giudice nazionale, che si traduce nella conoscenza ( e conseguente osservanza) delle regole comunitarie96. In particolare, si conclamano due importanti principi: 1°) l’errore del giudice, commesso nell’ambito della sua attività ermeneutica sia di norme di diritto che di valutazione delle prove e dei fatti, costituisce fonte di grave responsabilità dello Stato chiamato a rispondere per le violazioni del diritto comunitario da parte degli organi giurisdizionali nazionali di ultima istanza97; 2°) il dovere dei giudici di sollevare, entro termini ragionevoli, la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 234 CE qualora permangano dubbi interpretativi che potrebbero compromettere la corretta applicazione del diritto comunitario.98 Recentemente, il Conseil d’Etat è ritornato sulla questione con una decisione che apre a nuovi ed interessanti scenari, in quanto ha riconosciuto la responsabilità dello Stato derivante anche da semplice negligenza del giudice nazionale. In particolare, nella sentenza Ville de Brest , il Conseil d’Etat ha condannato lo Stato a risarcire i danni a favore della collettività territoriale interessata99, in quanto la durata dell’ esecuzione della decisione si era prolungata française en Europe, Droit administratif, juillet, 2008, p. 8ss. Si cfr. Anche Cour de Cassation, 16 aprile, 2010, dec. n°12003. 92 J. Aspiro Sedky, Responsabilité publique, in Dir. pub., n°3, 2009 p. 1002. 93 Sul punto si cfr. Cour d’Appel d’Aix-en-provence, 15/09/1986; Cour de Cassation, 20/03/1989, Bull, n°131. 94 CGJE, 10 giugno 2004, C-87/02. 95 Le medesime perplessità sono riscontrabili anche nella sentenza della CJCE,11/12/2007, C- 280/06. 96 M. Guyomar, Conclusions sur C.E. Ass., 8 febbraio 2007, _Société Arcelor Atlantique et Lorraine et autres, in Rev. tr. eur., 2007. 97 Nella decisione 2004/496 cit. , si sottolinea come il supremo giudice amministrativo non deve più ergersi a potere giudiziario delle leggi, bensì a giudice naturale della responsabilità dello Stato. 98 CE, n° 2004/497 cit. Su questo punto si v. anche CE,19/102007, n° 296529. 99 CE, 17/07/2009, Ville de Brest, req. n° 295653. Recentemente si cfr. anche CE , 10 febbraio 2010, n° 329100. 15 irragionevolmente100. Nelle pieghe della sentenza dell’Alta Corte si leggono le seguenti motivazioni. In via preliminare, ha ribadito che principio giuridico fondamentale caratterizzante un giusto processo resta la sua ragionevole durata, così come l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo espressamente prevede.101 In secondo luogo, proprio in riferimento al processo amministrativo caratterizzato da parti (privata e pubblica) che esprimono sul piano sostanziale valori diversi pur assumendo sul piano strettamente processuale un’identica posizione, i tempi del procedimento debbono essere ancora più ridotti, onde evitare che il giudice,anche statuendo,si trovi poi nell’impossibilità di fornire alle parti un’adeguata ed effettiva tutela giurisdizionale.102 III) L’invalidità degli atti amministrativi in diretto contrasto col diritto comunitario: l’ipotesi della nullità nell’ordinamento italiano. L’incompatibilità dell’atto amministrativo nazionale con la normativa comunitaria ha negli ultimi anni acceso il dibattito in Italia sulla natura dell’invalidità che inficierebbe l’atto stesso103. E’ pacifico che tale incompatibilità può verificarsi, sia nel caso in cui un atto amministrativo nazionale(a contenuto non normativo) o un regolamento di esecuzione violi direttamente un regolamento o una direttiva selfexecuting( in quest’ultimo caso la direttiva, pur in via mediata, costituisce il parametro di legalità dell’atto nazionale), sia nell’ipotesi che la violazione avvenga indirettamente, sulla base di una disposizione legislativa in contrasto con il disposto comunitario ( si pensi a tutti quei recepimenti erronei di direttive da parte del nostro legislatore). Quanto al primo caso, la giurisprudenza amministrativa appare pressoché unanime nel considerare che la diretta violazione ad opera di un atto amministrativo nazionale della normativa comunitaria produca, in ogni caso, l’annullabilità dell’atto interno illegittimo, sulla base del principio secondo cui tale rapporto ha di nuovo solo 100 In senso diverso CEDU, 1/02/2001, Ayuntamiento de Mula c/ Espagne, n°55346/00; CEDU, 23/11/1999, Section de Comune d’Antilly c /France, n°45129/98. Sul punto si cfr. D. Saboutault, La fonction juridictionnel entre autorité et responsabilité in M. Deguergue (sous la direction de) Justice et responsabilité, Paris ,2003, p. 175ss. 101 C’è da sottolineare che in base all’art. 55 della Costituzione della V Repubblica l’ordinamento francese conferisce alle norme della CEDU un valore super-legislativo. 102 M. Andrenos, E. Bjorge, Juge national et interprétation évolutive de la Convention européenne des droits de l’Homme, in Reve du droit public, n°4, RDP, Paris, 2011, p.1004ss. 103 A tal riguardo, si v. la direttiva 207/66/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 11/12/2007. 16 il parametro di riferimento costituito dal regolamento comunitario, anziché dalla disposizione normativa nazionale104. In tale ottica, rimangono fermi i principi generali sulla invalidità degli atti amministrativi quali 1°) il termine decadenziale entro il quale esperire il ricorso; 2°) la non rilevabilità d’ufficio da perte del giudice nazionale con il conseguente obbligo di motivazione del ricorso; 3°) la necessità di una sentenza costitutiva di annullamento.Tale tradizionale modello di reazione all’anticomunitarietà degli atti amministrativi nazionali è stato ritenuto idoneo a salvaguardare, contemporaneamente, sia il rispetto del principio della primazia del diritto comunitario, sia quello di garantire la tutela della stabilità dei rapporti giuridici caratterizzante il nostro modello impugnatorio.105 Tuttavia, pur evitando ogni generalizzazione, alcuni spunti di riflessione meritano di essere formulati soprattutto a riguardo dell’esistenza, a fronte di una grave invalidità comunitaria di un atto amministrativo, di strumenti di tutela giurisdizionali che, non riconducibili al tradizionale regime dell’annullabilità , confluiscono nelle ipotesi di nullità del provvedimento. Come è noto, l’ipotesi che vizi particolarmente gravi producano la nullità dell’atto amministrativo è stata solo recentemente disciplinata dal legislatore; tale modello di tutela, infatti, in precedenza era del tutto estraneo al nostro contenzioso amministrativo106. L’incidenza sempre più penetrante nel nostro ordinamento della normativa comunitaria e la novella legislativa n. 15/2005 (art. 21) hanno parzialmente modificato i caratteri del nostro sistema processuale amministrativo dal momento che sono stati individuati vizi che, rendendo l’invalidità dell’atto amministrativo insanabile, possono essere esperiti anche oltre i termini di decadenza stabiliti dalla legge. Queste riflessioni inducono a non tralasciare l’ipotesi , spesso definita scolastica, che la violazione del diritto comunitario possa, in circostanze particolari, 104 Si v. Cons. Stato, IV, n°579/05 ; Cons. Stato, IV, 1023/2006; Cons. Stato. VI, nn°, 4263/08 e 3621/08. Cons. Stato, Sez. V, n°3072/2009. In dottrina ,tra gli altri, G. Cocco, Le “Liaisons dangereux”, cit. 684 ss; R. Garofoli, Annullamento di atto amministrativo contrastante con norme self executing, in Urb. App., 1997, 338 ss. 105 Cfr. N. Pignatelli, L’illegittimità, cit, 2008, p. 3656ss; C.E. Gallo, Manuale di giustizia amministrativa , Torino, 2001, p. 123ss. 106 A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, I, 1989, Napoli, p.705ss ; F.G. Scoca , Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni( ordinaria e amministrativa) , in Dir. proc. amm., 1989, n°2. A. Contieri, Le nuove patologie della funzione amministrativa tra inesistenza, nullità e annullabilità degli atti, in relazione al Convegno di Studi Il diritto amministrativo degli anni 2000. Itinerari legislativi ed interpretazioni giurisprudenziali , Avezzano-Aquila, dicembre 2005; S.Civitarese Matteucci, La forma presa sul serio. Formalismo pratico, azione amministrativa ed illegalità utile, Torino, 2006; id, Formalismo giuridico ed invalidità formali, in L.R. Perfetti, Le riforme della l. 7 agosto 1990 n.241tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato, 2008, Milano, p. 283ss. 17 dar luogo alla nullità degli atti in esame.107 Pur nell’incertezza del quadro argomentativo, la nullità dell’atto amministrativo in diretto contrasto con la normativa europea potrebbe essere invocata in quei casi in cui, in assenza di una norma interna attuativa quale parametro valutativo della legalità amministrativa, un provvedimento violi gli elementi essenziali di una fattispecie contenuta in una norma comunitaria caratterizzata da un particolare modello procedimentale108. Il che potrebbe verificarsi, soprattutto in presenza di un atto amministrativo la cui funzione, in mancanza di qualsiasi attività discrezionale da parte dell’autorità nazionale, è quella di eseguire meramente la decisione assunta dalla Commissione in sede comunitaria.109 Ciò induce necessariamente a sottolineare che i principi comunemente accolti in tema di autonomia organizzativa degli Stati membri, rispetto al sistema procedurale dell’esecuzione amministrativa, possono essere soggetti a deroghe sia per quanto riguarda la fase procedimentale110 di esecuzione delle direttive comunitarie, sia per la fase processuale volta a garantire principalmente le situazioni giuridiche soggettive comunitarie111. Si pensi ad un provvedimento amministrativo adottato dall’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari che prevedesse, nella produzione animale biologica, l’impiego di tecniche e sostanze poco trasparenti e non adatte alla produzione biologica,espressamente vietate dal nuovo regolamento CE n.889/2008. Tale violazione, che comprometterebbe la tutela dei consumatori, andrebbe ad incidere sulle regole essenziali che presidiano la corretta produzione animale biologica, dando luogo alla nullità dell’atto interno per mancanza di un 107 Si v., TAR Piemonte, sent. n° 34/89. In dottrina, tra gli altri, R. Caranta, Inesistenza( o nullità) del provvedimento adottato in forza di norma nazionale contrastante con il diritto comunitario?, in Giur. it. 1989, III, 149 ss. 108 CGCE, 13/01/2004, C-453/2000; Si cfr. R. Murra, Contrasto tra norma nazionale e norma comunitaria : nullità assoluta degli atti amministrativi di applicazione della norma nazionale?, in Dir. proc. amm..,1990, 281ss. 109 In dottrina si v. M.S.Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1988, vol. II, p445-446; Cfr. Cons. Stato, sent. n° 3464/2009; TAR Lazio, sez. III, 6 dicembre 1988. Ci riferiamo comunque a tutti quei casi, definiti di amministrazione diretta, relativamente ai quali le autorità amministrative nazionali svolgono attività meramente strumentali, la cui finalità consiste nella mera esecuzione di atti comunitari già validi ed efficaci( il classico esempio è dato dal fenomeno dei finanziamenti europei SFOP, integrati da finanziamenti dei rispettivi Stati membri mediante atti amministrativi nazionali). Si v.anche, Tribunale di I grado, 6 dicembre 1994, C- T-450/93, Lirestal. 110 Si v. M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, Milano 2011, p. 654 secondo il quale l’autonomia procedimentale e processuale degli Stati membri è da considerarsi sempre relativa in quanto sottoposta ad “una condizione risolutiva rappresentata dalla vigenza di una disciplina comunitaria”. 111 C. Franchini, Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria. La coamministrazione nei settori di interesse comunitario, Padova, 2°ed.,1993, p.207; s A. Predieri, Europeità dei fondi strutturali: compendio e metafora, in Id.(a cura di ) , Fondi strutturali e coesione economica e sociale nell’Unione europea, Milano, 1996, p. 78ss; G. FALCON, Separazione e coordinamento tra giurisdizioni europee e giurisdizioni nazionali nella tutela avverso gli atti lesivi di situazioni soggettive europee, in Riv. it. Dir. pubbl. com. ,2004, 1154ss. 18 elemento essenziale all’esistenza dell’atto stesso,112 nella specie la mancanza di finalità dell’interesse pubblico comunitario.113 Alla luce di tali considerazioni, il contrasto diretto che s’istaura tra un provvedimento amministrativo nazionale e la normativa comunitaria direttamente applicabile (da cui è rinveniblile il vizio di anticomunitarietà del primo) va dunque scrutinato caso per caso, di modo che, a fronte di una grave violazione direttamente incidente sulla struttura “genetica “ dell’atto comunitario, si possa anche considerare la nullità quale modello d’invalidità idoneo a disciplinare la fattispecie in esame.114 D’altro canto, il silenzio del legislatore di riforma del 2005 nel non aver previsto, tra i vizi che producono la nullità dell’atto, quello di anticomunitarietà, contribuisce,a nostro avviso, soltanto a rafforzare l’idea che il legislatore statale abbia preferito non incidere su questioni particolarmente delicate e in costante trasformazione115. Tale impostazione parte dal presupposto che uno degli aspetti ritenuti fondamentali della costruzione della vicenda comunitaria è dato dall’attuazione uniforme del diritto comunitario nei rispettivi Stati membri;116 infatti, in presenza di una eterogenea applicazione della normativa europea si incorrerebbe nel rischio di favorire discriminazioni nel livello di tutela che i vari giudici degli Stati appartenenti alla Comunità garantirebbero ai singoli soggetti nei confronti di atti 112 S. Ziller, Il nuovo trattato europeo, Bologna, 2007,p.139ss; C. Franchini, Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria, cit. , p. 208 ; D.U. GALETTA, Coamministrazione, reti di amministrazioni, in Riv.dir. ital. pub.com., 2009,p. 1690. 