Università degli Studi di Udine

Università degli Studi di Udine
DIPARTIMENTO POLITECNICO DI INGEGNERIA E
ARCHITETTURA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE
TESI DI LAUREA MAGISTRALE
La gestione per processi nella Pubblica
Amministrazione locale: il caso delle
Unioni territoriali intercomunali
Relatore:
Prof. Marco Sartor
Correlatrice:
Dott.ssa Milena Grion
ANNO ACCADEMICO 2015-2016
Laureanda:
Jasmine Zevini
Alla mia famiglia,
presente e futura.
SOMMARIO
Negli ultimi anni la Pubblica Amministrazione italiana è stata oggetto di un’intensa
attività di riforma delle autonomie locali, che ha riguardato, tra l’altro, l’introduzione
di nuove forme associative tra gli enti territoriali esistenti, con lo scopo di migliorare
l’efficienza e la qualità dei servizi da essi erogati, razionalizzando la spesa pubblica e
l’utilizzo delle risorse umane e materiali.
In particolare, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha recentemente disposto
ed approvato la costituzione sul proprio territorio di 18 Unioni territoriali
intercomunali, dei nuovi enti aventi il compito di esercitare in forma associata alcune
delle funzioni precedentemente gestite in maniera autonoma all’interno dei singoli
Comuni. L’efficientamento dei servizi sarà quindi ottenibile attraverso la continua
condivisione di spazi e risorse da parte dei Comuni nelle nuove strutture, che
dovranno essere in grado al tempo stesso di garantire la soddisfazione delle esigenze
dei territori e dei cittadini.
In tale prospettiva, assume particolare rilevanza la possibilità di individuare e
rappresentare i processi aziendali coinvolti nel cambiamento, in modo da poterne
identificare le criticità, visualizzando chiaramente anche i nuovi elementi introdotti
dalla riforma.
Questa tesi ha come oggetto di analisi ed implementazione la rappresentazione dei
processi aziendali delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, ed in particolare
della loro funzione finanziaria e contabile, al fine di ottenere una documentazione
che possa agevolarne l’avvio dell’esercizio in forma associata, sviluppando nel
contempo una metodologia e degli strumenti che possano essere applicati per
esaminare anche tutte le altre funzioni coinvolte nella riforma.
Attraverso una serie di interviste di gruppo alle figure responsabili dell’area
considerata, i processi in essa coinvolti sono stati individuati e descritti, per poi
essere rappresentati graficamente grazie all’utilizzo del software Bizagi, un
modellatore che consente di “mappare” i processi aziendali secondo uno standard
(BPMN) universalmente riconosciuto.
Il lavoro svolto ha permesso di ottenere una documentazione snella ed
immediatamente comprensibile dei processi considerati; delle vere e proprie linee
guida in grado di facilitare gli utenti finali nell’apprendimento dell’intero processo e
nel corretto svolgimento delle attività di propria competenza.
Un altro importante risultato riguarda l’introduzione negli enti locali della logica di
processo, già ampiamente diffusa nelle aziende private, a discapito del tradizionale
approccio per funzioni, maggiormente rigido e tipico delle imprese pubbliche; ciò ha
favorito, tra l’altro, la formulazione di alcuni indicatori di performance che
consentano di individuare le criticità presenti nell’erogazione dei servizi e di
risolverle agendo sugli stessi processi in un’ottica di miglioramento continuo.
INDICE
Lista delle tabelle ........................................................................................................XI
Lista delle figure ...................................................................................................... XIII
Lista dei simboli ........................................................................................................ XV
INTROUZIONE ...................................................................................................... XVII
PRIMA PARTE: LA LETTERATURA ...................................................................... 1
Capitolo 1 - Analisi della letteratura ............................................................................ 2
1.1 Definizioni e concetti chiave .............................................................................. 2
1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi ......................................... 7
1.3 La gestione per processi ................................................................................... 10
1.3.1 BPI - Business Process Improvement ........................................................ 13
1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing ..................................................... 15
1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR ...................................................................... 18
1.4 BPM - Business Process Management ............................................................. 22
1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM ......................................................... 29
1.4.2 Vantaggi del BPM ..................................................................................... 30
1.5 La mappatura dei processi ................................................................................ 31
1.5.1 Metodologia ............................................................................................... 33
1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi ....................................... 35
1.6.1 Interviste .................................................................................................... 37
1.6.2 Diagramma SIPOC .................................................................................... 38
1.6.3 Diagrammi di flusso................................................................................... 39
1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità ............................................. 41
1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation ........................................ 42
1.7 La formalizzazione del know-how ................................................................... 43
1.7.1 Rappresentazione testuale .......................................................................... 45
1.7.2 Rappresentazione grafica ........................................................................... 45
1.8 Indicatori di performance aziendali .................................................................. 47
1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori ....................................... 49
1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators ........................................................... 50
1.8.3 PMS - Performance Management System ................................................. 51
1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC .......................................... 53
1.9 NPM - New Public Management...................................................................... 54
1.9.1 Caratteristiche fondamentali ...................................................................... 54
1.9.2 Il New Public Management in Italia .......................................................... 55
1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance .............................. 56
SECONDA PARTE: IL CASO STUDIO .................................................................. 59
Capitolo 2 - Contestualizzazione del caso studio ....................................................... 61
2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana........................................... 61
2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990 ........................................................... 61
2.1.2 Le riforme degli anni Novanta ................................................................... 62
2.1.3 La riforma costituzionale del 2001 ............................................................ 64
2.1.4 Le forme associative tra Comuni ............................................................... 66
2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia.................................................. 68
2.2.1 Il contesto territoriale e demografico ......................................................... 68
2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni ............................................. 70
2.2.3 La legge regionale 26/2014 ........................................................................ 71
2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso”........................................................ 75
Capitolo 3 - Obiettivi, metodologia e strumenti ......................................................... 77
3.1 Finalità ed obiettivi della tesi............................................................................ 77
3.2 La metodologia ................................................................................................. 79
3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler ............................................................ 82
Capitolo 4 - Le fasi del progetto................................................................................. 91
4.1 Identificazione dei macro processi ................................................................... 91
4.2 Compilazione del diagramma SIPOC ............................................................... 94
4.3 Descrizione e mappatura dei processi .............................................................. 99
4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri ...................................... 108
4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi .......................................... 117
4.6 Redazione dei regolamenti ............................................................................. 127
4.7 Introduzione di indicatori di performance ...................................................... 132
Capitolo 5 - Risultati ottenuti e futuri sviluppi ........................................................ 135
5.1 Risultati formativi........................................................................................... 135
5.2 Risultati operativi ........................................................................................... 136
5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ..................................... 138
5.4 Possibili sviluppi futuri .................................................................................. 139
CONCLUSIONI....................................................................................................... 141
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 143
APPENDICE ............................................................................................................ 149
Lista delle tabelle
Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi ................... 10
Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI ............................................................................ 20
Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG ................................................... 25
Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di
flusso .......................................................................................................................... 40
Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance ................................... 57
Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000 ................................... 64
Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001 ........... 65
Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale ......... 67
Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia ...... 69
Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica ................. 69
Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI ............................................ 72
Tab. 3.1 Task in Bizagi ............................................................................................. 83
Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi ................................................................................ 84
Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi ............................................................................. 85
Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi .......................................................................... 86
Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi................................................................................ 87
Tab. 3.6 Gateways in Bizagi ..................................................................................... 88
Tab. 3.7 Corsie in Bizagi ........................................................................................... 88
Tab. 3.8 Connettori in Bizagi .................................................................................... 89
Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi ............................................. 90
Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario........................... 92
Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario .............. 96
Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di
bilancio ..................................................................................................................... 109
Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di
bilancio ..................................................................................................................... 111
Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di
gestione delle entrate ................................................................................................ 112
XI
Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di
gestione delle entrate ................................................................................................ 113
Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di
gestione della spesa .................................................................................................. 114
Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di
gestione della spesa .................................................................................................. 115
Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di
rendicontazione ........................................................................................................ 116
Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di
rendicontazione ........................................................................................................ 116
XII
Lista delle figure
Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo ............................................... 3
Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale ................................................. 4
Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001) ................................................. 5
Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni ............ 8
Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009) ....... 9
Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000 .............................. 12
Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più
appropriato ................................................................................................................. 21
Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process
Management (Josuttis, 2009) ..................................................................................... 23
Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM .......................................................... 29
Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici ........................ 36
Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009) .... 39
Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI) ........................................ 41
Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali ....................................................................... 51
Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS ....................... 52
Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler ....................................................................... 83
Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi .................................................................. 89
Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana
orientale ed occidentale ............................................................................................ 100
Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa
Friulana orientale ed occidentale ............................................................................. 101
Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana
orientale ed occidentale ............................................................................................ 101
Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane
.................................................................................................................................. 102
Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Collinare ............................ 102
Fig. 4.6 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre .................................. 103
Fig. 4.7 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento....................... 104
XIII
Fig. 4.8 Processo di gestione delle entrate mappato nei cantieri del Collinare e del
Sile............................................................................................................................ 105
Fig. 4.9 Processo di gestione delle entrate mappato nel cantiere del Torre ............. 105
Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del
Sile............................................................................................................................ 106
Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Torre ............. 106
Fig. 4.12 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del
Sile............................................................................................................................ 107
Fig. 4.13 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento .. 107
Fig. 4.14 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile ....................... 108
Fig. 4.15 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni)
.................................................................................................................................. 119
Fig. 4.16 Processo definitivo di ciclo attivo............................................................. 121
Fig. 4.17 Processo definitivo di ciclo passivo .......................................................... 123
Fig. 4.18 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni) ............................ 124
Fig. 4.19 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta) .................... 126
Fig. 4.20 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta) .................... 126
XIV
Lista dei simboli
ANCI: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani
BPI: Business Process Improvement
BPM: Business Process Management
BPMN: Business Process Model and Notation
BPR: Business Process Reengineering
ComPA: Ente di accompagnamento e formazione per la Pubblica Amministrazione
DUP: Documento Unico di Programmazione
FVG: Friuli-Venezia Giulia
ICT: Information and Communication Technologies
IT: Information Technology
ISTAT: Istituto nazionale di Statistica
KPIs: Key Performance Indicators
NextPA: Piano formativo nextPA - cambiamenti in corso
NPM: New Public Management
OMG: Object Management Group
PA: Pubblica Amministrazione
PEG: Piano Esecutivo di Gestione
PMS: Performance Management System
SIPOC: Diagramma SIPOC - Supplier Input Process Output Customer
TQM: Total Quality Management
TUEL: Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali
XV
INTROUZIONE
Questa tesi è frutto del lavoro svolto durante un periodo di tirocinio presso
l’associazione ComPA FVG, centro di competenza per la Pubblica Amministrazione
costituito da ANCI, Uncem, UPI e Federsanità ANCI del Friuli-Venezia Giulia, nel
momento in cui veniva avviato un progetto di analisi dei processi aziendali
riguardanti i servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione locale.
Tale progetto nasce dalla decisione congiunta della Regione e di ANCI FVG di
attivare degli interventi che supportassero gli Enti del Comparto Unico della
Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia nell’affrontare i cambiamenti
normativi ed organizzativi indotti dalle recenti riforme degli enti locali, con
particolare riferimento alla lr 26/2014. Tale legge dispone il riordino del sistema
Regione-autonomie locali, decretando il superamento degli enti provinciali e
l’ordinamento di 18 Unioni territoriali intercomunali, costituite ciascuna da un
insieme di Comuni, con il compito di gestire in maniera coordinata alcune funzioni
amministrative precedentemente gestite dai Comuni stessi, al fine di ottenere una
riduzione della spesa pubblica ed attivare programmi di sviluppo del territorio.
In tali circostanze, è stato affidato a ComPA FVG, in qualità di ente operativo di
ANCI FVG, l’incarico di elaborare, gestire ed aggiornare annualmente un piano
formativo, denominato “nextPA - cambiamenti in corso”, che promuovesse la
crescita delle professionalità e delle competenze interne agli Enti, accompagnando la
Pubblica Amministrazione locale nel processo di rinnovo organizzativo che la vede
coinvolta.
La redazione di questa tesi si colloca all’interno del piano nextPA con l’obiettivo di
mettere a punto una metodologia e degli strumenti in grado di supportarne l’azione
nel processo di avviamento delle attività delle Unioni. A tal fine, l’attività svolta ha
riguardato principalmente l’identificazione, la descrizione e la rappresentazione
grafica di alcuni importanti processi organizzativi coinvolti nell’esercizio delle
funzioni comunali che con la lr 26/2014 diventano di pertinenza delle Unioni, con
l’obiettivo di ottenere una rappresentazione standard che possa fungere da modello di
riferimento per il funzionamento delle UTI a regime. L’esigenza di ottenere un
modello unico nasce principalmente da due fattori: il primo è dato dal fatto che molte
persone provenienti da enti diversi, e quindi con abitudini, prassi e regole diverse, si
troveranno a lavorare insieme in un unico ente UTI; il secondo, ma non meno
importante, è legato alla necessità di fissare degli indicatori condivisi al fine di
rendere le Unioni della Regione tra loro comparabili dal punto di vista della qualità e
dell’efficienza dei servizi erogati, come previsto dalla lr 26/2014.
Il principio fondante di questa tesi è la gestione per processi, un approccio
organizzativo che si contrappone a quello “funzionale” concependo l’azienda non
solo come un insieme di funzioni organizzative aventi ciascuna un proprio ruolo, ma
anche e soprattutto come un insieme di processi intrafunzionali, costituiti da una
XVII
sequenza logica di diverse fasi ed attività accomunate da un unico obiettivo che crei
valore per il cliente finale.
Attualmente la letteratura individua due diversi metodi di approccio alla gestione per
processi: il Business Process Improvement (BPI) ed il Business Process
Reengineering (BPR). Mentre il BPI si configura come un approccio graduale,
orientato al continuo miglioramento dei processi dell’azienda, il BPR è un metodo
piuttosto radicale, finalizzato alla totale o parziale riprogettazione dei processi.
Entrambi gli approcci sono stati utilizzati, anche se in fasi diverse, per introdurre la
gestione per processi all’interno delle Enti locali. In una prima parte del progetto, è
stato necessario riprogettare i processi individuati al fine di renderli coerenti con le
nuove regole organizzative introdotte dalla normativa regionale, che prevede ad
esempio il coinvolgimento di nuovi attori ed attività per portare a compimento il
corretto esercizio dei Servizi associati. Una volta ridefiniti, i processi sono stati
analizzati da un gruppo di esperti nel settore che, eliminando le attività considerate
non a valore aggiunto, ne hanno proposto una descrizione più snella e lineare.
In tale fase sono stati anche individuati i percorsi critici presenti nei diversi processi,
cioè quei passaggi che si prevede possano generare ritardi ed inefficienze
nell’erogazione dei servizi. Adottando un approccio di BPI, sono stati formulati degli
indicatori di processo che permettessero di valutarne le prestazioni in termini di
efficienza ed efficacia, facilitando l’individuazione e la risoluzione delle criticità
insite nella gestione dei servizi, in un’ottica di miglioramento continuo.
L’introduzione della logica di processo nella Pubblica Amministrazione locale è stata
supportata dall’utilizzo di alcuni strumenti che hanno permesso di estrapolare le
informazioni necessarie per effettuare una ricognizione dei processi organizzativi
coinvolti nelle funzioni comunali e di tradurre tali informazioni in una road map che
possa agevolare i funzionari pubblici nell’avvio dei servizi delle UTI.
Inizialmente, la partecipazione dei responsabili di servizio ai tavoli di lavoro
organizzati da ComPA FVG ha permesso di identificare quali fossero i processi ed i
macro processi più importanti per l’esercizio delle diverse funzioni. Sempre
attraverso il lavoro di gruppo è stato possibile pervenire, per ogni macro processo
individuato, alla compilazione del relativo diagramma SIPOC, uno schema che
sintetizza gli elementi principali che caratterizzano un processo: fornitori, input,
output e clienti. Ciò ha agevolato notevolmente i responsabili di Servizio nella
descrizione più dettagliata delle attività che compongono i processi, i quali sono stati
poi rappresentati graficamente sotto forma di diagrammi di flusso.
