Università degli Studi di Udine DIPARTIMENTO POLITECNICO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE TESI DI LAUREA MAGISTRALE La gestione per processi nella Pubblica Amministrazione locale: il caso delle Unioni territoriali intercomunali Relatore: Prof. Marco Sartor Correlatrice: Dott.ssa Milena Grion ANNO ACCADEMICO 2015-2016 Laureanda: Jasmine Zevini Alla mia famiglia, presente e futura. SOMMARIO Negli ultimi anni la Pubblica Amministrazione italiana è stata oggetto di un’intensa attività di riforma delle autonomie locali, che ha riguardato, tra l’altro, l’introduzione di nuove forme associative tra gli enti territoriali esistenti, con lo scopo di migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi da essi erogati, razionalizzando la spesa pubblica e l’utilizzo delle risorse umane e materiali. In particolare, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha recentemente disposto ed approvato la costituzione sul proprio territorio di 18 Unioni territoriali intercomunali, dei nuovi enti aventi il compito di esercitare in forma associata alcune delle funzioni precedentemente gestite in maniera autonoma all’interno dei singoli Comuni. L’efficientamento dei servizi sarà quindi ottenibile attraverso la continua condivisione di spazi e risorse da parte dei Comuni nelle nuove strutture, che dovranno essere in grado al tempo stesso di garantire la soddisfazione delle esigenze dei territori e dei cittadini. In tale prospettiva, assume particolare rilevanza la possibilità di individuare e rappresentare i processi aziendali coinvolti nel cambiamento, in modo da poterne identificare le criticità, visualizzando chiaramente anche i nuovi elementi introdotti dalla riforma. Questa tesi ha come oggetto di analisi ed implementazione la rappresentazione dei processi aziendali delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, ed in particolare della loro funzione finanziaria e contabile, al fine di ottenere una documentazione che possa agevolarne l’avvio dell’esercizio in forma associata, sviluppando nel contempo una metodologia e degli strumenti che possano essere applicati per esaminare anche tutte le altre funzioni coinvolte nella riforma. Attraverso una serie di interviste di gruppo alle figure responsabili dell’area considerata, i processi in essa coinvolti sono stati individuati e descritti, per poi essere rappresentati graficamente grazie all’utilizzo del software Bizagi, un modellatore che consente di “mappare” i processi aziendali secondo uno standard (BPMN) universalmente riconosciuto. Il lavoro svolto ha permesso di ottenere una documentazione snella ed immediatamente comprensibile dei processi considerati; delle vere e proprie linee guida in grado di facilitare gli utenti finali nell’apprendimento dell’intero processo e nel corretto svolgimento delle attività di propria competenza. Un altro importante risultato riguarda l’introduzione negli enti locali della logica di processo, già ampiamente diffusa nelle aziende private, a discapito del tradizionale approccio per funzioni, maggiormente rigido e tipico delle imprese pubbliche; ciò ha favorito, tra l’altro, la formulazione di alcuni indicatori di performance che consentano di individuare le criticità presenti nell’erogazione dei servizi e di risolverle agendo sugli stessi processi in un’ottica di miglioramento continuo. INDICE Lista delle tabelle ........................................................................................................XI Lista delle figure ...................................................................................................... XIII Lista dei simboli ........................................................................................................ XV INTROUZIONE ...................................................................................................... XVII PRIMA PARTE: LA LETTERATURA ...................................................................... 1 Capitolo 1 - Analisi della letteratura ............................................................................ 2 1.1 Definizioni e concetti chiave .............................................................................. 2 1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi ......................................... 7 1.3 La gestione per processi ................................................................................... 10 1.3.1 BPI - Business Process Improvement ........................................................ 13 1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing ..................................................... 15 1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR ...................................................................... 18 1.4 BPM - Business Process Management ............................................................. 22 1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM ......................................................... 29 1.4.2 Vantaggi del BPM ..................................................................................... 30 1.5 La mappatura dei processi ................................................................................ 31 1.5.1 Metodologia ............................................................................................... 33 1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi ....................................... 35 1.6.1 Interviste .................................................................................................... 37 1.6.2 Diagramma SIPOC .................................................................................... 38 1.6.3 Diagrammi di flusso................................................................................... 39 1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità ............................................. 41 1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation ........................................ 42 1.7 La formalizzazione del know-how ................................................................... 43 1.7.1 Rappresentazione testuale .......................................................................... 45 1.7.2 Rappresentazione grafica ........................................................................... 45 1.8 Indicatori di performance aziendali .................................................................. 47 1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori ....................................... 49 1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators ........................................................... 50 1.8.3 PMS - Performance Management System ................................................. 51 1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC .......................................... 53 1.9 NPM - New Public Management...................................................................... 54 1.9.1 Caratteristiche fondamentali ...................................................................... 54 1.9.2 Il New Public Management in Italia .......................................................... 55 1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance .............................. 56 SECONDA PARTE: IL CASO STUDIO .................................................................. 59 Capitolo 2 - Contestualizzazione del caso studio ....................................................... 61 2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana........................................... 61 2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990 ........................................................... 61 2.1.2 Le riforme degli anni Novanta ................................................................... 62 2.1.3 La riforma costituzionale del 2001 ............................................................ 64 2.1.4 Le forme associative tra Comuni ............................................................... 66 2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia.................................................. 68 2.2.1 Il contesto territoriale e demografico ......................................................... 68 2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni ............................................. 70 2.2.3 La legge regionale 26/2014 ........................................................................ 71 2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso”........................................................ 75 Capitolo 3 - Obiettivi, metodologia e strumenti ......................................................... 77 3.1 Finalità ed obiettivi della tesi............................................................................ 77 3.2 La metodologia ................................................................................................. 79 3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler ............................................................ 82 Capitolo 4 - Le fasi del progetto................................................................................. 91 4.1 Identificazione dei macro processi ................................................................... 91 4.2 Compilazione del diagramma SIPOC ............................................................... 94 4.3 Descrizione e mappatura dei processi .............................................................. 99 4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri ...................................... 108 4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi .......................................... 117 4.6 Redazione dei regolamenti ............................................................................. 127 4.7 Introduzione di indicatori di performance ...................................................... 132 Capitolo 5 - Risultati ottenuti e futuri sviluppi ........................................................ 135 5.1 Risultati formativi........................................................................................... 135 5.2 Risultati operativi ........................................................................................... 136 5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ..................................... 138 5.4 Possibili sviluppi futuri .................................................................................. 139 CONCLUSIONI....................................................................................................... 141 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 143 APPENDICE ............................................................................................................ 149 Lista delle tabelle Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi ................... 10 Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI ............................................................................ 20 Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG ................................................... 25 Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di flusso .......................................................................................................................... 40 Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance ................................... 57 Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000 ................................... 64 Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001 ........... 65 Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale ......... 67 Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia ...... 69 Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica ................. 69 Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI ............................................ 72 Tab. 3.1 Task in Bizagi ............................................................................................. 83 Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi ................................................................................ 84 Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi ............................................................................. 85 Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi .......................................................................... 86 Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi................................................................................ 87 Tab. 3.6 Gateways in Bizagi ..................................................................................... 88 Tab. 3.7 Corsie in Bizagi ........................................................................................... 88 Tab. 3.8 Connettori in Bizagi .................................................................................... 89 Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi ............................................. 90 Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario........................... 92 Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario .............. 96 Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di bilancio ..................................................................................................................... 109 Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di bilancio ..................................................................................................................... 111 Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione delle entrate ................................................................................................ 112 XI Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione delle entrate ................................................................................................ 113 Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione della spesa .................................................................................................. 114 Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione della spesa .................................................................................................. 115 Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di rendicontazione ........................................................................................................ 116 Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di rendicontazione ........................................................................................................ 116 XII Lista delle figure Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo ............................................... 3 Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale ................................................. 4 Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001) ................................................. 5 Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni ............ 8 Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009) ....... 9 Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000 .............................. 12 Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più appropriato ................................................................................................................. 21 Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process Management (Josuttis, 2009) ..................................................................................... 23 Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM .......................................................... 29 Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici ........................ 36 Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009) .... 39 Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI) ........................................ 41 Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali ....................................................................... 51 Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS ....................... 52 Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler ....................................................................... 83 Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi .................................................................. 89 Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale ............................................................................................ 100 Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale ............................................................................. 101 Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale ............................................................................................ 101 Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane .................................................................................................................................. 102 Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Collinare ............................ 102 Fig. 4.6 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre .................................. 103 Fig. 4.7 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento....................... 104 XIII Fig. 4.8 Processo di gestione delle entrate mappato nei cantieri del Collinare e del Sile............................................................................................................................ 105 Fig. 4.9 Processo di gestione delle entrate mappato nel cantiere del Torre ............. 105 Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del Sile............................................................................................................................ 106 Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Torre ............. 106 Fig. 4.12 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del Sile............................................................................................................................ 107 Fig. 4.13 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento .. 107 Fig. 4.14 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile ....................... 108 Fig. 4.15 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni) .................................................................................................................................. 119 Fig. 4.16 Processo definitivo di ciclo attivo............................................................. 121 Fig. 4.17 Processo definitivo di ciclo passivo .......................................................... 123 Fig. 4.18 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni) ............................ 124 Fig. 4.19 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta) .................... 126 Fig. 4.20 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta) .................... 126 XIV Lista dei simboli ANCI: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani BPI: Business Process Improvement BPM: Business Process Management BPMN: Business Process Model and Notation BPR: Business Process Reengineering ComPA: Ente di accompagnamento e formazione per la Pubblica Amministrazione DUP: Documento Unico di Programmazione FVG: Friuli-Venezia Giulia ICT: Information and Communication Technologies IT: Information Technology ISTAT: Istituto nazionale di Statistica KPIs: Key Performance Indicators NextPA: Piano formativo nextPA - cambiamenti in corso NPM: New Public Management OMG: Object Management Group PA: Pubblica Amministrazione PEG: Piano Esecutivo di Gestione PMS: Performance Management System SIPOC: Diagramma SIPOC - Supplier Input Process Output Customer TQM: Total Quality Management TUEL: Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali XV INTROUZIONE Questa tesi è frutto del lavoro svolto durante un periodo di tirocinio presso l’associazione ComPA FVG, centro di competenza per la Pubblica Amministrazione costituito da ANCI, Uncem, UPI e Federsanità ANCI del Friuli-Venezia Giulia, nel momento in cui veniva avviato un progetto di analisi dei processi aziendali riguardanti i servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione locale. Tale progetto nasce dalla decisione congiunta della Regione e di ANCI FVG di attivare degli interventi che supportassero gli Enti del Comparto Unico della Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia nell’affrontare i cambiamenti normativi ed organizzativi indotti dalle recenti riforme degli enti locali, con particolare riferimento alla lr 26/2014. Tale legge dispone il riordino del sistema Regione-autonomie locali, decretando il superamento degli enti provinciali e l’ordinamento di 18 Unioni territoriali intercomunali, costituite ciascuna da un insieme di Comuni, con il compito di gestire in maniera coordinata alcune funzioni amministrative precedentemente gestite dai Comuni stessi, al fine di ottenere una riduzione della spesa pubblica ed attivare programmi di sviluppo del territorio. In tali circostanze, è stato affidato a ComPA FVG, in qualità di ente operativo di ANCI FVG, l’incarico di elaborare, gestire ed aggiornare annualmente un piano formativo, denominato “nextPA - cambiamenti in corso”, che promuovesse la crescita delle professionalità e delle competenze interne agli Enti, accompagnando la Pubblica Amministrazione locale nel processo di rinnovo organizzativo che la vede coinvolta. La redazione di questa tesi si colloca all’interno del piano nextPA con l’obiettivo di mettere a punto una metodologia e degli strumenti in grado di supportarne l’azione nel processo di avviamento delle attività delle Unioni. A tal fine, l’attività svolta ha riguardato principalmente l’identificazione, la descrizione e la rappresentazione grafica di alcuni importanti processi organizzativi coinvolti nell’esercizio delle funzioni comunali che con la lr 26/2014 diventano di pertinenza delle Unioni, con l’obiettivo di ottenere una rappresentazione standard che possa fungere da modello di riferimento per il funzionamento delle UTI a regime. L’esigenza di ottenere un modello unico nasce principalmente da due fattori: il primo è dato dal fatto che molte persone provenienti da enti diversi, e quindi con abitudini, prassi e regole diverse, si troveranno a lavorare insieme in un unico ente UTI; il secondo, ma non meno importante, è legato alla necessità di fissare degli indicatori condivisi al fine di rendere le Unioni della Regione tra loro comparabili dal punto di vista della qualità e dell’efficienza dei servizi erogati, come previsto dalla lr 26/2014. Il principio fondante di questa tesi è la gestione per processi, un approccio organizzativo che si contrappone a quello “funzionale” concependo l’azienda non solo come un insieme di funzioni organizzative aventi ciascuna un proprio ruolo, ma anche e soprattutto come un insieme di processi intrafunzionali, costituiti da una XVII sequenza logica di diverse fasi ed attività accomunate da un unico obiettivo che crei valore per il cliente finale. Attualmente la letteratura individua due diversi metodi di approccio alla gestione per processi: il Business Process Improvement (BPI) ed il Business Process Reengineering (BPR). Mentre il BPI si configura come un approccio graduale, orientato al continuo miglioramento dei processi dell’azienda, il BPR è un metodo piuttosto radicale, finalizzato alla totale o parziale riprogettazione dei processi. Entrambi gli approcci sono stati utilizzati, anche se in fasi diverse, per introdurre la gestione per processi all’interno delle Enti locali. In una prima parte del progetto, è stato necessario riprogettare i processi individuati al fine di renderli coerenti con le nuove regole organizzative introdotte dalla normativa regionale, che prevede ad esempio il coinvolgimento di nuovi attori ed attività per portare a compimento il corretto esercizio dei Servizi associati. Una volta ridefiniti, i processi sono stati analizzati da un gruppo di esperti nel settore che, eliminando le attività considerate non a valore aggiunto, ne hanno proposto una descrizione più snella e lineare. In tale fase sono stati anche individuati i percorsi critici presenti nei diversi processi, cioè quei passaggi che si prevede possano generare ritardi ed inefficienze nell’erogazione dei servizi. Adottando un approccio di BPI, sono stati formulati degli indicatori di processo che permettessero di valutarne le prestazioni in termini di efficienza ed efficacia, facilitando l’individuazione e la risoluzione delle criticità insite nella gestione dei servizi, in un’ottica di miglioramento continuo. L’introduzione della logica di processo nella Pubblica Amministrazione locale è stata supportata dall’utilizzo di alcuni strumenti che hanno permesso di estrapolare le informazioni necessarie per effettuare una ricognizione dei processi organizzativi coinvolti nelle funzioni comunali e di tradurre tali informazioni in una road map che possa agevolare i funzionari pubblici nell’avvio dei servizi delle UTI. Inizialmente, la partecipazione dei responsabili di servizio ai tavoli di lavoro organizzati da ComPA FVG ha permesso di identificare quali fossero i processi ed i macro processi più importanti per l’esercizio delle diverse funzioni. Sempre attraverso il lavoro di gruppo è stato possibile pervenire, per ogni macro processo individuato, alla compilazione del relativo diagramma SIPOC, uno schema che sintetizza gli elementi principali che caratterizzano un processo: fornitori, input, output e clienti. Ciò ha agevolato notevolmente i responsabili di Servizio nella descrizione più dettagliata delle attività che compongono i processi, i quali sono stati poi rappresentati graficamente sotto forma di diagrammi di flusso. La rappresentazione grafica dei processi, anche detta mappatura, è stata realizzata utilizzando l’applicazione Modeler del software freeware “Bizagi”, un modellatore che consente di rappresentare in forma grafica, sia i processi aziendali che la documentazione a loro correlata. Il punto di forza di questo strumento sta nella sua semplicità ed immediatezza; infatti, essendo dotato di un’interfaccia molto intuitiva e user friendly, Bizagi permette di elaborare, diffondere ed aggiornare rapidamente una documentazione dei processi snella e funzionale. Inoltre, il linguaggio di mappatura XVIII utilizzato da Bizagi si basa sulla notazione standard BPMN (Business Process Management Notation), il ché rende la documentazione generata comprensibile e traducibile a livello internazionale. L’applicazione degli strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per processi hanno quindi permesso di introdurre e diffondere negli enti locali della Regione una cultura precedentemente poco conosciuta nel settore pubblico, ma ormai largamente accolta dalle imprese private, che già da tempo hanno integrato la classica visione funzionale dell’azienda con quella intrafunzionale che caratterizza la logica di processo. Un risultato operativo di questo intervento consiste nella descrizione e nella rappresentazione dei processi standard che saranno il riferimento organizzativo per una corretta gestione delle funzioni delle Unioni territoriali intercomunali. L’introduzione di alcuni indicatori di performance per i processi, inoltre, rappresenta un primo passo verso la costituzione di un sistema di gestione della qualità attualmente assente negli enti pubblici locali. Gli obiettivi di questo progetto, tuttavia, sono stati raggiunti non senza difficoltà, prima tra tutte quella riscontrata durante la fase di definizione dei processi da parte dei responsabili di Servizi, abituati a svolgere le proprie attività preoccupandosi di rispettare quanto previsto dalla procedura ma spesso perdendo di vista l’obiettivo finale: la soddisfazione del cliente. Un ulteriore elemento di complessità che si è aggiunto in tale fase è dovuto all’oggettiva carenza di riferimenti normativi che disciplinino lo svolgimento delle funzioni dell’UTI. Il confronto e lo scambio di opinioni tra i soggetti coinvolti nei tavoli di lavoro in un clima di reciproca stima e fiducia professionale, tuttavia, hanno permesso di giungere ad una descrizione e rappresentazione unanime dei processi, che tenesse conto delle nuove esigenze della Pubblica Amministrazione locale. La struttura di questa tesi è divisa in due parti principali: la letteratura, costituita dal capitolo 1, ed il caso studio, che comprende i capitoli 2, 3, 4 e 5. Il primo capitolo riporta i principali risultati della letteratura in materia di gestione per processi. Data la carenza di pubblicazioni su tale argomento in ambito pubblico, l’analisi della letteratura comprende principalmente riferimenti al settore privatistico. La prima parte del capitolo definisce i concetti chiave che è necessario conoscere per poter comprendere la successiva analisi, sottolineando il significato dei termini più utilizzati. Si passa poi alla descrizione della struttura organizzativa per processi, evidenziando in particolare gli elementi che la differenziano dalla struttura funzionale. Successivamente, vengono delineati e fra loro confrontati i due possibili approcci alla gestione per processi: il Business Process Improvement (BPI) e Business Process Reengineering (BPR). Segue la presentazione degli strumenti e dei linguaggi che permettono di tradurre la descrizione testuale di un processo in una rappresentazione grafica corrispondente, chiamata anche mappatura. XIX Viene poi introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda. Il primo capitolo si conclude con la definizione di New Public Management (NPM), una filosofia che mira all’applicazione nel settore pubblico di approcci e metodologie organizzativi tipici delle imprese private, come è di fatto la gestione per processi. Il capitolo 2 introduce il caso studio contestualizzandolo in un excursus sulla storia delle autonomie locali in Italia e tratteggiando i cambiamenti che hanno portato la Regione Friuli-Venezia Giulia ad emanare la lr 26/2014 di riordino degli enti locali. Il capitolo 3 approfondisce le finalità e gli obiettivi della presente tesi e descrive in dettaglio le metodologie e gli strumenti utilizzati per raggiungerli, delineando in particolare le funzionalità del software Bizagi, utilizzato per la modellazione e rappresentazione grafica dei processi. Nel capitolo 4 vengono descritte le diverse fasi attraverso cui ComPA FVG ha portato avanti l’intervento di mappatura, analisi e miglioramento dei processi riguardanti la gestione della funzione finanziaria delle Unioni: identificazione dei macro processi, compilazione del diagramma SIPOC, descrizione e mappatura dei processi, confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri, semplificazione e standardizzazione dei processi, redazione dei regolamenti ed introduzione di indicatori di performance. Il capitolo 5, infine, riporta i risultati di tipo formativo ed operativo derivanti dall’intervento descritto, espone le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ed illustra i possibili percorsi che si prevede possano svilupparsi a partire da questo caso studio. XX PRIMA PARTE: LA LETTERATURA Prima di presentare il caso studiato per elaborare questa tesi, che comprende l’analisi, la mappatura ed il miglioramento dei processi aziendali della Pubblica Amministrazione Locale, è necessario analizzare la letteratura esistente in tale materia. È importante considerare che, data la quantità piuttosto limitata di pubblicazioni inerenti l’argomento in ambito pubblico, si è ritenuto spesso opportuno ricorrere all’utilizzo di pubblicazioni riguardanti il settore privatistico. Grazie alla filosofia del New Public Management NPM, è comunque possibile analizzare la documentazione esistente ed applicare le metodologie utilizzate per la mappatura, l’analisi e la misurazione dei processi aziendali, al caso studio in questione. Nella prima parte di questa analisi della letteratura, sono state introdotte le definizioni di alcuni concetti chiave, la cui conoscenza è fondamentale per poter comprendere al meglio le pubblicazioni esaminate. Il secondo paragrafo, invece, descrive le principali differenze esistenti tra le strutture organizzative funzionali e quelle gestite per processi, riportando anche le motivazioni che hanno spinto le aziende a passare dal primo al secondo approccio. Nella terza parte si parlerà della gestione per processi, suddividendola tra Business Process Improvement (BPI), un approccio di analisi e di modifica graduale della struttura organizzativa, e Business Process Reengineering (BPR), un metodo maggiormente radicale. Verrà anche introdotto il concetto di Business Process Management (BPM), che integra la gestione per processi con l’utilizzo dell’Information and Communication Technologies (ICT), un insieme di strumenti tecnologici ed informativi che permettono di produrre una documentazione di processo facilmente condivisibile da tutti gli attori coinvolti, che possa essere aggiornata costantemente. Saranno poi individuati e descritti i vari strumenti e linguaggi che possono essere utilizzati per la mappatura dei processi aziendali, tema centrale di questa tesi. Successivamente si chiarirà l’importanza di integrare l’approccio prettamente testuale e normativo tipicamente utilizzato in pubblica amministrazione, con uno più schematico, e quindi grafico, tipico delle attività ingegneristiche. Verrà inoltre introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda. Il capitolo si conclude con paragrafo dedicato al New Public Management. 1 Capitolo 1 Analisi della letteratura 1.1 Definizioni e concetti chiave Processo La normativa ISO 90011 definisce il processo come un insieme di attività interrelate ed interagenti che trasformano elementi in entrata (input) in elementi in uscita (output). In particolare, per lo scopo di questa tesi, siamo interessati al concetto di processo aziendale, di cui esistono in letteratura numerose definizioni. Ne riportiamo alcune per identificarne gli elementi comuni e poter dare una definizione il più completa possibile. “Una serie di attività che prende l’input, aggiunge valore, e produce output” (Harrington H.J., Verso uno status di classe mondiale, The Quality, n. 2/3, aprilesettembre, 1993); “Una sequenza di attività tra loro logicamente interrelate al fine di gestire una risorsa durante il suo ciclo di vita e raggiungere uno specifico obiettivo. Dove per attività si intende un’aggregazione di operazioni elementari nell’ambito del quale si determina il consumo delle diverse risorse aziendali (umane, tecnologiche, strutturali, di knowhow, ...)” (Toscano G., Aspetti organizzativo-contabili della gestione per processi, Sviluppo & Organizzazione, n. 139, settembre-ottobre 1993); “Una sequenza di attività logicamente correlate che impiegano risorse (persone, macchine, materiale) per fornire uno specifico risultato finale. Tale sequenza è caratterizzata da: • input misurabile • attività con valore aggiunto • output misurabile • attività ripetitive 1 Norma della serie ISO 9000 che definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità per una organizzazione. I requisiti espressi sono di "carattere generale" e possono essere implementati da ogni tipologia di organizzazione; ultima revisione nel 2015 (ISO 9001:2015) 2 Analisi della letteratura Gli input provengono dai fornitori (interni e/o esterni) e gli output sono destinati ai clienti. I processi sono quindi catene di fornitori/clienti ed in questa logica ogni fase del processo deve conoscere i bisogni sia del cliente finale che del cliente a valle.” (Biroli M., Process Analysis o Process Management, in Sistemi & Impresa, n.9, 1992); “Un insieme di attività correlate che hanno complessivamente un obiettivo comune come, ad esempio, la produzione di un bene o di un servizio o, più in generale, la creazione di valore per il cliente.” (Sinibaldi A., La gestione dei processi in azienda: introduzione al Business Process Management, FrancoAngeli, 2009). Nonostante la varietà di espressioni, è evidente che le definizioni presentate contengono alcuni elementi in comune: • • • • Il fatto che un processo aziendale sia costituito da un insieme di attività correlate L’esistenza di un obiettivo finale da raggiungere La presenza di uno o più input iniziali che danno vita al processo La necessità di una trasformazione dell’input che sia a valore aggiunto per il destinatario dell’output Volendo dare una definizione sufficientemente ampia e dettagliata, si potrebbe affermare che un processo aziendale è una sequenza di attività tra loro interrelate e finalizzate al conseguimento di un obiettivo comune, svolte all’interno dell’azienda, che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all’azienda (cliente). La principale differenza tra processo e processo aziendale sta nell’output prodotto. Il processo realizza un prodotto o un servizio che permette di raggiungere l’obiettivo aziendale, mentre il processo aziendale è finalizzato a creare un output richiesto a tutti gli effetti da un cliente. Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo I principali elementi di un processo aziendale sono quindi: • Input: fattori fisici o informativi acquisiti all’esterno o da altri processi aziendali, necessari all’avvio del processo; 3 Capitolo 1 • • • • • • • • Output: prodotto del processo che è destinato al cliente, definito a partire dalle sue esigenze e dalle prestazioni ad esso associate (qualità, tempi e costi); Risorse: capacità umane e tecnologiche necessarie per svolgere le attività e prendere le decisioni (include anche la definizione dei ruoli e del potere decisionale dei diversi attori); Logiche di gestione: logiche di base per coordinare le attività, prendere le decisioni e regolare l’avanzamento del processo; Fasi: insiemi di attività e decisioni che, interagendo tra loro, consentono la realizzazione dell’output; Interdipendenze: legami logici e di precedenza tra le fasi (attività e decisioni); Controlli: dati ed informazioni in ingresso che forniscono norme, regole o procedure; Eventi: situazioni che condizionano il flusso del processo; Vincoli: regole, istruzioni ed informazioni che influenzano le attività che compongono il processo. Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale I processi sono classificabili utilizzando vari criteri di associazione, che corrispondono a diversi elementi caratteristici del processo. Tra le varie classificazioni proposte in letteratura, abbiamo individuato le più largamente utilizzate per distinguere i vari tipi di processi aziendali. Nelle realtà industriali la classificazione più diffusa è quella basata sullo schema elaborato da Porter (M. Porter, 1987) basato sulla cosiddetta catena del valore. Secondo tale approccio, i processi aziendali sono divisi tra: • 4 Processi primari, che hanno un maggior impatto sui risultati di business dell’azienda e sono in grado di creare valore riconosciuto dal cliente, influenzando fortemente il suo livello di soddisfazione; Analisi della letteratura • Processi di supporto, necessari per la gestione aziendale ma che contribuiscono alla creazione del valore in modo indiretto, svolgendo un ruolo di fornitori dei processi primari, fornendo loro input e supporto, favorendone efficienza ed efficacia. Sono strettamente necessari per il funzionamento dei processi primari, anche se non producono un output riconoscibile dal cliente finale. Sono caratterizzati da soli clienti interni. Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001) Berchi e Fontanazza hanno invece distinto tre macro-tipologie di processi2: • Processi direzionali, volti a pianificare, guidare e coordinare gli obiettivi che • • forniscono le regole di funzionamento di un’organizzazione e che verificano la loro applicazione; Processi operativi, finalizzati all’ottenimento di prodotti o servizi con i quali l’organizzazione si presenta sul mercato; rappresentano quelli a maggiore impatto sui risultati di business dell’azienda; Processi di supporto, necessari per il funzionamento degli altri processi, forniscono gli elementi infrastrutturali ed i servizi generali di supporto. Un’altra classificazione dei processi è la tripartizione, basata sul modello di R.N. Anthony, tra: • • • 2 Processi direzionali (o strategici), che concorrono alla pianificazione aziendale di medio-lungo termine dell’organizzazione; Processi gestionali, finalizzati alla traduzione degli obiettivi di medio-lungo termine nella programmazione di breve termine e al controllo del loro raggiungimento; Processi operativi, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi e coinvolgono lo staff operativo. Berchi e Fontanazza, 1991 5 Capitolo 1 Come è possibile notare, le tre classificazioni proposte sono molto simili tra loro, infatti il criterio di classificazione su cui si basano è essenzialmente lo stesso: l’impatto che i processi hanno sui risultati aziendali, fortemente legato alla tipologia di attività svolte all’interno del processo. Process owner Per ciascun processo dev’essere individuato un process owner, una figura a cui è affidata la responsabilità dell’intero processo, che presiede in qualità di coordinatore delle varie funzioni coinvolte. Egli deve garantire il corretto funzionamento del processo nel suo complesso, curandone l’efficacia e l’efficienza. Si tratta di una figura molto importante, essendo anche preposta ad individuare gli obiettivi del processo, gli indicatori di prestazione ed i possibili interventi di miglioramento. Deve essere in grado di relazionarsi efficacemente, poiché ha il compito di regolare il flusso delle risorse e di sovrintendere a tutte le attività convincendo e motivando i soggetti interni ed esterni al processo ed eliminando le controversie che possono affiorare. Sottoprocesso Un sottoprocesso è una parte di un processo che coinvolge un insieme di attività aventi uno specifico obiettivo, il quale però contribuisce al raggiungimento dell’obbiettivo più generale del processo. Ogni processo può essere composto da diversi sottoprocessi con obiettivi specifici diversi ma tra loro correlati o addirittura consequenziali. Attività Un’attività è una sequenza di operazioni elementari la cui ulteriore scomposizione non sarebbe utile ai fini di un’analisi organizzativo-gestionale di un processo. Ogni attività conduce ad un output intermedio preciso, che di per sé non è decisivo ma concorre alla realizzazione del più ampio esito del processo Secondo Ostinelli, le attività che costituiscono un processo sono caratterizzate da tre elementi: il loro costo, il tempo di svolgimento e la qualità dell’output da esse prodotto. Disponendo di una misurazione per questi elementi, è possibile valutare l’efficienza e l’efficacia dello svolgimento di un processo. Le attività possono essere classificate in base al valore aggiunto che sono in grado di generare sull’output finale del processo, quello che contribuisce alla soddisfazione del cliente finale.3 Secondo la definizione della CEPAS4 (2006) le attività a valore aggiunto VA sono quelle che agli occhi dei clienti creano valore per il prodotto-servizio e possono essere identificate chiedendosi se il cliente sarebbe disposto a pagarle in modo 3 4 Ostinelli, 1995 CEPAS: Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione 6 Analisi della letteratura esplicito. Si tratta quindi di attività fondamentali per ottenere la soddisfazione del cliente. Al contrario, le attività non a valore aggiunto NVA sono quelle che non rispondono ad alcuna necessità per i clienti, poichè non contribuiscono alla produzione del valore dell’output. In molti casi però, le attività NVA devono essere ugualmente svolte per sopperire all’inefficacia del processo.5 Procedura Spesso nel lavoro quotidiano, e soprattutto nella Pubblica Amministrazione, i termini “processo” e “procedura” vengono utilizzati senza particolari distinzioni ma in realtà hanno significati diversi. Infatti, mentre il processo è un insieme di attività che devono essere eseguite per raggiungere un determinato obiettivo, la procedura è una regola che va implementata e che spiega agli operatori le modalità di esecuzione delle azioni di un processo. Inoltre, a differenza dei processi, le procedure non elaborano informazioni, ma descrivono le modalità per elaborare tali informazioni. In sintesi, si potrebbe affermare che una procedura stabilisce “come” un’attività dev’essere svolta, mentre un processo indica “che cosa” dev’essere fatto per raggiungere un risultato o, più propriamente, “chi deve fare che cosa”. Funzione organizzativa Una funzione organizzativa (o funzione aziendale) è un insieme di attività svolte all’interno dell’azienda, che vengono raggruppate in base al criterio dell’omogeneità. Le attività facenti parte di una stessa funzione organizzativa sono svolte da un gruppo di persone aventi competenze, linguaggi e codici comuni; questo favorisce la formazione di competenze specialistiche all’interno dell’azienda. 