Pdf - RTUP - Università degli Studi di Perugia

CancerStat Umbria
Anno II No. 8
Agosto 2011
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
ISSN 2039-814X
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Dipartimento di
Specialità MedicoChirurgiche e Sanità
pubblica.
Sezione di Sanità
Pubblica.
Università degli Studi
di Perugia.
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
I tumori della tiroide
Efisio Puxeddu, Serena Romagnoli,
Renato Colella, Gioia Calagreti,
Francesca Cioccoloni, Susanna Ferroni
Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi,
Francesco La Rosa
Parte I
Epidemiologia e fattori di rischio
Bibliografia
Parte II
Anatomia patologica
Bibliografia
Management clinico
Bibliografia
pag. 1
pag. 9
pag.
pag.
pag.
pag.
11
13
14
23
I registri tumori regionali:
stato dell’arte
III Corso di aggiornamento interdisciplinare “Progetto
mesotelioma pleurico". Foligno 18 giugno 2011.
Fabrizio Stracci
pag 29
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
CancerStat Umbria
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Anno II No. 8, Agosto 2011
ISSN 2039-814X
Codice CINECA-ANCE E205269
Pubblicato da:
Registro Tumori Umbro di Popolazione
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Collaboratori:
Anna Maria Petrinelli
Daniela Costarelli
Fortunato Bianconi
Valerio Brunori
Daniela D’Alò
Silvia Leite
Cinzia Santucci
Francesco Spano
Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità
Pubblica. Sezione di Sanità Pubblica.
Università degli Studi di Perugia.
Via del Giochetto
06100 Perugia
Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366
Fax: +39.075.585.7317
Email: [email protected]
URL: www.rtup.unipg.it
Segreteria:
Luisa Bisello
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
Emilio Duca
Paola Casucci
Marcello Catanelli
Mariadonata Giaimo
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
I TUMORI DELLA TIROIDE
I tumori della tiroide
Efisio Puxeddu1, Serena Romagnoli1, Renato Colella2, Gioia
Calagreti3, Francesca Cioccoloni3, Susanna Ferroni3,
Fabrizio Stracci4, Fortunato Bianconi4, Francesco La Rosa4
1
2
3
4
Dipartimento di Medicina interna,Università di Perugia
Anatomia e Istologia patologica. Azienda Ospedaliera di Perugia
Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva,
Università di Perugia
Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità
medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia
Parte I
EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
Gioia Calagreti, Francesca Cioccoloni, Susanna Ferroni
Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi, Francesco La Rosa
Diversi studi internazionali di recente
pubblicazione hanno documentato, sia in
Europa che in altri continenti, un aumento
dell’incidenza del tumore maligno tiroideo
negli ultimi due decenni, mentre per la
mortalità l’andamento risulta stabile [1-3].
I dati italiani provenienti dall’Associazione
Italiana
Registri
Tumori
(AIRTUM)
confermano un aumento delle diagnosi di
cancro della tiroide, particolarmente evidente
fra le donne, ma ugualmente presente in modo
significativo in entrambi i sessi (cambiamento
medio annuo percentuale dei tassi: APC
incidenza maschi 1998-2001, +10,0; APC
incidenza maschi 2001-2005, + 4,2; APC
incidenza femmine 1998-2005, +7,1). L’attuale
trend di incidenza è caratterizzato da un
incremento statisticamente significativo sia nei
maschi che nelle femmine, più evidente nella
fascia di età 50-69. La mortalità è caratterizzata
in entrambi i sessi da riduzioni non
significative (APC mortalità maschi 1998-2005,
-0,9; APC mortalità femmine 1998-2005, -3,4).
Il trend di incidenza è relativamente omogeneo
nel Paese, allo stesso modo della mortalità [4].
Sulla base dei dati dei registri tumori italiani si
stima che in Italia nel sesso femminile il cancro
tiroideo sia ormai il IV tumore in termini di
prevalenza [5-6]. Al 1° gennaio 2006 in Italia, si
stimava in 81.131 persone, di cui 17.958
maschi e 63.173 femmine (5%) il numero delle
persone presenti che avevano avuto una
diagnosi della tiroide nel corso della vita;
questo numero di casi prevalenti corrisponde
ad un rapporto di prevalenza di circa 143 casi
ogni 100.000 abitanti. Come emerge da
numerosi studi, il sesso e l’età rappresentano
importanti fattori di variabilità per l’incidenza
dei tumori tiroidei [6]. La prevalenza di tali
tumori risulta, infatti, quasi doppia nelle donne
delle classi di età intermedie (fascia tra 45-74
anni, oltre 350/100.000) rispetto alle più
anziane (211/10.000). Un pattern analogo
emerge nel sesso maschile, anche se con livelli
di prevalenza molto inferiori (oltre
100/100.000 nelle classi de età 45-59 e 60-74 e
99/100.000 nei soggetti di oltre 75 anni). Il
I TUMORI DELLA TIROIDE
rapporto fra i casi prevalenti nelle femmine e
nei maschi è sempre maggiore di 3, tranne
nella classe over 75 in cui, comunque, si
mantiene maggiore di 2 [4].
Andamenti temporali dell’incidenza e della
mortalità in Umbria
Il trend umbro è sovrapponibile al quadro
epidemiologico italiano. Nel primo anno di
attività del Registro Tumori Umbro di
Popolazione (1994) i casi incidenti di
carcinoma tiroideo diagnosticati sono stati 32,
di cui 12 nel sesso maschile e 20 nel sesso
femminile, mentre le morti per tale patologia
sono state 4, di cui 2 nei maschi e 2 nelle
femmine. Nel 2008 si sono invece registrati
122 nuovi casi di cancro della tiroide di cui 35
nei maschi e 87 nelle femmine, mentre il
numero di morti è stato di 9 (3 maschi e 6
femmine) [7]. Sebbene il cancro della tiroide
sia abbastanza raro, nella Regione Umbria in
seguito dell’aumento dell’incidenza è diventato
l’ottavo tumore maligno nel sesso femminile
[8]. I dati del Registro Tumori Umbro di
Popolazione, relativi al carcinoma tiroideo e
riferiti al periodo 1994-2008, sono stati
analizzati mediate modelli di regressione
joinpoint (figura 1 e figura 2).
Figura 2. Incidenza e mortalità per cancro della tiroide
nelle femmine (cerchio: tasso osservato di incidenza;
linea continua: trend stimato di incidenza; rombo: tasso
osservato di mortalità; linea tratteggiata: trend stimato di
mortalità). Standard: popolazione italiana 2001.
In Umbria l’attuale trend temporale
dell’incidenza è in aumento statisticamente non
significativo sia nei maschi che nelle femmine,
anche se in misura più spiccata in queste
ultime; in entrambi i sessi l’APC della mortalità
non varia in modo significativo. Dall’analisi di
periodo 2004-2008 si osserva che il tasso
standardizzato di incidenza è 6.3 casi per
100.000 abitanti nei maschi e 16.2 casi per
100.000 abitanti nelle femmine, mentre il tasso
standardizzato di mortalità è 1 caso ogni
100.000 abitanti nei maschi e 1 caso ogni
100.000 abitanti nelle femmine (tabelle 1 e 2)
[7].
Il cancro della tiroide è quindi più frequente
nel sesso femminile in un rapporto F/M di
circa 3/1.
La diagnosi di tumore della tiroide risulta rara
in età pediatrica e diviene più frequente con
l’avanzare dell’età (figure 3-5): in Umbria per il
periodo 2004-2008 la fascia di età più
rappresentata è compresa fra i 55-59 anni per il
sesso femminile e fra i 65-69 anni per il sesso
maschile. In età avanzata l’incidenza di malattia
torna a ridursi.
Figura 1. Incidenza e mortalità per cancro della tiroide
nei maschi (cerchio: tasso osservato di incidenza; linea
continua: trend stimato di incidenza; rombo: tasso
osservato di mortalità; linea tratteggiata: trend stimato di
mortalità). Standard: popolazione italiana 2001.
2
I TUMORI DELLA TIROIDE
Tabella 1. Numero totale nuovi casi, tassi grezzi e
standardizzati di incidenza e mortalità del cancro della
tiroide, periodi 1978-1982, 1994-1998; 2004-2008;
maschi.
Incidenza
Anni di
riferimento
1978-1982
1994-1998
2004-2008
N. Tot.
nuovi casi
Tasso
grezzo
Tasso
stand.(*)
27
80
141
1.3
4.1
6.7
1.0
3.7
6.3
Mortalità
Anni di
riferimento
1978-1982
1994-1998
2004-2008
N. Tot.
morti
11
17
19
Tasso
grezzo
0.5
0.9
0.9
Figura 3. Tasso di incidenza cancro della tiroide
1994-1998, maschi e femmine, Regione Umbria
Tasso
stand.(*)
0.6
1.2
1.0
(*) popolazione standard italiana m+f censimento 2001
Tabella 2. Numero totale nuovi casi, tassi grezzi e
standardizzati di incidenza e mortalità del cancro della
tiroide, periodi 1978-1982, 1994-1998; 2004-2008;
femmine.
Incidenza
Anni di
riferimento
1978-1982
1994-1998
2004-2008
N. Tot.
nuovi casi
Tasso
grezzo
69
205
378
3.3
9.7
16.8
Tasso
stand.(*)
Figura 4. Tasso di incidenza cancro della tiroide
1999-2003, maschi e femmine, Regione Umbria
2.7
9.5
16.2
Mortalità
Anni di
riferimento
1978-1982
1994-1998
2004-2008
N. Tot.
morti
31
24
31
Tasso
grezzo
1.1
1.1
1.4
Tasso
stand.(*)
1.7
1.0
1.0
Figura 5. Tasso di incidenza cancro della tiroide
2004-2008, maschi e femmine, Regione Umbria
(*) popolazione standard italiana m+f censimento 2001
3
I TUMORI DELLA TIROIDE
men che meno, organizzato per il cancro della
tiroide.
Commento
L’incidenza del cancro della tiroide è in
aumento nella gran parte delle aree geografiche
dove esistono registri tumori [1-3].
Molti studi internazionali sono concordi
nell’attribuire l’aumento dell’incidenza del
cancro della tiroide, all’incremento nell’utilizzo
di tecniche diagnostiche, le quali sono in grado
di individuare tumori di piccole dimensioni;
l’esistenza di un serbatoio rilevante di lesioni
asintomatiche non evolutive nella popolazione
generale, e in particolare nell’età avanzata, era
stato evidenziato da tempo da studi autoptici
[9-11].