La rappresentazione grafica dei processi, anche detta mappatura, è stata realizzata
utilizzando l’applicazione Modeler del software freeware “Bizagi”, un modellatore
che consente di rappresentare in forma grafica, sia i processi aziendali che la
documentazione a loro correlata. Il punto di forza di questo strumento sta nella sua
semplicità ed immediatezza; infatti, essendo dotato di un’interfaccia molto intuitiva e
user friendly, Bizagi permette di elaborare, diffondere ed aggiornare rapidamente una
documentazione dei processi snella e funzionale. Inoltre, il linguaggio di mappatura
XVIII
utilizzato da Bizagi si basa sulla notazione standard BPMN (Business Process
Management Notation), il ché rende la documentazione generata comprensibile e
traducibile a livello internazionale.
L’applicazione degli strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per
processi hanno quindi permesso di introdurre e diffondere negli enti locali della
Regione una cultura precedentemente poco conosciuta nel settore pubblico, ma ormai
largamente accolta dalle imprese private, che già da tempo hanno integrato la
classica visione funzionale dell’azienda con quella intrafunzionale che caratterizza la
logica di processo.
Un risultato operativo di questo intervento consiste nella descrizione e nella
rappresentazione dei processi standard che saranno il riferimento organizzativo per
una corretta gestione delle funzioni delle Unioni territoriali intercomunali.
L’introduzione di alcuni indicatori di performance per i processi, inoltre, rappresenta
un primo passo verso la costituzione di un sistema di gestione della qualità
attualmente assente negli enti pubblici locali.
Gli obiettivi di questo progetto, tuttavia, sono stati raggiunti non senza difficoltà,
prima tra tutte quella riscontrata durante la fase di definizione dei processi da parte
dei responsabili di Servizi, abituati a svolgere le proprie attività preoccupandosi di
rispettare quanto previsto dalla procedura ma spesso perdendo di vista l’obiettivo
finale: la soddisfazione del cliente. Un ulteriore elemento di complessità che si è
aggiunto in tale fase è dovuto all’oggettiva carenza di riferimenti normativi che
disciplinino lo svolgimento delle funzioni dell’UTI.
Il confronto e lo scambio di opinioni tra i soggetti coinvolti nei tavoli di lavoro in un
clima di reciproca stima e fiducia professionale, tuttavia, hanno permesso di giungere
ad una descrizione e rappresentazione unanime dei processi, che tenesse conto delle
nuove esigenze della Pubblica Amministrazione locale.
La struttura di questa tesi è divisa in due parti principali: la letteratura, costituita dal
capitolo 1, ed il caso studio, che comprende i capitoli 2, 3, 4 e 5.
Il primo capitolo riporta i principali risultati della letteratura in materia di gestione
per processi. Data la carenza di pubblicazioni su tale argomento in ambito pubblico,
l’analisi della letteratura comprende principalmente riferimenti al settore privatistico.
La prima parte del capitolo definisce i concetti chiave che è necessario conoscere per
poter comprendere la successiva analisi, sottolineando il significato dei termini più
utilizzati. Si passa poi alla descrizione della struttura organizzativa per processi,
evidenziando in particolare gli elementi che la differenziano dalla struttura
funzionale. Successivamente, vengono delineati e fra loro confrontati i due possibili
approcci alla gestione per processi: il Business Process Improvement (BPI) e
Business Process Reengineering (BPR). Segue la presentazione degli strumenti e dei
linguaggi che permettono di tradurre la descrizione testuale di un processo in una
rappresentazione grafica corrispondente, chiamata anche mappatura.
XIX
Viene poi introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che
prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una
serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda.
Il primo capitolo si conclude con la definizione di New Public Management (NPM),
una filosofia che mira all’applicazione nel settore pubblico di approcci e metodologie
organizzativi tipici delle imprese private, come è di fatto la gestione per processi.
Il capitolo 2 introduce il caso studio contestualizzandolo in un excursus sulla storia
delle autonomie locali in Italia e tratteggiando i cambiamenti che hanno portato la
Regione Friuli-Venezia Giulia ad emanare la lr 26/2014 di riordino degli enti locali.
Il capitolo 3 approfondisce le finalità e gli obiettivi della presente tesi e descrive in
dettaglio le metodologie e gli strumenti utilizzati per raggiungerli, delineando in
particolare le funzionalità del software Bizagi, utilizzato per la modellazione e
rappresentazione grafica dei processi.
Nel capitolo 4 vengono descritte le diverse fasi attraverso cui ComPA FVG ha
portato avanti l’intervento di mappatura, analisi e miglioramento dei processi
riguardanti la gestione della funzione finanziaria delle Unioni: identificazione dei
macro processi, compilazione del diagramma SIPOC, descrizione e mappatura dei
processi, confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri, semplificazione e
standardizzazione dei processi, redazione dei regolamenti ed introduzione di
indicatori di performance.
Il capitolo 5, infine, riporta i risultati di tipo formativo ed operativo derivanti
dall’intervento descritto, espone le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del
progetto ed illustra i possibili percorsi che si prevede possano svilupparsi a partire da
questo caso studio.
XX
PRIMA PARTE:
LA LETTERATURA
Prima di presentare il caso studiato per elaborare questa tesi, che comprende
l’analisi, la mappatura ed il miglioramento dei processi aziendali della Pubblica
Amministrazione Locale, è necessario analizzare la letteratura esistente in tale
materia. È importante considerare che, data la quantità piuttosto limitata di
pubblicazioni inerenti l’argomento in ambito pubblico, si è ritenuto spesso opportuno
ricorrere all’utilizzo di pubblicazioni riguardanti il settore privatistico.
Grazie alla filosofia del New Public Management NPM, è comunque possibile
analizzare la documentazione esistente ed applicare le metodologie utilizzate per la
mappatura, l’analisi e la misurazione dei processi aziendali, al caso studio in
questione.
Nella prima parte di questa analisi della letteratura, sono state introdotte le
definizioni di alcuni concetti chiave, la cui conoscenza è fondamentale per poter
comprendere al meglio le pubblicazioni esaminate.
Il secondo paragrafo, invece, descrive le principali differenze esistenti tra le strutture
organizzative funzionali e quelle gestite per processi, riportando anche le motivazioni
che hanno spinto le aziende a passare dal primo al secondo approccio.
Nella terza parte si parlerà della gestione per processi, suddividendola tra Business
Process Improvement (BPI), un approccio di analisi e di modifica graduale della
struttura organizzativa, e Business Process Reengineering (BPR), un metodo
maggiormente radicale. Verrà anche introdotto il concetto di Business Process
Management (BPM), che integra la gestione per processi con l’utilizzo
dell’Information and Communication Technologies (ICT), un insieme di strumenti
tecnologici ed informativi che permettono di produrre una documentazione di
processo facilmente condivisibile da tutti gli attori coinvolti, che possa essere
aggiornata costantemente.
Saranno poi individuati e descritti i vari strumenti e linguaggi che possono essere
utilizzati per la mappatura dei processi aziendali, tema centrale di questa tesi.
Successivamente si chiarirà l’importanza di integrare l’approccio prettamente
testuale e normativo tipicamente utilizzato in pubblica amministrazione, con uno più
schematico, e quindi grafico, tipico delle attività ingegneristiche.
Verrà inoltre introdotto il concetto di Performance Management System (PMS), che
prevede la misurazione delle performance aziendali attraverso il monitoraggio di una
serie di indicatori in grado di sintetizzare le prestazioni dell’azienda.
Il capitolo si conclude con paragrafo dedicato al New Public Management.
1
Capitolo 1
Analisi della letteratura
1.1 Definizioni e concetti chiave
Processo
La normativa ISO 90011 definisce il processo come un insieme di attività interrelate
ed interagenti che trasformano elementi in entrata (input) in elementi in uscita
(output).
In particolare, per lo scopo di questa tesi, siamo interessati al concetto di processo
aziendale, di cui esistono in letteratura numerose definizioni. Ne riportiamo alcune
per identificarne gli elementi comuni e poter dare una definizione il più completa
possibile.