1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi La struttura organizzativa funzionale, storicamente adottata in numerose aziende pubbliche e compagnie private, prevede, seguendo il principio di divisione del lavoro, che le risorse umane e tecniche dell’azienda vengano attribuite alle funzioni organizzative. Questa configurazione è tipicamente caratterizzata da un organigramma gerarchico a piramide, che porta spesso allo sviluppo di “isole aziendali” aventi funzioni ed orientamenti gestionali specialistici, tra le quali l’interazione può risultare molto difficile. Tutto ciò rende la struttura organizzativa statica e pesante, non favorendo in alcun modo l’innovazione strutturale. 5 Ostinelli, 2005 7 Capitolo 1 L’adozione, da parte delle imprese, di un approccio organizzativo di tipo funzionale ha consentito in passato di raggiungere elevati livelli di efficienza all’interno delle singole funzioni. Nel momento in cui aumenta il numero di funzioni di un’azienda, però, diventa molto difficile riuscire a gestire le interdipendenze che vengono a formarsi tra di esse. Questo tipo di approccio, che privilegia obiettivi di efficienza per favorire la riduzione dei costi di struttura, è adatto ad un ambiente stabile, formato da organizzazioni prive di grosse differenziazioni di prodotto, nelle quali la rigidità strutturale non comporta particolari svantaggi dal punto di vista della reattività ai cambiamenti. Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni Per le imprese che invece operano in ambienti in continua evoluzione, dove la capacità di innovarsi e di innovare è un attributo fondamentale per il successo dell’azienda, il passaggio da una struttura organizzata per funzioni ad una gestita per processi consente di superare i limiti di rigidità dell’approccio funzionale e di concentrarsi maggiormente sull’esito del processo e sulla catena del valore, in quanto la soddisfazione del cliente è legata, come già detto, direttamente ai processi e solo indirettamente alle funzioni organizzative. L’approccio per processi, infatti, si focalizza sull’output da fornire ai clienti, aggregando attorno ad esso tutte le attività e le risorse necessarie alla sua produzione. Un processo è perciò trasversale rispetto ad una struttura funzionale e raggruppa tutte le funzioni ed i ruoli necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi. 8 Analisi della letteratura Questo tipo di struttura organizzativa consente anche una più semplice individuazione delle responsabilità ed una più rapida localizzazione di sprechi ed inefficienze, rendendo l’organizzazione globalmente più snella, costituita da gruppi lavorativi multifunzionali aventi pieno controllo su tutti gli aspetti del processo. Infine, il monitoraggio delle prestazioni è più semplice, perché direttamente collegato agli obiettivi aziendali.6 Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009) È importante sottolineare che il passaggio da un approccio per funzioni ad uno per processi non implica la creazione di un nuovo organigramma che cambierebbe completamente la struttura organizzativa. Una gestione per processi, infatti, consente di mantenere la struttura organizzativa esistente nell’azienda favorendo però la nascita di quei collegamenti orizzontali necessari ad integrare e coordinare le funzioni aziendali. Inoltre, ragionare per processi fa si che gli attori coinvolti sviluppino una maggiore consapevolezza del flusso logico/causale del lavoro, delle attività svolte e delle prestazioni derivanti dall’esecuzione di tali attività. In Tab. 1.1 sono riassunte le principali differenze tra l’approccio organizzativo funzionale e quello per processi. 6 Sinibaldi (2009) 9 Capitolo 1 Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi Approccio per funzioni Approccio per processi Competenze specialistiche del personale Riduzione dei costi di struttura Risultato dei processi aziendali Soddisfazione del cliente finale Struttura organizzativa Statica, rigida Dinamica, adattabile Aggregazione delle attività In base alle funzioni In base all’output da fornire ai clienti Gruppi di lavoro Unifunzionali Multifunzionali Accentrate nelle mani di pochi dirigenti Limitata all’interno delle funzioni organizzative Distribuite ai vari livelli dell’organizzazione Estesa al di fuori dei confini aziendali Orizzontali, interfunzionali Turbolento, in costante cambiamento Focus Obiettivo Responsabilità Comunicazione Tipo di relazioni Verticali, intrafunzionali Ambiente adeguato Stabile, tecnologicamente maturo 1.3 La gestione per processi Negli ultimi anni le aziende devono far fronte alla sempre maggiore varietà e variabilità dei contesti in cui operano, trovandosi ad agire in ambienti anche molto complessi e turbolenti, dove i clienti sono sempre più esigenti e consapevoli di ciò che ricevono. Questa situazione rende la competitività aziendale una questione di flessibilità e di attenzione al cliente, imponendo la ricerca di nuove soluzioni organizzative. Se un tempo le aziende spingevano verso un consumo massificato, ora, vista la maggiore consapevolezza dei consumatori, sono questi ultimi a chiedere prodotti e servizi sempre più personalizzati, influenzando la produzione. Le aziende devono quindi prestare sempre maggiore attenzione alle richieste dei clienti, improntando il proprio agire secondo criteri di flessibilità ed innovatività gestionale. Uno dei metodi con cui è possibile tenere il passo con i tempi è quello di gestire la propria attività per processi, dal momento che è sempre più diffusa la convinzione che esista un rapporto di causa-effetto tra la capacità di controllo dei processi ed i risultati aziendali. L’approccio per processi, in realtà, non è il risultato di una nuova invenzione - i processi infatti esistono da sempre - ma rappresenta un mezzo che consente di porre in risalto una dimensione aziendale che normalmente è difficile far emergere: la dimensione orizzontale. 10 Analisi della letteratura Il cambiamento di prospettiva della gestione aziendale ha anche come risultato la modifica dei criteri di gestione della stessa, non più finalizzati solo al raggiungimento di risultati economico-finanziari, ma anche alla determinazione di tutti i fattori che implicano la creazione di valore per il cliente. È importante, però, che alla base di questa scelta ci sia una cultura orientata al cambiamento, promossa e sorretta in primo luogo dal management. La gestione per processi è una metodologia organizzativa che si propone di individuare i processi critici, quelli che influenzano in maggior misura le prestazioni aziendali, e di gestirli in modo che diventino più efficienti ed efficaci e contribuiscano a migliorare i risultati complessivi dell’azienda. L’approccio per processi può anche essere considerato un approccio di tipo sistemico alla gestione, infatti, oltre a considerare i singoli processi, è necessario individuare e gestire anche tutte le relazioni e le interdipendenze che intercorrono tra di essi; infatti, secondo la ISO 9001, i processi identificati devono essere gestiti ed organizzati come parte di un sistema. Con l’assunzione di una gestione per processi, diventa fondamentale per ogni persona impiegata nell’azienda condividere gli obiettivi e collaborare con i propri colleghi, che diventano clienti e fornitori interni a cui rivolgere la massima cura cercando di assecondarne le esigenze operative. Questo modo di operare massimizza il valore aggiunto percepito dal cliente finale e pone le basi per la sua fidelizzazione. Possono essere individuate tre macro fasi caratterizzanti la gestione di un processo7: 1. L’attribuzione della responsabilità del processo, che comporta l’individuazione di un process owner, un soggetto che vede accomunate su di sé sia la responsabilità di tutto ciò che avviene all’interno del processo sia l’autorità per prendere tutte le decisioni che su di esso possono influire. La scelta del process owner, vista l’estrema importanza che la sua posizione ricopre, non è sempre semplice, soprattutto per processi che richiedono l’operare congiunto di varie funzioni aziendali. Di solito il proprietario del processo viene scelto tra i manager di alto livello con responsabilità di linea, dotati già di prestigio e credibilità all’interno dell’azienda. 2. La pianificazione del processo in modo che possa generare, senza necessità di aggiustamenti successivi, il valore atteso dagli utenti e di farlo con il minor consumo possibile di risorse. Utilizzando la schematizzazione proposta da Conti, la sequenza di attività di pianificazione può essere riassunta nel modo seguente8: • • 7 8 Identificazione dei clienti e dei fornitori del processo Identificazione dei bisogni e delle esigenze dei clienti De Risi, 2001 Conti, 1992 11 Capitolo 1 • • • • Trasformazione delle attese degli utenti in obiettivi misurabili del processo Progettazione di un processo in grado di soddisfare gli obiettivi; Definizione degli indicatori di efficacia ed efficienza del processo Progettazione di un “sistema di controllo”, cioè di un insieme di persone, strumenti e procedure istituito per raccogliere, elaborare e distribuire i dati sulla base del sistema di indicatori. 3. L’esecuzione del processo, in cui è necessario il controllo degli obiettivi stabiliti nella fase di pianificazione, nonché la continua ricerca di soluzioni di miglioramento del processo, non solo come azioni correttive riferite a problemi di funzionamento ma anche per adeguare le prestazioni del processo ad esigenze sorte in seguito. Particolare attenzione dev’essere posta in questa fase nel presidiare il flusso del processo, risolvendo i problemi sorti tra fornitore e cliente nei punti di interfaccia tra processi o tra fasi successive dello stesso processo ed evitando il risorgere di barriere organizzative. Quanto più sarà stata efficace la fase di pianificazione congiunta tra il process owner ed i vertici aziendali, tanto maggiore sarà l’autonomia operativa di ciascun processo. Da questa analisi è chiaro che per mettere a punto un corretto sistema di gestione per processi, è necessario conoscere dettagliatamente gli elementi di ogni processo in termini di input e output, clienti e fornitori, attori e risorse coinvolte. Per ottimizzare tale gestione, la ISO 9000 propone come soluzione l’attuazione di un ciclo di miglioramento continuo, che permetterebbe di incrementare passo dopo passo i risultati del sistema di gestione, che devono essere sempre misurati ed esplicitati in modo da garantire fin da subito concretezza e tangibilità, oltre che continuità e miglioramento graduale. Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000 12 Analisi della letteratura Come si evince dalla Fig. 1.6, il sistema di gestione della qualità ISO 9000 prevede che le parti interessate (clienti, fornitori, proprietari, lavoratori e società) impongano al sistema dei requisiti di input e di output, e che il processo di miglioramento continuo implementi in modo ciclico diverse attività mirate alla responsabilizzazione della direzione, alla gestione delle risorse, alla realizzazione del prodotto e alla sua misurazione, attività assolutamente necessaria per garantirne il miglioramento. A questo punto, non è difficile cogliere le affinità esistenti tra l’approccio per processi e quello della qualità: entrambi pongono l’attenzione sulla customer satisfaction e costituiscono un’opportunità per migliorare l’operatività e i risultati aziendali. L’analisi della gestione per processi non può tralasciare la valutazione delle metodologie attraverso le quali realizzare il miglioramento all’interno dell’impresa. A tal proposito, è possibile individuare due diverse impostazioni9: quella orientata ad un cambiamento costante e graduale (per piccoli passi) e quella che prevede un cambiamento radicale e dirompente. La prima è conosciuta con il nome di Business Process Improvement (BPI) o anche di Total Quality Management (TQM) e la seconda viene identificata con la locuzione Business Process Reengineering (BPR). Nei prossimi sotto paragrafi approfondiremo le caratteristiche dei due approcci e concluderemo con una loro reciproca comparazione. 1.3.1 BPI - Business Process Improvement Se accettiamo la definizione da Davenport (1993) che il miglioramento dei processi aziendali (BPI) è un miglioramento incrementale di tipo bottom-up dei processi esistenti all'interno dei confini funzionali, allora possiamo assumere che10 “le iniziative di Business Process Improvement hanno principalmente a che fare con il miglioramento dei processi aziendali in sé”. Un processo si dice migliorato se è stato riprogettato per raggiungere uno o più dei seguenti obiettivi: • • • • • 9 Migliorare le funzionalità, in termini di output erogati e di obiettivi di business raggiunti; Aumentare la qualità dell’output intesa come conformità, operatività ed affidabilità; Aumentare la flessibilità, ovvero la capacità di adattamento ad eventuali variazioni delle esigenze future; Ridurre il tempo (ciclo) di funzionamento del processo, sia quello di attesa che quello di servizio; Diminuire i costi operativi, preventivi, di valutazione ed il numero di errori; Pierantozzi, 1998 Grove e Kettinger, 1998 10 13 Capitolo 1 Il Business Process Improvement è dunque un insieme di metodologie orientate al miglioramento del processo, il quale però dev’essere ottenuto gradualmente, attraverso un cambiamento incrementale nel tempo e puntando sull’aumento del grado di customer satisfaction11. Questa metodologia è stata descritta per la prima volta nel 1991 da H. J. Herrington ed ha come obiettivo la semplificazione delle attività di processo esistenti attraverso l’eliminazione degli sprechi e delle inefficienze burocratiche, al fine di migliorare l’efficienza globale dell’azienda. Trova quindi applicazione nei casi in cui, pur avendo accertato la presenza di inefficienze, si decide di modificare solo in parte la struttura ed il funzionamento dei processi. Infatti, vengono conservati gli elementi ritenuti validi mentre quelli considerati inefficienti vengono sottoposti ad una meticolosa opera di riprogettazione, che viene condotta per parti e gradualmente nel tempo. È facile intuire che questo tipo di approccio risulta adeguato soprattutto in assenza di condizioni di emergenza (es. crisi economiche e finanziarie), in situazioni per cui i processi critici individuati non sono completamente inadeguati. La gestione incrementale solitamente non si accompagna a cambiamenti strategici dell’azienda: le scelte di fondo riguardanti la tecnologia, i prodotti ed i mercati rimangono essenzialmente le stesse. Essenziali per il buon esito di un’iniziativa di miglioramento incrementale sono invece i contributi “provenienti dal basso”; infatti, chi opera quotidianamente all’interno dei processi ne conosce le debolezze e ne sa indicare le cause molto più consapevolmente rispetto ai manager. Inoltre, la gradualità dell’intervento ed il coinvolgimento degli operatori, riescono a conquistare più facilmente la disponibilità al cambiamento ed il sostegno da parte dell’intera organizzazione. È importante ricordare che l’obiettivo del BPI non è quello di riprogettare i processi partendo da zero, ma di razionalizzarli e migliorarli per passi successivi. Secondo Davenport, le condizioni fondamentali affinchè si possa parlare di BPI sono: • • • • • 11 La presenza di una vision aziendale in cui siano specificati dei chiari obiettivi di business; L’identificazione dei processi da riprogettare, ossia di tutti quei processi aziendali che sono in conflitto con la business vision; La misurazione di tutti i processi esistenti, al fine di individuare una linea di riferimento per i miglioramenti futuri; L’individuazione delle leve di information technology (IT); Lo sviluppo di un prototipo dei nuovi processi aperto a rivisitazioni successive. Gambel (2003) 14 Analisi della letteratura Infine, l’implementazione del Business Process Improvement all’interno di un’organizzazione può essere in generale sintetizzata nelle cinque fasi seguenti: 1. Organizzazione per il miglioramento: selezionare i processi critici, nominare i process owner ed organizzare gruppi di lavoro finalizzati al miglioramento dei processi; stabilire i vincoli e i metodi di misurazione, identificare gli obiettivi di miglioramento e sviluppare il piano di progetto; 2. Comprensione del progetto: rappresentare graficamente il processo attuale, analizzare il rispetto delle procedure esistenti, raccogliere tutte le informazioni disponibili ed allineare le attività correnti alle procedure in modo da poter raggiungere una conoscenza più dettagliata possibile del processo; 3. “Fluidificazione” del processo: rendere il processo fluido, privo per quanto possibile di criticità e ostacoli, rimuovendo e semplificando le attività non a valore aggiunto (NVA); 4. Implementazione, misure e controllo: mettere in funzione il processo già migliorato e stabilire dei sistemi d misura e controllo. E' indispensabile avere in funzione un efficiente sistema di report, in modo da poter attuare in tempi brevi tutte le modifiche necessarie. 5. Miglioramento continuo: migliorare costantemente i processi ripetendo le prime quattro fasi in modo ciclico. 1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing M. Hammer e J. Champy sono considerati i padri fondatori del BPR, una metodologia di miglioramento aziendale teorizzata per la prima volta nel libro intitolato “Reengineering the Corporation”, del 1991, in cui definiscono il Business Process Reengineering come12 “il ripensamento di fondo e il ridisegno radicale dei processi aziendali, finalizzato ad ottenere forti miglioramenti delle prestazioni e dei parametri critici dell’impresa, quali i costi, la qualità, il servizio e la velocità, realizzati in generale con il supporto della tecnologia informatica”. Uno degli elementi fondamentali della definizione proposta risiede nel superamento dell’organizzazione funzionale, in favore di una gestione dell’impresa per processi. Con il concetto di “ripensamento di fondo e ridisegno radicale dei processi aziendali”, invece, gli autori consigliano di ridefinire il processo ignorando la sua attuale configurazione e pensando prima di tutto a ciò che l’azienda dovrebbe essere per poter raggiungere le performance desiderate. Inoltre, una riprogettazione radicale implica una reinvenzione completa dei processi, e non un semplice miglioramento della situazione esistente, cosa che può portare anche al raggiungimento di ampi salti 12 Hammer e Champy, 1991 15 Capitolo 1 prestazionali che non sarebbe possibile realizzare adottando un approccio basato su piccoli e graduali miglioramenti come quello del BPI. Come tutte le metodologie di gestione per processi, il BPR prevede che i processi vengano esaminati e riprogettati dalla prospettiva del cliente, poiché lo scopo di questo approccio è quello di implementare processi orizzontali efficaci ed efficienti che siano in grado di assicurare tempestivamente la soddisfazione dei clienti13. Secondo Gambel, la scelta di intraprendere un programma di Business Process Reengineering nasce normalmente dopo che è stata rilevata un’assoluta inadeguatezza delle strategie adottate per raggiungere gli obiettivi aziendali ed il BPR si configura come una forma di gestione straordinaria in cui si ricorre i particolari casi di crisi (caduta della domanda, perdita di quote di mercato, ecc.) o di ridefinizione della strategia. In simili circostanze, una revisione solo parziale dei processi non sarebbe sufficiente; è necessario, quindi, ridefinire gli obiettivi strategici aziendali e ridisegnare i processi almeno quelli critici) ed il loro funzionamento, al fine di renderli coerenti con gli obiettivi stabiliti. Una buona riprogettazione dei processi può condurre ad ottimi risultati sul piano del miglioramento delle performance aziendali, ma è importante che il cambiamento coinvolga processi ampi e trasversali rispetto alle funzioni aziendali. Tale cambiamento richiede spesso un notevole dispendio in termini di tempi, costi e risorse impiegate; per questo motivo i progetti di BPR coinvolgono solitamente un numero limitato di processi, focalizzandosi solo su quelli critici, di maggiore rilevanza per il business. In sintesi, le caratteristiche principali della reingegnerizzazione dei processi possono essere riassunte nei seguenti punti: • L’oggetto di intervento sono i processi e poiché i processi attraversano trasversalmente le strutture organizzative, gli interventi di reingegnerizzazione dei processi interessano normalmente organizzazioni diverse o parti diverse di una stessa organizzazione; • L’intervento da mettere in atto è di tipo radicale; infatti, i processi vengono completamente ridisegnati da zero, senza tenere conto di un modello esistente al quale apportare miglioramenti graduali; • Il risultato atteso dall’intervento è un miglioramento di tipo discontinuo rispetto ai livelli prestazionali dei processi precedenti all’intervento; • I risultati di miglioramento sono ottenuti principalmente grazie all’introduzione di tecnologie informatiche e di telecomunicazioni, avendo cura di non limitarsi ad automatizzare l’esistente, ma di sfruttare le potenzialità della tecnologia a valle di un ripensamento radicale dei processi. 13 Tsiouras, 2007 16 Analisi della letteratura Hammer, inoltre, elenca nel suo articolo “Reengineering Work: Don’t Automate, Obliterate” i tre principi fondamentali per una buona reingegnerizzazione dei processi14: 1. Organizzarsi intorno ai risultati e non alle mansioni; 2. Permettere al beneficiario del risultato del processo di seguire il processo stesso; 3. Raccogliere l’informazione una sola volta e direttamente dalla fonte senza rischiare duplicati e documenti non aggiornati. Sulla base di questi principi, si devono articolare le varie fasi di un intervento di Business Process Reengineering, che consistono in: 1. Fase di analisi del problema a. Rilevamento, definizione e quantificazione del problema e quindi della necessità di un cambiamento b. Costituzione del gruppo di lavoro e condivisione dei metodi 2. Fase di analisi dei processi a. Analisi e classificazione dei processi esistenti, con l’utilizzo di indicatori quantitativi di performance (pre assessment) b. Identificazione dei processi da riprogettare 3. Fase di progettazione e sviluppo a. Definizione degli obiettivi di ristrutturazione e individuazione del miglioramento atteso b. Sviluppo del nuovo modello di processo i. Identificazione degli attori ii. Determinazione delle sequenza delle operazioni iii. Analisi dei punti decisionali iv. Definizione delle interdipendenze c. Definizione del nuovo prototipo di processo e simulazioni 4. Fase di attivazione del cambiamento a. Pianificazione, implementazione e valutazione dei risultati attraverso l’analisi degli scostamenti e l’utilizzo di indicatori quantitativi di performance (post assessment) Infine, elenchiamo alcuni principi base della riprogettazione radicale che è necessario conoscere ed applicare affinchè l’esito dell’intervento risulti positivo: • 14 Porre le attività in parallelo anziché in sequenza poiché spesso la sequenza delle attività non è dettata da un ordine naturale, ma è imposta artificialmente, secondo modelli di organizzazione del lavoro tradizionali. La reingegnerizzazione si chiede sempre se non sia possibile modificare la Hammer, 1990 17 Capitolo 1 • • • sequenza delle attività, fino ad eliminarla, mettendo le stesse attività in parallelo. In questo modo si possono raggiungere forti miglioramenti in termini di tempo totale di attraversamento del processo, dal momento che vengono eliminati i tempi morti d’attesa; Ricomporre le attività frammentate. Spesso, attività leggermente diverse sono assegnate a persone o uffici diversi, coerentemente con l’idea che la specializzazione spinta delle mansioni migliori l’efficienza della singola attività; dall’altro lato però, l’efficienza globale del processo peggiora per effetto dei maggiori tempi di coordinamento richiesti. La reingegnerizzazione dei processi tende a ricomporre attività frammentate, introducendo nuove mansioni, in cui sono raccolte tutte le attività che servono a dare una risposta esauriente, tempestiva e personalizzata al singolo caso, cioè alla singola richiesta del cliente; Categorizzare e differenziare i flussi nei processi. Spesso accade che vengano trattati allo stesso modo richieste o casi diversi solo perché incanalati nello stesso processo. Questo effetto di appiattimento viene superato nella reingegnerizzazione, che tende a differenziare le richieste e a trattarle come versioni diverse nell’ambito dello stesso processo. L’applicazione di questo principio di reingegnerizzazione richiede in genere l’identificazione all’ingresso del tipo di richiesta, e la tracciatura del caso; Eliminare le attività che non danno valore aggiunto. La reingegnerizzazione si pone sempre il problema del perché un’attività venga svolta, ovvero quale sia (se esiste) il suo valore aggiunto. 1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR Come si è potuto apprendere dai precedenti paragrafi, la sequenza logica delle fasi che si eseguono per l’applicazione pratica delle due tecniche di gestione descritte, può essere così sintetizzata: • • • • • • Rilevare la necessità di un cambiamento; Identificare i processi su cui intervenire; Analizzare i processi attuali Identificare degli interventi graduali/radicali Mettere in atto gli interventi e gestire il cambiamento Verificare i risultati dell’intervento Il BPI richiede un’attenta analisi della situazione esistente, individua le aree di inefficienza al fine di identificare anche le più piccole possibilità di miglioramento ed elabora interventi specifici finalizzati modificare la struttura del processo, senza però alterarne gli elementi essenziali; la sua natura incrementale ed il forte contributo di tipo bottom-up consentono che il cambiamento venga accolto velocemente ed in maniera positiva dall’intera struttura organizzativa. 18 Analisi della letteratura Per il BPI, quindi, le fasi più complesse e costose sono quelle iniziali mentre risulta più agevole la gestione del cambiamento organizzativo. Il BPR, invece, concentra l’attenzione sulla possibilità di ridisegnare un processo completamente diverso, che in un certo senso rivoluziona il vecchio modo di lavorare definendo una sequenza di fasi, e relative attività, più efficiente. In questo caso, quindi, la fase di analisi dei processi attuali è decisamente snella, dal momento che i processi verranno comunque completamente ridisegnati, mentre molto più impegnative sono le fase di realizzazione dei nuovi processi e di gestione del cambiamento. Business Process Improvement e Business Process Reengineering, pur essendo due metodologie diverse nei presupposti teorici e nei risvolti pratici, possiedono diverse caratteristiche in comune15: • • • • • • 15 Il focus e motore del cambiamento è sempre il cliente: la creazione di valore per il cliente rappresenta in entrambi i casi una condizione necessaria per creare valore a livello di azienda. Vi è una forte sponsorizzazione da parte dell’alta direzione: è compito del management creare un clima favorevole all’iniziativa attraverso azioni di comunicazione interna, incontri personali con i gruppi di lavoro, l’utilizzo di sistemi di incentivazione adeguati ed una sua partecipazione attiva per la rimozione degli ostacoli durante tutto il processo di cambiamento. L’oggetto del cambiamento è il processo ed in particolare le attività che lo compongono: entrambe le metodologie sono orientate ai processi, non alle funzioni aziendali, nel senso che hanno come obiettivo la ridefinizione dei processi aziendali e non della struttura organizzativa. Le responsabilità vengono distribuite tra i vari livelli organizzativi: entrambi i processi di cambiamento prevedono una ridefinizione dei livelli gerarchici caratterizzata da un maggior grado di delega attribuita ai livelli inferiori e, conseguentemente, di responsabilità sui risultati raggiunti e di autonomia nel loro raggiungimento. Inoltre, la definizione degli obiettivi da raggiungere deve essere chiara ed i responsabili del loro conseguimento devono, possibilmente, essere coinvolti ed ascoltati prima della loro definizione. Sono richiesti interventi sulla tecnologia: tali interventi riguardano soprattutto le tecnologie per il trattamento delle informazioni, la cui possibilità di applicazione rappresenta spesso uno stimolo all’introduzione degli stessi progetti di cambiamento. Vengono adottati strumenti e metodologie di misurazione delle prestazioni dei processi: questo consente di valutare la situazione di partenza, definire gli obiettivi da raggiungere, misurare i risultati conseguiti, fare confronti con le prestazioni dei concorrenti. Pierantozzi, 1999 19 Capitolo 1 • • È possibile fare ricorso a progetti pilota per il loro avviamento: le modalità di funzionamento del nuovo processo vengono in entrambi i casi sperimentate su una parte del processo stesso oppure in una realtà aziendale circoscritta, al fine di testare la validità del progetto e di verificarne l’impatto sull’organizzazione prima di replicarle sull’intero processo. Vengono normalmente istituiti dei gruppi di lavoro: l’attuazione di interventi sia di miglioramento che di ridisegno dei processi, richiede la creazione di team di lavoro interfunzionale che si avvalga di diverse competenze. La necessità di apprendere e condividere le grandi potenzialità del lavoro di gruppo è una delle caratteristiche specifiche dell’adozione della gestione per processi. In Tab. 1.2 sono invece elencate le principali differenze tra i due possibili approcci alla gestione per processi. Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI BPI BPR Tipologia di cambiamento Cambiamento di tipo graduale ed incrementale Cambiamento di tipo radicale Assunzione di partenza Processo esistente Nessuna Frequenza del cambiamento Cambiamento continuo Cambiamento in un unica soluzione Costi e tempi richiesti Costi limitati e brevi tempi di realizzazione Costi elevati e lunghi tempi di realizzazione Portata dell’intervento Limitata, interna alle funzioni Ampia, trasversale alle funzioni Quantità di processi coinvolti Molti processi coinvolti Pochi processi coinvolti, ma critici Rischiosità dell’intervento Moderata Alta Gravità della situazione as-is Assenza di una situazione di emergenza Forte urgenza di cambiamento Grado di dipendenza dalla strategia aziendale Dipendenza limitata ed indiretta Diretto collegamento con la strategia aziendale Tipo di partecipazione all’intervento Contributo di tipo bottom-up Impostazione ex novo di tipo top-down Fonte: Davenport, 2009 20 Analisi della letteratura È evidente che i due metodi differiscono soprattutto per quanto riguarda la metodologia da seguire per implementarli: se nel BPI si identificano i processi su cui intervenire, si individua un team d’intervento, si analizzano i processi attuali e le modalità di miglioramento e poi si procede con l’attuazione degli interventi di miglioramento e con l’analisi dei risultati, nel BPR si ripensa la strategia, si valuta l’inadeguatezza dei processi chiave attuali, si ridisegnano i processi inadeguati e poi si prosegue con la messa a punto dei nuovi processi e la valutazione dei risultati. Nonostante esistano delle chiare differenze tra queste due metodologie, però, nella pratica non si è sempre in grado di definire a priori se sarà convenente mettere in atto un intervento semplicemente migliorativo di BPI oppure se risulterebbe maggiormente proficuo un intervento più radicale di BPR. Si è già detto che in condizioni di crisi o di cambiamento strategico il BPR è l’approccio più adeguato ma, al di fuori di questi casi limite, entrambe le metodologie potrebbero rivelarsi dei validi ed efficaci strumenti tra cui scegliere. Al riguardo vengono suggeriti due criteri che, usati simultaneamente, conducono ad un modello di guida per la scelta del metodo più appropriato alla situazione: • • L’esigenza di radicalità del cambiamento Il grado di disponibilità al cambiamento della struttura organizzativa Incrociando queste due variabili, è possibile ottenere una matrice (Fig. 1.7) che permette di individuare l’approccio che è più conveniente adottare in determinate situazioni. Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più appropriato 21 Capitolo 1 Secondo questa classificazione, il BPR si impone quando alla necessità di un cambiamento rapido e radicale si accompagna un’organizzazione flessibile e propensa ai mutamenti. È invece decisamente preferibile ricorrere all’approccio incrementale quando non si abbia né l’esigenza di cambiamenti radicali, né la disponibilità dell’organizzazione a notevoli innovazioni. Quando l’esigenza di cambiamento non è elevata ma la struttura appare piuttosto elastica, il management può scegliere di attuare sia un miglioramento incrementale, sia un cambiamento radicale. In una situazione in cui l’urgenza di un cambiamento è elevata e la disponibilità al cambiamento è bassa, l’approccio radicale potrebbe miseramente fallire a causa delle resistenze interne, ma d’altro canto quello incrementale potrebbe non essere sufficientemente “spinto” per risolvere efficacemente tutti i problemi; in questo caso, quindi, ricade sul management la responsabilità della decisione, dopo aver analizzato attentamente le condizioni in cui versa l’impresa. Va sottolineato, comunque, che la classificazione appena descritta, è valida quando si stia considerando un singolo processo, per il quale occorre decidere se utilizzare l’una o l’altra tecnica di gestione. Quando invece si considera l’intera azienda nell’insieme dei suoi processi, possono coesistere - su processi diversi - progetti di reingegnerizzazione e progetti di miglioramento graduale. È anche possibile che le due tecniche vengano applicate in modo sequenziale, laddove dopo una fase di cambiamento incrementale si sentisse la necessità di implementare un cambiamento radicale, o viceversa. La gestione per processi, che accorpa al suo interno gli approcci di BPR e BPI fin qui analizzati, si è trasformata con il passare del tempo in una filosofia gestionale più completa, denominata Business Process Management (BPM), che verrà analizzata dettagliatamente all’interno del prossimo paragrafo. 1.4 BPM - Business Process Management Il Business Process Management è una disciplina che si occupa di modellare, gestire, automatizzare ed ottimizzare i processi di business allo scopo di migliorarne l’efficienza e l’efficacia, con impatti positivi sulle performance aziendali. Si sviluppa a partire dagli anni ’90, a seguito della diffusione delle metodologie di Total Quality Management (TQM) e di Business Process Reengineering (BPR), quando il concetto di qualità inizia ad essere accompagnato in maniera sempre più consistente da quello di soddisfazione del cliente. Il BPM viene definito16 come una metodologia che consiste nell’analizzare il processo, implementare ed integrare le strategie di business, monitorare ed ottimizzare i processi, stabilire gli strumenti corrispondenti ed allineare il business con l’information technology. L’autore, inoltre, sostiene che l’approccio adottato da 16 Josuttis, 2005 22 Analisi della letteratura questa metodologia debba essere di tipo top-down: decidere quali step devono essere svolti manualmente e quali tramite automazione IT; separare l’intero processo in blocchi più piccoli seguendo l’ordine temporale e i sistemi responsabili; suddividere ulteriormente. In Fig. 1.8 è schematizzato l’approccio top-down del BPM. Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process Management (Josuttis, 2009) Rifacendoci alle definizioni rilasciate da Gartner e Weske possiamo inoltre affermare che17 “il Business Process Management è una disciplina gestionale che utilizza un approccio sistematico e strutturato con il fine di supportare la gestione esplicita di un processo di business utilizzando metodi, tecniche e strumenti, che coinvolgono esseri umani, organizzazioni, applicazioni, documenti e altre fonti di informazione, allo scopo di raggiungere gli obiettivi di business dell’organizzazione allineando i processi di business a questi obiettivi”. Una peculiarità del BPM consiste nel fatto che esso non richiede necessariamente un ripensamento delle strategie aziendali ma è da considerarsi come uno strumento di supporto per l’incremento dell’efficacia delle proprie strategie, in cui i processi aziendali svolgono a loro volta un ruolo di asset strategico per l’azienda. Volendo riassumere, il Business Process Management è una disciplina di gestione che considera l’organizzazione in termini di processi di business il cui funzionamento porta ad ottenere gli obiettivi strategici prefissati. Il BPM analizza, gestisce, migliora ed ottimizza i processi nella loro interezza, oltrepassando le barriere strutturali in maniera trasversale alle organizzazioni. Obiettivo del BPM è la sinergia tra i processi e l’Information and Communication Technology (ICT) tramite un approccio di tipo top-down che parte considerando il processo nella sua interezza, lo scompone in attività, ottimizza i flussi ed infine li automatizza attraverso l’allineamento con la tecnologia. 17 Hill, 2006 23 Capitolo 1 Nel concreto, un progetto di BPM può consentire una riduzione dei tempi o dei costi necessari per condurre a termine un determinato processo, una diminuzione della quantità di errori, una maggiore automazione dei compiti amministrativi o un miglior utilizzo delle risorse. Questi risultati possono essere ottenuti attraverso una continua ottimizzazione dei processi, in un ciclo continuo di modellazione, esecuzione e misurazione18: • • • • • • Modellazione: i processi vengono modellati nella loro interezza, esplicitando su un diagramma i ruoli, i compiti e la sequenza di attività che compongono il processo che si sta modificando. Analisi/simulazione: si individuano ed analizzano gli indicatori di performance del progetto di miglioramento, utilizzati per l’analisi delle simulazioni del processo. Analisi e simulazione valutano l’accuratezza e la precisione del progetto prima di passare alla successiva fase di implementazione. Implementazione: le attività del processo precedentemente modellato e simulato vengono combinate in sinergia utilizzando strumenti software integrati. Esecuzione: il processo viene automatizzato tramite la messa in opera del modello. I risultati sono l’automazione del flusso di lavoro e l’integrazione di sistemi diversi. Interazione: si sviluppano portali, tipicamente web, che permettono agli amministratori e ai proprietari del processo di gestire i processi stessi, aiutando gli tenti finali nelle loro attività e mettendo a disposizione indicatori e metriche di misurazione delle performance. Misurazione: gli indicatori definiti durante la fase di modellazione vengono monitorati e registrati; vengono inviati eventuali allarmi al superamento di determinate soglie. La fase di misurazione precede un’ulteriore e successiva fase di modellazione. Il paradigma da seguire per avvicinarsi al BPM prevede che si possieda una visione complessiva del problema e che il passaggio alla fase di implementazione avvenga con gradualità, generando consenso nell’organizzazione, affinando le metodologie e creando un “centro di eccellenza” interno, formato da persone che possiedono le competenze adeguate. Innovazione ed apprendimento devono guidare tutta la metodologia, e il risultato di questi sforzi è l’eccellenza nel business, che consiste nel raggiungere il massimo di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei processi che portano valore all’organizzazione. Questo obiettivo non si raggiunge immediatamente, ma è frutto di un percorso di maturità, in cui l’organizzazione impara a gestire sempre meglio i propri processi, passando da una fase inziale dominata da tentativi casuali e sporadici 18 Nicoletti, 2010 24 Analisi della letteratura di miglioramento fino ad uno stato di continuo e rapido adattamento dei processi alle mutabili condizioni del business, con un miglioramento significativo percepibile. Un modello di maturità per il BPM è un percorso evolutivo di miglioramento, che deve permettere ad un’azienda di capire sia in quale punto del percorso si trova, sia in quali aree deve migliorare per poterlo percorrere. Riportiamo in Tab. 1.3, il modello proposto da OMG (The Object Management Group), che raggruppa serie di attività logicamente correlate nelle cosiddette process area, ognuna delle quali raggiunge degli obiettivi (goal) utilizzando delle azioni specifiche (specific practice - SP). I goal posso a loro volta essere specifici (specific goal - SG), nel caso rappresentino obiettivi riguardanti solo la process area in esame, oppure istituzionalizzati (institutionalized goal - InG), se coinvolgono obiettivi condivisi dall’intera organizzazione. Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG Livello di maturità Focus 1 Iniziale Iniziative di singoli individui senza che alcun processo venga esplicitato o che ci sia supporto da parte dell’ organizzazione 2 Gestito I manager stabiliscono un ambiente di lavoro stabile nel loro gruppo Process Area Descrizione Organizational Process Leadership Garantire il consenso e individuare le responsabilità nella gestione delle attività di miglioramento delle performance del processo Organizational Business Governance Stabilire la responsabilità nella gestione delle attività di miglioramento delle performance delle attività dell’organizzazione Work Unit Requirements Management Identificare chiaramente i requisiti per una determinata attività Work Unit Planning and Commitment Stabilire e mantenere la pianificazione e l’impegno per fare e gestire un determinato blocco di attività Work Unit Monitoring and Control Misurare e sottoporre a monitoraggio le performance del processo e mantenerle in linea con requisiti e pianificazione, procedendo eventualmente alla riallocazione delle risorse 25 Capitolo 1 Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG Livello di maturità 2 Gestito Focus Process Area Descrizione I manager stabiliscono un ambiente di lavoro stabile nel loro gruppo Work Unit Performance Gestire i rapporti con il gruppo di lavoro in modo che tutti abbiano la responsabilità dei task e degli obiettivi assegnati al fine di raggiungere gli obiettivi pianificati Work Unit Configuration Management Identificare, gestire e controllare il contenuto e gli eventuali cambiamenti di un gruppo di attività Sourcing Management Gestire l’acquisizione di prodotti e servizi da fornitori esterni Process and Product Assurance Assicurare la conformità di attività e prodotti nei confronti di regolamenti, leggi, standard, ecc. Organizational Process Management Sviluppare processi e risorse standard all’interno dell’organizzazione ed individuarne i punti di forza e di debolezza Organizational Competency Development Sviluppare le competenze richieste affinchè chi lavora nel processo utilizzi gli standard previsti Organizational Resource Management Pianificare e gestire l’acquisizione, l’allocazione e la riassegnazione delle risorse richieste per sviluppare ed erogare prodotti e servizi Organizational Configuration Management Identificare, gestire e controllare gli aspetti finanziari e di business relativi all’offerta di prodotti e servizi, in base agli standard di risorse e processi dell’organizzazione Product and Service Business Management Pianificare e gestire gli aspetti finanziari di business relative all’offerta di prodotti e servizi Product and Service Work Management Pianificare e gestire le attività e i risultati per l’offerta di prodotti e servizi, in base agli standard di risorse e processi dell’organizzazione Product and Service Preparation Stabilire i requisiti per l’offerta di un prodotto o servizio e predisporne lo sviluppo e l’erogazione L’organizzazione 3 Standardizzato definisce dei processi standard insieme alle relative risorse 26 Analisi della letteratura Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG Livello di maturità 3 Standardizzato 4 Predicibile 5 Innovatore Focus Process Area Descrizione L’organizzazione definisce dei processi standard insieme alle relative risorse Product and Service Deployment Installare, modificare, sostituire e rimuovere le risorse usate per l’offerta di un prodotto o servizio Product Service Operation Dare al cliente le risorse e le informazioni necessarie all’erogazione di un prodotto o servizio Product and Service Support Mantenere le risorse necessarie all’erogazione di un prodotto o servizio Organizational Common Asset Management Determinare le caratteristiche comuni di prodotti e servizi attuali e futuri e utilizzarle per migliorare le performance, i costi e la qualità Organizational Capability and Performance Management Caratterizzare quantitativamente gli standard di processo dell’organizzazione e fornire dati e modelli in modo da gestire quantitativamente prodotti e servizi Product and Service Process Integration Integrare i processi e i ruoli di diversi ambiti e discipline coinvolti nell’offerta di un prodotto o servizio in modo da migliorarne efficienza ed efficacia Quantitative Product and Service Management Pianificare e gestire il lavoro dietro l’offerta di un prodotto o servizio in modo che questo raggiunga gli obiettivi di performance e qualità Quantitative Process Management Gestire in modo statistico le performance delle attività necessarie per sviluppare, preparare, erogare e supportare un prodotto o servizio secondo gli obiettivi di qualità Organizational Improvement Planning Stabilire in modo quantitativo gli obiettivi di miglioramento e l’infrastruttura a supporto del miglioramento continuo e definire le strategie per raggiungere gli obiettivi Organizational Performance Alignment Mantenere allineate le strategie di business e gli obiettivi quantitativi dell’organizzazione attraverso tutti i livelli gerarchici e in modo trasversale a prodotti e servizi I processi sono gestiti quantitativamente in modo da avere risultati predicibili I processi vengono continuamente migliorati 27 Capitolo 1 Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG Livello di maturità 5 Innovatore Focus Process Area Descrizione I processi vengono continuamente migliorati Defect and Problem Prevention Identificare e risolvere le cause dei difetti e dei problemi che impediscono il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione Continuous Capability Improvement Migliorare in modo continuo e misurabile le performance dell’organizzazione adottando modifiche incrementali Organizational Innovative Improvement Formulare soluzioni complete di miglioramento che, una volta in produzione, raggiungano gli obiettivi di qualità desiderati Organizational Improvement Deployment Accrescere in modo continuo e misurabile le performance dell’organizzazione adottando le migliorie fatte in modo sistematico Un determinato livello di maturità può essere raggiunto tutti gli obbiettivi ad esso associati. Inoltre, è importante far notare che al crescere del livello di maturità aumenta anche la diffusione delle buone pratiche di gestione dei processi all’interno dell’organizzazione, passando dalle sporadiche iniziative di singoli individui, a gruppi di lavoro, a divisioni, all’organizzazione nella sua totalità ed infine all’organizzazione vista all’interno di una catena del valore con fornitori e clienti. Di Leva afferma19 che il BPM “consiste in un insieme di metodi, tecnologie e strumenti utili a controllare, analizzare ed eseguire i processi operativi di un’azienda” e può essere considerato come “una filosofia per gestire l’azienda in modo più razionale”. Gli strumenti a cui l’autore fa riferimento in questa definizione, sono da intendere come l’insieme di quei sistemi informatici ed informativi che supportano il BPM nella semplificazione e velocizzazione delle pratiche aziendali e consentono di definire i dei processi aziendali mediante l’utilizzo di notazioni ad hoc atte ad eseguire e controllare l’andamento dei processi. 19 Di Leva, 2011 28 Analisi della letteratura In Fig. 1.9 sono riportate e sintetizzate le teorie, gli strumenti e le metodologie che permettono di mettere in pratica il BPM. Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM 1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM Gli standard a supporto del BPM possono essere classificati in tre gruppi: • • • Standard grafici di modellazione; Standard per i formati di interscambio dei modelli di processo; Standard di esecuzione dei processi aziendali. In questa tesi facciamo riferimento soltanto agli standard grafici di modellazione in quanto, nel caso studio analizzato, ci limiteremo a trattare solamente la mappatura e alla rappresentazione grafica dei processi. Prima di definire le diverse tipologie di modellazione grafica, è doveroso sottolineare l’importanza di conformarsi ad uno standard che, grazie all’adozione di un linguaggio comune, permette l’interazione tra tutti gli strumenti BPM e l’uniformità di rappresentazione. Gli standard grafici permettono agli utenti di rappresentare sotto forma di diagramma il flusso informativo, i punti di decisione ed i ruoli dei vari processi aziendali. Tali standard, rispetto alle altre tipologie, si rivelano maggiormente intuitivi e user friendly, in quanto consentono una comprensione quasi immediata del processo senza richiedere particolari conoscenze specifiche. 29 Capitolo 1 Lo standard grafico maggiormente utilizzato è il Business Process Model and Notation (BPMN) ma esistono altri due “linguaggi” ampiamente noti: l’Activity Diagram UML e l’Event-driven Process Chain (EPC). Volendo descrivere questi tre standard più dettagliatamente: • • • Il BPMN è una notazione di modellazione per processi aziendali avente come scopo l’abolizione del gap esistente tra i diagrammi di flusso e il linguaggio di esecuzione dei processi.20 L’Activity Diagram UML è un linguaggio di modellazione visuale orientato agli oggetti, atto a descrivere i processi aziendali mediante la visualizzazione delle sequenze di azioni che devono essere eseguite e l’inserimento della descrizione del flusso di controllo e del flusso di dati per attività. L’Event-driven Process Chain (EPC) è una metodologia di modellazione che consente di descrivere il processo aziendale da diversi punti di vista: quello dei responsabili del processo, quello del flusso funzionale, con una sequenza dinamica delle attività, quello del flusso di output, che pone l’evidenza sulle relazioni tra gli output prodotti, e quello del flusso informativo, che mostra gli elementi informativi utilizzati. Il processo aziendale non è alto che l’unione di tutte le viste del processo. 1.4.2 Vantaggi del BPM Poichè esiste uno stretto legame tra processi e profittabilità aziendali, vi è una sempre maggiore esigenza di incrementare il valore delle attività riducendo allo stesso tempo le risorse impiegate per svolgerle, di ridurre i costi legati ai sistemi informativi aziendali e di sottoporre i processi aziendali a continui controlli di qualità. Integrando tra loro i processi di business in modo da poterli monitorare ed ottimizzare secondo un orientamento univoco agli obiettivi aziendali, si sfruttano appieno le potenzialità di un sistema di BPM, ottenendo una sostanziale riduzione dei costi e dei tempi di implementazione degli stessi processi. Inoltre, il BPM può aiutare a migliorare le prestazioni aziendali grazie alla riduzione dei costi di ownership, all’aumento di flessibilità, al raggiungimento di tempi di consegna più rapidi e soprattutto migliorando le relazioni con gli stakeholder interni ed esterni. Alla luce di questi vantaggi si può affermare che il BPM rappresenta un ottimo strumento per la gestione dei processi di quelle organizzazioni che si trovano in una fase di grande cambiamento, che devono porsi come obiettivo l’incremento della customer satisfaction, la misurazione delle performance aziendali e la maggiore attenzione per le risorse impiegate. 20 Per approfondimenti sulla notazione BPMN si rimanda a pag. 82 30 Analisi della letteratura 1.5 La mappatura dei processi Il primo passo per una corretta gestione dei processi è sicuramente la loro identificazione e documentazione. A tal fine, possono essere utilizzate varie tecniche, sia grafiche che testuali, che consentono di formalizzare il contenuto di un processo in maniera più o meno intuitiva. La mappatura dei processi consiste nell’applicazione di una metodologia formalizzata per l’identificazione e la modellazione dei processi aziendali e comprende varie tecniche di rappresentazione delle componenti dei processi. Come già accennato, gli elementi che compongono un processo e che vengono rappresentati con queste tecniche sono gli input e gli output del processo, le singole attività e le relazioni tra di esse, i soggetti che le attuano e le interfacce esistenti tra gli stessi e, inoltre, i punti di decisione e le alternative che fanno sì che un processo si sviluppi in una direzione piuttosto che in un’altra. Secondo Ostinelli21, infatti, la mappatura dei processi consiste nella scomposizione dell’organizzazione in attività elementari di facile gestione, nella definizione di un modello di riferimento per i processi gestionali e nella ricostruzione, attraverso appropriate tecniche di modellazione, di una mappa dei legami logici tra le attività lungo i processi gestionali. Si tratta di uno strumento molto potente, poichè consente tra l’altro di visualizzare graficamente i punti critici esistenti nel processo allo stato attuale e di individuare i possibili cambiamenti da apportare per migliorarne i risultati ed accrescere la customer satisfaction. Generalmente, gli obiettivi di un intervento di mappatura possono essere classificati in due categorie: quelli di natura organizzativa, che consistono nell’identificazione delle criticità e delle azioni migliorative da attuare su un processo, e quelli di natura informatica, che constano nell’identificazione degli elementi chiave per la progettazione dei sistemi informativi dell’azienda. Ai fini di questa tesi, siamo interessati solamente alla prima categoria, che Ostinelli riassume nei seguenti punti: • • • • • 21 Comprendere ciò che realmente viene fatto, ovvero in che modo vengono impiegate le risorse aziendali, siano esse umane, tecnologiche o strutturali; Esplicitare le interdipendenze esistenti tra le attività, anche se queste vengono svolte da funzioni aziendali distinte; Valutare la convenienza economica di diversi corsi d’azione alternativi determinando i costi delle attività connesse al percorso prescelto; Imputare i costi delle attività aziendali agli oggetti ultimi di calcolo (prodotti, servizi, tipologie di clienti, canali distributivi, aree geografiche); Determinare il mix di risorse più appropriato da assegnare ai processi; Ostinelli, 1995 31 Capitolo 1 • Semplificare i processi gestionali identificando le attività non a valore aggiunto per il cliente, ovvero quelle attività ridondanti e non necessarie che assorbono risorse ed aumentano i costi aziendali senza generare benefici significativi in termini di posizione competitiva dell’azienda. Se questi sono gli obiettivi, il successo della fase di mappatura in un intervento di gestione dei processi è possibile solo in presenza di alcuni presupposti organizzativi, primo tra tutti il coinvolgimento nel progetto dell’intera organizzazione da parte dell’alta direzione, la quale deve per prima essere disposta a dedicare allo sviluppo del progetto tutte le risorse necessarie. Secondo Ostinelli22, la mappatura dei processi aziendali deve portare tutto il corpo aziendale a “pensare per processi”, il che è possibile solo motivando il personale e diffondendo gli obiettivi del progetto a tutti i livelli aziendali, anche attraverso degli incontri formativi sulle metodologie e gli approcci da seguire, che possono aiutare tra l’altro ad abbattere quelle barriere organizzative che spesso emergono all’interno delle aziende, dovute ad una forte resistenza al cambiamento. Oltre ad un’attenta azione di sponsorship sugli obiettivi del progetto da parte del management, un’altra fase fondamentale preliminare al lavoro di mappatura consiste nella costituzione di un gruppo di lavoro. Data la natura transfunzionale dei processi, infatti, è necessario formare almeno un gruppo di lavoro composto da persone appartenenti ad unità organizzative differenti, che possano portare all’interno del gruppo la propria esperienza e la conoscenza specialistica relativa alla funzione aziendale di appartenenza. Inoltre, nella scelta delle persone che andranno a costituire il team di lavoro, sono da apprezzare caratteristiche quali creatività e capacità critica. In presenza dei suddetti prerequisiti, è possibile iniziare il lavoro di analisi e mappatura dei processi aziendali, il cui risultato dovrà permettere all’azienda possibilità di individuare semplicemente da una rapida visione degli schemi prodotti: • • • • 22 Le attività svolte da ciascuna unità organizzativa, considerando sia quelle attività routinarie, sia quelle di carattere eccezionale; La struttura delle attività, che comprende descrizione sommaria, input, output, risorse utilizzate, periodicità di svolgimento, obiettivi assegnati, fattori di vincolo o di condizionamento dei risultati e fattori di complessità che determinano direttamente il carico di lavoro delle risorse impegnate ed il consumo delle risorse utilizzate; Lo scambio di informazioni e materiali tra le varie unità organizzative, seguendo il filo logico delle attività; Il grado di responsabilità dei diversi soggetti sul processo, strettamente legato al ruolo che essi vi ricoprono. Ostinelli, 1995 32 Analisi della letteratura Prima di definire la metodologia attraverso cui questi risultati vengono raggiunti, però, è utile definire l’insieme degli elementi che è indispensabile conoscere per la buona riuscita della mappatura del processo. Questo insieme viene spesso indicato nelle aziende private con il termine “modello di processo”, ed è formato dai seguenti elementi: • • • • • Responsabile di processo Fornitori dei requisiti di processo (input) Elementi che caratterizzano il processo: persone, mezzi, procedure, standard Output del processo Clienti Il processo dev’essere inoltre costantemente controllato attraverso l’uso di alcuni indicatori, e migliorato nel caso non portasse a risultati soddisfacenti. L’assenza di anche uno solo di questi elementi determina lacune considerevoli nella definizione dei macroprocessi aziendali. Per impostare un modello di processo bisogna inoltre classificare i vari gradi di un processo in base al livello organizzativo in cui vengono gestiti: • • • A livello di direzione generale si parla di macroprocessi; A livello di responsabili di funzione ci si relaziona con i processi gestionali; A livello operativo/di dettaglio si utilizza il termine “istruzioni operative”, che sta ad indicare sia i sottoprocessi che le singole attività. 1.5.1 Metodologia La metodologia che si utilizza per mappare i processi aziendali consta dei seguenti passi: • • • • • • • • • • Individuare i processi aziendali oggetto dell’analisi; Analizzare gli input, gli output, le risorse, i vincoli e gli attori del processo; Definire le metriche e gli indicatori idonei alla misura della performance del processo aziendale; Stabilire chi intervistare e le tecniche da adottare durante l’intervista; Stabilire con quale metodologia, notazione e strumento mappare il processo as-is; Valutare e far valutare il processo; Individuare le criticità e le linee guida per lo sviluppo dei processi to-be; Rappresentare i risultati alla dirigenza; Condividere le best practices con i dipendenti; Individuare il responsabile dei processi aziendali e le azioni da intraprendere per l’aggiornamento della documentazione. 33 Capitolo 1 È importante che in tutte queste fasi l’approccio adottato sia di tipo proattivo, orientato al miglioramento continuo, e che si cerchi di abbandonare quello reattivo tipicamente utilizzato nelle aziende, che prevede la ricerca di una soluzione alle problematiche solo dopo che queste si siano già verificate. Adottando un approccio proattivo è invece possibile valutare i processi aziendali ed ipotizzare preventivamente dei potenziali miglioramenti sulla base di un’autovalutazione delle prestazioni attuali, prima che possano verificarsi nuove criticità. Sia il fine ultimo della mappatura semplicemente conoscitivo, di ridefinizione o di progettazione ex novo dei processi aziendali, il punto di partenza del lavoro consiste comunque nell’identificare i processi aziendali in modo che possano essere analizzati in un secondo momento. La letteratura riporta varie metodologie adottabili per stabilire il livello di criticità e di rilevanza dei processi in relazione all’obiettivo specifico dell’analisi del processo. Queste metodologie prevedono diverse modalità di coinvolgimento del personale e diversi tempi e tecniche di rappresentazione dei processi, ma devono in ogni caso essere in grado di fornire alcune informazioni ritenute indispensabili: l’elenco delle principali attività svolte, la tipologia, la localizzazione ed il peso dei clienti, le aspettative degli stakeholders, i prodotti e i servizi erogati, i vincoli ai quali le attività e i processi sono sottoposti, la struttura organizzativa attuale. Le informazioni da raccogliere riguardano in primo luogo gli input, i vincoli, le regole e le istruzioni che condizionano lo svolgimento delle attività del processo, le risorse umane ed organizzative ed i mezzi utilizzati per svolgerle, e gli output del processo. Una volta identificata la provenienza e la destinazione di input e output, sarà possibile specificare anche l’identità di clienti e fornitori di ciascun processo. L’identificazione e l’analisi di questi elementi consente tra l’altro di delineare i confini dei vari processi e di stabilire le interazione tra di essi e con l’esterno. Ostinelli23 identifica due approcci principali per procedere alla scomposizione dell’azienda in attività elementari: il primo si basa sulle funzioni aziendali e pertanto parte dall’analisi dell’organizzazione e delle sue strutture funzionali; il secondo è invece basato sugli obiettivi di processo, sviluppandosi quindi a partire dalle esigenze del cliente finale. Il primo metodo permette di comprendere, attraverso la raccolta dati provenienti da interviste dirette o da questionari, come i diversi operatori occupino il loro tempo, di confrontare le loro mansioni con quelle previste dal mansionario aziendale e di capire in che modo le attività sfruttino le risorse disponibili nelle diverse funzioni, in modo da identificare eventuali inefficienze. 23 Ostinelli, 1995 34 Analisi della letteratura Una volta identificate le varie attività sarà possibile collegarle tra loro esplicitando i legami logici ed i processi gestionali esistenti. Il secondo approccio parte invece dalla comprensione dei bisogni del cliente e dall’esplicitazione degli obiettivi aziendali; una volta individuati i macroprocessi sulla base delle aspettative del cliente si riescono anche ad individuare le variabili che potrebbero portare al successo l’azienda. Questo approccio permette di analizzare le interconnessioni tra le diverse funzioni, dove e come si crea valore aggiunto e soprattutto l’efficacia dei processi, offrendo una visione globale e unitaria dell’azienda. Queste due logiche si differenziano sia per quanto riguarda l’oggetto a cui attribuiscono maggiore importanza (le funzioni aziendali nel primo approccio e i bisogni del cliente nel secondo), sia per la finalità perseguita (in un caso si tratta di un’analisi dell’efficienza e nell’altro della ricerca dell’efficacia aziendale). I due approcci, comunque, non devono essere considerati come due alternative equivalenti. È infatti prassi molto diffusa utilizzare contemporaneamente le due logiche per poter unire ed integrare i risultati. 1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi I processi possono essere descritti attraverso degli standard universalmente riconosciuti, che permettono di “leggerne” e comprenderne il funzionamento a chiunque conosca il linguaggio utilizzato. In letteratura esistono diversi linguaggi di mappatura dei processi che possono essere classificati in quattro categorie24: • • • • Linguaggi di descrizione basati sui dati: enfatizzano il flusso dei dati e lo scambio di documentazione durante l’esecuzione del processo, come ad esempio il Data Flow Diagram (DFD) Linguaggi basati sulle attività: riportano le attività in sequenza come il linguaggio WIDE; Linguaggi basati sulla comunicazione: riportano le interazioni tra attori e informazioni e le fasi necessarie per l’esecuzione del processo (esempio: Action Workflow); Linguaggi orientati agli oggetti: Unified Modelling Language (UML). Non si tratta di metodi di analisi dei processi ma di linguaggi aventi come scopo la rappresentazione dell’obiettivo di processo e delle modalità di svolgimento. Il Data Flow Diagram (DFD) è un linguaggio che viene utilizzato solitamente per la descrizione dei processi riguardanti progetti informativi poiché consente di visualizzare un processo come un insieme di dati che vengono scambiati nelle diverse attività che lo compongono. Gli elementi caratterizzanti tale rappresentazione sono: 24 Casati e Pernici, 2011 35 Capitolo 1 • • • • Processi, che rappresentano le unità di elaborazione dei dati; Flussi di dati, che indicano scambi di dati tra processi; Archivi, in cui vengono memorizzate permanentemente le informazioni del sistema; Sorgenti e destinazioni dei dati, ovvero chi li fornisce e chi li riceve. A ciascuno di questi elementi è associata una rappresentazione grafica (Fig. 1.10) e ad ogni elemento grafico è associato un nome, che deve indicare chiaramente l’elemento all’interno del sistema. Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici Il linguaggio WIDE (Workflows on an Intelligent and Distributed database Environment) permette di descrivere un processo come una sequenza di attività collegate tra loro da vincoli di precedenza e punti di sincronizzazione. E’ composto da tre sottomodelli che rendono completa la descrizione del processo e migliorano la comprensione dell’azienda: • • • Il modello dei processi, che definisce le attività e l’ordine in cui devono essere eseguite; Modello delle informazioni, che descrive i dati e i documenti necessari all’esecuzione del processo; Modello dell’organizzazione che descrive la struttura dell’organizzazione e gli elementi che ne fanno parte, a prescindere dai processi, al fine di identificare quali sono gli elementi che hanno il diritto di eseguire un determinato task. La caratteristica fondamentale che distingue il linguaggio WIDE da un normale diagramma di flusso è che il WIDE permette una gestione delle eccezioni particolarmente efficace, poiché implementa un altro linguaggio, chiamato ChimeraExc, creato apposta per gestire le eccezioni, che per la loro natura casuale ed irregolare non sarebbe possibile rappresentare come semplici diramazioni del flusso di attività. Nell’approccio proposto dal linguaggio AG (Action Workflow), il flusso di lavoro non è considerato solo come una successione di attività finalizzate alla trasformazione delle informazioni, ma anche e soprattutto come un insieme di interazioni tra persone. Pertanto, questo linguaggio è centrato sui legami e le interazioni tra clienti e fornitori di servizi nell’esecuzione del processo. 36 Analisi della letteratura I quattro elementi che l’AW prende in considerazione sono: le attività, l’azione intesa come ciò che le persone fanno quando prendono impegni reciproci al fine di uscirne soddisfatti, l’impegno, che è la modalità di interazione tra cliente e fornitore, e il processo inteso come insieme di attività. Secondo l’AW, inoltre, esistono quattro diversi cicli di interazione tra clienti e fornitori, attraverso cui i processi possono essere descritti: • • • • Ciclo di preparazione o richiesta: il cliente richiede al fornitore l’esecuzione di un lavoro; Ciclo di negoziazione ed accettazione: il cliente e il fornitore raggiungono un accordo; Ciclo di esecuzione/produzione: il fornitore esegue il lavoro; Ciclo di soddisfazione/erogazione: il cliente valuta il lavoro ed esplicita il suo livello di soddisfazione. UML è invece un linguaggio grafico utilizzato in particolare per modellare processi informatici, poiché si basa su un approccio orientato agli oggetti, un paradigma di progettazione che permette di creare oggetti software in grado di interagire gli uni con gli altri attraverso lo scambio di messaggi. Per modellare i processi, il linguaggio UML propone l’utilizzo di diagrammi, gli activity diagrams, che definiscono le attività da svolgere per realizzare una certa funzionalità. Spesso vengono utilizzati anche dei diagrammi complementari, detti “dei casi d’uso” (use case diagrams), che permettono di descrivere le funzioni ed i servizi offerti da un sistema, in base a come questi vengono percepiti e utilizzati dagli attori che interagiscono con il sistema stesso e possono quindi essere considerati degli strumenti di rappresentazione dei requisiti funzionali di un sistema. Finora si sono discusse le caratteristiche dei vari linguaggi che possono essere adottati per descrivere i processi. Ma quali sono invece gli strumenti che vengono normalmente utilizzati, anche in modo congiunto, per ottenere una mappa completa ma allo stesso tempo molto intuitiva dei processi aziendali? La letteratura abbonda di informazioni relative a questo ambito, ma nei prossimi paragrafi descriveremo gli strumenti più comunemente ed efficacemente utilizzati: le interviste, il diagramma SIPOC, la matrice delle responsabilità, i diagrammi di flusso e la notazione BPMN; che sono anche i più utili ai fini dell’analisi del caso studio di questa tesi. 1.6.1 Interviste Il primo passo per la mappatura dei processi aziendali consiste nella raccolta delle informazioni necessarie a descrivere il funzionamento del processo, che normalmente avviene intervistando i responsabili di funzione o i responsabili d’ufficio, figure che, pur lavorando quotidianamente a stretto contatto con le singole 37 Capitolo 1 attività del processo, possiedono anche una visione piuttosto ampia e completa del processo nella sua interezza, consentendo loro di descriverlo in modo coerente dal punto di vista logico-causale. Non sempre, però, le informazioni raccolte dalla prima intervista sono esaustive e coerenti con la struttura dei processi; spesso quindi risulta necessario ripetere l’intervista, anche diverse volte, fino a quando le informazioni raccolte non saranno complete. Il soggetto intervistatore deve presentarsi preparato sull’argomento dell’intervista, porre le domande chiave per ottenere le informazioni necessarie cercando di non divagare mai dal focus dell’incontro; non deve limitarsi tracciare i fatti ma deve comprenderne le motivazioni e verificare sempre le informazioni, anche richiedendo i documenti più significativi. È inoltre di fondamentale importanza che l’intervistatore condivida gli obiettivi dell’analisi con i suoi interlocutori e che mantenga sempre e comunque un comportamento il più possibile super partes, al fine di non influenzare la descrizione del processo e favorendo la creazione di rapporti di fiducia reciproca con gli intervistati. Per ciascun processo sarà necessario produrre un documento che lo descriva rilevando25: • • • • • • • • • I sottoprocessi e le attività svolte nelle varie fasi del processo stesso; Le competenze delle risorse umane impiegate nelle varie fasi del processo e la loro valutazione; Le risorse tecnologiche necessarie; Procedure, prassi e istruzioni utilizzate per svolgere il processo; I vincoli che interessano il processo, le attività, gli input e gli output; I clienti ed i fornitori del processo; Il responsabile del processo (process owner); Gli stakeholders; Le relazioni ed i collegamenti esistenti tra attività interne al processo o tra processi diversi. Dopo aver raccolto queste informazioni, è necessario rielaborarle graficamente, in modo da poter creare una mappa dei processi aziendali che sia più chiara ed esauriente possibile. 1.6.2 Diagramma SIPOC Il diagramma SIPOC è uno strumento di documentazione dei processi ad alto livello, ampiamente utilizzato nel Lean Six Sigma, che mette in evidenza le relazioni esistenti tra gli elementi fondamentali che compongono un processo, dalle cui iniziali (in inglese), tra l’altro, deriva il nome26: 25 26 Ostinelli, 1995 Sinibaldi, 2009 38 Analisi della letteratura • • • • • Supplier: è l’elenco dei fornitori del processo, cioè di coloro che forniscono gli input che il processo elaborerà o di cui il processo si servirà per svolgere le sue attività. È costituito da persone, altri processi, aziende o sistemi che possono essere interni o esterni all’organizzazione; Input: è l’insieme delle risorse necessarie al processo e può essere costituito da persone, materiali, documenti, equipaggiamenti o informazioni; Process: è una descrizione del processo in termini delle attività che lo compongono; Output: è l’insieme dei prodotti e dei servizi generati dal processo; Customer: è l’elenco dei clienti del processo, ovvero i destinatari dell’output. Come il supplier, è costituito da persone, altri processi, aziende, sistemi o applicazioni che possono essere interni o esterni all’organizzazione. In Fig. 1.11 è schematizzato un modello di diagramma SIPOC in cui sono riportate anche le domande che è necessario porsi per poterlo compilare. Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009) 1.6.3 Diagrammi di flusso Un modo molto semplice e diffuso per rappresentazione i processi è quello che si serve dei diagrammi di flusso (flowchart), anche detti diagrammi a blocchi. Un diagramma di flusso è uno strumento che consente di descrivere un processo ad un basso livello di dettaglio e utilizza solitamente delle forme geometriche fondamentali che, connesse da frecce, rappresentano il flusso delle attività all’interno del processo. I nodi del grafo, quindi, rappresentano le attività mentre gli archi orientati indicano la loro sequenza cronologica; anche i punti decisionali possono essere rappresentati in modo molto semplice, solitamente ponendo una questione a cui sia possibile rispondere affermativamente o negativamente e dando così luogo ad una diramazione del processo27. 27 Harrington, 1991 39 Capitolo 1 In Tab. 1.4 sono illustrati i simboli che vengono normalmente utilizzati per disegnare i diagrammi di flusso, ad ognuno dei quali è associato un particolare significato: il rettangolo con gli angoli smussati, ad esempio, viene usato per rappresentare le azioni di inizio e di fine processo, mentre il rettangolo semplice rappresenta un’azione o un’attività svolta all’interno del processo; il rombo, invece, è utilizzato per indicare un punto in cui dev’essere presa una decisione e, come già accennato, la freccia è l’indicatore della direzione del flusso. Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di flusso Simbolo Descrizione Rettangolo con angoli smussati Viene utilizzato per rappresentare l’azione che dà il via e quella che conclude il processo o una parte di esso Rettangolo Viene usato per rappresentare un’azione o un’attività che si compie all’interno del processo Rettangolo con Ombreggiatura La forma ombreggiata richiama la presenza di un ulteriore diagramma di flusso che spiega in modo più dettagliato quella parte di processo Rombo Viene usato per rappresentare un punto in cui si prende una decisione. Al suo interno viene posta una domanda che richiede la risposta “sì” o “no” Rettangolo con ondina Viene usato per indicare che in un determinato punto viene prodotto un documento Freccia È l’indicatore della direzione del flusso 40 Analisi della letteratura 1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità La matrice di assegnazione delle responsabilità, anche detta matrice RACI, è uno strumento che identifica la modalità di interazione delle diverse funzioni all’interno dei processi, evidenziando in particolare quali siano i loro ruoli e le loro responsabilità. Questo permette di documentare la rete di relazioni che supporta la comunicazione organizzativa e soprattutto il processo decisionale. La matrice viene costruita elencando sulle righe i processi o le attività, e sulle colonne i vari ruoli funzionali e gli individui coinvolti nella gestione e nell’organizzazione del processo; nelle celle di intersezione tra riga e colonna, invece, vengono inseriti il simboli che corrispondono al livello di responsabilità che la persona o la funzione organizzativa ha su un determinato processo o attività. Risorsa 1 Risorsa 2 Risorsa 3 Risorsa 4 Risorsa 5 Attività 1 R A R A I Attività 2 A C I C R Attività 3 I R C A A Attività 4 R I A C C Attività 5 I C A R I Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI) L’obiettivo della compilazione di tale matrice è quello di identificare chiaramente “chi fa che cosa”, in modo da evitare scoperture, sovrapposizioni o sovraccarichi decisionali e dare ad ognuno la consapevolezza di ciò che gli altri attori del processo si aspettano da ciascun ruolo. La matrice di assegnazione delle responsabilità pone quindi in relazione le risorse che intervengono nel processo con le attività delle quali sono responsabili o con loro aggregazioni, specificando il tipo di relazione che intercorre tra ogni risorsa ed ogni attività o, per meglio dire, il livello di responsabilità di ogni risorsa su ciascuna attività28: 28 Jacka e Keller, 2009 41 Capitolo 1 • • • • Responsible (R) - Responsabile di 1° livello: esegue ed assegna l’attività; Accountable (A) - Responsabile di 2° livello: ha la responsabilità sul risultato dell’attività (deve essere assegnato univocamente per ciascuna attività); Consulted (C) - Consultato: aiuta e collabora con il Responsabile di 1° livello per l’esecuzione dell’attività; Informed (I) - Informato: deve essere informato al momento dell’esecuzione dell’attività ma non ne è coinvolto in prima persona. Utilizzando i simboli R, A, C, ed I, corrispondenti ai quattro livelli di responsabilità, è possibile compilare completamente la matrice delle responsabilità, chiamata per l’appunto RACI. 1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation Il BPMN è, ad oggi, il più affermato standard grafico per la modellazione dei processi. Si tratta di una notazione ispirata ai diagrammi di flusso che, come ogni linguaggio di modellazione di tipo grafico, utilizza un determinato insieme di simboli per rappresentare su un diagramma i processi aziendali. Il diagramma realizzato tramite la notazione BPMN prende il nome di Business Process Diagram (BPD) e permette di rappresentare i tre livelli di un business process: • • • Il livello private, ovvero i processi interni all’azienda; Il livello abstract, quello delle relazioni con l’esterno; Il livello global, cioè le interazioni tra aziende diverse o tra diversi settori di una stessa azienda. I maggiori punti di forza dello standard BPMN sono la semplicità del suo utilizzo e l’immediatezza nella sua comprensione; lo scopo principale per cui lo standard è stato realizzato è infatti quello di offrire una notazione ed un linguaggio di comunicazione facilmente comprensibile e riproducibile da tutti gli attori che intervengono nei processi aziendali, dall’analista incaricato di disegnare il processo, allo sviluppatore che deve implementarne la tecnologia, fino al personale operativo, in modo da permettere a tutte queste figure di “parlare la stessa lingua” senza che si rendano necessari dei pesanti interventi formativi29. Nonostante sia stata ideata per la rappresentazione dei processi di business delle aziende private, la notazione può essere utilizzata per riprodurre qualunque tipo di processo. Come vedremo, infatti, lo standard BPMN si adatta facilmente anche alla rappresentazione dei processi presenti nella Pubblica Amministrazione, che sono oggetto di analisi di questa tesi. L’argomento verrà poi ripreso ed approfondito nell’analisi del caso studio, quando verranno presentate le funzionalità del software Bizagi, l’applicativo che è stato utilizzato per la mappatura di tutti i processi esaminati in questa tesi. 29 Wohed et al., 2006 42 Analisi della letteratura 1.7 La formalizzazione del know-how Nel paragrafo precedente, si sono descritti i principali strumenti che vengono utilizzati per la mappatura dei processi aziendali. Il fatto di poter mappare i processi che descrivono l’organizzazione e le sue attività consente in un certo senso di formalizzare il cosiddetto know-how dell’azienda, ovvero la sua “arte di saper fare”., la sua conoscenza interna. Questo tipo di formalizzazione presenta diversi vantaggi, poichè può essere utilizzata per organizzare, strutturare, memorizzare, apprendere, comunicare, valutare e migliorare l’azienda nel suo complesso. Permette infatti di organizzare il lavoro definendo “chi fa cosa”, in modo che ciascun attore conosca le attività di cui è responsabile e svolga in maniera coerente ed efficace i compiti a lui attribuiti. Per questi motivi una formalizzazione esplicita del know-how aziendale che sia accessibile sempre e da chiunque ne sia interessato, si rivela un intervento necessario ai fini di una buona organizzazione del lavoro in un’impresa30. Un aspetto fondamentale della formalizzazione risiede nella possibilità di memorizzare le conoscenze e le competenze specifiche acquisite dall’azienda nel corso degli anni, che altrimenti andrebbero perse per sempre con l’allontanamento di un dipendente. Rispetto ad un intervento di formalizzazione preventiva, il recupero a posteriori di un know-how ormai perduto non è per nulla semplice ed incide negativamente sia sui costi che sui tempi dell’azienda. Mettere per iscritto le mansioni da svolgere è un lavoro che richiede certamente un certo impegno, ma ha il grosso vantaggio di evitare qualsiasi perdita di informazioni; inoltre, prevede che chiunque abbia libero accesso alle stesse informazioni e possa essere operativo fin da subito al pari degli esperti. La creazione di documenti omogenei in cui le informazioni sono date in modo chiaro, conciso e comprendibile per tutti, favorisce la rapidità e l’efficacia della comunicazione; una definizione chiara dei compiti da eseguire permette oltre che di riprodurre fedelmente le pratiche, anche di normalizzarle ed omogeneizzarle, garantendo in questo modo un determinato livello di qualità dei servizi offerti ai propri clienti. Infine, la formalizzazione delle attività fa sì che la loro attuazione venga costantemente monitorata, valutata e continuamente migliorata. Nonostante i numerosi vantaggi derivanti dalla formalizzazione della conoscenza aziendale, però, questa pratica spesso non viene attuata in maniera efficace nelle aziende, o non viene affatto considerata. Diverse sono le difficoltà che rendono di difficile attuazione la formalizzazione del know-how di un’impresa31: 30 31 Foguem, et al., 2008 Cavalli L., 2008 43 Capitolo 1 44 • Mancanza di motivazione: se i vantaggi derivanti dalla formalizzazione del proprio know-how non vengono illustrati chiaramente, i documenti redatti possono risultare poco pertinenti o non venire realizzati nei termini prescritti. La motivazione dei redattori è infatti un punto fondamentale del processo di formalizzazione del know-how, ragion per cui la direzione aziendale deve per prima essere interessata ed impegnarsi a trasmettere questa necessità al resto dell’organizzazione ed in modo particolare a coloro che sono chiamati a redigere questi documenti. • Mancanza di adesione: spesso i dipendenti temono che, una volta formalizzate, le loro conoscenze diventeranno disponibili a chiunque ed essi diverranno risorse facilmente sostituibili e non più indispensabili per l’azienda; per questo motivo, i dipendenti spesso preferiscono non partecipare al processo di redazione delle proprie competenze ed attività. • Superficialità o ridondanza delle informazioni: se la documentazione viene redatta da quegli attori che temono che il proprio modo di lavorare possa essere stravolto dalla direzione, ci si potrebbe trovare di fronte a dei documenti in cui le informazioni sono redatte in modo molto superficiale, compromettendo considerevolmente la comprensione degli stessi; altre volte, invece, il problema può essere l’opposto, ovvero quello di avere una ridondanza di informazioni all’interno di diversi documenti, il che rende molto complessa la loro gestione. • Cambiamenti imminenti: risulta alquanto complesso formalizzare la conoscenza considerando soltanto ciò che avviene nel presente, quando si è consapevoli del fatto che a breve avranno luogo cambiamenti che introdurranno delle nuove pratiche. E’ grande la tentazione di descrivere ciò che si dovrebbe fare per essere efficaci nella quotidianità ma in questo caso i documenti redatti sarebbero vaghi e discordanti con i bisogni attuali. • Mancanza di tempo: la motivazione principale che viene data dai dipendenti quando si rifiutano di formalizzare il know-how è la mancanza di tempo. È importante però far capire loro che non è necessario formalizzare tutto ciò che avviene nell’azienda ma solamente quei documenti indispensabili al controllo rischi ed alla conservazione del know-how specifico. • Costo elevato o mancato profitto: durante la redazione del proprio know-how i dipendenti devono assentarsi dalle loro consuete attività lavorative ed essere sostituiti provocando un maggior costo di produzione; alternativamente, si può affidare tale compito a dei consulenti esterni, il che comporta comunque un ingente costo all’azienda, senza contare che la mancanza di ritorno sul capitale investito è considerato il costo più penalizzante. Analisi della letteratura 1.7.1 Rappresentazione testuale Per rappresentare la conoscenza, è prassi abbastanza diffusa nelle aziende quella di utilizzare la rappresentazione testuale, cioè di redigere dei documenti scritti in cui vengono delineate le pratiche dell’impresa. Nonostante questo approccio risulti ancora molto utilizzato, esso viene spesso criticato per i suoi risultati insoddisfacenti, oltre che per il fatto di essere uno strumento non particolarmente intuitivo e user friendly. Una delle principali critiche32 a questo approccio è quello di essere di difficile astrazione, dal momento che l’autore tende spesso a spiegare molto dettagliatamente come deve essere realizzato un compito o un’attività. Una sovrabbondanza di dettagli rende meno immediata la comprensione di un documento, che spesso necessita di diverse riletture. Un documento così redatto è probabilmente più interessante per i principianti, che possono apprendere molto grazie questi dettagli, ma diventa ripetitivo e dispersivo per i lettori più avanzati, che faranno fatica ad individuare l’informazione precisa di cui hanno bisogno. La redazione di un documento di formalizzazione del know-how aziendale deve quindi richiedere all’autore uno sforzo d’astrazione che gli permetta di descrivere la sua conoscenza in modo essenziale, comprensibile e soprattutto con l’obiettivo di creare un documento operativo. Un altro problema della rappresentazione testuale del know-how è che i redattori non sempre sanno quando è necessario redigere una procedura o un’istruzione (manuale operativo, protocollo, ecc.) o quando invece è sufficiente limitarsi ad informazioni generiche di tipo organizzativo. Quest’eterogeneità nella struttura della documentazione è un ostacolo alla sua comprensione ed alla sua diffusione, che generalmente può essere superato adottando un approccio modulare alla documentazione. Inoltre, i documenti generati tramite l’approccio testuale risultano spesso essere non pertinenti, illeggibili, ingombranti, poco pratici ed ingovernabili, in quanto redatti o con linguaggi troppo specifici, o in modo troppo dettagliato e dispersivo, o non sono stati aggiornati a tempo debito. 