Francesco Zammartino
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Autonomia procedimentale ed autonomia processuale degli Stati
membri nel processo d’integrazione in Europa. Le esperienze italiana e
francese.
Sommario:
I. L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo italiano – II.
L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo francese.- III. L’invalidità degli atti
amministrativi in diretto contrasto col diritto europeo: l’ipotesi della nullità nell’ordinamento
italiano.- IV. L’illegittimità comunitaria indiretta degli atti amministrativi- V. Il contrasto degli
atti amministrativi con le norme comunitarie non self-executing in Italia – V.1 segue: il diverso
regime in Francia - VI. L’esercizio del potere di riesame degli atti amministrativi in contrasto
col diritto europeo: quali prospettive in Italia e in Francia.
I) L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo italiano.
Negli ultimi anni il primato del diritto europeo sugli ordinamenti degli Stati membri
ha assunto aspetti estremamente significativi, soprattutto in riferimento alla c.d.
invalidità comunitaria degli atti amministrativi nazionali1. Esso, affermatosi anche
mediante una progressiva e costante attività giurisprudenziale della Corte di Giustizia,
ha indotto gli apparati amministrativi pubblici nazionali, in taluni casi, a decidere di
non applicare una norma interna in palese contrasto con il dettato normativo europeo2.
1
In verità già con la famosa sentenza del 15 luglio 1964, c-6/64, Costa c. Enel, la Corte di Giustizia
aveva espressamente manifestato la superiorità del diritto comunitario su quello degli Stati membri,; tale
orientamento consolidato da successive decisioni tra cui spicca la sentenza CGCE C.224/97, RIDPC
1999, p.1347, è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale con la note sentenze nn° 14/64 e
389/89. In dottrina, si v.G. GRECO, Fonti comunitarie e atti amministrativi italiani, in Riv. It. dir. pub.
com., 1991, 38 ss; P. PIVA, Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea: diretta efficacia e primato,
Napoli, 2008.
2
Mediante il rinvio pregiudiziale la Corte di Giustizia, indirettamente, ha esercitato un controllo di
legittimità che si è esteso via via anche agli atti amministrativi nazionali sulla base del principio della
necessaria applicazione uniforme del diritto comunitario nei rispettivi Stati membri. In dottrina, si v.,
tra gli altri,S. M. CARBONE e F. SORRENTINO, Corte di Giustizia o Corte federale delle Comunità
europee ? in Giur. Cost. 1978, p. 655 ss. ; R. MASTROIANNI, Rinvio pregiudiziale alla Corte
comunitaria e sospensione del processo civile , in Il diritto dell’Unione europea , 2000, p. 92ss; F.
GHERA, Pregiudiziale comunitaria , pregiudiziale costituzionale e valore di precedente delle sentenze
interpretative della Corte di Giustizia , in Giur.Cost. 2000, p.1193 ss; L. D’ANIELE, Commento all’art.
134 TCE, in A. TIZZANO( a cura di) , Trattati dell’Unione Europea e della Comunità Europea, Milano,
2004, pp. 1105-1106-1107; L. CHIEFFI, Commento all’art. 11 Cost., in Commentario, cit. p.292; A.
1
Alla luce di queste prime considerazioni, sembra opportuno affermare che la fase del
processo d’integrazione nell’Unione europea dei diversi Stati membri si effettua
attraverso un complesso sistema di regole che trovano la loro fonte non già negli atti
normativi (regolamenti, direttive e decisioni ) e amministrativi(raccomandazioni,
pareri e comunicazioni), ma anche nelle stesse sentenze e, talvolta, pareri della Corte
europea e del Tribunale di primo grado3. Questo ha contribuito, ai fini di un tempestivo
adeguamento degli ordinamenti interni ai principi comunitari4, al dilagare, negli ultimi
anni, di un fenomeno consistente nella sostituzione progressiva dei provvedimenti
legislativi in luogo di regolamenti o atti amministrativi per l’esecuzione degli obblighi
comunitari.5 Ma se tale fenomeno ha assunto connotati di non particolare rilievo in
paesi dove il sistema amministrativo ha mostrato maggiore capacità di “aderenza”
all’impianto costituzionale6 ( per esempio, e con le debite differenziazioni, Spagna e
Germania) in Italia7 e in Francia
il fatto che un provvedimento amministrativo, sia
esso statale o di enti territoriali locali, si frapponesse o meglio ancora s’inserisse nel
TIZZANO, Ancora sui rapporti tra Corti europee: principi comunitari e c.d. controlimiti costituzionali,
in Il diritto dell’Unione europea, n° 3/07, p. 737ss. S.M. CARBONE, Corte Costituzionale,
pregiudiziale comunitaria e uniforme applicazione del diritto comunitario, in Il diritto dell’Unione
europea, n° 3 /07, pp.708-709; M.P. CHITI , La Consulta e il primo rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia: verso il concerto costituzionale europeo, in Giornale di diritto amministrativo,2008.
3
Si v. S. Battini, L’influenza dell’integrazione europea, in L’amministrazione pubblica italiana (a cura
di S. Cassese e C. Franchini), Bologna, 1994, p. 143ss.; F. ASTONE, Integrazione giuridica europea e
giustizia amministrativa, Napoli, 1999.
4
Si v. A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2000, p.61.
5
Si v. M D’ALBERTI, Le nuove mete del diritto amministrativo, Bologna, 2011, p. 56ss.
6
Le difficoltà riscontrate nel lungo percorso dell’integrazione comunitaria sono chiarite da G. GRECO,
Profili di diritto pubblico italo-comunitario, in Argomenti di diritto pubblico italo-comunitario, Milano,
1989, p. 4ss.
7
F. SORRENTINO, Le fonti del diritto amministrativo, in G. SANTANIELLO( a cura di ), in Trattato
di diritto amministrativo XXXV, Padova, 2007; E. KLEIN, L’influenza del diritto comunitario sul
diritto amministrativo degli Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 690 ss.; A. SAGGIO, La
giurisprudenza comunitaria sui rapporti tra diritto comunitario e diritto interno: riflessi sulla struttura
dell’ordinamento comunitario e suoi effetti rispetto agli ordinamenti nazionali, in dir. regionale, 1996,
455ss.; L. Duguit, Traité de droit constitutionnel, 1991, p. 555ss. C’è da segnalare, tuttavia, che pur
non in presenza nel nostro ordinamento , a differenza di quello tedesco, di una legalità dell’azione
amministrativa di rango costituzionale, molteplici sono state le posizioni assunte dalla dottrina e dalla
giurisprudenza comunitaria e nazionale in relazione all’utilizzazione del provvedimento amministrativo
in luogo di quello legislativo nell’attuazione del diritto comunitario. Non è qui la sede per sviluppare
l’interessantissimo dibattito; ci limitiamo a dire, che riducendo con evidente forzature le diverse
posizioni a due tipologie di categorie di pensiero , possiamo giungere alle seguenti conclusioni: la prima
tesi è rappresentata dalla progressiva attività della Corte di Giustizia e da autorevole dottrina ( Chiti)
che sostengono una visione forte del processo d’integrazione europeo, tra l’altro, capace di incidere
profondamente nel nostro ordinamento innescando un processo di trasformazione che parte
coinvolgendo principi finora ritenuti inattaccabili quali quello di legalità e della preferenza della legge
fino ad arrivare persino ad incidere sulla stessa forma di Stato. Il secondo filone di pensiero,
rappresentato in larga parte dalla giurisprudenza nazionale(costituzionale e amministrativa meno
recente), è ripresa da quelli autori (Greco) che ritengono forzata la tesi di un processo d’integrazione
europea che miri a sostituirsi alla sovranità nazionale( o parte di essa), in quanto essa ha trovato poco
riscontro, non solo nel diritto nazionale, ma persino in quello europeo.
2
meccanismo di attuazione del diritto comunitario in luogo di quello legislativo, ha
suonato più come un campanello di allarme per il mancato rispetto del principio di
legalità8, che come utile ( e necessario) strumento ai fini di una tempestiva attuazione
del diritto comunitario9. Ne è scaturito un acceso dibattito dottrinale seguito da
numerosi interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno reso più complesso e
delicato il problema, tanto da far perdere, talvolta, il filo conduttore della questione,
che rimane principalmente l’obbligo dell’attuazione dei principi comunitari, pena la
responsabilità dello Stato inadempiente10. E’ pacifico che lo scopo principale
dell’Unione è quello di realizzare l’integrazione fra le società11. Tale obiettivo, resosi
necessario onde evitare il sorgere
di tanti diritti nazionali differenti tra loro
nell’elaborazione degli strumenti di attuazione,ha spinto l’Unione ad elaborare una
serie di principi normativi e giurisprudenziali col precipuo intento di evitare ulteriori
“crepe” nello spirito europeistico degli Stati membri12. Va da sé che il costante
processo d’integrazione tra gli Stati membri ha dato luogo alla nascita di un diritto
europeo, che in tempi brevi ha invaso tutti i rami del diritto nazionale, e in particolar
modo quello amministrativo più incline a subire l’influenza dell’attività ermeneutica
della giurisprudenza13. Ebbene in Italia, rispetto alla Francia,14 le conseguenze
dell’”europeizzazione”del diritto amministrativo15 sono state tali da incidere
S. Stammati, L’impatto della CE sull’amministrazione, in Riflessioni sui mutamenti costituzionali
nel processo d’integrazione europea, atti del seminario, in S . Panunzio ( a cura di ), Milano, p. 653.
9
Si v. , per i poliedrici aspetti che investono i rapporti tra Il diritto comunitario e gli enti locali, I.M.
Marino, Aspetti della recente evoluzione del diritto degli enti locali, Palermo, 2007.
10
Si cfr. M.G. Pulvirenti, Intangibilità del giudicato, primato del diritto comunitario e teoria dei
controlimiti costituzionali, in Riv. ital. dir. pubbl. com., n°2/2009, p. 394; M.P. Chiti, La
responsabilità dell’amministrazione nel diritto comunitario, in Riv. ital. dir. pub. com., 2009, n°3-4,
p.506ss.
11
Tra le tante, CGCE, 14 ottobre 2004, C- 36/02. In dottrina, per tutti A. Tizzano, Europeizzazione dei
diritti nazionali, in La Corte europea tra Stati nazionali e globalizzazione, ( a cura di ), Enciclopedia
Treccani, 2004, Roma, p. 60ss; A.Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, il Mulino, 2002;
inoltre, M. Catarbia, Unità nella diversità: il rapporto tra la Costituzione europea e le Costituzioni
nazionali, in giustamm.it, p10; A.Ruggeri, Trattato costituzionale, europeizzazione dei controlimiti e
tecniche di risoluzione delle antinomie, in www.forumcostituzionale.it, 2009. ; M D’Orsogna, , Il
diritto amministrativo italiano nel diritto europeo, in atti del Convegno annuale “Esiste una via italiana
al diritto amministrativo”, Teramo 10-11 settembre 2010, p.6-7.
12
Cfr. R. Caranta, Diritto comunitario e tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, in
Riv. trim dir. pub., 2000, n°1, p. 81.
13
Anche se riguardo ad uno specifico campo quale è quello degli aiuti di Stato, si veda G. Guarino,
Costituzione italiana e integrazione europea; aiuti di Stato, “distrazione amministrativa e costi impropri
delle imprese, in Riv. ital. dir. pub.com., 2008.
14
Si v. J. Dutheil de la Rochére, Inflluence du droit en droit communautaire, RFDA, 2001, n°4, p.
909ss.
15
Si v. ,a tal riguardo, S. Cassese, I lineamenti essenziali del diritto amministrativo comunitario, in Riv.
ital. dir. pub. com., 1991, p.3-10; id, La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. it. dir.
Pub. com., 2002, n°2-3; G. Cocco, Una convivenza voluta ma sofferta: il rapporto fra diritto
8
3
profondamente sugli originari rapporti tra l’amministrazione comunitaria16 e quella
nazionale, soprattutto se si pensa che tale fenomeno ha iniziato ad incidere
sostanzialmente sia sull’autonomia dell’organizzazione amministrativa17 (si pensi
all’ampliarsi sempre di più delle politiche comunitarie che inducono gli Stati a istituire
organismi ad hoc come l’organismo di diritto pubblico per fronteggiare le nuovi
funzioni di derivazione comunitaria),sia sull’attività amministrativa in genere18(vedi ad
esempio i provvedimenti in c.d. coamministrazione, che sono il frutto di modelli
procedimentali imposti al nostro diritto amministrativo), con ricadute che si sono
diffuse,come in seguito vedremo, anche nel sistema processuale( la tutela cautelare
per le posizioni soggettive protette dal diritto comunitario)19. Alla luce di quanto detto,
l’influenza
sempre più penetrante della normativa comunitaria sul nostro diritto
amministrativo, e la conseguente attuazione in via amministrativa della stessa20, hanno
aperto un interessante dibattito, in dottrina come in giurisprudenza (comunitaria e
nazionale), circa la natura dell’invalidità che colpisce l’atto amministrativo nazionale
in ipotesi di contrasto col diritto comunitario. La questione si pone in questi termini:
l’accertata difformità di un provvedimento amministrativo nazionale dalla normativa
comunitaria dà luogo ad una patologia riconducibile alla tradizionale disciplina dei vizi
dell’atto, ovvero si è di fronte ad un vizio individuato nella c.d. “anticomunitarietà”,
con possibili ricadute sia sul diritto sostanziale che su quello processuale nazionale? Si
è dell’opinione che una risposta a tale quesito vada maturata in un quadro di riflessione
più ampio, che coinvolge questioni di carattere generale quali: 1°) il livello
d’integrazione effettivamente raggiunto dalla Comunità con il nostro ordinamento
complessivo;21 2°) la diffusione del fenomeno dell’attuazione in via amministrativa
del diritto comunitario; 3°) l’affermazione del principio di una “amministrazione di
risultati”. Quanto al primo aspetto il processo d’integrazione europeo che attualmente
comunitario e diritto interno, in Riv. it. dir. pub. com.1991, p.641; G. Falcon, Dal diritto amministrativo
nazionale al diritto amministrativo comunitario, in Riv. it. dir. pub. com., 1991, p.345; M.P. Chiti,
Diritto amministrativo europeo, Milano, 1994, p. 183 ss.
16
Sul punto, si v. .J. Auby- J. De La Rochère, A Propos de la notino de droit administratif européen
, in Rev. fran. d’adm. pub. , n°123/2007, Paris, p. 373ss
17
Si v. sul punto G. Della Cananea, Diritto amministrativo europeo, n°5, 2006, p. 107-108.
18
Sul punto, G. Greco, Il potere amministrativo nella (più recente) giurisprudenza del giudice
comunitario, in Riv. it. dir. pub. com. , n°5/09, p. 844ss.
19
I primi segnali di una annunciata “corrosione” di questi principi che in tempi non sospetti apparivano
inattaccabili, sono da ravvisarsi nello spirito europeistico che regna nel D.lgs n°300, artt. 2,2c. e 5,c.5,
lett.D. A tal proposito si v. CGCE, sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/93.
20
F. Astone, Le Amministrazioni nazionali nel processo di formazione e attuazione del diritto
comunitario, Torino, 2004.
21
Fu, come è noto, la Corte di giustizia ad affermare tale tesi prima con la storica sentenza Costa C6/64, in seguito ribadite dalla sentenza Simmenthal n°186/87.
4
coinvolge i due ordinamenti in una simbiosi quasi assoluta, ha ormai fatto breccia
anche presso la Corte Costituzionale, per lungo tempo contraria a qualsiasi
ragionamento favorevole all’affermazione della tesi monista22. La Consulta, infatti,
nelle sue ultime pronunce23ha gradualmente cambiato rotta24, ispirandosi ad una
visione d’integrazione tra i due ordinamenti , allineandosi con la già consolidata
giurisprudenza della Corte di giustizia, che in tempi non sospetti, si era pronunciata a
favore di un forte processo d’ integrazione25. Nello stesso ordine di ragionamento va
inquadrato il sempre crescente fenomeno dell’attuazione in via amministrativa del
diritto comunitario. Tale fenomeno, che, come è stato già ribadito, ha suscitato non
poche perplessità in coloro che vi intravedono una deroga al principio di legalità26, ha
trovato terreno fertile proprio nella volontà dello stesso legislatore, il quale,
potenziando nelle ultime leggi comunitarie quegli strumenti atti a facilitare in via
regolamentare o amministrativa l’attuazione della normativa comunitaria, ha fornito
“l’alibi” alle autorità amministrative di considerare
l’applicazione del diritto
comunitario ad opera della legge nazionale alquanto complessa ed incerta27. D’altra
parte, la preferenza per il provvedimento amministrativo in luogo di quello legislativo
va ricondotta in un disegno più ampio nel quale è stato previsto che l’attuazione del
diritto comunitario deve essere ripartita tra Stato, Regioni ed Enti locali territoriali in
base alle loro rispettive competenze. Ciò significa che allo Stato vengono riservati solo
compiti relativi al coordinamento delle relazioni con l’Unione Europea, che trovano
generalmente sbocco nel provvedimento legislativo. In ultima analisi, il passaggio da
una gestione amministrativa di servizi ad una gestione ispirata a parametri di qualità
22
A tal riguardo, si cfr. le non più recenti sentenze CGCE, nn.14/64, 98/65, 170/84 e 113/85,
favorevoli, sebbene con timide aperture, alla tesi della netta separazione tra i due ordinamenti. In tal
senso anche TAR Piemonte,sez. II, sent. n°34/89.
23
Corte Cost. sentt., nn° 348/07 , 349/07 e 102/08.
24
Sul punto, C. Pinotti, I controlimiti nel rapporto tra ordinamento comunitario e nazionale, in Diritto
comunitario e degli scambi internazionali, n°2/2009, p. 213ss.
25
P. Barile, Il cammino comunitario della Corte, in Giur. Cost., 1973, p. 2405 ss. A. Pace, La sentenza
Granital ventitrè anni dopo, Relazione al seminario su “ Diritto comunitario e diritto interno tenutosi
presso la Corte Costituzionale il 20 aprile 2007, in www.associazioneitalianacostituzionalisti.it; M.E.
Bartolini, Un nuovo orientamento della Corte Costituzionale sui rapporti tra ordinamento comunitario e
ordinamento italiano?, in Il diritto dell’Unione europea, n°3/08, p. 526-527. Si v. Cons. Stato, sex. V, n°
35/2003; S.M.Carbone, Il ruolo della giurisprudenza comunitaria nell’integrazione europea, in
www.federalismi.it, n°16/2007,p.1ss.
26
Nell’ambito di un ragionamento che investe l’intero sistema delle fonti legali si v. F. Sorrentino, Le
fonti del diritto italiano, Verona, 2009, p. 120-121.
27
Si cfr. V. Cerulli Irelli- F. Luciani, Diritto comunitario e diritto interno tra Stato e Regioni, in Riv.
ital. dir. pub. com., n° 5/2008, p. 867; ancora V.Cerulli Irelli, I rapporti tra ordinamento dell’Unione
europea e ordinamento interno, in Le nuove Istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona, 2009,
p. 389; P. RIDOLA, Forma di Stato e principio di sussidiarietà, in La riforma costituzionale, atti
convegno AIC 6-7/11/1998, Padova, 1999.
5
e orientata ai risultati ridisegna un nuovo modello di amministrazione. Quest’ultima,
abbandonando la vecchia cultura burocratica fondata sull’adempimento in favore di
quella manageriale, pone al centro dell’attività amministrativa la soddisfazione dei
bisogni delle realtà sociali che, essendo in continuo mutamento, sono sempre più
complesse e frammentate. Ne consegue che, nello svolgimento dei propri compiti, la
Pubblica amministrazione per evitare una responsabilità extracontrattuale28 nel caso di
mancata attuazione della normativa comunitaria, deve attenersi a principi quali quelli
dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e di proporzionalità.29 La qualità
crescente, che deve connotare i c.d. “prodotti” delle amministrazioni, ha potenziato
esponenzialmente i diritti dei destinatari30, potendo quest’ultimi usufruire, pur in
mancanza di espresse previsioni contenute nel nuovo Trattato(esse in fondo si
riducono agli artt. 16 e 340 ), di tutta una serie di strumenti, sostanziali e processuali,
prodotti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia31, che mirano a condannare
l’amministrazione inadempiente32, con
risarcimento per i danni patrimoniali
causati33.Nel medesimo ordine di pensiero34va collocata la costante giurisprudenza
amministrativa, culminata nella decisione n. 361/07 del Consiglio di giustizia
amministrativa, nella quale in sostanza si è voluto sottolineare che l’autorità
28
I primi riconoscimenti della responsabilità dello Stato- amministrazione si sono avuti con la sentenza
Hedley Lomas del 23 maggio 1996, in cui la Corte di Lussemburgo, ritenendo in base all’art. 34 del
Trattato,lesivo di un diritto di un privato un diniego di autorizzazione dell’amministrazione britannica,
ha ritenuto come la violazione grave e manifesta del diritto comunitario possa giustificare anche la
riduzione ai minimi termini dell’attività discrezionale dell’autorità amministrativa interna. Si v. in
dottrina, M. Maresca , Servizi di interesse generale, diritti degli utenti e tutela dell’ambiente ( a cura di
) , Milano, 2006 p. 1155.