“Una serie di attività che prende l’input, aggiunge valore, e produce output”
(Harrington H.J., Verso uno status di classe mondiale, The Quality, n. 2/3, aprilesettembre, 1993);
“Una sequenza di attività tra loro logicamente interrelate al fine di gestire una risorsa
durante il suo ciclo di vita e raggiungere uno specifico obiettivo. Dove per attività si
intende un’aggregazione di operazioni elementari nell’ambito del quale si determina
il consumo delle diverse risorse aziendali (umane, tecnologiche, strutturali, di knowhow, ...)” (Toscano G., Aspetti organizzativo-contabili della gestione per processi,
Sviluppo & Organizzazione, n. 139, settembre-ottobre 1993);
“Una sequenza di attività logicamente correlate che impiegano risorse (persone,
macchine, materiale) per fornire uno specifico risultato finale. Tale sequenza è
caratterizzata da:
• input misurabile
• attività con valore aggiunto
• output misurabile
• attività ripetitive
1
Norma della serie ISO 9000 che definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità per una
organizzazione. I requisiti espressi sono di "carattere generale" e possono essere implementati da ogni
tipologia di organizzazione; ultima revisione nel 2015 (ISO 9001:2015)
2
Analisi della letteratura
Gli input provengono dai fornitori (interni e/o esterni) e gli output sono destinati ai
clienti. I processi sono quindi catene di fornitori/clienti ed in questa logica ogni fase
del processo deve conoscere i bisogni sia del cliente finale che del cliente a valle.”
(Biroli M., Process Analysis o Process Management, in Sistemi & Impresa, n.9,
1992);
“Un insieme di attività correlate che hanno complessivamente un obiettivo comune
come, ad esempio, la produzione di un bene o di un servizio o, più in generale, la
creazione di valore per il cliente.” (Sinibaldi A., La gestione dei processi in azienda:
introduzione al Business Process Management, FrancoAngeli, 2009).
Nonostante la varietà di espressioni, è evidente che le definizioni presentate
contengono alcuni elementi in comune:
•
•
•
•
Il fatto che un processo aziendale sia costituito da un insieme di attività
correlate
L’esistenza di un obiettivo finale da raggiungere
La presenza di uno o più input iniziali che danno vita al processo
La necessità di una trasformazione dell’input che sia a valore aggiunto per il
destinatario dell’output
Volendo dare una definizione sufficientemente ampia e dettagliata, si potrebbe
affermare che un processo aziendale è una sequenza di attività tra loro interrelate e
finalizzate al conseguimento di un obiettivo comune, svolte all’interno dell’azienda,
che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto
(output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all’azienda (cliente).
La principale differenza tra processo e processo aziendale sta nell’output prodotto. Il
processo realizza un prodotto o un servizio che permette di raggiungere l’obiettivo
aziendale, mentre il processo aziendale è finalizzato a creare un output richiesto a
tutti gli effetti da un cliente.
Fig. 1.1 Rappresentazione semplificata di un processo
I principali elementi di un processo aziendale sono quindi:
•
Input: fattori fisici o informativi acquisiti all’esterno o da altri processi
aziendali, necessari all’avvio del processo;
3
Capitolo 1
•
•
•
•
•
•
•
•
Output: prodotto del processo che è destinato al cliente, definito a partire
dalle sue esigenze e dalle prestazioni ad esso associate (qualità, tempi e
costi);
Risorse: capacità umane e tecnologiche necessarie per svolgere le attività e
prendere le decisioni (include anche la definizione dei ruoli e del potere
decisionale dei diversi attori);
Logiche di gestione: logiche di base per coordinare le attività, prendere le
decisioni e regolare l’avanzamento del processo;
Fasi: insiemi di attività e decisioni che, interagendo tra loro, consentono la
realizzazione dell’output;
Interdipendenze: legami logici e di precedenza tra le fasi (attività e decisioni);
Controlli: dati ed informazioni in ingresso che forniscono norme, regole o
procedure;
Eventi: situazioni che condizionano il flusso del processo;
Vincoli: regole, istruzioni ed informazioni che influenzano le attività che
compongono il processo.
Fig. 1.2 Elementi principali di un processo aziendale
I processi sono classificabili utilizzando vari criteri di associazione, che
corrispondono a diversi elementi caratteristici del processo. Tra le varie
classificazioni proposte in letteratura, abbiamo individuato le più largamente
utilizzate per distinguere i vari tipi di processi aziendali.
Nelle realtà industriali la classificazione più diffusa è quella basata sullo schema
elaborato da Porter (M. Porter, 1987) basato sulla cosiddetta catena del valore.
Secondo tale approccio, i processi aziendali sono divisi tra:
•
4
Processi primari, che hanno un maggior impatto sui risultati di business
dell’azienda e sono in grado di creare valore riconosciuto dal cliente,
influenzando fortemente il suo livello di soddisfazione;
Analisi della letteratura
• Processi di supporto, necessari per la gestione aziendale ma che
contribuiscono alla creazione del valore in modo indiretto, svolgendo un
ruolo di fornitori dei processi primari, fornendo loro input e supporto,
favorendone efficienza ed efficacia. Sono strettamente necessari per il
funzionamento dei processi primari, anche se non producono un output
riconoscibile dal cliente finale. Sono caratterizzati da soli clienti interni.
Fig. 1.3 La catena del valore di Porter (Porter, 2001)
Berchi e Fontanazza hanno invece distinto tre macro-tipologie di processi2:
• Processi direzionali, volti a pianificare, guidare e coordinare gli obiettivi che
•
•
forniscono le regole di funzionamento di un’organizzazione e che verificano
la loro applicazione;
Processi operativi, finalizzati all’ottenimento di prodotti o servizi con i quali
l’organizzazione si presenta sul mercato; rappresentano quelli a maggiore
impatto sui risultati di business dell’azienda;
Processi di supporto, necessari per il funzionamento degli altri processi,
forniscono gli elementi infrastrutturali ed i servizi generali di supporto.
Un’altra classificazione dei processi è la tripartizione, basata sul modello di R.N.
Anthony, tra:
•
•
•
2
Processi direzionali (o strategici), che concorrono alla pianificazione
aziendale di medio-lungo termine dell’organizzazione;
Processi gestionali, finalizzati alla traduzione degli obiettivi di medio-lungo
termine nella programmazione di breve termine e al controllo del loro
raggiungimento;
Processi operativi, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi e
coinvolgono lo staff operativo.
Berchi e Fontanazza, 1991
5
Capitolo 1
Come è possibile notare, le tre classificazioni proposte sono molto simili tra loro,
infatti il criterio di classificazione su cui si basano è essenzialmente lo stesso:
l’impatto che i processi hanno sui risultati aziendali, fortemente legato alla tipologia
di attività svolte all’interno del processo.
Process owner
Per ciascun processo dev’essere individuato un process owner, una figura a cui è
affidata la responsabilità dell’intero processo, che presiede in qualità di coordinatore
delle varie funzioni coinvolte. Egli deve garantire il corretto funzionamento del
processo nel suo complesso, curandone l’efficacia e l’efficienza.
Si tratta di una figura molto importante, essendo anche preposta ad individuare gli
obiettivi del processo, gli indicatori di prestazione ed i possibili interventi di
miglioramento. Deve essere in grado di relazionarsi efficacemente, poiché ha il
compito di regolare il flusso delle risorse e di sovrintendere a tutte le attività
convincendo e motivando i soggetti interni ed esterni al processo ed eliminando le
controversie che possono affiorare.
Sottoprocesso
Un sottoprocesso è una parte di un processo che coinvolge un insieme di attività
aventi uno specifico obiettivo, il quale però contribuisce al raggiungimento
dell’obbiettivo più generale del processo. Ogni processo può essere composto da
diversi sottoprocessi con obiettivi specifici diversi ma tra loro correlati o addirittura
consequenziali.
Attività
Un’attività è una sequenza di operazioni elementari la cui ulteriore scomposizione
non sarebbe utile ai fini di un’analisi organizzativo-gestionale di un processo. Ogni
attività conduce ad un output intermedio preciso, che di per sé non è decisivo ma
concorre alla realizzazione del più ampio esito del processo
Secondo Ostinelli, le attività che costituiscono un processo sono caratterizzate da tre
elementi: il loro costo, il tempo di svolgimento e la qualità dell’output da esse
prodotto. Disponendo di una misurazione per questi elementi, è possibile valutare
l’efficienza e l’efficacia dello svolgimento di un processo.