1.7.2 Rappresentazione grafica Per far fronte alle criticità riscontrate nell’utilizzo della rappresentazione testuale della conoscenza, la letteratura33 consiglia di associare all’approccio testuale una rappresentazione di tipo grafico, basata su dei diagrammi logici, anche detti logigrammi. Tale forma di rappresentazione consiste nel descrivere ed analizzare le attività attraverso l’utilizzo forme grafiche logicamente collegate che permettano di semplificare la realtà, di chiarire le idee e di facilitare il ragionamento del lettore. 32 33 Parodi e Ferrara, 2002 Mazza, 2010 45 Capitolo 1 La rappresentazione grafica presenta diversi vantaggi rispetto a quella testuale, in quanto permette una raffigurazione più sintetica e coerente rispetto a quella testuale ed una più rapida comprensione dei concetti rappresentati. Utilizzando la visualizzazione grafica, il redattore è costretto a scomporre via via le attività azioni sempre più elementari, e a descriverle in modo sintetico e ottimale, permettendo all’utente di seguire il processo passo per passo e di comprendere quale direzione dovrà intraprendere in base alla situazione in cui si trova, questo grazie alla chiara visualizzazione dei vari punti decisionali all’interno del flusso di attività. Questo approccio permette inoltre di individuare più semplicemente anche le potenziali disfunzioni del sistema, in quanto l’utilizzo di diverse forme grafiche consente la rilevazione di percorsi critici, come ad esempio dei cicli infiniti (loop) o delle azioni che non portano ad alcuna conclusione34. Le diverse forme grafiche che si possono utilizzare sono tra l’altro dotate di un proprio significato simbolico ricco di informazioni utili per un’immediata comprensione dei processi: questo consente di omettere tali informazioni senza compromettere la completezza della formalizzazione, dal momento che queste sono già contenute intrinsecamente all’interno dei simboli utilizzati. Come si è appena visto, le rappresentazioni grafiche presentano diversi vantaggi rispetto a quelle testuali; tuttavia, anche i logigrammi hanno alcuni limiti che non possono essere trascurati, primo fra tutti il fatto di richiedere generalmente molte pagine per essere redatti e di presentare spesso numerose frecce e rinvii ad altre pagine, il che rende complicata la gestione ed il coordinamento dei documenti. Un altro svantaggio consiste nel fatto che una rappresentazione grafica deve essere allo stesso tempo globale e leggibile, e quindi comprensibile rapidamente, ma anche sufficientemente completa per l’utente. Questo equilibrio non è però sempre semplice da raggiungere, spesso infatti i logigrammi sono troppo dettagliati e complessi, o al contrario si rivelano eccessivamente superficiali. Un ulteriore difficoltà35 che contraddistingue l’approccio grafico consiste inoltre nel capire “chi fa che cosa”: spesso infatti i logigrammi descrivono e rappresentano in modo ottimale la sequenza delle operazioni svolte in un determinato processo senza però precisare quali siano le funzioni ed i ruoli preposti all’esecuzione di tali attività.. Di conseguenza, se da una parte la comprensione del processo o dell’attività migliora nettamente grazie ad una chiara visualizzazione della sequenza di azioni, dall’altra non è possibile comprendere e definire le missioni e le responsabilità di ciascun attore coinvolto. Infine, un’altra criticità che contraddistingue le rappresentazioni grafiche è la loro eterogeneità: esistono infatti diverse tipologie di rappresentazioni grafiche, ognuna delle quali utilizza simboli diversi o, ancor peggio, simboli identici ma aventi significati diversi. 34 35 Lavinio, 2000 Kulpa,1994 46 Analisi della letteratura I vari servizi dell’impresa possono decidere di servirsi di una qualsiasi delle tipologie grafiche disponibili per formalizzare il proprio know-how, il che rende molto complicato lo scambio di informazioni fra i diversi servizi, dando luogo anche a gravi incomprensioni. Come abbiamo visto, comunque, la redazione grafica contribuisce a risolvere alcuni degli ostacoli legati alla rappresentazione testuale, permettendo agli utenti di disporre di documenti chiari, leggibili, semplici da comprendere e da utilizzare, caratteristiche che rendono un documento, come si suol dire, operativo. La redazione grafica, per poter essere pienamente efficace, è vincolata dall’utilizzo di un linguaggio che deve essere composto da un vocabolario, da una sintassi e da una grammatica, e che come ogni linguaggio può essere utilizzato efficacemente soltanto rispettando delle rigorose norme di redazione. Tali norme non devono essere intese come degli ostacoli alla formalizzazione, ma devono al contrario facilitare il lavoro dei redattori, i quali dovranno dedicarsi solamente al contenuto della rappresentazione dei processi in cui sono coinvolti e non alla sua forma, per la quale basterà attenersi alle già citate e ben definite norme di redazione. Risulta utile, inoltre, rispettare una certa modularità nella descrizione dei processi, in modo da poter ottenere in qualsiasi momento le informazioni necessarie, qualunque sia il livello di dettaglio desiderato. 1.8 Indicatori di performance aziendali Secondo Di Crosta, il modo migliore per gestire un’organizzazione sia quello di vederla come un insieme integrato di processi, stabilire dei chiari obiettivi di business e monitorarli costantemente attraverso un insieme bilanciato di indicatori di performance36. Per quanto riguarda i processi aziendali e la loro integrazione, l’argomento è già stato ampiamente trattato in questa tesi; pertanto, in questo paragrafo ci concentreremo sul concetto di obiettivi di business e sugli indicatori prestazionali. Come già accennato, gli obiettivi generali strategici e di business, che comprendono normalmente la crescita del fatturato e dei margini di profitto così come l’aumento della quota di mercato, devono essere tradotti in obiettivi più specifici di processo, i quali concorreranno a loro volta a produrre i risultati strategici definiti. Gli obiettivi di processo sono normalmente connessi alla modalità in cui esso viene realizzato, ma non devono necessariamente essere legati all’output fornito. In un progetto di analisi e mappatura dei processi aziendali, devono essere definiti e collegati agli obiettivi strategici dell’impresa già durante la fase preliminare, in modo da poter avere una prima opinione su quali siano gli aspetti critici per il loro 36 Di Crosta, 2008 47 Capitolo 1 raggiungimento. Devono inoltre poter essere misurati al fine di fissare un target prestazionale di riferimento e di intervenire eventualmente sui processi con misure preventive e correttive; pertanto, questi obiettivi dovranno essere tradotti in indicatori misurabili e monitorabili costantemente. Le norme UNI definiscono un indicatore di qualità di processo come un’informazione qualitativa o quantitativa associata ad un processo, che consente di valutare le sue variazioni nel tempo e di verificare il conseguimento degli obiettivi per la qualità prefissati, al fine di consentire la corretta assunzione delle decisioni e delle scelte. Gli indicatori diventano, quindi, uno strumento informativo che consente di valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Prima di poter definire degli indicatori di performance è necessario compiere i seguenti passi37: • • • • • Definire la mission e la vision aziendale, nonché le politiche per la qualità; Definire gli obiettivi aziendali e le conseguenti pianificazioni strategiche; Determinare in quali ambiti l’organizzazione dovrebbe provvedere alla creazione del valore; Individuare i fattori critici di successo, ovvero le aree di eccellenza in cui l’organizzazione deve essere performante per poter avere successo nel business; Definire degli indicatori per ciascun fattore critico. Ciascun indicatore così definito, per essere significativo e rappresentativo, dovrà possedere tre caratteristiche fondamentali38: 1. Pertinenza: tra tutti gli indici che possono essere individuati per misurare un processo e i suoi risultati, bisogna individuare il più appropriato a rappresentare il fenomeno da osservare; 2. Praticità: essendo un elemento di dialogo tra utilizzatori dotati di formazioni diverse, l’indicatore dovrebbe essere facile da stabilire e pratico da utilizzare, costituendo un supporto alla comunicazione che risulti accessibile ed accettabile da parte di tutti; 3. Economicità: gli indicatori devono essere utili sia per l’individuazione e la pianificazione delle azioni preventive e migliorative, sia per la quantificazione dei loro costi, dal momento che gli investimenti per la loro adozione dovrebbero risultare il più possibile redditizi. Occorre quindi privilegiare la raccolta dei dati e l’elaborazione degli indicatori veramente utili. Dopo aver identificato gli indicatori di processo tenendo conto di queste tre caratteristiche, sarà possibile valutare i processi sulla base di questi. 37 38 Di Crosta, 2008 Tessaro, 2012 48 Analisi della letteratura La valutazione di un processo dev’essere fondata sui principi di efficacia, efficienza, flessibilità e capability previsti anche dalle normative italiane. L’efficacia misura il grado di conseguimento degli obiettivi prefissati, mentre per efficienza si intende il rapporto tra i risultati ottenuti e le risorse utilizzate per ottenerli. La flessibilità misura invece la capacità che un processo ha di adattarsi ed andare incontro alle variazioni dei requisiti richiesti dalla clientela; al contrario, la capability è la capacità di riprodurre nel lungo periodo e in assenza di perturbazioni il medesimo processo. 1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori Gli indicatori sono generalmente espressi sotto forma di indici e possono prevedere metodi di misura e di rappresentazione diversi a seconda dei casi. Per garantire una corretta comprensione dei cambiamenti che potrebbero interessare i risultati della gestione, ogni organizzazione può adottare le seguenti tipologie di misurazione39: • • • • • • • Misura quantitativa o per conteggio, come ad esempio il numero di difetti o di non conformità; Tasso o percentuale, per esempio la percentuale degli ordini evasi nei tempi concordati; Rapporto tra due valori di misura quantitativa; Indice ponderale di più misure, ottenuto calcolando la media pesata dei diversi elementi valutabili per esprimere uno stesso indicatore; Scala qualitativa: un giudizio può essere espresso attraverso espressioni comuni quali “buono”, “adeguato”, “soddisfacente” ecc. riportate in una scala predefinita; Indice del peso delle criticità secondo una scala di valutazione, ad esempio attribuendo ad ogni difetto una gravità “alta”, “ media” o “bassa”; Simbolistica identificativa di una condizione (es., OK e KO) Le misure, inoltre, possono essere di tipo: • • • • • • 39 Puntuale, quando il valore viene calcolato in determinate condizioni e in un certo periodo di tempo; Di trend, se valutano l’andamento su più periodi; Comparato, se effettuano un confronto tra diverse aree o reparti; Incrementale, se analizzano le differenze o gli scostamenti da dei valori di riferimento; Previsionale, se ipotizzano valori futuri sulla base di analisi storiche e statistiche; Di benchmarking, se atte a confrontare le prestazioni di diverse aziende. Lothian, 1997 49 Capitolo 1 Per quanto riguarda invece la rappresentazione degli indicatori, essa deve risultare sensibile alle modificazioni dei fenomeni tenuti sotto osservazione ma deve allo stesso tempo consentire una lettura immediata dei dati e delle informazioni. Esistono comunque diverse forme di rappresentazione tra cui scegliere: • • • • Prospetti e tabelle; Diagrammi ed istogrammi; Curve, solitamente utilizzate per rappresentare gli andamenti di un indicatore nel tempo; Simboli e pittogrammi. Per formalizzare degli indicatori è inoltre necessario definirne la denominazione e l’unità di misura, nonché le responsabilità e la periodicità della raccolta e del trattamento delle informazioni. Per quanto riguarda quest’ultimo concetto, vale la pena distinguere tra indicatori e report, che sono anch’essi strumenti informativi riguardo alle prestazioni aziendali, ma che devono essere sempre utilizzati ad intervalli regolari e secondo delle regole di applicazione fisse. 1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators Un Key Performance Indicator (indicatore chiave di prestazione), comunemente chiamato KPI, è un indice che consente di misurare lo scostamento delle performance di un processo rispetto all’obiettivo aziendale. I KPI possono misurare l’intera gamma delle prestazioni di un processo, in termini di efficienza, livello di servizio e qualità, che nella loro globalità devono quantificare il valore dell’output del processo per il cliente. La caratteristica che contraddistingue i KPI dai normali indicatori è la loro criticità40. I KPI sono infatti gli indicatori sui quali il management basa le sue scelte organizzative; come qualsiasi indicatore prestazionale, devono rappresentare delle informazioni sintetiche e significative sull’andamento dei processi, ma devono in particolar modo essere prioritari, cioè fondamentali nei cicli di pianificazione e controllo a tutti i livelli aziendali (strategico, direzionale ed operativo). È fondamentale, infatti, saper distinguere gli indicatori chiave di performance (KPI) dalle misure superflue, in quanto la documentazione gestita non deve appesantire l’organizzazione con una mole di informazioni ingestibile. Implementare un sistema di misurazione della performance troppo dettagliato e ridondante è un errore che equivale a non implementare per nulla il sistema. I KPI devono quindi essere facilmente comprensibili e leggibili, sintetici ma allo stesso tempo completi, poiché hanno anche la funzione di generare un quadro d’insieme delle performance aziendali; devono inoltre essere aggiornati con una periodicità prestabilita. 40 Cavalli S., 2008 50 Analisi della letteratura Lo schema a clessidra rappresentato in Fig. 1.13 fa notare che ogni KPI è un indicatore, e che ogni indicatore è una misura, quindi un KPI è sempre una misura, ma non vale sempre il contrario, infatti non tutte le misure possono essere dei KPIs. Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali Utilizzando i KPI la direzione ha la possibilità non solo di misurare i fenomeni aziendali nel tempo e nello spazio, ma anche di pianificare e programmare le attività dell’azienda definendo degli obiettivi misurabili, di valutare gli scostamenti (gap) tra risultati attesi e risultati ottenuti e di intraprendere azioni di miglioramento al fine di ridurre tali gap. 1.8.3 PMS - Performance Management System Il Performance Management System è un sistema finalizzato alla gestione della performance aziendale in chiave strategica e basato sulla definizione di indicatori prestazionali legati alla qualità dei servizi erogati, all’efficienza e all’efficacia dei processi, all’immagine aziendale, alla soddisfazione degli utenti, all’impatto dei servizi erogati, al valore trasferito e al grado di soddisfacimento delle attese degli stakeholders41. Per quanto riguarda gli enti pubblici, essi devono in particolare mostrarsi responsabili sia verso gli stakeholders interni che verso quelli esterni, al fine di gestire due diverse tipologie di performance, una di tipo individuale e una di livello organizzativo. Negli ultimi anni, il sistema di gestione della performance PMS si è evoluto in un sistema più completo denominato Performance Management Strategico che ingloba, oltre al sistema PMS tradizionale, anche l’attività di valutazione. Lo schema rappresentato in Fig. 1.14 evidenzia come in un’ottica di PMS la strategia aziendale venga influenzata sia dall’ambiente esterno che dall’organizzazione e come essa stessa influenzi a sua volta la misurazione delle performance, l’analisi dei risultati e la risposta dell’organizzazione. 41 Ferreira e Otley, 2009 51 Capitolo 1 Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS La diffusione dei principi del New Public Management, di cui parleremo nel prossimo paragrafo, ha portato all’attuazione nelle amministrazioni pubbliche di filosofie di business legate alle performance aziendali. A tal proposito, Cosenz afferma, evidenziando una sostanziale differenza tra settore pubblico e privato, che mentre per le imprese private è possibile stabilire una gerarchia di risultati che pone al vertice il ritorno economico sugli investimenti dell’imprenditore e degli azionisti, per le aziende pubbliche tale gerarchia appare più sfumata, a vantaggio di una parità di grado tra i ritorni in forma liquida per il funzionamento futuro dell’azienda stessa e quelli in forma di prodotti/servizi verso la collettività42. In quest’ottica, uno dei vantaggi derivanti dall’introduzione di un sistema di misurazione delle performance aziendali negli enti pubblici consiste nella possibilità di utilizzare in modo più appropriato le risorse considerate strategiche, ponendo particolare attenzione al soddisfacimento degli utenti. Secondo Kourtit e Van de Waal le motivazioni principali che dovrebbero spingere le aziende, siano esse pubbliche o private, ad adottare un sistema di gestione delle perfomance sono43: 42 43 Cosenz, 2011 Kourtit e Van de Waal, 2012 52 Analisi della letteratura • • • • • • • La possibilità di una più accurata misurazione delle prestazioni; Una migliore comprensione delle conoscenze e delle competenze delle persone; La responsabilizzazione delle risorse umane; L’allineamento dell’organizzazione alla strategia; La formalizzazione del processo di pianificazione strategica; L’introduzione di premi collegati alle prestazioni; Il miglioramento della qualità dell’organizzazione. L’introduzione del Performance Management System PMS nelle istituzioni pubbliche è correlata, come precedentemente accennato, alla diffusione delle teorie del New Public Management (NPM) che propongono l’estensione delle pratiche di controllo di gestione tipiche del settore privato al settore pubblico. 1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC Un sistema di misurazione viene definito44 come “l’insieme delle misure che permettono di rappresentare, in un quadro unitario, tutte le dimensioni o le prospettive della capacità dell’impresa di perseguire i propri obiettivi di breve, medio e lungo termine”. È proprio all’interno di questo insieme che si collocano gli indicatori di performance di cui si è parlato nei paragrafi precedenti. Gli enti locali, in quanto appartenenti alla pubblica amministrazione, sono soggetti ad una delibera (ANAC 88/2010), che determina quali sono le dimensioni della qualità di cui bisogna tenere conto nella predisposizione di eventuali indicatori: • Accessibilità: rappresenta la disponibilità di informazioni che permettano di individuare chiaramente il luogo in cui il servizio può essere richiesto; • Tempestività: è il tempo che intercorre tra la richiesta e l’erogazione del servizio o della prestazione; • Trasparenza: rappresenta la disponibilità e la diffusione di informazioni che tengono informati gli stakeholders riguardo le attività dell’ente; tale dimensione qualitativa può venire misurata in termini di completezza, chiarezza, tempistica e responsabilità dei soggetti preposti; • Efficacia: va intesa come conformità, affidabilità, completezza ed esaustività del servizio erogato rispetto a quanto atteso dell’utente. Secondo quanto previsto dall’ANAC gli enti facenti parte della pubblica amministrazione devono dotarsi di un insieme di indicatori (almeno 3 o 4 per dimensione) riportanti la qualità effettiva dell’ente e tali da fornire informazioni distintive e rilevanti riguardo ai livelli di qualità delle varie prestazioni erogate. 44 Cosenz, 2011 53 Capitolo 1 1.9 NPM - New Public Management Il New Public Management, conosciuto anche con la sigla NPM, è un paradigma gestionale nato nel Regno Unito all’inizio degli anno Ottanta, sotto la guida dell’allora primo ministro Margaret Tatcher. Una definizione universalmente riconosciuta di New Public Management non esiste, ma possiamo affermare che in generale questo termine venga usato per descrivere il modo in cui le tecniche di gestione tipicamente utilizzate nel settore privato vengano oggi applicate ai servizi pubblici45. Si tratta infatti di una nuova filosofia gestionale secondo cui un miglioramento nella pubblica amministrazione deriverebbe dall’applicazione di strumenti privatistici ispirati ai principi di centralità del cliente e di flessibilità dei servizi, nonché all’orientamento ai risultati, piuttosto che alle procedure. 1.9.1 Caratteristiche fondamentali Secondo Borgonovi (2013) la teoria del NPM permette di modernizzare lo stato sociale attraverso il trasferimento nel settore pubblico di logiche e principi manageriali tradizionalmente impiegati in quello privato, superando la logica burocratica secondo cui il raggiungimento dei risultati è garantito dal rispetto formale di regole di funzionamento predefinite. Il termine New Public Management individua quindi un insieme di tecniche di gestione delle amministrazioni pubbliche che si basa sull’idea di integrare le abitudini gestionali proprie degli enti pubblici ed incentrate sulla coerenza tra norme e adempimenti amministrativi, con i metodi di gestione orientati al risultato propri del settore privato, al fine di garantire una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse e nell’erogazione dei servizi al cliente. Negli ultimi anni l’esigenza di un recupero di efficienza ed efficacia del sistema pubblico ha portato ad una ridefinizione dei suoi confini e ad una nuova considerazione del rapporto pubblico-privato, nonché ad un significativo ripensamento dei suoi modelli organizzativi e funzionali alla ricerca di forme di gestione più flessibili46. In quest’ottica rientrano pienamente le teorie del NPM, secondo cui esiste una perfetta analogia tra settore pubblico e privato, che permette di trasporre le regole del privato al pubblico superando così la secolare dicotomia tra la gestione pubblica e quella amministrativa. Esistono alcuni fattori chiave utili a definire e riassumere i principali aspetti che caratterizzano il NPM47: • • 45 L’adozione di pratiche proprie e tipiche delle imprese private nel settore pubblico; Una grande enfasi sul concetto di efficienza; Lane, 2000 Meneguzzo, 1995 47 Mercurio e Martinez, 2010 46 54 Analisi della letteratura • • • Una forte tendenza verso la misurazione degli output e la definizione di target di performance; Lo sviluppo di nuovi sistemi di controllo e di reporting interno; L’ingresso nelle logiche del controllo da parte dei cittadini; Come si può immediatamente notare, questi fattori corrispondono all’applicazione nel settore pubblico di tutte quelle tecniche di analisi, progettazione e misurazione dei processi di cui ci siamo occupati nei paragrafi precedenti. Il NPM prevede quindi anche l’attuazione di logiche gestionali tipiche dell’organizzazione per processi e per obiettivi, motivo per cui esso può essere considerato la filosofia cardine sulla quale questa tesi è stata costruita. Pettigrew individua cinque fattori principali che devono ispirare la ricerca manageriale rivolta al settore pubblico. In primo luogo, tale ricerca deve avere come obiettivo quello di aumentare il proprio impatto sulle scelte e sulle linee di sviluppo politico, ed è quindi necessario che la ricerca presenti un alto grado di innovazione sia per quanto riguarda il metodo seguito, sia per le ipotesi di ricerca. Il terzo fattore fa invece riferimento all’apertura interdisciplinare giacché lo studio del settore pubblico e dei pubblici servizi richiede spesso conoscenze di carattere multidisciplinare. Il quarto fattore è la capacità di aprire a livello internazionale la ricerca, poiché vi è la forte esigenza di mettere a confronto diversi sistemi di governance. L’ultimo aspetto cui Pettigrew fa riferimento è invece la capacità di far recepire le proprie considerazioni ai decisori politici; questo dipende in forte misura dall’apertura mentale e dalla disponibilità del decisore politico, ma anche lo status del ricercatore gioca un ruolo importante48. 1.9.2 Il New Public Management in Italia L’aumento dell’attenzione rivolta dalla comunità scientifica al tema del NPM ha permesso di evidenziare le differenze esistenti tra i diversi Paesi in termini di principi di regolamentazione e di regole seguite nel processo di riforma del settore pubblico49. Per quanto riguarda il contesto italiano, bisogna innanzitutto sottolineare il ritardo temporale, rispetto al quadro internazionale, nell’attuazione degli interventi di sviluppo e innovazione dell’imprenditorialità e della gestione pubblica. Infatti, con circa dieci anni di ritardo, agli inizi degli anni Novanta, l’Italia ha accelerato l’applicazione di logiche di NPM, attraverso l’emanazione di diversi provvedimenti normativi, tra cui la riforma degli enti locali, n. 142/1990, e quella del governo locale, n. 504/1992, aventi obiettivi di decentramento organizzativo, riduzione della burocrazia pubblica, innovazione di governo e partnership pubblico-privato. 48 49 Pettigrew, 2005 Ferlie et al., 1996 55 Capitolo 1 Ciò nonostante, in Italia vi è ancora una certa difficoltà a superare il modello tradizionale burocratico, in quanto, oltre alla riluttanza al cambiamento, vi è anche una scarsa attenzione verso l’individuazione dei fattori critici di successo aziendali. Inoltre, la riforma della pubblica amministrazione è ostacolata dal fatto che molto spesso convivono in essa diverse strutture parallele che perseguono un medesimo obiettivo operando però in maniera contrastante per raggiungerlo, talvolta producendo norme a loro volta discordanti. Le critiche al NPM sorgono in materia di creazione del valore, infatti se si considera il concetto di creazione del valore nel settore pubblico e nel settore privato si può notare che mentre per un’azienda privata risulta facile definire che cos’è il valore, ciò diventa assai più arduo per un ente pubblico, in quanto il valore si deve rispondere ad esigenze e ad aspettative di una pluralità di stakeholder. Il valore pubblico, infatti, deve essere valutato sia come valore prodotto dai servizi individuali per l’utenza finale, sia in termini di impatto sociale delle politiche indirizzate all’intera comunità, sia ancora come forma di fiducia e di legittimazione di cui gode l’amministrazione pubblica. 1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance Il superamento degli ostacoli al cambiamento che caratterizzano la pubblica amministrazione e dei limiti del New Public Management, che propone di trasferire quasi automaticamente al settore pubblico le logiche del mondo delle imprese private, può corrispondere all’introduzione del concetto di Public Governance, una prospettiva gestionale che nasce come naturale evoluzione del New Public Management. La Public Governance, che secondo Meneguzzo arricchisce e completa i contenuti e le logiche del NPM contribuendo a superarne i limiti, nasce negli anni Novanta per sopperire alle già discusse lacune del New Public Management50. La teoria contesta l’incessante ricerca del tecnicismo da parte degli studiosi del NPM, focalizzandosi invece su concetti quali la partecipazione e la responsabilizzazione, ponendo al centro del processo di governo la figura del cittadino-utente. Ulteriori aspetti centrali nella Public Governance sono: la capacità di creare visioni condivise sulle prospettive di sviluppo, l’apprendimento continuo, l’apertura al mercato e la partecipazione delle varie componenti del sistema sociale ed economico. In questa nuova prospettiva, le amministrazioni pubbliche non vengano più considerate come organismi chiusi e governati da norme e procedure, ma come sistemi aperti in grado di intervenire direttamente sulle relazioni con l’ambiente, dal momento che gli stakeholders sono di natura plurima e comprendono istituzioni, associazioni, privati cittadini, ma anche imprese private ed altri enti pubblici. 50 Meneguzzo, 1997 56 Analisi della letteratura Con l'espressione Public Governance, quindi, si vuole indicare la capacità della pubblica amministrazione di muoversi verso nuovi assetti istituzionali, ruoli e modalità di azione che, rispetto al passato, siano maggiormente incentrate sulla cooperazione fra attori pubblici e privati, sulla collaborazione fra soggetti istituzionali distinti, e su una partecipazione più immediata e diretta dei cittadini e della società civile alle scelte collettive ed alla loro implementazione. In Tab. 1.5 sono evidenziate le principali differenze tra i paradigmi di New Public Management e di Public Governance. Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance New Public Management Public Governance Prospettiva Micro. Enfatizza l’utilizzo di modalità gestionali in pubblica amministrazione. Ottica di intervento rivolta verso l’esterno. Prospettive micro (singola PA), meso (sistema di PA) e macro (sistema socioeconomico). Recupero delle capacità di governare sistemi e reti di soggetti economici e sociali da parte delle PA. Oggetto di riferimento Management. Efficienza interna. Logiche di funzionamento delle singole amministrazioni pubbliche. Policy-making, erogazione dei servizi, management, democrazia. Efficienza a livello di sistema, efficacia. Relazioni di sistema di amministrazioni pubbliche. Reti inter-istituzionali. Natura delle relazioni esterne alla PA Competizione/contrapposizione pubblico-pubblico e pubblicoprivato. Frammentazione/disgregazione del sistema PA. Collaborazione tra PA ed altri soggetti pubblici e privati. Contemperamento degli interessi a livello di sistema economicopolitco. Natura delle relazioni interne alla PA Separazione del livello politico dal livello amministrativo/gestionale. Superamento della dicotomia politici-manager. Contemperamento degli interessi a livello aziendale. Approccio Strumentalista. Specializzazione. Sistemico. Integrazione/coordinamento. Approcci aziendali e manageriali. Letteratura internazionale. Fonte: Cepiku, 2005 Teorie di riferimento Teoria politica. Letteratura prevalentemente europea 57 SECONDA PARTE: IL CASO STUDIO Questa seconda parte dell’elaborato presenta la descrizione del caso studio analizzato, in cui sono stati utilizzati alcuni degli strumenti e delle metodologie discusse nel capitolo precedente. Si tratta della mappatura, dell’analisi e del miglioramento dei processi coinvolti nella gestione del servizio finanziario e contabile da parte della Pubblica Amministrazione locale, ed in particolare delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, la cui costituzione è stata resa obbligatoria in Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale 26/2014. Questo caso studio fa parte di un più ampio progetto di accompagnamento della PA locale nel processo di riforma che sta coinvolgendo la Regione autonoma FriuliVenezia Giulia negli ultimi anni e, proprio perchè nasce in risposta alle recenti leggi regionali sul riordino degli Enti locali, necessita di una contestualizzazione abbastanza ampia. All’inizio di questa parte, infatti, viene presentato il contesto istituzionale in cui tali riforme si sono sviluppate, fornendo prima di tutto il quadro generale nazionale, con le sue leggi e le sue riforme più importanti nella storia degli enti locali. Si passa poi ad approfondire la situazione del Friuli-Venezia Giulia che, in quanto Regione autonoma, ha la possibilità di emanare leggi sul proprio territorio che non devono necessariamente sottostare a quelle nazionali. Particolare attenzione è stata posta sulla lr 26/2014, che in questi anni sta trasformando in modo sostanziale l’assetto della PA regionale. Successivamente, vengono esposti gli obiettivi e le finalità della tesi, fortemente legati al progetto “nextPA - cambiamenti in corso”, che la Regione e ANCI FVG hanno affidato a ComPA. Segue la descrizione vera e propria del caso studio, secondo la sequenza cronologica delle fasi in cui si è articolato il progetto. Infine, vengono riportati i risultati di tipo formativo ed operativo ottenuti, le difficoltà riscontrate nell’avanzamento di questo progetto e gli sviluppi che ci si potrà attendere in futuro dall’applicazione ad altri casi di studio delle metodologie e degli strumenti utilizzati. 59 Capitolo 2 Contestualizzazione del caso studio 2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana Il modello amministrativo italiano deriva originariamente da quello delineatosi nella Francia rivoluzionaria e napoleonica, che fu poi ripreso dalla legislazione piemontese, e quindi, da quella italiana. Tale modello venne poi reinterpretato nel 1948 secondo i principi della Costituzione repubblicana e riuscì anche ad adeguarsi al nuovo quadro regionale introdotto negli anni ‘70, senza mai sconvolgere i suoi pilastri amministrativi. A partire dal 1990, la Pubblica Amministrazione italiana, fino ad allora caratterizzata da una storia di notevole stabilità, è stata oggetto di intensi cambiamenti, avviati con la legge 142 di riforma dell’ordinamento locale, che aprì un percorso impegnativo e complesso, culminante nel 1993, quando la legge 81 introdusse l’elezione diretta del sindaco. Tra il 1997 e il 1999, inoltre, una serie di provvedimenti amministrativi diede avvio ad un ambizioso processo di decentramento dei poteri, che accompagnava l’apertura di nuovi spazi di autonomia e semplificazione. Nel 2000, questo ciclo riformatore si concluse con un testo unico volto a coordinare in un organico corpo normativo le varie disposizioni sugli enti locali. Agli interventi legislativi fece seguito, nel 2001, una riforma costituzionale che ampliò considerevolmente il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali in base al principio di sussidiarietà. 2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990 In Italia, pur non mancando le influenze da parte di altre culture e tradizioni, i tratti originari del modello amministrativo di derivazione francese hanno dimostrato una grande capacità di permeanza, anche in contesti storici molto diversi. La stessa Costituzione repubblicana mantenne infatti dei chiari riferimenti a tale modello, riscontrabili ad esempio nella costituzionalizzazione delle Province e nella configurazione delle stesse, così come dei Comuni, quali “circoscrizioni di decentramento statale” (art. 129). Il punto centrale nel disegno costituzionale del 1948 è la sanzione del principio autonomistico. Citando l’art. 5 della Costituzione, “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo 61 Capitolo 2 Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.” La proclamazione dell’autonomia implica il riconoscimento a Comuni e Province di potestà pubbliche nel perseguimento di interessi propri delle rispettive collettività, secondo un indirizzo politico-amministrativo distinto e relativamente indipendente da quello statale. In questi termini, il pluralismo autonomista territoriale diventa una componente fondamentale della democrazia italiana, in quanto elemento essenziale dell’intero disegno costituzionale. A partire dai primi anni ‘70, le autonomie locali e provinciali si sono trovate ad operare in un contesto fortemente mutato, contraddistinto dalla presenza di importanti istituzioni regionali. Tuttavia, il sistema locale italiano è rimasto a lungo regolato da normative emanate in epoca pre-costituzionale, a loro volta risalenti da schemi e formule di epoca ancora più antica. Gli interventi legislativi che, prima del 1990, hanno inciso direttamente sull’assetto locale, sono stati, quindi, circoscritti, ed hanno interessato in generale profili specifici, lasciando spesso immutati, tra l’altro, aspetti tutt’altro che secondari della disciplina preesistente, o limitandosi a riconoscere ufficialmente fenomeni ormai diffusi nella realtà, mentre la parte essenziale dell’ordinamento comunale e provinciale rimaneva regolata da disposizioni risalenti al primo ventennio del XX secolo. L’istituzione delle Regioni ordinarie ha permesso, negli anni ‘70, di mettere in evidenza tutta l’inadeguatezza della disciplina comunale e provinciale, dall’insufficienza di circoscrizioni territoriali rispetto al decentramento delle funzioni, fino all’indeterminata collocazione della Provincia. In questo quadro, si è sviluppato un intenso dibattito, da cui scaturì, soprattutto durante la seconda metà degli anni ‘70, un’estesa attività di progettazione. Dopo un periodo di rallentamenti e difficoltà, l’attenzione per le riforme istituzionali ha consentito l’approvazione, con la legge 8 giugno 1990, n. 142, di un nuovo ordinamento delle autonomie locali. 