29
Sul punto si v. A. Sandulli, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, 1998: D.U.
Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano
1988; L. Patruno, La proporzionalità come “arma intelligente” della giurisprudenza comunitaria?, in
Dir, pub. comp, eur., Padova, 2003, n°3; G. Ligugnana, Principio di proporzionalità e integrazione tra
ordinamenti. Il caso Inglese e italiano, in Riv. it. Dir. pub. Com., Milano, 2011, p. 452.
30
CGCE, 5/02/1963, C-26/62 ; si cfr. anche Corte Cass., sez. lav., 11/10/!995, n°10617. In dottrina, tra
gli altri, R. Tizzano, La tutela dei privati, nei confronti degli Stati membri dell’UE, in Foro it. 1995, IV,
p. 22ss; R. Caranta, Tutela giurisdizionale, in M.P. Chiti e G. Greco, in Trattato di diritto
amministrativo europeo, 2007.
31
Si v. a riguardo,N. Pignatelli, L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo, in Giur. cost.,
n°4, 2008, p.3635.
32
Sul punto F.G. Scoca, Autodichia e Stato di diritto, in Dir. proc. amm., n°1/2011, p. 31.
33
R. Tassone, I diritti tra ordinamento interno ed ordinamento comunitario, in Dir. proc. Amm. n°3/08
p. 716ss. M. Fragola, Riflessioni sull’atto amministrativo e sull’illecito amministrativo
nell’ordinamento comunitario, in Amm. it. 1992, p. 32 ss. G. Della Cananea, La Corte di Giustizia e i
rimedi contro le omissioni del legislatore , in Giornale di diritto amministrativo, 1997,pp. 827-828.
Meno recente si cfr. R. Bifulco,La responsabilità dello Stato per atti legislativi, Padova, 1999, p. 179ss.
34
C’è da aggiungere che la Corte di Lussemburgo si è evoluta a tal punto da spingersi a prevedere che la
responsabilità extracontrattuale dello Stato possa derivare non solo da un mancato recepimento a
livello legislativo di una direttiva comunitaria, ma anche da un provvedimento amministrativo (mancata
autorizzazione) contrastante con la relativa disciplina comunitaria.
6
amministrativa nel dare, al pari di qualsiasi soggetto dell’ordinamento, una propria
specifica interpretazione alle norme giuridiche che vengono introdotte nel nostro
ordinamento, si carica anche delle possibili responsabilità che possono sorgere in capo
ad essa, qualora risulti che l’interpretazione data della norma
ha cagionato
conseguenze economicamente pregiudizievoli a terzi35. Si pensi al caso relativo alle
Regioni, per le quali, in caso di reiterata inosservanza del diritto comunitario, è stato
previsto la possibilità, da parte dello Stato36, di rivalersi nei loro confronti (e degli
Enti territoriali locali) per gli eventuali oneri finanziari comminati dalla Corte
europea37. Volendo trarre delle prime conclusioni sulla base delle considerazioni
svolte, è evidente il nuovo ruolo che assume l’amministrazione pubblica nazionale
rispetto ai vincoli imposti dal diritto dell’U.E. ; tali vincoli trovano il loro fondamento
non solo nella consolidata giurisprudenza della Corte europea, ma nella stessa Carta
costituzionale italiana( art. 117, 1° comma), laddove
espressamente si sancisce
l’obbligo dello Stato e delle Regioni38 di legiferare nel rispetto degli obblighi imposti
dal diritto comunitario e internazionale39. Quanto affermato, contribuisce, da una parte,
alla realizzazione di un nuovo e più coerente assetto dei rapporti tra i due tipi di
ordinamento, caratterizzato, tuttavia, da una progressiva affermazione dei principi
comunitari a scapito dei vincoli imposti dal nostro sistema amministrativo nazionale40,
con la conseguente ridefinizione in senso restrittivo della nozione stessa di
35
Si v. A Lamberti, Sussidiarietà e livelli di tutela dei diritti, in onore di V. Buonocore,Milano, vol. I,
p. 487ss.
36
CGCE, 5/3/96, C-46/93 e C-48/93. In dottrina si v. R. Conti, Autorità di cosa giudicata, diritto interno
e primato del diritto comunitario, in Nuove autonomie, 2005, p. 385,ss.
37
Uno dei principi cardine che caratterizzano il quadro normativo del Trattato di Lisbona (art. 9F) è
quello di assicurare ai cittadini dell’Unione la sostanziale effettività della loro tutela .Tale risultato deve
essere conseguito normalmente mediante i rimedi giurisdizionali improntati dagli Stati membri, ma
nulla vieta che l’UE si riservi il potere di intervenire qualora la tutela del cittadino sia messa in seria
discussione, facendo sorgere in capo allo Stato inadempiente un risarcimento del danno per
responsabilità extracontrattuale. Tra gli altri, M. Fragola, Istituzioni europee: il 13 dicembre è stato
firmato a Lisbona il trattato di riforma. Il trattato in sintesi, in Diritto comunitario e degli scambi
internazionali, 2008, Napoli, p. 202 ss.
38
Si cfr. a riguardo gli spunti critici di M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo , Milano, 2011, p.
258ss.
39
Cfr. in proposito, G. Gaia, Introduzione al diritto comunitario,Roma, 2007, p.128ss, M.P. Chiti, La
peculiarità dell’invalidità amministrativa per anticomunitarietà, in Riv. ital. dir. pub. com. 2008, p479
ss. C. Napoli, La Corte dinnanzi ai “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. Tra applicazione
dell’art. 17, primo comma e rispetto dei poteri interpretativi della Corte di Giustizia , in Le Regioni,
2006, p. 483 ss. S. Catalano, L’incidenza del nuovo articolo 117, primo comma Cost., sui rapporti fra
norme interne e norme comunitarie, in AA. VV.,Le Corti dell’integrazione europea e la Corte
Costituzionale italiana, a cura di N. Zanon, Napoli,2006, pp. 130-131; F. Vecchio, Il giudice
ordinario italiano e la tutela multilivello dei diritti fondamentali dopo il Trattato di Lisbona, in www.
Giustamm.it, p. 1 . 2011
40
CGCE,13 gennaio 2004, C-453/00, Racc. I-857; CGCE, 18 luglio 2007, C-119/05, Racc.I 6199; Sul
punto si cfr. M. Caparbia, I diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona: verso nuovi equilibri?, in
Giornale di diritto amministrativo, n°3/2010, p222-223:
7
amministrazione pubblica.41 L’attivazione per la prima volta del rinvio pregiudiziale
alla Corte di Giustizia da parte della Corte Costituzionale,42 nell’ambito di una
giudizio volto a far dichiarare l’incostituzionalità di una legge regionale in contrasto
con la normativa comunitaria in materia di aiuti statali, s’inquadra proprio in quel
filone di pensiero per il quale il generale interesse per un’uniforme applicazione del
diritto comunitario deve comunque rimanere obiettivo principale43. Nella fattispecie,
la Consulta ha statuito che i giudici, a fronte di un’incompatibilità tra una norma
interna e il diritto dell’Unione, non sono più tenuti a rimettere alla Corte
Costituzionale44 la questione di costituzionalità per violazione indiretta dell’art. 11
Cost. potendo invece utilizzare lo strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia CE in tutti quei giudizi in corso in cui l’applicazione del diritto comunitario
dà adito a dubbi interpretativi.45 Nella medesima scia, va segnalata la recente sentenza
della Corte di Giustizia del 19 novembre, Causa 318/08, che, pur non riguardando
direttamente il nostro Stato, potrebbe rappresentare un precedente molto rilevante. In
particolare, la Corte di Lussemburgo è stata investita in via pregiudiziale dal Tribunale
amministrativo di Poznaniu in Polonia in riferimento ad una controversia tra un
cittadino polacco soggetto ad un obbligo tributario illimitato in Polonia e
l’Amministrazione finanziaria. Quest’ultima, aveva rifiutato di concedere, in base
all’art. 3, n°1, della legge 26 luglio 1991 relativa all’imposta sul reddito, al
contribuente delle agevolazioni fiscali derivanti da contributi previdenziali e
assicurativi di malattia , in quanto versati nel corso dell’esercizio fiscale in uno Stato
membro diverso da quello impositore. Dal canto suo, il giudice di rinvio pur ritenendo
non riscontrabili gli estremi di una violazione della libertà di circolazione prevista
dall’art. 45 TFUE, riteneva, tuttavia, indispensabile far valutare ai giudici europei se le
disposizioni controverse fossero o meno in contrasto con l’art. 49 TFUE che, come è
noto, vieta qualsiasi discriminazione ai danni dei lavoratori che svolgono attività
commerciali negli Stati membri dell’Unione, dal momento che anche il Tribunale
costituzionale polacco si era precedentemente pronunciato a favore della illegittimità
41
S. Cassese, Diritto comunitario e diritti nazionali, in Trattato di diritto amministrativo europeo,
Milano, 2007, p.10ss
42
Corte Cost., ord. n°103/2008.
43
Si v. Corte Cost. ord. n°454/2006. In dottrina si cfr. le considerazioni di S. Battini, Il controllo
comunitario sugli aiuti statali alle imprese, in A. Massera ( a cura di ), Ordinamento comunitario e
Pubblica amministrazione, Bologna, 1994, p. 295ss.
44
Corte Cost. sent. n°232/75
45
Corte Cost. sent. 170/84, punto 6 considerato in diritto. Si v. per tutti, G. Martinico,
L’interpretazione silente. La funzione interpretativa della Corte di Giustizia e il diritto costituzionale
europeo, Napoli, 2008, passim.
8
costituzionale delle norme in quanto in contrasto con l’art. 2 della Carta fondamentale(
salvo poi decidere di posticipare la perdita di efficacia vincolante). La Corte di
giustizia,attraverso la terza sezione, ha
dichiarato che una norma nazionale che
prevede che un contribuente residente è soggetto ad agevolazioni fiscali derivanti da
contributi previdenziali e assicurativi di malattia solo qualora tali contributi siano
stati versati nello Stato membro di imposizione, si contrasta con il principio di divieto
di discriminazione di cui agli art. 43 e 49 TFUE . Per questi motivi la Corte ha
imposto al giudice nazionale di disapplicare (ossia rendere inefficaci) le disposizioni
nazionali contrarie in favore dell’applicazione della normativa comunitaria46,
indipendentemente dalla decisione del Tribunale costituzionale che aveva statuito di
rinviare la perdita dell’efficacia vincolante delle disposizioni nazionali dichiarate
incostituzionali. Si apre, in realtà, uno scenario del tutto nuovo, nel quale la tutela
effettiva dei diritti dei singoli riconosciuti dalla normativa comunitaria47 e dalla
CEDU48 può spingersi, pur di garantire una uniforme e non discriminatoria disciplina,
a derogare i sistemi e le modalità di tutela processuale vigenti nei rispettivi sistemi
interni49 e a creare generali regole processuali
50
valevoli per tutti gli Stati membri
dell’Unione.51
46
CGCE, 19 novembre 1991, Cause riunite C- 6/1990 e C-9/1990; CGCE, 7 gennaio 2004, C201/2002; CGCE, 13 marzo 2007, C-432/2005. In dottrina G. Greco, Illegittimità comunitaria, cit. p.
512.; M.A. Sandulli, Le nuove frontiere della giustizia amministrativa, in Quaderno n° 1, Foro amm.Tar , Milano, 2004; id, Diritto europeo e processo amministrativo, in Riv. it. pubbl. com. , n°1/2008, p.
37ss.
47
Su questo punto, B. Randazzo, Costituzione e CEDU . Il giudice delle leggi apre una “finestra” su
Strasburgo, in Gior. dir. amm. , 2005 p. 25ss. M.P. Chiti, Dalla “Comunità di diritto” alla Unione dei
diritti, in Diritto e processo amministrativo, n°4, 2008, p. 1003ss.
48
Sugli effettivi limiti imposti alla diretta applicabilità delle norme della CEDU nell’Ordinamento
italiano si cfr., Corte Cost., sent. n° 227/2010. In dottrina di recente si cfr. A. Ruggeri, Rapporti tra
Corte costituzionale e Corti europee, bilanciamenti interordinamentali e “controlimiti” mobili, a
garanzia dei diritti fondamentali, in Riv. tel. giur. AIC, n°1 /2011.
49
G. Greco, Illegittimità comunitaria e pari dignità degli ordinamenti, in Riv. it. dir. pubb. com., 2008,
p.514-515; G. Cocco, Le “Liasions dangereuses” tra norme comunitarie, norme interne e atti
amministrativi, in Riv. it. dir. pub. com.,1995, 684. Cfr. inoltre, CGCE , 9 marzo 1978, C- 106/77, in
Racc. p. 629.
50
Si. v.. D. U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise lost
?, Torino, 2009. Inoltre si v. Corte Cost., sentt. nn° 311 e 317/2009, con commento di A. Ruggeri,
Conferme e novità di fine anno in tema di rapporti tra diritto inerno e CEDU, in www. forum
costituzionale.it.,2009.
51
Cons. Stato,IV, sent. 2 /03 /2010, n° 1120, commento di A. Celotto, Il Trattato di Lisbona ha reso le
CEDU direttamente applicabile nell’ordinamento italiano?, in www. giustamm. it; Si cfr., anche, M.
Giuliani Federico, Primazia comunitaria e strumenti processuali a tutela delle posizioni giuridiche di
derivazione europea, in www. Diritto.it, 2010; A. Ruggeri, Dimensione europea della tutela dei diritti
fondamentali e tecniche interpretative, in Il diritto dell’U.E.,2010, p. 126ss.
9
II) L’influenza del diritto dell’U.E. sul sistema amministrativo francese.
A conclusioni un po’ diverse, invece, dobbiamo pervenire in relazione agli effetti del
processo d’integrazione europeo52 sul sistema amministrativo francese. Nonostante che
anche in Francia l’affermazione
del diritto comunitario abbia posto in risalto,
soprattutto negli ultimi anni, temi quali il rispetto dell’autonomia procedimentale dello
Stato, la responsabilità civile di quest’ultimo e la c.d. illegittimità comunitaria degli
atti nazionali,53 non mancano
nel rapporto tra l’ordinamento dell’Unione
e
l’ordinamento francese problemi che ostacolano il processo d’integrazione54. Tali
problematiche sono da individuarsi anzitutto in ragione dei differenti criteri sui quali
si basano in fondo i due Sistemi organizzativi55. Il comunitario è, infatti, proteso ad
una logica fondata essenzialmente al raggiungimento di “obiettivi”; il sistema
amministrativo francese è, invece, ancora strutturato su criteri prettamente formali ed
organici e risente principalmente del ruolo svolto in tutti questi anni, quale tutore
della legalità nazionale e del rispetto dell’autonomia procedimentale, da parte del
Conseil d’Etat, più dello stesso Conseil Costitutionnel56. I giudici francesi ,del resto,
si sono sempre mostrati, soprattutto in passato, poco favorevoli ad accogliere il
primato assoluto del diritto comunitario su quello interno; basti pensare che lo scarso
entusiasmo europeistico si era già manifestato subito dopo la storica sentenza del 1975
con la quale il Consiglio Costituzionale aveva demandato ai giudici comuni
l’accertamento dell’eventuale incompatibilità di una disposizione legislativa rispetto
alla normativa comunitaria . Così, mentre la Cour de Cassation subito si allineò alla
pronuncia del giudice costituzionale stabilendo in una nota e storica sentenza57 la
prevalenza del diritto comunitario su quello interno, il Conseil d’Etat continuò
imperterrito a rifiutare di esaminare qualsiasi controversia che avesse ad oggetto
l’eventuale difformità tra la normativa comunitaria e il diritto interno, in nome del
S. Battini , L’influence de l’intégration européenne, in Revue française d’administration publique, n.
67, p. 401ss.
53
Sul punto si v. E. Calzolaio, L’illecito dello Stato tra diritto comunitario e diritto interno. Una
prospettiva comparatistica. Giuffré , 2000, p. 104ss.
54
In tal senso, O. Gohin, Constrution européen et Constitution française: l’apport de Michel Debré, in
Rev. fr. dr. const. 2002, p.507.
55
Si v. C. Ferrari-Breeur, La giurisdizione amministrativa in Francia , in Diritto e processo
amministrativo, n .2/2009, 417.
56
Cons. Const., dec , n° 74-54, 15/01/1975.
57
C. Cass., sent. 24/05/1975.
52
10
rispetto e della salvaguardia dell’identità nazionale58. Solo nel 1989, con una nota
sentenza,59 esso stabilì il principio secondo cui il contrasto di una legge o di un atto
normativo nazionale, anche successivo a direttive europee, doveva risolversi con la
disapplicazione delle disposizioni nazionali, di guisa che il giudice nazionale da quel
momento non doveva più limitarsi alla sola verifica della compatibilità degli atti
amministrativi con la legge nazionale, ma estenderla anche alla normativa
comunitaria.60 Ma l’autonomia e la diretta applicabilità del diritto comunitario, che tra
l’altro ha attribuito ai cittadini dei paesi membri un notevole ampliamento del proprio
ventaglio di diritti e facoltà nel mondo giuridico61 e la possibilità di azionare nuovi
strumenti processuali a tutela delle nuove situazioni soggettive di origine
comunitaria62, ha imposto anche in Francia, da una parte, l’adeguamento alle
prescrizioni comunitarie63, dall’altra la revisione del tradizionale concetto di
responsabilità extracontrattuale per violazione del diritto comunitario.64 La sentenza
Brasseries du Pècheur del 1996 mediante la quale i giudici di Lussemburgo, sulla scia
del caso Francovich, hanno stabilito per la prima volta che la violazione della
normativa comunitaria da parte del legislatore statale impegnava lo Stato ad una
diretta responsabilità extracontrattuale è da considerasi di estrema importanza per la
realizzazione di quel sistema che prevede la responsabilità dello Stato unitariamente
inteso, indipendentemente dall’organo coinvolto dalla violazione. Dalla pronuncia si
ricava, in effetti, il principio secondo il quale lo Stato è responsabile non solo per una
non corretta ed immediata applicazione del diritto comunitario , ma anche per i
comportamenti illeciti che l’amministrazione, i giudici e il legislatore statale tengono,
inficiando così i diritti riconosciuti ai privati dalle prescrizioni comunitarie65. Ma pur
considerando le recenti evoluzioni sul tema della responsabilità che hanno interessato
Si v. M.R. Donnarumma, Intégration européenne et sauvegarde de l’identité nationale, in Rev. fr. dr.
const., n°84,2010, p. 734ss ; L. Countron, La lente conversion du Conseil d’Etat à l’effet direct des
directives, in AJDA, Paris, juillet 2010, p. 1413.
59
CE, sent. 20/10/1989, Nicolò.
60
Con l’arret Nicolò viene affermato definitivamente il principio della diretta applicabilità del diritto
amministrativo comunitario, superando così definitivamente la teoria dell’écran lègislative.
61
CJCE , 20 settembre 2001,C-184/1999, Rec. P. I-6193
62
Si v. P. Yves Chicot, La citoyenneté entre conquete de droits et droits a conquérir, in Revue de droit
public, n°1, Paris, p. 223 ss.
63
J. Dutheil de la Rochère, Influence du droit en droit communautaire , cit., p. 909.
64
R. Chapus, Droit administratif général, LGDJ, 16° ed.; J.M. Favret, Les influences réciproques du
droit communautaire et du droit national dans le contentieux de la responsabilité publique
extracontractuelle , Manin, 2000 ; C. Broyelle, La responsabilité de l’Etat du fait des lois, LGDJ,
2003 ; G. Tesauro, Responsabilité des Etats membres pour violation du droit communautaire, in Rev.
marché U.E., 1996, p. 33. Cfr., CJCE, 22/04/97, C-66/95.
65
Si cfr. CJCE, C-212/04-Adelaner. Si v. A. Saggio, La responsabilità dello Stato per violazione del
diritto comunitario, in Danno e responsabilità, 2001,III, p. 223ss.
58
11
il diritto francese66, non può non sottolinearsi l’ostilità dimostrata da parte dei giudici
di Palais Royal nel riconoscere , in caso di violazione di una norma di diritto
comunitario67, una responsabilità diretta del legislatore nazionale.68 Si spiega così che
sul delicato tema il Conseil d’Etat ha preferito per anni non prendere una posizione,
rinunciando spesso ad applicare principi che si ricavavano dalle decisioni della
giurisprudenza comunitaria69 e contemporaneamente chiudendo alle pur
timide
aperture intraprese70 dai Tribunali amministrativi nazionali71. Tale orientamento è stato
confermato poi dalla sentenza del 7 maggio 2004 del Tribunale amministrativo di
Parigi nella quale si è ribadita l’incompetenza del giudice a riconoscere colpevole, e
quindi responsabile, lo Stato per il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati da
una direttiva72. I primi segnali di una inversione di tendenza si colgono, invece, nella
ormai famosa sentenza del Tribunale amministrativo di Clemont-Ferrand del 23
66
Si pensi alla sentenza Kobler, più volte menzionata, nella quale si prevede la diretta responsabilità dei
giudici nazionali nel caso che essi violino le prescrizioni comunitarie.