113 Nel medesimo ordine di idee va ricondotta la disciplina relativa alle gare pubbliche di appalto comunemente definite attività amministrative miste o di coamministrazione . In questi specifici casi, la normativa comunitaria direttamente applicabile disciplina modalità procedimentali per la tutela della libertà di concorrenza e della pubblicità, nelle quali al medesimo procedimento concorrono sia la partecipazione dell’amministrazione nazionale, sia di quella comunitaria ai fini dell’emanazione del provvedimento finale. Il non rispetto di tali modalità procedimentali, che non si prospettano più soltanto secondo la tradizionale successione di atti, ma rappresentano la struttura medesima del coordinamento fra diversi segmenti di eterogenee amministrazioni, potrebbe rappresentare una grave violazione di un elemento essenziale della gara,non riconducibile all’effetto di annullamento del relativo atto di bando. Si cfr. F. Spagnuolo, La coamministrazione e l’integrazione procedimentale nell’Unione europea: il modello della coesione, in Politiche di coesione e integrazione europea. Una riforma difficile ma possibile (a cura di ), Napoli, 2011, p. 142ss. 114 M.P. Chiti, I procedimenti composti nel diritto comunitario e nel diritto interno, in Atti amministrativi e tutela degli interessati. L’influenza del diritto comunitario. Quaderni del Consiglio di Stato, Torino, 1997 p. 57ss: Su questo punto cfr. anche E. Picozza, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 1997. 115 Si potrebbe parlare di un implicito invito alla giurisprudenza nazionale ed europea ad affrontare definitivamente un argomento, che per una sua definitiva risoluzione, coinvolge anche questioni di politica del diritto e di coerenza dell’ordinamento. 116 Sul punto e sulle problematiche della difficile compatibilità tra diritto il diritto amministrativo europeo e quello interno degli Stati membri, si v. J.B.Auby- J. Dutheil De la Rochére( a cura di ), Le droit admnistratif entre harmonisation et pluralisme eurocompatible, in Droit adm. eur. , Bruxelles, 2007, p. 670ss. 19 amministrativi lesivi117. Fermo restando che tale prassi alla lunga inciderebbe su quel vincolo di “reciprocità” che indubbiamente lega i vari Stati118 e sul quale poggia il fondamento della rinuncia delle “c.d. quote di sovranità”, bisogna sottolineare che più volte la Corte di Giustizia ha ribadito che la tutela effettiva dei diritti dei singoli deve risultare garantita nei rispettivi Stati da forme di tutela giurisdizionale che assicurino mediante “standard minimi”, la protezione delle situazioni giuridicamente tutelate dal diritto comunitario119. Nasce quindi l’esigenza di considerare la possibilità che, in casi particolari, l’anticomunitarietà del provvedimento nazionale in diretto contrasto con la normativa comunitaria produca la nullità dello stesso anche al di fuori della fattispecie, peraltro rara da verificarsi, riconducibile al tradizionale vizio del difetto assoluto di attribuzione120. In tal senso, gli usuali termini di impugnativa dell’atto e i puntuali gravami sulla rilevabilità dell’invalidità dovrebbero essere derogati in favore di una crescente tutela dei privati.121. Alla luce delle considerazioni appena svolte, il riconoscimento della c.d. responsabilità dello “Stato-giurisdizione”122 derivante da errore giudiziario, assume un fondamento giuridico e s’inquadra in quel filone di pensiero secondo cui anche al potere in esame può essere imputato, per dolo o colpa grave, la violazione del diritto comunitario da cui poi scaturisce la responsabilità 117 CGCE, 3 dicembre 1992, Oleificio Bonelli, C- 97/91; CGCE., 5 marzo 1996, Brasserie du Pecheur,Cause riunite- 46/93 e 49/93. In dottrina, si v. G. Della Cananea, I procedimenti amministrativi composti dell’Unione europea, in F. Bignami, S. Cassese(a cura di ), l procedimento amminstrativonel diritto europeo, Quaderni della Riv. trim. dir. pubbl., n°1, 2004, p. 316ss. 118 Su questo punto, si v. E. Cannizzaro, Democrazia e sovranità nei rapporti fra Stati Membri e Unione Europea, in Il diritto dell’Unione Europea, 2000, p. 241ss. 119 M.P. Chiti, L’invalidità degli atti amministrativi per violazione di disposizioni comunitarie e il relativo regime processuale, in Dir. amm., 2003, p. 687ss; R. CARANTA, La tutela giurisdizionale(italiana sotto l’influenza comunitaria), in Trattato di diritto comunitario europeo( diretto da ) M.P. CHITI, C. Greco, Milano, 2007, p. 1030. 120 Si v. G. Contaldi, Atti amministrativi contrastanti il diritto comunitario, cit. 770-771; M.P. CHITIG.PALMA, I principi generali dell’azione amministrativa(a cura di ), Napoli, 2006, p. 3ss.; V.Cerulli Irelli, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in Riv. it. dir. pub. com. , n° 5 /2008, p 444-445. Si cfr. TAR Basilicata, 17/10/2006, sent. n°723. G Cafagno, L’invalidità degli atti amministrativi emessi in forza di legge contraria o direttiva CEE immediatamente applicabile, in Riv. It. dir. pub. com., 1990, 359-360. 121 Mettendo fine anche a quel rapporto asimmetrico esistente tra gli atti normativi e atti amministrativi, per il quale l’anticomunitarietà dei secondi resta gravata da maggiori limitazioni stante l’invalidità circoscritta nell’orbita dei solo vizi producenti l’annullamento dell’atto nazionale; si v. TAR Sardegna, 27/03/2007, sent. n°549; Si v. E. Chiti, Il potere del giudice nazionale di sollevare d’ufficio le questioni di diritto comunitario, in Gior. dir. amm. 1997, 639 ss.; contra, F. Astoni, Nullità e annullabilità del provvedimento amministrativo, Cosenza, 2009, p. 246. 122 Tra gli altri, si v. G. Alpa, La responsabilità dello Stato per “atti giudiziari”. A proposito del caso Kobler c. Repubblica d’Austria, in Nuova giur. civ. com., 2005; M.Fragola, La responsabilità dello Stato nei confronti dei singoli nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia , in Dir. com. e degli scambi internazionali, 1997, n°4; V. Roppo, Responsabilità dello Stato per fatto della giurisdizione e diritto europeo, in Riv. dir. priv., 2006. 20 civile a carico dello Stato unitariamente inteso.123 Le conclusioni appena raggiunte non ci esimono, tuttavia, dal sottolineare della delicatezza del problema, che va affrontato caso per caso, al fine di evitare gravi alterazioni del nostro sistema di giustizia124. E’ evidente, però, che individuare nell’annullabilità in via giudiziale l’unico modello d’invalidità di un provvedimento amministrativo nazionale in contrasto con la disciplina comunitaria appare quantomeno una risposta inadeguata rispetto all’attuale complessità del problema. Pur ribadendo che invocare la nullità degli atti nazionali in diretto contrasto con la normativa comunitaria non significa riconoscere che l’anticomunitarietà125si traduca automaticamente in un vizio a sè stante126, occorre, tuttavia, sottolineare come l’orientamento assunto dal Consiglio di Stato, culminato nella sentenza del 22 novembre del 2006, n. 6831, nella quale si è ribadito il divieto di assumere da parte delle autorità amministrative qualsiasi iniziativa atta a non applicare un provvedimento amministrativo127in deroga all’ordinario regime di illegittimità/ legittimità degli atti in esame, in prospettiva mal si concilia col presupposto, peraltro pacifico, che il diritto comunitario si estrinseca con una forza e un valore superiore allo stesso diritto interno degli Stati membri. D’altro canto, l’inoppugnabilità di un provvedimento amministrativo, decorsi i rigidi termini definiti dalla legge, è un principio che trova radici ben salde in sede solamente processuale, e nulla toglie che l’accertata anticomunitarietà di un atto produca , in base al consolidato principio comunitario dell’”obbligo di risultati” in capo agli Stati,128 effetti sostanziali a carico degli stessi.129 In un sistema dualista come è quello francese, invece, il problema di determinare la forma d’invalidità dell’atto 123 In tal senso, CGCE, 13 dicembre 1991, C- 33/90(Commissione c. Italia), in Racc. 1991, I, 5987; Trib. di Roma, sezione II, 29 settembre sent. n°41/2004. V. da ultimo, A. D’Aloia, La responsabilità del giudice alla luce delle giurisprudenza comunitaria, in www.associazionecostituzionalisti.it ,2009. 124 A. Adinolfi, L’influenza del diritto comunitario sul diritto processuale interno,in Il diritto dell’Unione europea,2001, p.45ss 125 Cfr,. N Pignatelli, L’illegittimità comunitaria , cit. p. 3639 ss,. Tale autore si pone l’interrogativo se una simile violazione possa configurarsi come “una sorta di quarta specie rispetto alla classica trilogia classica dei vizi dell’atto…..”. 126 Recentemente cfr. Cons. Stato, sez. V, 19/05/2009, n°3072; ancora, Cons. Stato, sez.V, 8 settembre 2008, n°4263 e Cons. Stato ,sez. VI, 10/012003, n°35. Meno recente, TAR Veneto, sent. n° 1075/78; 127 Cfr. R. Rossolini, Conflitto tra diritto comunitario e provvedimento amministrativo alla luce della sentenza della Corte di Giustizia sul caso Ciola, in il Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1999, n° 4, 730ss 128 Cfr. CGCE, 13 gennaio 2004, C-453/2000. A tal proposito, assume particolare importanza la recente decisione del Consiglio di Stato dell’8 giugno 2009, sez. IV, n° 3464, con la quale il Supremo Consesso, ha annullato una sentenza del TAR Lazio n° 1831/99, stabilendo il principio dell’intangibilità delle sentenze della Corte di Giustizia. 129 Sul punto si cfr. anche , Cass. Civ. s.u.., ordinanze 13 giugno 2006, nn° 13659 e 13660. Corte Cost. sent. 227/2010, cit.. In dottrina, F. Francario, Inapplicabilità del provvedimento amministrativo ed azione risarcitoria , in Dir. amm., 2002, 24ss 21 amministrativo nazionale contrastante con norme comunitarie va inquadrato nell’ambito di uno schema in cui il ruolo assunto dal giudice amministrativo è quello principalmente di porsi quale garante delle situazioni giuridiche soggettive rispetto alla pubblica amministrazione. Questo ha contribuito ad aumentare le difficoltà di adattamento della giurisprudenza amministrativa francese130 ai principi richiamati dalla Corte di giustizia (legittimo affidamento o di proporzionalità) ai quali il Supremo giudice amministrativo, pur non assumendo posizioni contrarie, ha spesso derogato in nome dell’autonomia della teoria dei suoi principi generali del diritto131. Sul punto, la soluzione accolta dal Conseil d’Etat132 è quella di considerare che le violazione del regolamento comunitario da parte direttamente di un atto amministrativo nazionale(indipendentemente se di carattere generale o individuale) determinano l’illegittimità –annullabilità di quest’ultimo per “execés de pouvoir” nel rispetto delle regole processuali interne. Quest’ultime, in concreto, prevedono che la contestazione della violazione del diritto dell’U.E. possa avvenire, in questi casi, anche non incidentalmente nel senso che l’atto anticomunitario può essere impugnato direttamente133. Inoltre, per quanto riguarda la previsione di un limite temporale o meno entro il quale esperire il ricorso contro l’atto anticomunitario, il Conseil d’Etat ha più volte ribadito, sulla scia di una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia134, la necessità di fissarne uno135. Quanto detto ci fa considerare che in Francia, a differenza dell’ Italia, la nullità o addirittura inesistenza del provvedimento nazionale nel caso in specie è configurabile, in effetti, solo nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia fondato su di una disposizione normativa attributiva del potere in contrasto con il diritto comunitario136. Ne consegue, che la disapplicazione non costituisce attualmente per la giurisdizione amministrativa francese una delle possibili forme attraverso le quali opera l’invalidità. Il giudice francese, infatti, si è sempre preoccupato che il non applicare un atto ad una singola fattispecie, quando per le restanti esso è perfettamente valido ed efficace, costituisce un elemento di instabilità nel sistema giurisdizionale nazionale137. Ma la non applicabilità di speciali regole processuali potrebbe anche in Francia non garantire il Y. Aquila, La justice administrative, un modèle majoritaire en Europe- Le mythe de l’exception française à l’épreuve des fais. AJDA, 2007, p. 290ss. 131 Cfr. C.E., 29 giugno 2001-Vassilikiotis. 132 C.E., Arcelor, cit. 133 C.E, 8 dicembre 2000- Association Eglise de scientologie de Paris. 134 CJCE, 5 aprile 1979, C-148/78. 135 C.E., Ass. 30 maggio 1952 ; in senso diverso, Cons. Const. , dc 30 dicembre 1977, n°77-90. 136 Si v. CGJE. , sent. 9 marzo 1994, C-188/92. 