2.1.2 Le riforme degli anni Novanta Nell’ultimo decennio del secolo scorso la Pubblica Amministrazione italiana è stata investita da un intenso processo riformatore, volto a fornire una nuova immagine, più moderna ed efficiente, alla struttura, al personale e alle attività svolte, dopo che per molto tempo l’ente pubblico era stato considerato un sinonimo di burocrazia, lentezza e supremazia nei confronti del cittadino. Il nuovo paradigma si basa sul presupposto che la Pubblica Amministrazione è il principale strumento attraverso il quale la Repubblica persegue il principio costituzionale dell’uguaglianza sostanziale, creando così i presupposti del modello dell’Amministrazione della sussidiarietà, che riconosce ai cittadini di poter contribuire attivamente e direttamente alla soluzione di problemi di interesse 62 Contestualizzazione del caso studio generale, superando il modello bipolare (cittadini-amministrati e cittadini-clienti) che aveva fino ad allora caratterizzato il rapporto tra PA ed utenza. Nel 1990, questa opera di rinnovamento inizia il suo percorso proprio con una riforma normativa sugli enti locali: la legge n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali, che introduce tra le varie innovazioni il riconoscimento dell’autonomia statutaria agli enti locali (Comuni e Province), l’incentivazione delle fusioni e delle aggregazioni dei piccoli Comuni, e la previsione delle cosiddette Città metropolitane. Con la legge 142, il legislatore italiano interviene con grande cautela sull’assetto degli enti locali, limitandosi a delinearne il riordino piuttosto che a definirlo concretamente, e affidandone lo sviluppo a fonti statali, regionali e locali. A modificare profondamente il contesto in cui si colloca la 142, sono intervenute altre importanti riforme, come quella introdotta dalla legge 81 del 25 marzo 1993, che stabilendo che “il sindaco e il presidente della Provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto” e quindi assegnando loro anche il potere di nominare e revocare i componenti della Giunta, ha ridisegnato i tratti essenziali del sistema di governo locale. Gli anni successivi all’entrata in vigore della legge 81 sono stati contrassegnati da una serie di provvedimenti minori, mentre nel frattempo si consolidava l’esigenza di rafforzare i poteri e il ruolo degli enti locali, di eliminare o ridurre notevolmente i vincoli ed i controlli e di armonizzare le leggi 142 e 81, correggendo ed eliminando gli aspetti incongrui, e dotando gli obiettivi perseguiti di efficaci strumenti di attuazione. In questa direzione si sviluppò, a partire dal 1997, un processo di trasformazione destinato ad incidere profondamente sull’organizzazione e sulle attività delle amministrazioni locali. Le disposizioni sulla delega per il conferimento di funzioni, (15 marzo 1997, n. 57, meglio conosciuta come “legge Bassanini” dal nome dell’allora Ministro per la Funzione pubblica dei Governi), e sullo snellimento (legge 15 maggio 1997, n. 127, c.d. “Bassanini bis”), successivamente modificate ed integrate (legge 16 giugno 1998, n. 191, c.d. “Bassanini ter”), e i decreti legislativi che ne derivarono, intervengono sulla gran parte delle materie disciplinate dalla legge 142 del 1990, realizzando un esteso conferimento di funzioni amministrative in favore delle Regioni e degli enti locali. In questo modo, negli anni 1997-99, si intese operare in materia di autonomie con un “federalismo amministrativo” che avviava un ampio processo di trasferimento delle funzioni dallo Stato ai livelli più vicini ai cittadini, rendendo decentramento e semplificazione i temi principali delle riforme sopracitate. Per concludere questo percorso riformativo durato dieci anni, venne approvato nel 2000, con il decreto legislativo 267, il testo unico sull’ordinamento degli enti locali (t.u.e.l.), considerato un elemento chiave nell’evoluzione dell’ordinamento locale in 63 Capitolo 2 Italia. Tale documento risponde, infatti, all’esigenza di riunire e coordinare in un organico corpo normativo le disposizioni (riassunte in Tab. 2.1) che variamente e spesso disordinatamente avevano costituito la decennale riforma degli enti locali. Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000 Anno Contenuti delle riforme Provvedimenti 1990 Riordino generale dell’ordinamento locale Legge 142 del 1990 1993 Elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia Legge 81 del 1993 1997-99 Decentramento di funzioni e risorse; semplificazione; completamento e revisione della legge 142 Legge 59 del 1997 e relativi decreti delegati, in particolare d.lgs. 112 del 1998 Legge 265 del 1999 2000 Coordinamento in un testo unico delle disposizioni sulle autonomie locali Testo unico 267 del 2000 Fonte: Vandelli, 2007 2.1.3 La riforma costituzionale del 2001 Mentre si producevano gli sviluppi legislativi fin qui descritti, altre riflessioni e proposte di riforma si rivolgevano allo stesso quadro costituzionale. Da tempo, infatti, il dibattito istituzionale e politico evidenziava la necessità di ripensare l’intero titolo della Costituzione dedicato alle autonomie (Titolo V), in una prospettiva di trasformazione in senso federalista del sistema italiano, motivato da esigenze di modernizzazione del Paese, di adeguamento alle tendenze europee, di avvicinamento delle decisioni ai cittadini e di responsabilizzazione dei governanti. In considerazione di queste esigenze, i rappresentanti di Regioni, Comuni e Province51 proposero, nel settembre del 2000, una serie di modifiche alla disciplina costituzionale delle autonomie. A partire da queste proposte, il Parlamento pervenne poi all’approvazione della modifica del Titolo V della Costituzione del 1948, che divenne legge costituzionale il 18 ottobre 2001. I principali contenuti innovativi introdotti dalla riforma del 2001 al Titolo V della costituzione sono sintetizzati in Tab 2.2 sotto forma di comparazione con la Costituzione del 1948. 51 Conferenza dei presidenti delle Regioni, ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ed UPI (Unione Province Italiane) 64 Contestualizzazione del caso studio Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001 Livelli di autonomia Costituzione del 1948 Riforma del 2001 La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni. Gli enti autonomi - Comuni, province, Città metropolitane e Regioni costituiscono la Repubblica, insieme allo Stato. Autonomia speciale per Sicilia, Sardegna, TrentinoAlto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Conferma le Regioni a statuto speciale ma la legge del Parlamento può, su intesa con la regione interessata, conferir ulteriori forme di autonomia, anche in materia di istruzione, ambiente e beni culturali. Elenca le materie nelle quali le Regioni hanno competenza legislativa nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalle leggi statali. Inverte il criterio di ripartizione delle competenze legislative: fissa le competenze dello Stato, tutto il resto è demandato alle Regioni. Riserva allo Stato i livelli essenziali delle prestazioni nella sanità e nei servizi sociali. Le Regioni intervengono nel processo legislativo dell’Unione europea. Conferisce le funzioni amministrative alle Regioni, che le possono delegare a Comuni e Province. Tutte le funzioni amministrative spettano ai Comuni o, in base al principio di sussidiarietà, a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. Le istituzioni pubbliche favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale (sussidiarietà). Prevede in termini generali l’autonomia finanziaria delle Regioni. Gli enti locali hanno autonomia finanziaria e possono stabilire tributi propri e usufruire di parte del gettito delle tasse statali imposte sul loro territorio. Al fine di garantire l’uguaglianza tra i cittadini, è istituito un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale. Lo Stato rimuove gli squilibri economici e sociali tra gli enti locali con risorse aggiuntive. Prevede i limiti all’attività delle Regioni. Aggiunge un intervento sostitutivo dello Stato in caso di gravi inadempienze delle Regioni, che ledono l’unità del sistema o diritti civili e sociali dei cittadini. Disciplina lo statuto regionale. Per garantire la consultazione tra Regione ed enti locali è istituito nello statuto di ogni Regione il Consiglio delle autonomie locali. Art. 114 Autonomie speciali Art. 116 Poteri legislativi delle Regioni Art. 117 Funzioni amministrative e sussidiarietà Art. 118 Autonomia finanziaria Art. 119 Limiti alle Regioni Art. 120 Regioni ed enti locali Art. 123 Fonte: Vandelli, 2007 65 Capitolo 2 Tab 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001 Controlli da parte degli uffici statali Artt. 124, 125 e 130 Controlli sulle leggi regionali Art. 127 Costituzione del 1948 Riforma del 2001 Istituisce un commissario di Governo in ogni Regione. Si prevedono controlli formali sui singoli atti delle Regioni e degli enti locali. Abrogati Viene meno la figura del commissario di Governo. Questi controlli sono superati. Ogni legge regionale è sottoposta a controllo del Governo, che può rinviarla al Consiglio regionale. Il controllo è soppresso: se il Governo ritiene che una legge regionale sia contraria alla Costituzione la impugna direttamente davanti alla Corte costituzionale. Riassumendo, quindi, l’attuale struttura delle autonomie locali deriva da una serie di leggi e decreti legislativi che ne hanno modificato l’assetto amministrativo a partire dagli anni ’70 fino all’approvazione nel 2001 della riforma del Titolo V della Costituzione attualmente in vigore. Lo scopo di questo susseguirsi di riforme fu quello di conferire allo Stato italiano una fisionomia più “federalista”, nella quale i centri di spesa e di decisione si spostarono dai livelli più alti e centralizzati a quelli locali, avvicinandosi così ai cittadini. Come abbiamo visto, nel corso degli ultimi venticinque anni, le Regioni hanno ottenuto autonomia e competenze sempre maggiori, culminanti con la riforma del 2001 che, in particolare, specificò quali fossero le competenze esclusive dello Stato, lasciando alle Regioni il compito di occuparsi di tutte le altre e garantendo alle stesse l’autonomia sia in campo finanziario che organizzativo. 2.1.4 Le forme associative tra Comuni Il Comune si connota ufficialmente come ente più vicino ai cittadini e come primario soggetto esponenziale degli interessi della collettività locale. Il t.u.e.l. riconosce, infatti, al Comune la titolarità di tutte le funzioni relative alla popolazione e al territorio che ne stanno alla base, con le sole eccezioni derivanti da disposizioni di legge che demandino esplicitamente determinate competenze ad altri soggetti. A partire dagli anni ’90, durante l’ondata di riforme sulle autonomie locali, il legislatore nazionale si è interessato, tra l’altro, alle forme associative tra enti locali, con l’obiettivo di indurre i piccoli Comuni a collaborare tra loro nel tentativo di risolvere alcune criticità quali la scarsità delle risorse finanziarie e delle dotazioni di personale. Le forme associative previste dal capo VII della legge 142/90 (convenzioni, consorzi, accordi di programma, Unioni di Comuni) sono state progressivamente arricchite, incentivate finanziariamente e dotate di maggiore autonomia con l’emanazione della legge 265/99, le cui disposizioni sono successivamente confluite nel d.lgs. 267/2000 (t.u.e.l.). In particolare, il t.u.e.l. ha individuato le seguenti forme associative tra enti: 66 Contestualizzazione del caso studio convenzioni, consorzi, Unioni di Comuni e accordi di programma. Tali forme organizzative, caratterizzate da diversi livelli di integrazione delle attività e dei processi decisionali, avrebbero permesso anche ai Comuni di piccole dimensioni di promuovere e coordinare lo sviluppo della comunità di riferimento attraverso la condivisione delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche. Il d.lgs. 267/2000 attribuisce alle Regioni il compito di individuare i livelli ottimali di esercizio delle funzioni associate incentivando con proprie leggi le diverse forme di associazione. In Tab. 2.3 sono sintetizzate le caratteristiche delle suddette forme associative seguendo l’evoluzione della relativa disciplina nazionale. Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale Forma associativa Legge 142/90 Convenzione • Accordo tra Municipi • Non comporta la nascita di un nuovo soggetto giuridico • Stabilisce i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari, i reciproci obblighi e le relative garanzie Consorzio • Ente strumentale con personalità giuridica • Utilizzabile per la gestione associata di uni o più servizi • Utilizzabile solo da Province e Comuni Unione di Comuni • Comporta la creazione di un nuovo ente locale • Utilizzabile per l’esercizio congiunto di determinate funzioni di Comuni • Costituita da Comuni contermini, appartenenti alla stessa Provincia, ciascuno con popolazione non superiore a 5.000 abitanti • Precondizione per la futura fusione obbligatoria Legge 265/99 Decreto legislativo 267/2000 • È consentita la stipula di convenzioni a tutti gli enti locali • Può essere realizzata attraverso un ufficio comune o tramite la delega di funzioni a un Comune contraente • Lo Stato e la Regione (nelle materie di competenza) hanno la facoltà di costruire forme di convenzione obbligatorie per la gestione a tempo definito di uno specifico servizio • Utilizzabile per la gestione associata dei servizi e delle funzioni • È possibile costruire un consorzio obbligatorio sulla base di impostazioni legislative • Eliminazione dell’obbligo di fusione • Eliminazione per la costituzione degli obblighi di contermineità, appartenenza alla stessa Provincia e dimensione della popolazione • Utilizzabile per la gestione associata dei servizi e delle funzioni 67 Capitolo 2 Tab 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale • Accordo per la creazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedono l’azione integrata e coordinata di Comuni, Province, Regioni e Stato • Può prevedere arbitrato • Se l’accordo comporta variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale Fonte: Zanin, 2013 Accordo di programma La disciplina sulle forme associative è stata poi oggetto di revisione a seguito dell’introduzione delle misure di stabilizzazione finanziaria e delle disposizioni relative al patto di stabilità interno previste dalla Legge 122/2010, che ha vincolato i Comuni con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti alla gestione in forma associata delle funzioni fondamentali, attraverso la stipula di convenzioni o la creazione di una Unione. Ulteriori modifiche alle forme associative tra enti locali sono state introdotte nel 2012 a seguito dei decreti sulla spending review, con lo scopo di razionalizzare la spesa pubblica e di ridurre il numero di forme associative utilizzabili dagli enti locali. 2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia 2.2.1 Il contesto territoriale e demografico La Regione Friuli-Venezia Giulia si estende su una superficie di 7.862 kmq, articolata in quattro province: Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. Secondo gli ultimi dati forniti dall’ISTAT, la popolazione residente al 31 dicembre 2015 è di 1.221.218 abitanti, con una distribuzione prevalentemente concentrata nelle province di Udine e Pordenone (Tab. 2.4). Il territorio del Friuli-Venezia Giulia, nonostante sia una delle Regioni italiane con minor estensione territoriale, è inoltre suddiviso in 216 Comuni, le cui dimensioni rendono fortemente disomogenea la distribuzione della popolazione sul territorio regionale. Da un’analisi congiunta dei dati sulle dimensioni dei Comuni e sulla loro collocazione territoriale (Tab. 2.5) si apprende infatti che la metà dei Comuni regionali e la quasi totalità di quelli con popolazione non superiore ai 1.000 abitanti si colloca in territorio montano o parzialmente montano, mentre i Comuni di dimensioni maggiori (con popolazione compresa tra i 3.000 e i 15.000 abitanti) tendono invece a concentrarsi sulla pianura e sulla costa. 68 Contestualizzazione del caso studio Inoltre, la maggioranza degli enti locali è costituita da Comuni piccoli, con popolazione che non supera i 3.000 abitanti. Questo tipo di contesto ha fornito, come vedremo, le condizioni necessarie a stimolare la nascita di diverse forme associative tra enti locali regionali. Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia Provincia Comuni della Provincia Popolazione Superficie (al 31.12.2015) (kmq) Densità abitativa (abitanti per kmq) Gorizia 25 140.268 467 300 Pordenone 50 312.794 2.275 137 Trieste 6 234.874 213 1.105 Udine 135 533.282 4.907 109 Totale 216 1.221.218 7.862 155 Elaborazione di dati ISTAT 2015 Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica Comuni 0 - 501 - 1.001- 3.001- 5.001- 15.001- Capoluoghi Tot. 500 1.000 3.000 5.000 15.000 30.000 Montani 19 27 30 3 4 - - 83 Parzialmente montani - - 10 1 8 1 2 22 Non montani - 4 42 18 39 6 2 111 19 31 82 22 51 7 4 216 Totale Elaborazione di dati ISTAT 2015 Il Friuli-Venezia Giulia, in virtù della sua posizione geografica di confine e delle consistenti minoranze linguistiche presenti nel suo territorio, è stata riconosciuta Regione a statuto speciale con la legge costituzionale 1/1963. Secondo l’art. 116 della Costituzione, le Regioni a statuto speciale devono disporre di particolari forme e condizioni di autonomia fissate direttamente dai singoli statuti approvati e modificabili con legge costituzionale. Questa condizione di autonomia, insieme all’elevato numero di Comuni appartenenti alle fasce demografiche più basse, ha portato il Friuli-Venezia Giulia a ricercare, nel corso del tempo, la promozione di diverse forme di collaborazione (soprattutto convenzioni) tra gli enti locali, permettendo comunque a questi ultimi di mantenere le proprie identità locali. 69 Capitolo 2 2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni Tra il 1998 e il 2005 la scelta del legislatore regionale in quanto ad autonomie locali sul territorio è stata quella di supportare gli enti di minore dimensione demografica e, più in generale, di favorire l'associazionismo fra Amministrazioni, incentivando la stipulazione di convenzioni, e la costituzione di Unioni di Comuni, non necessariamente vincolate alla successiva fusione. Inizialmente il fenomeno dell’associazionismo ha interessato numerosi Comuni, portando nell'anno 2000 alla costituzione di ben diciotto unioni. Tuttavia, la mancata applicazione della sanzione prevista dalla normativa regionale in caso di scioglimento anticipato rispetto alla previsione dello statuto ha favorito nel 2004 l'estinzione delle unioni scarsamente operative, lasciando così incompiuta la realizzazione dell’istituto. Successivamente, la legge regionale 1/2006, recante “Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia”, ha disciplinato la gestione associata di servizi tra enti locali e lo sviluppo delle forme associative, strumenti moderni che avrebbero permesso alla pubblica amministrazione di operare con maggiore efficienza e competitività rispetto al passato. In questo modo la legge regionale 1/2006 ha delineato i principi fondamentali del nuovo sistema Regione Autonomie locali, che faceva perno su una forma associativa innovativa, costituita volontariamente tra Comuni contermini e priva di personalità giuridica: le Associazioni intercomunali. Questa nuova forma di associazione mirava a realizzare la massima integrazione possibile tra gli enti costituenti, al fine di creare un’intensa rete associativa che si estendesse su tutto il territorio regionale. A differenza delle altre forme di collaborazione, la costituzione delle Associazioni intercomunali presupponeva che i Comuni interessati fossero situati in contesti omogenei dal punto di vista territoriale e socioeconomico. Inoltre, tali Associazioni avrebbero dovuto essere obbligatoriamente dotate di uffici comuni e non avrebbero potuto sciogliersi prima dei sei anni di attività. Per quanto riguarda le Unioni di Comuni, le novità introdotte dalla lr 1/2006, ed in particolare dall’articolo 23, riguardavano l’obbligo della contiguità territoriale, la durata minima della previsione non inferiore a sei anni, e l’indicazione delle funzioni da svolgere. Nonostante la nuova disciplina introdotta, la riforma del 2006 non ha dato i risultati sperati; infatti, otto anni più tardi, lo sviluppo delle forme associative si dimostrava ancora molto limitato e ben al di sotto delle aspettative del legislatore. Tale fattore, unito alla contingente crisi economica che ha ridotto, anche se in forma moderata, le risorse a disposizione degli enti locali, ha provocato una non trascurabile riduzione della qualità e del livello dei servizi ai cittadini, specialmente per i Comuni di piccole dimensioni. Ciò ha reso di fatto indispensabile un ripensamento dell’associazionismo locale, che ha portato in breve tempo all’emanazione della legge regionale 26/2014. 70 Contestualizzazione del caso studio 2.2.3 La legge regionale 26/2014 Contestualmente alla presentazione al Parlamento di una proposta di legge nazionale volta al superamento delle Province nello statuto regionale, nel 2014 viene avviata un’importante riforma istituzionale, sfociata il 12 dicembre dello stesso anno nella legge regionale n. 26, “Riordino del Sistema Regione-Autonomie locali nel FriuliVenezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative”. Tale riforma ridisegna lo scenario degli enti locali territoriali della Regione realizzando un nuovo sistema istituzionale basato su due pilastri fondamentali, la Regione e il Comune, e ridefinendo le funzioni e le competenze ad essi assegnate. In particolare, con la lr 26/2014 (art. 1) “la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia attua il processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle dimensioni ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la definizione dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione delle funzioni amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema policentrico che favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema RegioneAutonomie locali, l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai cittadini, nonché l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche.” Più precisamente, la legge prevede che alcune delle funzioni comunali, sovracomunali e di area vasta, vengano esercitate in modo coordinato dalle Unioni territoriali intercomunali (anche dette UTI), nuovi enti locali dotati di personalità giuridica ed istituiti, oltre che per lo svolgimento di suddette funzioni, anche per lo sviluppo territoriale, economico e sociale dell’intera Regione. La nuova legge regionale abbandona l’impostazione volontaria dell’associazionismo tra Comuni delineato dalla lr 1/2006, affidando alla Regione la predisposizione del Piano di riordino territoriale (Capo I), strumento attraverso cui essa ha il compito di determinare i confini delle nuove Unioni territoriali intercomunali. Tale Piano rende obbligatoria l’adesione alle Unioni per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, e fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane (art. 6, comma 1). Per i Comuni con popolazione superiore, invece, la partecipazione è facoltativa, ma la non adesione comporta una riduzione delle risorse destinate annualmente dalla Regione al finanziamento del loro bilancio (art. 42, comma 4). La costituzione delle UTI è finalizzata a garantire la soddisfazione delle esigenze dei territori, nonché una maggiore efficienza dei servizi erogati alla collettività mediante la razionalizzazione della spesa pubblica e dell’utilizzo delle risorse umane e materiali, ottenibile a sua volta attraverso una continua condivisione di uffici e risorse da parte dei Comuni partecipanti. In relazione a tali finalità, il Piano per l’articolazione delle Unioni è formulato nel rispetto dei seguenti criteri fondamentali: 71 Capitolo 2 a) La contiguità territoriale dei Comuni ricompresi in ciascuna Unione territoriale intercomunale; b) Il limite demografico minimo di ciascuna Unione, fissato in 40.000 abitanti o 30.000 abitanti nel caso l’Unione comprenda Comuni appartenenti o appartenuti a Comunità montane; c) L’omogeneità, la complementarietà e l’integrazione delle caratteristiche geografiche, demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali, culturali e infrastrutturali; d) La compatibilità con il territorio della Aziende per l’assistenza sanitaria; e) L’integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme associative o convenzioni. L’Amministrazione regionale ha quindi ritenuto, in una prima proposta, di suddividere il territorio del Friuli-Venezia Giulia in diciassette Unioni territoriali intercomunali, rispettando i criteri sopra elencati con due sole eccezioni: la prima riguarda il territorio dei Comuni della provincia di Trieste, che, al fine di rispettare la contiguità territoriale di tutti i Comuni aderenti ed il limite demografico minimo, vede i tre ambiti socio assistenziali raggruppati in un’unica Unione; la seconda muove invece dalla scelta di valorizzare la pluridecennale esperienza associativa dei Comuni costituenti il Consorzio comunità collinare del Friuli (sorto nel 1967), favorendone la trasformazione in Unione. A seguito dell’approvazione del Piano di riordino territoriale52 e della successiva modifica del Piano approvato53, la Giunta regionale ha approvato in via definitiva il Piano di riordino territoriale comprendente tutti i Comuni della Regione, che individua le 1854 aggregazioni di Comuni descritte in Tab. 2.6, riportante tra l’altro la denominazione ufficiale delle Unioni così costituite. Territorio Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI Unioni Comuni Pop. kmq Unione Giuliana Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle, Sgonico, Trieste (6) 234.874 199.896 Unione del Basso Isontino Doberdò del Lago, Grado, Fogliano-Redipuglia, Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Sagrado, San Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano, Turriaco (10) 73.356 250.893 52 Deliberazione della Giunta regionale 1 luglio 2015, n. 1282 LR 26/2014, art. 4, comma 6. Delibera n°583 9 aprile 2016. Modifica del Piano di riordino territoriale approvato con DGR 1281/2015. Approvazione definitiva. 54 Alle iniziali 17 Unioni è stata aggiunta l’Unione del Canal del Ferro-Val Canale, nata dalla decisione di dividere il territorio dell’Alto Friuli “montano” da quello “collinare”. 53 72 Contestualizzazione del caso studio Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI Unioni Comuni Pop. Kmq Unione dell’Alto Isontino Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Mariano del Friuli, Medea, Moraro, Mossa, Romans d’Isonzo, San Floriano del Collio, San Lorenzo Isontino, Savogna d’Isonzo, Villesse (15) 66.912 184.764 Unione del Canal del Ferro-Val Canale Chiusaforte, Dogna, Malborghetto-Valbruna, Moggio Udinese, Pontebba, Resia, Resiutta, Tarvisio (8) 10.613 884.915 Unione dell’Alto Friuli Artegna, Bordano, Gemona del Friuli, Montenars, Trasaghis, Venzone (6) 19.485 157.328 Unione della Carnia Amaro, Ampezzo, Arta Terme, Cavazzo Carnico, Cercivento, Comeglians, Enemonzo, Forni Avoltri, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Lauco, Ligosullo, Ovaro, Paluzza, Paularo, Prato Carnico, Preone, Ravascletto, Raveo, Rigolato, Sauris, Socchieve, Sutrio, Tolmezzo, Treppo Carnico, Verzegnis, Villa Santina, Zuglio (28) 37.351 1.003.132 Unione del Friuli centrale Campoformido, Martignacco, Pagnacco, Pasian di Prato, Pavia di Udine, Pozzuolo del Friuli, Pradamano, Tavagnacco, Tricesimo, Udine (10) 167.092 219.423 Unione del Torre Attimis, Cassacco, Faedis, Lusevera, Magnano in Riviera, Nimis, Povoletto, Reana del Rojale, Taipana, Tarcento (10) 33.492 302.829 Unione del Medio Friuli Basiliano, Bertiolo, Camino al Tagliamento, Castions di Strada, Codroipo, Lestizza, Mereto di Tomba, Mortegliano, Sedegliano, Talmassons, Varmo (11) 51.626 342.197 Unione del Collinare Buja, Colloredo di Monte Albano, Coseano, Dignano, Fagagna, Flaibano, Forgaria nel Friuli, Majano, Moruzzo, Osoppo, Ragogna, Rive d’Arcano, San Daniele del Friuli, San Vito di Fagagna, Treppo Grande (15) 50.699 286.048 Unione del Natisone Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Drenchia, Grimacco, Manzano, Moimacco, Premariacco, Prepotto, Pulfero, Remanzacco, San Giovanni al Natisone, San Leonardo, San Pietro al Natisone, Savogna, Stregna, Torreano (17) 51.654 456.550 73 Capitolo 2 Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI Unioni Comuni Pop. kmq Unione della Bassa Friulana occidentale Carlino, Latisana, Lignano Sabbiadoro, Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano, Palazzolo dello Stella, Pocenia, Porpetto, Precenicco, Rivignano Teor, Ronchis, San Giorgio di Nogaro (12) 53.300 355.187 Unione della Bassa Friulana orientale Aiello del Friuli, Aquileia, Bagnaria Arsa, Bicinicco, Campolongo Tapogliano, Cervignano del Friuli, Chiopris-Viscone, Fiumicello, Gonars, Palmanova, Ruda, San Vito al Torre, Santa Maria la Longa, Terzo d’Aquileia, Torviscosa, Trivignano Udinese, Villa Vicentina, Visco (18) 57.970 296.949 57.814 334.263 Unione delle Dolomiti friulane Andreis, Arba, Barcis, Castelnovo del Friuli, 36.308 Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Clauzetto, Erto e Casso, Fanna, Frisanco, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Pinzano al Tagliamento, Sequals, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto, Travesio, Vajont, Vito d’Asio, Vivaro (22) 994.861 Unione del Livenza Aviano, Brugnera, Budoia, Caneva, Polcenigo, Sacile (6) 50.410 233.135 Unione del Sile Azzano Decimo, Chions, Fiume Veneto, Pasiano 52.312 di Pordenone, Prata di Pordenone, Pravisdomini (6) 171.865 Unione del Noncello Cordenons, Fontanafredda, Porcia, Pordenone, Roveredo in Piano, San Quirino, Zoppola (7) 227.301 Casarsa della Delizia, Cordovado, Morsano al Unione del Tagliamento Tagliamento, San Giorgio della Richinvelda, San Martino al Tagliamento, San Vito al Tagliamento, Sesto al Reghena, Spilimbergo, Valvasone Arzene (9) 115.950 Fonte: Regione e dati ISTAT 2015 La lr 26/2014 è considerata una delle più importanti riforme istituzionali nel contesto nazionale, non solo perché mira ad una consistente riduzione della spesa pubblica, ma soprattutto in quanto rappresenta, con il superamento delle Province, la concretizzazione di uno storico rinnovo della governance territoriale, orientata al miglioramento dei servizi ai cittadini e al rilancio dello sviluppo di territori, che viene affidato ai rappresentanti degli Enti, più a contatto con i cittadini. 74 Contestualizzazione del caso studio 2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso” Il Piano formativo nextPA – cambiamenti in corso è un progetto nato nel 2014 dalla volontà congiunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dell’ANCI FriuliVenezia Giulia di attivare delle azioni formative e degli interventi che supportassero Enti del Comparto Unico della Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia nell’affrontare i cambiamenti indotti dalle riforme. A tal fine, è stato chiesto a ComPA FVG, ente operativo di ANCI FVG, di elaborare una proposta di piano che promuovesse la crescita delle professionalità e competenze interne agli Enti. Tale piano è stato costruito attraverso un processo partecipato da parte di tutti gli interlocutori e beneficiari, a partire da un confronto con analoghe esperienze già portate a termine con successo sul territorio italiano. Approvato da una cabina di regia che monitora anche l’avanzamento del progetto, è stato affidato a ComPA FVG il compito di gestire il piano nella sua interezza e di aggiornarlo annualmente indicando i nuovi obiettivi ed il programma delle azioni necessarie per raggiungerli. Come accennato, il Piano formativo nextPA è oggetto di un continuo monitoraggio da parte della Regione e di ANCI, atto a verificare lo stato di avanzamento e ad individuare l’eventuale necessità di correttivi ed integrazioni. Si tratta comunque di un piano centrato su una formazione di tipo strategico, il cui obiettivo si è focalizzato, soprattutto a partire dalla seconda annualità (2015), sull’accompagnamento delle amministrazioni comunali alla costituzione delle Unioni territoriali intercomunali (UTI), sull’avvio dei servizi congiunti e sull’approvazione del Piano triennale dell’Unione, come stabilito dalla lr 26/2014. I percorsi formativi attivati nell’anno 2014 e 2015 hanno permesso di conseguire, oltre ai risultati formativi, alcuni importanti risultati "operativi”, tra cui non solo i documenti richiesti agli Enti per legge, come lo Statuto e l’Atto costitutivo delle UTI, ma anche di tipo organizzativo a supporto concreto dell’avvio dei servizi dell’UTI, come ad esempio l’analisi dei carichi di lavoro del personale di tutti i Comuni delle UTI accompagnate, la definizione dei macro-processi organizzativi per ciascuna funzione trasferita, le simulazioni del dimensionamento dinamico delle funzioni trasferite, nonché la proposta di dimensionamento delle UTI con il relativo funzionigramma. Per quanto riguarda l’annualità in corso (2016), il Piano formativo nextPA ha individuato fra le finalità strategiche il rafforzamento e la diffusione di una cultura che porti gli Enti a: • • • Agire con una logica di processo; Essere orientate al cambiamento per una continua ricerca di miglioramento (reingegnerizzazione dei processi); Essere promotrici e coordinatrici di azioni di sviluppo del territorio e di comunità “allargate”. 75 Capitolo 2 Per raggiungere nello specifico i primi due obiettivi, sono state declinate le seguenti competenze chiave che l’azione formativa intende sviluppare: • • • • • • • • Descrivere ed analizzare i processi, definendo le attività che li compongono ed i relativi tempi di attraversamento, nonché identificandone gli indicatori di performance; Descrivere il flusso documentale relativo al processo analizzato, ovvero collegare i processi ai relativi procedimenti; Redigere la procedura connessa al processo; Collaborare alla redazione del regolamento relativo alla funzione; Collaborare nel dimensionamento delle funzioni, definendo le competenze chiave necessarie e l’organico di ciascuna funzione, ed organizzando il trasferimento delle persone fra i vari Enti; Collaborare nell’impostazione di un piano di comunicazione nei confronti del proprio territorio e dei cittadini; Gestire il cambiamento, identificandolo e attivando tecniche e strumenti per ridurre le resistenze ad esso; Lavorare all’interno di un gruppo e in gruppo, in modo da confrontarsi con le diversità e valorizzarle. Questa azione formativa coinvolge principalmente i Servizi le cui funzioni saranno gestite dalle UTI già durante il primo anno della loro costituzione, i Servizi di pianificazione e programmazione, e quelli che dovranno svolgere un ruolo di monitoraggio e coordinamento dei servizi. 76 Capitolo 3 Obiettivi, metodologia e strumenti 3.1 Finalità ed obiettivi della tesi Il 30 giugno 2016 è entrata in vigore la legge regionale 10/2016, che ha introdotto, tra l’altro, alcune modifiche alla legge regionale 26/2014. Le novità introdotte hanno riguardato principalmente gli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, in cui sono indicate rispettivamente quali funzioni comunali devono essere esercitate dalle Unioni e quali vengono gestite dai Comuni ma in avvalimento, cioè avvalendosi dell’Unione. In particolare, l’articolo 6 della lr 10/2016 ha apportato modifiche all’articolo 26 della lr 26/2014, mentre l’articolo 7 della lr 10/2016 ha sostituito l’articolo 27 della lr 27/2014, prevedendo rispetto al testo previgente diverse decorrenze per le funzioni indicate e differenti modalità di esercizio associato delle stesse. Tenendo conto di quanto previsto dalla legge originale e delle modifiche conseguenti alla lr 10/2016, a decorrere dal 1 luglio 2016, i Comuni devono obbligatoriamente esercitare in forma associata, tramite l'Unione cui aderiscono, la funzione di elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo, più almeno altre due funzioni comunali nelle materie di seguito elencate: • • • • • • • • • • Gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale dell'amministrazione e dell'attività di controllo; Sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10/2006; Polizia locale e polizia amministrativa locale; Attività produttive, compreso lo Sportello unico; Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla normativa vigente; Programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale; Pianificazione di protezione civile; Statistica; Elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo; Gestione dei servizi tributari. Dal 1 gennaio 2017, i Comuni dovranno esercitare in forma associata la funzione relativa ai servizi sociali, più almeno altre due tra le funzioni sopraelencate; tutte le altre saranno esercitate dall’Unione a partire dal 1 gennaio 2018. 77 Capitolo 3 Per quanto riguarda le disposizioni emanate dall’articolo 27, dal 1 luglio 2016 i Comuni svolgono necessariamente in forma associata avvalendosi degli uffici dell’UTI, la sola funzione della programmazione e gestione dei fabbisogni di beni e servizi relativi all’attività della CUC regionale. A partire dal 1 gennaio 2017 i Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane, dovranno esercitare in forma associata, mediante convenzione o, in alternativa, avvalendosi degli uffici dell’Unione, la funzione finanziaria ed il controllo di gestione, nonché almeno altre due funzioni comunali nelle seguenti materie: • • • • • Opere pubbliche e procedure espropriative; Pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata; Procedure autorizzatorie in materia di energia; Organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale; Edilizia scolastica e servizi scolastici; Le restanti materie ed attività sopraelencate dovranno invece essere obbligatoriamente esercitate dai Comuni in forma associata a decorrere dal 1 gennaio 2018. All’interno di tale quadro legislativo, la finalità ultima di questo progetto di tesi consiste nello sviluppo di una modalità e nella messa a punto di alcuni strumenti in grado di supportare la l’azione del Piano nextPA nel processo di accompagnamento alla costituzione delle nascenti strutture UTI, ed in particolare nell’avvio dell’esercizio associato delle funzioni comunali di cui agli articoli 26 e 27 della lr 26/2014. Trattandosi di un obiettivo piuttosto ampio per come è stato formulato, esso va declinato in una serie di obiettivi specifici intermedi, anche chiamati milestones, il cui raggiungimento è condizione necessaria per la realizzazione dell’obiettivo finale, e attraverso i quali è possibile monitorare lo stato di avanzamento del progetto. La prima milestone consiste nell’introduzione della logica di processo nella PA locale, istituzione tradizionalmente abituata a ragionare per funzioni e per procedimenti, piuttosto che per processi. Con l’adozione di questo nuovo approccio sarà possibile rappresentare sotto forma di flussi di processo i servizi attualmente svolti nei Comuni, per poi cercare di prevedere in che modo i cambiamenti normativi ed organizzativi modificheranno tali processi una volta che le funzioni comunali saranno trasferite alle Unioni. Il secondo obiettivo è quello di standardizzare i processi così identificati e di derivare da essi i regolamenti che dovranno disciplinare l’erogazione dei servizi nelle UTI. Tali “nuovi” regolamenti, elaborati a partire dai flussi di processo e da essi integrati, costituiranno la road map per la gestione dei servizi di tutte le Unioni, presupposto 78 Obiettivi, metodologia e strumenti per il raggiungimento dell’armonizzazione e della semplificazione amministrativa in tale ambito. Il terzo obiettivo riguarda la misurazione e la comparazione dei servizi erogati, che si concretizza attraverso l’identificazione di una serie di indicatori di performance per i processi, attraverso i quali sarà possibile l’introduzione di una logica di misurazione e controllo del processo, attualmente assente nella pubblica amministrazione locale. Nel prossimo capitolo saranno definite le metodologie e gli strumenti che sono stati adottati per raggiungere gli obiettivi appena descritti, ma vale la pena delineare qui le fasi attraverso cui il progetto si è strutturato: • • • • • • • Introduzione dell’approccio per processi all’interno dei Comuni; Identificazione e mappatura dei macro processi relativi ad ogni servizio analizzato; Individuazione ed eliminazione o aggregazione dei passaggi non a valore aggiunto coinvolti nei processi; Comparazione dei processi ed identificazione di un processo standard di riferimento; Validazione dei macro standard che gli enti potranno prendere come riferimento per lo svolgimento delle proprie funzioni; Descrizione delle procedure connesse al processo da cui sviluppare i regolamenti per i nuovi Enti; Identificazione di indicatori di qualità ed efficienza per i processi; Avendo assistito soltanto alla realizzazione una piccola parte del vasto progetto di definizione dei processi per tutte le funzioni comunali in trasferimento alle Unioni, questa tesi coinvolge lo studio dei processi relativi ai servizi gestiti dalla sola funzione finanziaria e contabile, nonché l’elaborazione dei regolamenti per tale area, e l’introduzione di una prima formulazione per alcuni indicatori di qualità. Tuttavia, le metodologie e gli strumenti impiegati in questa prima fase costituiranno un modus operandi che potrà essere applicato in modo analogo in tutte fasi successive del progetto, che riguarderanno lo studio dei processi coinvolti nelle restanti funzioni di cui agli articoli 26 e 27 della lr 26/2014. 3.2 La metodologia Come si può intuire da una lettura delle finalità di questo progetto, esse non riguardano soltanto la sfera operativa, che comprende ad esempio la mappatura dei processi e la produzione dei regolamenti, ma sono in gran parte legati ad obiettivi di tipo formativo, come l’introduzione di un approccio completamente nuovo per la pubblica amministrazione locale, quello per processi. 