L’ecografia tiroidea e la diagnosi citologica
delle lesioni nodulari mediante ago sottile,
hanno portato alla diagnosi di un elevato
numero di microcarcinomi papillari, che sono
tra tumori tiroidei maligni più frequenti [1-3].
Tuttavia non è escluso che all’incremento di
incidenza possa contribuire in alcune aree
l’esposizione a fattori di rischio non identificati
con sicurezza [12]. Tra le ipotesi formulate
possiamo citare l’aumento dell’esposizione a
radiazioni ionizzanti [13], la diffusione
dell’obesità [14], l’esposizione crescente a
sostanze che interferiscono con la regolazione
endocrina [15].
Il miglioramento delle tecniche diagnostiche
per la tiroide si è tradotto in un intervento
sanitario che potremmo definire screening non
intenzionale (incidentale), responsabile di
sovradiagnosi e sovra trattamento, a fronte di
un’efficacia incerta in termini di riduzione della
mortalità [16]. In Umbria, in effetti, la
mortalità è sostanzialmente stabile, nonostante
l’incidenza in aumento. É importante
sottolineare che, in generale, per la bassa
letalità del cancro della tiroide, che è
responsabile di una quota assai ridotta della
mortalità oncologica, e per il rischio
importante di sovra diagnosi [17], non vi sono
indicazioni ad uno screening opportunistico e,
EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
La genesi dei tumori della tiroide sembra
derivare da una complessa interazione tra
fattori genetici ed ambientali in soggetti a
rischio. La multifattorialità è stata evidenziata
da numerosi studi epidemiologici, che hanno
individuato come principali fattori di rischio:
familiarità per carcinoma tiroideo (presenza di
neoplasia tiroidea in almeno due consanguinei
di primo grado)
precedente esposizione a radiazioni ionizzanti
sia terapeutica che accidentale (incidenti
nucleari, irradiazione esterna della regione del
collo, soprattutto in età infantile);
preesistente patologia tiroidea benigna;
fattori endocrini e gravidanze;
massa corporea;
deficit e apporto alimentare di iodio;
altri fattori
all’ambiente.
legati
all’alimentazione
e
Familiarità e fattori genetici
In circa il 3-5% dei pazienti affetti da
carcinoma tiroideo è possibile riscontrare
un’anamnesi familiare positiva per neoplasie
della tiroide nei parenti di primo grado. La
trasmissione sembra essere di tipo autosomico
dominante a penetranza incompleta.
In questi soggetti [18] l’aggressività del tumore
è maggiore rispetto a quella osservata nella
popolazione generale; si registra un’elevata
frequenza di multifocalità ed un più elevato
tasso di recidiva rispetto ai soggetti con
carcinoma tiroideo papillare sporadico.
Generalmente risultano affetti da patologia
cancerosa tiroidea 2 familiari, raramente 3,
mentre gli altri possono essere affetti da
patologia tiroidea benigna, anche se questa
associazione non è stata ancora ben definita.
4
I TUMORI DELLA TIROIDE
soggetti di sesso femminile e di età inferiore a
35 anni sono più frequentemente colpiti ed il
carcinoma presenta particolari caratteristiche
istologiche:
frequente
multicentricità,
associazione di aspetti papillari classici con
aspetti solidi e a cellule fusate. Nella malattia
di Cowden, malattia autosomica dominante
con amartomi multipli, il rischio di carcinoma
papillare o follicolare della tiroide risulta più
elevato rispetto al rischio osservato nella
popolazione generale.
In uno studio condotto dal registro tumori
dello Utah (USA) al fine di studiare il rischio di
un qualsiasi tipo di cancro in parenti di primo
grado di un soggetto affetto, su 28 tipi di
cancro analizzati, il rischio maggiore è stato
osservato per il carcinoma differenziato della
tiroide (8,6%). La trasmissione risulta essere di
tipo autosomico-dominante a penetranza
incompleta.
Probabilmente,
tale
predisposizione è legata a geni frequenti nella
popolazione generale, ma con debole
penetranza, che non sono ancora stati
identificati.
I fattori genetici sono certamente responsabili
della familiarità in alcune sindromi familiari
associate ad un’elevata prevalenza di patologia
nodulare tiroidea e carcinoma tiroideo (tabella
3).
Precedente esposizione a radiazioni
ionizzanti
La precedente esposizione a radiazioni
ionizzanti ha un ruolo accertato nella
carcinogenesi tiroidea fin dal 1950, dopo
l’esplosione delle bombe atomiche di
Hiroshima e Nagasaki in Giappone.
In seguito, numerosi studi condotti in Ucraina
dopo il disastro di Chernobyl, hanno
dimostrato un aumento d’incidenza di
neoplasie tiroidee nei soggetti che, al momento
dell’esplosione nucleare, avevano un’età
compresa tra 5 mesi e 10 anni [21-22]. L’età
media alla diagnosi del carcinoma tiroideo era
di 14 anni, con nessuna sostanziale differenza
in termini di incidenza tra maschi e femmine.
Gli istotipi più frequenti erano le varianti solida
e follicolare del carcinoma tiroideo papillare.
Al momento della diagnosi, la malattia si
trovava in uno stadio già avanzato
presentandosi con metastasi linfonodali e
polmonari con una frequenza maggiore
rispetto alla media e presentava un
comportamento biologico più aggressivo;
inoltre, era più usuale il riscontro della
neoplasia in associazione con tiroidite
autoimmune.
A 25 anni dall’incidente il rischio di cancro
tiroideo per i residenti nell’area di Chernobyl al
momento dell'incidente non si è ancora
ridotto. Uno studio pubblicato dalla rivista
Environmental Health Perspectives nel marzo
Tabella 3. Patologia nodulare tiroidea benigna e
maligna in sindromi familiari
SINDROMI
GENETICHE
LOCUS
NODULI
TIROIDEI
Benigni
Maligni
1 Poliposi
adenomatosa
del colon
(FAP)
5q21
n.d.
0,3-1%
2 Sindrome di
Cowden
10q22-23
60%
7%
3 Neoplasia
endocrina
multipla tipo 1
(MEN1)
11q13
25%
n.d.
4 AtaxiaTeleangectasia
11q22-23
riportati solo
occasionalmente
5 Sindrome di
Peutz-Jeghers
19p
riportati solo
occasionalmente
Nella poliposi familiare del colon, il rischio di
sviluppare il carcinoma papillare della tiroide,
in particolare la variante cribriforme [19], è
circa 100 volte più elevato rispetto al rischio
osservato nella popolazione generale [20]. I
5
I TUMORI DELLA TIROIDE
2011 da Brenner AV et al. [23], ha dimostrato
che la probabilità che si sviluppi oggi il cancro
della tiroide, è ancora uguale ai giorni
successivi al disastro. Lo studio, condotto dal
National Institute of Health americano, ha
esaminato 12.500 persone che avevano meno
di 18 anni al momento dell'incidente,
misurando due mesi dopo i livelli di Iodio-131
nella loro tiroide. Nei 22 anni successivi 65
persone hanno avuto una diagnosi di cancro
alla tiroide, e la probabilità è risultata doppia
per ogni gray (unità di radiazione assorbita)
misurato nei pazienti.
In soggetti sottoposti a radioterapia in età
pediatrica per neoplasie solide o ematologiche,
come il linfoma o le leucemie, è nota
l’aumentata incidenza di patologia tiroidea, in
particolare del carcinoma della tiroide, rispetto
a soggetti di pari età non sottoposti a tali
interventi terapeutici [24-25].
E’ interessante sottolineare che i meccanismi
eziopatogenetici delle neoplasie tiroidee insorte
nei soggetti sottoposti a radiazioni ionizzanti
differiscono da quelli osservati negli altri
soggetti. Di fatto, negli studi di biologia
molecolare condotti sui carcinomi papillari
tiroidei
sporadici,
le
mutazioni
più
frequentemente riscontrate sono state quelle a
carico dell'oncogene BRAF (29-88% dei casi)
ed in minor misura di RAS (0-16% dei casi),
mentre nei carcinomi papillari dei pazienti
esposti a radiazioni è stata dimostrata un'alta
prevalenza (fino all’80% dei casi) di alterazioni
cromosomiche risultanti in riarrangiamenti
dell'oncogene RET, noti come RET/PTC.
Poiché le cellule follicolari tiroidee di pazienti
con tiroidite cronica autoimmune presentano
spesso riarrangiamenti RET/PTC o RET- Trk,
tale condizione è stata analogamente indicata
come fattore di rischio per lo sviluppo del
carcinoma papillare tiroideo [26].
Storia precedente di patologia tiroidea
benigna
Numerosi studi hanno dimostrato una maggior
frequenza di carcinoma tiroideo in soggetti
affetti da nodulo tiroideo benigno e, anche se
in misura minore, da gozzo. Questa
associazione fa sospettare, ma non dà alcuna
prova certa, dell’esistenza di fattori eziologici
comuni. Non esiste inoltre, alcuna differenza
del tasso di malignità tra noduli singoli o
multipli.
Diversi studi hanno rilevato un’incidenza di
noduli maligni più elevata (dallo 0,4% al 9,8%)
in alcune serie di soggetti affetti da Morbo di
Basedow [27-28], con un rischio maggiore per
quei soggetti che presentavano noduli palpabili
o rilevati attraverso esami strumentali
ultrasonografici o scintigrafici, rispetto a quelli
con gozzo diffuso non nodulare. Inoltre, i
tumori insorti nei pazienti con Morbo di
Basedow sembrano avere un’evoluzione clinica
più aggressiva [29].
I casi di cancro insorti in pazienti con gozzo
congenito da disormonogenesi hanno
suggerito un ruolo del TSH ed in particolare
della prolungata stimolazione come elementi
favorenti lo sviluppo del carcinoma tiroideo.
Fattori endocrini e gravidanze
Diverso è il rapporto di incidenza tra femmine
e maschi a seconda del periodo di vita in cui
insorge il tumore: nelle donne in età fertile, tale
rapporto è circa 2-4:1 e si riduce a 1.5:1 in età
pre-pubere e in menopausa.
Nelle femmine sono stati osservati valori di
TSH maggiori rispetto ai maschi, forse per la
più frequente occorrenza di tiroiditi o per
ragioni ancora non molto chiare, e pare che sia
questa evenienza a condizionare la maggiore
frequenza delle neoplasie tiroidee nelle donne
[30-31].
