VINCENZO PAGANI PROTAGONISTA DEL RINASCIMENTO ADRIATICO E MAESTRO D’ARTE RELIGIOSA. Nel Quattrocento fiorirono nelle Marche vere proprie scuole pittoriche in luoghi oggi apparentemente eccentrici come Fabriano, Camerino e Urbino. In questa area geografica, per tutto il Rinascimento, si assistette alla presenza sporadica, fino anche alla stabile frequentazione, di grandi maestri per lo più veneti toscani ed umbri, qui giunti per una sorta di estensione territoriale della ‘Civiltà’ da cui derivavano. Urbino e Loreto furono i luoghi più qualificati delle illustri presenze, ma il fenomeno riguardò anche centri minori. Il costante susseguirsi di straordinarie ‘importazioni’ segnerà l’arte regionale anche nei secoli successivi e costituirà il motivo dominante da cui scaturirono spunti di arricchimento per gli artisti originari di questi luoghi. Verso la fine del secolo, le Marche, che già vantavano tra le proprie benemerenze veri e propri ‘fuoriclasse’ di respiro europeo, come Gentile da Fabriano esponente di punta del ’gotico internazionale’ e i septempedani Lorenzo e Jacopo Salimbeni, videro la nascita ad Urbino dell’astro Raffaello Sanzio, apice delle glorie artistiche di ogni tempo. Nel quadro dell’attività pittorica si sviluppò e si accrebbe nel secolo successivo il fenomeno delle ‘botteghe’ di pittori appartenenti a famiglie locali, che contribuirono grandemente a formare la nuova cultura riconosciuta come “adriatica”. Grazie a loro il Cinquecento mostrerà grandi oscillazioni fra arcaismi quattrocenteschi ed innovazioni derivate dalla grande maniera di Michelangelo e di Raffaello. Nella bottega dei Pagani di Monterubbiano, quella forse di maggiore successo, si distinse l’operosissimo Vincenzo, nato intorno al 1490 e figlio del pittore Giovanni, a sua volta padre del poco noto manierista Lattanzio. Egli, più d’ogni altro, si segnala per l’evidenza qualitativa delle sue opere rappresentando perciò uno dei più significativi riferimenti nella traduzione e trasmissione di spunti derivati da Carlo Crivelli, Lorenzo Lotto, Luca Signorelli, Tiziano e ancor più da Raffaello Sanzio. Vincenzo fu grande protagonista del suo tempo, pittore di enorme successo e autore di numerosi lavori diffusi per lo più nelle chiese del territorio fermano, ascolano e maceratese, ma che segnò il Rinascimento di quasi tutta la regione, arrivando verso nord in contesti anconetani e valicando gli Appennini fino a giungere in Umbria. Autore per lo più pale d’altare, su tavola e su tela, ma anche di affreschi, lavorò forse anche come architetto. Molti dei suoi dipinti si conservano nei luoghi di origine ed altri in prestigiosi musei italiani e stranieri. Un personaggio dunque molto conosciuto al suo tempo e meno di quanto meriti oggi, forse perché espressione di una terra distante dalle strade più battute dagli storici dell’arte, primo tra tutti dal Vasari che lo ignorò. A riportare nella giusta luce questo protagonista del Rinascimento adriatico provvederà la mostra “Vincenzo Pagani pittore devoto tra Crivelli e Raffaello”, che verrà allestita a Fermo nel palazzo dei Priori dal 31 maggio al 9 novembre e che comprenderà una ventina di sue opere e circa trenta dipinti di altri artisti contemporanei che con lui vissero esperienze e turbolenze del periodo storico. Questa mostra monografica, nata sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica, promossa dal Comitato per la commemorazione del V centenario della nascita dell’artista, verrà organizzata dal Comune di Fermo con il patrocinio del Ministero per i Beni e le attività culturali, in collaborazione con la Regione Marche, la Provincia di Ascoli Piceno, la Soprintendenza di Urbino e l’Arcidiocesi di Fermo. Si avvale di un Comitato scientifico presieduto da Vittorio Sgarbi, curatore della mostra, storico dell’arte cui evidentemente non difetta il viaggiare e che vede in qualità di componenti, Stefano Papetti, Livia Carloni, Liana Lippi, Benedetta Montevecchi, Marina Massa, Germano Liberati, oltrechè i sottoscritti, autori della monografia dalla quale quest’evento espositivo direttamente prende il via. La mostra presenta uno straordinario spaccato sui grandi maestri del Rinascimento italiano quali Carlo Crivelli, Pietro Alamanno e Raffaello Sanzio presente per la prima volta a Fermo con il “putto con festone” dell’Accademia di San Luca, Francesco Francia, Pietro Perugino. Uno splendido tondo proveniente da una collezione privata, attribuito ad Antonio de’ Bazzi detto il Sodoma, sarà esposto al pubblico per la prima volta. Una sezione di opere riguarderà i seguaci della scuola raffaellesca di origine emiliano-romagnola, quali Innocenzo da Imola, Antonio di Mazzone da Faenza, Benedetto Coda, Bartolomeo Ramenghi e Girolamo Marchesi da Cotignola, con i quali il Pagani presenta notevoli affinità. La sezione espositiva riservata ai pittori di Monterubbiano parte da alcuni probabili lavori