79 Capitolo 3 Questa tipologia di obiettivi richiede però degli interventi formativi che siano capaci di incidere, oltre che sulle competenze delle persone, anche sui loro comportamenti e valori. Agire sui comportamenti e sui valori significa innanzitutto cercare di diffondere una cultura all’interno dell’organizzazione in cui si agisce e trasformare i concetti teorici in applicazioni pratiche, per farle diventare poco a poco delle prassi quotidiane. La pubblica amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia è caratterizzata da una notevole rigidità strutturale e da un’altrettanto rilevante resistenza al cambiamento, dovuta anche al fatto che la maggior parte dei dipendenti pubblici attualmente in servizio svolgono le stesse attività da circa quarant’anni, quando sono stati assunti in modo massiccio in seguito al terremoto del 1976. Tale rigidità costituisce un ostacolo non indifferente alla diffusione di nuove culture organizzative e alla corretta attuazione delle nuove riforme. Per poter incidere a livello organizzativo in tale contesto è tuttavia fondamentale partire dalle persone, che sono per prime toccate dal cambiamento. Pertanto, si è ritenuto necessario coinvolgere nel progetto, oltre ai dirigenti ed alle figure apicali dei Comuni aderenti alle UTI, anche gli amministratori ed i responsabili di Servizio55. Per riuscire ad individuare e a descrivere i vari processi coinvolti nelle funzioni comunali il cui esercizio è stato trasferito alle UTI è stato inoltre importante adottare una metodologia di tipo bottom-up, cioè che “parte dal basso”, nel senso che gli stessi responsabili di Servizio e dipendenti comunali hanno lavorato in prima persona per “destrutturare e ristrutturare” i Servizi di propria competenza e la propria “attività quotidiana”. La fase di “ristrutturazione” dei Servizi coerentemente con la loro nuova gestione all’interno delle Unioni è stata appunto preceduta da una fase di “destrutturazione” degli stessi, intesa come individuazione dei macro processi relativi al Servizio esaminato e, conseguentemente, dei processi e delle attività in esso coinvolte. Questa fase di “destrutturazione” è stata eseguita separatamente per ogni Unione, o per meglio dire “cantiere56”, organizzando degli incontri formativi ed operativi che hanno coinvolto, almeno per quanto riguarda il Servizio finanziario e contabile, Segretari comunali, responsabili del Servizio finanziario e ragionieri provenienti da tutti i Comuni appartenenti alla medesima UTI. Attraverso l’integrazione di diverse metodologie didattiche quali lavori di gruppo, tavoli di discussione ed interviste sotto il coordinamento del personale di ComPA FVG, è stato possibile per gli attori coinvolti pervenire alla definizione dei processi as-is, cioè così come si presentano all’interno dei Comuni di provenienza, ed anche 55 Per approfondimenti si rimanda a pag. 137 È detto “cantiere” lo stadio embrionale dell’UTI, cioè l’insieme di tutti i Comuni aderenti ad una stessa Unione non ancora ufficialmente costituita 56 80 Obiettivi, metodologia e strumenti ad un’ipotesi dei processi to-be, contenenti nuovi protagonisti e nuove attività di pertinenza della futura UTI. Come già accennato, questo lavoro è stato svolto separatamente per ogni “cantiere territoriale” (futura Unione) ed ha quindi prodotto documenti diversi per ognuno di essi, risultati talvolta addirittura discordanti tra loro in alcune parti. Al fine di giungere alla definizione di processi tra loro coerenti e completi, che costituiscano un punto di riferimento chiaro ed esaustivo per il personale che dovrà operare all’interno delle Unioni, è stato quindi necessario esaminare la documentazione ottenuta, confrontarla e quindi procedere ad una sua standardizzazione, in modo da garantire una certa unicità ed affidabilità per quanto riguarda il modus operandi delle UTI, come descritto dettagliatamente nel prossimo capitolo. La fase di “ristrutturazione” ha quindi compreso le attività di comparazione dei processi mappati nei diversi “cantieri” e di rielaborazione degli stessi sulla base di quanto disciplinato dalla lr 26/2014, pervenendo così alla definizione dei processi standard e dei regolamenti che a loro volta disciplineranno la gestione del Servizio da parte delle Unioni. Come si può facilmente intuire, in questo caso il lavoro è stato svolto unitariamente per tutto il territorio regionale. In particolare, ComPA FVG ha pensato di istituire per ogni Servizio coinvolto nel progetto, un centro di competenza formato da un numero ristretto di esperti della materia in esame, generalmente funzionari delle PA locali che hanno maturato una significativa esperienza in una determinata materia e rappresentano il riferimento regionale per l’apprendimento relativamente all’argomento considerato. La parola d’ordine di ogni centro di competenza è “confronto”; il confronto continuo e costruttivo tra gli esperti coinvolti ha infatti permesso di far emergere i diversi punti di vista sulla normativa regionale e di risolvere numerose problematiche riguardanti la materia in esame, nonché di instaurare un clima positivo e collaborativo di stima e di fiducia reciproca tra i partecipanti e di trovare una sintesi fra i processi descritti nei diversi cantieri. Oltre all’attività legata all’organizzazione del Servizio specifico, ciascun centro di competenza è stato anche incaricato di trasferire la propria specifica competenza agli altri livelli della PA locale attraverso un’attività formativa e di mettere a disposizione dell’intero sistema amministrativo regionale modelli, documenti amministrativi tipo e linee di indirizzo per l’applicazione di principi relativi alla materia di competenza, tra i quali trovano collocazione anche i regolamenti che vengono presentati in questa tesi. 81 Capitolo 3 3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler Tra gli strumenti a supporto della mappatura e dell’analisi dei processi aziendali che sono stati impiegati nel corso di questo progetto (interviste, diagrammi SIPOC, diagrammi di flusso, ecc., già descritti nella parte di analisi della letteratura), quello maggiormente utilizzato è indubbiamente il software di modellazione dei processi Bizagi, che quindi merita di essere presentato più approfonditamente in questo paragrafo. La suite Bizagi, il cui nome deriva dalla combinazione dei termini inglesi “business” ed “agility”, è formata da tre diversi prodotti software tra loro complementari, che insieme permettono di modellare, costruire ed eseguire qualsiasi tipo di processo aziendale appoggiandosi su di una piattaforma BPM molto potente: • • • Bizagi BPMN Modeler è un applicativo installabile gratuitamente che, utilizzando il linguaggio standard di modellazione dei processi BPMN, consente di rappresentare graficamente, documentare e simulare i processi aziendali; Bizagi Studio è una soluzione BPM, anch’essa gratuita, che permette alle aziende di automatizzare i propri processi e flussi di lavoro; Bizagi Engine prende i processi precedentemente modellati ed automatizzati e li esegue in tutta l'organizzazione. Grazie ai suoi tre applicativi, quindi, la suite Bizagi consente all’utilizzatore di gestire l’intero ciclo di vita del processo, modellandolo e documentandolo con il BPMN Modeler, automatizzandolo e rendendolo un flusso operativo tramite il pacchetto Studio e, infine, eseguendolo e monitorandolo per mezzo dell’applicativo Engine. Ai fini di questa tesi, che ha riguardato principalmente la rappresentazione dei processi della Pubblica Amministrazione locale e la loro rielaborazione grafica, è risultato fondamentale potersi servire delle funzionalità del software Bizagi BPMN Modeler, che ha permesso di rappresentare i processi aziendali molto chiaramente dal punto di vista “visivo”, rendendoli più facilmente comprensibili, analizzabili e migliorabili. Il pacchetto Modeler presenta un’interfaccia molto semplice ed intuitiva per l’utilizzatore, che è composta da quattro elementi principali (Fig. 3.1): • • • • 82 La barra degli strumenti, che contiene i comandi di accesso rapido ad un sottoinsieme di un menù all’interno del Bizagi Process Modeler; Il ribbon, che racchiude i comandi principali per la gestione dei modelli di processo, organizzati in diversi menù; La palette (o tavolozza), che comprende gli elementi grafici del BPMN utilizzati per definire un modello di processo La barra delle opzioni di vista, tramite la quale è possibile adattare le dimensioni del diagramma in modo da facilitare la navigazione nel processo. Obiettivi, metodologia e strumenti Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler Per poter comprendere le rappresentazioni dei processi contenute in questo elaborato, è necessario descrivere il contenuto della palette, che è composta dagli elementi grafici del BPMN utilizzati per definire il modello di processo. Tali elementi sono suddivisi in 7 diverse tipologie in base al loro significato e alla loro funzione all’interno del processo: attività, eventi, gateways, dati, artefatti, corsie e connettori. Attività Le attività rappresentano il lavoro o i compiti manuali o automatici svolti dai membri dell’organizzazione. Sono dette task quando rappresentano dei semplici compiti e vengono invece classificate come sotto processi se si tratta di attività composte (Tab. 3.1 e 3.2). Tab. 3.1 Task in Bizagi Attività generica, non può essere scomposta in sotto attività Attività svolta da una persona con l’ausilio di un applicativo Attività svolta mediante l’utilizzo di servizi Web o applicativi automatizzati Attività svolta da un macchinario, si deve specificare il linguaggio macchina (script) 83 Capitolo 3 Tab. 3.1 Task in Bizagi Si attende un messaggio o della documentazione da un utente esterno al processo Si invia un messaggio o della documentazione ad un utente esterno al processo Attività svolta interamente da un utente senza l’ausilio di applicativi Attività di inserimento di regole aziendali da rispettare Attività che deve essere ripetuta fintanto che si soddisfa una condizione booleana Attività che deve essere ripetuta per un numero predefinito di volte Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi Attività che racchiude in sé altre attività mappate con compiti, gateway, eventi e flussi di sequenza Può essere riutilizzato e chiamato anche in altri processi, deve essere contenuto all’interno di una pool 84 Viene innescato da un evento (non ha né flussi in entrata né flussi in uscita, non fa parte del processo) Non richiede relazioni ben definite di sequenza tra le attività; di volta in volta si definiscono la sequenza e la ripetitività Obiettivi, metodologia e strumenti Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi Ciclo basato su una condizione booleana (si ripeterà fintanto che risulterà vera la condizione booleana) Ciclo che itera per un numero predefinito di volte, con iterazioni simultanee Prevede tre possibilità: - Completamento con successo - Completamento fallito - Errore inaspettato (evento intermedio di cancellazione) Eventi Un evento è qualcosa che accade durante lo svolgimento del processo influenzando il suo flusso. Gli eventi si dividono in tre tipologie: quelli di inizio, quelli intermedi e quelli di fine, come riportato nelle seguenti tabelle. Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi Punto di avvio del processo, senza alcuna motivazione particolare Il processo inizia all’arrivo di un messaggio o di documentazione da parte di un utente Il processo ha inizio ad una certa data o ad un certo tempo di ciclo (per es. ogni venerdì) Il processo può avere inizio solo quando una certa condizione si avvera Il processo viene innescato dall’arrivo di un segnale (segnale broadcast, inviato a tutti) Vi sono più eventi scatenanti il processo ed è necessario che tutte vengano innescate per avviare il processo Vi sono più eventi scatenanti il processo ma è necessario che se ne inneschi uno solo per far avviare il processo 85 Capitolo 3 Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi Evento che influenza il processo ma che non ne determina né l’avvio né l’interruzione Il processo può continuare il suo corso solo una volta inviato o ricevuto il messaggio (o la documentazione) Punto del processo in cui bisogna attendere l’avverarsi di uno solo di molteplici eventi possibili Eventi di invio o ricezione di segnali in modalità broadcast (verso tutti) Segnala un ritardo o un’attesa Il processo diventa di responsabilità di altri Il processo può proseguire quando una condizione prestabilita si avvera E’ necessaria una compensazione Punto del processo in cui bisogna attendere che tutti gli eventi previsti si avverino prima di poter procedere Serve o a connettere due parti del processo o a creare situazioni cicliche 86 Obiettivi, metodologia e strumenti Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi Indica il termine del processo, non dovuto a motivazioni particolari Al termine del processo viene inviato un messaggio o della documentazione Al termine del processo deve avvenire l’escalation, le responsabilità degli effetti dovuti al processo vengono attribuite ad altri Il processo termina in quanto si è verificato un errore prestabilito (legato all’evento intermedio di tipo errore) Utilizzato con le transazioni, cancella la transazione e scatena un flusso alternativo da percorrere Al termine del processo deve avvenire la compensazione Al termine del flusso viene inviato un segnale in broadcast Il termine del processo scatena una serie di conseguenze, conseguenze che dovranno essere tutte verificate Termina immediatamente tutte le attività del processo Dati I dati possono essere di due tipologie: • • Singolo dato: artefatto che fornisce informazioni riguardo a come i documenti e gli strumenti aziendali vengono utilizzati e aggiornati durante il processo; Archivio: indica la presenza di un archivio o di un software di gestione dei dati aziendali. Gateways I gateways sono degli elementi che fungono da controllori poiché permettono di monitorare la divergenza e la convergenza di un flusso di attività creando ramificazioni, biforcazioni, combinazioni ed unioni nel processo (Tab. 3.6). 87 Capitolo 3 Tab. 3.6 Gateways in Bizagi Come elemento di convergenza è usato per unire percorsi alternativi Come elemento di divergenza è utilizzato per creare percorsi alternativi, dei quali deve esserne percorso solo uno Può essere utilizzato solo come elemento di divergenza I percorsi alternativi si basano su condizioni: se le condizioni sono soddisfatte allora il flusso intraprende il percorso relativo alla condizione soddisfatta Come elemento di convergenza: unisce percorsi alternativi e deve attendere il completamento di tutti i percorsi per poter procedere Come elemento di divergenza: non controlla alcuna condizione La scelta del percorso è basata sull’accadimento di un determinato evento Eventi esclusivi: si creano istanze di processo Eventi paralleli: per poter creare le istanze di processo devono accadere tutti gli eventi predefiniti Come elemento di convergenza: attende la soddisfazione di una condizione aziendale Come elemento di divergenza: unisce più gateway, crea percorsi alternativi basandoli su espressioni e condizioni aziendali Lane Rappresenta una funzione, un ruolo o un dipartimento responsabile delle attività svolte all’interno della lane Milestone È una sottopartizione del processo e ne indica una fase Corsie Tab. 3.7 Corsie in Bizagi Pool Contiene un singolo processo, cioè i flussi sequenziali tra le attività; ogni processo deve essere contenuto interamente in una Pool 88 Obiettivi, metodologia e strumenti Tab. 3.8 Connettori in Bizagi Flusso di sequenza Connette due attività secondo l’ordine in cui vengono svolte Associazione Associa le informazioni aggiuntive e gli artefatti agli oggetti Flusso di messaggistica Mostra il flusso di scambio di documentazione e messaggistica tra due entità Un altro elemento molto utilizzato è il menù a torta, una funzionalità drag-and-drop che compare cliccando su un qualsiasi elemento già presente nel diagramma, e permette, a partire da esso, di scegliere l’elemento successivo e di posizionarlo nel punto desiderato della Pool semplicemente trascinandolo. Ad esempio, il menù a torta per un semplice task si presenta come in Fig. 3.2, da cui si deduce che i suoi possibili successori possono essere: un altro task, un gateway, un evento intermedio o un evento di fine; inoltre, al task possono essere associati altri elementi quali documenti ed artefatti. Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi In Bizagi è anche possibile rappresentare le interazioni tra due o più processi, che coinvolgono diverse organizzazioni o utenti esterni, attraverso l’utilizzo di eventi iniziali, intermedi o finali di invio e ricezione, rappresentanti lo scambio (l’invio o la ricezione) di messaggi contenenti informazioni condivisibili. Esistono però delle regole di connessione tra elementi, ispirate al linguaggio BPMN, di cui bisogna tenere conto per poter utilizzare flussi di messaggistica nella mappatura. La Tab. 3.9 mostra infatti quali elementi del processo possono essere collegati tra loro tramite flussi di messaggistica; qualsiasi altro tentativo di connessione viene respinto dal software, talvolta generando un messaggio di errore in fase di salvataggio del file. 89 Capitolo 3 Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi Bizagi è uno strumento che viene utilizzato in tutto il mondo ed in moltissimi settori per mappare, migliorare ed eseguire i processi aziendali. Rispettando i principi di modellazione indicati nella guida ufficiale della suite, è possibile infatti elaborare in modo efficace anche processi piuttosto complessi. La documentazione risultante, inoltre, può essere pubblicata quasi istantaneamente in molti formati diversi, tra cui Word, PDF, file Web, Sharepoint, MediaWiki, ecc., divenendo così di facile consultazione anche per quei soggetti che non hanno installato il software nel proprio dispositivo. 90 Capitolo 4 Le fasi del progetto Come già indicato nel capitolo precedente, questa tesi riguarda l’applicazione delle metodologie e degli strumenti finora descritti all’analisi organizzativa della Pubblica Amministrazione locale, ed in particolare del Servizio finanziario e contabile che, a decorrere dal 1 gennaio 2017, i Comuni del Friuli-Venezia Giulia dovranno esercitare in forma associata attraverso gli uffici dell’UTI di appartenenza, in accordo con la legge regionale 26/2014. La scelta di analizzare in primo luogo la funzione finanziaria degli Enti locali è dovuta non tanto alla priorità della sua gestione in forma associata rispetto alle altre funzioni, quanto piuttosto alla sua portata strategica nell’organizzazione in termini di interconnessioni tra i soggetti e gli uffici coinvolti. Per quanto riguarda la struttura del progetto, esso si è articolato nelle seguenti fasi, che verranno approfondite singolarmente all’interno di questo capitolo: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Identificazione dei macro processi; Compilazione del diagramma SIPOC; Rappresentazione dei processi con Bizagi; Comparazione dei processi mappati; Semplificazione e standardizzazione dei processi; Redazione dei regolamenti; Introduzione di alcuni indicatori. 4.1 Identificazione dei macro processi In un contesto lavorativo sempre più dinamico, in cui le relazioni tra i vari soggetti organizzativi divengono sempre più frequenti e complesse e l’orientamento al cliente è ormai un valore universalmente riconosciuto, è necessario per chi gestisce ed opera in un’organizzazione considerare non solo sui singoli compiti svolti all’interno di un ufficio, ma anche e soprattutto porre l’attenzione sull’insieme di tutte le attività necessarie ad erogare servizi verso l’utenza e a garantire un corretto sviluppo dell’organizzazione nel tempo. Queste attività, aggregate in base al risultato da raggiungere e al cliente da soddisfare, rappresentano i macro processi organizzativi, ovvero gli elementi fondamentali su cui si basa tutta l’analisi sviluppata in questo progetto. 91 Capitolo 4 Grazie alla loro natura trasversale, i macro processi consentono di individuare eventuali criticità riguardanti le relazioni tra i vari attori coinvolti, di integrare quanto svolto dai diversi uffici per l’erogazione del servizio all’utente finale, e di favorire molte altre riflessioni che un tradizionale approccio “per funzioni” non permetterebbe, dal momento che le varie interconnessioni esistenti tra le attività rimarrebbero nascoste. L’analisi organizzativa condotta presso i vari cantieri è stata quindi implementata sulla logica di processo, identificando i macro processi attivi nell’organizzazione, al fine di individuare la struttura organizzativa tipo che i servizi erogati dalle costituende Unioni dovranno assumere, consentendo anche ai soggetti coinvolti nella loro gestione di fare chiarezza sulle responsabilità e sugli elementi chiave di ciascun macro processo. In questa fase sono stati identificati per ciascuno dei macro processi individuati, anche i processi aziendali ad essi associati, i quali sono stati successivamente oggetto di analisi, semplificazione, e standardizzazione, coerentemente con gli obiettivi del progetto. Per quanto riguarda il servizio di nostro interesse, cioè quello finanziario, i macro processi ed i relativi processi organizzativi individuati sono sintetizzati in Tab. 4.1. Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO Macro processo Processi associati Supporto finanziario alla programmazione strategica Definizione degli obiettivi strategici sostenibili per il SeS Ciclo della programmazione operativa Redazione del DUP Redazione del Bilancio di previsione Redazione del PEG Controllo sugli equilibri di bilancio Variazioni al Bilancio ed assestamenti Supporto al controllo di gestione Elaborazione di dati finanziari per i modelli di controllo di gestione Rendicontazione della gestione Rendicontazione della gestione GESTIONE OPERATIVA Macro processo Processi associati Ciclo attivo Gestione delle entrate Ciclo passivo Gestione della spesa 92 Le fasi del progetto Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al servizio finanziario Macro processo Processi associati Controllo di regolarità Controllo di regolarità contabile Gestione mutui e debito Gestione dei mutui GESTIONE FISCALE Macro processo Processi associati Gestione fiscale Gestione fiscale - Soggetto d’imposta Gestione fiscale Gestione fiscale - Sostituto d’imposta Come si può notare dalla tabella, il Servizio finanziario è stato innanzitutto diviso in tre principali macro aree organizzative: programmazione e controllo, gestione operativa e gestione fiscale; all’interno di tali aree sono poi stati individuati i macro processi ed i processi di competenza del Servizio finanziario. È importante, inoltre, sottolineare che, essendo il Servizio finanziario e contabile una delle funzioni gestite in avvalimento57 dalle UTI, tutte le attività riportate in tabella devono essere svolte dagli uffici dell’Unione sia per tutti i Comuni ad essa afferenti sia per l’UTI stessa in quanto Ente a sé stante, il ché comporta la redazione di numerosi documenti dello stesso tipo, ma per Enti diversi. Come vedremo dall’analisi dei processi, i documenti elaborati per l’Unione e per i Comuni dovranno essere tra loro coerenti, il ché implica un attento lavoro di coordinamento da parte degli uffici dell’Unione e di collaborazione con gli uffici comunali. Trattandosi di una materia completamente nuova rispetto al percorso di studi seguito, molti dei temi considerati all’interno di questa tesi richiederebbero ampi approfondimenti per essere pienamente compresi. Tuttavia, non si è ritenuto necessario in funzione degli obiettivi di questo progetto, dilungarsi in dettagliate spiegazioni ed approfondimenti relativamente a concetti specifici in materia di Pubblica Amministrazione. Vale la pena, comunque, chiarire con una breve spiegazione il significato delle sigle e dei termini maggiormente ricorrenti in queste pagine. In tabella 4.1, ad esempio, sono riportate alcune sigle che identificano i documenti che vengono elaborati nel ciclo di programmazione operativa. Il Documento Unico di Programmazione (DUP) viene definito come lo strumento che definisce la programmazione strategica di mandato degli enti locali e traduce tali indirizzi strategici nella programmazione operativa, costituendo il presupposto necessario per redigere tutti gli altri documenti di programmazione. 57 Per approfondimenti si rimanda a pag. 118 93 Capitolo 4 In particolare, il DUP è articolato in due sezioni: • • La Sezione Strategica (SeS), che sviluppa e concretizza le linee programmatiche di mandato e individua, in coerenza con il quadro normativo di riferimento, gli indirizzi strategici dell’ente; La Sezione Operativa (SeO), che definisce il quadro di riferimento per la programmazione operativa del triennio coperto dal bilancio di previsione finanziario; Il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) è invece uno strumento di programmazione e di autorizzazione alla spesa finalizzato a ordinare e a razionalizzare l’attività degli enti locali, specificandone gli obiettivi, le risorse a disposizione e le responsabilità di gestione ed ispirandosi a criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza dell’azione amministrativa. Questa terminologia verrà più volte utilizzata anche nei prossimi paragrafi. 4.2 Compilazione del diagramma SIPOC Dopo aver compreso come sarà organizzato, in termini di macro processi e processi coinvolti, il Servizio finanziario delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, si è ritenuto utile al fine di facilitare la successiva mappatura dei processi, individuare per ognuno dei suddetti macro processi gli elementi che costituiscono il diagramma SIPOC, uno strumento di supporto alla documentazione dei processi, le cui caratteristiche sono già state ampiamente descritte nell’analisi della letteratura. Per compilare il diagramma SIPOC sono necessarie informazioni riguardanti i fornitori, gli input, gli output e i clienti del processo. Tali informazioni sono state ottenute tramite l’elaborazione dei dati derivanti dai tavoli di lavoro organizzati in ciascun cantiere, dove i soggetti coinvolti sono stati chiamati a rispondere perlopiù alle seguenti domande: • • • • • • • • • • 94 Chi sono i fornitori del processo? Quali sono le persone, le aziende o gli altri processi che forniscono le risorse di cui il processo si serve per svolgere le sue attività? Quali sono gli input del processo? Quali informazioni, documenti, persone e materiali sono necessari affinchè il processo prenda avvio e si sviluppi; Quali attività compongono il processo? Quali sono gli output del processo? Quali prodotti e servizi vengono generati dal processo? Chi sono i clienti del processo? Quali sono le persone, i processi, le aziende e le applicazioni a cui è destinato l’output del processo? Chi è responsabile della buona riuscita del processo? Le fasi del progetto • • • Quali sono i process owner? Quali fattori potranno influire negativamente sulla buona riuscita del processo? Quali criticità potranno emergere nello svolgimento del processo? Le risposte date dai soggetti intervistati si sono rivelate spesso incomplete e talvolta contraddittorie fra un cantiere e l’altro. Ciò è dovuto a un’oggettiva difficoltà da parte di persone abituate ad operare con logica “funzionale” a rileggere le proprie attività in termini processuali, ovvero considerando le interconnessioni tra i vari uffici, soggetti ed Enti. Spesso, infatti, è stato necessario richiamare il concetto di processo, insistendo in particolare sulla differenza tra la figura del process owner, quella degli esecutori delle attività di processo, e quella del responsabile funzionale ed amministrativo. Una volta chiariti i maggiori dubbi e perplessità dei partecipanti ai tavoli, si è potuto procedere più facilmente alla compilazione del diagramma SIPOC, che viene riportato in Tab. 4.2, dove, oltre ai 5 elementi fondamentali (supplier, input, process, output, customer) sono stati identificati anche i process owner e le eventuali criticità che ci si aspetta possano emergere nell’esecuzione di ciascun macro processo. 95 Input Programma di mandato del Comune SeS e Previsioni delle entrate del Comune Bilancio comunale approvato Registrazioni contabili ed esiti del controllo di gestione Piano dell’Unione Supplier Comune: Sindaco e dirigenti apicali 96 Comune: Sindaco e dirigenti apicali Comune: Giunta e dirigenti apicali Uffici del Comune UTI: Assemblea dei Sindaci Supporto alla programmazione strategica dell’Unione Rendicontazione della gestione per i Comuni Controllo sugli equilibri di Bilancio comunale Programmazione operativa dei Comuni Supporto alla programmazione strategica dei Comuni Process Obiettivi strategici sostenibili per la SeS dell’UTI Rendiconto e certificazioni Parere e schema delle variazioni di Bilancio comunale DUP, Schema di Bilancio e PEG del Comune Obiettivi strategici sostenibili per la SeS del Comune Output UTI: Presidente e Direttore Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Sindaco e dirigenti apicali Customer UTI: Presidente e Direttore Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Giunta e dirigenti apicali Comune: Sindaco e dirigenti apicali Process owner Coordinamento e sovrapposizione del Piano dell’Unione con i DUP comunali Attività in itinere e continua; concomitanza temporale delle richieste dei diversi Comuni. Concomitanza temporale delle richieste Concomitanza temporale delle richieste da parte dei diversi Comuni e dell’UTI Concomitanza temporale delle richieste da parte dei diversi Comuni e dell’UTI Criticità Capitolo 4 Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario Supporto al Controllo di Gestione Determina, lista di carico, cedole di versamento in cc, ruoli Ciclo attivo Modelli di controllo di gestione UTI: Funzione Controllo di Gestione Controllo sugli equilibri di Bilancio UTI Ente tesoriere, Poste, Equitalia Bilancio UTI approvato Comune: Giunta e dirigenti apicali Programmazione operativa dell’Unione Rendicontazione della gestione per l’UTI SeS e Previsioni delle entrate dell’UTI UTI: Presidente e Direttore Process Uffici dell’UTI Registrazioni contabili ed esiti del controllo di gestione Input Supplier UTI: Ufficio di Presidenza e Direttore UTI: Ufficio di Presidenza e Direttore Customer Fatture attive, reversali Rendiconto e certificazioni Servizi dell’Ente che generano entrate UTI: Assemblea dei Sindaci Dati finanziari UTI: Funzione per i modelli di Controllo di controllo di Gestione gestione Parere e schema delle variazioni di Bilancio UTI DUP, Schema di Bilancio e PEG dell’UTI Output Gestione entrate e incassi dei Servizi finanziari UTI: Assemblea dei Sindaci UTI: Funzione Controllo di Gestione UTI: Ufficio di Presidenza e Direttore UTI: Ufficio di Presidenza e Direttore Process owner Omogeneizzazione dei sistemi informativi; rischio di interruzione del servizio Concomitanza temporale con le richieste Lo split dei dati finanziari sarà disponibile a valle della modellazione del CdG Concomitanza temporale delle richieste dei diversi Comuni Coordinamento temporale e finanziario con la programmazione dei Comuni Criticità Le fasi del progetto Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario 97 Input Determina, atto amministrativo, impegno, atto di liquidazione Atti con effetti sul Bilancio e sul patrimonio Bilancio e variazioni di Bilancio Ciclo attivo e passivo Supplier Altri servizi del Comune o fornitori 98 Fornitori degli atti con effetti sul Bilancio e sul patrimonio Consiglio comunale, Servizi tecnici Uffici UTI e Comunali Gestione fiscale Gestione mutui e debito Controllo di regolarità contabile Ciclo passivo Process Dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate Contratto con i finanziatori Parere vincolante Fatture passive, debiti dell’ente, pagamenti Output Agenzia delle Entrate Soggetto finanziatore Ufficio o organo politico proponente dell’atto Fornitori, dipendenti, associazioni, beneficiari di un contributo economico Customer Servizi finanziari Servizi finanziari Servizi finanziari Servizi finanziari Process owner Non rilevate Non rilevate Non rilevate Non rilevate Criticità Capitolo 4 Tab 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario Le fasi del progetto 4.3 Descrizione e mappatura dei processi L’elaborazione del diagramma SIPOC ha permesso ai soggetti coinvolti, tradizionalmente abituati ad immaginare l’organizzazione dei propri Enti come un insieme di aree funzionali tra loro indipendenti, di iniziare a ragionare in termini di processo, facilitando così la successiva fase di descrizione e mappatura vera e propria dei processi. In ogni cantiere è stato richiesto al gruppo di lavoro, solitamente formato da due o tre persone per ogni Comune aderente all’Unione, di descrivere, partendo da quanto viene svolto all’interno dei Comuni, i processi coinvolti nel Servizio finanziario e contabile dell’UTI che erano stati individuati nella prima fase del progetto (Tab. 4.1). Si è ritenuto necessario effettuare questo passaggio separatamente in ogni cantiere, in modo da produrre una documentazione completa che tenesse conto delle diverse percezioni che i vari Enti territoriali hanno di uno stesso processo. I processi di competenza delle Unioni, infatti, sono stati descritti in modo diverso in ogni cantiere, sia per la mancanza di chiari riferimenti disciplinari che regolassero le modalità di gestione dei servizi da parte delle UTI, sia per il fatto che la descrizione ha coinvolto molti soggetti provenienti da Comuni diversi e quindi abituati a procedere in modo diverso per gestire uno stesso servizio, in base alle prassi consolidatesi nei propri Enti di provenienza. Anche nel confronto all’interno di uno stesso cantiere, in cui il gruppo di lavoro si componeva di soggetti appartenenti ad Enti territorialmente limitrofi, si sono spesso riscontrate opinioni e prassi contrastanti riguardo allo svolgimento di uno stesso processo, sintomo della mancanza di una chiara disciplina regolamentare anche per gli stessi Comuni, il ché ha portato a svariati dibattiti su quali fossero le prassi più corrette da adottare. Una volta risolti questi confronti, è stato finalmente possibile pervenire in ogni cantiere alla descrizione univoca dei processi in esame, e contemporaneamente alla loro rappresentazione grafica supportata dallo strumento di modellazione Bizagi. Questo ha fatto sì che la documentazione ottenuta risultasse omogenea tra i diversi cantieri e quindi adatta per una successiva comparazione e semplificazione, al fine di pervenire alla modellazione dei processi standard di riferimento per le Unioni di tutto il territorio regionale. È importante sottolineare che, in ogni cantiere in cui è stata attivata questa fase del progetto sono stati individuati e quindi mappati solo alcuni dei processi riportati in Tab. 4.1, ovvero quelli considerati più strategici per la gestione del Servizio finanziario e contabile all’interno di quel cantiere. Tuttavia, la documentazione ottenuta ha comunque consentito di realizzare una comparazione sufficientemente ampia fra i processi descritti nei diversi cantieri, nella quale sono state identificate le più importanti differenze ed analogie che hanno fornito gli spunti per la successiva semplificazione e standardizzazione dei processi. 99 Capitolo 4 Vale la pena riportare in queste pagine le rappresentazioni grafiche di quei processi considerati maggiormente critici per il Servizio finanziario, che sono stati analizzati più approfonditamente nelle successive fasi del progetto, richiedendo anche l’elaborazione di specifici regolamenti. Per quanto riguarda il processo di redazione del bilancio di previsione, esso è stato mappato in tutti e sette i cantieri territoriali in cui questa fase del progetto è stata attivata: Collinare, Bassa Friulana orientale, Bassa Friulana occidentale, Torre, Dolomiti friulane, Sile e Tagliamento, le cui relative mappature sono rappresentate nelle seguenti figure. Si noti che nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane il processo è stato descritto e quindi mappato in modo uguale, così come è avvenuto per i cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale, i quali, tra l’altro, diversamente da tutti gli altri, hanno suddiviso il processo in tre milestones successive: “redazione bilancio”, “approvazione bilancio” e “atti conseguenti”, come si vede in Fig. 4.1, 4.2 e 4.3. Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale 100 Le fasi del progetto Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale 101 Capitolo 4 Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Collinare Come si può notare osservando le Fig. 4.4 e 4.5, il processo di bilancio rappresentato graficamente nel cantiere del Collinare quasi del tutto identico a quello mappato nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane. Vi è però una differenza per quanto riguarda l’attività di presentazione di emendamenti al bilancio da parte dei revisori, che vedremo evidenziata nella fase di confronto tra processi, descritta nel prossimo paragrafo. 102 Le fasi del progetto Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre 103 Capitolo 4 Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento Da una prima rapida analisi delle mappature fin qui presentate, si possono notare alcune analogie e differenze in termini di attività ed attori coinvolti nel processo. Inoltre, è abbastanza evidente che in alcuni cantieri il processo di bilancio è stato mappato ad un livello di dettaglio maggiore rispetto ad altri; nel cantiere del Tagliamento (Fig. 4.7), ad esempio, la mappatura risulta visivamente molto più lineare e semplice rispetto a quelle degli altri cantieri, sintomo che la descrizione del processo è stata in primis meno dettagliata. Per quanto riguarda il macro processo di ciclo attivo, il relativo processo di “gestione delle entrate” è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e del Torre. In questo caso le rappresentazioni del Collinare e del Sile sono risultate esattamente identiche, mentre quella del Torre, oltre a coinvolgere un numero inferiore di soggetti, è composta da un flusso di attività più lineare, ovvero privo di gateways e, di conseguenza, di diramazioni. Queste due diverse mappature sono riportate rispettivamente in Fig. 4.8 e 4.9. 104 Le fasi del progetto Fig. 4.6 Processo di gestione delle entrate Fig. 4.7 Processo di gestione delle entrate mappato nel cantiere del Torre mappato nei cantieri del Collinare e del Sile Anche il ciclo passivo, come il ciclo attivo, è stato mappato solamente nei cantieri del Collinare, del Sile e del Torre. In particolare, anche in questo caso, il relativo processo di “gestione della spesa” è stato descritto e quindi rappresentato in modo identico nei cantieri del Collinare e del Sile (Fig. 4.10), mentre il gruppo di lavoro del cantiere del Torre ha agito ancora una volta ad un minor livello di dettaglio, presentando quindi un processo più semplice e lineare (Fig. 4.11). 105 Capitolo 4 Fig. 4.8 Processo di gestione della spesa mappato Fig. 4.9 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Torre nei cantieri del Collinare e del Sile Il processo di rendicontazione è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e del Tagliamento. Ancora una volta le mappature del Sile e del Collinare risultano identiche e le riportiamo quindi in un’unica figura (Fig. 4.12); la rappresentazione del processo descritto nel cantiere del Tagliamento, invece, appare più semplice e lineare (Fig. 4.13). 106 Le fasi del progetto Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del Sile Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento 107 Capitolo 4 Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto esclusivamente nel cantiere del Sile, come rappresentato in Fig. 4.14. Fig. 4.12 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile 4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri Dopo aver descritto e rappresentato graficamente nei vari cantieri le attività che dovrebbero essere svolte una volta che la gestione del Servizio finanziario sarà ufficialmente di competenza delle Unioni, il successivo obiettivo del progetto è quello di fare sintesi ed uniformare quanto elaborato nei cantieri così da identificare e descrivere dei processi standard, da fornire a tutto il territorio assieme ad una documentazione univoca a cui poter fare riferimento per la gestione del Servizio in forma associata. Per raggiungere tale obiettivo è stato attivato un passaggio intermedio, consistente in un confronto diretto tra i processi mappati nei diversi cantieri, ed in particolare tra le attività e gli attori in essi coinvolti, al fine di individuare le principali differenze ed analogie e capire quali siano le attività da considerare non a valore aggiunto per il processo. In quest’ottica, i processi mappati nei diversi cantieri costituiscono un importante input per la successiva fase di standardizzazione; infatti, da una loro diretta comparazione è possibile ottenere diversi spunti di riflessione su quali siano le modalità più corrette di procedere, evitando di dover partire da zero nel definire un processo standard di riferimento che possa essere adottato in tutte le realtà territoriali. L’analisi delle differenze e delle analogie tra processi non ha coinvolto direttamente il personale degli Enti locali, ma è stata il risultato di una rielaborazione da parte di ComPA FVG di tutta la documentazione ottenuta fino a questo punto nei diversi cantieri. Per ogni processo oggetto di analisi, sono state elaborate due tabelle comparative: la prima individua, per ogni cantiere, quali attori sono stati coinvolti nel processo, mentre la seconda riporta le differenze tra le attività mappate. Il primo processo oggetto di analisi è quello del bilancio. La Tab. 4.3 mostra le principali differenze tra i processi mappati nei vari cantieri in termini di attori 108 Le fasi del progetto coinvolti, riportando sull’asse delle ascisse i nomi dei cantieri in cui è stata attivata la fase di mappatura dei processi, e sull’asse delle ordinate tutti gli attori in esse citati. Nelle caselle interne, un “sì” indica che nella mappatura di un determinato cantiere è stata coinvolta una certa figura; un “no”, che quel cantiere non ha attribuito alcuna attività del processo a quel soggetto. NO NO NO SÌ NO L. Amministratori NO NO NO NO SÌ NO NO I. Sindaci NO NO SÌ SÌ NO NO NO H. Direttore Generale UTI NO NO SÌ SÌ NO NO NO G. Segretari Comunali NO NO SÌ SÌ NO SÌ SÌ F. Uffici UTI/comunali SÌ SÌ NO NO NO SÌ SÌ E. Regione/Stato SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ NO SÌ D. Consigli Comunali SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ C. Ufficio Servizi finanziari UTI SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ B. Revisori SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ A. Assemblea dei Sindaci/ Giunta Comunale Sile Dolomiti friulane Collinare Torre Tagliamento Bassa Friulana orientale Bassa Friulana occidentale Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di bilancio 109 Capitolo 4 Osservando la Tab. 4.3 si nota che i cantieri delle Dolomiti friulane, del Sile e del Collinare presentano esattamente gli stessi attori coinvolti (Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale (A), Revisori (B), Ufficio Servizi finanziari UTI (C), Consigli Comunali (D), Regione/Stato (E) ed Uffici UTI/Comunali (F)), mentre il processo mappato nel cantiere del Torre si discosta di poco dai precedenti, coinvolgendo in più gli Amministratori (L) e non attribuendo alcuna attività ai Consigli Comunali. Il processo del cantiere Tagliamento rende partecipi anche i Sindaci (I), che hanno il compito di trasmettere i bilanci Comunali, ma non coinvolge gli attori Regione/Stato (E) e Uffici UTI/Comunali (F). Infine, gli attori implicati nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale sono esattamente gli stessi e risultano più numerosi rispetto a quelli riportati dai precedenti cantieri. Questo è dovuto al fatto che in questi ultimi due territori il livello di dettaglio utilizzato nella mappatura dei flussi di processo è stato più elevato rispetto agli altri. Si può inoltre notare che soltanto tre attori sui dieci totali sono stati considerati in tutti i cantieri analizzati, ovvero Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, Revisori e Ufficio Servizi Finanziari UTI. I Consigli Comunali e gli Uffici UTI/Comunali sono comunque presenti nella quasi totalità dei processi rappresentati. La seconda parte dell’analisi comparata ha riguardato, come già accennato, il confronto tra le varie attività inserite all’interno del processo nei diversi cantieri. È stato necessario prima di tutto elaborare un elenco che contenesse, in ordine più o meno cronologico, le principali attività coinvolte nei diversi flussi mappati: 1. 