In gravidanza, è frequente la diagnosi di gozzo
o di noduli tiroidei e può verificarsi un
aumento di volume della tiroide e dei noduli.
6
I TUMORI DELLA TIROIDE
Per tale motivo, è stato ipotizzato il ruolo dei
fattori ormonali o dei fattori legati alla
gravidanza nella patogenesi del carcinoma
tiroideo [32].
Non è chiaro il motivo della predominanza di
tale patologia nel sesso femminile, anche se
sono state descritte molte associazioni: un
rischio lievemente superiore sembra essere
nelle donne affette da cisti ovariche, con
menopausa tardiva, pluripare e con età
avanzata al primo parto, con aborti spontanei
o deficit di progesterone, mentre sembra quasi
giocare un ruolo protettivo un menarca
precoce seguito da cicli di ritorno regolari [33].
In donne di età inferiore a 35 anni, sottoposte
a terapia radiante nella regione del collo in età
infantile, il rischio di cancro della tiroide
aumenta con l’aumentare del numero di
gravidanze. Non sembrano invece incidere
eventuali terapie contraccettive a base di
estroprogestinici o la terapia ormonale
sostitutiva per le donne in menopausa [34].
Non è chiara l’associazione tra malattie tiroidee
e il carcinoma della mammella; tale
associazione potrebbe essere imputabile a
fattori ormonali. Osservando questi aspetti
epidemiologici, è stato approfondito il ruolo
dell’espressione dei recettori degli ormoni
steroidei nel tessuto tiroideo normale e
tumorale.
L’espressione dei recettori del progesterone e
degli estrogeni è variabile, ma comunque più
significativa nei soggetti giovani. Se i recettori
estrogenici sono espressi sia nel tessuto sano
che tumorale, non lo sono il recettore per il
testosterone e il diidrotestosterone che
risultano assenti nel tessuto tumorale.
Un’azione diretta del testosterone sul tessuto
tiroideo è stata ipotizzata sulla base
dell’osservazione del rischio di cancro tiroideo
radioindotto, in studi sperimentali nel ratto
maschio: il rischio di cancro era minore se la
cavia veniva castrata prima dell’irradiazione,
mentre aumentava nelle cavie castrate se prima
dell’irradiazione veniva iniettato testosterone.
Massa corporea
Alcuni studi caso-controllo hanno dimostrato
un aumento del rischio di carcinoma tiroideo
in pazienti con elevato BMI (Body Mass
Index) [35]. Il rischio sarebbe aumentato di 5
volte negli uomini e di 2 volte nelle donne
obese (> 97° percentile), rispetto al rischio
osservato nei soggetti con peso <3° percentile.
Nelle donne (specie in epoca postmenopausale) un aumento di peso >14%
sembra
correlarsi
positivamente
con
l’insorgenza del carcinoma tiroideo.
Fattori dietetici
Deficit e apporto alimentare di iodio
È stato dimostrato che la carenza iodica
provoca un aumento della secrezione ipofisaria
del TSH che si comporta quale fattore di
crescita per le cellule epiteliali tiroidee,
promuovendo i processi di tumorigenesi nei
pazienti geneticamente predisposti.
Nelle zone a carenza iodica si osserva una
maggiore incidenza di noduli tiroidei e quindi
di carcinomi tiroidei in termini assoluti.
Tuttavia, se si corregge per il maggior numero
di noduli, la percentuale di carcinomi
nell’ambito dei noduli tiroidei è simile a quella
che si riscontra nelle aree a normale apporto
alimentare di iodio.
Gli istotipi sono diversamente rappresentati
proprio in base all’apporto di iodio alimentare:
se l’apporto è sufficiente, più dell’80% dei
tumori è rappresentato dal carcinoma papillare,
mentre nelle aree a carenza iodica sono più
frequenti gli istotipi follicolare ed anaplastico
(frequenza circa 2-3 volte superiore rispetto a
quella osservata nelle aree con adeguato
apporto iodico) [36].
7
I TUMORI DELLA TIROIDE
vulcaniche potrebbe essere più esposto a
questo tipo di malattie.
Alimenti di derivazione animale
L’uso di burro, formaggi, amidi, olio di fegato
di pesce e l’abuso di pesce affumicato,
sembrerebbe essere correlato positivamente
con il rischio di cancro tiroideo, ma non vi
sono evidenze certe al riguardo [37].
Altri determinanti del rischio
Scarso o irrilevante, invece, sembra essere il
ruolo rivestito dal contenuto alimentare di
glucosidi cianogeni, trasformati durante il
processo metabolico in tiocianati, mentre
nessun ruolo sembra avere il consumo di
tabacco [39].
Recentemente è stato studiato il ruolo degli
idrocarburi aromatici polialogenati (PHAHs),
in particolare degli eteri difenil-polibromurati
(PBDEs), nell’insorgenza del cancro tiroideo.
L’aumentata incidenza di casi di cancro fra gli
esposti ai PHAHs sembra essere conseguente
all’alterata omeostasi degli ormoni tiroidei con
conseguenti disfunzioni tiroidee. Inoltre,
variazioni genetiche ed epigenetiche possono
alterare l’espressione e la funzione di alcuni
enzimi coinvolti nel metabolismo degli ormoni
tiroidei endogeni e nella detossificazione degli
idrocarburi aromatici polialogenati e degli eteri
difenil-polibromurati [15].
Fattori legati all’ambiente
Non è ben chiaro il ruolo di altri fattori
alimentari oltre all’apporto di iodio. L’alta
prevalenza di cancro tiroideo in regioni dove
l’apporto iodico risulta elevato (Hawaii,
Islanda, etc.) suggerisce che altri fattori
giochino un ruolo carcinogenetico; sono stati
quindi chiamati in causa fattori geologici ad
esempio, vulcanici.
Pellegriti et al. [38], individuerebbe una
correlazione fra la vicinanza alle aree
vulcaniche e la possibilità di ammalarsi di
cancro alla tiroide.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of
the National Cancer Institute, ha comparato
nel caso specifico i cittadini affetti da tumore
che vivono vicino all'Etna, in provincia di
Catania, al resto della popolazione siciliana.
Mentre gli altri tipi di tumore tiroideo, quello
follicolare e quello midollare, risultano nella
norma, quello papillare ha un'incidenza più alta
addirittura del doppio.
Il fenomeno dipenderebbe, secondo i
ricercatori catanesi, dall'ambiente vulcanico
dell'Etna, e quindi di ogni vulcano in attività, il
quale sarebbe in grado di produrre una serie di
particolati, ovvero le polveri sottili che si
disperdono nell'atmosfera, gas ed elementi vari
che oltre all'aria potrebbero inquinare anche le
falde acquifere.
Secondo la coordinatrice Gabriella Pellegriti,
l’aumento dei casi di cancro alla tiroide
associati con l’ambiente vulcanico dell’Etna
suggerirebbe, che anche chi risiede in altre aree
8
I TUMORI DELLA TIROIDE
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I TUMORI DELLA TIROIDE
Parte II
ANATOMIA PATOLOGICA
Renato Colella
Carcinoma ben differenziato: carcinoma
papillare e carcinoma follicolare.
Il carcinoma papillare è l’istotipo più frequente.
L’aspetto macroscopico classico è quello di un
nodulo di consistenza aumentata rispetto al
parenchima tiroideo normale, il colorito è
bianco-grigiastro e, generalmente, mostra margini
sfumati; nel 20% circa dei casi può essere
circondato da una capsula completa, mentre in
una minoranza dei casi può mostrare un aspetto
cistico. Istologicamente si presenta con una
varietà di quadri architetturali che hanno in
comune la caratteristica morfologia del nucleo
costituita da chiarificazione della cromatina
(carattere dovuto all’azione della fissazione in
formalina), profilo irregolare della membrana,
creste e pseudoinclusi nucleari.
Architetturalmente, la forma tipica mostra
numerose papille costituite da un asse
fibrovascolare ed un rivestimento di cellule
cuboidali. Quasi sempre le papille sono associate
alla formazione di follicoli, il cui rapporto varia
da caso a caso. Nell’asse delle papille o nel
contesto
dello
stroma
si
riscontrano
frequentemente
i
corpi
psammomatosi
(calcificazioni lamellari concentriche).
Frequentemente si riscontrano microfocolai
neoplastici diffusi anche nel lobo controlaterale.
Di questa neoplasia si identificano diverse
varianti morfologiche che sono riconosciute per
esigenze
diagnostiche,
prognostiche
e
terapeutiche;
le
principali
sono:
il
microcarcinoma papillare (tumore di al di sotto di
un centimetro di diametro, tradizionalmente
chiamato “occulto”), la variante follicolare, la
variante sclerosante diffusa, la variante
Le neoplasie della tiroide possono essere in linea
generale distinte in primitive e secondarie. La
grande maggioranza delle neoplasie primitive
origina dalle cellule epiteliali. Di seguito è
riportata la classificazione delle neoplasie
primitive in base alla derivazione cellulare.
Classificazione delle neoplasie primitive:
Neoplasie epiteliali:
- a differenziazione dall’epitelio follicolare:
• Adenoma follicolare e varianti
• Adenoma trabecolare ialinizzante
• Carcinoma ben differenziato
o Carcinoma papillare
o Carcinoma follicolare
• Carcinoma scarsamente differenziato
(insulare)
• Carcinoma anaplastico (indifferenziato)
• Altri istotipi (rari)
- a differenziazione dalle cellule C:
• Carcinoma midollare
- a differenziazione dall’epitelio follicolare e dalle
cellule C:
• Carcinoma misto papillare/follicolare e
midollare
Altre neoplasie
• di origine timica o branchiale
• di origine linfoide
• di origine mesenchimale
Verranno di seguito descritti esclusivamente i
principali aspetti istopatologici dei carcinomi [13].
11
I TUMORI DELLA TIROIDE
Entrambi i tipi di carcinoma follicolare
diffondono più frequentemente per via
ematogena dando metastasi soprattutto alle ossa
e ai polmoni.
Il carcinoma scarsamente differenziato
(carcinoma insulare) è una neoplasia che si
caratterizza per un grado di differenziazione ed
un comportamento biologico intermedio tra i
carcinomi ben differenziati ed il carcinoma
anaplastico (indifferenziato). Può rappresentare
l’evoluzione di un carcinoma ben differenziato,
papillare o follicolare. Macroscopicamente è una
neoplasia francamente invasiva, solida e di
colorito bianco-grigiastro. Istologicamente si
caratterizza
per
l’architettura
definita
solida/insulare/trabecolare. La diagnosi è
affidata al riconoscimento dei seguenti aspetti
(criteri di Torino):
1. Architettura solida/insulare/trabecolare;
2. Assenza delle caratteristiche alterazioni
nucleari del carcinoma papillare;
3. Nuclei convoluti o necrosi tumorale o mitosi
(3 o più in 10 HPF).