67
S. Theron, Les évolution de la responsabilité de l’Etat français au regard du droit communautaire, in
Rev. droit public, n°5, 2006. p. 1327. Si cfr. anche N. Dantonel Cor, La violation de la norme
communautaire et la responsabilité extracontractuelle de l’Etat, in Rev. trim. dr. eur., 1998, p.80ss.D.
Dokhan, Les limites du contrôle de la constitutionnalité des actes législatif, Paris,
L.G.D.J.,2001.p.126ss.
68
Cfr. CAA Paris, luglio 1992, Société Dangeville, AJDA, 1992, p.768 obs. X. Prétot ; e sopratutto CE
,dec. del 29/10/2004 , nella quale statuizione il giudice amministrativo, pur ammettendo i vincoli
derivanti dall’interpretazione di una legge fatta dal giudice costituzionale, si è tuttavia riservato, in
talune ipotesi concrete, di valutare discrezionalmente la ragionevolezza dell’interpretazione che di
quella disposizione legislativa è stata fatta dal giudice delle leggi. In dottrina si cfr. M. Fromont, La
place de la justice administrative française en Europe, Droit administratif, 7/2008, p.8ss ; Dantorel –
Car , La mise en jeu de la responsabilité de l’Etat français pour violation du droit communautaire, in
Rev. trim, dr. eur, 1995, p. 471s ; Simon, La responsabilité de l’Etat saisie parle droit communautaire,
in Act, jur. dr. adm., 1996, p. 493 ; J.M. Lemoine De Forges, Quelle influence communautaire sur
l’avenir du modale français de fonction publique ?, in Rev. fr. adm. pub., 2010, n°132, p. 709-710.
69
Le ragioni che hanno indotto il supremo giudice a mostrare un’ evidente reticenza a riconoscere la
responsabilità oggettiva del legislatore statale sono essenzialmente di due ordini di motivi ,strettamente
collegati tra loro: in primo luogo, il principio comunitario secondo il quale l’assenza di una colpa in
capo ad un organo con produce nessun tipo di responsabilità, in secondo luogo, la non previsione del
giudice amministrativo francese di una colpa del legislatore.
70
Si v. TA Paris, 11/12/2002, Société Fipp con nota di C. Deffiggier, AJDA, 12/03/2003. Tale autore
coglie già nella sentenza in esame un primo ma significativo passo verso il riconoscimento della
responsabilità per fatto del legislatore.
71
Si v. Simon-Barav, La responsabilité de l’administration national en cas de violation du droit
communautaire, in Rev., marchè, comm.,1987, p.170 ; L. Bubouis, La responsabilité de l’Etat
législateur pour les dommages causés aux particuliers par la violation du droit communautaire et son
incidence sur la responsabilité de la Communauté, in RFDA, 1996, p. 583. A tal riguado, significativa
resta la decisione dei giudici di Palais Royal che investiti dalla sentenza della Corte amministrativa
d’appello di Parigi del 1 luglio 1992, nella quale riconosceva la responsabilità del legislatore statale
colpevole di aver ignorato gli obiettivi fissati da una direttiva comunitaria, rinunciarono decidere nel
merito pronunciandosi per l’inammissibilità della domanda
72
TA Paris, 7/05/2004, Association France Nature Environnement AJDA, 2004, p. 1880ss. Per taluni
autori, tale sentenza sembra rappresentare addirittura un passo indietro rispetto a quanto stabilito
precedentemente dal Conseil d’Etat ; a tal proposito, si v. S. Theron, Les évolution de la résponsabilité
de l’Etat français, in Rev. dr .pub. n°5, 2006, p. 1335.
12
settembre 200473, nella quale l’incompatibilità di una disposizione di legge con
l’articolo 87 Ce ha spinto il giudice amministrativo a stabilire il principio secondo cui
l’inadempimento del legislatore statale, per mancata o intempestiva osservanza del
diritto comunitario, comporta a carico dello Stato una responsabilità di tipo
oggettivo74. Nonostante questa “audace nouvelle” abbia subito mostrato i suoi effettivi
limiti ( essa in fondo si è limitata ad enunciare solo teoricamente il principio, evitando
qualsiasi specifico riferimento che potesse condurre, alla luce del caso Francovich75,
ad una diretta chiamata in causa dello Stato legislatore), la sentenza ha indubbiamente
rappresentato una prima importante tappa al fine di garantire un’effettiva evoluzione
della responsabilità pubblica nel Sistema francese76. In seguito il Conseil d’Etat,77 in
ossequio alla sua “jurisprudence d’equitè”, ripropose di nuovo la teoria secondo la
quale è nell’ambito di una responsabilità “sans faute” che può ricercarsi una sorta di
responsabilità del legislatore che si traduce “nell’ammettere di riconoscere come danno
in senso civilistico le conseguenze sfavorevoli che un provvedimento può arrecare a
taluni soggetti privati”78. L’influenza del diritto comunitario79 ha messo seriamente in
discussione questa impostazione a tal punto che i giudici di Palais Royal hanno
cominciato a configurare l’ ipotesi di una diretta “responsabilitè” per colpa del
legislatore, per decenni esclusa dalla propria giurisprudenza.80 L’occasione è arrivata
l’8 febbraio 2007, data in cui il Conseil d’Etat81 con due decisioni di principio si è
allineato ad un orientamento giurisprudenziale già delineato nel 2004 dal Consiglio
73
TA Clemond-Ferrand, SA Fontanille, note C. Weisse-Marchal, AJDA, 2005, p. 387. Si v. anche TA
Nantes, 18 febbraio 1998, in Dr. adm., 1997, p.330.
74
Si cfr. anche CE, 23 /03/1984.
75
In tale ormai storica sentenza, la Corte di Giustizia assoggettò, in nome dei principi di effettività e di
supremazia del diritto comunitario, il legislatore statale a vincoli ben più rigorosi di quelli costituiti dal
sistema delle fonti di diritto costituzionale interno.
76
Anche se poi è interessante notare che l’unica volta in cui il Conseil d’Etat fu investito da una
domanda di risarcimento proposta da privati avverso una legge nazionale in spregio al diritto
comunitario(la disposizione nazionale aveva continuato a fissare il prezzo del tabacco diversamente da
quanto aveva stabilito la corte di Giustizia), il supremo giudice nazionale, pur ammettendo la
responsabilità “ pour faute de l’Etat”, preferì fondarla sul decreto attuativo della disposizione legislativa,
formulando una colpa sì oggettivata ma della Pubblica amministrazione.
77
CE, 28 febbraio 1992, nella quale sentenza si statuisce che la colpa deve essere intesa come
“antigiuridicità della condotta” e non come elemento psicologico. In altri termini, grazie alla c.d. teoria
della reglementation-écran fu stabilito la responsabilità dell’autorità amministrativa per aver emanato un
atto privo di fondamento giuridico. A. Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi,
Foro it., V, 2003, p. 176.
78
A Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi, in Foro it. V, 2003, p. 176. L.
Dubouis, Le juge administratif français, cit. p. 49
79
CGJE,13/06/2006, C-173/03.
80
Cfr. Y.Galland, L’autolimitation du juge administratif face aux directives communautaires, in
Actuel. jur. dr. adm., 2002.
81
CE, dec. n° 279.522-Arcelor e n° 287110 –Gardelieu.
13
costituzionale82, secondo il quale il recepimento nel diritto nazionale di una direttiva
costituisce un obbligo per le amministrazioni di natura costituzionale83. Da tali
decisioni84, il processo di responsabilizzazione dello Stato francese ha iniziato ad
assumere, in tema di violazione del diritto comunitario, una sua configurazione del
tutto autonoma, attraverso l’introduzione del modello della colpa oggettiva e della
responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto del legislatore.85 Quest’ultimo,
secondo il supremo giudice amministrativo dovrà, quindi, tenere una condotta che
favorisca la piena affermazione del diritto sovrastatale mediante l’approntamento di
disposizioni interne atte a garantire la tutela dei diritti dei privati riconosciuti dalle
direttive comunitarie86.Sotto altro profilo, il Conseil d’Etat afferma il carattere
assolutamente
autonomo
dell’azione
risarcitoria
rispetto
all’azione
per
inadempimento,87 la quale può limitarsi ad agevolare, ma non può condizionare in
termini di pregiudizialità l’attivazione della tutela88 risarcitoria da parte dei privati89.
Non sono mancate, invece, già da tempo pronunce favorevole da parte del Conseil
d’Etat90 in riferimento alla responsabilità dello Stato francese in caso di violazione del
diritto comunitario, ad opera dell’attività ermeneutica dei giudici nazionali91. Infatti, a
82
O. Dutheillet De Lamothe, Le Conseil Constitutionnel et le droit européen, in Rev. fr. dr. const.
,2004, p. 24.
83
Cons. Const., dec. n° 496 e 497/2004, nelle quali pronunce viene affermato il principio secondo cui
anche il legislatore francese è vincolato al rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della
Francia all’Unione europea, così come disposto dall’art. 88-1 della Carta Costituzionale. In dottrina, si
v. M. Calamo Specchia, Il Consiglio Constitutionnel e le Corti europee: dall’indifferenza al dialogo? In
G.F. Ferrari (a cura di ), Corti nazionali e Corti europee, Napoli, 2006, p. 327ss; V.P. Cassia, Le Juge
administratif, la primauté du droit de l’Union européen et la Constitution française in RFDA, 2005, p.
465ss.
84
In entrambe il Conseil d’Etat per la prima volta ha rinunciato a sindacare la legittimità delle
disposizioni legislative di recepimento delle direttive, sollevando un problema di interpretazione delle
stesse. Ciò ha spinto il supremo giudice amministrativo a rinviare la questione pregiudiziale alla Corte di
Giustizia che garantisce in tutta l’Unione un’uniforme interpretazione del diritto comunitario.
85
Si cfr, A. Lazari, La responsabilità del legislatore nel contesto comunitario, in Contratto ed
Impresa/Europa, 2009, n°2, p. 591ss.
86
Si cfr. anche TA Lille, n.0702487 del 10/11/2009; CJCE,l 26/01/2010, C-118/08.
87
Su questo bisogna tuttavia aggiungere che nonostante la posizione nettamente in favore da parte della
dottrina e della giurisprudenza dell’autonomia delle due azioni, in sede di procedimento amministrativo
appaiono ancora deboli le tutele a favore del cittadino rispetto agli strumenti previsti ai fini di ottenere il
risarcimento del danno. Sul punto si cfr. la legge n.95/1995.
88
A. De Laubadère, Traité de droit administratif, Paris, 1996, I, p. 889ss.
89
Si v. B. Mathieu, Les rapports normatifs entre le droit communautaire et le droit national. Bilan et
incertitudes relatifs aux évolution récente de la jurisprudence des juges constitutionnel et administratif
français, in Rev. fr . cost., 2007, p. 686.
90
C’è da considerare, però, che l’adesione del Conseil d’Etat ai principi con le note decisioni del 2007 si
è ulteriormente rafforzata con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nella parte in cui (Preambolo)
si afferma la vincolatività della Carta dei diritti fondamentali.In dottrina, J.P.Jacquè, La responsabilité
de l’Etat pour violation du droit communautaire en France , in Contratto e Impresa /Europa , 2009, n°2,
p. 620ss.
91
Sul punto, N. Albert, Précisions sur les conditions d’engagement de la responsabilité de l’Etat du fait
du service de la justice, JCPA,2010,n°1, p. 2006 ; M. FROMONT, La place de la justice administrative
14
differenza dell’Italia, in Francia il legislatore, preferendo astenersi dall’intervenire in
materia, ha lasciato spazio alla giurisdizione per “créer un cas de responsabilità plus
effettif que ce qui était prèvu depuis la jurisprudence Darmont”92. Il Conseil d’Etat ha
previsto una responsabilità a carico dello Stato per irragionevole durata del processo,
ma solo sulla base di una grave negligenza del giudice nazionale93. Tuttavia, il Conseil
d’Etat, pur riconoscendo la responsabilità “du fait du juge” per violazione del termine
ragionevole di durata del procedimento, allineandosi così alla giurisprudenza della
Corte di Giustizia94, non si è mai sbilanciato sul fatto se tale responsabilità dovesse
avere o meno anche i caratteri della “faute lourde”.
95
Il punto di svolta si è avuto
con le sentenze Arcelor e Gardalieu , nelle quali si è riconosciuta l’esistenza di un
vero e proprio dovere funzionale in capo al giudice nazionale, che si traduce nella
conoscenza ( e conseguente osservanza) delle regole comunitarie96. In particolare, si
conclamano due importanti principi: 1°) l’errore del giudice, commesso nell’ambito
della sua attività ermeneutica sia di norme di diritto che di valutazione delle prove e
dei fatti, costituisce fonte di grave responsabilità dello Stato chiamato a rispondere
per le violazioni del diritto comunitario da parte degli organi giurisdizionali nazionali
di ultima istanza97; 2°) il dovere dei giudici di sollevare, entro termini ragionevoli, la
questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 234 CE qualora
permangano
dubbi
interpretativi
che potrebbero compromettere
la corretta
applicazione del diritto comunitario.98 Recentemente, il Conseil d’Etat è ritornato sulla
questione con una decisione che apre a nuovi ed interessanti scenari, in quanto ha
riconosciuto la responsabilità dello Stato derivante anche da semplice negligenza del
giudice nazionale. In particolare, nella sentenza Ville de Brest , il Conseil d’Etat ha
condannato lo Stato a risarcire i danni a favore della collettività territoriale
interessata99, in quanto la durata dell’ esecuzione della decisione si era prolungata
française en Europe, Droit administratif, juillet, 2008, p. 8ss. Si cfr. Anche Cour de Cassation, 16 aprile,
2010, dec. n°12003.
92
J. Aspiro Sedky, Responsabilité publique, in Dir. pub., n°3, 2009 p. 1002.
93
Sul punto si cfr. Cour d’Appel d’Aix-en-provence, 15/09/1986; Cour de Cassation, 20/03/1989, Bull,
n°131.
94
CGJE, 10 giugno 2004, C-87/02.
95
Le medesime perplessità sono riscontrabili anche nella sentenza della CJCE,11/12/2007, C- 280/06.
96
M. Guyomar, Conclusions sur C.E. Ass., 8 febbraio 2007, _Société Arcelor Atlantique et Lorraine et
autres, in Rev. tr. eur., 2007.
97
Nella decisione 2004/496 cit. , si sottolinea come il supremo giudice amministrativo non deve più
ergersi a potere giudiziario delle leggi, bensì a giudice naturale della responsabilità dello Stato.
98
CE, n° 2004/497 cit. Su questo punto si v. anche CE,19/102007, n° 296529.
99
CE, 17/07/2009, Ville de Brest, req. n° 295653. Recentemente si cfr. anche CE , 10 febbraio 2010, n°
329100.
15
irragionevolmente100. Nelle pieghe della sentenza dell’Alta Corte si leggono le
seguenti
motivazioni. In via preliminare, ha ribadito che principio giuridico
fondamentale caratterizzante un giusto processo resta la sua ragionevole durata, così
come l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo espressamente
prevede.101 In secondo luogo, proprio in riferimento al processo amministrativo
caratterizzato da parti (privata e pubblica) che esprimono sul piano sostanziale valori
diversi pur assumendo sul piano strettamente processuale un’identica posizione, i
tempi del procedimento debbono essere ancora più ridotti, onde evitare che il
giudice,anche statuendo,si trovi poi nell’impossibilità di fornire alle parti un’adeguata
ed effettiva tutela giurisdizionale.102
III) L’invalidità
degli atti amministrativi
in diretto contrasto col diritto
comunitario: l’ipotesi della nullità nell’ordinamento italiano.
L’incompatibilità dell’atto amministrativo nazionale con la normativa comunitaria ha
negli ultimi anni
acceso il dibattito
in Italia sulla natura dell’invalidità che
inficierebbe l’atto stesso103. E’ pacifico che tale incompatibilità può verificarsi, sia nel
caso in cui un atto amministrativo nazionale(a contenuto non normativo) o un
regolamento di esecuzione violi direttamente un regolamento o una direttiva selfexecuting( in quest’ultimo caso la direttiva, pur in via mediata, costituisce il parametro
di legalità dell’atto nazionale), sia nell’ipotesi che la violazione avvenga
indirettamente, sulla base di una disposizione legislativa in contrasto con il disposto
comunitario ( si pensi a tutti quei recepimenti erronei di direttive da parte del nostro
legislatore). Quanto al primo caso, la giurisprudenza amministrativa appare pressoché
unanime nel considerare che la diretta violazione ad opera di un atto amministrativo
nazionale della normativa comunitaria produca, in ogni caso, l’annullabilità dell’atto
interno illegittimo, sulla base del principio secondo cui tale rapporto ha di nuovo solo
100
In senso diverso CEDU, 1/02/2001, Ayuntamiento de Mula c/ Espagne, n°55346/00; CEDU,
23/11/1999, Section de Comune d’Antilly c /France, n°45129/98. Sul punto si cfr. D. Saboutault, La
fonction juridictionnel entre autorité et responsabilité in M. Deguergue (sous la direction de) Justice et
responsabilité, Paris ,2003, p. 175ss.
101
C’è da sottolineare che in base all’art. 55 della Costituzione della V Repubblica l’ordinamento
francese conferisce alle norme della CEDU un valore super-legislativo.
102
M. Andrenos, E. Bjorge, Juge national et interprétation évolutive de la Convention
européenne des droits de l’Homme, in Reve du droit public, n°4, RDP, Paris, 2011, p.1004ss.
103
A tal riguardo, si v. la direttiva 207/66/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 11/12/2007.
16
il parametro di riferimento costituito dal regolamento comunitario, anziché dalla
disposizione normativa nazionale104. In tale ottica, rimangono fermi i principi generali
sulla invalidità degli atti amministrativi quali 1°) il termine decadenziale entro il quale
esperire il ricorso; 2°) la non rilevabilità d’ufficio da perte del giudice nazionale con il
conseguente obbligo di motivazione del ricorso; 3°) la necessità di una sentenza
costitutiva di annullamento.Tale tradizionale modello di reazione all’anticomunitarietà
degli atti amministrativi nazionali è stato ritenuto idoneo a salvaguardare,
contemporaneamente, sia
il rispetto del principio della primazia del diritto
comunitario, sia quello di garantire la tutela della stabilità dei rapporti giuridici
caratterizzante il
nostro modello impugnatorio.105 Tuttavia, pur evitando ogni
generalizzazione, alcuni spunti di riflessione meritano di essere formulati soprattutto a
riguardo dell’esistenza, a fronte di una grave invalidità comunitaria di un atto
amministrativo, di strumenti
di tutela giurisdizionali che, non
riconducibili al
tradizionale regime dell’annullabilità , confluiscono nelle ipotesi di nullità del
provvedimento. Come è noto, l’ipotesi che vizi particolarmente gravi producano la
nullità dell’atto amministrativo è stata solo recentemente disciplinata dal legislatore;
tale modello di tutela, infatti, in precedenza era del tutto estraneo al nostro contenzioso
amministrativo106. L’incidenza sempre più penetrante nel nostro ordinamento della
normativa comunitaria e la novella legislativa n. 15/2005 (art. 21) hanno parzialmente
modificato i caratteri del nostro sistema processuale amministrativo dal momento che
sono stati individuati
vizi che, rendendo
l’invalidità dell’atto amministrativo
insanabile, possono essere esperiti anche oltre i termini di decadenza stabiliti dalla
legge. Queste riflessioni
inducono a
non tralasciare l’ipotesi , spesso definita
scolastica, che la violazione del diritto comunitario possa, in circostanze particolari,
104
Si v. Cons. Stato, IV, n°579/05 ; Cons. Stato, IV, 1023/2006; Cons. Stato. VI, nn°, 4263/08 e
3621/08. Cons. Stato, Sez. V, n°3072/2009. In dottrina ,tra gli altri, G. Cocco, Le “Liaisons
dangereux”, cit. 684 ss; R. Garofoli, Annullamento di atto amministrativo contrastante con norme self executing, in Urb. App., 1997, 338 ss.
105
Cfr. N. Pignatelli, L’illegittimità, cit, 2008, p. 3656ss; C.E. Gallo, Manuale di giustizia
amministrativa , Torino, 2001, p. 123ss.
106
A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, I, 1989, Napoli, p.705ss ; F.G. Scoca ,
Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni( ordinaria e amministrativa) , in Dir. proc. amm.,
1989, n°2. A. Contieri, Le nuove patologie della funzione amministrativa tra inesistenza, nullità e
annullabilità degli atti, in relazione al Convegno di Studi Il diritto amministrativo degli anni 2000.
Itinerari legislativi ed interpretazioni giurisprudenziali , Avezzano-Aquila, dicembre 2005; S.Civitarese
Matteucci, La forma presa sul serio. Formalismo pratico, azione amministrativa ed illegalità utile,
Torino, 2006; id, Formalismo giuridico ed invalidità formali, in L.R. Perfetti, Le riforme della l. 7
agosto 1990 n.241tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato, 2008, Milano, p. 283ss.