2. 3. 4. 5. Raccolta ed elaborazione dei dati utili per redigere il bilancio; Quadratura tra risorse disponibili e richieste; Redazione di una prima bozza di bilancio; Armonizzazione con i bilanci comunali; Attività di verifica: approvazione dello schema di bilancio e successiva revisione/riprogrammazione se non approvato; 6. Emissione del parere sullo schema di bilancio; 7. Presentazione di emendamenti allo schema di bilancio; 8. Emissione del parere tecnico sugli emendamenti; 9. Modifica del bilancio sulla base degli emendamenti; 10. Approvazione bilancio + emendamenti; 11. Completamento dello schema di bilancio comunale sulla base del bilancio UTI; 12. Comunicazioni obbligatorie; 13. Redazione e approvazione del piano performance/PEG comunale/UTI; 14. Assegnazione bilancio. 110 Le fasi del progetto Analogamente al confronto sugli attori coinvolti, in Tab. 4.4 sono riportate, per ogni cantiere, quali attività fanno parte del processo di bilancio mappato e quali attori devono dovrebbero svolgerle. Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di bilancio Dolomiti friulane Sile Collinare Torre Tagliamento Bassa Friulana orientale Bassa Friulana occidentale 1 C C C C C C C 2 - - - C - - - 3 C C C C C C C 4 - - - - C C C 5 A+C A+C A+C A - A+C A+C 6 B B B B B B B 7 D+B D+B D D D D D 8 - - - - - C C 9 C C C C - - - 10 A+D A+D A+D A+D A A+D A+D 11 - - - - - C C 12 C C C C - C C 13 - - - - - G+H G+H 14 C C C L - C C Osservando la tabella, si può notare che i flussi mappati nei diversi cantieri sono in generale molto simili per quanto riguarda le attività coinvolte. In particolare, i flussi di attività dei cantieri delle Dolomiti friulane e del Sile sono esattamente identici tra loro, e lo stesso vale per il Collinare, il cui processo di bilancio prevede però che la presentazione di emendamenti al bilancio possa avvenire solamente da parte dei Consigli Comunali, e non dai revisori. 111 Capitolo 4 Il processo del cantiere del Torre aggiunge invece l’attività di quadratura tra risorse disponibili e richieste, mentre i restanti tre cantieri differiscono in maggior misura dai precedenti. Il flusso del cantiere Tagliamento coinvolge un numero inferiore di attività, non considerando quelle conseguenti all’approvazione del bilancio. Inoltre, non è stata rappresentata alcuna verifica della correttezza dello schema di bilancio prima della sua approvazione. I flussi dei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale risultano esattamente identici tra loro e coinvolgono un numero di attività maggiore rispetto ai precedenti. In particolare, sono state differenziate e successivamente collegate tra loro le attività appartenenti al processo di redazione dei bilanci comunali e quelle relative alla redazione del bilancio dell’Unione, in modo da avere una visione più chiara di come i bilanci comunali influenzino il bilancio dell’UTI e viceversa. Per quanto riguarda il processo di “gestione delle entrate” incluso nel macro processo di ciclo attivo, le due tabelle seguenti sintetizzano le principali differenze riscontrate nella sua rappresentazione da parte dei vari cantieri. Si può notare che anche in questo caso la rappresentazione del processo da parte dei cantieri del Sile e del Collinare è esattamente uguale, sia in termini di attori coinvolti, sia per quanto riguarda le attività e le responsabilità su di esse. Il cantiere del Torre, invece, fa iniziare il processo con l’attività di apposizione del visto di regolarità contabile, e introduce alla fine l’attività di verifica di imputazione del sospeso, entrambe assenti nelle altre descrizioni. Nel Torre sono però state omesse le attività di pagamento, riscossione e verifica delle riscossioni, precedenti a quella di incasso da parte della tesoreria e dei vari agenti contabili. Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione delle entrate Collinare Sile Torre Uffici responsabili SÌ Entrate SÌ SÌ Ufficio Servizi finanziari UTI SÌ SÌ SÌ Tesoreria SÌ SÌ SÌ Soggetto pagante SÌ SÌ NO Ufficio riscossioni coattive SÌ SÌ NO Posta/Agenti contabili NO NO SÌ 112 Le fasi del progetto Elenchiamo e numeriamo le 15 principali attività individuate nel processo di gestione delle entrate, che sono state riportate in Tab. 4.6 per l’analisi delle attività: 1. Apposizione del visto di regolarità contabile; 2. Registrazione contabile dell’accertamento; 3. Verifica del numero di accertamento; 4. Pagamento; 5. Riscossione; 6. Verifica delle riscossioni; 7. Riconciliazione delle riscossioni e degli accertamenti; 8. Riscossione coattiva; 9. Incasso; 10. Emissione eventuale fattura e relativa registrazione fiscale; 11. Verifica di imputazione del sospeso; 12. Emissione della reversale di incasso. Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione delle entrate Collinare Sile Torre 1 - - Ufficio Servizi finanziari UTI 2 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 3 Uffici responsabili Entrate Uffici responsabili Entrate - 4 Soggetto pagante Soggetto pagante - 5 Tesoreria Tesoreria - 6 Uffici responsabili Entrate Uffici responsabili Entrate - 7 Uffici responsabili Entrate Uffici responsabili Entrate - 8 Ufficio riscossioni coattive Ufficio riscossioni coattive - 9 - - Tesoreria/Poste/Agenti Contabili 10 - - Ufficio Servizi finanziari UTI 11 - - Ufficio Servizi finanziari UTI + uffici responsabili Entrate 12 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 113 Capitolo 4 In Tab. 4.7 e 4.8 sono illustrati i confronti tra gli attori e le attività coinvolte nel processo di gestione della spesa, appartenente al macro processo di ciclo passivo. Anche in questo caso, le mappature dei cantieri del Collinare e del Sile sono identiche, mentre la descrizione del processo da parte del cantiere del Torre è stata effettuata ad un livello di dettaglio minore; infatti, essa ha considerato tra gli attori coinvolti nel processo, soltanto gli uffici responsabili della spesa dei Comuni e dell’Unione, ivi compreso l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI. Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione della spesa Collinare Sile Torre Uffici responsabili Uscite SÌ SÌ SÌ Ufficio Servizi finanziari UTI SÌ SÌ SÌ Segreteria UTI/comunale SÌ SÌ NO Ufficio protocollo UTI/comunale SÌ SÌ NO Fornitore SÌ SÌ NO Il seguente elenco sintetizza le principali attività coinvolte nel processo di gestione della spesa da parte delle UTI: 1. Emissione della determina di impegno; 2. Verifica di regolarità contabile e copertura finanziaria; 3. Registrazione contabile dell’impegno di spesa; 4. Pubblicazione; 5. Effettuazione della spesa; 6. Trasmissione della fattura elettronica; 7. Verifica di correttezza della fattura; 8. Registrazione della fattura; 9. Emissione dell’atto di liquidazione; 10. Emissione del mandato di pagamento 11. Gestione dello split payment; 12. Registrazione sulla piattaforma crediti. Dal confronto riportato in Tab. 4.8 si nota ancora una volta il minor livello di dettaglio adottato dal cantiere del Torre nella descrizione del processo; infatti, alcune attività, tra cui l’effettuazione della spesa da parte degli uffici responsabili delle uscite, non sono state considerate nella rappresentazione grafica del processo. 114 Le fasi del progetto Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione della spesa Collinare Sile Torre 1 Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite 2 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 3 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 4 Segreteria UTI/comunale Segreteria UTI/comunale - 5 Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite - 6 Fornitore e ufficio protocollo Fornitore e ufficio protocollo - 7 Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite 8 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 9 Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite Uffici responsabili Uscite 10 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI Uffici responsabili Uscite 11 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI - 12 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI - Le ultime due tabelle di questo paragrafo si riferiscono al processo di rendicontazione descritto nei cantieri del Sile e del Tagliamento. Il confronto riportato in Tab. 4.9 rivela che per quanto riguarda i soggetti coinvolti in questo processo, i due cantieri hanno considerato esattamente lo stesso insieme di attori. Per quanto riguarda le attività svolte nel processo, esse sono sintetizzate nel seguente elenco: 1. 2. 3. 4. 5. Raccolta dati provenienti da altri uffici; Verifica e correzione di accertamenti ed impegni di competenza; Riaccertamento ordinario dei residui; Redazione dello schema di rendiconto ed allegati; Approvazione dello schema di rendiconto da parte dell’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale; 115 Capitolo 4 6. Emissione del parere su schema di rendiconto ed allegati; 7. Approvazione definitiva del rendiconto; 8. Comunicazioni obbligatorie. Osservando la Tab. 4.10 si nota che i due cantieri hanno considerato in generale le stesse attività nel flusso di rendicontazione mappato. Vi è però una differenza importante che riguarda l’attività di approvazione del rendiconto. Infatti, mentre il primo cantiere considera sia il rendiconto dei Comuni che quello dell’UTI, coinvolgendo quindi nella loro approvazione sia i Consigli Comunali che l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, il secondo affida invece questo compito ai soli Consigli Comunali, senza considerare la rendicontazione per la stessa UTI. Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di rendicontazione Sile Tagliamento Ufficio Servizi finanziari UTI SÌ SÌ Assemblea dei Sindaci/ Giunta Comunale SÌ SÌ Altri uffici UTI/comunali SÌ SÌ Consigli Comunali SÌ SÌ Revisori SÌ SÌ Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di rendicontazione Sile Tagliamento 1 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI 2 - Ufficio Servizi finanziari UTI 3 - Ufficio Servizi finanziari UTI 4 Ufficio Servizi finanziari UTI Ufficio Servizi finanziari UTI + uffici comunali 5 Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale 6 Revisori Revisori 7 Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale (UTI); Consigli Comunali (Comuni) Consigli Comunali (Comuni) 8 Ufficio Servizi finanziari UTI - 116 Le fasi del progetto Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto e rappresentato graficamente solo nel cantiere del Sile, come mostrato nel paragrafo precedente. Per questo motivo non è stato possibile realizzare per tale processo una comparazione analoga a quella eseguita ed illustrata per gli altri quattro processi. Nella successiva fase del progetto, quindi, il centro di competenza ha costruito e standardizzato il processo di “gestione fiscale” facendo riferimento alla sola rappresentazione effettuata nel cantiere del Sile, oltre ovviamente alle proprie competenze ed esperienze personali. 4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi La quinta fase del progetto può essere considerata anche la più importante per la presente tesi, essendo quella che contribuisce in modo più evidente al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi che ci siamo posti. In questa fase, infatti, i processi precedentemente descritti e mappati separatamente nei vari cantieri sono stati visionati ed ulteriormente confrontati da parte del team58 di esperti che forma il centro di competenza contabile, al fine di formulare una loro sistematizzazione, che ha consentito di identificarne una rappresentazione unica che potrà fungere da linea guida per la gestione del Servizio finanziario e contabile in tutte le Unioni costituite sul territorio regionale. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso una serie di incontri con i soggetti appartenenti al centro di competenza, che hanno potuto innanzitutto prendere visione del lavoro svolto fino a quel punto da ComPA FVG nei diversi cantieri. Durante questi incontri il confronto e la discussione hanno consentito di distinguere nei diversi processi le attività a valore aggiunto da quelle derivanti da prassi e procedure interne ai singoli Enti, e di riflettere sulle esigenze derivanti dal nuovo assetto territoriale. Il centro di competenza è così riuscito a semplificare notevolmente i processi precedentemente descritti nei cantieri e ad elaborare delle rappresentazioni di sintesi. Anche in questa fase non sono mancate opinioni divergenti riguardo ad uno stesso processo o attività, ma il lavoro di gruppo è servito proprio a far emergere diversi punti di vista, che hanno offerto continui spunti di riflessione sul processo analizzato ed hanno consentito di sviscerare alcuni passaggi critici e di identificare una soluzione condivisa da proporre come “standard”. I dubbi e le incertezze emersi durante gli incontri sono stati chiariti generalmente grazie al confronto diretto e alla naturale condivisione di idee da parte dei 58 Il gruppo di lavoro è composto da 6 funzionari pubblici, provenienti da diversi Enti locali, che mettendo a disposizione le proprie competenze e servendosi del lavoro svolto nei diversi cantieri territoriali, sono riusciti a delineare l’assetto della futura funzione finanziaria dell’Unione, definendo una volta per tutte il modus operandi di riferimento per le nascenti UTI. 117 Capitolo 4 partecipanti, ma nei casi più critici è stato necessario ricorrere alla consultazione dei documenti normativi a disposizione. Alla fine si è giunti ad una descrizione unanime dei processi analizzati, e di conseguenza ad una loro rappresentazione ufficiale e definitiva per mezzo dello standard BPMN, il tutto sotto il coordinamento di ComPA FVG. In queste pagine riportiamo i risultati concreti di questa fase di semplificazione e standardizzazione dei processi, ovvero le rappresentazioni grafiche dei cinque processi esaminati, ottenute utilizzando lo strumento Bizagi. Per ogni rappresentazione grafica ci sarà, inoltre, una breve descrizione a parole di quanto illustrato, sottolineando la grande leggibilità di questo strumento, che da una rapida osservazione del flusso permette immediatamente di capire “chi fa che cosa” e “quando”. Per rendere più agevole la comprensione dei flussi che descrivono il “processo produttivo” di questa funzione dell’UTI, è opportuno ricordare quanto accennato nel capitolo precedente circa la disciplina normativa. La lr 26/2014 prevede infatti che le funzioni di cui all’art. 27 in cui rientra quella di Servizi finanziari, siano gestite “in avvalimento” attraverso l’UTI. Ciò comporta che il servizio finanziario dell’UTI debba svolgere contemporaneamente tutte le attività della funzione finanziaria per conto di ciascun Comune e dell’UTI. Ciò significa che esso dovrà interfacciarsi da un lato con le Giunte Comunali e dall’altro con l’Assemblea dell’UTI. Nel contempo è necessario che vi sia una forte interconnessione fra movimenti e documenti economico-finanziari di tutti gli Enti che costituiscono l’Unione e dell’UTI stessa, dovendo quest’ultima gestire attività e funzioni per i primi. Pertanto, la gestione del Servizio finanziario dovrà essere organizzata con un doppio binario, prevedendo momenti di interscambio. Uno dei processi in cui questa situazione è immediatamente visibile è quello di redazione del Bilancio di previsione, la cui rappresentazione dopo la standardizzazione è illustrata in Fig. 4.15. Come si può notare, il grafico comprende sia la redazione del bilancio di previsione dei Comuni aderenti all’Unione sia quella relativa all’Unione stessa. Procedendo dall’alto verso il basso, gli attori coinvolti nel processo sono: gli Amministratori, i Consigli Comunali, gli uffici UTI/comunali, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI e la Giunta Comunale/Assemblea dei Sindaci. Vi sono inoltre altri due soggetti, revisori e Regione/Stato, che essendo esterni all’Ente sono stati posti in una pool diversa da quella contenente il processo in esame. In totale, comunque, sono presenti solo 7 dei 10 attori individuati nella precedente fase del progetto, il ché fornisce già una prima indicazione della semplificazione effettuata. 118 Le fasi del progetto Fig. 4.13 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni) 119 Capitolo 4 La prima parte del processo è esattamente identica per i due tipi di bilancio (comunale e dell’Unione) e prende avvio dalla redazione, sulla base delle linee programmatiche provenienti degli amministratori (Giunta per i Comuni ed Assemblea per l’UTI), di un budget previsionale da parte di ogni singolo ufficio dell’Ente. L’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, dopo aver ricevuto eventuali linee programmatiche da parte della Regione e/o dello Stato, opera una sintesi dei dati utili per redigere il bilancio, a cui fa seguire la quadratura tra le risorse richieste e quelle disponibili. Se la quadratura viene raggiunta, la Giunta Comunale/Assemblea dei Sindaci può approvare le bozze di bilancio, sulle quali i revisori contabili ed i Consigli Comunali esprimono successivamente il proprio parere; altrimenti, viene richiesto ad amministratori ed uffici UTI/comunali di riformulare i propri obiettivi e budget previsionali, finché la quadratura non sarà raggiunta. Una volta espresso il parere da parte dei Consigli Comunali sulle bozze di bilancio, i percorsi dei due tipi di bilancio si dividono. Per quanto riguarda il bilancio dell’UTI, se i Consigli Comunali non hanno presentato emendamenti o gli emendamenti sono stati recepiti, il bilancio UTI viene definitivamente approvato dall’Assemblea dei Sindaci; altrimenti, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI ed i revisori contabili esprimono il proprio parere sugli emendamenti, prima che l’Assemblea dei Sindaci proceda all’approvazione finale del bilancio. La stessa cosa vale per i bilanci comunali, che devono però essere approvati in via definitiva dagli stessi Consigli Comunali e non dall’Assemblea dei Sindaci dell’Unione. Dopo l’attività di approvazione i due percorsi si riallineano nuovamente con l’approvazione della ripartizione in macroaggregati e capitoli, le comunicazioni ufficiali e l’assegnazione del bilancio, che chiude il processo. 120 Le fasi del progetto Il processo di ciclo attivo o “gestione delle entrate” è invece rappresentato nel seguente grafico. Fig. 4.14 Processo definitivo di ciclo attivo 121 Capitolo 4 In questo caso, gli attori coinvolti nel processo sono la tesoreria, il soggetto pagante, l’amministrazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, l’ufficio responsabile delle entrate ed Equitalia (o altro ente di recupero crediti). Il flusso di attività inizia con l’approvazione del PEG e l’assegnazione del budget di entrata da parte dell’amministrazione. Successivamente, l’ufficio responsabile delle entrate redige la determina di accertamento sulla quale l’ufficio finanziario dell’UTI (di seguito chiamato anche “Ragioneria”) ha il compito di effettuare il controllo di regolarità. Se la regolarità è confermata, la determina viene registrata, mentre in caso contrario essa dev’essere modificata dall’ufficio responsabile delle entrate, fino alla conferma della sua regolarità. Dopo la registrazione contabile della determina, il processo può proseguire verso due strade alternative a seconda del tipo di entrata: se si tratta di un pagamento non automatico, infatti, la Ragioneria deve inviare al soggetto pagante una richiesta di pagamento; a questo punto, una volta effettuato il pagamento la tesoreria può incassare l’importo. Seguono l’emissione della reversale d’incasso da parte della Ragioneria e la sua trasmissione alla tesoreria per la regolarizzazione. Parallelamente, l’ufficio responsabile delle entrate verifica l’effettiva riscossione degli accertamenti: nel caso l’esigibilità sia confermata, la Ragioneria procede con la registrazione contabile dell’incasso; in caso contrario l’ufficio competente dell’entrate può attivare il recupero crediti in modo “bonario”, cioè ripetendo la richiesta di pagamento al soggetto debitore fino a quando l’esigibilità non è confermata, oppure in maniera “coattiva”, affidando ad Equitalia o ad un altro ente di riscossione crediti il compito di riscuotere l’importo. In Fig. 4.17 è rappresentato il processo di ciclo passivo o “gestione delle uscite”, che coinvolge, simmetricamente rispetto al ciclo attivo appena descritto, la tesoreria, il fornitore, l’amministrazione e l’ufficio responsabile delle uscite. Il processo inizia con l’assegnazione delle risorse finanziarie ai responsabili dei servizi da parte dell’amministrazione; dopodiché, se l’affidamento è indiretto, l’ufficio responsabile delle uscite emana la determina a contrarre attivando la procedura di gara, altrimenti, se l’affidamento è diretto non è necessario indire alcuna gara: l’ufficio responsabile adotta direttamente la determina di affidamento ed assume l’impegno di spesa. A questo punto la Ragioneria UTI ha il compito di registrare l’impegno di spesa dopo aver verificato la regolarità contabile di tale impegno; qualora invece la regolarità non sia confermata, il processo non può continuare. Una volta apposto il visto di regolarità contabile, l’ufficio competente per le uscite può formalizzare il contratto con il fornitore del prodotto o servizio, e dovrà poi controllare che il contratto venga eseguito correttamente, affinchè il fornitore possa emettere la fattura. Il fornitore che non si attenga a quanto previsto dal contratto riceverà una contestazione da parte dell’Ente e non potrà emettere la fattura finché la prestazione non sarà eseguita correttamente. L’ufficio competente entrate dovrà inoltre verificare la regolarità della fattura presentata dal fornitore e respingerla con motivazione 122 Le fasi del progetto qualora non risulti regolare. Se la fattura è regolare, l’ufficio competente entrate procede alla sua liquidazione e la Ragioneria ne verifica la regolarità contabile. Se la regolarità è confermata, la fattura viene registrata contabilmente e viene trasmesso il mandato di pagamento con o senza split payment alla tesoreria, la quale procede al pagamento della prestazione al fornitore per conto dell’Ente. Fig. 4.15 Processo definitivo di ciclo passivo 123 Capitolo 4 Il seguente grafico riporta il flusso di attività del processo redazione del rendiconto dell’UTI e dei Comuni. Fig. 4.16 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni) Gli attori coinvolti nel processo di rendicontazione sono l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, gli uffici UTI/comunali, l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, i Consigli Comunali ed i revisori. La parte iniziale del flusso non cambia in funzione del tipo di rendiconto considerato (UTI o comunale) e prende avvio con le operazioni di riaccertamento ordinario dei residui da parte degli uffici UTI/comunali. I dati risultanti da queste operazioni vengono elaborati dall’ufficio Servizi finanziari dell’UTI per redigere una proposta di determina. La proposta di riaccertamento viene inviata ai revisori che esprimono un parere al riguardo, per essere poi approvata dall’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale. A questo punto la Ragioneria raccoglie presso gli altri uffici UTI/Comunali le informazioni necessarie per redigere 124 Le fasi del progetto il rendiconto, e dopo la redazione il processo si divide: se si sta considerando il rendiconto dei Comuni, la Giunta Comunale deve approvare la relazione illustrativa e lo schema di rendiconto, sul quale i revisori formuleranno il proprio parere, prima che il rendiconto dei Comuni venga approvato dai Consigli Comunali; se invece si stratta del rendiconto dell’UTI, il relativo schema di rendiconto dev’essere approvato dall’Assemblea dei Sindaci che, prima di approvare il rendiconto in via definitiva, chiedono il parere sullo schema ai revisori. All’approvazione definitiva del rendiconto, sia esso comunali e dell’Unione, seguono le comunicazioni obbligatorie, in cui dev’essere compresa la certificazione di bilancio. Riportiamo infine la rappresentazione standardizzata del processo di gestione fiscale, che appare più semplice rispetto ai processi fin qui analizzati, se si considerano il numero di attori coinvolti e le interazioni tra di essi; infatti, i soggetti che contribuiscono alla gestione fiscale all’interno dell’Unione sono solamente tre: l’ufficio Servizi finanziari, gli uffici UTI/comunali e la tesoreria. Il centro di competenza contabile ha però individuato due diversi processi appartenenti al macro processo di gestione fiscale: uno in cui l’ente agisce come soggetto d’imposta, e l’altro in cui rappresenta il sostituto d’imposta. Il processo di gestione fiscale come soggetto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.19, dove vediamo che le attività possono avviarsi in due modi alternativi: se non c’è rilevanza fiscale, gli uffici comunali/UTI liquidano la fattura senza rilevanza fiscale e il processo continua come ciclo attivo o passivo; altrimenti, gli uffici devono trasmettere alla Ragioneria informazioni sul documento attivo o passivo in questione ed effettuare la liquidazione con rilevanza fiscale. A questo punto, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI effettua le registrazioni fiscali, elabora i dati ai fini delle liquidazioni periodiche ed effettua il versamento all’Agenzia delle Entrate tramite F24 telematico. Al versamento segue il pagamento dei tributi da parte della tesoreria, dopo il quale la Ragioneria procede con i controlli e le eventuali denunce e può infine trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate. Il processo di gestione fiscale come sostituto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.20, dove si vede che le attività hanno inizio con la determinazione dei presupposti impositivi e dell’imposta da parte degli uffici UTI/comunali, a cui segue l’azione di liquidazione. Dopo la liquidazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI si occupa di effettuare le ritenute fiscali e, successivamente , di emettere il mandato di pagamento al creditore. Contemporaneamente lo stesso ufficio elabora i dati ai fini delle liquidazioni periodiche ed effettua il versamento tramite F24 all’Agenzia delle Entrate. Come nel caso del soggetto d’imposta, una volta che la tesoreria avrà pagato i tributi, la Ragioneria procederà con i controlli e le eventuali denunce e potrà infine trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate. Il processo termina quando la tesoreria ha effettuato anche il pagamento al creditore. 125 Capitolo 4 Fig. 4.17 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta) Fig. 4.18 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta) 126 Le fasi del progetto 4.6 Redazione dei regolamenti Scopo del progetto nextPA, si è detto essere quello di accompagnare la Pubblica Amministrazione locale nel processo di riordino degli enti territoriali della Regione, favorendo una crescita delle professionalità ma anche dotando gli Enti di strumenti e metodologie utili per affrontare i cambiamenti e gestire il nuovo assetto organizzativo. Uno degli strumenti che la PA considera basilari per la gestione dei propri Servizi è il Regolamento. ComPA ha quindi ritenuto fondamentale realizzare attraverso il centro di competenza anche questa attività. L’elemento innovativo, però, è stato quello di procedere alla stesura del regolamento partendo dai flussi descrittivi dei processi. Dopo aver semplificato e standardizzato i processi associati alla gestione del Servizio finanziario delle Unioni, ottenendo così le loro rappresentazioni grafiche definitive, si è proceduto infatti ad elaborare, insieme al centro di competenza contabile, il regolamento che disciplina la gestione di tale funzione. I regolamenti, insieme alle rappresentazioni grafiche dei processi, costituiscono la road map di cui i funzionari pubblici potranno servirsi per operare all’interno delle Unioni. Al centro di competenza contabile è stato chiesto innanzitutto di individuare gli argomenti che necessitavano di essere disciplinati per mezzo di un regolamento, evitando quindi di riportare al suo interno interi passaggi già disciplinati da testi normativi come si riscontra frequentemente nella maggior parte dei Regolamenti comunali, redatti con approccio burocratico piuttosto che organizzativo. È stato stilato il seguente indice, in cui gli stessi argomenti sono stati raggruppati in base al macro processo di appartenenza: • • • • • Ciclo della programmazione - Approvazione del bilancio - Approvazione del DUP - Approvazione del PEG - Variazioni della programmazione Ciclo della gestione - Ciclo attivo - Ciclo passivo - Gestione fiscale - Controlli interni - Variazioni della gestione Ciclo della rendicontazione - Revisione ordinaria dei residui - Rendicontazione Revisione economico-finanziaria Tesoreria 127 Capitolo 4 Il lavoro di stesura dei regolamenti si è svolto essenzialmente in due fasi: nella prima fase, ogni partecipante del centro di competenza si è focalizzato su un diverso processo, elaborando una prima bozza della parte di regolamento relativa a quel processo sulla base delle proprie personali conoscenze e dei riferimenti di carattere normativo e statutario a disposizione. Essendo sei i soggetti coinvolti nel centro di competenza, sei sono state le parti di regolamento finora elaborate: approvazione del bilancio, ciclo attivo, ciclo passivo, gestione fiscale, rendicontazione e variazioni della gestione, cinque delle quali coincidono con i processi precedentemente analizzati. Nella seconda fase, che è stata finora portata a termine solo per due delle sei parti sopracitate, le bozze sono state condivise e discusse con l’intero centro di competenza contabile, ricorrendo anche alla consultazione delle mappature ufficiali al fine di chiarire eventuali dubbi emersi durante la redazione delle bozze e di elaborarne la versione definitiva. È fondamentale che il regolamento disciplinante un processo sia coerente con quanto mappato nella sua rappresentazione grafica, in quanto mappatura e parte descrittiva dovranno essere considerati due documenti complementari, che insieme devono riuscire a dare una visione chiara ed esauriente di come gestire il Servizio e la funzione. In particolare, mentre la mappatura chiarisce la sequenza delle attività da svolgere e le responsabilità dei soggetti coinvolti per ognuna di esse, le descrizioni disciplinano il modo in cui tali attività devono essere svolte, evidenziandone i termini entro i quali possono iniziare e devono essere completate, ed elencando i documenti i documenti che è necessario elaborare. In questo paragrafo riportiamo il testo dei due regolamenti finora stilati, ovvero quelli del ciclo passivo e della rendicontazione. In “grassetto” sono stati evidenziati i vincoli di tipo temporale determinati dal centro di competenza in fase di stesura del regolamento. Si può notare che quanto disciplinato va di pari passo con la descrizione dei processi in termini di flusso avvenuta nella fase precedente, il ché indica che il vincolo di coerenza tra i due documenti è stato rispettato, cosa tra l’altro abbastanza ovvia dal momento che, come già accennato, le mappature dei processi sono state punto di partenza e oggetto di continua consultazione per il completamento delle parti descrittive. Le rappresentazioni grafiche dei processi con Bizagi possono quindi essere considerate, oltre che dei risultati operativi delle prime fasi del progetto, anche degli strumenti di supporto alle fasi successive e parti integranti del Regolamento del Servizio. Presentiamo di seguito la parte di Regolamento relativa al ciclo passivo, che è costituita da sei diversi articoli. Il primo articolo “La gestione della spesa”, riporta semplicemente le fasi attraverso le quali si sviluppa la gestione della spesa, ovvero l’impegno di spesa, la liquidazione, l’ordinazione ed il pagamento. 128 Le fasi del progetto Il secondo articolo disciplina la prima fase della gestione della spesa, l’impegno di spesa, riportando quanto segue: “Il Piano Esecutivo di Gestione e Sviluppo (PEG) assegna ai responsabili di Servizio per ciascun centro di responsabilità primaria, gli obiettivi di gestione e le dotazioni finanziarie, umane e strumentali necessarie al loro raggiungimento. Il responsabile di Servizio è responsabile della gestione del procedimento amministrativo di assunzione dell’atto di impegno, nonché della realizzazione dell’intervento cui è finalizzata, della liquidazione e del pagamento. La procedura prende avvio con la determina a contrarre. In tale fase il responsabile del Servizio controlla la disponibilità delle risorse e le prenota. Le attività proseguono con l’adozione della determina di impegno debitamente sottoscritta e completa di tutti gli elementi richiesti dalla normativa in vigore e da disposizioni interne; essa diventa esecutiva con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria da parte del responsabile del Servizio finanziario. Tale visto deve essere apposto entro il giorno lavorativo successivo. Nel caso in cui il visto di regolarità non possa essere apposto, il responsabile del Servizio finanziario è tenuto a darne comunicazione in via informatica al responsabile del Servizio proponente indicandone le ragioni ed eventualmente suggerendo possibili rimedi affinchè adotti le misure necessarie ad apportare le dovute correzioni e/o integrazioni. Ogni amministrazione quantificherà in base alla propria organizzazione interna il massimo numero di giorni che potranno decorrere tra l’adozione della determina a contrarre e l’apposizione del visto. Con la stipula del contratto l’obbligazione giuridica viene perfezionata e l’importo dell’impegno costituisce il vincolo all’ordinazione. Il direttore dell’esecuzione del contratto monitora costantemente lo svolgimento del contratto e adotta tempestivamente gli eventuali atti di variazione dell’importo contrattuale. Nel caso la spesa sia finanziata da specifiche entrate, il procedimento di spesa dovrà essere coordinato e sincronizzato con il procedimento di entrata e l’atto d’impegno dovrà farvi specifico riferimento citando il relativo atto di accertamento.” Il terzo articolo è intitolato “Registro delle fatture” e riporta quanto segue: “La fattura è accettata o respinta dal responsabile della spesa, che nel secondo caso ne darà comunicazione al fornitore. Il sistema informativo contabile assicura la tenuta del registro delle fatture automaticamente con l’accettazione delle stesse.” Il quarto articolo disciplina invece la seconda fase del processo di gestione della spesa, cioè la sua liquidazione: “La liquidazione è disposta dal Servizio cui compete l’esecuzione del provvedimento di spesa nell’osservanza del principio contabile, entro 15 giorni dal ricevimento della fattura. Con la liquidazione della spesa, il responsabile di Ufficio e Servizio attesta che il credito del terzo è divenuto liquido ed esigibile per l’intervenuta esecuzione e/o fornitura, anche parziale qualora contrattualmente previsto, dei beni, lavori e/o servizi prefissati. 129 Capitolo 4 Il provvedimento di liquidazione è immediatamente trasmesso al Servizio finanziario, corredato di eventuali documenti strettamente necessari per l’ordinazione di pagamento. Il Servizio Finanziario, eseguito il controllo di regolarità contabile, dispone l’ordinazione. Nel caso in cui il Servizio Finanziario rilevi irregolarità contabile, la liquidazione viene respinta al Servizio proponente, indicando le ragioni ed eventualmente suggerendo possibili rimedi.” Il quinto articolo tratta la fase di ordinazione: “Il Servizio finanziario procede alle verifiche dei documenti entro tre giorni dal ricevimento dell’atto di liquidazione e, qualora vengano valutati positivamente, emette immediatamente il mandato di pagamento. In caso di esito negativo delle verifiche il Servizio finanziario provvede all’ordinazione secondo le disposizioni di legge.” Il sesto ed ultimo articolo descrive infine la fase di pagamento come “il momento conclusivo del processo di effettuazione della spesa, che si realizza con l’estinzione da parte del Tesoriere dell’obbligazione verso il creditore.” Per quanto riguarda, invece, la parte di regolamento che descrive il processo di rendicontazione, essa è composta da cinque articoli. Il primo articolo disciplina la redazione del verbale di chiusura da parte del responsabile del Servizio finanziario: “Entro il 20 gennaio di ogni anno, prima delle operazioni di riaccertamento ordinario dei residui, il Responsabile del Servizio finanziario redige il verbale di chiusura derivante dalle scritture registrate fino al 31 dicembre dell’anno precedente. Il verbale di chiusura si conclude con un prospetto che evidenzia il risultato di amministrazione presunto.” Il secondo articolo tratta invece la fase di riaccertamento ordinario dei residui da parte dei responsabili dei Servizi, che devono eseguirlo seguendo le disposizioni dei principi contabili e della normativa vigente. Inoltre, stabilisce che “le segnalazioni conseguenti al riaccertamento ordinario dei residui, da inviare al Servizio finanziario entro il 15 febbraio, devono indicare e garantire, con piena assunzione di responsabilità: • • • • 130 La corretta imputazione delle entrate e delle spese secondo il criterio di esigibilità, eventualmente attraverso la richiesta delle necessarie variazioni di bilancio; La reimputazione delle spese non pagate entro il 31 dicembre dell’anno precedente; L’elenco dei residui attivi e passivi insussistenti con la relativa motivazione; L’elenco dei residui attivi di difficile esazione (crediti che si stima non verranno riscossi) o di quelli da eliminare perché di lieve entità, in quanto i costi di riscossione sarebbero superiori al credito recuperato. Le fasi del progetto Il Servizio finanziario raccoglie la documentazione, esegue le conseguenti registrazioni contabili e predispone entro il 1° marzo la proposta di deliberazione di riaccertamento dei residui, che viene immediatamente trasmessa ai revisori i quali dispongono di dieci giorni per la resa del parere di competenza. La proposta di deliberazione, corredata di tutti gli allegati, è adottata dalla Giunta entro il 15 marzo. Il terzo articolo, riferendosi alle attività di chiusura dell’esercizio, dispone quanto segue: “I Responsabili dei Servizi, fermo restando il costante monitoraggio delle risorse loro assegnate, predispongono: • • • Entro il 15 gennaio gli atti necessari all’aggiornamento degli inventari al 31 dicembre dell’anno precedente; Entro il 15 febbraio la relazione finale di gestione riferita all’attività svolta nell’anno precedente, utile anche ai fini della valutazione dei risultati, dalla quale emergono: - Gli obiettivi programmati e gli eventuali scostamenti fra gli stessi, nonché i risultati conseguiti con opportuna motivazione; - Le innovazioni poste in essere rispetto ai processi di lavoro ed alla modalità di erogazione dei servizi; - Le risorse utilizzate e quelle rimaste da utilizzare con l’indicazione delle eventuali necessità di reimputazione agli esercizi successivi, anche se si tratta di risorse confluite in avanzo di amministrazione; - Eventuali riflessi patrimoniali dell’attività svolta, compreso l’elenco dei crediti divenuti inesigibili. Entro il 15 febbraio la rendicontazione dei contributi straordinari ricevuti e gestiti, evidenziando le finalità perseguite, le somme spese e quelle da spendere in caso di intervento realizzabile in più esercizi, curando altresì l’adozione degli atti necessari alla reimputazione delle relative risorse. Il Servizio finanziario, oltre a presentare la propria relazione finale, supporta i diversi Servizi nella predisposizione degli atti di propria competenza. Le relazioni finali sono utilizzate dall’organo esecutivo per la predisposizione della relazione sulla gestione.” Il quarto articolo disciplina il ruolo degli agenti contabili nel processo di rendicontazione: “Gli agenti contabili sono individuati con formale provvedimento dal Presidente dell’UTI e sono di due categorie: gli agenti contabili interni sono l’economo e gli eventuali addetti alla riscossione di particolari entrate incaricati con atto formale, mentre gli agenti contabili esterni sono i concessionari per la riscossione dei tributi ed i concessionari di particolari servizi affidati all’esterno. Sono, inoltre, agenti contabili i consegnatari di quote e/o azioni di società partecipate dall’Ente. 131 Capitolo 4 Le somme riscosse dagli agenti contabili interni sono versate alla tesoreria con periodicità trimestrale o, comunque, al raggiungimento dell’incasso massimo di tremila euro, con redazione di distinte di versamento indicanti i dati per l’imputazione contabile e trasmesse al Servizio finanziario. Gli agenti contabili esterni versano il riscosso al tesoriere con periodicità prevista dall’atto di concessione e/o dalla legge. Tutti gli agenti contabili rendono il conto della gestione, entro i termini previsti dalla legge, al responsabile del Servizio finanziario, che provvede: • • • Alla parificazione con le scritture contabili dell’Ente; All’inserimento di tali conti fra gli allegati al rendiconto della gestione; Al deposito dei conti presso la competente sezione della Corte dei conti. Qualora i conti degli agenti contabili non siano riscontrati, anche parzialmente, il responsabile del Servizio finanziario ne dà immediata informazione agli agenti invitandoli a prendere cognizione delle motivazioni e di tutte le informazioni necessarie. Gli agenti possono presentare per iscritto le proprie controdeduzioni nei cinque giorni successivi. Trascorso tale termine il responsabile del Servizio finanziario parifica il conto o, nell’impossibilità di procedere in tal senso, dà atto delle risultanze di riscontro in apposito atto.” Il quinto ed ultimo articolo tratta invece la fase di elaborazione del rendiconto: “Sulla base delle relazioni finali di gestione dei responsabili dei Servizi e delle operazioni di riaccertamento, il responsabile del Servizio finanziario elabora gli schemi di conto del bilancio, di conto economico e di stato patrimoniale e gli altri allegati obbligatori. La suddetta documentazione, unitamente alla di proposta di delibera consiliare, è trasmessa alla Giunta entro il 15 marzo. Tali atti, una volta adottati, sono immediatamente trasmessi ai revisori dei conti per la resa del parere. Tutta la documentazione prevista dalla normativa vigente è messa a disposizione dei Consiglieri, in modalità telematica, venti giorni prima della data prevista per l’approvazione.” 