Questa
neoplasia
mostra
un’estensione
extratiroidea e nel 90% dei casi si documenta
invasione vascolare. Nel 20% circa dei pazienti
sono presenti metastasi linfonodali o a distanza al
momento della diagnosi.
Il carcinoma anaplastico o indifferenziato è
una neoplasia altamente aggressiva. Anche questa
forma può derivare, per progressione di
malignità, sia da carcinomi ben differenziati che
dal carcinoma scarsamente differenziato. Si
presenta macroscopicamente come una massa
cospicua, a rapida crescita con diffuse aree di
necrosi e di emorragia, precoce invasione della
capsula tiroidea e degli organi vicini.
Istologicamente la maggior parte di questi tumori
è costituita da una mescolanza di cellule
squamoidi, cellule fusate e cellule giganti.
Sono comuni le metastasi viscerali specialmente a
ossa, polmoni, fegato e cervello.
Il carcinoma midollare deriva dalle cellule
parafollicolari “C” ed è in grado di secernere
oncocitica, la variante a cellule alte e colonnari,
cribriforme-morulare.
La modalità di diffusione del carcinoma papillare
è soprattutto per via linfatica dando luogo a
metastasi linfonodali.
Il carcinoma follicolare, relativamente raro, è una
neoplasia che mostra differenziazione follicolare
in assenza delle caratteristiche alterazioni nucleari
del carcinoma papillare. In rapporto al grado di
invasività è stato suddiviso in una forma
minimamente invasiva, o incapsulata, ed una
forma diffusamente invasiva.
Il carcinoma minimamente invasivo ha scarsa
propensione alla metastatizzazione ed ha aspetti
morfologici del tutto simili all’adenoma
follicolare. La diagnosi è affidata al riscontro di
invasione della capsula che circonda il nodulo
e/o dei vasi localizzati nella capsula stessa o
immediatamente all’esterno. Il carcinoma
follicolare diffusamente invasivo è una forma più
rara con spiccata tendenza alla metastatizzazione.
Istologicamente è più facilmente distinta dalle
forme benigne per la presenza di diffusa
infiltrazione del tessuto tiroideo adiacente, spesso
evidente già macroscopicamente, e per la diffusa
infiltrazione dei vasi sanguigni.
Un cenno particolare merita il carcinoma a cellule
oncocitiche (di Hürthle) considerato da alcuni
Autori una variante del carcinoma follicolare,
mentre altri Autori considerano questa forma
istologica a sé stante a causa delle caratteristiche
citogenetiche, macroscopiche e microscopiche,
talmente diverse dagli altri carcinomi tiroidei
differenziati da giustificarne una trattazione e
classificazione separate. Macroscopicamente la
neoplasia mostra un caratteristico colorito
mogano,
mentre
microscopicamente
si
contraddistingue per la presenza di cellule
oncocitarie caratterizzate da un abbondante
citoplasma granulare acidofilo (per la presenza di
numerosi mitocondri), con grandi nuclei e
prominenti nucleoli. La diagnosi di malignità è
tuttavia affidata ai criteri applicati alle forme
follicolari (invasione capsulare e/o vascolare).
12
I TUMORI DELLA TIROIDE
l’ormone calcitonina. La neoplasia è, di solito,
ben delimitata ma non capsulata, di colorito
grigio-giallastro. Istologicamente, nella forma
classica, le cellule sono disposte in nidi, trabecole
e cordoni. Le cellule hanno forma poligonale,
rotonda o fusata, con citoplasma eosinofilo o
anfofilo e nucleo rotondo, ovale o fusato. Lo
stroma spesso contiene amiloide. Le indagini
immunoistochimiche in queste neoplasie sono
indispensabili per formulare la diagnosi ed
evidenziano nel citoplasma delle cellule
neoplastiche granuli di neurosecrezione che
risultano positivi per anticorpi contro la
calcitonina
e
la
cromogranina.
Caratteristicamente le cellule sono positive anche
al TTF1 ma non esprimono tireoglobulina.
La diffusione di questa neoplasia è per via
linfatica, ai
linfonodi
laterocervicali e
mediastinici, e, meno frequentemente, per via
ematogena al fegato, al polmone e alle ossa.
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13
I TUMORI DELLA TIROIDE
MANAGEMENT CLINICO DEI CARCINOMI TIROIDEI
Efisio Puxeddu, Serena Romagnoli
CARCINOMI TIROIDEI DIFFERENZIATI
L’estensione del trattamento iniziale e il followup dovrebbero essere programmati sulla base
della classe di rischio di appartenenza dei pazienti
[4-6]. Recentemente è stato proposto che questa
stima del rischio può essere significativamente
migliorata aggiungendo durante il follow-up
informazioni sulla risposta alla terapia iniziale.
Questa valutazione dinamica del rischio è stata
dimostrata permettere una più efficace
personalizzazione del follow-up [7].
Prognosi
La sopravvivenza a 10 anni dei soggetti affetti da
carcinoma differenziato della tiroide supera
attualmente il 90%. Dopo il trattamento iniziale
circa l’85% dei pazienti risulta guarito, mentre il
15% presenta persistenza o recidiva di malattia.
Nei ¾ dei pazienti la malattia residua è locoregionale (nel letto tiroideo o nei linfonodi del
collo), mentre in ¼ dei casi è localizzata a
distanza
(più
frequentemente
metastasi
polmonari, poi ossee e quindi raramente
cerebrali) [1].
Gli indicatori prognostici disponibili per
quantizzare il rischio di morte sono rappresentati
dall’età del paziente alla diagnosi e dalla
estensione del tumore (dimensioni, invasività
extratiroidea, metastasi). Esistono diversi sistemi
per stadiare le neoplasie tiroidee, tra questi il più
usato è il sistema TNM (“Tumor-NodeMetastasis”) (tabella I). Sulla base di questo
sistema l’80-85% dei pazienti è classificato a
basso rischio di mortalità per carcinoma della
tiroide [1].
Il rischio di recidiva non coincide perfettamente
con il rischio di morte ed è condizionato anche
da altri fattori oltre a quelli presi in
considerazione per la mortalità tra cui la giovane
età (età < 16 anni), il riscontro di sottotipi
istologici più aggressivi (tra i carcinomi papillari
le varianti a cellule alte, a cellule colonnari, a
sclerosi diffusa; tra i carcinomi follicolari quelli
altamente invasivi, i carcinomi a cellule di
Huerthle e i carcinomi insulari) e la presenza di
infiltrazione vascolare.
A partire dalle precedenti considerazioni si
possono definire quattro categorie di rischio di
recidiva che sono illustrate nella tabella II [2-3].
Terapia iniziale
Chirurgia. La finalità della chirurgia è quella di
rimuovere tutto il tessuto tiroideo presente nel
collo con l’asportazione dell’intera ghiandola e di
tutti i linfonodi cervicali eventualmente coinvolti
dalla neoplasia.
Una emitiroidectomia può essere un trattamento
sufficiente nei pazienti affetti da microcarcinomi
(diametro ≤ 1 cm), monofocali, intratiroidei, non
accompagnati da linfoadenopatie evidenti [8-12].
Nei pazienti con carcinoma papillare alcuni
autori suggeriscono l’esecuzione in tutti i casi di
una asportazione profilattica dei linfonodi del
compartimento centrale (linfonodi para-tracheali
e tracheo-esofagei). Questo approccio aggressivo
è giustificato dall’evidenza che i 2/3 dei pazienti
affetti da questo tipo di tumore presentano
metastasi linfonodali, anche occulte, che nell’80%
dei casi coinvolgono il compartimento centrale.
Tuttavia i dati che sono a favore di una efficacia
della dissezione linfonodale profilattica del
compartimento centrale nel ridurre le recidive di
malattia e migliorare la sopravvivenza non sono
univoci; pertanto questa pratica, che sicuramente
aumenta il rischio di complicanze chirurgiche, va
14
I TUMORI DELLA TIROIDE
riservata a casi selezionati o a pazienti trattati
presso centri specializzati. Una dissezione
modificata della catena giugulo-carotidea
(associata a uno svuotamento del compartimento
centrale) va invece sempre eseguita nel caso di
riscontro di linfonodi metastatici palpabili o
visibili all’ecografia in questa sede [13-16].
sono controbilanciati da benefici apprezzabili.
Nei pazienti a rischio intermedio e alto il
trattamento ablativo con 131I è invece sempre
indicato perché riduce la mortalità e la
progressione di malattia. Il beneficio aggiuntivo
del trattamento con 131I alla tiroidectomia totale
non è invece certo nei pazienti a rischio basso. In
questi pazienti l’indicazione al trattamento
ablativo con 131I va posta in maniera individuale
per ogni singolo paziente, tenendo conto della
radicalità dell’intervento chirurgico, del sottotipo
istologico, dell’età, della pregressa esposizione a
radiazioni ionizzanti e di tutti gli altri possibili
fattori di rischio.
L’ablazione totale del residuo può essere
raggiunta con la somministrazione di una dose
empirica di 131I di 30-100 mCi in più dell’80% dei
pazienti sottoposti a tiroidectomia totale o quasi
totale.
Un
approccio
alternativo
alla
somministrazione di dosi empiriche è
rappresentato da quello della dose personalizzata.
Generalmente l’ablazione totale dei residui
tiroidei richiede la somministrazione di una dose
di 300 Gy a livello del letto tiroideo.
Terapia con 131I (o radiometabolica). La
terapia con 131I è somministrata nei pazienti
affetti da carcinoma differenziato della tiroide
dopo l’intervento chirurgico di tiroidectomia
totale per tre ragioni distinte.
In primo luogo permette la distruzione di tutti i
residui
di
tessuto
tiroideo
normale,
incrementando così la sensibilità della scintigrafia
totale corporea (WBS) con 131I e la specificità del
dosaggio della tireoglobulina nella diagnosi di
persistenza e recidiva di malattia durante il
follow-up. In secondo luogo permette la
distruzione di eventuali foci occulti residui di
carcinoma, riducendo il rischio di ripresa di
malattia a lungo termine (effetto adiuvante).