di collaborazione tra padre e figlio, come la predella braidense già ornamento dell’altar maggiore della chiesa francescana della Maddalena di Ripatransone. Pure del primo periodo le pale di Carassai e di Porchia, quest’ultima con lunetta, in confronto diretto con l’altra di medesimo soggetto proveniente da Treia. Tra i dipinti di Vincenzo vanno ancora segnalati la splendida “Santa Lucia” della pinacoteca di Sarnano, le pale di Cossignano e di Ripatransone. L’occasione sarà preziosa per poter ammirare il dipinto da poco restaurato dal comune di Roma, proveniente da Filottrano (che arriverà in giugno) e altra “Incoronazione della Vergine” di collezione privata, oggetto di recente furto, meritoriamente annullato dalla Guardia di Finanza. Non mancheranno ovviamente le opere fermane della pinacoteca e quelle riacquisite dal mercato antiquario dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, nonché la pala di Grottammare che la stessa ha provveduto a togliere dal grave stato di degrado. I lavori di Montalto e San Ginesio testimonieranno la fase tarda dell’attività artistica, unitamente alla Crocefissione attribuita a Lattanzio della chiesa di santa Maria dei Letterati di Monterubbiano. La mostra risulterà impreziosita dal recente e fortunato ritrovamento dei disegni nei cartoni applicati sul retro della Crocefissione eseguita da Vincenzo per il collegio dei Notai di Fermo. Questi rarissimi manufatti utilizzati per lo spolvero, assemblati come in una specie di collage per sostenere la sottile tela, hanno rivelato disegni di eccezionale qualità, attestanti l’intero iter artistico della bottega monterubbianese, dai dipinti della prima maniera ad opere del tutto sconosciute. Ad essi faranno pendant quelli del prezioso taccuino, detto di Cola, della locale biblioteca civica. Non mancheranno confronti diretti con altri protagonisti della pittura marchigiana del tempo quali lo stesso Cola dell’Amatrice, presente con le figure intagliate dell’Addolorata e San Giovanni della pinacoteca di Ascoli, Venanzo da Camerino, Girolamo Nardini, Pier Antonio Palmerini, Johannes Hispanus, un inedito Raffaellino del Colle, Giuliano Presutti e molti altri ancora. I dipinti in mostra provengono per lo più da raccolte italiane. L’allestimento si snoderà nello scenario delle sale del Palazzo Priorale situato nella centrale Piazza del Popolo. Tra le numerose iniziative collaterali si segnalano una serie di percorsi sulle orme del Pagani: un viaggio tra borghi, valli e colline marchigiane alla riscoperta di tanti piccoli centri ricchi di storia, arte e cultura. In altre parole la mostra costituirà punto di partenza per un itinerario cittadino e verso altri comuni che ancora custodiscono importanti pale d’altare. L’essere stato pittore assai prolifico, ha permesso infatti al Comitato un esauriente allestimento senza dover togliere alcuna opera dal territorio fermano. L’iniziativa che si prefigge di inserire il pittore nel contesto più ampio dell’arte rinascimentale centro-italiana, permetterà di riconoscere i caratteri culturali e religiosi caratterizzanti un’identità provinciale affatto conosciuta. Il Pagani emerge con una personalità artistica di ‘pittore devoto’, espressione del fervore religioso della committenza del suo tempo che, pur risultando sentimento esteriore, esalta uno spirito curioso ed attento a captare le ultime novità. Il modo di dipingere è fondato su saldi principi e su una chiarezza narrativa frutto di scelte meditate e coerenti, ma prive di travaglio e di inquietudini. Lo stile orienta verso centri tra i più significativi del Rinascimento quali Venezia, Perugia e Roma e si caratterizza per una interpretazione magniloquente dei temi religiosi. Grande è la familiarità con i massimi esponenti della pittura veneta contemporanea, umbra, emiliano romagnola e romana, evidenti le tangenze con artisti che traducono il classicismo raffaellesco in ambito padano orientale e tosco-romano. Complessi infine i rispecchiamenti con una costellazione di piccoli maestri autoctoni con i quali condivide affinità di percorso. Tra essi, spiccano quelli con il turbolento Marchisiano da Tolentino, con l’Agabiti, Bernardino di Mariotto, Lorenzo da Matelica, Francesco di Fantone da Norcia e con altri ancora. La sua arte lasciò una scia di epigoni quali Durante Nobili, Giovanni Andrea De Magistris, Giulio Vergari e Morale da Fermo per citarne alcuni. Fu personaggio inserito nella vita civile del luogo dove è vissuto, ma anche uomo dalla discreta attività economico/imprenditoriale, testimoniata da compravendite di affitto nel settore agricolo ed immobiliare. La sua morte, avvenuta nel 1567 chiuse il lungo arco di un’esistenza nella quale si svolse un’originale esperienza artistica, avvenuta in un momento di grande crisi, tra Riforma e Controriforma, in un’epoca caratterizzata da profondi mutamenti. Walter Scotucci - Paola Pierangelini