17
dar luogo alla nullità degli
atti in esame.107 Pur nell’incertezza del quadro
argomentativo, la nullità dell’atto amministrativo in diretto contrasto con la normativa
europea potrebbe essere invocata in quei casi in cui, in assenza di una norma interna
attuativa quale parametro valutativo della legalità amministrativa, un provvedimento
violi gli elementi essenziali di una fattispecie contenuta in una norma comunitaria
caratterizzata da un particolare modello procedimentale108. Il che potrebbe verificarsi,
soprattutto in presenza di un atto amministrativo la cui funzione, in mancanza di
qualsiasi attività discrezionale da parte dell’autorità nazionale, è quella di eseguire
meramente la decisione assunta dalla Commissione in sede comunitaria.109 Ciò induce
necessariamente a sottolineare che i principi comunemente accolti
in tema
di
autonomia organizzativa degli Stati membri, rispetto al sistema procedurale
dell’esecuzione amministrativa, possono essere soggetti a deroghe sia per quanto
riguarda la fase procedimentale110 di esecuzione delle direttive comunitarie, sia per la
fase processuale volta a garantire principalmente le situazioni giuridiche soggettive
comunitarie111. Si pensi ad un provvedimento amministrativo adottato dall’Ispettorato
centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari che prevedesse, nella
produzione animale biologica, l’impiego di tecniche e sostanze poco trasparenti e non
adatte alla produzione biologica,espressamente vietate dal nuovo regolamento CE
n.889/2008. Tale violazione, che comprometterebbe la tutela dei consumatori,
andrebbe ad incidere sulle regole essenziali che presidiano la corretta produzione
animale biologica, dando luogo alla nullità dell’atto interno per mancanza di un
107
Si v., TAR Piemonte, sent. n° 34/89. In dottrina, tra gli altri, R. Caranta, Inesistenza( o nullità) del
provvedimento adottato in forza di norma nazionale contrastante con il diritto comunitario?, in Giur. it.
1989, III, 149 ss.
108
CGCE, 13/01/2004, C-453/2000; Si cfr. R. Murra, Contrasto tra norma nazionale e norma
comunitaria : nullità assoluta degli atti amministrativi di applicazione della norma nazionale?, in Dir.
proc. amm..,1990, 281ss.
109
In dottrina si v. M.S.Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1988, vol. II, p445-446; Cfr. Cons.
Stato, sent. n° 3464/2009; TAR Lazio, sez. III, 6 dicembre 1988. Ci riferiamo comunque a tutti quei
casi, definiti di amministrazione diretta, relativamente ai quali le autorità amministrative nazionali
svolgono attività meramente strumentali, la cui finalità consiste nella mera esecuzione di atti comunitari
già validi ed efficaci( il classico esempio è dato dal fenomeno dei finanziamenti europei SFOP, integrati
da finanziamenti dei rispettivi Stati membri mediante atti amministrativi nazionali). Si v.anche,
Tribunale di I grado, 6 dicembre 1994, C- T-450/93, Lirestal.
110
Si v. M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, Milano 2011, p. 654 secondo il quale l’autonomia
procedimentale e processuale degli Stati membri è da considerarsi sempre relativa in quanto sottoposta
ad “una condizione risolutiva rappresentata dalla vigenza di una disciplina comunitaria”.
111
C. Franchini, Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria. La coamministrazione nei
settori di interesse comunitario, Padova, 2°ed.,1993, p.207; s A. Predieri, Europeità dei fondi
strutturali: compendio e metafora, in Id.(a cura di ) , Fondi strutturali e coesione economica e sociale
nell’Unione europea, Milano, 1996, p. 78ss; G. FALCON, Separazione e coordinamento tra giurisdizioni
europee e giurisdizioni nazionali nella tutela avverso gli atti lesivi di situazioni soggettive europee, in
Riv. it. Dir. pubbl. com. ,2004, 1154ss.
18
elemento essenziale all’esistenza dell’atto stesso,112 nella specie la mancanza di finalità
dell’interesse pubblico comunitario.113 Alla luce di tali considerazioni, il contrasto
diretto che s’istaura tra un provvedimento amministrativo nazionale e la normativa
comunitaria direttamente applicabile (da cui è rinveniblile il vizio di anticomunitarietà
del primo) va dunque scrutinato caso per caso, di modo che, a fronte di una grave
violazione direttamente incidente sulla struttura “genetica “ dell’atto comunitario, si
possa anche considerare la nullità quale modello d’invalidità idoneo a disciplinare la
fattispecie in esame.114 D’altro canto, il silenzio del legislatore di riforma del 2005
nel non aver previsto, tra i vizi che producono la nullità dell’atto, quello di
anticomunitarietà, contribuisce,a nostro avviso,
soltanto a rafforzare l’idea che il
legislatore statale abbia preferito non incidere su questioni particolarmente delicate e
in costante trasformazione115. Tale impostazione parte dal presupposto che uno degli
aspetti ritenuti fondamentali della costruzione della vicenda comunitaria è dato
dall’attuazione uniforme del diritto comunitario nei rispettivi Stati membri;116 infatti,
in presenza di una eterogenea applicazione della normativa europea si incorrerebbe nel
rischio di favorire discriminazioni nel livello di tutela che i vari giudici degli Stati
appartenenti alla Comunità garantirebbero ai singoli soggetti nei confronti di atti
112
S. Ziller, Il nuovo trattato europeo, Bologna, 2007,p.139ss; C. Franchini, Amministrazione italiana
e amministrazione comunitaria, cit. , p. 208 ; D.U. GALETTA, Coamministrazione, reti di
amministrazioni, in Riv.dir. ital. pub.com., 2009,p. 1690.
113
Nel medesimo ordine di idee va ricondotta la disciplina relativa alle gare pubbliche di appalto
comunemente definite attività amministrative miste o di coamministrazione . In questi specifici casi, la
normativa comunitaria direttamente applicabile disciplina modalità procedimentali per la tutela della
libertà di concorrenza e della pubblicità, nelle quali al medesimo procedimento concorrono sia la
partecipazione dell’amministrazione nazionale, sia di quella comunitaria ai fini dell’emanazione del
provvedimento finale. Il non rispetto di tali modalità procedimentali, che non si prospettano più soltanto
secondo la tradizionale successione di atti, ma rappresentano la struttura medesima del coordinamento
fra diversi segmenti di eterogenee amministrazioni, potrebbe rappresentare una grave violazione di un
elemento essenziale della gara,non riconducibile all’effetto di annullamento del relativo atto di bando. Si
cfr. F. Spagnuolo, La coamministrazione e l’integrazione procedimentale nell’Unione europea: il
modello della coesione, in Politiche di coesione e integrazione europea. Una riforma difficile ma
possibile (a cura di ), Napoli, 2011, p. 142ss.
114
M.P. Chiti, I procedimenti composti nel diritto comunitario e nel diritto interno, in Atti
amministrativi e tutela degli interessati. L’influenza del diritto comunitario. Quaderni del Consiglio di
Stato, Torino, 1997 p. 57ss: Su questo punto cfr. anche E. Picozza, Diritto amministrativo e diritto
comunitario, Torino, 1997.
115
Si potrebbe parlare di un implicito invito alla giurisprudenza nazionale ed europea ad affrontare
definitivamente un argomento, che per una sua definitiva risoluzione, coinvolge anche questioni di
politica del diritto e di coerenza dell’ordinamento.
116
Sul punto e sulle problematiche della difficile compatibilità tra diritto il diritto amministrativo
europeo e quello interno degli Stati membri, si v. J.B.Auby- J. Dutheil De la Rochére( a cura di ), Le
droit admnistratif entre harmonisation et pluralisme eurocompatible, in Droit adm. eur. , Bruxelles,
2007, p. 670ss.
19
amministrativi lesivi117. Fermo restando che tale prassi alla lunga inciderebbe su quel
vincolo di “reciprocità” che indubbiamente lega i vari Stati118 e sul quale poggia il
fondamento della rinuncia delle “c.d. quote di sovranità”, bisogna sottolineare che più
volte la Corte di Giustizia ha ribadito che la tutela effettiva dei diritti dei singoli deve
risultare garantita nei rispettivi Stati da forme di tutela giurisdizionale che assicurino
mediante “standard minimi”, la protezione delle situazioni giuridicamente tutelate dal
diritto comunitario119. Nasce quindi l’esigenza di considerare la possibilità che, in casi
particolari, l’anticomunitarietà del provvedimento nazionale in diretto contrasto con la
normativa comunitaria produca la nullità dello stesso anche al di fuori della fattispecie,
peraltro rara da verificarsi, riconducibile al tradizionale vizio del difetto assoluto di
attribuzione120. In tal senso, gli usuali termini di impugnativa dell’atto e i puntuali
gravami sulla rilevabilità dell’invalidità dovrebbero essere derogati in favore di una
crescente tutela dei privati.121. Alla luce delle considerazioni appena svolte, il
riconoscimento della c.d. responsabilità dello “Stato-giurisdizione”122 derivante da
errore giudiziario, assume un fondamento giuridico e s’inquadra in quel filone di
pensiero secondo cui anche al potere in esame può essere imputato, per dolo o colpa
grave, la violazione del diritto comunitario da cui poi scaturisce la responsabilità
117
CGCE, 3 dicembre 1992, Oleificio Bonelli, C- 97/91; CGCE., 5 marzo 1996, Brasserie du
Pecheur,Cause riunite- 46/93 e 49/93. In dottrina, si v. G. Della Cananea, I procedimenti
amministrativi composti dell’Unione europea, in F. Bignami, S. Cassese(a cura di ), l procedimento
amminstrativonel diritto europeo, Quaderni della Riv. trim. dir. pubbl., n°1, 2004, p. 316ss.
118
Su questo punto, si v. E. Cannizzaro, Democrazia e sovranità nei rapporti fra Stati Membri e Unione
Europea, in Il diritto dell’Unione Europea, 2000, p. 241ss.
119
M.P. Chiti, L’invalidità degli atti amministrativi per violazione di disposizioni comunitarie e il
relativo regime processuale, in Dir. amm., 2003, p. 687ss; R. CARANTA, La tutela
giurisdizionale(italiana sotto l’influenza comunitaria), in Trattato di diritto comunitario europeo( diretto
da ) M.P. CHITI, C. Greco, Milano, 2007, p. 1030.
120
Si v. G. Contaldi, Atti amministrativi contrastanti il diritto comunitario, cit. 770-771; M.P. CHITIG.PALMA, I principi generali dell’azione amministrativa(a cura di ), Napoli, 2006, p. 3ss.; V.Cerulli
Irelli, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico per
effetto della giurisprudenza europea, in Riv. it. dir. pub. com. , n° 5 /2008, p 444-445. Si cfr. TAR
Basilicata, 17/10/2006, sent. n°723. G Cafagno, L’invalidità degli atti amministrativi emessi in forza di
legge contraria o direttiva CEE immediatamente applicabile, in Riv. It. dir. pub. com., 1990, 359-360.
121
Mettendo fine anche a quel rapporto asimmetrico esistente tra gli atti normativi e atti amministrativi,
per il quale l’anticomunitarietà dei secondi resta gravata da maggiori limitazioni stante l’invalidità
circoscritta nell’orbita dei solo vizi producenti l’annullamento dell’atto nazionale; si v. TAR Sardegna,
27/03/2007, sent. n°549; Si v. E. Chiti, Il potere del giudice nazionale di sollevare d’ufficio le
questioni di diritto comunitario, in Gior. dir. amm. 1997, 639 ss.; contra, F. Astoni, Nullità e
annullabilità del provvedimento amministrativo, Cosenza, 2009, p. 246.
122
Tra gli altri, si v. G. Alpa, La responsabilità dello Stato per “atti giudiziari”. A proposito del caso
Kobler c. Repubblica d’Austria, in Nuova giur. civ. com., 2005; M.Fragola, La responsabilità dello
Stato nei confronti dei singoli nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia , in Dir. com. e degli
scambi internazionali, 1997, n°4; V. Roppo, Responsabilità dello Stato per fatto della giurisdizione e
diritto europeo, in Riv. dir. priv., 2006.
20
civile a carico dello Stato unitariamente inteso.123 Le conclusioni appena raggiunte
non ci esimono, tuttavia, dal sottolineare
della delicatezza del problema, che va
affrontato caso per caso, al fine di evitare gravi alterazioni del nostro sistema di
giustizia124. E’ evidente, però, che individuare nell’annullabilità in via giudiziale
l’unico
modello
d’invalidità di un provvedimento amministrativo nazionale in
contrasto con la disciplina comunitaria appare quantomeno una risposta inadeguata
rispetto all’attuale complessità del problema. Pur ribadendo che invocare la nullità
degli atti nazionali in diretto contrasto con la normativa comunitaria non significa
riconoscere che l’anticomunitarietà125si traduca automaticamente in un vizio a sè
stante126, occorre, tuttavia, sottolineare come l’orientamento assunto dal Consiglio di
Stato, culminato nella sentenza del 22 novembre del 2006, n. 6831, nella quale si è
ribadito il divieto
di assumere da parte delle autorità amministrative qualsiasi
iniziativa atta a non applicare un provvedimento amministrativo127in deroga
all’ordinario regime di illegittimità/ legittimità degli atti in esame, in prospettiva mal
si concilia col presupposto, peraltro pacifico, che il diritto comunitario si estrinseca
con una forza e un valore superiore allo stesso diritto interno degli Stati membri.
D’altro canto, l’inoppugnabilità di un provvedimento amministrativo, decorsi i rigidi
termini definiti dalla legge, è un principio che trova radici ben salde in sede solamente
processuale, e nulla toglie che l’accertata anticomunitarietà di un atto produca , in
base al consolidato principio comunitario dell’”obbligo di risultati” in capo agli
Stati,128 effetti sostanziali a carico degli stessi.129 In un sistema dualista come è quello
francese, invece, il problema di determinare la forma d’invalidità dell’atto
123
In tal senso, CGCE, 13 dicembre 1991, C- 33/90(Commissione c. Italia), in Racc. 1991, I, 5987;
Trib. di Roma, sezione II, 29 settembre sent. n°41/2004. V. da ultimo, A. D’Aloia, La responsabilità
del giudice alla luce delle giurisprudenza comunitaria, in www.associazionecostituzionalisti.it ,2009.
124
A. Adinolfi, L’influenza del diritto comunitario sul diritto processuale interno,in Il diritto
dell’Unione europea,2001, p.45ss
125
Cfr,. N Pignatelli, L’illegittimità comunitaria , cit. p. 3639 ss,. Tale autore si pone l’interrogativo se
una simile violazione possa configurarsi come “una sorta di quarta specie rispetto alla classica trilogia
classica dei vizi dell’atto…..”.
126
Recentemente cfr. Cons. Stato, sez. V, 19/05/2009, n°3072; ancora, Cons. Stato, sez.V, 8 settembre
2008, n°4263 e Cons. Stato ,sez. VI, 10/012003, n°35. Meno recente, TAR Veneto, sent. n° 1075/78;
127
Cfr. R. Rossolini, Conflitto tra diritto comunitario e provvedimento amministrativo alla luce della
sentenza della Corte di Giustizia sul caso Ciola, in il Diritto comunitario e degli scambi internazionali,
1999, n° 4, 730ss
128
Cfr. CGCE, 13 gennaio 2004, C-453/2000. A tal proposito, assume particolare importanza la recente
decisione del Consiglio di Stato dell’8 giugno 2009, sez. IV, n° 3464, con la quale il Supremo
Consesso, ha annullato una sentenza del TAR Lazio n° 1831/99, stabilendo il principio dell’intangibilità
delle sentenze della Corte di Giustizia.
129
Sul punto si cfr. anche , Cass. Civ. s.u.., ordinanze 13 giugno 2006, nn° 13659 e 13660. Corte Cost.
sent. 227/2010, cit.. In dottrina, F. Francario, Inapplicabilità del provvedimento amministrativo ed
azione risarcitoria , in Dir. amm., 2002, 24ss
21
amministrativo nazionale contrastante con norme comunitarie va inquadrato
nell’ambito di uno schema in cui il ruolo assunto dal giudice amministrativo è quello
principalmente di porsi quale garante delle situazioni giuridiche soggettive rispetto
alla pubblica amministrazione. Questo ha contribuito ad aumentare le difficoltà di
adattamento della giurisprudenza amministrativa francese130 ai principi richiamati dalla
Corte di giustizia (legittimo affidamento o di proporzionalità) ai quali il Supremo
giudice amministrativo, pur non assumendo posizioni contrarie, ha spesso derogato in
nome dell’autonomia della teoria dei suoi principi generali del diritto131. Sul punto, la
soluzione accolta dal Conseil d’Etat132 è quella di considerare che le violazione del
regolamento comunitario da parte
direttamente di un atto amministrativo
nazionale(indipendentemente se di carattere generale o individuale) determinano
l’illegittimità –annullabilità di quest’ultimo per “execés de pouvoir” nel rispetto delle
regole processuali interne. Quest’ultime, in concreto, prevedono che la contestazione
della violazione del diritto dell’U.E. possa avvenire, in questi casi,
anche non
incidentalmente nel senso che l’atto anticomunitario può essere impugnato
direttamente133. Inoltre, per quanto riguarda la previsione di un limite temporale o
meno entro il quale esperire il ricorso contro l’atto anticomunitario, il Conseil d’Etat
ha più volte ribadito, sulla scia di una consolidata giurisprudenza della Corte di
Giustizia134, la necessità di fissarne uno135. Quanto detto ci fa considerare che in
Francia, a differenza dell’ Italia, la nullità o addirittura inesistenza del provvedimento
nazionale nel caso in specie è configurabile, in effetti, solo nel caso in cui il
provvedimento amministrativo sia fondato su di
una disposizione normativa
attributiva del potere in contrasto con il diritto comunitario136. Ne consegue, che la
disapplicazione non costituisce attualmente per
la giurisdizione amministrativa
francese una delle possibili forme attraverso le quali opera l’invalidità. Il giudice
francese, infatti, si è sempre preoccupato che il non applicare un atto ad una singola
fattispecie, quando per le restanti esso è perfettamente valido ed efficace, costituisce
un elemento di instabilità nel sistema giurisdizionale nazionale137. Ma la non
applicabilità di speciali regole processuali potrebbe anche in Francia non garantire il
Y. Aquila, La justice administrative, un modèle majoritaire en Europe- Le mythe de l’exception
française à l’épreuve des fais. AJDA, 2007, p. 290ss.
131
Cfr. C.E., 29 giugno 2001-Vassilikiotis.
132
C.E., Arcelor, cit.
133
C.E, 8 dicembre 2000- Association Eglise de scientologie de Paris.
134
CJCE, 5 aprile 1979, C-148/78.
135
C.E., Ass. 30 maggio 1952 ; in senso diverso, Cons. Const. , dc 30 dicembre 1977, n°77-90.
136
Si v. CGJE. , sent. 9 marzo 1994, C-188/92.
137
C.E., Gardelieu,cit.
130
22
primato del diritto sopranazionale e l’effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni
soggettive ad essa sottese138. Soprattutto alla luce del Trattato di Lisbona anche nel
complesso sistema amministrativo francese si avverte
l’esigenza di
una nuova
regolamentazione della materia nella quale gli effetti della normativa comunitaria
sono da considerare direttamente imputabili ai singoli139. Questo comporterebbe,
secondo autorevole dottrina,140 la facoltà attribuita al privato di adire i giudici
comunitari per la tutela di un proprio diritto senza alcuna preliminare istanza
nazionale141. Ma fino ad ora nell’orientamento giurisprudenziale di merito dei giudici
francesi non sono riscontrabili pronunce che teorizzino uno speciale regime
d’invalidità del provvedimento amministrativo statale in diretto contrasto con il diritto
comunitario. Come è stato ribadito dal Conseil d’Etat anche recentemente la nullitàinesistenza ricorre solo nel caso in cui l’atto amministrativo nazionale trovi il proprio
fondamento in una legge o in un regolamento contrastante con il diritto comunitario
(e, quindi, disapplicabile)142.
IV) L’illegittimità comunitaria indiretta degli atti amministrativi.
Il problema dell’invalidità dell’atto amministrativo per “anticomunitarietà” si prospetta
con
maggiore
complessità
quando
tale
illegittimità
sorge
sulla
base
dell’incompatibilità di una norma nazionale (sulla quale si fonda l’atto amministrativo)
col diritto comunitario direttamente applicabile. Tale ipotesi assume particolare
importanza in quanto l’esame di alcune situazioni concrete ha, da una parte, richiamato
il principio della disapplicazione degli atti amministrativi nazionali incompatibili con
la normativa comunitaria, dall’altra, prospettava ,con l’inclusione di nuovi poteri
affidati al giudice, sostanziali deroghe ai profili del sistema processuale nazionale. In
tempi meno recenti, in Italia, il problema dell’incompatibilità tra una legge nazionale(o
P. Cassia, Le juge administratif, la primauté du droit de l’Union européenne et la Constitution
française, in Rev. fr. dr. adm, 2005, p. 463 ss.
139
K. Auriol, Le Traitè de Lisbone et ses conséquences sur l’admnistration des institutions de l’U.E.,
in Rev.française d’Admnistration publique, 2010.
140
K. Auriol, ibidem; P. Roger, La Cour de Cassation surprend sur la question prioritaire de
constitutionalité, in le Monde, 23 aprile 2010 ; J.L. Warsmann, Rapport au nom de la Commission de
loi Constitutionnelles, n° 1599,03 /09/2009, p.26ss.