Le attività possono essere classificate in base al valore aggiunto che sono in grado di
generare sull’output finale del processo, quello che contribuisce alla soddisfazione
del cliente finale.3
Secondo la definizione della CEPAS4 (2006) le attività a valore aggiunto VA sono
quelle che agli occhi dei clienti creano valore per il prodotto-servizio e possono
essere identificate chiedendosi se il cliente sarebbe disposto a pagarle in modo
3
4
Ostinelli, 1995
CEPAS: Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione
6
Analisi della letteratura
esplicito. Si tratta quindi di attività fondamentali per ottenere la soddisfazione del
cliente. Al contrario, le attività non a valore aggiunto NVA sono quelle che non
rispondono ad alcuna necessità per i clienti, poichè non contribuiscono alla
produzione del valore dell’output. In molti casi però, le attività NVA devono essere
ugualmente svolte per sopperire all’inefficacia del processo.5
Procedura
Spesso nel lavoro quotidiano, e soprattutto nella Pubblica Amministrazione, i termini
“processo” e “procedura” vengono utilizzati senza particolari distinzioni ma in realtà
hanno significati diversi. Infatti, mentre il processo è un insieme di attività che
devono essere eseguite per raggiungere un determinato obiettivo, la procedura è una
regola che va implementata e che spiega agli operatori le modalità di esecuzione
delle azioni di un processo.
Inoltre, a differenza dei processi, le procedure non elaborano informazioni, ma
descrivono le modalità per elaborare tali informazioni.
In sintesi, si potrebbe affermare che una procedura stabilisce “come” un’attività
dev’essere svolta, mentre un processo indica “che cosa” dev’essere fatto per
raggiungere un risultato o, più propriamente, “chi deve fare che cosa”.
Funzione organizzativa
Una funzione organizzativa (o funzione aziendale) è un insieme di attività svolte
all’interno dell’azienda, che vengono raggruppate in base al criterio dell’omogeneità.
Le attività facenti parte di una stessa funzione organizzativa sono svolte da un
gruppo di persone aventi competenze, linguaggi e codici comuni; questo favorisce la
formazione di competenze specialistiche all’interno dell’azienda.
1.2 Approccio organizzativo per funzioni e per processi
La struttura organizzativa funzionale, storicamente adottata in numerose aziende
pubbliche e compagnie private, prevede, seguendo il principio di divisione del
lavoro, che le risorse umane e tecniche dell’azienda vengano attribuite alle funzioni
organizzative. Questa configurazione è tipicamente caratterizzata da un
organigramma gerarchico a piramide, che porta spesso allo sviluppo di “isole
aziendali” aventi funzioni ed orientamenti gestionali specialistici, tra le quali
l’interazione può risultare molto difficile.
Tutto ciò rende la struttura organizzativa statica e pesante, non favorendo in alcun
modo l’innovazione strutturale.
5
Ostinelli, 2005
7
Capitolo 1
L’adozione, da parte delle imprese, di un approccio organizzativo di tipo funzionale
ha consentito in passato di raggiungere elevati livelli di efficienza all’interno delle
singole funzioni. Nel momento in cui aumenta il numero di funzioni di un’azienda,
però, diventa molto difficile riuscire a gestire le interdipendenze che vengono a
formarsi tra di esse. Questo tipo di approccio, che privilegia obiettivi di efficienza
per favorire la riduzione dei costi di struttura, è adatto ad un ambiente stabile,
formato da organizzazioni prive di grosse differenziazioni di prodotto, nelle quali la
rigidità strutturale non comporta particolari svantaggi dal punto di vista della
reattività ai cambiamenti.
Fig. 1.4 Rappresentazione di una struttura organizzativa gestita per funzioni
Per le imprese che invece operano in ambienti in continua evoluzione, dove la
capacità di innovarsi e di innovare è un attributo fondamentale per il successo
dell’azienda, il passaggio da una struttura organizzata per funzioni ad una gestita per
processi consente di superare i limiti di rigidità dell’approccio funzionale e di
concentrarsi maggiormente sull’esito del processo e sulla catena del valore, in quanto
la soddisfazione del cliente è legata, come già detto, direttamente ai processi e solo
indirettamente alle funzioni organizzative.
L’approccio per processi, infatti, si focalizza sull’output da fornire ai clienti,
aggregando attorno ad esso tutte le attività e le risorse necessarie alla sua produzione.
Un processo è perciò trasversale rispetto ad una struttura funzionale e raggruppa tutte
le funzioni ed i ruoli necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.
8
Analisi della letteratura
Questo tipo di struttura organizzativa consente anche una più semplice
individuazione delle responsabilità ed una più rapida localizzazione di sprechi ed
inefficienze, rendendo l’organizzazione globalmente più snella, costituita da gruppi
lavorativi multifunzionali aventi pieno controllo su tutti gli aspetti del processo.
Infine, il monitoraggio delle prestazioni è più semplice, perché direttamente
collegato agli obiettivi aziendali.6
Fig. 1.5 Rappresentazione di una struttura gestita per processi (Sinibaldi, 2009)
È importante sottolineare che il passaggio da un approccio per funzioni ad uno per
processi non implica la creazione di un nuovo organigramma che cambierebbe
completamente la struttura organizzativa. Una gestione per processi, infatti, consente
di mantenere la struttura organizzativa esistente nell’azienda favorendo però la
nascita di quei collegamenti orizzontali necessari ad integrare e coordinare le
funzioni aziendali. Inoltre, ragionare per processi fa si che gli attori coinvolti
sviluppino una maggiore consapevolezza del flusso logico/causale del lavoro, delle
attività svolte e delle prestazioni derivanti dall’esecuzione di tali attività.
In Tab. 1.1 sono riassunte le principali differenze tra l’approccio organizzativo
funzionale e quello per processi.
6
Sinibaldi (2009)
9
Capitolo 1
Tab. 1.1 Principali differenze tra approccio per funzioni e per processi
Approccio per funzioni
Approccio per processi
Competenze specialistiche
del personale
Riduzione dei costi di
struttura
Risultato dei processi
aziendali
Soddisfazione del cliente
finale
Struttura organizzativa
Statica, rigida
Dinamica, adattabile
Aggregazione delle
attività
In base alle funzioni
In base all’output da
fornire ai clienti
Gruppi di lavoro
Unifunzionali
Multifunzionali
Accentrate nelle mani di
pochi dirigenti
Limitata all’interno delle
funzioni organizzative
Distribuite ai vari livelli
dell’organizzazione
Estesa al di fuori dei
confini aziendali
Orizzontali,
interfunzionali
Turbolento, in costante
cambiamento
Focus
Obiettivo
Responsabilità
Comunicazione
Tipo di relazioni
Verticali, intrafunzionali
Ambiente adeguato
Stabile, tecnologicamente
maturo
1.3 La gestione per processi
Negli ultimi anni le aziende devono far fronte alla sempre maggiore varietà e
variabilità dei contesti in cui operano, trovandosi ad agire in ambienti anche molto
complessi e turbolenti, dove i clienti sono sempre più esigenti e consapevoli di ciò
che ricevono. Questa situazione rende la competitività aziendale una questione di
flessibilità e di attenzione al cliente, imponendo la ricerca di nuove soluzioni
organizzative.
Se un tempo le aziende spingevano verso un consumo massificato, ora, vista la
maggiore consapevolezza dei consumatori, sono questi ultimi a chiedere prodotti e
servizi sempre più personalizzati, influenzando la produzione.
Le aziende devono quindi prestare sempre maggiore attenzione alle richieste dei
clienti, improntando il proprio agire secondo criteri di flessibilità ed innovatività
gestionale. Uno dei metodi con cui è possibile tenere il passo con i tempi è quello di
gestire la propria attività per processi, dal momento che è sempre più diffusa la
convinzione che esista un rapporto di causa-effetto tra la capacità di controllo dei
processi ed i risultati aziendali.
L’approccio per processi, in realtà, non è il risultato di una nuova invenzione - i
processi infatti esistono da sempre - ma rappresenta un mezzo che consente di porre
in risalto una dimensione aziendale che normalmente è difficile far emergere: la
dimensione orizzontale.
10
Analisi della letteratura
Il cambiamento di prospettiva della gestione aziendale ha anche come risultato la
modifica dei criteri di gestione della stessa, non più finalizzati solo al
raggiungimento di risultati economico-finanziari, ma anche alla determinazione di
tutti i fattori che implicano la creazione di valore per il cliente. È importante, però,
che alla base di questa scelta ci sia una cultura orientata al cambiamento, promossa e
sorretta in primo luogo dal management.