137 C.E., Gardelieu,cit. 130 22 primato del diritto sopranazionale e l’effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive ad essa sottese138. Soprattutto alla luce del Trattato di Lisbona anche nel complesso sistema amministrativo francese si avverte l’esigenza di una nuova regolamentazione della materia nella quale gli effetti della normativa comunitaria sono da considerare direttamente imputabili ai singoli139. Questo comporterebbe, secondo autorevole dottrina,140 la facoltà attribuita al privato di adire i giudici comunitari per la tutela di un proprio diritto senza alcuna preliminare istanza nazionale141. Ma fino ad ora nell’orientamento giurisprudenziale di merito dei giudici francesi non sono riscontrabili pronunce che teorizzino uno speciale regime d’invalidità del provvedimento amministrativo statale in diretto contrasto con il diritto comunitario. Come è stato ribadito dal Conseil d’Etat anche recentemente la nullitàinesistenza ricorre solo nel caso in cui l’atto amministrativo nazionale trovi il proprio fondamento in una legge o in un regolamento contrastante con il diritto comunitario (e, quindi, disapplicabile)142. IV) L’illegittimità comunitaria indiretta degli atti amministrativi. Il problema dell’invalidità dell’atto amministrativo per “anticomunitarietà” si prospetta con maggiore complessità quando tale illegittimità sorge sulla base dell’incompatibilità di una norma nazionale (sulla quale si fonda l’atto amministrativo) col diritto comunitario direttamente applicabile. Tale ipotesi assume particolare importanza in quanto l’esame di alcune situazioni concrete ha, da una parte, richiamato il principio della disapplicazione degli atti amministrativi nazionali incompatibili con la normativa comunitaria, dall’altra, prospettava ,con l’inclusione di nuovi poteri affidati al giudice, sostanziali deroghe ai profili del sistema processuale nazionale. In tempi meno recenti, in Italia, il problema dell’incompatibilità tra una legge nazionale(o P. Cassia, Le juge administratif, la primauté du droit de l’Union européenne et la Constitution française, in Rev. fr. dr. adm, 2005, p. 463 ss. 139 K. Auriol, Le Traitè de Lisbone et ses conséquences sur l’admnistration des institutions de l’U.E., in Rev.française d’Admnistration publique, 2010. 140 K. Auriol, ibidem; P. Roger, La Cour de Cassation surprend sur la question prioritaire de constitutionalité, in le Monde, 23 aprile 2010 ; J.L. Warsmann, Rapport au nom de la Commission de loi Constitutionnelles, n° 1599,03 /09/2009, p.26ss. 141 Rispetto al sistema vigente in Italia, c’è da sottolineare che in Francia il portatore dell’interesse a ricorrere può anche essere il soggetto non titolare dell’interesse legittimo, nè tantomeno interessato all’eliminazione dell’atto. 142 CE, Arcelor, cit. Sul punto, S. Cornella, Il Consiglio di Stato torna sulla questione dell’illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo di diritto interno, in Giustizia amministrativa, 2010 p.230. 138 23 atto equiparato)ed una norma comunitaria fu risolto dalla storica e famosa sentenza Granital143, nella quale la Corte Costituzionale affermò che l’applicazione automatica del diritto comunitario dovesse essere decisa fuori dall’orbita del sistema di costituzionalità accentrato, favorendo, così, il meccanismo della disapplicazione degli atti legislativi144 in difformità col diritto comunitario ad opera del giudice nazionale145, sulla base del principio della primazia del diritto comunitario su quello interno degli Stati membri146. Successivamente, la Corte di Lussemburgo ha precisato che nei confronti degli organi legislativi degli Stati membri s’impone l’obbligo di non adottare atti in contrasto con norme comunitarie, anche non direttamente applicabili, suscettibili di compromettere gli obiettivi prefissati dall’U.E147.Con il diffondersi del fenomeno della “comunitarizzazione” delle funzioni e dei servizi della P.A. e il conseguente passaggio ad una “amministrazione di risultati”, si è posto il problema se il richiamo all’istituto della disapplicazione, quale schema generale per la risoluzione dei conflitti e per l’affermazione dell’ “effetto utile comunitario”, fosse da applicare anche ad un provvedimento amministrativo basato su di una legge nazionale in contrasto con una norma comunitaria direttamente applicabile148. Tutto nasce dalla ormai notissima sentenza Ciola149, che costituisce, pur riguardando un caso particolarissimo, un primo approccio alla risoluzione del problema di stabilire i confini esistenti tra rispetto dell’autonomia procedimentale e processuale del nostro sistema e affermazione a tutti i costi del c.d. “effetto utile”del diritto comunitario150. Come è noto, la sentenza in esame ha sancito l’anticomunitarietà di una norma processuale che vietava la valutazione d’ufficio di un provvedimento amministrativo interno rispetto ad una disposizione comunitaria da parte del giudice nazionale. Ciò ha significato un’importante inversione di tendenza, soprattutto alla luce della successiva sentenza 143 Corte Cost., sent. n°170/84; tra i numerosi e autorevoli commenti alla storica sentenza, tra gli altri, si v. S. Galeotti, Legge nazionale, regolamento comunitario e controllo giurisdizionale , in Scritti per Giannini, 1988, III, pp. 351-352-353; A tal riguardo si cfr. anche Corte Cost., sentt. nn 205/76 e 163/77. 144 Di recente si v. C. Pagotto, La disapplicazione della legge, Milano, 2008, p. 125ss. 145 R. Conti, Il problema delle norme interne contrastanti con il diritto comunitario non immediatamente efficace fra rimedi interni ed eurounitari, in www.federalismi.it, 10/2010. A. Ruggeri, Corti costituzionale e Corti europee: il modello, le esperienze, le prospettive, Relazione al convegno del gruppo di Pisa su Corte Costituzionale e sistema istituzionale, Pisa 4-5 giugno 2010. 146 CGCE , 22/06/1989, C- 103/1988; 147 CGCE, 18 dicembre 1997, C-318/98. 148 Corte Cost., sent. n°389/89; Cons. Stato, sez. IV, 4/01/2005/, n°2. Si v. inoltre E. Klein, L’influenza del diritto comunitario,cit. p. 682ss. 149 CGCE , 29/04/1999, C-224/97 150 Sul punto storica è la sentenza CGCE, del 16/12/76 C-33/76. 24 Peterbroek151, che ha consentito al giudice nazionale di poter d’ufficio scrutinare la compatibilità di un provvedimento amministrativo con la normativa europea, anche decorsi i termini di decadenza per l’eventuale ricorso. Nonostante certa dottrina152, abbia segnalato che le citate sentenze riguardavano casi così particolari da non consentire alcuna generalizzazione del principio, il fenomeno della disapplicazione degli atti amministrativi in contrasto col diritto comunitario si è riproposto in tutta la sua complessità.153 Tale fenomeno si pone,infatti, al centro di due esigenze opposte e contrastanti, caratterizzate, l’una, dalla piena e totale affermazione del diritto comunitario in base al principio della supremazia del diritto comunitario154, l’altra, dal necessario rispetto, di rilevanti principi nazionali, quali la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici: più in generale, il rispetto dell’autonomia procedimentale e processuale dello Stato. L’indagine si prospetta nei seguenti termini: l’autorità amministrativa nell’ipotesi debba adottare un atto sulla base di una norma nazionale in contrasto con il diritto comunitario direttamente applicabile ha o meno il potere/dovere di disapplicare tale norma? Le posizioni della giurisprudenza amministrativa, pur diverse rispetto a quelle assunte nell’ipotesi di diretta violazione da parte del provvedimento nazionale del diritto comunitario, risultano tuttavia contrastanti. Si devono, infatti, riscontare casi in cui il giudice amministrativo ha ritenuto opportuna la strada della disapplicazione (in questo senso allineandosi all’indirizzo tracciato dalla Corte europea)155 e casi in cui, invece, il giudice amministrativo ha preferito annullare il provvedimento interno anticomunitario.156 Tale stato di incertezza ha caratterizzato in questi anni l’attività dei giudici amministrativi che spesso, di fronte a casi di dubbia compatibilità comunitaria di provvedimenti nazionali, hanno preferito rimettere la questione pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo e ha rallentato di molto il processo di diffusione del sindacato diffuso mediante l’automatica disapplicazione della compatibilità comunitaria157. Il 151 Nello stesso filone vanno ricondotte le successive sentenze della CGCE, 7/06/2007, C- 222/05 e C225/05. 152 E.M. Barbieri, Ancora sulla disapplicazione di provvedimenti amministrativi contrastanti col diritto comunitario, in Riv. It. dir. pub. com., 2000, p.153; G. Ceceri, La disapplicazione dell’atto amministrativo in contrasto col diritto comunitario, Giustamm.it , 2009. 153 Si cfr. P Birkinshaw, Re-patriating UK Constitutionalism, in Giustamm.it, 2011. 154 CGCE, 227/2010 cit. ; CGCE, 9 settembre 2003, C-198/01, punto 49. 155 C. Leone, Disapplicabilità dell’atto amministrativo in contrasto con la disciplina comunitaria? Finalmente una parola chiara da parte della Corte di Giustizia, in Riv. it. dir. pub. com.,2003, p. 895ss. 156 Cons. Stato, sez V, 10 gennaio 2003, n°35, in Foro it. 2004,III, c.413ss. Recentemente, Cons. Stato, sez.V, 19/05/2009, n°3072. 157 TAR Lombardia, ordinanze nn. 234 e 238/1988; inoltre si cfr. TAR Veneto, sent. n° 432/91; TAR Puglia, sent. n°253/ 96; ancora TAR Lombardia sent. n° 1843/97. In dottrina, si v. M.P. CHITI, Diritto 25 primato del diritto comunitario si afferma, invece, nell’obbligo in capo ai giudici nazionali e alle autorità amministrative158 di non applicare l’atto amministrativo nazionale in contrasto con la normativa comunitaria, come, del resto, più volte ha ribadito la Corte europea159. A tal riguardo, va osservato che l’impugnazione degli atti comunitari ritenuti illegittimi entro prefissati termini decadenziali è un principio rilevante che connota anche il sistema di giurisdizione comunitaria160 (art. 263 ,ultimo comma,TUE). Tuttavia, l’autonomia degli Stati membri nel fissare le modalità procedurali che regolano la tutela giurisdizionale dei diritti di origine comunitaria non deve assolutamente tramutarsi nell’impossibilità di rendere effettivo l’esercizio delle garanzie comunitarie161. E’, infatti, pacifico il principio secondo cui l’inoppugnabilità dell’atto opera solo sul piano giustiziale162, potendo l’atto stesso essere invece sindacabile sia ad opera dell’amministrazione, mediante i poteri di autotutela, sia del giudice ordinario, mediante l’istituto della disapplicazione163. Ne consegue che, una volta che l’autorità amministrativa164 o il giudice nazionale abbiano accertato la compatibilità di un provvedimento amministrativo con una legge statale a sua volta contrastante con il diritto dell’Unione , essi devono astenersi dall’applicare l’atto nazionale, soprattutto se da questa scelta dipenda la salvaguardia dell’interesse comunitario165 e del principio dell’effetto utile166. Tali considerazioni sono state amministrativo europeo, Milano, 2003, p. 356 ss.; V. STIGLIANI, Atti amministrativi e norme comunitarie, in Riv. dir.pub.com., 1999, p. 1423ss; A. CELOTTO, Le “modalità” di prevalenza delle norme comunitarie sulle norme interne: sputi ricostruttivi, in Aa.Vv, Sovranità, Rappresentanza, Democrazia. Rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali, Napoli, 2000 p. 437ss. 158 Si prenda in considerazione l’autorità Garante della Concorrenza che più spesso nell’ambito delle proprie attività e in ossequio alla primautè ha preferito non applicare atti interni in contrasto con il regolamento comunitario settoriale. 159 CGCE, 4 dicembre 1997,C-258/96, punto 46; CGCE., 28 giugno 2001, C-118/00, punto 52; CCGE, 12 giugno 2005, C-453/03. In tal senso, anche Corte Cost., 14 giugno 1990,n.285, punto4.2 del considerato in diritto. In dottrina, si cfr. G. Ceceri, La disapplicazione dell’atto amministrativo, cit. In senso diverso, M. Delsignore, La disapplicazione dell’atto in violazione del diritto comunitario non impugnato, in Dir. proc. amm., 2008; M. Macchia, La violazione del diritto comunitario e “l’eccezione disapplicatoria”, in Giorn. dir. amm. , 2007; 160 Per un approfondimento , si v., L .Muselli, La giustizia amministrativa dell’ordinamento comunitario, Torino, 2000; R. Calvano, Piccole note sull’idea e la pratica della legalità comunitaria, scritti in onore di G. Ferrara,I, Torino 2005, p. 501ss. 161 Sul punto si v. CGCE, sentenza, 28 giugno 2001, C-118/00, in Racc.2001, p. 1-5063 con nota di S. Marinai, Aspetti applicativi del principio di responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Diritto commerciale e degli scambi internazionali, 2002, p. 689ss. 162 E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2004, p.507. 163 G. Strozzi, Limiti e controlimiti nell’applicazione del diritto comunitario, in Studi sull’integrazione europea, n°1/2009, p. 23ss 164 Su questo punto si v. V. Cerulli Irelli, I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, cit. 391 165 Tra le tante decisioni, si v. CGCE, 30 settembre 2003, C-224/01; CGCE, 16 maggio 2006, C-234/04.; CGCE, 23/04/2009, Cause riunite, C-378/07 e C- 380/07. 26 suffragate dalla sentenza della Corte europea del 27 febbraio 2003, (C-327/00), nota come sentenza Santex, nella quale si è stabilito l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale la cui applicazione comprometterebbe diritti riconosciuti ai singoli dalla normativa europea167. Ne consegue che la decisione di un giudice di disapplicare una disposizioni legislativa in contrasto con il diritto comunitario non può non coinvolgere , al fine di evitare nel nostro ordinamento una imbarazzante asimmetria, anche l’atto amministrativo esecutivo la cui anticomunitarietà viene ad essere filtrata proprio dalla norma invalida168. La sentenza del TAR Sardegna del 2007 n. 549, che ha disapplicato un atto amministrativo in contrasto con la direttiva 18/2004 in tema di contratti pubblici nonostante i termini per l’impugnazione fossero già cessati, sembra intraprendere lo stesso percorso tracciato dalla Corte europea169. In effetti, essa ha sancito che fermo restando il contrasto con le norme comunitarie da parte di un provvedimento amministrativo genera(normalmente) l’illegittimità per violazione di legge con conseguente annullamento dell’atto, nel caso tuttavia il ricorrente, pur non contestando l’atto nei termini previsti, dimostri che le sue legittime aspettative per la tutela di un proprio diritto si fondano proprio sul provvedimento in contrasto col diritto comunitario, il giudice deve non applicare l’atto amministrativo in base a principi di legalità sostanziale, favorendo così il corretto rispetto del principio della supremazia del diritto comunitario170 su quello nazionale171. D’altro 166 Si v. la non recente sentenza delle Corte di Giustizia del 6 ottobre 1981, Cilfit c/Gavardo, C-283/81, nella quale si stabilisce l’importante principio secondo cui, nei casi di dubbi interpretativi della noma capaci di mettere in discussione l’effettiva attuazione del diritto comunitario, il giudice nazionale di ultima istanza è obbligato a porre anche d’ufficio la questione pregiudiziale innanzi ai giudici di Lussemburgo. In dottrina, si cfr. A. Masucci, La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una “Tutela cautelare europea”, in Riv. it. dir. com., 1996, p. 1155ss. 167 A tal riguardo, vanno segnalati alcuni recenti interventi della giurisdizione amministrativa nazionale di primo e secondo grado, che hanno accolto il ricorso di una spa contro l’autorità amministrativa procedente che l’aveva esclusa dalla partecipazione ad un procedimento di licitazione privata ritenendo l’offerta anomala, nonostante fosse risultata la più vantaggiosa. Il Tar Puglia, pur dichiarando il provvedimento in esame illegittimo per contrasto con la direttiva CE n° 37/93, si è limitato a definire non sufficiente tale illegittimità ai fini di un risarcimento del danno da parte della P.A. A sua volta, il Consiglio di Stato, con la sentenza n° 3169/2001 adottata dalla IV sezione, ha condannato al risarcimento la P.A. con la motivazione che gravi violazioni del diritto comunitario già di per sé comportano una piena responsabilità dell’amministrazione. 