4.7 Introduzione di indicatori di performance Durante la fase di redazione dei regolamenti, il centro di competenza contabile si è più volte trovato a dover stabilire delle date entro le quali determinate attività appartenenti al processo, come ad esempio la stesura e l’invio di documenti ad altri uffici, devono essere svolte. Ciò ha fatto emergere l’esigenza di introdurre anche una logica di “misurazione” oggi poco o per nulla presente nella gestione dei Servizi delle PA. Con il supporto di ComPA si è sviluppata una riflessione su quali dimensioni poter misurare in questo Servizio. Facilmente si è parlato di efficienza ed efficacia, ma per riuscire a fissare dei termini che siano verosimilmente osservabili 132 Le fasi del progetto da parte di tutte le Unioni della Regione, siano esse di piccole o di grandi dimensioni, e tenendo conto della disponibilità si dati in assenza di un controllo di gestione, i soggetti coinvolti nel centro di competenza hanno dovuto riflettere a lungo per trovare delle soluzioni che sostenibili. Sono stati individuati alcuni indicatori di processo per i processi, finalizzati a misurare il livello di servizio di ciascuna Unione, in termini, per il momento, di efficienza ed efficacia. In ogni caso, si tratta qualcosa di assolutamente innovativo per la maggior parte della Pubblica Amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia, che prima d’ora non si era mai dotata di strumenti che valutassero le performance degli Enti nei processi di erogazione dei servizi, soprattutto ai propri clienti interni. Per questo motivo, oltre che per il fatto che le Unioni sono enti nascenti, inizialmente gli indicatori permetteranno soltanto di individuare delle misure caratterizzanti ciascuna Unione. Solo confrontando tra loro i risultati delle misurazioni ottenute nei diversi Enti, sarà possibile valutare il loro livello di servizio per ciascun processo, e definire degli obiettivi di efficienza ed efficacia più o meno sfidanti in base alle possibilità dell’Ente stesso ed ai risultati ottenuti nelle altre UTI. Il passo successivo sarà quello di misurare e, laddove gli obiettivi di performance fissati non vengano raggiunti, di individuare le cause ed i possibili rimedi. Qualora invece gli obiettivi siano stati raggiunti e superati, potranno essere introdotti traguardi sempre più sfidanti e nuovi indicatori in grado di valutare altri aspetti dell’attuazione di un processo. Al momento, comunque, ci troviamo ad uno stadio embrionale di questa fase, dove sono state elaborate soltanto alcune bozze di indicatori. In particolare, il centro di competenza contabile si è finora concentrato sul processo di ciclo passivo, per il quale sono stati identificati tre diversi indicatori: 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖𝑝𝑜 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑛𝑣𝑖𝑎𝑡𝑖 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 (4.1) (4.2) (4.3) Si noti innanzitutto che le tre formulazioni riportate sono tutte di tipo puntuale, nel senso che il valore degli indicatori dev’essere sempre calcolato in determinate condizioni ed in un certo periodo di tempo. Un’altra caratteristica di questi indicatori è la loro formulazione “in positivo”, finalizzata ad introdurre una logica premiante e motivante. Il primo indicatore (4.1) esprime la percentuale di atti appartenenti al processo di ciclo passivo che sono stati conclusi in anticipo rispetto alle scadenze previste dal 133 Capitolo 4 regolamento di rendiconto, indicando quindi la presenza di eventuali “eccellenze” per quanto riguarda la tempestività del servizio erogato, e sottolineando essenzialmente una caratteristica positiva della realizzazione del processo, il ché potrebbe anche suggerire la diminuzione delle tempistiche previste dal regolamento. Il secondo indicatore (4.2) riguarda invece la percentuale di atti conclusi secondo le scadenze previste dal regolamento: se il valore di questo indicatore è alto, significa che il Servizio finanziario è in grado di rispettare fedelmente le scadenze previste dal centro di competenza contabile; se invece il suo valore è basso, indica che qualcosa non è andato come previsto e bisogna ricercare nel processo le cause di tale inefficienza. Il terzo indicatore (4.3) misura invece la capacità dei soggetti coinvolti nel processo di elaborare atti che siano essenzialmente privi di errori già dalla stesura iniziale, e che possano quindi di essere portati a termine direttamente, senza che sia necessario rinviarli agli uffici a monte per apportare eventuali correzioni, il ché implicherebbe una perdita di tempo. Si può notare che i tre indicatori presentati non possiedono ancora una denominazione ufficiale; si tratta infatti di una prima proposta, che quasi sicuramente sarà soggetta ad aggiustamenti e modifiche, mano a mano che il sistema verrà implementato nel tempo. Come riportato in letteratura, infatti, per poter impostare un sistema di misurazione delle performance vero e proprio, l’esecuzione dei processi dev’essere osservata per un tempo tale da poter riconoscere chiaramente quali siano i parametri che influenzano maggiormente le loro performance e in che modo queste possano essere valutate. È chiaro, quindi, che nella situazione in cui ci troviamo attualmente, dove i processi connessi con il Servizio finanziario delle Unioni sono appena stati “creati” ed i relativi regolamenti sono tuttora in fase di elaborazione, non sia ancora possibile stabilire degli indicatori di performance ufficiali per tali processi. 134 Capitolo 5 Risultati ottenuti e futuri sviluppi Questo ultimo capitolo sintetizza gli esiti che si sono ottenuti grazie all’applicazione al caso studio analizzato delle metodologie e degli strumenti a supporto della gestione per processi descritti nei precedenti capitoli. Si tratta di risultati di carattere sia formativo che operativo, il cui valore, già ampiamente riconoscibile, dovrebbe concretizzarsi ancor di più una volta che le gli strumenti fin qui sperimentati verranno utilizzati per avviare la gestione associata anche di tutte le altre funzioni contenute negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014. Si riportano, inoltre, le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ed i risultati che si prevede possano essere ottenuti in futuro, grazie all’attuazione di interventi simili a quello analizzato in questa tesi. 5.1 Risultati formativi Dal punto di vista formativo, i risultati ottenuti sono legati all’introduzione della gestione per processi all’interno della Pubblica Amministrazione locale. Il carattere in un certo senso innovativo di questo progetto, infatti, non sta tanto nel fatto di aver avviato il trasferimento di una funzione da un tipo di Ente ad un altro, quanto piuttosto nel modo di intendere l’organizzazione e nei mezzi utilizzati per farlo, oltre che, ovviamente, nel fatto di accompagnato un processo di riforma della Pubblica Amministrazione locale unico in Italia. La formazione in tal senso si è compiuta non solo di tipo teorico, come necessario nelle fasi iniziali del progetto per formare i funzionari pubblici sulla nuova metodologia che avrebbero dovuto adottare, ma anche di tipo empirico, come avvenuto in tutte le fasi successive, dove gli stessi funzionari hanno avuto modo di applicare nei tavoli di lavoro i concetti teorici appresi e di entrare sempre più a contatto con questo nuovo modo di ragionare e di vedere l’organizzazione. Questo progetto ha così permesso di introdurre per la prima volta la logica di processo nella Pubblica Amministrazione locale della nostra Regione, aprendo così la strada alla diffusione di metodologie e strumenti di tipo scientifico in un contesto dominato da abitudini piuttosto datate, che mai prima d’ora aveva avvertito la necessità di sottoporre la propria struttura ed i propri servizi ad un’analisi scientifica delle attività e alla successiva misurazione delle performance. 135 Capitolo 5 Man mano che i principi ed i meccanismi della gestione per processi sono stati recepiti ed adottati dai soggetti coinvolti nel progetto, è stato possibile realizzare gli obiettivi operativi di definizione dell’organizzazione del Servizio finanziario delle nascenti UTI, che hanno compreso, tra l’altro, la mappatura e la standardizzazione dei processi di maggiore interesse e l’elaborazione dei regolamenti disciplinatori. Attualmente ci troviamo nella fase iniziale del processo di diffusione della logica di processo all’interno degli Enti pubblici, dal momento che la formazione in detta materia ha riguardato per ora soltanto una parte di chi opera nella Pubblica Amministrazione locale, rivolgendosi in modo particolare ai funzionari responsabili di Servizio e di processo. La decisione di coinvolgere inizialmente nella formazione solo alcune persone è dovuta ad una duplice esigenza: da un lato quella di non “bloccare” le attività degli Enti privandoli di tutto il personale; dall’altro quella di lavorare con le persone aventi una maggiore visione d’insieme. Il percorso prevedrebbe poi che questi stessi soggetti, forti delle competenze ed esperienze acquisite, trasmettessero il nuovo approccio a tutti i livelli del loro Servizio. A supporto di questo trasferimento è inoltre previsto l’intervento dei membri del centro di competenza, che rappresentano i “formatori interni al sistema” di cui gli enti potranno beneficiare. Il risultato del progetto dal punto di vista formativo consiste quindi nell’introduzione e nella diffusione all’interno degli Enti locali del Friuli-Venezia Giulia di una cultura più tipica delle aziende private ma del tutto innovativa per quelle pubbliche, che dovrebbe permettere di aumentare la capacità della Pubblica Amministrazione locale di individuare e risolvere le proprie inefficienze ed agire in un’ottica di miglioramento continuo dei propri servizi. 5.2 Risultati operativi Il termine “risultati operativi” sta ad indicare l’insieme degli esiti concreti ed in qualche modo tangibili risultanti dal compimento di un’azione o di un intervento. Prima di passare in rassegna i risultati operativi derivanti dall’analisi di questo caso studio, è opportuno ricordare che l’intervento in questione nasce dalla necessità e dalla volontà di dare vita ad una nuova tipologia di Ente pubblico territoriale, avviandone le sue principali funzioni, e in particolare impostando la struttura della sua funzione finanziaria, che a partire dal 1 gennaio 2017 dovrà essere gestita in forma associata per tutti i comuni del territorio regionale. Come si può facilmente percepire, si tratta di un obiettivo già di per sé concreto, che per essere realizzato deve passare attraverso un’analisi altrettanto concreta della situazione attuale e dei nuovi elementi da tenere in considerazione nella definizione della situazione futura. Oltre a ciò, altri risultati operativi sono stati conseguiti grazie all’applicazione degli strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per processi e sono fondamentalmente di tre tipologie: 136 Risultati ottenuti e futuri sviluppi • • • La rappresentazione grafica dei processi coinvolti nella funzione finanziaria delle nascenti Unioni sotto forma di mappatura dei relativi flussi di attività; L’elaborazione del regolamento che disciplina lo svolgimento dei suddetti processi; L’introduzione di alcuni indicatori di performance per il Servizio finanziario. Per quanto riguarda la rappresentazione grafica dei processi, le cinque mappature definitive sono state ottenute, come abbiamo visto, in modo graduale, in seguito alla realizzazione di una serie di passaggi preventivi che ripercorriamo come segue. Prima di tutto sono stati individuati i macro processi ed i relativi processi che descrivano il Servizio finanziario e contabile delle Unioni; dopodiché, per ogni macro processo considerato, sono stati identificati i process owner e gli elementi necessari alla compilazione del diagramma SIPOC, ovvero i fornitori, gli input, gli output ed i clienti del processo. L’individuazione di questi elementi ha facilitato notevolmente la successiva fase di descrizione dei processi da parte dei funzionari coinvolti nei diversi cantieri territoriali analizzati, nei quali i processi descritti sono stati poi rappresentati graficamente utilizzando il linguaggio BPMN proposto dal software Bizagi. In questo modo si sono ottenute diverse versioni di ogni processo considerato, una per ogni cantiere in cui il processo è stato descritto e quindi mappato. Il confronto tra le varie versioni elaborate e la successiva semplificazione dei flussi da parte del centro di competenza contabile, ha portato ad ottenere una standardizzazione dei processi, il cui output coincide con la mappatura definitiva dei cinque processi considerati più critici per la gestione del Servizio finanziario: la redazione ed approvazione del bilancio, la rendicontazione, il ciclo attivo, il ciclo passivo e la gestione fiscale. A partire da quanto riportato in tali rappresentazioni e sulla base dell’esperienza maturata dai soggetti appartenenti al centro di competenza contabile, è stato poi elaborato un regolamento atto a disciplinare lo svolgimento dei processi di competenza del Servizio finanziario. Nello stesso, sono stati fissati i limiti temporali entro i quali si prevede che le attività di un processo possano e debbano essere compiute, e sono stati elencati tutti gli atti e le informazioni che dovranno essere prodotti durante le varie fasi di un processo. Il regolamento così elaborato, composto dalle parti descrittive che completano e integrano le rappresentazioni grafiche dei processi ottenute dalla loro mappatura, costituisce una sorta di road map per quella parte della Pubblica Amministrazione locale che si troverà a dover gestire per la prima volta la funzione finanziaria all’interno delle Unioni territoriali intercomunali. Infatti, se da un lato la mappatura di un processo consente ai soggetti in esso coinvolti di visualizzare rapidamente la sequenza delle attività da svolgere e le interconnessioni esistenti tra i vari uffici interni ed esterni all’Ente, dall’altro lato la descrizione è importante per definire le modalità e le regole a cui è necessario sottostare affinchè un processo venga portato a compimento, costituendo così una guida allo svolgimento delle attività rappresentate. 137 Capitolo 5 Il regolamento è stato completato con la definizione di indicatori che permettono di valutare il livello di qualità dei servizi erogati dalla funzione finanziaria dell’UTI. Nonostante per il momento sia stato possibile introdurre soltanto alcune semplici formulazioni, queste ultime possono essere considerate un importante risultato operativo del progetto, perché rappresentano un primo segnale della volontà di valutare e di migliorare la qualità dei servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione locale. 5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto Ripercorrendo le varie fasi di sviluppo del progetto, possiamo affermare che le maggiori difficoltà rilevate durante il suo avanzamento sono legate essenzialmente alla mancanza di familiarità con le materie in esame, che comprende da un lato la scarsa conoscenza da parte nostra di ciò che avviene all’interno della Pubblica Amministrazione locale, e dall’altro la quasi totale inesperienza dei funzionari pubblici in materia di gestione dei processi. Il primo grande ostacolo incontrato, infatti, ha riguardato proprio l’introduzione del concetto di gestione per processi nella PA locale, abituata fino a quel momento a ragionare in una logica funzionale. Inizialmente è stato quindi indispensabile riprendere con i soggetti coinvolti nel progetto il concetto di processo e le varie nozioni ad asso associate. Questo ha reso possibile l’individuazione dei processi e dei macro processi del Servizio finanziario (tabelle 4.1 e 4.2), ma con tempi dilatati. Allo stesso tempo, però, visto il linguaggio molto specifico utilizzato nella Pubblica Amministrazione, soprattutto nell’ambito del Servizio finanziario, spesso è stata necessario attivare un apprendimento anche nella direzione opposta, ovvero dai funzionari pubblici verso il gruppo di consulenti ComPA incaricati di mappare i processi. Ciò è stato indispensabile per chiarire fin dal principio eventuali dubbi derivanti dalla terminologia utilizzata, che sarebbero altrimenti sfociati in incomprensioni riguardanti la successiva descrizione dei processi. Nella fase di mappatura dei processi, invece, la difficoltà iniziale è stata quella di far conoscere ai soggetti coinvolti le reali potenzialità dello strumento grafico utilizzato e di far loro comprendere l’importanza di attenersi, nella descrizione di un processo, ad alcune regole concettuali ed informatiche di non immediata applicazione, come ad esempio quella di descrivere le varie attività in modo breve ma allo stesso tempo esaustivo, o di rendere il processo il più possibile pulito e lineare. Un’ulteriore difficoltà riscontrata durante la fase di descrizione dei processi, è stata quella di riuscire a distinguere il confine tra prassi, procedure e processi, in modo che la loro rappresentazione grafica contenesse soltanto le attività effettivamente appartenenti ad un processo, e non quelle facenti parte di una prassi già impiegata negli enti comunali. 138 Risultati ottenuti e futuri sviluppi In tutte le fasi del progetto, inoltre, si è dovuto procedere tenendo in considerazione i numerosi aspetti normativi in gioco, che talvolta hanno reso una materia già poco conosciuta ancora più vasta e complessa. Nonostante queste difficoltà, Bizagi si è comunque rivelato uno strumento abbastanza flessibile, capace di adattarsi alle necessità specifiche dell’organizzazione in questione, sebbene si trattasse di enti pubblici e non di imprese private. Inoltre, l’interfaccia utente utilizzata da Bizagi si è dimostrata user friendly anche per gli stessi funzionari pubblici coinvolti nel progetto, la cui conoscenza iniziale sul tema si era rivelata piuttosto limitata; è stato sufficiente, infatti, effettuare una breve descrizione degli elementi utilizzati nel linguaggio BPMN, per rendere completamente comprensibili a tutti i soggetti interessati le rappresentazioni grafiche elaborate. 5.4 Possibili sviluppi futuri Come si può evincere dalla descrizione delle varie fasi del progetto, alcune di esse, in particolare quelle che interessano la stesura dei regolamenti e la formulazione degli indicatori di performance per i processi, non sono state ancora del tutto completate. La redazione del regolamento, ad esempio, è stata portata a termine soltanto per due dei cinque processi analizzati nelle fasi precedenti, mentre la definizione degli indicatori ha riguardato solamente il processo di ciclo passivo. Senza dubbio, quindi, prima di procedere ad eventuali sviluppi successivi del progetto, sarà necessario terminare il lavoro di elaborazione dei regolamenti ed impostare almeno una prima versione del sistema di misurazione delle performance del Servizio finanziario delle Unioni. Tuttavia, benché il caso analizzato in questa tesi abbia riguardato l’analisi e la rappresentazione dei processi associati alla sola funzione finanziaria delle nascenti Unioni, è opportuno ricordare che esso fa parte in realtà di un progetto molto più ampio, il cui obiettivo è quello di accompagnare la Pubblica Amministrazione locale della nostra regione nell’importante processo riformativo che la vede coinvolta e che comprende la costituzione e l’avvio di tutte le funzioni delle nuove UTI. È evidente, quindi, che dopo aver completato il lavoro di “ristrutturazione” del Servizio finanziario e contabile, si dovrà procedere in modo analogo per tutte le altre funzioni elencate negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, tenendo ovviamente conto delle relative priorità. Per altre cinque funzioni la prima fase di rappresentazione con Bizagi dei relativi processi è già stata compiuta. L’intenzione è quella di utilizzare le metodologie e gli strumenti impiegati in questo caso studio per esaminare e predisporre il funzionamento anche di tutti gli altri Servizi di pertinenza delle Unioni. Il passo successivo (auspicato da ComPA FVG) sarebbe quello di far sì che i funzionari coinvolti nei vari Servizi dell’Ente iniziassero ad utilizzare in modo 139 Capitolo 5 autonomo gli strumenti ed i linguaggi di mappatura dei processi e coinvolgessero in questa fase anche i livelli più bassi della propria funzione. Questo favorirebbe la comprensione e la diffusione della logica di processo all’interno dell’Ente e consentirebbe a tutti di contribuire in modo attivo alla formalizzazione del know-how aziendale. La stessa metodologia potrebbe inoltre essere applicata non solo alle altre funzioni che diventeranno di pertinenza delle Unioni, ma anche a quelle che rimarranno in capo ai Comuni, al fine di valutare e migliorare anche la qualità di quei Servizi che non saranno trasferiti ai nuovi Enti. Infine, uno studio più approfondito dei processi considerati, tale da far emergere informazioni di maggior dettaglio sulle singole attività, come ad esempio i tempi standard necessari per la loro esecuzione, produrrebbe un ampliamento della documentazione ad essi associata, che diventerebbe assai utile per attivare processi di benchmarking ma anche per procedere alla certificazione della qualità dei Servizi erogati dai vari Enti territoriali e quindi alla definizione e adozione della “Carta dei cittadini”, che sarebbero in questo caso non solo clienti esterni ma anche interni. 140 CONCLUSIONI I risultati derivanti dallo sviluppo del progetto descritto in questa tesi dimostrano come le metodologie e gli strumenti a supporto della gestione aziendale per processi, comunemente utilizzati dalle imprese private, possano essere applicati con successo anche in contesti appartenenti al settore pubblico, ed in particolare all’interno della Pubblica Amministrazione locale. Come si evince dall’analisi della letteratura, lo scopo del Business Process Management è quello di diffondere all’intera azienda il concetto di “operare per obiettivi”, ponendo particolare attenzione al cliente ed ai suoi bisogni, la cui soddisfazione deve ispirare la logica di coordinamento di tutte le attività aziendali. In questo caso, l’approccio per processi si inserisce all’interno di un’azienda pubblica molto ampia, che comprende tutti gli enti locali presenti sul territorio regionale e coinvolge il personale in essi operante a tutti i livelli. È chiaro, quindi, che affinchè tale logica possa raggiungere le varie aree aziendali e diffondersi all’interno dell’intera organizzazione, siano necessari interventi formativi e sinergici sforzi comunicativi da parte di tutti i soggetti coinvolti, specialmente da coloro che rivestono un ruolo di maggiore e riconosciuta competenza all’interno degli enti locali. Da qui la scelta di costituire dei gruppi di esperti nelle materie in esame (i “centri di competenza”) che attraverso dei tavoli di lavoro potessero acquisire le conoscenze fondamentali sulla gestione per processi e progettare il cambiamento organizzativo in modo collaborativo e consapevole. Tuttavia, l’attività svolta dai centri di competenza può risultare efficace solo se accompagnata dalla diffusione all’interno dell’organizzazione delle metodologie adottate e dei risultati ottenuti, nonché da una certa predisposizione al cambiamento da parte dei funzionari operanti all’interno degli enti. Nel contesto pubblico, infatti, si riscontra spesso una certa resistenza al cambiamento da parte dei funzionari, abituati a vedere l’organizzazione come una serie di funzioni separate ed indipendenti, ciascuna con i propri compiti ed obiettivi da raggiungere, e non come un insieme di attività interdipendenti aventi come obiettivo comune la soddisfazione del cliente. L’introduzione dell’approccio per processi rende invece necessario il superamento della struttura funzional-gerarchica tipica degli enti pubblici: l’aggregazione per funzione lascia spazio a quella per obiettivi/competenza/attività; la responsabilità viene conferita in relazione al ruolo ricoperto nello specifico processo e non necessariamente all’autorità attribuita. Ogni processo, infatti, si focalizza su una specifica esigenza del cliente, a tal fine richiedendo il coordinamento di attività o fasi svolte da risorse appartenenti a diverse funzioni aziendali. È importante sottolineare che la gestione per processi non intende abbandonare completamente la struttura funzionale, ma cerca piuttosto di sovrapporsi ad essa per porre maggiore accento sul cliente finale. 141 Questa tesi descrive la metodologia e gli strumenti adottati nello sviluppo di un progetto avente come fine ultimo quello di generare delle linee guida alle quali il personale operante all’interno degli enti locali potrà fare riferimento e dovrà attenersi, per quanto possibile, nell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi previsti dalla normativa regionale. Tale progetto può essere definito innovativo innanzitutto per aver applicato per la prima volta nella Pubblica Amministrazione locale le teorie ed i principi della gestione per processi, introducendo così anche negli enti locali la filosofia del New Public Management. Inoltre, è bene sottolineare che il progetto ha coinvolto l’analisi e la mappatura di processi in un certo senso “nuovi”, perché nuove rispetto al passato sono le modalità di esecuzione e le responsabilità affidate ai vari attori coinvolti. Si tratta quindi di una sorta di previsione dell’attività futura, piuttosto che di una semplice azione di riprogettazione o miglioramento dei processi attuali, il ché conferisce al progetto un’impronta ancor più innovativa. Volendo però far rientrare questo intervento di analisi e ridefinizione dei processi aziendali in una delle categorie individuate in letteratura, esso potrebbe essere inserito in quella classe di interventi che prevede una fase iniziale di riprogettazione dei processi attuali (Business Process Reengineering), e dal loro successivo e graduale miglioramento (Business Process Improvement), al fine di raggiungere dei risultati che siano il più possibile stabili e duraturi. Avendo riguardato per il momento soltanto la funzione finanziaria e contabile delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, l’attività di mappatura dei processi e redazione dei regolamenti finora svolta costituisce soltanto una fase iniziale di questo progetto. Il prossimo passo sarà quello di approfondire l’analisi delle possibili criticità dei processi al fine di formulare degli indicatori in grado di valutarne le performance in un’ottica di miglioramento continuo. Le metodologie e gli strumenti fin qui sviluppati potranno poi essere riproposti ed applicati in sede di mappatura ed analisi dei processi appartenenti a tutte le altre funzioni comunali in trasferimento alle UTI, la cui attuazione determinerà il completamento dell’intero progetto. 142 BIBLIOGRAFIA Alessandroni A., Lazzi G., Santucci G., Sistemi informativi: organizzazione e reingegnerizzazione, Milano, FrancoAngeli, 2001, pagg. 64-106 Becker J., Rosemann M., Von Uthmann C., “Guidelines of business process modeling”, Business Process Management, Vol. 1806, pagg. 30-49 Beretta S., Bozzolan S., “Il governo della performance dei processi di business: Dai Key Performance Indicator ai Key Risk Indicator”, Management Control, 2013 Berger C., Guillard S., La rappresentazione grafica dei processi: Modalità e tecniche di descrizione, Milano, UNI, 2005, pagg. 1-23 Bianchini M., “La gestione per processi integra pratiche di knowledge management: Investire nell’innovazione continua”, it Consult, pagg. 1-6, 2007 Biroli M., “Process Analysis o Process Management”, Sistemi & Impresa, 1992 Borgonovi E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Milano, Egea, 2013 Bovaird T., Löffler E., Public Management and Governance, New York (USA), Routledge, 2003, pagg. 165-198 Caringella F., Del Giudice F., Delpino L., Compendio di Diritto Amministrativo, Napoli, Edizioni Simone, 1998 Casati F., Pernici B., “Linguaggi per la modellazione dei processi aziendali”, Sistemi Informativi, Vol. 2, 2001 Cavalli L, Conoscenza e gestione: Come valorizzare il patrimonio conoscitivo aziendale, Milano, Ledizioni, 2008 Cavalli S., “Il sistema di misurazione delle prestazioni aziendali”, Corso di Tecnologie dell’informazione applicata ai processi aziendali, Università degli Studi di Bergamo, Febbraio 2008 CEPAS (a cura di), Raggiungere i risultati con la gestione per processi: Migliorare i processi per essere competitivi, Milano, FrancoAngeli, 2006 Champy J., Reengineering Management: The Mandate for New Leadership, New York, Harper Collins Publishers, 1995 143 Champy J., Hammer M.., Reengineering the Corporation: A manifesto for business revolution, Harper Collins Publishers, 1993 Cosenz F., Sistemi di governo e valutazione della performance per l’azienda Università, Milano, Giuffrè, 2011 Davenport T., Process Innovation: Reengineering work through information technology, Boston, Harvard Business School Press, 1993 De Toni A.F., Nassimbeni G., Tonchia S., “An instrument for quality performance measurement”, International Journal of Production Economics, Vol. 38, pagg. 199-207, Novembre 1995 De Risi P., Franchi P., Manuale della Qualità: Dalla visione per processi alla gestione per processi, Milano, Il Sole 24 Ore, 2001 Di Crosta F., Indicatori di performance aziendali. 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La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell' articolo 4, primo comma, numero 1 bis), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 ( Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con la presente legge e con provvedimenti a essa collegati e successivi, anche di natura non legislativa, attua il processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle dimensioni ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la definizione dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione delle funzioni amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema policentrico che favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema Regione-Autonomie locali, l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai cittadini, nonché l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche. Art. 2 (Assetto istituzionale) 1. L'ordinamento degli enti locali della Regione si basa sui Comuni, quali enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione, dallo Statuto speciale e dalla presente legge. 2. L'ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali (Unioni) e la definizione delle rispettive funzioni sono orientati al soddisfacimento dei bisogni del cittadino. Art. 4 (Piano di riordino territoriale) 1. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, con deliberazione pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, adotta la proposta del Piano di riordino territoriale per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile che include tutti i Comuni della Regione e individua le dimensioni delle Unioni territoriali intercomunali di cui all'articolo 5. 2. La proposta di Piano è effettuata nel rispetto dei seguenti criteri: a) contiguità territoriale dei Comuni ricompresi nelle Unioni; b) limite demografico minimo per ciascuna Unione pari a 40.000 abitanti ovvero pari a 30.000 abitanti qualora comprenda Comuni appartenenti o appartenuti a Comunità montane; 149 c) omogeneità, complementarietà e integrazione delle caratteristiche geografiche, demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali, culturali e infrastrutturali; d) compatibilità con il territorio delle Aziende per l'assistenza sanitaria; e) integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme associative o convenzioni. 3. La Giunta regionale acquisisce il parere del Consiglio delle autonomie locali entro venti giorni dalla trasmissione della deliberazione di cui al comma 1. 4. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione della deliberazione di cui al comma 1: a) i Comuni di ciascuna istituenda Unione il cui territorio sia confinante con quello di altra Unione e quelli con essi confinanti possono chiedere l'inclusione in un'Unione contermine; b) i Comuni di cui all'articolo 6, comma 2, che non intendono aderire ad alcuna Unione ne danno comunicazione alla Regione; entro i successivi venti giorni gli stessi Comuni trasmettono una relazione nella quale viene delineata la sostenibilità dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 26, a fronte della riduzione delle risorse di cui all'articolo 42. 5. Le determinazioni di cui al comma 4 sono assunte dai consigli comunali con deliberazione motivata adottata a maggioranza assoluta. 6. Nei successivi quarantacinque giorni la Giunta regionale, acquisite le richieste e le comunicazioni dei Comuni di cui al comma 4, e tenuto conto dei criteri di cui al comma 2, approva il Piano di riordino territoriale, con deliberazione pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, contenente la delimitazione geografica delle Unioni territoriali intercomunali, l'elenco dei Comuni che non aderiscono ad alcuna Unione e la decorrenza della sua efficacia. 7. Qualora le modifiche rispetto alla proposta di Piano, derivanti dall'applicazione del comma 4, non consentano l'osservanza dei criteri di cui al comma 2, lettere a), b) e d), la Giunta regionale può prescindere dagli stessi dandone adeguata motivazione provvedendo, qualora necessario, ad avviare il procedimento previsto dall' articolo 6, comma 2, della legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17 (Riordino dell'assetto istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale e norme in materia di programmazione sanitaria e sociosanitaria). La presente disposizione si applica in particolare per i Comuni nell'ambito territoriale di cui all' articolo 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia). Art. 5 (Unioni territoriali intercomunali) 1. Le Unioni territoriali intercomunali sono enti locali dotati di personalità giuridica, aventi natura di unioni di Comuni, istituiti dalla presente legge per l'esercizio coordinato di funzioni e servizi comunali, sovracomunali e di area vasta, nonché per lo sviluppo territoriale, economico e sociale. 150 2. L'Unione ha autonomia statutaria e regolamentare secondo le modalità stabilite dalla presente legge e a essa si applicano i principi previsti per l'ordinamento degli enti locali e, in quanto compatibili, le norme di cui all' articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Art. 6 (Modalità di adesione alle Unioni) 1. L'adesione a un'Unione è obbligatoria per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane. 2. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane, costituisce condizione per la piena fruizione del supporto finanziario regionale agli enti locali previsto dall'articolo 42. 3. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni di cui al comma 2 non è revocabile per dieci anni. 3 bis. Il termine di cui al comma 3 non trova applicazione per i Comuni che aderiscano ad altra Unione confinante ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettera a), qualora gli stessi, entro tre anni, decidano di aderire all'Unione prevista originariamente dal Piano di riordino territoriale di cui all'articolo 4, sentito il parere delle rispettive Assemblee. 4. Ai fini del monitoraggio e attuazione di risparmi di spesa conseguenti all'istituzione di Unioni territoriali intercomunali, la Direzione centrale competente effettua la ricognizione dei costi derivanti dall'erogazione dei servizi o da altre funzioni di pubblica utilità. 5. Ove alla scadenza del primo quadriennio successivo alla costituzione non risulti, in forma consolidata per l'Unione e per i Comuni a essa aderenti, il conseguimento di risparmi di spesa nonché di adeguati livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, nell’esercizio dei servizi e delle funzioni di cui al comma 4, l'Amministrazione regionale è autorizzata ad applicare misure di penalizzazione di natura finanziaria. L'Osservatorio regionale di cui all'articolo 59 propone parametri oggettivamente rilevati per la definizione del conseguimento del risparmio, tenuto conto degli equilibri precedentemente perseguiti dai soggetti cui le Unioni sono subentrate. 6. Fermi restando i vincoli previsti dalla vigente normativa, in relazione alle funzioni comunali esercitate in forma associata, la spesa sostenuta per il funzionamento generale dell'Unione, compresa la spesa di personale, non può comportare, in sede di prima applicazione e per i primi tre anni a decorrere dal 2016, il superamento della somma delle medesime spese sostenute dai singoli Comuni partecipanti e pro quota dalla Comunità montana, dalla Comunità collinare e dalle Province, in relazione alle risorse umane e strumentali trasferite all'Unione, calcolate sulla media del triennio 2012-2014. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa 151 e la programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa. 7. Qualora i risparmi di spesa di cui al comma 6 vengano conseguiti nel primo triennio, decorrente dal 2016, di esercizio delle Unioni, la Regione può riconoscere alle stesse incentivi annuali corrispondenti al risparmio conseguito per ciascun anno. 8. La legge regionale di riforma della finanza locale definisce le modalità di attuazione dei commi 5, 6 e 7. Art. 26 (Funzioni comunali esercitate dall'Unione) 1. A decorrere dall'1 luglio 2016 i Comuni esercitano in forma associata, tramite l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera i) e almeno ulteriori due funzioni comunali nelle materie di seguito elencate: a) gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale dell'amministrazione e dell'attività di controllo; b) sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10 della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), ferma restando la disciplina della forma associata del Servizio sociale dei Comuni di cui agli articoli da 17 a 21 della legge regionale 6/2006 ; c) polizia locale e polizia amministrativa locale; d) attività produttive, ivi compreso lo Sportello unico; e) catasto, a eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla normativa vigente; f) programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale; g) pianificazione di protezione civile; h) statistica; i) elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo; l) gestione dei servizi tributari. 2. A decorrere dall'1 gennaio 2017 i Comuni esercitano in forma associata, tramite l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera b) e almeno altre due delle funzioni comunali nelle materie di cui al comma 1. 3. Le restanti funzioni di cui al comma 1 sono esercitate dai Comuni in forma associata tramite l'Unione a decorrere dall'1 gennaio 2018. 4. Agli organi dell'Unione competono le decisioni riguardanti le funzioni di cui al presente articolo con le modalità e nei termini previsti dallo statuto . 5. Il contenuto degli atti in materia di programmazione e di pianificazione territoriale di livello sovracomunale è determinato dalla normativa regionale di settore. 152 Art. 27 (Funzioni comunali gestite avvalendosi dell'Unione) 1. Nell’ambito di ciascuna Unione, i Comuni esercitano in forma associata le funzioni comunali nelle materie e attività e con le decorrenze di seguito indicate: a) A decorrere dall’1 luglio 2016, la programmazione e gestione dei fabbisogni di beni e servizi in relazione all’attività della Centrale unica di committenza regionale; b) A decorrere dall’1 gennaio 2017, i servizi finanziari e contabili e il controllo di gestione, nonché almeno due tra le seguenti: 1) opere pubbliche e procedure espropriative; 2) pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata; 3) procedure autorizzatorie in materia di energia; 4) organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale; 5) edilizia scolastica e servizi scolastici; c) A decorrere dall’1 gennaio 2018, le restanti materie e attività di cui alla lettera b). 2. Gli organi dei Comuni conservano la competenza ad assumere le decisioni riguardanti le funzioni di cui al presente articolo. 3. Nell’ambito di ciascuna Unione le funzioni relative alla lettera a) sono esercitate dai Comuni avvalendosi degli uffici dell’Unione; le funzioni nelle materie di cui alla lettera b) sono esercitate in forma associata dai Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane, mediante convenzione, in modo da raggiungere la medesima soglia demografica complessiva, o, in alternativa, avvalendosi degli uffici dell’Unione. 4. Le soglie demografiche indicate al comma 3 ai fini dell’esercizio associato di funzioni comunali tramite convenzione possono essere derogate e ridotte rispettivamente fino a 7.500 e 3.000 abitanti nei casi di particolare adeguatezza organizzativa previsti con deliberazione della Giunta regionale, d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali; l’Osservatorio per la riforma di cui all’articolo 59 fornisce i criteri idonei a determinare i presupposti di adeguatezza organizzativa. 5. Le soglie demografiche indicate ai commi 3 e 4 possono essere ridotte di un ulteriore 30 per cento per i Comuni di cui all’articolo 4 della legge 38/2001. 153