La gestione per processi è una metodologia organizzativa che si propone di
individuare i processi critici, quelli che influenzano in maggior misura le prestazioni
aziendali, e di gestirli in modo che diventino più efficienti ed efficaci e
contribuiscano a migliorare i risultati complessivi dell’azienda.
L’approccio per processi può anche essere considerato un approccio di tipo sistemico
alla gestione, infatti, oltre a considerare i singoli processi, è necessario individuare e
gestire anche tutte le relazioni e le interdipendenze che intercorrono tra di essi;
infatti, secondo la ISO 9001, i processi identificati devono essere gestiti ed
organizzati come parte di un sistema.
Con l’assunzione di una gestione per processi, diventa fondamentale per ogni
persona impiegata nell’azienda condividere gli obiettivi e collaborare con i propri
colleghi, che diventano clienti e fornitori interni a cui rivolgere la massima cura
cercando di assecondarne le esigenze operative. Questo modo di operare massimizza
il valore aggiunto percepito dal cliente finale e pone le basi per la sua fidelizzazione.
Possono essere individuate tre macro fasi caratterizzanti la gestione di un processo7:
1. L’attribuzione della responsabilità del processo, che comporta
l’individuazione di un process owner, un soggetto che vede accomunate su di
sé sia la responsabilità di tutto ciò che avviene all’interno del processo sia
l’autorità per prendere tutte le decisioni che su di esso possono influire.
La scelta del process owner, vista l’estrema importanza che la sua posizione
ricopre, non è sempre semplice, soprattutto per processi che richiedono
l’operare congiunto di varie funzioni aziendali. Di solito il proprietario del
processo viene scelto tra i manager di alto livello con responsabilità di linea,
dotati già di prestigio e credibilità all’interno dell’azienda.
2. La pianificazione del processo in modo che possa generare, senza necessità di
aggiustamenti successivi, il valore atteso dagli utenti e di farlo con il minor
consumo possibile di risorse.
Utilizzando la schematizzazione proposta da Conti, la sequenza di attività di
pianificazione può essere riassunta nel modo seguente8:
•
•
7
8
Identificazione dei clienti e dei fornitori del processo
Identificazione dei bisogni e delle esigenze dei clienti
De Risi, 2001
Conti, 1992
11
Capitolo 1
•
•
•
•
Trasformazione delle attese degli utenti in obiettivi misurabili del
processo
Progettazione di un processo in grado di soddisfare gli obiettivi;
Definizione degli indicatori di efficacia ed efficienza del processo
Progettazione di un “sistema di controllo”, cioè di un insieme di
persone, strumenti e procedure istituito per raccogliere, elaborare e
distribuire i dati sulla base del sistema di indicatori.
3. L’esecuzione del processo, in cui è necessario il controllo degli obiettivi
stabiliti nella fase di pianificazione, nonché la continua ricerca di soluzioni di
miglioramento del processo, non solo come azioni correttive riferite a
problemi di funzionamento ma anche per adeguare le prestazioni del processo
ad esigenze sorte in seguito. Particolare attenzione dev’essere posta in questa
fase nel presidiare il flusso del processo, risolvendo i problemi sorti tra
fornitore e cliente nei punti di interfaccia tra processi o tra fasi successive
dello stesso processo ed evitando il risorgere di barriere organizzative.
Quanto più sarà stata efficace la fase di pianificazione congiunta tra il process
owner ed i vertici aziendali, tanto maggiore sarà l’autonomia operativa di
ciascun processo.
Da questa analisi è chiaro che per mettere a punto un corretto sistema di gestione per
processi, è necessario conoscere dettagliatamente gli elementi di ogni processo in
termini di input e output, clienti e fornitori, attori e risorse coinvolte.
Per ottimizzare tale gestione, la ISO 9000 propone come soluzione l’attuazione di un
ciclo di miglioramento continuo, che permetterebbe di incrementare passo dopo
passo i risultati del sistema di gestione, che devono essere sempre misurati ed
esplicitati in modo da garantire fin da subito concretezza e tangibilità, oltre che
continuità e miglioramento graduale.
Fig. 1.6 La gestione del sistema di qualità secondo la ISO 9000
12
Analisi della letteratura
Come si evince dalla Fig. 1.6, il sistema di gestione della qualità ISO 9000 prevede
che le parti interessate (clienti, fornitori, proprietari, lavoratori e società) impongano
al sistema dei requisiti di input e di output, e che il processo di miglioramento
continuo implementi in modo ciclico diverse attività mirate alla responsabilizzazione
della direzione, alla gestione delle risorse, alla realizzazione del prodotto e alla sua
misurazione, attività assolutamente necessaria per garantirne il miglioramento.
A questo punto, non è difficile cogliere le affinità esistenti tra l’approccio per
processi e quello della qualità: entrambi pongono l’attenzione sulla customer
satisfaction e costituiscono un’opportunità per migliorare l’operatività e i risultati
aziendali.
L’analisi della gestione per processi non può tralasciare la valutazione delle
metodologie attraverso le quali realizzare il miglioramento all’interno dell’impresa.
A tal proposito, è possibile individuare due diverse impostazioni9: quella orientata ad
un cambiamento costante e graduale (per piccoli passi) e quella che prevede un
cambiamento radicale e dirompente. La prima è conosciuta con il nome di Business
Process Improvement (BPI) o anche di Total Quality Management (TQM) e la
seconda viene identificata con la locuzione Business Process Reengineering (BPR).
Nei prossimi sotto paragrafi approfondiremo le caratteristiche dei due approcci e
concluderemo con una loro reciproca comparazione.
1.3.1 BPI - Business Process Improvement
Se accettiamo la definizione da Davenport (1993) che il miglioramento dei processi
aziendali (BPI) è un miglioramento incrementale di tipo bottom-up dei processi
esistenti all'interno dei confini funzionali, allora possiamo assumere che10 “le
iniziative di Business Process Improvement hanno principalmente a che fare con il
miglioramento dei processi aziendali in sé”.
Un processo si dice migliorato se è stato riprogettato per raggiungere uno o più dei
seguenti obiettivi:
•
•
•
•
•
9
Migliorare le funzionalità, in termini di output erogati e di obiettivi di
business raggiunti;
Aumentare la qualità dell’output intesa come conformità, operatività ed
affidabilità;
Aumentare la flessibilità, ovvero la capacità di adattamento ad eventuali
variazioni delle esigenze future;
Ridurre il tempo (ciclo) di funzionamento del processo, sia quello di attesa
che quello di servizio;
Diminuire i costi operativi, preventivi, di valutazione ed il numero di errori;
Pierantozzi, 1998
Grove e Kettinger, 1998
10
13
Capitolo 1
Il Business Process Improvement è dunque un insieme di metodologie orientate al
miglioramento del processo, il quale però dev’essere ottenuto gradualmente,
attraverso un cambiamento incrementale nel tempo e puntando sull’aumento del
grado di customer satisfaction11. Questa metodologia è stata descritta per la prima
volta nel 1991 da H. J. Herrington ed ha come obiettivo la semplificazione delle
attività di processo esistenti attraverso l’eliminazione degli sprechi e delle
inefficienze burocratiche, al fine di migliorare l’efficienza globale dell’azienda.
Trova quindi applicazione nei casi in cui, pur avendo accertato la presenza di
inefficienze, si decide di modificare solo in parte la struttura ed il funzionamento dei
processi. Infatti, vengono conservati gli elementi ritenuti validi mentre quelli
considerati inefficienti vengono sottoposti ad una meticolosa opera di
riprogettazione, che viene condotta per parti e gradualmente nel tempo. È facile
intuire che questo tipo di approccio risulta adeguato soprattutto in assenza di
condizioni di emergenza (es. crisi economiche e finanziarie), in situazioni per cui i
processi critici individuati non sono completamente inadeguati.
La gestione incrementale solitamente non si accompagna a cambiamenti strategici
dell’azienda: le scelte di fondo riguardanti la tecnologia, i prodotti ed i mercati
rimangono essenzialmente le stesse.
Essenziali per il buon esito di un’iniziativa di miglioramento incrementale sono
invece i contributi “provenienti dal basso”; infatti, chi opera quotidianamente
all’interno dei processi ne conosce le debolezze e ne sa indicare le cause molto più
consapevolmente rispetto ai manager. Inoltre, la gradualità dell’intervento ed il
coinvolgimento degli operatori, riescono a conquistare più facilmente la disponibilità
al cambiamento ed il sostegno da parte dell’intera organizzazione.