168 V. Cerulli Irelli, Trasformazioni del sistema di tutela , cit. p.449; Si cfr., M. Giovannelli, La Corte di giustizia si pronuncia sulla disapplicazione dei bandi, in Urb. app., 2003, 653; meno recente, si v. L. Torchia, Il giudice disapplica ed il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti fra diritto comunitario e diritto interno, in Foro, 1990, III, 203ss. 169 CGCE, 12/02/08, C-2/06. 170 Cfr. L.Filippi, La giurisprudenza amministrativa a contenuto comunitario, in Riv. it. dir. pub.com., 1993, p. 1181ss. 171 Corte Cass., ord., nn° 13659, 13660/06 e 5464/09; sent. n° 30254/08. Perplessità nel subordinare il principio della certezza del diritto alla libera valutazione dei giudici di Lussemburgo sono sollevate da G. Greco nella relazione al Convegno “La tutela nei confronti del potere amministrativo e le ragioni 27 canto, l’inoppugnabilità non costituisce un carattere assoluto del provvedimento amministrativo172; in effetti, mentre esso può risultare inoppugnabile per un soggetto nei confronti del quale sono spirati i termini fissati dalla legge, può, al contrario, risultare oggetto d’impugnativa per tutti coloro che del provvedimento non erano a conoscenza. Ulteriori sviluppi sortiscono in riferimento a due recenti statuizioni ,rispettivamente del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia: nel primo caso173, il Consiglio di Stato, con la decisione del 23 febbraio 2009, n°1054, ha ritenuto illegittima( e quindi inefficace), in materia di attività venatoria, una delibera della regione Lombardia fondata su di una legge regionale in palese contrasto con le prescrizioni comunitarie; a sua volta, la Corte di Lussemburgo, con ordinanza del 10 dicembre 2009 ha ordinato al nostro Stato di sospendere174 l’applicazione dell’articolo 4, primo comma ,della legge regionale della stessa regione Lombardia 30 luglio 2008 n°24, che disciplina il regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CE, (concernente la conservazione e la protezione di tutte le specie degli uccelli selvatici), in quanto le deroghe apportate dalla Regione suddetta non rispettano le condizioni e i requisiti che la normativa comunitaria prevede in materia.175 Altra questione è, invece, l’invalidità degli atti amministrativi ritenuti dal giudice nazionale non applicabili per vizio di anticomunitarietà. E’ noto che la disapplicazione di un atto, pur limitandosi a produrre i suoi effetti riguardo al caso di specie176, vincola l’amministrazione a non adottare quel provvedimento che ormai è da ritenersi invalido. dell’interesse pubblico, Siena-Certosa di Pontignano, 12 e 13 giugno del 2009; quest’ultimo sottolinea come tale prassi oramai ha del tutto disconosciuto l’autonomia procedimentale dei rispettivi Stati membri. 172 E. Cannada Bartoli, L’inapplicabilità degli atti amministrativi, Milano 1950. 173 Si cfr. Cons. Stato, sent. n° 4263/2008. Nella sentenza in esame la riforma della decisione del T.A.R. Sardegna concretizzatesi con l’espresso divieto alla P.A. di disapplicare l’atto interno in contrasto con la normativa comunitaria, va bilanciato con il fatto che il supremo giudice amministrativo ha utilizzato una formula alquanto generica nel riferirsi agli strumenti di autotutela da invece utilizzare , sorvolando in effetti sia sui presupposti, sia sui limiti temporali. In senso diverso, si cfr. gli spunti interessanti di M. Caporale, commento alla sentenze del Consiglio di Stato nn° 579/05 e 4263/08, in L. Vandelli( a cura di), L’attività amministrativa: casi e interpretazioni, strumenti di diritto pubblico, Bologna, 2009. 174 In attesa che i giudici di Lussemburgo decideranno la causa C-573/08 che ha ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 258 TFUE, presentato dalla Commissione delle Comunità contro la Repubblica italiana il 22 dicembre 2008. 175 Il tema della disapplicazione amministrativa è stato riproposto dalle recenti sentenze del Consiglio di Stato,sez. IV, n. 1210/2010 e del TAR Lazio , sez. II, bis, n. 11984/2010. 176 Bisogna tuttavia sottolineare che l’istituto della disapplicazione su di un atto ammininistrativo, proprio in virtù del fatto che esso disciplina casi particolari e contingenti, incide maggiormente rispetto a quando esso opera su di una legge; quest’ ultima, infatti, caratterizzata generalmente da elementi quali la generalità e l’astrattezza ha bisogno di un passaggio successivo(l’espressa abrogazione) onde evitare che l’ordinamento( e la comunità) la reputino ancora vigente. Viceversa, per il provvedimento il conseguente annullamento assume un significato essenzialmente formale dato che la non applicazione dell’atto da parte dei giudici e dell’autorità amministrativa ha circuito definitivamente gli argini della sua efficacia. Si cfr. Cons. Stato, sez. VI, n° 5826/2005; in dottrina, N. Pignatelli, L’illegittimità comunitaria, cit., p. 3644ss. 28 Pur in un quadro di riferimento alquanto incerto, l’ipotesi che l’atto amministrativo disapplicato sia da ritenere nullo appare possibile nel solo caso in cui venga accertato il difetto assoluto di attribuzione177.Tale orientamento ha trovato riscontro soprattutto nell’ambito del diritto tributario in riferimento o all’imposizione di tributi illegittimi in violazione del diritto comunitario, o di tributi che, formalmente legittimi, producono, tuttavia, un regime di tassazione discriminatorio fra persone o cose178. Al di la di queste ipotesi riconducibili, rispettivamente, al vizio di carenza di potere e al fenomeno della totale inesistenza dell’atto, l’invalidità riconducibile al caso in specie resta, per la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria, quello dell’annullabilità. In effetti, la mediazione della legge attraverso la quale viene filtrata l’invalidità dell’atto nazionale, fa da “paracadute” al grado d’invalidità che colpisce l’atto applicativo, paracadute che, invece, mancherebbe nel caso che la violazione della norma comunitaria fosse direttamente prodotta dall’atto amministrativo nazionale179. Ma, se è scontata, l’inesistenza di dubbi sulla rigida osservanza dei termini di decadenza nell’ipotesi di contrasto tra provvedimenti amministrativo e disposizioni legislative, lo stesso non sembra potersi affermare (almeno in via assoluta) in relazione alla non conformità degli atti amministrativi rispetto al diritto comunitario. Infatti, in quest’ultima ipotesi, l’impossibilità di esperire un ricorso giurisdizionale per il superamento dei termini di impugnazione, non sottrae automaticamente lo Stato ad eventuali responsabilità civili sul piano comunitario180, con conseguente risarcimento dei danni a favore dei privati.181 Ciò induce a considerare, che il vizio che si produce nell’ambito del regime d’invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, non può confluire necessariamente nella categoria dell’annullabilità182; in effetti, è possibile riscontrare ipotesi nelle quali l’incisione dell’altrui situazione giuridica, non coinvolgendo interessi legittimi, favorisca il fenomeno della disapplicazione del provvedimento amministrativo. Illuminante al riguardo è la decisione del Consiglio di 177 Sul punto, Cons. Stato, sent. n°579/2005. Su questo punto, L. Federico, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Ipsoa, 1995; inoltre, cfr. F. Gallo, L’applicazione d’ufficio del diritto comunitario da parte del giudice nazionale nel processo tributario e nel giudizio di Cassazione, in Rass. Trib., 2003, 314ss. 179 CGCE, 9/09/2003, C-198/01. 180 F. Ferraro, Responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, Milano 2008, p 46ss. Si cfr. Corte Cost., sent. n°227/10 181 Contra, G. Greco, Inoppugnabilità e disapplicabilità dell’atto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale ,in Riv. it. dir. pub. com. 2006. Recentemente, si cfr. anche L.Garofalo, Danno risarcibile e Pubblica amministrazione, in giustamm.it, 2011, n°7, p.10ss. 182 Contra e sul regime d’invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, Cons. Stato, n°3072/’09,cit.. 178 29 Stato183, peraltro già citata, che traccia nelle sue conclusioni un principio da tempo consolidato nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo: si è ritenuto che, anche in presenza di un precedente giudicato il principio della certezza del diritto può in taluni casi soccombere in presenza di una non corretta applicazione di una direttiva comunitaria 184 contenente la tutela un diritto soggettivo di un privato185. In Francia, invece, qualora l’atto amministrativo si fondi sulla base di una legge in contrasto con il diritto comunitario, in virtù dell’articolo 55 della Costituzione, è possibile sollevare presso il supremo giudice amministrativo “l’exception d’inconventionnalitè”, con cui in sostanza si procede, in primis, alla disapplicazione della disposizione legislativa nazionale in favore di quella europea, in secondo luogo, all’annullamento dell’atto amministrativo ormai privo di fondamento giuridico in conseguenza della disapplicazione dell’atto legislativo.186 Tale regime, tuttavia, è previsto solo quando si è in presenza di un atto amministrativo meramente esecutorio della legge.187 Al contrario, a fronte di atti amministrativi attuativi (capaci per loro natura anche di integrare in alcuni aspetti la legge) è stato statuito dal Conseil d’Etat che il vizio di anticomunitarietà può essere sollevato direttamente contro l’atto interno senza la previa contestazione della legge188. Del resto, il giudice amministrativo amplia notevolmente il suo sindacato sulla attività della Pubblica amministrazione proprio in presenza di atti amministrativi ad alto contenuto discrezionale che prevedono diverse modalità di attuazione del diritto comunitario in assenza di una disposizione di legge che faccia “ecran”189. Se, tuttavia, il cosiddetto “bloc de conventionnalitè”, sancito dal Conseil d’Etat con la storica sentenza Nicolò, ha stabilito che le leggi nazionali posteriori in spregio al diritto comunitario (anche derivato) vanno disapplicate in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 55 della Costituzione , considerazioni diverse 183 Cons. Stato, n° 3464, cit. Il Consiglio di Stato accogliendo la carenza di giurisdizione del TAR Lazio e ristabilendo la competenza del giudice ordinario, ha ritenuto che la non applicazione dell’atto amministrativo nazionale da parte di quest’ultimo fosse lo sbocco necessario e alternativo per porre fine alla produzione di quei effetti giuridici che avrebbero compromesso la situazione giuridica di vantaggio del privato ; si cfr. anche Cassazione civile, sez. III, sentenza del 18/05/2011, n° 10813. 185 Cfr. M. Luciani, Positività, metapositività e parapositività dei diritti fondamentali, in Scritti in onore di L. Carlassarre. Il diritto costituzionale come regola e limite al potere, III, Dei diritti e dell’uguaglianza, a cura di G. Brunelli- A. Pugiotto-P.Veronesi, Napoli, 2009,p. 1060ss; C. Feliziani, La tutela dei diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona. La Corte di Giustizia prende atto della natura giuridica vincolante della Carta di Piazza, in AIC, n°1/2011, p. 13ss. Si cfr. , inoltre, CGCE, 5/10/2010, C-400/10. 186 C.E, 24 settembre 1990-Boisdet. 187 L. Bubouis, Directive communautaire et loi française: primauté de la directive et respect de l’interprétation que la cour de justice a donné de ses dispositions, in Rev. fr. dir. adm, n°8, 1992. 188 In tal senso, C.E., 9 luglio 1997. 189 C.E., Ass, 30 ottobre 1998. 184 30 meritano le direttive comunitarie. Per questi atti normativi, infatti, il Conseil d’Etat ,eccependo “l’inconventionnalitè”, ha stabilito perfino la disapplicazione di una legge posteriore tra le cui disposizioni non figurava espressamente l’obiettivo della trasposizione190. In seguito a tale innovativa interpretazione fornita dal Supremo giudice, autorevole dottrina191 ha teorizzato il principio secondo cui il “controle di conventionnalitè” sugli atti interni che traspongono le direttive comunitarie, si presenterebbe con delle caratteristiche molto simili al controllo esercitato dal Conseil Constitutionnel in tema di costituzionalità delle leggi.192Questo ha provocato un acceso dibattito nella dottrina, in quanto alcuni autori193 hanno evidenziato il rischio di un’alterazione sostanziale del sistema legali delle fonti interne. Sta di fatto che, il Conseil d’Etat, ha più volte sancito194 l’obbligo per la Pubblica amministrazione di abrogare tutti gli atti amministrativi contrari al diritto dell’Unione anche se perfettamente conformi alla disposizione di legge195, in quanto podromo della legittimità degli atti amministrativi dell’esecutivo196 è la loro piena conformità al diritto comunitario. Tali considerazioni sono suffragate maggiormente anche dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dalle novità in tema di tutela dei diritti fondamentali. In particolare, l’art. 6, n. 2 TUE, , nella parte in cui si prevede l’adesione dell’Unione alla CEDU per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, espressamente riconosce la Convenzione fonte interna del diritto dell’Unione.197 190 C.E., Ass.28 febbraio, 1992. 