141
Rispetto al sistema vigente in Italia, c’è da sottolineare che in Francia il portatore dell’interesse a
ricorrere può anche essere il soggetto non titolare dell’interesse legittimo, nè tantomeno interessato
all’eliminazione dell’atto.
142
CE, Arcelor, cit. Sul punto, S. Cornella, Il Consiglio di Stato torna sulla questione dell’illegittimità
comunitaria dell’atto amministrativo di diritto interno, in Giustizia amministrativa, 2010 p.230.
138
23
atto equiparato)ed una norma comunitaria fu risolto dalla storica e famosa sentenza
Granital143, nella quale la Corte Costituzionale affermò che l’applicazione automatica
del diritto comunitario dovesse essere decisa fuori dall’orbita del sistema di
costituzionalità accentrato, favorendo, così, il meccanismo della disapplicazione degli
atti legislativi144 in difformità col diritto comunitario ad opera del giudice nazionale145,
sulla base del principio della primazia del diritto comunitario su quello interno degli
Stati membri146. Successivamente, la Corte di Lussemburgo ha precisato che nei
confronti degli organi legislativi degli Stati membri s’impone l’obbligo di non adottare
atti in contrasto con norme comunitarie, anche non direttamente applicabili, suscettibili
di compromettere gli obiettivi prefissati dall’U.E147.Con il diffondersi del fenomeno
della “comunitarizzazione” delle funzioni e dei servizi della P.A. e il conseguente
passaggio ad una “amministrazione di risultati”, si è posto il problema se il richiamo
all’istituto della disapplicazione, quale schema generale per la risoluzione dei conflitti
e per l’affermazione dell’ “effetto utile comunitario”, fosse da applicare anche ad un
provvedimento amministrativo basato su di una legge nazionale in contrasto con una
norma comunitaria direttamente applicabile148. Tutto nasce dalla ormai notissima
sentenza Ciola149, che costituisce, pur riguardando un caso particolarissimo, un primo
approccio alla risoluzione del problema di stabilire i confini esistenti tra rispetto
dell’autonomia procedimentale e processuale del nostro sistema e affermazione a tutti
i costi del c.d. “effetto utile”del diritto comunitario150. Come è noto, la sentenza in
esame ha sancito l’anticomunitarietà di una norma processuale
che vietava la
valutazione d’ufficio di un provvedimento amministrativo interno rispetto ad una
disposizione comunitaria da parte del giudice nazionale. Ciò ha significato
un’importante inversione di tendenza, soprattutto alla luce della successiva sentenza
143
Corte Cost., sent. n°170/84; tra i numerosi e autorevoli commenti alla storica sentenza, tra gli altri, si
v. S. Galeotti, Legge nazionale, regolamento comunitario e controllo giurisdizionale , in Scritti per
Giannini, 1988, III, pp. 351-352-353; A tal riguardo si cfr. anche Corte Cost., sentt. nn 205/76 e 163/77.
144
Di recente si v. C. Pagotto, La disapplicazione della legge, Milano, 2008, p. 125ss.
145
R. Conti, Il problema delle norme interne contrastanti con il diritto comunitario non
immediatamente efficace fra rimedi interni ed eurounitari, in www.federalismi.it, 10/2010. A. Ruggeri,
Corti costituzionale e Corti europee: il modello, le esperienze, le prospettive, Relazione al convegno del
gruppo di Pisa su Corte Costituzionale e sistema istituzionale, Pisa 4-5 giugno 2010.
146
CGCE , 22/06/1989, C- 103/1988;
147
CGCE, 18 dicembre 1997, C-318/98.
148
Corte Cost., sent. n°389/89; Cons. Stato, sez. IV, 4/01/2005/, n°2. Si v. inoltre E. Klein, L’influenza
del diritto comunitario,cit. p. 682ss.
149
CGCE , 29/04/1999, C-224/97
150
Sul punto storica è la sentenza CGCE, del 16/12/76 C-33/76.
24
Peterbroek151, che ha consentito al giudice nazionale di poter d’ufficio scrutinare la
compatibilità di un provvedimento amministrativo con la normativa europea, anche
decorsi i termini di decadenza per l’eventuale ricorso. Nonostante certa dottrina152,
abbia
segnalato che le citate sentenze riguardavano casi così particolari da non
consentire alcuna generalizzazione del principio, il fenomeno della disapplicazione
degli atti amministrativi in contrasto col diritto comunitario si è riproposto in tutta la
sua complessità.153 Tale fenomeno si pone,infatti, al centro di due esigenze opposte e
contrastanti, caratterizzate, l’una, dalla piena e totale affermazione del diritto
comunitario in base al principio della supremazia del diritto comunitario154, l’altra,
dal necessario rispetto, di rilevanti principi nazionali, quali la certezza e la stabilità dei
rapporti giuridici: più
in generale, il rispetto dell’autonomia procedimentale e
processuale dello Stato. L’indagine si prospetta nei seguenti termini: l’autorità
amministrativa nell’ipotesi debba adottare un atto sulla base di una norma nazionale
in contrasto con il diritto comunitario direttamente applicabile ha o meno il
potere/dovere di disapplicare tale norma? Le posizioni
della giurisprudenza
amministrativa, pur diverse rispetto a quelle assunte nell’ipotesi di diretta violazione
da parte
del provvedimento nazionale
del diritto comunitario, risultano tuttavia
contrastanti. Si devono, infatti, riscontare casi in cui il giudice amministrativo ha
ritenuto opportuna la strada della disapplicazione (in questo senso allineandosi
all’indirizzo tracciato dalla Corte europea)155 e casi
in cui, invece, il giudice
amministrativo ha preferito annullare il provvedimento interno anticomunitario.156
Tale stato di incertezza ha caratterizzato in questi anni
l’attività dei giudici
amministrativi che spesso, di fronte a casi di dubbia compatibilità comunitaria di
provvedimenti nazionali, hanno preferito rimettere la questione pregiudiziale
alla
Corte di Lussemburgo e ha rallentato di molto il processo di diffusione del sindacato
diffuso mediante l’automatica disapplicazione della compatibilità comunitaria157. Il
151
Nello stesso filone vanno ricondotte le successive sentenze della CGCE, 7/06/2007, C- 222/05 e C225/05.
152
E.M. Barbieri, Ancora sulla disapplicazione di provvedimenti amministrativi contrastanti col diritto
comunitario, in Riv. It. dir. pub. com., 2000, p.153; G. Ceceri, La disapplicazione dell’atto
amministrativo in contrasto col diritto comunitario, Giustamm.it , 2009.
153
Si cfr. P Birkinshaw, Re-patriating UK Constitutionalism, in Giustamm.it, 2011.
154
CGCE, 227/2010 cit. ; CGCE, 9 settembre 2003, C-198/01, punto 49.
155
C. Leone, Disapplicabilità dell’atto amministrativo in contrasto con la disciplina comunitaria?
Finalmente una parola chiara da parte della Corte di Giustizia, in Riv. it. dir. pub. com.,2003, p. 895ss.
156
Cons. Stato, sez V, 10 gennaio 2003, n°35, in Foro it. 2004,III, c.413ss. Recentemente, Cons. Stato,
sez.V, 19/05/2009, n°3072.
157
TAR Lombardia, ordinanze nn. 234 e 238/1988; inoltre si cfr. TAR Veneto, sent. n° 432/91; TAR
Puglia, sent. n°253/ 96; ancora TAR Lombardia sent. n° 1843/97. In dottrina, si v. M.P. CHITI, Diritto
25
primato del diritto comunitario si afferma, invece, nell’obbligo in capo ai giudici
nazionali e alle autorità amministrative158 di non applicare
l’atto amministrativo
nazionale in contrasto con la normativa comunitaria, come, del resto, più volte ha
ribadito la Corte europea159. A tal riguardo, va osservato che l’impugnazione degli atti
comunitari ritenuti illegittimi entro prefissati termini decadenziali è un principio
rilevante che connota anche il
sistema di giurisdizione
comunitaria160 (art. 263
,ultimo comma,TUE). Tuttavia, l’autonomia degli Stati membri nel fissare le modalità
procedurali che regolano la tutela giurisdizionale dei diritti di origine comunitaria non
deve assolutamente tramutarsi nell’impossibilità di rendere effettivo l’esercizio delle
garanzie comunitarie161. E’, infatti, pacifico il principio secondo cui l’inoppugnabilità
dell’atto opera solo sul piano giustiziale162,
potendo l’atto stesso essere invece
sindacabile sia ad opera dell’amministrazione, mediante i poteri di autotutela, sia del
giudice ordinario, mediante l’istituto della disapplicazione163. Ne consegue che, una
volta che l’autorità amministrativa164 o il giudice nazionale abbiano accertato la
compatibilità di un provvedimento amministrativo con una legge statale a sua volta
contrastante con il diritto dell’Unione , essi devono astenersi dall’applicare l’atto
nazionale, soprattutto se da questa scelta dipenda
la salvaguardia dell’interesse
comunitario165 e del principio dell’effetto utile166. Tali considerazioni sono state
amministrativo europeo, Milano, 2003, p. 356 ss.; V. STIGLIANI, Atti amministrativi e norme
comunitarie, in Riv. dir.pub.com., 1999, p. 1423ss; A. CELOTTO, Le “modalità” di prevalenza delle
norme comunitarie sulle norme interne: sputi ricostruttivi, in Aa.Vv, Sovranità, Rappresentanza,
Democrazia. Rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali, Napoli, 2000 p. 437ss.
158
Si prenda in considerazione l’autorità Garante della Concorrenza che più spesso nell’ambito delle
proprie attività e in ossequio alla primautè ha preferito non applicare atti interni in contrasto con il
regolamento comunitario settoriale.
159
CGCE, 4 dicembre 1997,C-258/96, punto 46; CGCE., 28 giugno 2001, C-118/00, punto 52; CCGE,
12 giugno 2005, C-453/03. In tal senso, anche Corte Cost., 14 giugno 1990,n.285, punto4.2 del
considerato in diritto. In dottrina, si cfr. G. Ceceri, La disapplicazione dell’atto amministrativo, cit. In
senso diverso, M. Delsignore, La disapplicazione dell’atto in violazione del diritto comunitario non
impugnato, in Dir. proc. amm., 2008; M. Macchia, La violazione del diritto comunitario e
“l’eccezione disapplicatoria”, in Giorn. dir. amm. , 2007;
160
Per un approfondimento , si v., L .Muselli, La giustizia amministrativa dell’ordinamento
comunitario, Torino, 2000; R. Calvano, Piccole note sull’idea e la pratica della legalità comunitaria,
scritti in onore di G. Ferrara,I, Torino 2005, p. 501ss.
161
Sul punto si v. CGCE, sentenza, 28 giugno 2001, C-118/00, in Racc.2001, p. 1-5063 con nota di S.
Marinai, Aspetti applicativi del principio di responsabilità dello Stato per violazione del diritto
comunitario, in Diritto commerciale e degli scambi internazionali, 2002, p. 689ss.
162
E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2004, p.507.
163
G. Strozzi, Limiti e controlimiti nell’applicazione del diritto comunitario, in Studi sull’integrazione
europea, n°1/2009, p. 23ss
164
Su questo punto si v. V. Cerulli Irelli, I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e
ordinamento interno, cit. 391
165
Tra le tante decisioni, si v. CGCE, 30 settembre 2003, C-224/01; CGCE, 16 maggio 2006, C-234/04.;
CGCE, 23/04/2009, Cause riunite, C-378/07 e C- 380/07.
26
suffragate dalla sentenza della Corte europea del 27 febbraio 2003, (C-327/00), nota
come sentenza Santex, nella quale si è stabilito l’obbligo di disapplicare qualsiasi
disposizione nazionale la cui applicazione comprometterebbe diritti riconosciuti ai
singoli dalla normativa europea167. Ne consegue che la decisione di un giudice di
disapplicare una disposizioni legislativa in contrasto con il diritto comunitario non può
non coinvolgere , al fine di evitare nel nostro ordinamento una imbarazzante
asimmetria, anche l’atto amministrativo esecutivo la cui anticomunitarietà viene ad
essere filtrata proprio dalla norma invalida168. La sentenza del TAR Sardegna del 2007
n. 549, che ha disapplicato un atto amministrativo in contrasto con la direttiva 18/2004
in tema di contratti pubblici nonostante i termini per l’impugnazione fossero già
cessati, sembra intraprendere lo stesso percorso tracciato dalla Corte europea169. In
effetti, essa ha sancito che fermo restando il contrasto con le norme comunitarie da
parte di un provvedimento amministrativo genera(normalmente) l’illegittimità per
violazione di legge con conseguente annullamento dell’atto, nel caso tuttavia
il
ricorrente, pur non contestando l’atto nei termini previsti, dimostri che le sue legittime
aspettative per la tutela di un proprio diritto si fondano proprio sul provvedimento in
contrasto col diritto comunitario, il giudice deve non applicare l’atto amministrativo
in base a principi di legalità sostanziale, favorendo così
il corretto rispetto del
principio della supremazia del diritto comunitario170 su quello nazionale171. D’altro
166
Si v. la non recente sentenza delle Corte di Giustizia del 6 ottobre 1981, Cilfit c/Gavardo, C-283/81,
nella quale si stabilisce l’importante principio secondo cui, nei casi di dubbi interpretativi della noma
capaci di mettere in discussione l’effettiva attuazione del diritto comunitario, il giudice nazionale di
ultima istanza è obbligato a porre anche d’ufficio la questione pregiudiziale innanzi ai giudici di
Lussemburgo. In dottrina, si cfr. A. Masucci, La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una
“Tutela cautelare europea”, in Riv. it. dir. com., 1996, p. 1155ss.
167
A tal riguardo, vanno segnalati alcuni recenti interventi della giurisdizione amministrativa nazionale
di primo e secondo grado, che hanno accolto il ricorso di una spa contro l’autorità amministrativa
procedente che l’aveva esclusa dalla partecipazione ad un procedimento di licitazione privata ritenendo
l’offerta anomala, nonostante fosse risultata la più vantaggiosa. Il Tar Puglia, pur dichiarando il
provvedimento in esame illegittimo per contrasto con la direttiva CE n° 37/93, si è limitato a definire
non sufficiente tale illegittimità ai fini di un risarcimento del danno da parte della P.A. A sua volta, il
Consiglio di Stato, con la sentenza n° 3169/2001 adottata dalla IV sezione, ha condannato al
risarcimento la P.A. con la motivazione che gravi violazioni del diritto comunitario già di per sé
comportano una piena responsabilità dell’amministrazione.
168
V. Cerulli Irelli, Trasformazioni del sistema di tutela , cit. p.449; Si cfr., M. Giovannelli, La Corte
di giustizia si pronuncia sulla disapplicazione dei bandi, in Urb. app., 2003, 653; meno recente, si v. L.
Torchia, Il giudice disapplica ed il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti fra diritto
comunitario e diritto interno, in Foro, 1990, III, 203ss.
169
CGCE, 12/02/08, C-2/06.
170
Cfr. L.Filippi, La giurisprudenza amministrativa a contenuto comunitario, in Riv. it. dir. pub.com.,
1993, p. 1181ss.
171
Corte Cass., ord., nn° 13659, 13660/06 e 5464/09; sent. n° 30254/08. Perplessità nel subordinare il
principio della certezza del diritto alla libera valutazione dei giudici di Lussemburgo sono sollevate da
G. Greco nella relazione al Convegno “La tutela nei confronti del potere amministrativo e le ragioni
27
canto, l’inoppugnabilità non costituisce un carattere assoluto del provvedimento
amministrativo172; in effetti, mentre esso può risultare inoppugnabile per un soggetto
nei confronti del quale sono spirati i termini fissati dalla legge, può, al contrario,
risultare oggetto d’impugnativa per tutti coloro che del provvedimento non erano a
conoscenza. Ulteriori sviluppi sortiscono in riferimento a due recenti statuizioni
,rispettivamente del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia: nel primo caso173, il
Consiglio di Stato, con la decisione
del 23 febbraio 2009, n°1054, ha ritenuto
illegittima( e quindi inefficace), in materia di attività venatoria, una delibera della
regione Lombardia fondata su di una legge regionale in palese contrasto con le
prescrizioni comunitarie; a sua volta, la Corte di Lussemburgo, con ordinanza del 10
dicembre 2009 ha ordinato al nostro Stato di sospendere174 l’applicazione dell’articolo
4, primo comma ,della legge regionale della stessa regione Lombardia 30 luglio 2008
n°24, che disciplina il regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva
79/409/CE, (concernente la conservazione e la protezione di tutte le specie degli
uccelli selvatici), in quanto le deroghe apportate dalla Regione suddetta non rispettano
le condizioni e i requisiti che la normativa comunitaria prevede in materia.175
Altra questione è, invece, l’invalidità degli atti amministrativi ritenuti dal giudice
nazionale non applicabili per vizio di anticomunitarietà. E’ noto che la disapplicazione
di un atto, pur limitandosi a produrre i suoi effetti riguardo al caso di specie176, vincola
l’amministrazione a non adottare quel provvedimento che ormai è da ritenersi invalido.
dell’interesse pubblico, Siena-Certosa di Pontignano, 12 e 13 giugno del 2009; quest’ultimo sottolinea
come tale prassi oramai ha del tutto disconosciuto l’autonomia procedimentale dei rispettivi Stati
membri.
172
E. Cannada Bartoli, L’inapplicabilità degli atti amministrativi, Milano 1950.
173
Si cfr. Cons. Stato, sent. n° 4263/2008. Nella sentenza in esame la riforma della decisione del T.A.R.
Sardegna concretizzatesi con l’espresso divieto alla P.A. di disapplicare l’atto interno in contrasto con
la normativa comunitaria, va bilanciato con il fatto che il supremo giudice amministrativo ha utilizzato
una formula alquanto generica nel riferirsi agli strumenti di autotutela da invece utilizzare , sorvolando
in effetti sia sui presupposti, sia sui limiti temporali. In senso diverso, si cfr. gli spunti interessanti di M.
Caporale, commento alla sentenze del Consiglio di Stato nn° 579/05 e 4263/08, in L. Vandelli( a cura
di), L’attività amministrativa: casi e interpretazioni, strumenti di diritto pubblico, Bologna, 2009.
174
In attesa che i giudici di Lussemburgo decideranno la causa C-573/08 che ha ad oggetto un ricorso
per inadempimento ai sensi dell’art. 258 TFUE, presentato dalla Commissione delle Comunità contro la
Repubblica italiana il 22 dicembre 2008.
175
Il tema della disapplicazione amministrativa è stato riproposto dalle recenti sentenze del Consiglio
di Stato,sez. IV, n. 1210/2010 e del TAR Lazio , sez. II, bis, n. 11984/2010.
176
Bisogna tuttavia sottolineare che l’istituto della disapplicazione su di un atto ammininistrativo,
proprio in virtù del fatto che esso disciplina casi particolari e contingenti, incide maggiormente rispetto a
quando esso opera su di una legge; quest’ ultima, infatti, caratterizzata generalmente da elementi quali la
generalità e l’astrattezza ha bisogno di un passaggio successivo(l’espressa abrogazione) onde evitare che
l’ordinamento( e la comunità) la reputino ancora vigente. Viceversa, per il provvedimento il
conseguente annullamento assume un significato essenzialmente formale dato che la non applicazione
dell’atto da parte dei giudici e dell’autorità amministrativa ha circuito definitivamente gli argini della
sua efficacia. Si cfr. Cons. Stato, sez. VI, n° 5826/2005; in dottrina, N. Pignatelli, L’illegittimità
comunitaria, cit., p. 3644ss.
28
Pur in un quadro di riferimento alquanto incerto, l’ipotesi che l’atto amministrativo
disapplicato sia da ritenere nullo appare possibile nel solo caso in cui venga accertato
il difetto assoluto di attribuzione177.Tale orientamento ha trovato riscontro soprattutto
nell’ambito del diritto tributario in riferimento o all’imposizione di tributi illegittimi in
violazione del diritto comunitario, o di tributi che, formalmente legittimi, producono,
tuttavia, un regime di tassazione discriminatorio fra persone o cose178. Al di la di
queste ipotesi riconducibili, rispettivamente, al vizio di carenza di potere e al
fenomeno della totale inesistenza dell’atto, l’invalidità riconducibile al caso in specie
resta, per la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria, quello dell’annullabilità. In
effetti, la mediazione della legge attraverso la quale viene filtrata l’invalidità dell’atto
nazionale, fa da “paracadute” al grado d’invalidità che colpisce l’atto applicativo,
paracadute che, invece, mancherebbe
nel caso che la violazione della norma
comunitaria fosse direttamente prodotta dall’atto amministrativo nazionale179. Ma, se è
scontata, l’inesistenza di dubbi sulla rigida osservanza dei termini di decadenza
nell’ipotesi di contrasto tra provvedimenti amministrativo e disposizioni legislative,
lo stesso non sembra potersi affermare (almeno in via assoluta) in relazione alla non
conformità degli atti amministrativi rispetto al diritto comunitario. Infatti, in
quest’ultima ipotesi, l’impossibilità di esperire un ricorso giurisdizionale per il
superamento dei termini di impugnazione, non sottrae automaticamente lo Stato ad
eventuali responsabilità civili sul piano comunitario180, con conseguente risarcimento
dei danni a favore dei privati.181 Ciò induce a considerare, che il vizio che si produce
nell’ambito del regime d’invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, non può
confluire necessariamente nella categoria dell’annullabilità182; in effetti, è possibile
riscontrare ipotesi nelle quali l’incisione dell’altrui situazione giuridica, non
coinvolgendo interessi legittimi, favorisca il fenomeno della disapplicazione del
provvedimento amministrativo. Illuminante al riguardo è la decisione del Consiglio di
177
Sul punto, Cons. Stato, sent. n°579/2005.