È importante ricordare che l’obiettivo del BPI non è quello di riprogettare i processi
partendo da zero, ma di razionalizzarli e migliorarli per passi successivi. Secondo
Davenport, le condizioni fondamentali affinchè si possa parlare di BPI sono:
•
•
•
•
•
11
La presenza di una vision aziendale in cui siano specificati dei chiari obiettivi
di business;
L’identificazione dei processi da riprogettare, ossia di tutti quei processi
aziendali che sono in conflitto con la business vision;
La misurazione di tutti i processi esistenti, al fine di individuare una linea di
riferimento per i miglioramenti futuri;
L’individuazione delle leve di information technology (IT);
Lo sviluppo di un prototipo dei nuovi processi aperto a rivisitazioni
successive.
Gambel (2003)
14
Analisi della letteratura
Infine, l’implementazione del Business Process Improvement all’interno di
un’organizzazione può essere in generale sintetizzata nelle cinque fasi seguenti:
1. Organizzazione per il miglioramento: selezionare i processi critici, nominare i
process owner ed organizzare gruppi di lavoro finalizzati al miglioramento
dei processi; stabilire i vincoli e i metodi di misurazione, identificare gli
obiettivi di miglioramento e sviluppare il piano di progetto;
2. Comprensione del progetto: rappresentare graficamente il processo attuale,
analizzare il rispetto delle procedure esistenti, raccogliere tutte le
informazioni disponibili ed allineare le attività correnti alle procedure in
modo da poter raggiungere una conoscenza più dettagliata possibile del
processo;
3. “Fluidificazione” del processo: rendere il processo fluido, privo per quanto
possibile di criticità e ostacoli, rimuovendo e semplificando le attività non a
valore aggiunto (NVA);
4. Implementazione, misure e controllo: mettere in funzione il processo già
migliorato e stabilire dei sistemi d misura e controllo. E' indispensabile avere
in funzione un efficiente sistema di report, in modo da poter attuare in tempi
brevi tutte le modifiche necessarie.
5. Miglioramento continuo: migliorare costantemente i processi ripetendo le
prime quattro fasi in modo ciclico.
1.3.2 BPR - Business Process Reeingineeing
M. Hammer e J. Champy sono considerati i padri fondatori del BPR, una
metodologia di miglioramento aziendale teorizzata per la prima volta nel libro
intitolato “Reengineering the Corporation”, del 1991, in cui definiscono il Business
Process Reengineering come12 “il ripensamento di fondo e il ridisegno radicale dei
processi aziendali, finalizzato ad ottenere forti miglioramenti delle prestazioni e dei
parametri critici dell’impresa, quali i costi, la qualità, il servizio e la velocità,
realizzati in generale con il supporto della tecnologia informatica”.
Uno degli elementi fondamentali della definizione proposta risiede nel superamento
dell’organizzazione funzionale, in favore di una gestione dell’impresa per processi.
Con il concetto di “ripensamento di fondo e ridisegno radicale dei processi
aziendali”, invece, gli autori consigliano di ridefinire il processo ignorando la sua
attuale configurazione e pensando prima di tutto a ciò che l’azienda dovrebbe essere
per poter raggiungere le performance desiderate. Inoltre, una riprogettazione radicale
implica una reinvenzione completa dei processi, e non un semplice miglioramento
della situazione esistente, cosa che può portare anche al raggiungimento di ampi salti
12
Hammer e Champy, 1991
15
Capitolo 1
prestazionali che non sarebbe possibile realizzare adottando un approccio basato su
piccoli e graduali miglioramenti come quello del BPI.
Come tutte le metodologie di gestione per processi, il BPR prevede che i processi
vengano esaminati e riprogettati dalla prospettiva del cliente, poiché lo scopo di
questo approccio è quello di implementare processi orizzontali efficaci ed efficienti
che siano in grado di assicurare tempestivamente la soddisfazione dei clienti13.
Secondo Gambel, la scelta di intraprendere un programma di Business Process
Reengineering nasce normalmente dopo che è stata rilevata un’assoluta
inadeguatezza delle strategie adottate per raggiungere gli obiettivi aziendali ed il
BPR si configura come una forma di gestione straordinaria in cui si ricorre i
particolari casi di crisi (caduta della domanda, perdita di quote di mercato, ecc.) o di
ridefinizione della strategia. In simili circostanze, una revisione solo parziale dei
processi non sarebbe sufficiente; è necessario, quindi, ridefinire gli obiettivi
strategici aziendali e ridisegnare i processi almeno quelli critici) ed il loro
funzionamento, al fine di renderli coerenti con gli obiettivi stabiliti.
Una buona riprogettazione dei processi può condurre ad ottimi risultati sul piano del
miglioramento delle performance aziendali, ma è importante che il cambiamento
coinvolga processi ampi e trasversali rispetto alle funzioni aziendali. Tale
cambiamento richiede spesso un notevole dispendio in termini di tempi, costi e
risorse impiegate; per questo motivo i progetti di BPR coinvolgono solitamente un
numero limitato di processi, focalizzandosi solo su quelli critici, di maggiore
rilevanza per il business.
In sintesi, le caratteristiche principali della reingegnerizzazione dei processi possono
essere riassunte nei seguenti punti:
• L’oggetto di intervento sono i processi e poiché i processi attraversano
trasversalmente
le
strutture
organizzative,
gli
interventi
di
reingegnerizzazione dei processi interessano normalmente organizzazioni
diverse o parti diverse di una stessa organizzazione;
• L’intervento da mettere in atto è di tipo radicale; infatti, i processi vengono
completamente ridisegnati da zero, senza tenere conto di un modello esistente
al quale apportare miglioramenti graduali;
• Il risultato atteso dall’intervento è un miglioramento di tipo discontinuo
rispetto ai livelli prestazionali dei processi precedenti all’intervento;
• I risultati di miglioramento sono ottenuti principalmente grazie
all’introduzione di tecnologie informatiche e di telecomunicazioni, avendo
cura di non limitarsi ad automatizzare l’esistente, ma di sfruttare le
potenzialità della tecnologia a valle di un ripensamento radicale dei processi.
13
Tsiouras, 2007
16
Analisi della letteratura
Hammer, inoltre, elenca nel suo articolo “Reengineering Work: Don’t Automate,
Obliterate” i tre principi fondamentali per una buona reingegnerizzazione dei
processi14:
1. Organizzarsi intorno ai risultati e non alle mansioni;
2. Permettere al beneficiario del risultato del processo di seguire il processo
stesso;
3. Raccogliere l’informazione una sola volta e direttamente dalla fonte senza
rischiare duplicati e documenti non aggiornati.