191 J. Boucher, B.Bourgeois-Machureau, Le droit international, le droit communautaire, le juge interne et le juge administratif, AJDA,2008, p. 3ss. 192 Cfr. C.E.,Ass., 3 luglio 1996.. In senso diverso, cfr. C.E., 5 gennaio 2005. In dottrina, K. Michelet, La loi inconventionnelle, in Rev. fr. dr. adm. , 2003, p. 35 193 Si cfr. L. J. Constantinesco, L’applicabilité directe dans le droit de la CEE, LGDJ, 1970, p.68ss ; R. Lecourt, L’Europe des juges, Bruylant, 1976, p. 259ss. ; O. Dubos, L’Union européenne , in Les dynamiques du droit européen en début de siècle. Etudes en l’Honneur de Jean Claude Gautron, Paris, 2004, p. 33ss. 194 Tra le tante, Si v. C.E., Ass., 3 febbraio 1989 –Compagnie Alitalia. C.E. 18 dicembre, 2002- Mme Duvignéres. 195 G. Braibant, P. Weil et Alii, Les grands arrets de la jurisprudence administrative, Paris, 1996, p. 741 196 C.E. 5 gennaio 2005- in Act.. jur. dr. adm. 2005. 197 Sul punto si v. CGJE, 5/10/2010, C- 400/10. In dottrina , R. Mastroianni, I diritti fondamentali dopo Lisbona tra conferme europee e malintesi nazionali, in Dir. pub. eur., IV, 2010,p. 1372. 31 V) Il contrasto degli atti amministrativi con le norme comunitarie non selfexecuting in Italia. Un ulteriore caso di invalidità amministrativa in violazione del diritto comunitario si ha nell’ipotesi in cui l’autorità competente adotti un atto in una materia per la quale, nonostante esista una direttiva comunitaria non self- executing , il nostro legislatore ometta l’attuazione (o la ritardi), ovvero legiferi in contrasto con essa. Diversamente da quanto si ipotizzava recentemente, la tesi più accreditata dell’integrazione tra i due tipi di ordinamenti ha, da una parte, conferito a ciascuna autorità amministrativa e ai giudici d’ufficio198 la facoltà di interpretare autonomamente la norma interna affinché essa risulti conforme ai precetti scaturenti dalla normativa comunitaria, dall’altra , ha prospettato la possibilità di ipotizzare, in mancanza del rispetto dei vincoli della direttiva, una tipica responsabilità civile in capo all’organo amministrativo per risarcimento danni. D’altro canto, la diretta applicabilità delle direttive in questione da parte di autorità amministrative persino diverse da quelle specificamente chiamate a darvi attuazione è stata più volte ribadita dalla Corte di Giustizia199, al fine di evitare qualsiasi elemento di contrasto rispetto al potere giurisdizionale200. Quindi, anche in assenza di una norma interna applicativa costruire la sua scelta discrezionale 202 201, l’amministrazione deve comunque , sulla base dei principi cardini desumibili dalla direttiva comunitaria.203 Va da sé, che i precetti contenuti nelle direttive in questione Il potere della sollevabilità d’ufficio dei c.d. motivi comunitari da parte dei giudici nazionali sembra trovare fondamento nello stesso Trattato CE e precisamente nell’art. 10, nel quale si incentiva il principio di leale cooperazione degli Stati e dei loro organi , compreso i giudici ,per il pieno raggiungimento degli obiettivi comunitari, e l’art.288 TFUE che sancisce l’obbligo per gli Stati appartenenti all’ Unione di adottare tutti i provvedimenti necessari per il conseguimento dei risultati prefissati. 199 Tra le tante, si v. CGCE, sent. 28/06/2001,C- 118/2000; CGCE ,9/09/2003, C-198/2001. In dottrina, L. Daniele, Novità in tema di efficacia delle direttive comunitarie non attuate, in Foro it. 1992, IV, p. 178ss. 200 A tal riguardo si cfr. G. Morbidelli, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario, Milano, 2001, p.45ss; L. Torchia, Il governo delle differenze. Il principio di equipollenza nell’ordinamento europeo, Bologna, 2006; L. Saltari, La legalità comunitaria prevale sulla certezza (nazionale) del diritto, in Gior. dir. amm., 2007, p.477 ss. 201 Si v. V. Onida, Pubblica amministrazione e costituzionalità delle leggi, Milano, 1957, nel cui saggio l’autorevole autore ha aveva anticipato il dovere in capo alle amministrazioni di disapplicare la legge a fronte di una palese illegittimità. Si cfr, anche, E. Lamarque, Gli effetti delle sentenze della Corte di Strasburgo secondo la Corte costituzionale italiana, in Corr. giur. n°7/2010, 955ss. 202 Si v. CGCE, 19 gennaio 1982, C- 8/1981; CGCE, 26 febbraio 1986, C-152/84; CGCE, 19 settembre 2006, cause riunite 392/04- 422/04. In tal senso anche, Corte Cost. sent. n° 389/89; Cons. Stato , sez. IV, sent. n° 927/1997. 203 Si pensi ad un singolo la cui legittima aspettativa di tutela di un diritto, fondato su di una direttiva comunitaria, sarebbe sostanzialmente disattesa dalla libera facoltà dell’autorità amministrativa competente di non applicare l’atto europeo. Ci troveremmo in un contesto in cui la litigiosità tra potere 198 32 assurgono a parametro di legittimità dell’esercizio della potestà discrezionale da parte dell’autorità amministrativa e, in caso di violazione, implicano gli estremi del vizio tipico di eccesso di potere dell’atto esecutivo.204 In quest’ordine di idee, il ruolo della Pubblica ammnistrazione assurge principalmente a quello di tutrice della legalità di un ordinamento effettivamente integrato205, potendo garantire al privato quelle tutele che per varie circostanze il giudice nazionale non è riuscito tempestivamente a riconoscere.206 Tuttavia, la questione degli atti amministrativi contrastanti col diritto comunitario non self-executing rimane controversa e forse ancora lontana da una effettiva soluzione, in ragione soprattutto del fatto che i nostri giudici amministrativi solo in ipotesi residuali207 hanno ritenuto esperibile la disapplicazione degli atti amministrativi. Le ragioni di tale scelta da parte del giudice amministrativo sono note e vanno ricercate nell’esigenza di attribuire stabilità ai rapporti e definitività alle situazioni giuridiche208. Senonchè, l’efficacia delle previsioni comunitarie (pur non direttamente applicabili) è soprattutto il risultato del coordinamento dei principi di effettività, di equivalenza della tutela e di certezza del diritto,il cui bilanciamento non può risultare garantito, per tutte le fattispecie concretamente possibili, dal solo annullamento in via giudiziale del provvedimento illegittimo209. Tali argomentazioni ci inducono a prospettare la tesi che, in presenza di una controversia che ha ad oggetto il contrasto tra un provvedimento amministrativo e una direttiva non self-executing, l’autorità giurisdizionale competente deve applicare, in base ad una interpretazione adeguatrice, le norme della direttiva210, prescindendo dal fatto che il provvedimento giudiziario e potere amministrativo potrebbe raggiungere vertici altissimi; in dottina, si v. F. Sorrentino, La Costituzione europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, 2007, p.24. 204 Sul punto si v., TAR Sardegna, 29 marzo, n°549/2007; meno recentemente, TAR Veneto, sez, 9 novembre 1988, n°890, in I TAR, 1989,I,p.202. 205 In linea generale e sulla nuova qualificazione del principio di legalità, si v. D. BIFULCO, Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’art. 101. Comma 2 della Costituzione italiana, Napoli, 2008, p.127ss.; M. CATARBIA, M. GENNUSA, Le fonti europee e il diritto italiano, Torino 2009, p.52; P. De Luca, Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative contrarie al diritto comunitario, in Giustamm.it. 206 Si cfr. Corte cost., n° 80/2011. In dottrina, A. Negrelli, Il primato del diritto comunitario, e il giudicato nazionale: un confronto che si poteva evitare o risolvere altrimenti, in Riv. ital. dir. pubbl. com., 2008, 1216ss. 207 Cons. Stato, 26 febbraio 1992,sez.V, n°154. 208 Su questo punto, C.E. Gallo, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2001, p. 123 209 Si pensi all’ipotesi in cui, decorsi i termini previsti dalla legge per l’impugnazione dell’atto amministrativo anticomunitario, continuassero a circolare nell’ordinamento interno tutta una serie di disposizioni potenzialmente lesive di direttive comunitarie immediatamente precettive. 210 Tra le tante, CGCE, 10 aprile 1984, C-14/83, punto 26; CGCE, 22 maggio 2003, C-462/1999; CGCE, 27 ottobre 2009, C-115/08. Ultimamente, Cass.civ. SS.UU.sent. del 17/11/2008, n°27310; in dottrina si v., M. RUVOLO, Il giudice nazionale a confronto con la nozione d’interpretazione conforme e con la sua “particolare” applicazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Nuove autonomie, 2006, p. 249ss. 33 si fondi su norme interne precedenti o successive all’atto europeo. D’altro canto, la Corte di Lussemburgo è di nuovo recentemente ritornato sulla questione 211, e partendo dalle conclusioni a cui era arrivata nella sentenza Mangold212, ha precisato che, in virtù del primato del diritto comunitario, compito del giudice nazionale, anche se investito di una controversia tra privati, è principalmente di far rispettare il diritto comunitario, disapplicando la disposizione interna213e favorendo la migliore garanzia delle posizioni giuridiche soggettive. Non diversamente, si può sostenere che la stessa amministrazione, in base all’art. 10 Trattato CE, è tenuta ad interpretare la norma interna in conformità ai precetti derivanti dalla direttiva pur non direttamente applicabile, dovendo garantire innanzitutto i diritti dei singoli che essa potenzialmente protegge214. Del resto, consolidato orientamento giurisprudenziale215e autorevole dottrina216concordano ormai sul punto che anche le direttive non direttamente applicabili hanno immediata efficacia non soltanto nei riguardi dello Stato membro(efficacia verticale), ma anche nell’ambito dei rapporti tra i privati( efficacia orizzontale), quando esse non lasciano nessun margine di discrezionalità agli Stati membri per la loro attuazione e sono precise e dettagliate nella fattispecie astratta considerata.217 211 CGCE, 19 gennaio 2010, C-555/07. CGCE, 22 novembre 205, C-144/04 213 Sul punto cfr., Corte Cost., sent. n° 28/2010 214 Cons. Stato, sent. n° 3464/2009, punto 5 considerato in diritto. CGCE , 22 giugno 1989, C-103/88; CGCE, 17 dicembre 2009, C-586/08. 215 CGCE , 5 aprile 1979, C-148/78; CGCE, 13 settembre 1990, C- 106/89; CGCE, 19 novembre 1991 in cause riunite C- 6/90 e C- 9/90; CGCE, 14 luglio 1994, C-91/92 Faccini Dori. 216 Tra gli altri, F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 2002, p. 1327ss 217 Recentemente, CGCE , 17 dicembre 2009, C- 586/08. E’ significativo, a tal proposito, sottolineare gli effetti che potrebbero prodursi per il mancato adeguamento alla direttiva 2008/115/CE da parte della normativa nazionale in matera d’immigrazione clandestina. In concreto, uno dei capisaldi della legge Bossi-Fini sta nella parte in cui essa prevede che l’inosservanza dell’ordine di allontanamento del Questore entro 5 gorni da parte dello staniero precedentemente colpito da un provvedimento di espulsione, è punita con la reclusione sino ad un massimo di 4 anni. Ciò pero confligge con la direttiva suddetta.Quest’ultima, infatti, prevede delle misure di rimpatrio dell’immigrato più rispettose del principio della libertà personale dell’individuo, che culminano solo in estrema ratio in misure coercitive che si sostanziano nella permanenza degli immigrati presso gli istituti penitenziari per un tempo non superiore ai 18 mesi. La diversa procedura amministrativa di espulsione prevista dalla direttiva in esame- che non disciplina nessuna delle ipotesi di detenzione sine die finalizzata a rendere effettivo l’allontanamento dell’irregolare- ha già suscitato in alcuni tribunali forti reazioni. Per esempi, presso il Tribunale di Torino il giudice, assolvendo un irregolare per il quale il P.M. aveva richiesto 8 mesi di reclusione, ha ritenuto di disapplicare il provvedimento nazionale considerandolo illegittimo, in quanto in contrasto con la direttiva suddetta( ritenuta fonte superiore), senza nemmeno sollevare la questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale. 212 34 V) 1. segue: Il diverso regime in Francia. I problemi inerenti alla delicata operazione di traslazione della normativa comunitaria nel diritto interno si sono particolarmente manifestati in tutta la loro complessità anche nel sistema amministrativo francese218. E’ noto, infatti, quanto sia stato profondo e duraturo lo scontro che ha visto protagonisti da una parte il Conseil d’Etat e dall’altra la Corte di Giustizia “quant à la porteé des directives”219.Tuttavia, la prevalenza della normativa comunitaria su qualsiasi atto normativo interno è stata riconosciuta già dal 1984, anno in cui il giudice supremo amministrativo decise l’annullamento di un decreto di recepimento di una direttiva per non aver conseguito gli obiettivi prefissati dalla norma sovrastatale220.Successivamente, il Conseil d’Etat riconobbe la facoltà ad un cittadino leso in un diritto garantito da una direttiva comunitaria da parte di una disposizione normativa interna, la possibilità di adire direttamente il Tribunale amministrativo supremo per il ripristino della situazione soggettiva di vantaggio e per la conseguente condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno221. Se, quindi, le eventuali antinomie tra diritto comunitario e norme nazionali sono da tempo state risolte dal supremo giudice francese in favore della prevalenza del primo 222 , lo stesso non può affermarsi in riferimento ai contrasti che possono sorgere tra un atto amministrativo individuale ed una direttiva comunitaria. Per questa particolare fattispecie, il giudice in questione si era sempre rifiutato di pronunciarsi nel merito in virtù del principio secondo cui gli obblighi della direttiva sono da considerarsi effettivi nell’ordinamento dello Stato solo quando è conclusa la procedura di recepimento223. In particolare con la sentenza del 22 dicembre 1978-Cohn-Bendit, il Conseil d’Etat decise di non annullare un atto amministrativo individuale in contrasto con una direttiva, in quanto la genericità degli obblighi derivanti dalla norma europea non costituiva un parametro normativo preciso ed adeguato sul quale invocare un Sul punto si cfr. P. Pescatore, L’effet direct du droit communautaire, Pas. Lux, 1972, p. 12ss. B. Genevois, L’application du droit communautaire par le Conseil d’Etat , in RFDA, 2009; n°2, p.207. 