Infine l’uso di una quantità elevata di 131I
permette l’esecuzione di una scintigrafia totale
corporea post-dose ablativa, un esame
estremamente sensibile per individuare la
persistenza di focolai di carcinoma al di fuori del
letto tiroideo [6,17].
La terapia post-operatoria con 131I dovrebbe
essere usata in modo selettivo. Nei pazienti a
bassissimo rischio (vedi tabella II) il trattamento
ablativo con 131I non è di norma indicato, poiché,
nella grande maggioranza dei casi, la mortalità ed
il rischio di recidiva sono trascurabili già dopo la
tiroidectomia totale (< 2%) ed i rischi del
trattamento medico-nucleare, sia pur limitati, non
15
I TUMORI DELLA TIROIDE
Tab. I: Classificazione TNM dei DTC
Tumore primitivo (T)
•TX: Il tumore primitivo non può essere valutato
•T0: Non evidenza di tumore primitivo
•T1: Tumore di 2 cm o meno nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide
T1a Tumore di 1 cm o meno nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide
T1b Tumore maggiore di 1 cm ma meno di 2 cm nella dimensione maggiore,
limitato alla tiroide
•T2: Tumore maggiore di 2 cm ma non più di 4 cm nella dimensione maggiore,
limitato alla tiroide
•T3: Tumore maggiore di 4 cm nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide o
qualsiasi tumore con estensione extratiroidea minima (per es. estensione nel
muscolo sternotiroideo o nei tessuti molli peritiroidei)
•T4a: Tumore esteso oltre la capsula tiroidea con invasione di una qualsiasi delle
seguenti strutture: tessuti molli sottocutanei, laringe, trachea, esofago, nervi
ricorrenti
•T4b: Il tumore invade la fascia pre-vertebrale, i vasi mediastinici o ingloba le
arterie carotidee
Linfonodi regionali (N)
•NX: I linfonodi regionali non possono essere valutati
•N0: Assenza di metastasi nei linfonodi regionali
•N1: Metastasi nei linfonodi regionali
N1a: Metastasi nel livello VI ( linfonodi pretracheali, paratracheali, e
perilaringei/delfici)
N1b: Metastasi nei lnfonodi latero-cervicali unilaterali, bilaterali,
controlaterali (Levelli I, II, III, IV or V) o retrofaringei o del mediastino
superiore
Sotto 45 anni
• Stadio I
Any T
Any N
M0
• Stadio II
Any T
Any N
M1
• Stadio I
T1a, T1b
N0
M0
• Stadio II
T2
N0
M0
• Stadio III
T3
N0
M0
T1, T2,T3
N1a
M0
• Stadio IVA T1, T2, T3
45 anni o più
N1b
M0
T4a
N0, N1
M0
• Stadio IVB T4b
Any N
M0
• Stadio IVC
Any N
M1
Any T
Metastasi a distanza (M)
•M0: Assenza di metastasi a distanza
•M1: Presenza di metastasi a distanza
AJCC Cancer Staging Manual, Seventh Edition (2009)
Uno studio dosimetrico preliminare permette di
calcolare in modo preciso la dose da
somministrare. La preparazione alla terapia
prevede una dieta povera di iodio nelle settimane
precedenti e una adeguata stimolazione del TSH
(> 25-30 µU/ml) che può essere raggiunta o
attraverso la sospensione della terapia sostitutiva
con L-tiroxina (stimolazione endogena) o
attraverso la somministrazione esogena di TSH
umano ricombinante [18-19].
Tab. II: Stratificazione del rischio di recidiva dei DTC (6)
•
Rischio bassissimo
Microcarcinoma unifocale (≤ 1 cm) + tutte le altre caratteristiche del basso rischio
•
Rischio basso
1) assenza di matastasi locali o a distanza; 2) resezione macroscopica di tutto il tumore; 3)
assenza di invasione di tessuti o strutture loco-regionali; 4) istologia non aggressiva e assenza
di invasione vascolare; 5) assente up-take dello 131I al di fuori del letto tiroideo al primo
RxWBS
•
Rischio intermedio
1) invasione microscopica del tumore nei tessuti molli peri-tiroidei; 2) metastasi linfonodali
cervicali o up-take dello 131 I al di fuori del letto tiroideo al primo RxWBS; 3) istologia
aggressiva o invasione vascolare
•
Rischio alto
1) invasione macroscopica del tumore; 2) resezione incompleta; 3) metastasi a distanza; 4) Tg
sproporzionatamente alta rispetto a quanto si vede nel RxWBS
16
I TUMORI DELLA TIROIDE
trattamenti eseguiti, fatta eccezione per i pazienti
a rischio bassissimo (tabella II) che non
necessitano di terapia TSH-soppressiva, ma solo
sostitutiva [6,25-30]. Il dosaggio di L-tiroxina da
utilizzare si attesta intorno ai 1,8-2,2 µg/Kg e
l’obiettivo iniziale è rappresentato in tutti i
pazienti da una soppressione del TSH al di sotto
di 0,1 µU/ml, mantenendo le frazioni libere di
T3 e T4 nei limiti della norma. Tuttavia poiché
una TSH-soppressione prolungata non è esente
da effetti collaterali cardio-vascolari e scheletrici
oggi si tende a protrarla per il minor tempo
possibile in accordo alle seguenti indicazioni
[6,25-30]:
• Pazienti a basso rischio di mortalità: TSH
< 0.1 µU/ml fino al primo test dopo
stimolo; quindi se in remissione il TSH va
mantenuto tra 0.5-1 µU/ml
• Pazienti a rischio intermedio e alto di
mortalità: TSH < 0.1 µU/ml per 3-5
anni. Successivamente se in remissione
TSH 0.5-1 µU/ml
• In tutti i casi con evidenza di persistenza
o recidiva di malattia: TSH < 0.1 µU/ml
La terapia TSH-soppressiva va somministrata
con prudenza e senza spingere eccessivamente
nei soggetti anziani e in quelli con rischio di
malattia cardio-vascolare.
Radioterapia esterna. Una radioterapia esterna
al collo e al mediastino è indicata nei pazienti in
cui l’asportazione chirurgica della neoplasia sia
stata incompleta o impossibile e in quelli in cui il
tessuto tumorale non risulti captare lo 131I [3,2023].
Follow-up
Gli obiettivi del follow-up, dopo il trattamento
iniziale, sono rivolti al mantenimento di una
terapia con ormone tiroideo adeguata e
all’individuazione di una persistenza o di una
recidiva della neoplasia.
Sebbene usualmente le riprese di malattia siano
scoperte nei primi anni dopo la diagnosi, talvolta
queste possono avvenire anche più tardivamente
nel corso dell’esistenza del paziente. Pertanto il
follow-up dei soggetti affetti da carcinomi della
tiroide dovrebbe durare virtualmente per tutta la
vita.
Nella pianificazione del follow-up è essenziale
tenere in considerazione il grado di rischio
iniziale del paziente, modulando su questo
l’intensità degli accertamenti, pronti a ridurre la
frequenza e la complessità dei controlli quando vi
sia evidenza di persistenza dello stato di
guarigione nel tempo (concetti di follow-up
personalizzato e follow-up dinamico nel tempo)
[1,4-5,7,24].
Definizione di remissione di malattia. Nei
pazienti che sono stati sottoposti a tiroidectomia
totale o quasi totale e ad ablazione del residuo, la
definizione di assenza di malattia include tutti i
seguenti criteri: assenza di evidenza clinica del
tumore, livelli di tireoglobulina sierica indosabili
sia durante terapia TSH-soppressiva che dopo
stimolo del TSH, in assenza di anticorpi anti-Tg
interferenti, assenza all’imaging di segni riferibili
al tumore (assenza di captazione dello iodio al di
fuori del letto tiroideo alla scintigrafia totale
corporea post-ablativa iniziale o assenza di
captazione dello iodio ad una scintigrafia totale
corporea diagnostica nel follow-up; assenza di
Terapia con ormone tiroideo. Il razionale
dell’uso della tiroxina nei pazienti con carcinoma
della tiroide risiede nella nozione che la crescita
delle cellule tumorali è stimolata dal TSH. E’
stato dimostrato che l’inibizione della secrezione
di TSH, ottenuta con la somministrazione
dell’ormone tiroideo nei malati di cancro della
tiroide, riduce il rischio di recidive della malattia e
migliora la sopravvivenza. Pertanto una terapia
con L-tiroxina dovrebbe essere iniziata in tutti i
pazienti affetti dalla malattia a prescindere
dall’estensione della chirurgia iniziale e dagli altri
17
I TUMORI DELLA TIROIDE
evidenza di tessuto tiroideo all’ecografia del collo
e a qualsiasi altra tecnica radiologica) [3,6,27].
Tuttavia oggi è riconosciuto che l’uso del WBS
diagnostico con 131I (74-185 MBq equivalenti a 25 mCi) nel follow-up dei pazienti affetti da
carcinomi differenziati della tiroide, sottoposti a
tiroidectomia totale e ablazione del residuo, è
gravato da due elementi negativi: 1) la ridotta
accuratezza; 2) il rischio di provocare lo
“stunning” (letteralmente stordimento) di un
eventuale tessuto captante residuo.
Il suo utilizzo non sembra necessario nei pazienti
a basso rischio, clinicamente liberi da malattia,
che hanno una Tg in terapia TSH soppressiva
indosabile e una ecografia del collo negativa.
Il WBS è eseguito generalmente 48-72 ore dopo
la somministrazione di una dose tracciante di 2-5
mCi. Dosi più alte non vanno usate poiché esiste
la possibilità che il radioisotopo produca un
danno da irradiazione sub-letale nelle cellule
metastatiche (“stunning effect”), che inficia
l’uptake
di
una
eventuale
successiva
somministrazione terapeutica di radioiodio [4144].
Dosaggio della tireoglobulina sierica. La
tireoglobulina (Tg) è una glicoproteina che è
prodotta e secreta in circolo solo dalle cellule
follicolari tiroidee normali e neoplastiche. La
misurazione della Tg è una modalità importante
per il monitoraggio delle persistenze di malattia e
delle recidive nei pazienti affetti da carcinoma
differenziato della tiroide. La Tg sierica ha infatti
un elevato grado di sensibilità e specificità nella
rilevazione di focolai di malattia, specialmente
dopo l’esecuzione di una tiroidectomia totale e di
un’ablazione del residuo. Il livello di massima
sensibilità viene raggiunto se la Tg viene misurata
dopo stimolo (in presenza di elevati livelli di
TSH), ottenuto o attraverso la sospensione della
terapia sostitutiva con L-T4, o dopo
somministrazione di rhTSH [31-40].