Su questo punto, L. Federico, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Ipsoa,
1995; inoltre, cfr. F. Gallo, L’applicazione d’ufficio del diritto comunitario da parte del giudice
nazionale nel processo tributario e nel giudizio di Cassazione, in Rass. Trib., 2003, 314ss.
179
CGCE, 9/09/2003, C-198/01.
180
F. Ferraro, Responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario,
Milano 2008, p 46ss. Si cfr. Corte Cost., sent. n°227/10
181
Contra, G. Greco, Inoppugnabilità e disapplicabilità dell’atto amministrativo nel quadro
comunitario e nazionale ,in Riv. it. dir. pub. com. 2006. Recentemente, si cfr. anche L.Garofalo,
Danno risarcibile e Pubblica amministrazione, in giustamm.it, 2011, n°7, p.10ss.
182
Contra e sul regime d’invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, Cons.
Stato,
n°3072/’09,cit..
178
29
Stato183, peraltro già citata, che traccia nelle sue conclusioni un principio da tempo
consolidato nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo: si è ritenuto che, anche
in presenza di un precedente giudicato il principio della certezza del diritto può in
taluni casi soccombere in presenza di una non corretta applicazione di una direttiva
comunitaria 184 contenente la tutela un diritto soggettivo di un privato185.
In Francia, invece, qualora l’atto amministrativo si fondi sulla base di una legge in
contrasto con il diritto comunitario, in virtù dell’articolo 55 della Costituzione, è
possibile
sollevare
presso
il
supremo
giudice
amministrativo
“l’exception
d’inconventionnalitè”, con cui in sostanza si procede, in primis, alla disapplicazione
della disposizione legislativa nazionale in favore di quella europea, in secondo luogo,
all’annullamento dell’atto amministrativo ormai privo di fondamento giuridico in
conseguenza della disapplicazione dell’atto legislativo.186 Tale regime, tuttavia, è
previsto solo quando si è in presenza di un atto amministrativo meramente esecutorio
della legge.187 Al contrario, a fronte di atti amministrativi attuativi (capaci per loro
natura anche di integrare in alcuni aspetti la legge) è stato statuito dal Conseil d’Etat
che il vizio di anticomunitarietà può essere sollevato direttamente contro l’atto interno
senza la previa contestazione della legge188. Del resto, il giudice amministrativo amplia
notevolmente il suo sindacato sulla attività della Pubblica amministrazione proprio in
presenza di atti amministrativi ad alto contenuto discrezionale che prevedono diverse
modalità di attuazione del diritto comunitario in assenza di una disposizione di legge
che faccia “ecran”189. Se, tuttavia, il cosiddetto “bloc de conventionnalitè”, sancito dal
Conseil d’Etat con la storica sentenza Nicolò, ha stabilito che le leggi nazionali
posteriori in spregio al diritto comunitario (anche derivato) vanno disapplicate in
ottemperanza a quanto disposto dall’art. 55 della Costituzione , considerazioni diverse
183
Cons. Stato, n° 3464, cit.
Il Consiglio di Stato accogliendo la carenza di giurisdizione del TAR Lazio e ristabilendo la
competenza del giudice ordinario, ha ritenuto che la non applicazione dell’atto amministrativo nazionale
da parte di quest’ultimo fosse lo sbocco necessario e alternativo per porre fine alla produzione di quei
effetti giuridici che avrebbero compromesso la situazione giuridica di vantaggio del privato ; si cfr.
anche Cassazione civile, sez. III, sentenza del 18/05/2011, n° 10813.
185
Cfr. M. Luciani, Positività, metapositività e parapositività dei diritti fondamentali, in Scritti in onore
di L. Carlassarre. Il diritto costituzionale come regola e limite al potere, III, Dei diritti e
dell’uguaglianza, a cura di G. Brunelli- A. Pugiotto-P.Veronesi, Napoli, 2009,p. 1060ss; C.
Feliziani, La tutela dei diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona. La Corte di Giustizia prende atto
della natura giuridica vincolante della Carta di Piazza, in AIC, n°1/2011, p. 13ss. Si cfr. , inoltre, CGCE,
5/10/2010, C-400/10.
186
C.E, 24 settembre 1990-Boisdet.
187
L. Bubouis, Directive communautaire et loi française: primauté de la directive et respect de
l’interprétation que la cour de justice a donné de ses dispositions, in Rev. fr. dir. adm, n°8, 1992.
188
In tal senso, C.E., 9 luglio 1997.
189
C.E., Ass, 30 ottobre 1998.
184
30
meritano le direttive comunitarie. Per questi atti normativi, infatti, il Conseil d’Etat
,eccependo “l’inconventionnalitè”, ha stabilito perfino la disapplicazione di una legge
posteriore tra le cui disposizioni non figurava espressamente l’obiettivo della
trasposizione190. In seguito a tale innovativa interpretazione fornita dal Supremo
giudice, autorevole dottrina191 ha teorizzato il principio secondo cui il “controle di
conventionnalitè” sugli atti interni che traspongono le direttive comunitarie,
si
presenterebbe con delle caratteristiche molto simili al controllo esercitato dal Conseil
Constitutionnel in tema di costituzionalità delle leggi.192Questo
ha provocato un
acceso dibattito nella dottrina, in quanto alcuni autori193 hanno evidenziato il rischio di
un’alterazione sostanziale del sistema legali delle fonti interne. Sta di fatto che, il
Conseil d’Etat, ha più volte sancito194 l’obbligo per la Pubblica amministrazione di
abrogare tutti gli atti amministrativi contrari al diritto dell’Unione anche se
perfettamente conformi alla disposizione di legge195, in quanto podromo della
legittimità degli atti amministrativi dell’esecutivo196 è la loro piena conformità al
diritto comunitario. Tali considerazioni sono suffragate maggiormente anche
dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dalle novità in tema di tutela dei diritti
fondamentali. In particolare, l’art. 6, n. 2 TUE, ,
nella parte in cui si
prevede
l’adesione dell’Unione alla CEDU per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, espressamente riconosce la Convenzione fonte interna del diritto
dell’Unione.197
190
C.E., Ass.28 febbraio, 1992.
191
J. Boucher, B.Bourgeois-Machureau, Le droit international, le droit communautaire, le juge
interne et le juge administratif, AJDA,2008, p. 3ss.
192
Cfr. C.E.,Ass., 3 luglio 1996.. In senso diverso, cfr. C.E., 5 gennaio 2005. In dottrina, K. Michelet,
La loi inconventionnelle, in Rev. fr. dr. adm. , 2003, p. 35
193
Si cfr. L. J. Constantinesco, L’applicabilité directe dans le droit de la CEE, LGDJ, 1970, p.68ss ;
R. Lecourt, L’Europe des juges, Bruylant, 1976, p. 259ss. ; O. Dubos, L’Union européenne , in Les
dynamiques du droit européen en début de siècle. Etudes en l’Honneur de Jean Claude Gautron,
Paris, 2004, p. 33ss.
194
Tra le tante, Si v. C.E., Ass., 3 febbraio 1989 –Compagnie Alitalia. C.E. 18 dicembre, 2002- Mme
Duvignéres.
195
G. Braibant, P. Weil et Alii, Les grands arrets de la jurisprudence administrative, Paris, 1996, p.
741
196
C.E. 5 gennaio 2005- in Act.. jur. dr. adm. 2005.
197
Sul punto si v. CGJE, 5/10/2010, C- 400/10. In dottrina , R. Mastroianni, I diritti fondamentali
dopo Lisbona tra conferme europee e malintesi nazionali, in Dir. pub. eur., IV, 2010,p. 1372.
31
V) Il contrasto degli atti amministrativi con le norme comunitarie non selfexecuting in Italia.
Un ulteriore caso di invalidità amministrativa in violazione del diritto comunitario si
ha nell’ipotesi in cui l’autorità competente adotti un atto in una materia per la quale,
nonostante esista una direttiva comunitaria non self- executing , il nostro legislatore
ometta l’attuazione (o la ritardi), ovvero legiferi in contrasto con essa. Diversamente
da quanto si ipotizzava recentemente, la tesi più accreditata dell’integrazione tra i due
tipi di ordinamenti ha, da una parte, conferito a ciascuna autorità amministrativa e ai
giudici d’ufficio198 la facoltà di interpretare autonomamente la norma interna affinché
essa risulti conforme ai precetti scaturenti dalla normativa comunitaria, dall’altra , ha
prospettato la possibilità di ipotizzare, in mancanza del rispetto dei vincoli della
direttiva, una tipica responsabilità civile in capo all’organo amministrativo per
risarcimento danni. D’altro canto, la diretta applicabilità delle direttive in questione da
parte di autorità amministrative persino diverse da quelle specificamente chiamate a
darvi attuazione è stata più volte ribadita dalla Corte di Giustizia199, al fine di evitare
qualsiasi elemento di contrasto rispetto al potere giurisdizionale200. Quindi, anche in
assenza di una norma
interna applicativa
costruire la sua scelta discrezionale
202
201,
l’amministrazione deve comunque
, sulla base dei principi cardini desumibili dalla
direttiva comunitaria.203 Va da sé, che i precetti contenuti nelle direttive in questione
Il potere della sollevabilità d’ufficio dei c.d. motivi comunitari da parte dei giudici nazionali sembra
trovare fondamento nello stesso Trattato CE e precisamente nell’art. 10, nel quale si incentiva il
principio di leale cooperazione degli Stati e dei loro organi , compreso i giudici ,per il pieno
raggiungimento degli obiettivi comunitari, e l’art.288 TFUE che sancisce l’obbligo per gli Stati
appartenenti all’ Unione di adottare tutti i provvedimenti necessari per il conseguimento dei risultati
prefissati.
199
Tra le tante, si v. CGCE, sent. 28/06/2001,C- 118/2000; CGCE ,9/09/2003, C-198/2001. In dottrina,
L. Daniele, Novità in tema di efficacia delle direttive comunitarie non attuate, in Foro it. 1992, IV, p.
178ss.
200
A tal riguardo si cfr. G. Morbidelli, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento
comunitario, Milano, 2001, p.45ss; L. Torchia, Il governo delle differenze. Il principio di equipollenza
nell’ordinamento europeo, Bologna, 2006; L. Saltari, La legalità comunitaria prevale sulla certezza
(nazionale) del diritto, in Gior. dir. amm., 2007, p.477 ss.
201
Si v. V. Onida, Pubblica amministrazione e costituzionalità delle leggi, Milano, 1957, nel cui saggio
l’autorevole autore ha aveva anticipato il dovere in capo alle amministrazioni di disapplicare la legge a
fronte di una palese illegittimità. Si cfr, anche, E. Lamarque, Gli effetti delle sentenze della Corte di
Strasburgo secondo la Corte costituzionale italiana, in Corr. giur. n°7/2010, 955ss.
202
Si v. CGCE, 19 gennaio 1982, C- 8/1981; CGCE, 26 febbraio 1986, C-152/84; CGCE, 19 settembre
2006, cause riunite 392/04- 422/04. In tal senso anche, Corte Cost. sent. n° 389/89; Cons. Stato , sez.
IV, sent. n° 927/1997.
203
Si pensi ad un singolo la cui legittima aspettativa di tutela di un diritto, fondato su di una direttiva
comunitaria, sarebbe sostanzialmente disattesa dalla libera facoltà dell’autorità amministrativa
competente di non applicare l’atto europeo. Ci troveremmo in un contesto in cui la litigiosità tra potere
198
32
assurgono a parametro di legittimità dell’esercizio della potestà discrezionale da parte
dell’autorità amministrativa e, in caso di violazione, implicano gli estremi del vizio
tipico di eccesso di potere dell’atto esecutivo.204 In quest’ordine di idee, il ruolo della
Pubblica ammnistrazione assurge principalmente a quello di tutrice della legalità di un
ordinamento effettivamente integrato205, potendo garantire al privato quelle tutele che
per varie circostanze il giudice nazionale
non è riuscito tempestivamente a
riconoscere.206 Tuttavia, la questione degli atti amministrativi contrastanti col diritto
comunitario non self-executing rimane controversa e forse ancora lontana da una
effettiva soluzione, in ragione soprattutto del fatto che i nostri giudici amministrativi
solo in ipotesi residuali207 hanno ritenuto esperibile la disapplicazione degli atti
amministrativi. Le ragioni di tale scelta da parte del giudice amministrativo sono note
e vanno ricercate nell’esigenza di attribuire stabilità ai rapporti e definitività alle
situazioni giuridiche208. Senonchè, l’efficacia delle previsioni comunitarie (pur non
direttamente applicabili) è soprattutto il risultato del coordinamento dei
principi di
effettività, di equivalenza della tutela e di certezza del diritto,il cui bilanciamento non
può
risultare
garantito, per tutte le fattispecie concretamente possibili, dal solo
annullamento in via giudiziale del provvedimento illegittimo209. Tali argomentazioni ci
inducono a prospettare la tesi che, in presenza di una controversia che ha ad oggetto il
contrasto tra un provvedimento amministrativo e una direttiva non self-executing,
l’autorità giurisdizionale competente deve applicare, in base ad una interpretazione
adeguatrice, le norme della direttiva210, prescindendo dal fatto che il provvedimento
giudiziario e potere amministrativo potrebbe raggiungere vertici altissimi; in dottina, si v. F.
Sorrentino, La Costituzione europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, 2007, p.24.
204
Sul punto si v., TAR Sardegna, 29 marzo, n°549/2007; meno recentemente, TAR Veneto, sez, 9
novembre 1988, n°890, in I TAR, 1989,I,p.202.
205
In linea generale e sulla nuova qualificazione del principio di legalità, si v. D. BIFULCO, Il giudice è
soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’art. 101. Comma 2 della Costituzione italiana,
Napoli, 2008, p.127ss.; M. CATARBIA, M. GENNUSA, Le fonti europee e il diritto italiano, Torino
2009, p.52; P. De Luca, Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative contrarie al diritto
comunitario, in Giustamm.it.
206
Si cfr. Corte cost., n° 80/2011. In dottrina, A. Negrelli, Il primato del diritto comunitario, e il
giudicato nazionale: un confronto che si poteva evitare o risolvere altrimenti, in Riv. ital. dir. pubbl.
com., 2008, 1216ss.
207
Cons. Stato, 26 febbraio 1992,sez.V, n°154.
208
Su questo punto, C.E. Gallo, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2001, p. 123
209
Si pensi all’ipotesi in cui, decorsi i termini previsti dalla legge per l’impugnazione dell’atto
amministrativo anticomunitario, continuassero a circolare nell’ordinamento interno tutta una serie di
disposizioni potenzialmente lesive di direttive comunitarie immediatamente precettive.
210
Tra le tante, CGCE, 10 aprile 1984, C-14/83, punto 26; CGCE, 22 maggio 2003, C-462/1999; CGCE,
27 ottobre 2009, C-115/08. Ultimamente, Cass.civ. SS.UU.sent. del 17/11/2008, n°27310; in dottrina si
v., M. RUVOLO, Il giudice nazionale a confronto con la nozione d’interpretazione conforme e con la sua
“particolare” applicazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Nuove autonomie, 2006, p.
249ss.
33
si fondi su norme interne precedenti o successive all’atto europeo. D’altro canto, la
Corte di Lussemburgo è di nuovo recentemente ritornato sulla questione 211, e partendo
dalle conclusioni a cui era arrivata nella sentenza Mangold212, ha precisato che, in virtù
del primato del diritto comunitario, compito del giudice nazionale, anche se investito
di una controversia tra privati, è principalmente di far rispettare il diritto comunitario,
disapplicando la disposizione interna213e favorendo la migliore garanzia delle posizioni
giuridiche soggettive.
Non diversamente,
si può sostenere che la stessa
amministrazione, in base all’art. 10 Trattato CE, è tenuta ad interpretare la norma
interna in conformità ai precetti derivanti dalla direttiva
pur non direttamente
applicabile, dovendo garantire innanzitutto i diritti dei singoli che essa potenzialmente
protegge214. Del resto, consolidato orientamento giurisprudenziale215e autorevole
dottrina216concordano ormai sul punto che anche le direttive non direttamente
applicabili hanno immediata
efficacia
non soltanto nei riguardi dello Stato
membro(efficacia verticale), ma anche nell’ambito dei rapporti tra i privati( efficacia
orizzontale), quando esse non lasciano nessun margine di discrezionalità agli Stati
membri per la loro attuazione e sono precise e dettagliate nella fattispecie astratta
considerata.217
211
CGCE, 19 gennaio 2010, C-555/07.
CGCE, 22 novembre 205, C-144/04
213
Sul punto cfr., Corte Cost., sent. n° 28/2010
214
Cons. Stato, sent. n° 3464/2009, punto 5 considerato in diritto. CGCE , 22 giugno 1989, C-103/88;
CGCE, 17 dicembre 2009, C-586/08.
215
CGCE , 5 aprile 1979, C-148/78; CGCE, 13 settembre 1990, C- 106/89; CGCE, 19 novembre 1991
in cause riunite C- 6/90 e C- 9/90; CGCE, 14 luglio 1994, C-91/92 Faccini Dori.
216
Tra gli altri, F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 2002, p. 1327ss
217
Recentemente, CGCE , 17 dicembre 2009, C- 586/08. E’ significativo, a tal proposito, sottolineare gli
effetti che potrebbero prodursi per il mancato adeguamento alla direttiva 2008/115/CE da parte della
normativa nazionale in matera d’immigrazione clandestina. In concreto, uno dei capisaldi della legge
Bossi-Fini sta nella parte in cui essa prevede che l’inosservanza dell’ordine di allontanamento del
Questore entro 5 gorni da parte dello staniero precedentemente colpito da un provvedimento di
espulsione, è punita con la reclusione sino ad un massimo di 4 anni. Ciò pero confligge con la direttiva
suddetta.Quest’ultima, infatti, prevede delle misure di rimpatrio dell’immigrato più rispettose del
principio della libertà personale dell’individuo, che culminano solo in estrema ratio in misure coercitive
che si sostanziano nella permanenza degli immigrati presso gli istituti penitenziari per un tempo non
superiore ai 18 mesi. La diversa procedura amministrativa di espulsione prevista dalla direttiva in
esame- che non disciplina nessuna delle ipotesi di detenzione sine die finalizzata a rendere effettivo
l’allontanamento dell’irregolare- ha già suscitato in alcuni tribunali forti reazioni. Per esempi, presso il
Tribunale di Torino il giudice, assolvendo un irregolare per il quale il P.M. aveva richiesto 8 mesi di
reclusione, ha ritenuto di disapplicare il provvedimento nazionale considerandolo illegittimo, in quanto
in contrasto con la direttiva suddetta( ritenuta fonte superiore), senza nemmeno sollevare la questione di
legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale.
212
34
V) 1. segue: Il diverso regime in Francia.
I problemi inerenti alla delicata operazione di traslazione della normativa comunitaria
nel diritto interno si sono particolarmente manifestati in tutta la loro complessità anche
nel sistema amministrativo francese218. E’ noto, infatti, quanto sia stato profondo e
duraturo lo scontro che ha visto protagonisti da una parte il Conseil d’Etat e dall’altra
la Corte di Giustizia “quant à la porteé des directives”219.Tuttavia, la prevalenza della
normativa comunitaria su qualsiasi atto normativo interno è stata riconosciuta già dal
1984, anno in cui il giudice supremo amministrativo decise l’annullamento di un
decreto di recepimento di una direttiva per non aver conseguito gli obiettivi prefissati
dalla norma sovrastatale220.Successivamente, il Conseil d’Etat riconobbe la facoltà ad
un cittadino leso in un diritto garantito da una direttiva comunitaria da parte di una
disposizione normativa interna,
la possibilità
di adire direttamente il Tribunale
amministrativo supremo per il ripristino della situazione soggettiva di vantaggio e per
la conseguente condanna dell’amministrazione al
risarcimento del danno221. Se,
quindi, le eventuali antinomie tra diritto comunitario e norme nazionali sono da tempo
state risolte dal supremo giudice francese in favore della prevalenza del primo
222
, lo
stesso non può affermarsi in riferimento ai contrasti che possono sorgere tra un atto
amministrativo individuale ed una direttiva comunitaria. Per questa
particolare
fattispecie, il giudice in questione si era sempre rifiutato di pronunciarsi nel merito in
virtù del principio secondo cui gli obblighi della direttiva sono da considerarsi
effettivi nell’ordinamento
dello Stato solo quando è conclusa la procedura di
recepimento223. In particolare con la sentenza del 22 dicembre 1978-Cohn-Bendit, il
Conseil d’Etat decise di non annullare un atto amministrativo individuale in contrasto
con una direttiva, in quanto la genericità degli obblighi derivanti dalla norma europea
non costituiva un parametro normativo preciso ed adeguato sul quale invocare un
Sul punto si cfr. P. Pescatore, L’effet direct du droit communautaire, Pas. Lux, 1972, p. 12ss.