220 CE, 28/09/1984, Confederazione nazionale delle società umanitarie in Francia e nei paesi Francofoni, n°28.467; CE, Federazione francese società di conservazione , nn° 41.971 e 41.972. 221 CE, 8/07/1991, Palazzi Lebon, n° 276; CE, 28/02/1992, Arizona produzione tabacco e HH Philip Morris Sa Francia, n° 87.753; CE, 20/05/1998, Communauté de communes de Barr, Lebon, 2001. 222 H. Ruiz Fabri, C. Grewe, « La constitutionnalisation à l’épreuve du droit international et du droit européen », in Les dynamiques du droit européen en début de siecle- études en l’Honneur di J.C. Gautron, Paris,, 2004. 223 C.E. ,11 juill. 1988, req. 50638. In dottrina, si cfr. L. J. Constantinesco, cit., p. 70 ; Simon , Le Conseil d’Etat et les directives communautaires: du gallicisme à l’orthodoxie? , In Rev. trim. dr. eur. , 1992. p. 265ss. 218 219 35 vizio per “execés de pouvoir” dell’atto224. Sulla scia di tale orientamento giurisprudenziale, il giudice francese ha continuato a non riconoscere i danni provocati ad un privato da un atto amministrativo adottato in violazione di una direttiva non selfexecuting, nonostante a più riprese la giurisprudenza comunitaria si fosse pronunciata diversamente225. Significative a tal proposito sono diverse decisioni nelle quali si era affermata la superiorità della Costituzione francese sul diritto comunitario226. Basti pensare al caso in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronunciò227 su di un precedente giudicato del Conseil d’Etat che aveva rigettato il ricorso di una società la quale chiedeva il rimborso di un’imposta pagata, la cui esenzione era prevista da una direttiva comunitaria. La Corte, accertata la violazione, intimò (vanamente) all’Amministrazione francese la restituzione della somma con i relativi interessi, ma la posizione del giudice francese fu irremovibile sul fondamento dell’assenza di una normativa interna di attuazione della direttiva comunitaria228.Tale orientamento è stato tuttavia abbandonato progressivamente dal Giudice francese 229. I primi segnali di una inversione di tendenza si ebbero quando si decise l’annullamento di un atto amministrativo individuale fondato su di un decreto dell’esecutivo a sua volta contrario ad una direttiva non ancora trasposta230. Il supremo giudice amministrativo, nonostante si trovasse un quadro normativo che ignorava la trasposizione della direttiva, annullò l’atto interno sulla base di un’interpretazione sistematica di precedenti decisioni in materia. Ciò ha significato, in sostanza, che il Conseil d’Etat pur rimanendo rispettoso dei principi della giurisprudenza nazionale che non prevedeva l’“invocabilité de substitution”, ha voluto, tuttavia, garantire il principio della supremazia del diritto comunitario che impone l’obbligo di attuare gli effetti delle direttive anche non trasposte231. Con la sentenza del Conseil Constitutionnel del 10 giugno 2004 nella quale si stabilisce, mediante una innovativa interpretazione dell’art. Sul punto, T. Farra, L’invocabilité des directives communautaires devant le juge national de la légalité,in Rev. tr. dr. eur.,1992,p. 653. 225 Tra le tante,CJGE. . sent. 4 dicembre 1974, C-41/74 – Van Duny,; CGCE, sent.23 maggio 1996Hedley Lomas, 23/05/1996, cit. In dottrina, B. Tabaka, Directives communautaires: vers la reconnaissance de l’effet direct? , in Rev. de l’ actualité juridique française, Paris, 1999. 226 CE, 7/03/1994, n°114; CE, 3/12/2001, n°226.514. 227 CEDU, 16 aprile 2002, n°366677/97, Dangeville c/France. 228 D. Trouchet, Playdoier pour une cause perdue, in Act.jur. Dr. Adm., 2005, p.1767 ; D. Ginocchi, Droit communataire, in Dir. pubb.2009, n°3, p. 973 229 Si cfr. CE, dec. 30/10/1996; CE, dec. 9/04/1999 ; in dottrina, P. Cassia, L’invocabilitè des directives communautaires devant le juge administratif : la guerre des juges n’a pas eu lieu, RFDA, 2002, p. 20 230 C.E., Ass., 6 /02/1998. 231 F. Raynaud, P. Fombeur, Note sur C.E., Ass., 6 febbraio 1998. in Act. jur. dr. adm, 1998,p. 406ss. 224 36 88 Cost., da una parte, che la trasposizione corretta e dettagliata del direttive 232 deve considerarsi un obbligo di natura costituzionale per tutti gli operatori nazionali233, dall’altra, il riconoscimento alla Corte di Giustizia dell’esclusiva competenza234 del sindacato di legittimità delle direttive comunitarie235, inizia anche per lo stesso Conseil d’Etat un diverso orientamento giurisprudenziale. Nel 2007, infatti, con la citata sentenza Arcelor236, il giudice francese237 sottolinea chiaramente che la “trasposizione” deve intendersi come un’ operazione mediante la quale lo Stato deve adottare le misure necessarie affinché il contenuto normativo della direttiva europea s’integri perfettamente nell’ordinamento interno238. Tale orientamento, ribadito anche in una successiva decisione 239 in cui il Supremo giudice francese si è spinto anche a tracciare “ les modalitès du controle d’une directive communautaire et des normes nationales qui assurent la transposition”,240 assicurando così una “cohabitation plus pacifique avec le droit communautaire” 241 , ha trovato un ulteriore sviluppo nella recente sentenza del 30 ottobre 2009, n° 298.348. In essa il Conseil d’Etat ha riconosciuto ad un privato cittadino la facoltà di ricorrere contro un provvedimento amministrativo lesivo di un proprio interesse protetto invece da una direttiva europea non trasposta nei termini previsti. Con tale statuizione si è riconosciuta per la prima volta l’efficacia delle norme di una direttiva comunitaria nel sistema amministrativo francese anche in caso di mancata attuazione della stessa.242. Da tali argomentazioni si 232 Obbligo che si evince da una letture combinata degli articoli 55 e 88 della Costituzione, come successivamente confermato dalla sentenza n° 2006-540 del 26 luglio 2006. 233 Conseil d’Etat, Pour une meilleure insertion des normes communautaires dans le droit national, Paris, 2007. 234 J.P. Camby, Le droit communautaire est-il soluble dans la Constitution ?, in Rev. dr. pub., 2004, p. 2004, p. 883 235 Sull’interpretazione dell’art. 88 Cost., si cfr. J. Arrighi De Casanova, La décision n°2004-496 DC du 10 juin et la hiérarchie des normes, in Actuel. Jur. Dr. Adm. 2004, p. 1536ss. B. Genevois, Le Conseil Constitutionnel et le droit communautaire dérivé, cit. p. 656. 236 M. Guyomar, Le controle de constitutionnalité d’un règlement transposant une directive communautaire, RFDA, 2007, ,p.384ss. 237 CJCE., sent. 4 luglio 2006, C-212/04. 238 Si cfr. anche, CE 4/06/2008, Syndicat national des professionnels des activés nautique, req. n°292102. 239 Ce, 10 aprile 2008, Conseil national des Barreaux, n°296845. Sul punto si cfr. M- Guyomar. Les rapports entre droit communautaire, droit de la convention européenne et droit interne : à propos du secret professionnel des avocats, RFDA, 2008, p. 575 240 F. Lenica, J.Boucher, Le juge administratif et le statut constitutionnel du droit communautaire dérivé, AJDA, 2007, p. 582. 241 S. Bot, L’aggiornamento du Conseil d’Etat: entre modernité et tradition, in Rev. dr. pub., n°5-2010, p. 1300. 242 Dopo esattamente 30 anni il Conseil d’Etat si allinea alle posizioni assunte dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 5 aprile1979, C-148/78. Si sottolinea che “la reconnaissance de l’effet direct revétirait une toute autre portée: elle permettrait au juge de faire lui-meme immédiatement. A titre curatif, une application au litige de la règle communautaire invoqué: C’est là que réside toute la portée, toute l’utilité de l’invocabilitè d’exclusion”. 37 può pervenire alla conclusione che in Francia, come in Italia, la violazione delle prescrizioni delle direttive non self executing da parte di provvedimenti amministrativi nazionali integra il vizio di “exces de pouvoir”, obbligando così lo Stato a prendere tutte le misure necessarie per un’effettiva integrazione delle direttive nell’ordinamento interno. L’assunto del Conseil d’Etat, tuttavia, non rinuncia a prevedere dei limiti agli effetti diretti delle direttive non self-executing, sulla falsariga di quanto precedentemente affermato dalla giurisprudenza comunitaria. Da una parte, infatti, esse non disciplinando i rapporti tra privati , non creano in capo a quest’ultimi diritti da vantare rispetto alle autorità pubbliche243; dall’altra, le disposizioni invocate “doivent etre précises et non conditionnelles”244. Ciò ci induce ad affrontare una problematica che risulta centrale nel processo d’integrazione europea della Francia ossia l’individuazione delle misure sanzionatorie245 da attivare a fronte di una mancata o parziale trasposizione di una direttiva comunitaria246. L’annullamento dell’atto interno anticomunitario, nonostante conforme alle regole che disciplinano il processo (impugnatorio) amministrativo francese, è risultato uno strumento inadeguato per la tutela dei privati , in quanto in una visione ancora oggettiva del processo, ad esso non sempre si è fatto seguire provvedimenti ingiuntori.247 Tanto è vero che, con la sentenza Perreux248 il supremo giudice amministrativo ha riconosciuto la responsabilità dello Stato francese nei riguardi dell’U.E. per la violazione diretta di una direttiva comunitaria da parte di un provvedimento amministrativo, provocando una evidente rottura rispetto alla consolidata giurisprudenza249che è seguita alla sentenza “Cohn-Bendit”250. La consacrazione dell’effetto verticale “ascendant” della direttiva nell’ ordinamento francese, tuttavia, restringe considerevolmente in futuro 243 Favorendo così la netta distinzione che tuttora esiste in dottrina tra diretta applicabilità ed efficacia diretta del diritto comunitario, essendo la prima nozione limitata alla risoluzione delle possibili antinomie tra norme statali e norme comunitarie, la seconda ,invece, rilevandosi quale criterio di disciplina dei rapporti tra privati con valore erga omnes. 244 C.E.,n°298.3478, cit. Si v. S. Bot, cit. p. 1302. 245 C. Ferrari- Breeur, La giurisdizione amministrativa in Francia. Evoluzioni e tendenze attuali, in Diritto e processo amministrativo, n°2/09, Milano, p. 428. 246 G. Alberton, L’applicabilité des normes, cit. , p. 6 247 Cfr. A. Levade, Le Palais-Royal aux prises avec la constitutionnalité des actes de transposition des directives communautaires, in Rev. fr. adm., 2007, p. 564. Si v., inoltre, C. Debbasch, F. Colin, Droit administratif. Paris, 2007, p.502 ; G. Marcou, Caractères généraux et évolution de la juridiction administrative en Europe occidentale, RFDA, 2006, p. 84ss. 248 C.E., 30 ottobre 2009, req. 298348. 249 P. Cassia, Une nouvelle étape dans l’Europe des juges. L’effet direct des directives devant la juridiction administrative française, RFDA, 2009, p. 1146. 250 Actes du Colloque « La justice administrative en Europe », 16 mars 2007 à la maison du Barreau, Paris, RFDA, 2008, p. 225ss ; Contra, M. Gautier, O tempora, o mores….Le Conseil d’Etat et les directives communautaires, in Dir. adm., 2009, p.22-23 38 l’ambito di operatività del giudice amministrativo nazionale. In effetti, per quest’ultimo sembrano attualmente delinearsi solo tre possibili scenari: il giudice nazionale, a fronte di una mancata trasposizione di una direttiva comunitaria contenente la tutela di un diritto costituzionalmente garantito da parte di un atto interno, deve solo attivarsi per la ricerca di una norma comunitaria che assicuri al privato la medesima protezione garantita dalla norma costituzionale251. Al contrario, se la direttiva precisa e dettagliata assicura la stessa tutela al privato garantita dalla Costituzione francese, il controllo del giudice amministrativo si sposta sull’atto interno che traspone la direttiva252, dovendone valutare la conformità al diritto dell’U.E. ovvero in caso di dubbio attivare la questione pregiudiziale di validità alla Corte di Lussemburgo. Infine, solo nel caso, peraltro recentemente verificatosi253, in cui una norma comunitaria non garantisse al privato una pari protezione giuridica alla stregua delle regole interne costituzionali, è rinvenibile un controllo di legittimità da parte del Conseil d’Etat, che si esercita prima sul provvedimento amministrativo attuativo254 e poi di riflesso sulla direttiva255. In generale, è chiaramente percepibile come l’esperienza comunitaria in Francia, pur assumendo aspetti significativi, si sostanzia ancora per alcune posizioni distanti tra la Corte di Giustizia e il Conseil d’Etat. Quest’ultimo, pur avendo sottolineato la centralità del ruolo del giudice nazionale nella risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto europeo, rifiuta di accettare un sistema di controllo di compatibilità comunitaria, che interamente affidato ai giudici comuni, solleverebbe il legislatore statale dall’arduo compito di assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari. 251 In Tal senso, J. Boucher, B.Bourgeois-Machureau, Note sur C.E., 10 aprile 2008, Conseil national des barreaux et autres, in Actuel. dr. adm. ,2008, p. 1089ss. 252 Si cfr. X. Magnon, La sanction de la primauté de la Constitution sur le droit communautaire par le Conseil d’Etat, in Rev. fr. dr. adm., 2007, p. 581ss. L. Coutron, La lente conversion du Conseil d’Etat, cit. p. 1417. 