L’uso di metodi immunometrici per il dosaggio
della Tg è gravato dal limite che gli Ab anti-Tg,
presenti nel siero del 25% dei pazienti affetti da
carcinoma della tiroide e del 10% della
popolazione generale, interferiscono con la
determinazione e condizionano possibili risultati
falsamente negativi. Essi vanno pertanto sempre
determinati in associazione al marcatore di
malattia [32,35].
TSH ricombinante. L’rhTSH è una forma
altamente
purificata
di
TSH
umano
ricombinante, ottenuto da una linea cellulare di
ovaio di “hamster” cinese. Differisce dal TSH
umano nativo per un diverso pattern di
glicosilazione che rende conto della sua più lunga
emivita.
L’rhTSH stimola sia la captazione dello iodio che
la produzione di tireoglobulina da parte di
tessuto tiroideo normale o neoplastico. Esso
offre il vantaggio di poter eseguire trattamenti
con 131I, WBS diagnostici e misurazioni della
tireoglobulina “dopo stimolo” anche in
condizioni
di
eutiroidismo,
laddove
tradizionalmente era necessario sospendere per
almeno 6 settimane la L-tiroxina con lo sviluppo
di fastidiosi sintomi di ipotiroidismo. E’ stata
dimostrata la sua affidabilità, con risultati del
tutto comparabili a quelli ottenuti dopo
“sospensione”, sia nella ablazione del residuo che
nella diagnosi delle recidive di malattia [31,38-39].
Scintigrafia totale corporea con 131-I (WBS:
Whole Body Scan). Le recidive loco-regionali e
le metastasi a distanza di carcinoma differenziato
della tiroide mantengono in molti casi la capacità
di concentrare lo iodio come avviene nel tessuto
normale. Questa nozione costituisce il razionale
per l’uso dello 131I nella diagnostica e terapia di
questi tumori [35].
L’uptake dello 131I da parte del tessuto
metastatico è stimolato da elevati valori di TSH;
pertanto l’utilizzo del radioisotopo non può
prescindere dalla stimolazione del TSH, ottenuta
in fase diagnostica preferibilmente per via
esogena, somministrando rhTSH.
18
I TUMORI DELLA TIROIDE
Il protocollo proposto per il trattamento con 131I
prevede la somministrazione i.m. in due giorni
consecutivi di 0,9 mg di rhTSH e la
somministrazione il terzo giorno di almeno 100
mCi del radioalogeno (recenti evidenze della
letteratura indicano che anche dosaggi inferiori
del radioiodio nell’ordine dei 50 mCi sono
adeguati per l’ablazione del residuo).
Il protocollo proposto per lo screening delle
recidive di carcinoma tiroideo prevede la
somministrazione i.m. in due giorni consecutivi
(per esempio il lunedì ed il martedì) di 0,9 mg di
rhTSH. Il terzo giorno (il mercoledì) vengono
somministrati 4 mCi (dose tracciante) di 131I, e 48
ore più tardi (il venerdì) viene eseguito il WBS.
La Tg viene misurata prima delle iniezioni e il
giorno in cui viene eseguita la scintigrafia [45].
rischio di mortalità. In effetti, una captazione del
FDG elevata predice una scarsa responsività al
radioiodio e una rapida progressione della
malattia [47-49].
Linee guida per il follow-up
In tutti i pazienti sottoposti a tiroidectomia totale
e terapia ablativa con 131I, in cui il WBS dopo
dose terapeutica è risultato negativo per
accumulo del tracciante al di fuori della loggia
tiroidea, va iniziata la terapia TSH-soppressiva
con ormone tiroideo. A distanza di 3 mesi va
eseguito un primo controllo di Tg e del TSH con
eventuale adeguamento del dosaggio dell’ormone
tiroideo. Quindi dopo 6-12 mesi è opportuno
eseguire il dosaggio della tireoglobulina “dopo
stimolo” e l’ecografia del collo in tutti i pazienti,
associando un WBS con 131I diagnostico (2-5
mCi) in quelli con rischio intermedio e alto. Lo
stimolo del TSH viene ottenuto per via esogena
somministrando rhTSH [3,11].
A questo punto tre sono le condizioni in cui ci si
può trovare:
1. Tg basale e dopo rhTSH indosabile: il
paziente continuerà regolare follow-up.
2. Tg dopo rhTSH < 2 ng/ml, ma dosabile: se
l’ecografia del collo è negativa andrà ripetuto
un test dopo 1-2 anni. A questo punto se Tg
in riduzione o stabile continuerà regolare
follow-up; se Tg in aumento vedi punto 3.
3. Tg basale o dopo rhTSH > 2 ng/ml:
andranno ricercati gli eventuali residui locali
di malattia o metastasi a distanza (ecografia
del collo, WBS diagnostico, TC total body,
scintigrafia ossea, PET-TC, WBS dopo dose
terapeutica) e valutata la loro localizzazione,
numerosità e grandezza. Quando opportuno
andranno praticate le terapie più congrue (per
esempio asportazione chirurgica di linfonodi
del collo o di lesioni ossee isolate ecc.) e
quindi comunque almeno un trattamento con
dose terapeutica di radioiodio.
Nei pazienti a basso rischio, in cui il primo
screening è negativo (punto 1), l’ulteriore follow-
Ecografia del collo. L’ecografia del collo è la
metodica di imaging più sensibile nella
rilevazione di tessuto tumorale persistente o
recidivo nei linfonodi delle catene latero-cervicali
e nel letto tiroideo. La sensibilità è talmente alta
che in alcuni casi essa ha permesso di rilevare la
presenza di piccoli linfonodi metastatici in
pazienti con Tg negativa sia durante terapia con
L-T4 che dopo stimolo con rhTSH [39,46].
Altre modalità di imaging. Modalità di imaging
complementari includono la TC spirale del collo
e del torace e la RMN dello scheletro o del
cervello. La scintigrafia ossea è dotata di una
scarsa sensibilità. La PET con 18-FluoroDesossiglucosio (FDG) trova oggi le seguenti
indicazioni: 1) localizzazione della malattia in
pazienti con Tg positiva e WBS con radioiodio
negativo; 2) stadiazione iniziale e follow-up dei
pazienti affetti da carcinomi poco differenziati e
a cellule di Huerthle; 3) valutazione degli effetti
di specifiche terapie (radioterapia, chirurgia,
embolizzazione o trattamenti sistemici); 4)
selezione dei pazienti che con alta probabilità
non risponderanno più a terapie addizionali con
131
I; 5) identificazione dei pazienti a più alto
19
I TUMORI DELLA TIROIDE
up dovrebbe prevedere una riduzione della
posologia della L-tiroxina, con l’obiettivo di
portare il TSH tra 0,5-1 µU/ml, e controlli
annuali della Tg in terapia sostitutiva e
dell’ecografia del collo.
Nei pazienti a rischio intermedio e alto, una volta
che il primo screening risulta negativo (punto 1),
l’ulteriore follow-up dovrebbe prevedere
controlli annuali della Tg in terapia soppressiva e
dell’ecografia del collo e un nuovo test con
rhTSH a distanza di 3-5 anni o prima se vi fosse
qualche nuovo elemento di sospetto clinico.
Dopo 3-5 anni di remissione si può ridurre la
posologia della L-tiroxina con l’obiettivo di
portare il TSH tra 0,5-1 µU/ml [6,23,27].
metastatizzazione nei bambini. Le metastasi
ossee sono più comuni nei pazienti anziani e in
presenza di un carcinoma follicolare. Altri siti
meno comuni di diffusione metastatica sono il
cervello, il fegato e la cute.
In presenza di metastasi polmonari la
sintomatologia è generalmente poco rilevante. La
diffusione ossea è invece associata in più
dell’80% dei pazienti a dolore e tumefazione e
con l’evenienza di fratture patologiche.
Le ripetizioni polmonari mostrano una crescita
sia macronodulare che diffusa. Quest’ultima
modalità di presentazione può non essere
visualizzabile all’Rx standard del torace ed è
usualmente diagnosticato in seguito alla
scintigrafia con 131I o alla esecuzione di una TC
del torace ad alta risoluzione. Le lesioni ossee
sono invece generalmente osteolitiche e
difficilmente visualizzabili con la radiologia
tradizionale. La scintigrafia ossea e lo studio TC
o RMN delle parti interessate risultano essere
esami più sensibili [56].
Nel caso di metastasi ossee che determinano
complicanze ortopediche o neurologiche c’è
generalmente indicazione per una chirurgia
palliativa. Inoltre il trattamento chirurgico è
indicato in presenza di lesioni neoplastiche
scheletriche voluminose per ridurre la massa del
tumore.
Pazienti con metastasi che captano lo 131I
vengono tradizionalmente trattati con 100-150
mCi ogni 4-6 mesi fino alla totale scomparsa
delle aree caratterizzate da accumulo patologico
del tracciante. Nei bambini la dose raccomandata
è più bassa: 1 mCi pro Kg di peso corporeo. Non
vi sono limiti nella dose che può essere
somministrata ad un paziente con metastasi a
distanza. Tuttavia va considerato che dosi
cumulative superiori ai 500 mCi incrementano
lievemente il rischio di sviluppare una leucemia,
ed inoltre dosi ancora più elevate non sembrano
essere caratterizzate da una maggiore efficacia
rispetto a quelle inferiori raccomandate. Secondo
alcuni autori la terapia andrebbe personalizzata
Trattamento delle recidive locali e regionali
Il 10-15% dei pazienti affetti da carcinoma
differenziato della tiroide presenta recidive locali
o regionali della malattia [50]. Alcune sembrano
correlabili ad un trattamento iniziale incompleto
(recidive in un linfonodo o in un residuo
tiroideo), altre invece indicano la presenza di un
tumore aggressivo (recidive nel letto tiroideo
dopo tiroidectomia totale o nel tessuto
peritiroideo).
Una recidiva di malattia palpabile o facilmente
visualizzabile all’ecografia o alla tomografia
assiale computerizzata dovrebbe essere asportata
chirurgicamente. Alla chirurgia andrebbe quindi
fatta seguire una dose terapeutica di 131I [13-15].
La radioterapia esterna è indicata nei pazienti in
cui il tessuto neoplastico invade il tessuto
mesenchimale peri-tiroideo e non può essere
completamente asportato o non risulta captare lo
iodio radioattivo[51-54].