B. Genevois, L’application du droit communautaire par le Conseil d’Etat , in RFDA, 2009; n°2,
p.207.
220
CE, 28/09/1984, Confederazione nazionale delle società umanitarie in Francia e nei paesi Francofoni,
n°28.467; CE, Federazione francese società di conservazione , nn° 41.971 e 41.972.
221
CE, 8/07/1991, Palazzi Lebon, n° 276; CE, 28/02/1992, Arizona produzione tabacco e HH Philip
Morris Sa Francia, n° 87.753; CE, 20/05/1998, Communauté de communes de Barr, Lebon, 2001.
222
H. Ruiz Fabri, C. Grewe, « La constitutionnalisation à l’épreuve du droit international et du droit
européen », in Les dynamiques du droit européen en début de siecle- études en l’Honneur di J.C.
Gautron, Paris,, 2004.
223
C.E. ,11 juill. 1988, req. 50638. In dottrina, si cfr. L. J. Constantinesco, cit., p. 70 ; Simon , Le
Conseil d’Etat et les directives communautaires: du gallicisme à l’orthodoxie? , In Rev. trim. dr. eur. ,
1992. p. 265ss.
218
219
35
vizio per “execés de pouvoir” dell’atto224. Sulla scia di tale orientamento
giurisprudenziale, il giudice francese ha continuato a non riconoscere i danni provocati
ad un privato da un atto amministrativo adottato in violazione di una direttiva non selfexecuting, nonostante a più riprese la giurisprudenza comunitaria si fosse pronunciata
diversamente225. Significative a tal proposito sono diverse decisioni nelle quali si era
affermata la superiorità della Costituzione francese sul diritto comunitario226. Basti
pensare al caso in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronunciò227 su di un
precedente giudicato del Conseil d’Etat che aveva rigettato il ricorso di una società la
quale chiedeva il rimborso di un’imposta pagata, la cui esenzione era prevista da una
direttiva comunitaria. La Corte, accertata la violazione, intimò (vanamente)
all’Amministrazione francese la restituzione della somma con i relativi interessi, ma la
posizione del giudice francese fu irremovibile sul fondamento dell’assenza di una
normativa interna di attuazione della direttiva comunitaria228.Tale orientamento è stato
tuttavia abbandonato progressivamente dal Giudice francese 229. I primi segnali di una
inversione di tendenza si ebbero quando si decise l’annullamento di un atto
amministrativo individuale
fondato su di un decreto dell’esecutivo
a sua volta
contrario ad una direttiva non ancora trasposta230. Il supremo giudice amministrativo,
nonostante si trovasse un quadro normativo che ignorava la trasposizione della
direttiva, annullò l’atto interno
sulla base di un’interpretazione sistematica
di
precedenti decisioni in materia. Ciò ha significato, in sostanza, che il Conseil d’Etat
pur rimanendo rispettoso dei principi della giurisprudenza nazionale che non
prevedeva l’“invocabilité de substitution”, ha voluto, tuttavia, garantire il principio
della supremazia del diritto comunitario che impone l’obbligo di attuare gli effetti delle
direttive anche non trasposte231. Con la sentenza del Conseil Constitutionnel del 10
giugno 2004 nella quale si stabilisce, mediante una innovativa interpretazione dell’art.
Sul punto, T. Farra, L’invocabilité des directives communautaires devant le juge national de la
légalité,in Rev. tr. dr. eur.,1992,p. 653.
225
Tra le tante,CJGE. . sent. 4 dicembre 1974, C-41/74 – Van Duny,; CGCE, sent.23 maggio 1996Hedley Lomas, 23/05/1996, cit. In dottrina, B. Tabaka, Directives communautaires: vers la
reconnaissance de l’effet direct? , in Rev. de l’ actualité juridique française, Paris, 1999.
226
CE, 7/03/1994, n°114; CE, 3/12/2001, n°226.514.
227
CEDU, 16 aprile 2002, n°366677/97, Dangeville c/France.
228
D. Trouchet, Playdoier pour une cause perdue, in Act.jur. Dr. Adm., 2005, p.1767 ; D. Ginocchi,
Droit communataire, in Dir. pubb.2009, n°3, p. 973
229
Si cfr. CE, dec. 30/10/1996; CE, dec. 9/04/1999 ; in dottrina, P. Cassia, L’invocabilitè des directives
communautaires devant le juge administratif : la guerre des juges n’a pas eu lieu, RFDA, 2002, p. 20
230
C.E., Ass., 6 /02/1998.
231
F. Raynaud, P. Fombeur, Note sur C.E., Ass., 6 febbraio 1998. in Act. jur. dr. adm, 1998,p.
406ss.
224
36
88 Cost., da una parte, che la trasposizione corretta e dettagliata del direttive
232
deve
considerarsi un obbligo di natura costituzionale per tutti gli operatori nazionali233,
dall’altra, il riconoscimento alla Corte di Giustizia dell’esclusiva competenza234 del
sindacato di legittimità delle direttive comunitarie235, inizia
anche per lo stesso
Conseil d’Etat un diverso orientamento giurisprudenziale. Nel 2007, infatti, con la
citata sentenza Arcelor236, il giudice francese237 sottolinea chiaramente che la
“trasposizione” deve intendersi come un’ operazione mediante la quale lo Stato deve
adottare le misure necessarie affinché il contenuto normativo della direttiva europea
s’integri perfettamente nell’ordinamento interno238. Tale orientamento, ribadito anche
in una successiva decisione
239
in cui il Supremo giudice francese si è spinto anche a
tracciare “ les modalitès du controle d’une directive communautaire et des normes
nationales qui assurent la transposition”,240 assicurando così una “cohabitation plus
pacifique avec le droit communautaire”
241
, ha trovato un ulteriore sviluppo nella
recente sentenza del 30 ottobre 2009, n° 298.348. In essa il Conseil d’Etat ha
riconosciuto ad un privato cittadino la facoltà di ricorrere contro un provvedimento
amministrativo lesivo di un proprio interesse protetto invece da una direttiva europea
non trasposta nei termini previsti. Con tale statuizione si è riconosciuta per la prima
volta l’efficacia delle norme di una direttiva comunitaria nel sistema amministrativo
francese anche in caso di mancata attuazione della stessa.242. Da tali argomentazioni si
232
Obbligo che si evince da una letture combinata degli articoli 55 e 88 della Costituzione, come
successivamente confermato dalla sentenza n° 2006-540 del 26 luglio 2006.
233
Conseil d’Etat, Pour une meilleure insertion des normes communautaires dans le droit national, Paris,
2007.
234
J.P. Camby, Le droit communautaire est-il soluble dans la Constitution ?, in Rev. dr. pub., 2004, p.
2004, p. 883
235
Sull’interpretazione dell’art. 88 Cost., si cfr. J. Arrighi De Casanova, La décision n°2004-496 DC
du 10 juin et la hiérarchie des normes, in Actuel. Jur. Dr. Adm. 2004, p. 1536ss. B. Genevois, Le
Conseil Constitutionnel et le droit communautaire dérivé, cit. p. 656.
236
M. Guyomar, Le controle de constitutionnalité d’un règlement transposant une directive
communautaire, RFDA, 2007, ,p.384ss.
237
CJCE., sent. 4 luglio 2006, C-212/04.
238
Si cfr. anche, CE 4/06/2008, Syndicat national des professionnels des activés nautique, req.
n°292102.
239
Ce, 10 aprile 2008, Conseil national des Barreaux, n°296845. Sul punto si cfr. M- Guyomar. Les
rapports entre droit communautaire, droit de la convention européenne et droit interne : à propos du
secret professionnel des avocats, RFDA, 2008, p. 575
240
F. Lenica, J.Boucher, Le juge administratif et le statut constitutionnel du droit communautaire
dérivé, AJDA, 2007, p. 582.
241
S. Bot, L’aggiornamento du Conseil d’Etat: entre modernité et tradition, in Rev. dr. pub., n°5-2010,
p. 1300.
242
Dopo esattamente 30 anni il Conseil d’Etat si allinea alle posizioni assunte dalla Corte di Giustizia
nella sentenza del 5 aprile1979, C-148/78. Si sottolinea che “la reconnaissance de l’effet direct
revétirait une toute autre portée: elle permettrait au juge de faire lui-meme immédiatement. A titre
curatif, une application au litige de la règle communautaire invoqué: C’est là que réside toute la portée,
toute l’utilité de l’invocabilitè d’exclusion”.
37
può pervenire alla conclusione che in Francia, come in Italia, la violazione delle
prescrizioni delle direttive non self executing
da parte di
provvedimenti
amministrativi nazionali integra il vizio di “exces de pouvoir”, obbligando così lo
Stato a prendere tutte le misure necessarie per un’effettiva integrazione delle direttive
nell’ordinamento
interno. L’assunto del Conseil d’Etat, tuttavia, non rinuncia a
prevedere dei limiti agli effetti diretti delle direttive non self-executing, sulla falsariga
di quanto precedentemente affermato dalla giurisprudenza comunitaria. Da una parte,
infatti, esse non disciplinando i rapporti tra privati , non creano in capo a quest’ultimi
diritti da vantare rispetto alle autorità pubbliche243; dall’altra, le disposizioni invocate
“doivent etre précises et non conditionnelles”244. Ciò ci induce ad affrontare una
problematica che risulta centrale nel processo d’integrazione europea della Francia
ossia l’individuazione delle misure sanzionatorie245 da attivare a fronte di una mancata
o parziale trasposizione di una direttiva comunitaria246. L’annullamento dell’atto
interno anticomunitario, nonostante conforme alle regole che disciplinano il processo
(impugnatorio) amministrativo francese, è risultato uno strumento inadeguato per la
tutela dei privati , in quanto in una visione ancora oggettiva del processo, ad esso non
sempre si è fatto seguire provvedimenti ingiuntori.247 Tanto è vero che, con la
sentenza Perreux248
il supremo giudice amministrativo ha riconosciuto la
responsabilità dello Stato francese nei riguardi dell’U.E. per la violazione diretta di
una direttiva comunitaria da parte di un provvedimento amministrativo, provocando
una evidente rottura rispetto alla consolidata giurisprudenza249che è seguita alla
sentenza “Cohn-Bendit”250. La consacrazione dell’effetto verticale “ascendant” della
direttiva nell’ ordinamento francese, tuttavia, restringe considerevolmente in futuro
243
Favorendo così la netta distinzione che tuttora esiste in dottrina tra diretta applicabilità ed efficacia
diretta del diritto comunitario, essendo la prima nozione limitata alla risoluzione delle possibili
antinomie tra norme statali e norme comunitarie, la seconda ,invece, rilevandosi quale criterio di
disciplina dei rapporti tra privati con valore erga omnes.
244
C.E.,n°298.3478, cit. Si v. S. Bot, cit. p. 1302.
245
C. Ferrari- Breeur, La giurisdizione amministrativa in Francia. Evoluzioni e tendenze attuali, in
Diritto e processo amministrativo, n°2/09, Milano, p. 428.
246
G. Alberton, L’applicabilité des normes, cit. , p. 6
247
Cfr. A. Levade, Le Palais-Royal aux prises avec la constitutionnalité des actes de transposition des
directives communautaires, in Rev. fr. adm., 2007, p. 564. Si v., inoltre, C. Debbasch, F. Colin, Droit
administratif. Paris, 2007, p.502 ; G. Marcou, Caractères généraux et évolution de la juridiction
administrative en Europe occidentale, RFDA, 2006, p. 84ss.
248
C.E., 30 ottobre 2009, req. 298348.
249
P. Cassia, Une nouvelle étape dans l’Europe des juges. L’effet direct des directives devant la
juridiction administrative française, RFDA, 2009, p. 1146.
250
Actes du Colloque « La justice administrative en Europe », 16 mars 2007 à la maison du Barreau,
Paris, RFDA, 2008, p. 225ss ; Contra, M. Gautier, O tempora, o mores….Le Conseil d’Etat et les
directives communautaires, in Dir. adm., 2009, p.22-23
38
l’ambito di
operatività del
giudice amministrativo nazionale. In effetti, per
quest’ultimo sembrano attualmente delinearsi solo tre possibili scenari: il giudice
nazionale, a fronte di una mancata trasposizione di una direttiva comunitaria
contenente la tutela di un diritto costituzionalmente garantito da parte di un atto
interno, deve solo attivarsi per la ricerca di una norma comunitaria che assicuri al
privato la medesima protezione garantita dalla norma costituzionale251. Al contrario, se
la direttiva precisa e dettagliata assicura la stessa tutela al privato garantita dalla
Costituzione francese, il controllo del giudice amministrativo si sposta sull’atto interno
che traspone la direttiva252, dovendone valutare la conformità al diritto dell’U.E.
ovvero in caso di dubbio attivare la questione pregiudiziale di validità alla Corte di
Lussemburgo. Infine, solo nel caso, peraltro recentemente verificatosi253, in cui una
norma comunitaria non garantisse al privato una pari protezione giuridica alla stregua
delle regole interne costituzionali, è rinvenibile un controllo di legittimità da parte
del
Conseil d’Etat,
che si esercita prima sul provvedimento amministrativo
attuativo254 e poi di riflesso sulla direttiva255. In generale, è chiaramente percepibile
come l’esperienza comunitaria in Francia, pur assumendo aspetti significativi, si
sostanzia ancora per alcune posizioni distanti tra la Corte di Giustizia e il Conseil
d’Etat. Quest’ultimo, pur avendo sottolineato la centralità del ruolo del giudice
nazionale nella risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto europeo, rifiuta
di accettare un sistema di controllo di compatibilità comunitaria, che interamente
affidato ai giudici comuni, solleverebbe il legislatore statale dall’arduo compito di
assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari.
251
In Tal senso, J. Boucher, B.Bourgeois-Machureau, Note sur C.E., 10 aprile 2008, Conseil
national des barreaux et autres, in Actuel. dr. adm. ,2008, p. 1089ss.
252
Si cfr. X. Magnon, La sanction de la primauté de la Constitution sur le droit communautaire par le
Conseil d’Etat, in Rev. fr. dr. adm., 2007, p. 581ss. L. Coutron, La lente conversion du Conseil d’Etat,
cit. p. 1417.
253
Nella sentenza del 9 novembre 2010, Cause riunite C-92 e C-93/09, Schecke e Eifert c. Land Hessen,
la Corte di Giustizia ha dichiarato per la prima volta l’invalidità di alcune norme contenute nel
Regolamento del Consiglio n. 1290/2005 e nel Regolamento della Commissione n. 259/2008 in quanto
in contrasto con gli art. 7 e 8 della CEDU.
254
A tal riguardo si v. Cour Cass. 16 aprile 2010, n° 10-40002 .CJCE.,dec., 19 gennaio 1982, C-8/81 e
del 26 febbraio 1986, C-152/84.
255
Sul punto si v. Y Aquila, La justice administrative un modale majoritaire en Europe, AJDA, 2007, p.
290ss; A. Perrin, Que reste-t-il de l’autonomie procédurale des Etat membres ?, in Rev. dr. pub., Paris,
2008, n°6, p. 166. Inoltre, si cfr. CJCE, 9/11/10, C-92/09 e C-93/09; CJCE, 5/10/10, C- 400/10.
39
VII) L’esercizio del potere di riesame degli atti amministrativi in contrasto col
diritto comunitario : le diverse prospettive in Italia e in Francia.
La tematica dei rapporti tra gli atti amministrativi nazionali e il diritto comunitario non
può dirsi esaurita se non si considerano i problemi inerenti al potere discrezionale di
autotutela dell’amministrazione a fronte di un atto nazionale in contrasto con il diritto
comunitario. Come è noto, la natura discrezionale di tale potere è stata più volte
ribadita da una consolidata giurisprudenza nazionale256, che ha ritenuto che
l’amministrazione, nel riesaminare i provvedimenti precedentemente adottati, deve
valutare “da un lato, la gravità della violazione ed il relativo interesse dell’ordinamento
alla sua eliminazione e, dall’altro, gli affidamenti ingenerati nei privati e l’interesse
pubblico sotteso alla conservazione dell’atto”257. Se la questione a livello di diritto
interno258 non lascia nessun margine di discussione, perplessità di ordine sistematico e
dogmatico permangono in relazione al quesito, peraltro sollevato sia da autorevole
dottrina259sia da significative decisioni giurisprudenziali260; se i suddetti principi
debbano essere o meno considerati insuperabili anche di fronte ad una accertata
illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo nazionale261. Partendo dall’assunto
della responsabilità dello Stato membro nella sua unitarietà per violazione del diritto
comunitario262,
indipendentemente
dall’organo
che
si
rende
responsabile
dell’infrazione, la Corte di Lussemburgo, ha, ribadito che, ai sensi dell’art. 10 del
Trattato CE, l’autorità
amministrativa competente è tenuta
a riesaminare propri
provvedimenti amministrativi qualora essi risultassero fondati sull’erronea attuazione
256
Tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998 n° 918; Tar Abruzzo, 24 luglio 2006 n° 611; Cons.
Stato, 14 febbraio 2003 n° 808; Cons. Stato, 17 aprile 2009, n° 2336.
257
Così G.Contaldi, Atti amministrativi, cit. p. 761.
258
F. Cammeo, Corso di diritto amministrativo, rist. Cedam, 1992; F. Benvenuti, voce Autotutela (
dir. amm.) in Enc. Dir. , IV, Milano, 537 ss; G. Montedoro, Il giudizio amministrativo, cit.p525ss. E.
Castorina, “Certezza del diritto “ e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, in
Riv. ital. dir. Pub. com. , 1998, 1177; A. Contieri, Il riesame del provvedimento amministrativo alla
luce della legge di riforma n°15/2005. Prime riflessioni, in La nuova disciplina dell’attività
amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, a cura di Clemente Di San Luca,
Torino, 2005.
259
M.P. Chiti, Le peculiarità dell’invalidità, cit. 495ss; G. Contaldi, Atti amministrativi, cit. p. 760
260
Fra tutte la recente ordinanza della Corte di Cassazione a sezione unite del 13 giugno 2006 n° 13659,
nella quale si è stabilito la non necessaria sussistenza della relazione tra l’azione ad ottenere
l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo e la richiesta di risarcimento dei danni procurati dall’
amministrazione. Ne consegue che, il privato può ricorrere direttamente all’autorità competente al fine
di ottenere una condanna dell’amministrazione che ha compiuto l’infrazione, eludendo il presupposto
della c.d. pregiudiziale amministrativa.
261
R. Garofoli, Annullamento di atto amministrativo contrastante con norme CE self -executing, in
Urb. app. 1998, p. 1342 ss;
262
G. Contaldi, ibidem
40
della norma comunitaria.263Ciò porta a considerare come la soluzione seguita dalla
giurisprudenza comunitaria si fondi sul presupposto che, a fronte di una palese
anticomunitarietà dell’atto, l’attività di riesame tende a ridursi notevolmente al punto
che l’annullamento del provvedimento è da considerarsi strettamente vincolato264,
indipendentemente dalla valutazione dell’assetto degli interessi pubblici e privati265.
In questo quadro di riferimento, l’annullamento d’ufficio266, risulta spesso la chiave di
volta di molte situazioni di illegittimità comunitaria altrimenti difficilmente risolvibili,
a tal punto che la funzione dell’annullamento in autotutela consisterebbe, più che nel
rispondere ad esigenze di legalità, “nell’adempimento di un preciso obbligo
internazionale legittimamente assunto dallo Stato italiano alla stregua dell’art. 11
Cost”.267 Certo occorre non dimenticare che segnali favorevoli alla conservazione
della natura discrezionale del potere di riesame dell’atto amministrativo sono
riscontrabili in qualche non recente pronuncia dei giudici nazionali
268
, che , in
263
CGCE, 13 gennaio 2004, C- 453/2000, nella quale sentenza, tuttavia, si puntualizza che il riesame
della decisione già adottata è strettamente vincolata al verificarsi di quattro condizioni : 1) la facoltà
dell’amministrazione del potere di di ritornare su tale decisione mediante il diritto nazionale; 2) Il
carattere definitivo delle decisione in seguito ad una sentenza in ultima istanza; 3) l’erronea
interpretazione del diritto comunitario della decisione in questione in violazione dell’art. 267 TFUE; 4)
l’organo amministrativo è stato adito immediatamente dopo che l’interessato sia venuto a conoscenza
della giurisprudenza in materia.. A tal riguardo, si v. nota di R. Baratta, Sull’erronea interpretazione
del diritto comunitario in applicazione della teoria “dell’atto chiaro”, in Giust. civ. 2004, p. 865 ss. R.
Giovagnoli, L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario: il regime giuridico e il
problema dell’autotutela decisoria, In Giust. amm. 2004, 909-910. Sul punto si v. anche CGCE,
Kobler,cit..
264
M. Lo Gullo, Giudicato nazionale, diritto comunitario e autotutela amministrativa, in Studium Iuris,
10/2009, p. 1056.