253 Nella sentenza del 9 novembre 2010, Cause riunite C-92 e C-93/09, Schecke e Eifert c. Land Hessen, la Corte di Giustizia ha dichiarato per la prima volta l’invalidità di alcune norme contenute nel Regolamento del Consiglio n. 1290/2005 e nel Regolamento della Commissione n. 259/2008 in quanto in contrasto con gli art. 7 e 8 della CEDU. 254 A tal riguardo si v. Cour Cass. 16 aprile 2010, n° 10-40002 .CJCE.,dec., 19 gennaio 1982, C-8/81 e del 26 febbraio 1986, C-152/84. 255 Sul punto si v. Y Aquila, La justice administrative un modale majoritaire en Europe, AJDA, 2007, p. 290ss; A. Perrin, Que reste-t-il de l’autonomie procédurale des Etat membres ?, in Rev. dr. pub., Paris, 2008, n°6, p. 166. Inoltre, si cfr. CJCE, 9/11/10, C-92/09 e C-93/09; CJCE, 5/10/10, C- 400/10. 39 VII) L’esercizio del potere di riesame degli atti amministrativi in contrasto col diritto comunitario : le diverse prospettive in Italia e in Francia. La tematica dei rapporti tra gli atti amministrativi nazionali e il diritto comunitario non può dirsi esaurita se non si considerano i problemi inerenti al potere discrezionale di autotutela dell’amministrazione a fronte di un atto nazionale in contrasto con il diritto comunitario. Come è noto, la natura discrezionale di tale potere è stata più volte ribadita da una consolidata giurisprudenza nazionale256, che ha ritenuto che l’amministrazione, nel riesaminare i provvedimenti precedentemente adottati, deve valutare “da un lato, la gravità della violazione ed il relativo interesse dell’ordinamento alla sua eliminazione e, dall’altro, gli affidamenti ingenerati nei privati e l’interesse pubblico sotteso alla conservazione dell’atto”257. Se la questione a livello di diritto interno258 non lascia nessun margine di discussione, perplessità di ordine sistematico e dogmatico permangono in relazione al quesito, peraltro sollevato sia da autorevole dottrina259sia da significative decisioni giurisprudenziali260; se i suddetti principi debbano essere o meno considerati insuperabili anche di fronte ad una accertata illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo nazionale261. Partendo dall’assunto della responsabilità dello Stato membro nella sua unitarietà per violazione del diritto comunitario262, indipendentemente dall’organo che si rende responsabile dell’infrazione, la Corte di Lussemburgo, ha, ribadito che, ai sensi dell’art. 10 del Trattato CE, l’autorità amministrativa competente è tenuta a riesaminare propri provvedimenti amministrativi qualora essi risultassero fondati sull’erronea attuazione 256 Tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998 n° 918; Tar Abruzzo, 24 luglio 2006 n° 611; Cons. Stato, 14 febbraio 2003 n° 808; Cons. Stato, 17 aprile 2009, n° 2336. 257 Così G.Contaldi, Atti amministrativi, cit. p. 761. 258 F. Cammeo, Corso di diritto amministrativo, rist. Cedam, 1992; F. Benvenuti, voce Autotutela ( dir. amm.) in Enc. Dir. , IV, Milano, 537 ss; G. Montedoro, Il giudizio amministrativo, cit.p525ss. E. Castorina, “Certezza del diritto “ e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, in Riv. ital. dir. Pub. com. , 1998, 1177; A. Contieri, Il riesame del provvedimento amministrativo alla luce della legge di riforma n°15/2005. Prime riflessioni, in La nuova disciplina dell’attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, a cura di Clemente Di San Luca, Torino, 2005. 259 M.P. Chiti, Le peculiarità dell’invalidità, cit. 495ss; G. Contaldi, Atti amministrativi, cit. p. 760 260 Fra tutte la recente ordinanza della Corte di Cassazione a sezione unite del 13 giugno 2006 n° 13659, nella quale si è stabilito la non necessaria sussistenza della relazione tra l’azione ad ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo e la richiesta di risarcimento dei danni procurati dall’ amministrazione. Ne consegue che, il privato può ricorrere direttamente all’autorità competente al fine di ottenere una condanna dell’amministrazione che ha compiuto l’infrazione, eludendo il presupposto della c.d. pregiudiziale amministrativa. 261 R. Garofoli, Annullamento di atto amministrativo contrastante con norme CE self -executing, in Urb. app. 1998, p. 1342 ss; 262 G. Contaldi, ibidem 40 della norma comunitaria.263Ciò porta a considerare come la soluzione seguita dalla giurisprudenza comunitaria si fondi sul presupposto che, a fronte di una palese anticomunitarietà dell’atto, l’attività di riesame tende a ridursi notevolmente al punto che l’annullamento del provvedimento è da considerarsi strettamente vincolato264, indipendentemente dalla valutazione dell’assetto degli interessi pubblici e privati265. In questo quadro di riferimento, l’annullamento d’ufficio266, risulta spesso la chiave di volta di molte situazioni di illegittimità comunitaria altrimenti difficilmente risolvibili, a tal punto che la funzione dell’annullamento in autotutela consisterebbe, più che nel rispondere ad esigenze di legalità, “nell’adempimento di un preciso obbligo internazionale legittimamente assunto dallo Stato italiano alla stregua dell’art. 11 Cost”.267 Certo occorre non dimenticare che segnali favorevoli alla conservazione della natura discrezionale del potere di riesame dell’atto amministrativo sono riscontrabili in qualche non recente pronuncia dei giudici nazionali 268 , che , in 263 CGCE, 13 gennaio 2004, C- 453/2000, nella quale sentenza, tuttavia, si puntualizza che il riesame della decisione già adottata è strettamente vincolata al verificarsi di quattro condizioni : 1) la facoltà dell’amministrazione del potere di di ritornare su tale decisione mediante il diritto nazionale; 2) Il carattere definitivo delle decisione in seguito ad una sentenza in ultima istanza; 3) l’erronea interpretazione del diritto comunitario della decisione in questione in violazione dell’art. 267 TFUE; 4) l’organo amministrativo è stato adito immediatamente dopo che l’interessato sia venuto a conoscenza della giurisprudenza in materia.. A tal riguardo, si v. nota di R. Baratta, Sull’erronea interpretazione del diritto comunitario in applicazione della teoria “dell’atto chiaro”, in Giust. civ. 2004, p. 865 ss. R. Giovagnoli, L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario: il regime giuridico e il problema dell’autotutela decisoria, In Giust. amm. 2004, 909-910. Sul punto si v. anche CGCE, Kobler,cit.. 264 M. Lo Gullo, Giudicato nazionale, diritto comunitario e autotutela amministrativa, in Studium Iuris, 10/2009, p. 1056. 265 In tal senso, T.A.R., Sicilia, sez. II, n°2049/2007; Cons. Stato, sez. IV, sentt. , 18/01/96, n° 54 e 5/06/98, sez. IV, n°918. In dottrina si cfr. le posizioni di A. Mondini, Autotutela : Il riesame della Corte rende necessario il riesame amministrativo, in Guida al diritto, 2004, p.111. P.De Luca, Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative contrarie al diritto comunitario, in Giust.amm., 2009, n°2, p.178-179; R. Garofoli, Concessione di lavori: discrezionalità del potere di annullamento d’ufficio e vincoli comunitari, in Urb. app., 1998, 1334 ss., quest’ultimo autore afferma che l’istituto dell’annullamento d’ufficio s’impone alla P.A. nel caso di accertata violazione dei principi comunitari da parte di atti nazionali , dato che sia l’interesse pubblico che le motivazioni preferibili rispetto alla conservazione dell’atto , si ricavano direttamente dalla natura stessa del vizio che invalida l’atto. Contra, S.Valaguzza, La concretizzazione dell’interesse pubblico nella recente giurisprudenza amministrativa in tema di annullamento d’ufficio, in Dir. proc. amm., 2004, 1245 ss. Si v. inoltre, Cons. Stato ,sez. IV, 18 gennaio 1996, n°54. 266 Cfr. F. Caringella, L’annullabilità dell’atto amministrativo alla luce della legge di riforma del procedimento, in Diritto e formazione, 2005, n°2. Dello stesso autore, Affidamento e autotutela: la strana coppia, in Riv. it. dir. pubbl.com. ,2008, p. 425ss; G. GRUNER, L’annullamento d’ ufficio in bilico fra i principi di preminenza e di effettività del diritto comunitario, da un lato, e di principi della certezza del diritto e dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dall’altro, in Diritto proc. amm., 2007, n° 2, p.241ss. 267 Così, A. Barone, nota a Cons. Stato, sez. I, parere 9 aprile 1997, n° 372/97, in foro it., 1999,III, p.334. Corte dei Conti, sez. I, 2 aprile 1997, n°372. 268 TAR Lazio,III, 7 ottobre 1996, n° 1834; TAR Toscana , sez.II, 20 marzo 1996, n°156; TAR Abruzzo L’Aquila, 20 novembre 1996, n°598; Cons. Stato, sez.I, 9 aprile 1997, n°372. Corte dei Conti, sez.I, 2 aprile 1997, n°372. 41 sostanza, hanno anticipato quanto poi ha previsto il legislatore di riforma in materia. In effetti, la legge n° 15 del 2005 all’art. 21 nonies, ha ribadito che l’annullamento d’ufficio di un provvedimento illegittimo da parte dell’amministrazione può aversi quando emergano, entro un termine ragionevole, evidenti e sostanziali ragioni di interesse pubblico, tenendo conto della ponderazione degli interessi primari e secondari dei destinatari269e dei controinteressati270. Dalle decisioni del giudice nazionale e dalla disposizione legislativa di cui sopra, si evincerebbe, viceversa, che anche per l’atto viziato di anticomunitarietà la rimozione in via amministrativa è subordinata alla valutazione dell’interesse pubblico, alla ponderazione dei principi di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento, del resto valori presenti e mutuati anche dall’ordinamento comunitario271. Ma la prudenza, che pur aveva caratterizzato la Corte di Lussemburgo nella menzionata sentenza Kuhne § Heitz272, nella quale si stabiliva che il riesame dell’atto nazionale anticomunitario era condizionato da determinati principi, quali quello di proporzionalità e di affidamento ,273 si è notevolmente attenuata nel luglio del 2007, quando la Corte di Giustizia274,dinnanzi ad una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, ha statuito che il 269 Si v. CGCE, 7 gennaio 2004, C-201/2002; in dottrina, tra gli altri, D.U. Galetta , I provvedimenti di riesame, in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli, Napoli, 2006, p.339; D. De Pretis, L’illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo definitivo, certezza del diritto e potere di riesame, in Gior. dir. amm. 2004, 723-724. 270 C’è da segnalare, tuttavia, che in qualche circostanza la stessa Corte europea è sembrata orientata a non prevedere nessun vincolo assoluto nell’ an dei procedimenti in esame di fronte ad atti in palese contrasto col diritto comunitario ma tuttavia inoppugnabili; a tal riguardo, si v. CGCE, 26 febbraio 1987, C-15/85. In dottrina, si v. E. Cannada Bartoli, Sulla discrezionalità dell’annullamento d’ufficio, in Rass. dir. pubb. 1949, p. 562ss. 213 CGCE , 13 dicembre 1979, C-44/79; Cons. Stato,sez.V, n°54/96, in Foro italiano, 1996,III; Cons. Stato, 13 marzo 2000, n° 1311. Si v. a tal riguardo il contributo di N. Pignatelli, Legalità costituzionale ed autotutela amministrativa, in www.giustiziaamministrativa.it , il quale sottolinea come il parametro di legittimità rappresentato dalla norma comunitaria costituisce una sorta di legalità “ulteriore”. 272 Si cfr la posizione di A. Negrelli, Il primato del diritto comunitario, cit, 1233ss. 273 Va comunque segnalato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha sempre tenuto in sostanza un atteggiamento molto restrittivo riguardo alla tutela del legittimo affidamento, favorendo generalmente l’affermazione dei principi comunitari rispetto anche alle stesse esigenze della certezza del diritto. Si v. a tal proposito CGCE, sent. Arcor, cit.. Si cfr. in dottrina, A. Tonetti, I poteri amministrativi comunitari in materia di aiuti di Stato, in Riv. trim. di dir. pubbl., 2007; D. De Pretis, Illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo definitivo, certezza del diritto e potere di riesame, in Gior. di diritto amm., 2004, n°7, 723 ss.; G. Gattinara, Il ruolo delle pubbliche amministrazioni nazionali alla luce della sentenza Kuhne & Heitz, in diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2004, n°2, 489. D.U. Galetta, La proporzionalità quale principio generale dell’ordinamento, in Gior. dir. amm. 2006, n°10, p.1106. 