Trattamento delle metastasi a distanza
Metastasi a distanza, di solito a livello polmonare
ed osseo, si verificano nel 5% dei pazienti affetti
da carcinoma differenziato della tiroide [54-55].
Le metastasi polmonari sono piuttosto frequenti
nei pazienti giovani affetti da carcinoma papillare
e i polmoni rappresentano l’unico sito di
20
I TUMORI DELLA TIROIDE
con uno studio dosimetrico preliminare che
permette di individuare la dose massima di 131I
non gravata da effetti tossici sugli altri organi,
soprattutto
il
midollo
osseo.
La
somministrazione di questa anziché di dosi
refratte potrebbe offrire il vantaggio di una
maggiore efficacia terapeutica [57-58].
La radioterapia esterna è indicata nel trattamento
delle metastasi ossee visibili alla radiologia
tradizionale,
mentre
la
chemioterapia,
generalmente poco efficace, trova spazio solo
nella cura di metastasi progressive che non
captano lo 131I [59-60]. Farmaci chemioterapici
tradizionalmente proposti, con risultati peraltro
estremamente scadenti, sono la Doxorubicina ed
il Cisplatino in mono- o poli-terapia. Proprio per
la
scarsa
efficacia
del
trattamento
chemioterapico, le più nuove linee guida
raccomandano che i pazienti con malattia
metastatica o loco-regionale progressiva, non
responsiva allo iodio radioattivo, vengano inclusi,
dove possibile, in protocolli clinici con nuovi
inibitori tirosino-chinasici, prima ancora di
testare su di loro l’efficacia della chemioterapia
[6]. Si tratta di nuovi farmaci molto promettenti
nel trattamento mirato di alcune neoplasie poiché
in grado di inibire in modo selettivo e con effetti
collaterali inferiori rispetto alla chemioterapia
recettori tirosino-chinasici importanti per la
crescita o la neo-angiogenesi tumorale. Nessun
farmaco è stato ancora approvato ufficialmente
per essere usato nel carcinoma differenziato della
tiroide. Tuttavia studi clinici di fase II con
Sorafenib, Sunitinib, Axitinib e Pazopanib in
questo tipo di tumore hanno dato risultati molto
promettenti [61].
La sopravvivenza dopo la scoperta di metastasi è
dipendente da diversi fattori, tra cui è importante
ricordare l’età del paziente, la sede della
diffusione neoplastica e le dimensioni delle
ripetizioni. L’esito più favorevole si ha nei
pazienti giovani, affetti da carcinoma ben
differenziato che capta lo 131I, e con metastasi di
piccole dimensioni diffuse a livello polmonare.
Quando le metastasi sono di dimensioni maggiori
la sede di diffusione non riveste più alcun ruolo
prognostico
indipendente.
La
bassa
sopravvivenza che si osserva in presenza di
metastasi ossee è in relazione con le loro
dimensioni generalmente cospicue.
Carcinomi anaplastici
Terapia
Una volta posta la diagnosi di carcinoma
anaplastico, in tutti i casi andrebbe considerato
un approccio chirurgico (tiroidectomia totale).
Sfortunatamente l’infiltrazione dei tessuti molli
del collo, immancabilmente presente al momento
dell’intervento, rende impossibile la radicalità
chirurgica. Per questa ragione oggi molti
chirurghi preferiscono non operare questi
pazienti e li indirizzano in prima istanza allo
specialista oncologo per l’inizio di una terapia
medica e/o radiante [62-65]. Esistono diversi
protocolli chemioterapici, sia monoterapici
(Doxorubicina) che politerapici (Doxorubicina
più Cisplatino), ma i loro risultati sono
estremamente insoddisfacenti. Nel tentativo di
controllare lo sviluppo locale della malattia si può
ricorrere alla radioterapia esterna, eventualmente
associata alla somministrazione di Cisplatino a
scopo radio-sensibilizzante, ma anche questo
trattamento è generalmente di utilità limitata [66].
Sono stati anche proposti dei trattamenti
alternativi, quali l’associazione di una radioterapia
iperfrazionata [67] con una polichemioterapia più
complessa, finalizzate a ridurre più efficacemente
la massa tumorale. In alcuni casi questo
approccio ha permesso di eseguire in una
seconda fase un trattamento chirurgico con
intento curativo e di ottenere delle sopravvivenze
relativamente maggiori e addirittura delle
remissioni a lungo termine, almeno della malattia
locale.
Tuttavia in generale, a prescindere dal tipo di
terapia impiegato, la sopravvivenza media dei
pazienti affetti da carcinoma anaplastico della
21
I TUMORI DELLA TIROIDE
tiroide è di 3-6 mesi dalla diagnosi, con rari casi
aneddotici di sopravvivenza fino ai 2-3 anni.
Follow-up
CT e CEA sono i cardini diagnostici al fine di
rivalutare nel tempo lo stato di malattia. La
remissione clinica è definita da valori di CT e
CEA indosabili e dal riscontro in almeno 2
occasioni di CT indosabile dopo stimolo con
pentagastrina. CT e CEA vanno controllati la
prima volta a distanza di almeno 2-3 mesi
dall’intervento chirurgico in considerazione della
possibile lunga emivita di queste molecole.
Quindi vanno rivalutati ogni 6 mesi i primi 2 anni
e ogni 12 mesi dal 3° anno [71].
In caso di positività di questi marcatori va
eseguito un work-up completo che include
ecografia del collo con eventuale FNAB e
dosaggio della CT sul liquido di lavaggio dell’ago,
TC del torace, RMN epatica, scintigrafia ossea e
RMN dello scheletro assiale (cranio e colonna
vertebrale) [71].
Una CT < 100 pg/ml indica una bassa
probabilità di positività degli studi di imaging. Un
incremento del 100% della CT e del CEA entro
24 mesi (“doubling time” ≤ 24 mesi) predice
invece una progressione di malattia [81-83].
Carcinoma midollare della tiroide
Terapia
Diversi lavori hanno evidenziato che la prognosi
dei carcinomi midollari sporadici è largamente
dipendente dalla radicalità del primo intervento
chirurgico. La terapia chirurgica deve prevedere
la tiroidectomia totale con la dissezione dei
linfonodi del compartimento centrale, i primi ad
essere interessati in caso di diffusione linfatica.
La dissezione di altre catene linfonodali
dipenderà dalla presentazione clinica [68-71].
La sopravvivenza a lungo termine è ottima nel
caso di malattia confinata all’interno della tiroide
(circa 90% a 10 e 30 anni). Essa si riduce al 6070% in caso di estensione extra-tiroidea con
infiltrazione extracapsulare e/o metastasi ai
linfonodi loco-regionali. E’ drammaticamente
ridotta nel caso di metastasi a distanza, con
sopravvivenza inferiore al 20% dopo 10-15 anni
[72-78].
Anche nel caso dei carcinomi midollari
localmente avanzati o metastatici non passibili di
trattamento chirurgico, le opzioni terapeutiche
sono state fino ad oggi limitate. Sia trattamenti
chemioterapici basati sull’uso della dacarbazina
che terapie medico-nucleari basate sull’uso di
anticorpi anti-CEA o di agonisti dei recettori
della somatostatina radiomarcati non hanno
esordito effetti degni di nota. Studi di fase I, II e
III con nuovi inibitori tirosino-chinasici quali il
Vandetanib e il Cabozantinib hanno invece
dimostrato una promettente efficacia [61,79-80].
In effetti, molto recentemente l’FDA ha
approvato la registrazione del Vandetanib per il
carcinoma midollare della tiroide avanzato e si
spera che presto anche l’EMEA compia questo
passo in Europa.
22
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28
Fabrizio Stracci
Dipartimento di Specialità
medico-chirurgiche e Sanità
Pubblica
Università di Perugia
I registri tumori
regionali: stato dell’arte
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
pleurico
31
Registrare i mesoteliomi
• Registro nazionale stabilito per legge
• Articolazione in COR regionali
• Costituisce un sistema di sorveglianza nazionale
per il mesotelioma
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
pleurico
32
Vantaggi
• La natura caratteristica della malattia e la sua gravità
favoriscono la completezza della registrazione
• Mettere insieme i casi consente di realizzare analisi
altrimenti impossibili data la rarità della malattia
• La ricostruzione della esposizione consente
l’individuazione di professioni a rischio
• Professioni marginalmente coinvolte possono essere
individuate grazie alla maggiore numerosità
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
pleurico
33
Svantaggi
• La latenza della malattia è oltremodo lunga (attorno
a 40 anni) e pertanto l’osservazione del danno alla
salute è spesso un evento tardivo
• La presa in carico clinica non produce variazioni
importanti nella progressione della malattia
(sopravvivenza mediana in studi di popolazione 9
mesi)
• Il fattore eziologico principale è noto e pertanto lo
studio si rivolge a declinare gli impieghi
professionali dell’amianto o individuare le aree
esposte
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
34
Il ReNaM
• Il ReNaM è il registro nazionale italiano dei
mesoteliomi
• Stabilito nel 1993
• Istituito con legge nel 2002
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
35
Finalità del registro nazionale
• Definire criteri diagnostici e fornire dati di incidenza
per l’Italia
• Definire criteri per l’attribuzione dell’origine
professionale e indagare le fonti di esposizione
• Costituire la base per ricerche su aspetti quali
– Sopravvivenza per mesotelioma
[Marinaccio A, et al. (2003) Analysis of survival for mesothelioma cases in
the Italian register (ReNaM). European Journal of Cancer 39:1290-5]
– Stimare la latenza della malattia (e la relazione durata
esposizione, dose risposta )
[Marinaccio A et al. Analysis of latency time and its determinants in asbestos
related malignant mesothelioma cases of the Italian register. Eur J Cancer.