265
In tal senso, T.A.R., Sicilia, sez. II, n°2049/2007; Cons. Stato, sez. IV, sentt. , 18/01/96, n° 54 e
5/06/98, sez. IV, n°918. In dottrina si cfr. le posizioni di A. Mondini, Autotutela : Il riesame della
Corte rende necessario il riesame amministrativo, in Guida al diritto, 2004, p.111. P.De Luca,
Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative contrarie al diritto comunitario, in Giust.amm.,
2009, n°2, p.178-179; R. Garofoli, Concessione di lavori: discrezionalità del potere di annullamento
d’ufficio e vincoli comunitari, in Urb. app., 1998, 1334 ss., quest’ultimo autore afferma che l’istituto
dell’annullamento d’ufficio s’impone alla P.A. nel caso di accertata violazione dei principi comunitari
da parte di atti nazionali , dato che sia l’interesse pubblico che le motivazioni preferibili rispetto alla
conservazione dell’atto , si ricavano direttamente dalla natura stessa del vizio che invalida l’atto. Contra,
S.Valaguzza, La concretizzazione dell’interesse pubblico nella recente giurisprudenza amministrativa
in tema di annullamento d’ufficio, in Dir. proc. amm., 2004, 1245 ss. Si v. inoltre, Cons. Stato ,sez. IV,
18 gennaio 1996, n°54.
266
Cfr. F. Caringella, L’annullabilità dell’atto amministrativo alla luce della legge di riforma del
procedimento, in Diritto e formazione, 2005, n°2. Dello stesso autore, Affidamento e autotutela: la
strana coppia, in Riv. it. dir. pubbl.com. ,2008, p. 425ss; G. GRUNER, L’annullamento d’ ufficio in
bilico fra i principi di preminenza e di effettività del diritto comunitario, da un lato, e di principi della
certezza del diritto e dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dall’altro, in Diritto proc. amm.,
2007, n° 2, p.241ss.
267
Così, A. Barone, nota a Cons. Stato, sez. I, parere 9 aprile 1997, n° 372/97, in foro it., 1999,III,
p.334. Corte dei Conti, sez. I, 2 aprile 1997, n°372.
268
TAR Lazio,III, 7 ottobre 1996, n° 1834; TAR Toscana , sez.II, 20 marzo 1996, n°156; TAR Abruzzo
L’Aquila, 20 novembre 1996, n°598; Cons. Stato, sez.I, 9 aprile 1997, n°372. Corte dei Conti, sez.I, 2
aprile 1997, n°372.
41
sostanza, hanno anticipato quanto poi ha previsto il legislatore di riforma in materia.
In effetti, la legge n° 15 del 2005 all’art. 21 nonies, ha ribadito che l’annullamento
d’ufficio di un provvedimento illegittimo da parte dell’amministrazione può aversi
quando emergano, entro un termine ragionevole, evidenti e sostanziali ragioni di
interesse pubblico, tenendo conto della ponderazione degli interessi primari e
secondari dei destinatari269e dei controinteressati270. Dalle decisioni del giudice
nazionale e dalla disposizione legislativa di cui sopra, si evincerebbe, viceversa, che
anche per l’atto viziato di anticomunitarietà la rimozione in via amministrativa è
subordinata alla valutazione dell’interesse pubblico, alla ponderazione dei principi di
certezza del diritto e di tutela dell’affidamento, del resto valori presenti e mutuati
anche dall’ordinamento comunitario271. Ma la prudenza, che pur aveva caratterizzato
la Corte di Lussemburgo nella menzionata sentenza Kuhne § Heitz272, nella quale si
stabiliva che il
riesame dell’atto nazionale anticomunitario era condizionato da
determinati principi, quali quello di proporzionalità e di affidamento ,273 si è
notevolmente attenuata nel luglio del 2007, quando la Corte di Giustizia274,dinnanzi ad
una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, ha
statuito che il
269
Si v. CGCE, 7 gennaio 2004, C-201/2002; in dottrina, tra gli altri, D.U. Galetta , I provvedimenti di
riesame, in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli, Napoli, 2006,
p.339; D. De Pretis, L’illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo definitivo, certezza del diritto e
potere di riesame, in Gior. dir. amm. 2004, 723-724.
270
C’è da segnalare, tuttavia, che in qualche circostanza la stessa Corte europea è sembrata orientata a
non prevedere nessun vincolo assoluto nell’ an dei procedimenti in esame di fronte ad atti in palese
contrasto col diritto comunitario ma tuttavia inoppugnabili; a tal riguardo, si v. CGCE, 26 febbraio
1987, C-15/85. In dottrina, si v. E. Cannada Bartoli, Sulla discrezionalità dell’annullamento d’ufficio,
in Rass. dir. pubb. 1949, p. 562ss.
213 CGCE , 13 dicembre 1979, C-44/79; Cons. Stato,sez.V, n°54/96, in Foro italiano, 1996,III; Cons.
Stato, 13 marzo 2000, n° 1311. Si v. a tal riguardo il contributo di N. Pignatelli, Legalità
costituzionale ed autotutela amministrativa, in www.giustiziaamministrativa.it , il quale sottolinea
come il parametro di legittimità rappresentato dalla norma comunitaria costituisce una sorta di legalità
“ulteriore”.
272
Si cfr la posizione di A. Negrelli, Il primato del diritto comunitario, cit, 1233ss.
273
Va comunque segnalato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha sempre tenuto in
sostanza un atteggiamento molto restrittivo riguardo alla tutela del legittimo affidamento, favorendo
generalmente l’affermazione dei principi comunitari rispetto anche alle stesse esigenze della certezza del
diritto. Si v. a tal proposito CGCE, sent. Arcor, cit.. Si cfr. in dottrina, A. Tonetti, I poteri
amministrativi comunitari in materia di aiuti di Stato, in Riv. trim. di dir. pubbl., 2007; D. De Pretis,
Illegittimità comunitaria dell’atto amministrativo definitivo, certezza del diritto e potere di riesame, in
Gior. di diritto amm., 2004, n°7, 723 ss.; G. Gattinara, Il ruolo delle pubbliche amministrazioni
nazionali alla luce della sentenza Kuhne & Heitz, in diritto comunitario e degli scambi internazionali,
2004, n°2, 489. D.U. Galetta, La proporzionalità quale principio generale dell’ordinamento, in Gior.
dir. amm. 2006, n°10, p.1106.
274
CGCE ,18 luglio 2007, C- 199/2005.In dottrina , tra gli altri, P. Biavati, La sentenza Lucchini: il
giudicato nazionale cede al diritto comunitario, in Rassegna tributaria, 2007, 1592 ss. C. Consolo, La
sentenza Lucchini della Corte di Giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali
interni e in specie del nostro?, in Rivista di diritto processuale , 2008, p.225 ss . E. Fontana, Qualche
osservazione in margine al caso Lucchini. Un tentativo di spiegazione, in Diritto del commercio
internazionale, 2008,193 ss.
42
giudicato interno non deve costituire ostacolo all’obbligo dello Stato di attivare le
procedure necessarie ad ottenere la ripetizione di un aiuto ritenuto illegittimo in sede
sovranazionale 275. Da tale orientamento si evince che l’intangibilità del giudicato non
è da considerare più un principio assoluto e inviolabile
276
. In effetti, pur volendo
considerare la specificità della materia, sembra difficile ricondurre quanto statuito
dalla sentenza Lucchini al solo settore degli aiuti di Stato277. E’ doveroso ricordare
che la Corte europea in questa sentenza, non fissando nessun termine perentorio entro
il quale il soggetto richiedente debba presentare la domanda di riesame, lascia aperta
la porta a che successivi e rilevanti principi in materia incidano su decisioni si
passate in giudicato. In quest’ottica, è da leggersi anche la recente sentenza Kempter278
della Corte di Lussemburgo la quale,
disponendo
che l’obbligo del rinvio
pregiudiziale vincolante i giudici nazionali non può dipendere solo dalla volontà o
meno delle parti che ne fanno espressa richiesta, introduce di fatto la regola che lo
stesso giudice nazionale può, in taluni casi, d’ufficio sollevare la questione sulla base
di una violazione del diritto comunitario. Tali argomentazioni
contribuiscono
a
rafforzare la tesi secondo la quale, anche in materia di poteri di autotutela decisoria,
sussistono fattispecie particolari per le quali l’obbligo di procedere non è riconducibile
ai soli casi strettamente previsti dalla legge, ma anche a ragioni di giustizia ed equità
che impongono, in ogni caso, l’adozione del provvedimento279. Alla luce di tali
considerazioni, ben si può affermare che il potere di ritiro degli atti amministrativi in
violazione del diritto comunitario si pone principalmente come l’adempimento di un
preciso obbligo internazionale del nostro Stato280, rispetto al quale può soccombere
anche un principio rilevante quale la stabilità dei rapporti giuridici281. Ciò ci porta a
275
L. Saltari, La legalità comunitaria, cit. p.478. M.G. Pulvirenti, Intangibilità del giudicato, cit.,d
p. 346 ss.
276
Si v. Capotorti, voce Processo comunitario, in Enc. dir. , XXVI, Milano 1987, p. 855-856.
277
F. Ferraro, Responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario,
Milano, 2008, p. 45-46; contra, P. De Luca, Sull’obbligo di riesame delle decisioni amministrative
contrarie al diritto comunitario, in Giur. amm. ,2009, n°2; G. Amoroso, Diritto comunitario vs.
giudicato interno. La sentenza Lucchini ad un triennio dalla sua emanazione, in Rass. dir. pubb.
eur.,n.1,2011.
278
CGCE,12 febbraio 2008, C- 2/2006.
279
Su questo punto si espresso anche,Cons. Stato,sez. V, 15 marzo 1991, n°250. Più recentemente, Cons.
Stato, 11 ottobre 2005, n.° 5526; Cons. Stato Sez. V, 31 dicembre 2008, n° 6735; Cons. Stato Sez. VI,
23 aprile 2009, n°2510.
280
Si v. Cons. Stato.,sez.V, ,8 settembre 2008, n° 4263, la cui decisione si presta a molteplici
considerazioni.
281
Si cfr. CGCE, 16 marzo 2006, C-234/04, nella quale, al contrario, si è stabilito che la sola violazione
del diritto comunitario non implica il potere/obbligo del giudice nazionale di riesaminare e di annullare
una sentenza passata in giudicato. In dottrina, N. BASSI, Mutuo riconoscimento e tutela giurisdizionale,
Giuffrè, 2008.
43
considerare che, anche in ambito nazionale282, comincia a farsi strada l’ipotesi che i
procedimenti di riesame della Pubblica amministrazione283, caratterizzati tutti da un
grado più o meno alto di discrezionalità, debbano essere oggetto di una rivisitazione
di carattere generale rispetto ai modelli finora tradizionalmente seguiti284. Di qui la
conclusione, che il potere di autotutela decisoria della Pubblica amministrazione - a
fronte di un atto amministrativo anticomunitario - deve presentarsi, in determinate
situazioni, “con caratteri assai prossimi all’esercizio di una funzione di controllo”285.
E’ stato osservato da autorevole dottrina286come la Corte di Lussemburgo, a fronte di
un immobilismo estremo rappresentato dalle giurisdizioni nazionali, individui proprio
nelle autorità amministrative una sorta di “longa manus” di se stessa, pronte ad
accogliere le nuove situazioni di fatto createsi che sostanzialmente mettono in
discussione le decisioni precedentemente assunte dai giudici nazionali e cristallizzate
nel giudicato. Ad ulteriore conferma di quanto appena detto e sulla scia delle sentenze
precedenti, va segnalata la significativa recente decisione della Corte di Giustizia287, la
quale sembra prospettare in futuro un nuovo ed interessante scenario nell’ambito dei
rapporti tra Comunità e Stati membri, se è vero che essa, a differenza della sentenza
Lucchini, appare applicabile a tutti i casi nei quali si è in presenza di un conflitto tra
norma comunitaria e norma interna288. In particolare, nell’ambito di una controversia
avente ad oggetto la rettifica di una dichiarazione iva imposta dall’Amministrazione
finanziaria al curatore fallimentare di una società era stata investita la Corte di
Cassazione
chiamata
a
pronunciarsi
sul
ricorso
proposto
dalla
suddetta
Amministrazione avverso due decisioni ,passate ormai in giudicato, delle Commissioni
282
Cons. Stato, sez.IV, 1 aprile 1980, n.380; Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 1991, n.°250; Cons. Stato,
sez. IV, 20 luglio 2005, n.°3909. In senso diverso, TAR Latina, 4 /09/07, n°631.
283
Si cfr.Corte Cost. sent. n°75/2000,in Giur. cost. ,2000, p. 810 ss, con nota di F. Scoca, Una ipotesi di
autotutela amministrativa impropria; recentemente Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009, n° 5621. Sul
punto si cfr. anche F. Goisis. L’annullamento d’ufficio dell’atto amministrativo per illegittimità
comunitaria, in diritto amministrativo, p. 442ss. Va osservato, inoltre, che il principio generale, secondo
cui l’annullamento d’ufficio deve comunque essere sorretto da ragioni d’interesse pubblico attuali e
preminenti, non trova sempre applicazione qualora il potere decisorio in esame non incida sul legittimo
e consolidato affidamento di un privato.
284
Cons. Stato, 11 ottobre 2005, n.°5526; Tar Lazio-Roma, sez. II-ter, 20 febbraio 2006, n.°2883;
CGCE, 23 maggio 1996, C-5/94, in Racc.1996, p. I-2604, con nota di R. Caranta, Illegittimo diniego di
autorizzazione all’esportazione e responsabilità della Pubblica amministrazione alla luce del diritto
comunitario, in Riv. dir. pub. com.,1996; E.L.D’Ancona, cit., p. 574.ss.
285
E. Casetta, Manuale, cit. p. 503.
286
G. Greco, Il diritto comunitario cit., 1/1993.
287
CGCE, l 3 settembre 2009- C-2/08, paragrafi 12,13,15,17.
288
Si ritiene che la sentenza Olimpiclub potrà essere in futuro un valido strumento di tutela a favore di
tutti i contribuenti che ritengono determinate disposizioni del fisco in violazione della normativa
comunitaria.
44
tributarie di primo e secondo grado del Lazio289, nelle quali si stabiliva che nessuna
azione fraudolenta potesse essere rilevata a danno della società ricorrente a fronte di
avvisi di rettifica iva di annualità diverse ma rilevati nello stesso accertamento
fiscale290. La Corte Suprema, con ordinanza del 10 ottobre del 2007 sollevava davanti
alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale,chiedendo di sapere se un
provvedimento giurisdizionale poteva definirsi definitivo ai sensi dell’articolo 2909
c.c , anche qualora fosse fondato su di una interpretazione di norme comunitarie in
contrasto con il diritto comunitario
291
. I giudici di Lussemburgo, ritenendo
riscossione dell’iva una risorsa fondamentale
per la stessa
la
Comunità, hanno
sottolineato come l’applicazione del principio della certezza del diritto, di cui all’art.
2909 c.c. in materia fiscale fosse di ostacolo all’attuazione del diritto comunitario, non
già in nome del primato del diritto comunitario, bensì in base ai più concreti criteri
dell’effettività e di equivalenza delle posizioni soggettive292.
Le ragioni che inducono ad affermare, alla luce delle ultime sentenze della Corte di
Giustizia, che il primato del diritto comunitario si applica anche ai poteri in
autotutela delle amministrazioni in Italia, non sembrano ancora capaci di offrire una
soluzione definitiva nell’ordinamento francese. Varie, infatti, sono le motivazioni a
riguardo che ci fanno propendere per un diverso approccio al problema. In primo
luogo, c’è da segnalare che in mancanza di una legge generale sul procedimento293, il
rapporto tra giurisprudenza amministrativa e Pubblica amministrazione si presenta
meno conflittuale rispetto al sistema italiano294: ciò deriva dal fatto che l’istituzione
dell’amministrazione pubblica gode nel paese ancora di un significativo rispetto. Così
il Conseil d’Etat molto prudentemente, ritenendo che il ritiro degli atti amministrativi
anticomunitari non possa costituire un mero pretesto per sovvertire le tradizioni
giuridiche nazionali295, ha escluso sia la revoca di provvedimenti legittimi sia la
giustiziabilità dell’interesse dell’amministrato proteso verso l’annullamento d’ufficio
289
Comm. Trib. Lazio, sent. nn°138/00 e 67/03.
A loro volta, le Commissioni tributarie del Lazio hanno ritenuto che ,nel caso in specie, a fronte di
un contratto di comodato pienamente lecito e inoppugnabile fosse il principio dell’intangibilità del
giudicato a farsi preferire rispetto a quello summenzionato della frammentazione del giudicato.
291
Cfr, CGCE, 30 settembre 2003, C-224/01, cit. e CGCE,16 marzo 2006, C- 234/04, cit..
292
E’ principio ormai consolidato che le sentenze pregiudiziali della Corte di Giustizia non solo
vincolano lo Stato membro in quanto fonte comunitaria, ma assumono nell’Ordinamento interno il
valore di precedente giudiziario i cui principi non sono derogabili dalle amministrativa, cit. 1195.
Contra, L. Bertonazzi, Illegittimità comunitaria e annullamento d’ufficio nella giurisprudenza della
Corte di Giustizia, in Dir. proc. amm. , 4/2010, p. 1485.
293
R. Chapus, Droit administratif général, Montchrestien, 2001, p. 1074.
294
B.G. Mattarella, I rapporti tra amministrazione e cittadini in Francia, Gior. dir. amm., 2001, p. 20ss
295
Si v. C.E., Ass., 30 novembre 1990, Le Verts.
290
45
di un atto amministrativo non impugnato nei termini previsti, in quanto lesivi del
principio di certezza del diritto296. In secondo luogo, come prevalente dottrina e
consolidata
giurisprudenza confermano297, il principio di “confiance lègitime” si
ritiene derivi direttamente dal principio di certezza giuridica298. Ne consegue che il
legittimo affidamento non trova applicazione nell’ordinamento giuridico francese “
que dans les cas où la situation juridique dont à connaitre le juge adminitratif français
est régie par le droit communautaire”299. Infine, bisogna considerare la diversa logica
che ancora divide i due sistemi amministrativi: quello comunitario, propenso a far
prevalere l’interesso pubblico rispetto al consolidamento dei rapporti giuridici, il
modello francese caratterizzato dall’esigenza di tutelare principalmente le posizioni
soggettive che nascono dalla categoria degli atti che, definiti “creatori di diritto”, sono
ritirabili solo se ne è accertata l’illegittimità ed entro un perentorio termine300. La
principale conseguenza di questo stato di cose è che il giudice francese, mediante la
sua “giurisprudenza legislatrice”, ha delineato una disciplina del modello di autotutela
decisoria nella quale istituti quali la revoca o l’annullamento d’ufficio non dipendono
assolutamente, come in Italia, da presupposti di ordine soggettivo( si pensi
all’incidenza che in
Italia ha la c.d. buona fede), ma viceversa da valutazioni
essenzialmente di fatto. Ciò impone di considerare, nonostante la recente sentenza
Olimpiclub301, le oggettive difficoltà che incontrerà il diritto comunitario
nell’affermare il proprio primato nell’ambito della disciplina in esame in un sistema
amministrativo in cui il modello procedimentale ancora si fonda essenzialmente
sull’atto amministrativo e sulla procedura del contenzioso302.
Risulta, quindi, che le argomentazioni espresse nella suddetta sentenza dai giudici di
Lussemburgo dalle quali si evince che la tutela delle legittime aspettative dei privati
dovrà essere garantita principalmente dalla Pubblica amministrazione attraverso i
suoi atti o comportamenti, costituisce per il giudice francese303 un criterio di cui
296
Cfr. C.E., 6 maggio 1966- Ville de Bagneux.
C.E., 3 novembre 1922, Dame Cachet.
298
S. Calmes, Du principe de la confiance légitime en droit allemand, communautaire et français,
Dalloz, 2001.
299
CE , 9/05/2001, n°211162.
300
Si v. C.E., Ass., 20/06/2006, - Soc. Neuf Telecom.
301
CJCE, 3 settembre 2009, C-2/08.
302
In Italia, come in altri ordinamenti, accanto alla partecipazione degli interessati i modelli
procedimentali sono caratterizzati da una serie di istituti di garanzia preliminari alla stessa tutela di tipo
giurisdizionale.
303
Si cfr., D. Corletto, L’opposizione di terzo nel “recours pour excès de pouvoir “e la crisi della
giurisdizione oggettiva, in Diritto processuale amministrativo, 2003, 467 ss.
297
46
difficilmente farà diretta applicazione nella risoluzione delle controversie affidategli,
non ritenendolo tra i principi assoluti e generali del diritto304.
CE, dec. 9/05/2001 – Freymuth. In dottrina. Si v. M. FROMONT, Le principe de sécurité juridique, in
AJDA, 20/06/1996, p. 179. C’è da aggiungere, inoltre, che tranne qualche timida apertura verso una
comunitarizzazione del diritto amministrativo francese, il Conseil d’Etat più volte si è pronunciato a
favore della natura discrezionale del potere di autotutela. Ne consegue, che attualmente in Francia, a
differenza di quanto avviene in Italia, l’annullamento in autotutela dell’atto amministrativo
anticomunitario risponde ancora ad un’esigenza prevalente di mero ripristino della legalità, atteso che la
“confiance légitime” non rappresenta per il diritto francese un principio di carattere utilizzabile dal
giudice anche in materie che esulano dalla sfera del diritto comunitario.
304
47
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