274 CGCE ,18 luglio 2007, C- 199/2005.In dottrina , tra gli altri, P. Biavati, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto comunitario, in Rassegna tributaria, 2007, 1592 ss. C. Consolo, La sentenza Lucchini della Corte di Giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in specie del nostro?, in Rivista di diritto processuale , 2008, p.225 ss . E. Fontana, Qualche osservazione in margine al caso Lucchini. Un tentativo di spiegazione, in Diritto del commercio internazionale, 2008,193 ss. 42 giudicato interno non deve costituire ostacolo all’obbligo dello Stato di attivare le procedure necessarie ad ottenere la ripetizione di un aiuto ritenuto illegittimo in sede sovranazionale 275. Da tale orientamento si evince che l’intangibilità del giudicato non è da considerare più un principio assoluto e inviolabile 276 . In effetti, pur volendo considerare la specificità della materia, sembra difficile ricondurre quanto statuito dalla sentenza Lucchini al solo settore degli aiuti di Stato277. E’ doveroso ricordare che la Corte europea in questa sentenza, non fissando nessun termine perentorio entro il quale il soggetto richiedente debba presentare la domanda di riesame, lascia aperta la porta a che successivi e rilevanti principi in materia incidano su decisioni si passate in giudicato. In quest’ottica, è da leggersi anche la recente sentenza Kempter278 della Corte di Lussemburgo la quale, disponendo che l’obbligo del rinvio pregiudiziale vincolante i giudici nazionali non può dipendere solo dalla volontà o meno delle parti che ne fanno espressa richiesta, introduce di fatto la regola che lo stesso giudice nazionale può, in taluni casi, d’ufficio sollevare la questione sulla base di una violazione del diritto comunitario. Tali argomentazioni contribuiscono a rafforzare la tesi secondo la quale, anche in materia di poteri di autotutela decisoria, sussistono fattispecie particolari per le quali l’obbligo di procedere non è riconducibile ai soli casi strettamente previsti dalla legge, ma anche a ragioni di giustizia ed equità che impongono, in ogni caso, l’adozione del provvedimento279. Alla luce di tali considerazioni, ben si può affermare che il potere di ritiro degli atti amministrativi in violazione del diritto comunitario si pone principalmente come l’adempimento di un preciso obbligo internazionale del nostro Stato280, rispetto al quale può soccombere anche un principio rilevante quale la stabilità dei rapporti giuridici281. Ciò ci porta a 275 L. Saltari, La legalità comunitaria, cit. p.478. M.G. Pulvirenti, Intangibilità del giudicato, cit.,d p. 346 ss. 276 Si v. Capotorti, voce Processo comunitario, in Enc. dir. , XXVI, Milano 1987, p. 855-856. 277 F. Ferraro, Responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, Milano, 2008, p. 45-46; contra, P. De Luca, Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative contrarie al diritto comunitario, in Giur. amm. ,2009, n°2; G. Amoroso, Diritto comunitario vs. giudicato interno. La sentenza Lucchini ad un triennio dalla sua emanazione, in Rass. dir. pubb. eur.,n.1,2011. 278 CGCE,12 febbraio 2008, C- 2/2006. 279 Su questo punto si espresso anche,Cons. Stato,sez. V, 15 marzo 1991, n°250. Più recentemente, Cons. Stato, 11 ottobre 2005, n.° 5526; Cons. Stato Sez. V, 31 dicembre 2008, n° 6735; Cons. Stato Sez. VI, 23 aprile 2009, n°2510. 280 Si v. Cons. Stato.,sez.V, ,8 settembre 2008, n° 4263, la cui decisione si presta a molteplici considerazioni. 281 Si cfr. CGCE, 16 marzo 2006, C-234/04, nella quale, al contrario, si è stabilito che la sola violazione del diritto comunitario non implica il potere/obbligo del giudice nazionale di riesaminare e di annullare una sentenza passata in giudicato. In dottrina, N. BASSI, Mutuo riconoscimento e tutela giurisdizionale, Giuffrè, 2008. 43 considerare che, anche in ambito nazionale282, comincia a farsi strada l’ipotesi che i procedimenti di riesame della Pubblica amministrazione283, caratterizzati tutti da un grado più o meno alto di discrezionalità, debbano essere oggetto di una rivisitazione di carattere generale rispetto ai modelli finora tradizionalmente seguiti284. Di qui la conclusione, che il potere di autotutela decisoria della Pubblica amministrazione - a fronte di un atto amministrativo anticomunitario - deve presentarsi, in determinate situazioni, “con caratteri assai prossimi all’esercizio di una funzione di controllo”285. E’ stato osservato da autorevole dottrina286come la Corte di Lussemburgo, a fronte di un immobilismo estremo rappresentato dalle giurisdizioni nazionali, individui proprio nelle autorità amministrative una sorta di “longa manus” di se stessa, pronte ad accogliere le nuove situazioni di fatto createsi che sostanzialmente mettono in discussione le decisioni precedentemente assunte dai giudici nazionali e cristallizzate nel giudicato. Ad ulteriore conferma di quanto appena detto e sulla scia delle sentenze precedenti, va segnalata la significativa recente decisione della Corte di Giustizia287, la quale sembra prospettare in futuro un nuovo ed interessante scenario nell’ambito dei rapporti tra Comunità e Stati membri, se è vero che essa, a differenza della sentenza Lucchini, appare applicabile a tutti i casi nei quali si è in presenza di un conflitto tra norma comunitaria e norma interna288. In particolare, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la rettifica di una dichiarazione iva imposta dall’Amministrazione finanziaria al curatore fallimentare di una società era stata investita la Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla suddetta Amministrazione avverso due decisioni ,passate ormai in giudicato, delle Commissioni 282 Cons. Stato, sez.IV, 1 aprile 1980, n.380; Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 1991, n.°250; Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2005, n.°3909. In senso diverso, TAR Latina, 4 /09/07, n°631. 283 Si cfr.Corte Cost. sent. n°75/2000,in Giur. cost. ,2000, p. 810 ss, con nota di F. Scoca, Una ipotesi di autotutela amministrativa impropria; recentemente Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009, n° 5621. Sul punto si cfr. anche F. Goisis. L’annullamento d’ufficio dell’atto amministrativo per illegittimità comunitaria, in diritto amministrativo, p. 442ss. Va osservato, inoltre, che il principio generale, secondo cui l’annullamento d’ufficio deve comunque essere sorretto da ragioni d’interesse pubblico attuali e preminenti, non trova sempre applicazione qualora il potere decisorio in esame non incida sul legittimo e consolidato affidamento di un privato. 284 Cons. Stato, 11 ottobre 2005, n.°5526; Tar Lazio-Roma, sez. II-ter, 20 febbraio 2006, n.°2883; CGCE, 23 maggio 1996, C-5/94, in Racc.1996, p. I-2604, con nota di R. Caranta, Illegittimo diniego di autorizzazione all’esportazione e responsabilità della Pubblica amministrazione alla luce del diritto comunitario, in Riv. dir. pub. com.,1996; E.L.D’Ancona, cit., p. 574.ss. 285 E. Casetta, Manuale, cit. p. 503. 286 G. Greco, Il diritto comunitario cit., 1/1993. 287 CGCE, l 3 settembre 2009- C-2/08, paragrafi 12,13,15,17. 288 Si ritiene che la sentenza Olimpiclub potrà essere in futuro un valido strumento di tutela a favore di tutti i contribuenti che ritengono determinate disposizioni del fisco in violazione della normativa comunitaria. 44 tributarie di primo e secondo grado del Lazio289, nelle quali si stabiliva che nessuna azione fraudolenta potesse essere rilevata a danno della società ricorrente a fronte di avvisi di rettifica iva di annualità diverse ma rilevati nello stesso accertamento fiscale290. La Corte Suprema, con ordinanza del 10 ottobre del 2007 sollevava davanti alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale,chiedendo di sapere se un provvedimento giurisdizionale poteva definirsi definitivo ai sensi dell’articolo 2909 c.c , anche qualora fosse fondato su di una interpretazione di norme comunitarie in contrasto con il diritto comunitario 291 . I giudici di Lussemburgo, ritenendo riscossione dell’iva una risorsa fondamentale per la stessa la Comunità, hanno sottolineato come l’applicazione del principio della certezza del diritto, di cui all’art. 2909 c.c. in materia fiscale fosse di ostacolo all’attuazione del diritto comunitario, non già in nome del primato del diritto comunitario, bensì in base ai più concreti criteri dell’effettività e di equivalenza delle posizioni soggettive292. Le ragioni che inducono ad affermare, alla luce delle ultime sentenze della Corte di Giustizia, che il primato del diritto comunitario si applica anche ai poteri in autotutela delle amministrazioni in Italia, non sembrano ancora capaci di offrire una soluzione definitiva nell’ordinamento francese. Varie, infatti, sono le motivazioni a riguardo che ci fanno propendere per un diverso approccio al problema. In primo luogo, c’è da segnalare che in mancanza di una legge generale sul procedimento293, il rapporto tra giurisprudenza amministrativa e Pubblica amministrazione si presenta meno conflittuale rispetto al sistema italiano294: ciò deriva dal fatto che l’istituzione dell’amministrazione pubblica gode nel paese ancora di un significativo rispetto. Così il Conseil d’Etat molto prudentemente, ritenendo che il ritiro degli atti amministrativi anticomunitari non possa costituire un mero pretesto per sovvertire le tradizioni giuridiche nazionali295, ha escluso sia la revoca di provvedimenti legittimi sia la giustiziabilità dell’interesse dell’amministrato proteso verso l’annullamento d’ufficio 289 Comm. Trib. Lazio, sent. nn°138/00 e 67/03. A loro volta, le Commissioni tributarie del Lazio hanno ritenuto che ,nel caso in specie, a fronte di un contratto di comodato pienamente lecito e inoppugnabile fosse il principio dell’intangibilità del giudicato a farsi preferire rispetto a quello summenzionato della frammentazione del giudicato. 291 Cfr, CGCE, 30 settembre 2003, C-224/01, cit. e CGCE,16 marzo 2006, C- 234/04, cit.. 292 E’ principio ormai consolidato che le sentenze pregiudiziali della Corte di Giustizia non solo vincolano lo Stato membro in quanto fonte comunitaria, ma assumono nell’Ordinamento interno il valore di precedente giudiziario i cui principi non sono derogabili dalle amministrativa, cit. 1195. Contra, L. Bertonazzi, Illegittimità comunitaria e annullamento d’ufficio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Dir. proc. amm. , 4/2010, p. 1485. 293 R. Chapus, Droit administratif général, Montchrestien, 2001, p. 1074. 294 B.G. Mattarella, I rapporti tra amministrazione e cittadini in Francia, Gior. dir. amm., 2001, p. 20ss 295 Si v. C.E., Ass., 30 novembre 1990, Le Verts. 290 45 di un atto amministrativo non impugnato nei termini previsti, in quanto lesivi del principio di certezza del diritto296. In secondo luogo, come prevalente dottrina e consolidata giurisprudenza confermano297, il principio di “confiance lègitime” si ritiene derivi direttamente dal principio di certezza giuridica298. Ne consegue che il legittimo affidamento non trova applicazione nell’ordinamento giuridico francese “ que dans les cas où la situation juridique dont à connaitre le juge adminitratif français est régie par le droit communautaire”299. Infine, bisogna considerare la diversa logica che ancora divide i due sistemi amministrativi: quello comunitario, propenso a far prevalere l’interesso pubblico rispetto al consolidamento dei rapporti giuridici, il modello francese caratterizzato dall’esigenza di tutelare principalmente le posizioni soggettive che nascono dalla categoria degli atti che, definiti “creatori di diritto”, sono ritirabili solo se ne è accertata l’illegittimità ed entro un perentorio termine300. La principale conseguenza di questo stato di cose è che il giudice francese, mediante la sua “giurisprudenza legislatrice”, ha delineato una disciplina del modello di autotutela decisoria nella quale istituti quali la revoca o l’annullamento d’ufficio non dipendono assolutamente, come in Italia, da presupposti di ordine soggettivo( si pensi all’incidenza che in Italia ha la c.d. buona fede), ma viceversa da valutazioni essenzialmente di fatto. Ciò impone di considerare, nonostante la recente sentenza Olimpiclub301, le oggettive difficoltà che incontrerà il diritto comunitario nell’affermare il proprio primato nell’ambito della disciplina in esame in un sistema amministrativo in cui il modello procedimentale ancora si fonda essenzialmente sull’atto amministrativo e sulla procedura del contenzioso302. Risulta, quindi, che le argomentazioni espresse nella suddetta sentenza dai giudici di Lussemburgo dalle quali si evince che la tutela delle legittime aspettative dei privati dovrà essere garantita principalmente dalla Pubblica amministrazione attraverso i suoi atti o comportamenti, costituisce per il giudice francese303 un criterio di cui 296 Cfr. C.E., 6 maggio 1966- Ville de Bagneux. C.E., 3 novembre 1922, Dame Cachet. 298 S. Calmes, Du principe de la confiance légitime en droit allemand, communautaire et français, Dalloz, 2001. 299 CE , 9/05/2001, n°211162. 300 Si v. C.E., Ass., 20/06/2006, - Soc. Neuf Telecom. 301 CJCE, 3 settembre 2009, C-2/08. 302 In Italia, come in altri ordinamenti, accanto alla partecipazione degli interessati i modelli procedimentali sono caratterizzati da una serie di istituti di garanzia preliminari alla stessa tutela di tipo giurisdizionale. 303 Si cfr., D. Corletto, L’opposizione di terzo nel “recours pour excès de pouvoir “e la crisi della giurisdizione oggettiva, in Diritto processuale amministrativo, 2003, 467 ss. 297 46 difficilmente farà diretta applicazione nella risoluzione delle controversie affidategli, non ritenendolo tra i principi assoluti e generali del diritto304. CE, dec. 9/05/2001 – Freymuth. In dottrina. Si v. M. FROMONT, Le principe de sécurité juridique, in AJDA, 20/06/1996, p. 179. C’è da aggiungere, inoltre, che tranne qualche timida apertura verso una comunitarizzazione del diritto amministrativo francese, il Conseil d’Etat più volte si è pronunciato a favore della natura discrezionale del potere di autotutela. Ne consegue, che attualmente in Francia, a differenza di quanto avviene in Italia, l’annullamento in autotutela dell’atto amministrativo anticomunitario risponde ancora ad un’esigenza prevalente di mero ripristino della legalità, atteso che la “confiance légitime” non rappresenta per il diritto francese un principio di carattere utilizzabile dal giudice anche in materie che esulano dalla sfera del diritto comunitario. 304 47 48