2007;43:2722-8. ]
– Indagare le meno frequenti localizzazioni extra-pleuriche
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
36
Definizione diagnosi
1. mesotelioma maligno CERTO
(morfo+immunoistochimica+diagnostica)
2. mesotelioma maligno PROBABILE (con 2
sottoclassi)
3. mesotelioma maligno POSSIBILE (con 2
sottoclassi)
4. mesotelioma maligno DA DEFINIRE (con 3
sottoclassi)
5. NON mesotelioma maligno
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
37
Analysis of latency
time and its
determinants
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
38
L’attribuzione dell’origine professionale
(60-80% dei casi)
• L’anamnesi professionale consente di
individuare la tipologia di lavoro e il luogo di
lavoro alla base della esposizione
• L’anamnesi viene effettuata anche per la
individuazione di attività ricreative che possono
essere responsabili dell’esposizione
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
39
Definizione origine della malattia
Professionale certa
Soggetti che hanno svolto un'attività lavorativa implicante
l'uso/esposizione ad amianto o a materiali contenenti amianto. La
presenza di amianto deve essere documentata tramite misure e/o
documentazione di utilizzo/acquisto da parte dell'azienda di
amianto o materiali contenenti amianto
Professionale probabile
Casi che hanno lavorato in un'industria o settore economico in cui
l'amianto veniva sicuramente usato ma per i quali non è stato
possibile documentare l'esposizione
Professionale possibile
Casi che hanno lavorato in un'industria o settore economico in cui
l'amianto poteva essere utilizzato
Esposizione domestica
Casi non esposti professionalmente ma conviventi con almeno un
lavoratore assegnabile alle categorie 1 o 2
Esposizione ambientale
Casi che hanno vissuto in vicinanza di insediamenti produttivi che
lavoravano o utilizzavano amianto o materiali contenenti amianto
Extralavorativa
Casi non esposti professionalmente che hanno, in altre situazioni,
utilizzato amianto o materiali contenenti amianto
Esposizione improbabile
Casi che hanno svolto un'attività lavorativa in cui non era
evidenziabile l'uso di amianto.
Esposizione ignota
Casi per i quali le informazioni erano incomplete e insufficienti.
Esposizione da definire
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
40
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Numerose le attività in cui è stata
registrata una esposizione non
occasionale
Cantieri navali
Siderurgia e lavorazione a caldo dei metalli
Cementifici
Cave e miniere
Edilizia
Materiale rotabile ferroviario (esp. anni ‘50-’80-’90)
Termoidraulica
Tessile
Numerose altre attività
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
41
Marinaccio A, et al.; ReNaM Working Group. Pleural malignant mesothelioma epidemic.
Incidence, modalities of asbestos exposure and occupations involved from the italian national
register. Int J Cancer. 2011: 10.1002/ijc.26229.
Figure 1. Crude incidence rates (CR) of pleural malignant
mesothelioma (PMM) cases by Italian municipalities (n=8101) *.
Italian National Mesothelioma Register (ReNaM). Italy, men and
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
women, 1993-2004
pleurico
42
COR
• Istituito con Delibera della Giunta Regionale n.
1149 nel luglio 2003
• Gestito con il Registro Tumori Regionale presso il
Dip. SMC e Sanità Pubblica dell’Università di
Perugia
• La segnalazione del caso deriva da: registro
tumori, reparti clinici o laboratoristici, servizi di
medicina del lavoro
• L’anamnesi viene raccolta dai servizi di medicina del
lavoro delle USL
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
pleurico
43
I casi inseriti nella base dati regionale
(e inviati al ReNaM)
anno
Freq.
Percent
Cum.
1995
1
1.52
1.52
1996
1
1.52
3.03
1997
1
1.52
4.55
1998
1
1.52
6.06
1999
1
1.52
7.58
2000
2
3.03
10.61
2003
2
3.03
13.64
2005
3
4.55
18.18
2006
10
15.15
33.33
2007
17
25.76
59.09
2008
15
22.73
81.82
2009
12
18.18
100.00
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
44
Attività coinvolte per i casi umbri
•
•
•
•
•
•
•
Lavorazione di metalli (in particolare siderurgia)
Riparazione veicoli (in particolare ferroviari)
Costruzioni
Esercito
Energia elettrica
Casi di importazione
altre
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
45
COR – registro tumori
• In Umbria gli ambiti COR e registro tumori
coincidono quindi è utile una stretta integrazione
• Registrati 135 casi nel sesso maschile e 46 nel
sesso femminile
• I dati del COR contengono informazioni
aggiuntive rispetto al registro
• [nel registro esistono espansioni di dati sede
specifiche]
• Possibile la immissione diretta online dei dati
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
46
Incidenza del mesotelioma
ASL
n. casi
n. casi
tasso st it
2004-2008
periodo
tasso st it
1994-1998
sesso
M
F
M
F
M
F
M
F
1
4
0
1.2
0.0
4
0
1.3
0.0
2
9
10
1.0
1.0
4
4
0.4
0.5
3
18
3
3.7
0.7
5
4
0.8
1.0
4
26
4
5.0
0.5
10
3
2.0
0.5
Umbria
57
17
2.6
0.7
23
11
1.0
0.5
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
47
Anche grazie all’attività del COR :
incidenza 2009
ASL
n. casi
n. casi
tasso st it
2004-2008
periodo
tasso st it
2009
sesso
M
F
M
F
M
F
M
1
4
0
1.2
0.0
0
0
0.0
2
9
10
1.0
1.0
3
0
1.6
3
18
3
3.7
0.7
5
0
6.0
4
26
4
5.0
0.5
4
0
3.2
Umbria
57
17
2.6
0
2.6
0.7
12
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
F
0.0
48
Incidenza in altre aree italiane
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
49
La distribuzione geografica
• L’analisi geografica è un utile complemento alla
ricostruzione della esposizione professionale
• Nel caso del mesotelioma, più che una
definizione di ampie aree a rischio, è interessante
individuare aggregati locali di casi (local clustering)
• Ancora oltre è possibile condurre analisi per
stimare separatamente gli effetti occupazionali e
ambientali
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
50
Livello di risoluzione del registro
• Per la popolazione e per i casi si dispone di
informazioni sulla residenza a livello comunale
• E’ quindi possibile confrontare i rischi dei
singoli comuni con l’incidenza regionale (SIR)
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
51
SIR maschi
SIR femmine
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
52
Localizzazione puntuale della
residenza
• Possiamo con crescente precisione attribuire una
localizzazione ai casi in base all’indirizzo di
residenza
• E’ una stima accettabile per studiare rischi di
esposizione ambientale localizzati (esposizione a
sorgenti inquinanti a banda come le strade o
puntiformi come le attività industriali)
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
53
I rischi
• La semplice localizzazione dei casi può fornire
talvolta delle indicazioni di studio
• Essa trova un limite fondamentale di
interpretazione nella diversa densità della
popolazione sul territorio
• E’ indispensabile assegnare una localizzazione
GIS alla popolazione e suddividere la superficie
in aree sub-comunali
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
54
L’analisi dell’andamento temporale
• Ci consente con qualche senso di frustrazione di
evidenziare le conseguenze delle passate esposizioni
• [il trend e anche l’incidenza non possono essere forniti dal
ReNaM per variazioni della completezza nel tempo]
• Viene spesso condotta utilizzando i modelli di
regressione joinpoint , che individuano la
combinazione di segmenti lineari in grado di
approssimare il trend
• Come corollario, questo metodo individua anche
l’anno in cui si osserva una variazione del trend
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
55
Trend di incidenza del mesotelioma pleurico per
sesso (tasso standardizzato pop. Italiana 2001)
4.5
Tasso di incidenza per 100.000 ab.
4
3.5
3
observed rate M
model-based M
observed rate F
model-based F
2.5
2
1.5
1
0.5
0
Anno
M 1994-2008 APC 11.7* (da +5.0 a +18.8)
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico
F 1994-2008
APC 3.1 (da -2.5 a +9.0)
56
La sopravvivenza
• Viene calcolata per tutti i casi in una popolazione e
quindi esplora la funzione complessiva di un
servizio sanitario (accesso tempestivo, qualità del
trattamento, equità)
• Viene espressa come sopravvivenza relativa che ha
un valore simile alla sopravvivenza causa specifica
• Il ruolo di questo indicatore è purtroppo ridotto per
il mesotelioma pleurico ma anche per il cancro del
polmone
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
57
Sopravvivenza relativa
• In base ai dati dei registri tumori la sopravvivenza
relativa per il mesotelioma pleurico è inferiore al
10% a 5 anni
• Non vi sono evidenze di miglioramento nel tempo
• Questo dato colloca il mesotelioma tra i tumori a
peggiore prognosi insieme al cancro del pancreas
corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma
pleurico
58
Conclusioni
• Il ReNaM ha già prodotto risultati di livello e si
avvia alla copertura nazionale
• Il COR regionale dopo un avvio faticoso sembra
funzionare con regolarità
• I dati del COR sono aggiornati in parallelo al
registro cosicché disponiamo di incidenza di
popolazione e trend
• Interessanti analisi geografiche sono in corso di
realizzazione per il mesotelioma e per gli altri
tumori
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
59
Sviluppi
• Ricerca di cluster di mesotelioma
• Ricerca di cluster ambientali esclusi i casi
professionali, secondari e da esposizione
extraprofessionale
• Miglioramento della segnalazione
• Immissione a distanza nel registro dei dati da
parte dei servizi di medicina del lavoro
corso di aggiornamento FONICAP progetto mesotelioma pleurico
60
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
Anno II, 2011
Numero 1
Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005-2009.
Numero 2
Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria. 1995-1999 e 2005-2009.
Numero 3-4
Il cancro della prostata.
Numero 5
Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi allo screening per il cancro della
prostata.
Partecipazione al IV round dello screening citologico della AUSL 2 dell’Umbria.
Numero 6
Il cancro del rene.
Numero 7
Fumo o salute.
61
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
CancerStat Umbria
Anno I, 2010
Numero 0
Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria.
Numero1
-
Ultime pubblicazioni dei collaboratori del RTUP.
Technology assessment della metodica di prelievo e di preparazione
della citologia in fase liquida (LBC – Liquid Based Citology) per
l’utilizzo routinario nello screening per la prevenzione del tumore
della cervice uterina in tutte le fasce di età e per la ricerca del
Papilloma Virus Umano ad alto rischio oncogeno (HPV – DNA HR)
come test primario nelle fasce di età da 35 a 64 anni durata prevista:
12 mesi / 8000 donne).
Numero 2
L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.
Numero 3
- Il Registro Rumori Infantili Umbro-Marchigiano.
- La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto
OCCAM.
Numero 4
Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione
oncologica regionale in Umbria.
Numero 5
62
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei
carcinomi della tiroide.
o L’esperienza del gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
della tiroide.
o Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP) e carcinoma della
tiroide.
Numero 6
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei
carcinomi della tiroide.
o Registro Siciliano dei Tumori della tiroide.
- Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma
della tiroide di origine follicolare: cosa dicono le linee guida?
Numero 7
- Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma.
Terni 13.11.2010
o L’epidemiologia dei tumori cutanei in Umbria.
o Prevenzione primaria e secondaria dei tumori cutanei.
63
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8
64