Sulla base di questi principi, si devono articolare le varie fasi di un intervento di
Business Process Reengineering, che consistono in:
1. Fase di analisi del problema
a. Rilevamento, definizione e quantificazione del problema e quindi
della necessità di un cambiamento
b. Costituzione del gruppo di lavoro e condivisione dei metodi
2. Fase di analisi dei processi
a. Analisi e classificazione dei processi esistenti, con l’utilizzo di
indicatori quantitativi di performance (pre assessment)
b. Identificazione dei processi da riprogettare
3. Fase di progettazione e sviluppo
a. Definizione degli obiettivi di ristrutturazione e individuazione del
miglioramento atteso
b. Sviluppo del nuovo modello di processo
i. Identificazione degli attori
ii. Determinazione delle sequenza delle operazioni
iii. Analisi dei punti decisionali
iv. Definizione delle interdipendenze
c. Definizione del nuovo prototipo di processo e simulazioni
4. Fase di attivazione del cambiamento
a. Pianificazione, implementazione e valutazione dei risultati attraverso
l’analisi degli scostamenti e l’utilizzo di indicatori quantitativi di
performance (post assessment)
Infine, elenchiamo alcuni principi base della riprogettazione radicale che è necessario
conoscere ed applicare affinchè l’esito dell’intervento risulti positivo:
•
14
Porre le attività in parallelo anziché in sequenza poiché spesso la sequenza
delle attività non è dettata da un ordine naturale, ma è imposta artificialmente,
secondo modelli di organizzazione del lavoro tradizionali. La
reingegnerizzazione si chiede sempre se non sia possibile modificare la
Hammer, 1990
17
Capitolo 1
•
•
•
sequenza delle attività, fino ad eliminarla, mettendo le stesse attività in
parallelo. In questo modo si possono raggiungere forti miglioramenti in
termini di tempo totale di attraversamento del processo, dal momento che
vengono eliminati i tempi morti d’attesa;
Ricomporre le attività frammentate. Spesso, attività leggermente diverse sono
assegnate a persone o uffici diversi, coerentemente con l’idea che la
specializzazione spinta delle mansioni migliori l’efficienza della singola
attività; dall’altro lato però, l’efficienza globale del processo peggiora per
effetto dei maggiori tempi di coordinamento richiesti. La reingegnerizzazione
dei processi tende a ricomporre attività frammentate, introducendo nuove
mansioni, in cui sono raccolte tutte le attività che servono a dare una risposta
esauriente, tempestiva e personalizzata al singolo caso, cioè alla singola
richiesta del cliente;
Categorizzare e differenziare i flussi nei processi. Spesso accade che vengano
trattati allo stesso modo richieste o casi diversi solo perché incanalati nello
stesso processo. Questo effetto di appiattimento viene superato nella
reingegnerizzazione, che tende a differenziare le richieste e a trattarle come
versioni diverse nell’ambito dello stesso processo. L’applicazione di questo
principio di reingegnerizzazione richiede in genere l’identificazione
all’ingresso del tipo di richiesta, e la tracciatura del caso;
Eliminare le attività che non danno valore aggiunto. La reingegnerizzazione
si pone sempre il problema del perché un’attività venga svolta, ovvero quale
sia (se esiste) il suo valore aggiunto.
1.3.3 Un confronto tra BPI e BPR
Come si è potuto apprendere dai precedenti paragrafi, la sequenza logica delle fasi
che si eseguono per l’applicazione pratica delle due tecniche di gestione descritte,
può essere così sintetizzata:
•
•
•
•
•
•
Rilevare la necessità di un cambiamento;
Identificare i processi su cui intervenire;
Analizzare i processi attuali
Identificare degli interventi graduali/radicali
Mettere in atto gli interventi e gestire il cambiamento
Verificare i risultati dell’intervento
Il BPI richiede un’attenta analisi della situazione esistente, individua le aree di
inefficienza al fine di identificare anche le più piccole possibilità di miglioramento
ed elabora interventi specifici finalizzati modificare la struttura del processo, senza
però alterarne gli elementi essenziali; la sua natura incrementale ed il forte contributo
di tipo bottom-up consentono che il cambiamento venga accolto velocemente ed in
maniera positiva dall’intera struttura organizzativa.
18
Analisi della letteratura
Per il BPI, quindi, le fasi più complesse e costose sono quelle iniziali mentre risulta
più agevole la gestione del cambiamento organizzativo.
Il BPR, invece, concentra l’attenzione sulla possibilità di ridisegnare un processo
completamente diverso, che in un certo senso rivoluziona il vecchio modo di lavorare
definendo una sequenza di fasi, e relative attività, più efficiente. In questo caso,
quindi, la fase di analisi dei processi attuali è decisamente snella, dal momento che i
processi verranno comunque completamente ridisegnati, mentre molto più
impegnative sono le fase di realizzazione dei nuovi processi e di gestione del
cambiamento.
Business Process Improvement e Business Process Reengineering, pur essendo due
metodologie diverse nei presupposti teorici e nei risvolti pratici, possiedono diverse
caratteristiche in comune15:
•
•
•
•
•
•
15
Il focus e motore del cambiamento è sempre il cliente: la creazione di valore
per il cliente rappresenta in entrambi i casi una condizione necessaria per
creare valore a livello di azienda.
Vi è una forte sponsorizzazione da parte dell’alta direzione: è compito del
management creare un clima favorevole all’iniziativa attraverso azioni di
comunicazione interna, incontri personali con i gruppi di lavoro, l’utilizzo di
sistemi di incentivazione adeguati ed una sua partecipazione attiva per la
rimozione degli ostacoli durante tutto il processo di cambiamento.
L’oggetto del cambiamento è il processo ed in particolare le attività che lo
compongono: entrambe le metodologie sono orientate ai processi, non alle
funzioni aziendali, nel senso che hanno come obiettivo la ridefinizione dei
processi aziendali e non della struttura organizzativa.
Le responsabilità vengono distribuite tra i vari livelli organizzativi: entrambi i
processi di cambiamento prevedono una ridefinizione dei livelli gerarchici
caratterizzata da un maggior grado di delega attribuita ai livelli inferiori e,
conseguentemente, di responsabilità sui risultati raggiunti e di autonomia nel
loro raggiungimento. Inoltre, la definizione degli obiettivi da raggiungere
deve essere chiara ed i responsabili del loro conseguimento devono,
possibilmente, essere coinvolti ed ascoltati prima della loro definizione.
Sono richiesti interventi sulla tecnologia: tali interventi riguardano soprattutto
le tecnologie per il trattamento delle informazioni, la cui possibilità di
applicazione rappresenta spesso uno stimolo all’introduzione degli stessi
progetti di cambiamento.
Vengono adottati strumenti e metodologie di misurazione delle prestazioni
dei processi: questo consente di valutare la situazione di partenza, definire gli
obiettivi da raggiungere, misurare i risultati conseguiti, fare confronti con le
prestazioni dei concorrenti.
Pierantozzi, 1999
19
Capitolo 1
•
•
È possibile fare ricorso a progetti pilota per il loro avviamento: le modalità di
funzionamento del nuovo processo vengono in entrambi i casi sperimentate
su una parte del processo stesso oppure in una realtà aziendale circoscritta, al
fine di testare la validità del progetto e di verificarne l’impatto
sull’organizzazione prima di replicarle sull’intero processo.
Vengono normalmente istituiti dei gruppi di lavoro: l’attuazione di interventi
sia di miglioramento che di ridisegno dei processi, richiede la creazione di
team di lavoro interfunzionale che si avvalga di diverse competenze. La
necessità di apprendere e condividere le grandi potenzialità del lavoro di
gruppo è una delle caratteristiche specifiche dell’adozione della gestione per
processi.
In Tab. 1.2 sono invece elencate le principali differenze tra i due possibili approcci
alla gestione per processi.
Tab. 1.2 Differenze tra BPR e BPI
BPI
BPR
Tipologia di cambiamento
Cambiamento di tipo
graduale ed incrementale
Cambiamento di tipo
radicale
Assunzione di partenza
Processo esistente
Nessuna
Frequenza del
cambiamento
Cambiamento continuo
Cambiamento in un unica
soluzione
Costi e tempi richiesti
Costi limitati e brevi
tempi di realizzazione
Costi elevati e lunghi
tempi di realizzazione
Portata dell’intervento
Limitata, interna alle
funzioni
Ampia, trasversale alle
funzioni
Quantità di processi
coinvolti
Molti processi coinvolti
Pochi processi coinvolti,
ma critici
Rischiosità dell’intervento
Moderata
Alta
Gravità della situazione
as-is
Assenza di una situazione
di emergenza
Forte urgenza di
cambiamento
Grado di dipendenza
dalla strategia aziendale
Dipendenza limitata ed
indiretta
Diretto collegamento con
la strategia aziendale
Tipo di partecipazione
all’intervento
Contributo di tipo
bottom-up
Impostazione ex novo di
tipo top-down
Fonte: Davenport, 2009
20
Analisi della letteratura
È evidente che i due metodi differiscono soprattutto per quanto riguarda la
metodologia da seguire per implementarli: se nel BPI si identificano i processi su cui
intervenire, si individua un team d’intervento, si analizzano i processi attuali e le
modalità di miglioramento e poi si procede con l’attuazione degli interventi di
miglioramento e con l’analisi dei risultati, nel BPR si ripensa la strategia, si valuta
l’inadeguatezza dei processi chiave attuali, si ridisegnano i processi inadeguati e poi
si prosegue con la messa a punto dei nuovi processi e la valutazione dei risultati.
Nonostante esistano delle chiare differenze tra queste due metodologie, però, nella
pratica non si è sempre in grado di definire a priori se sarà convenente mettere in atto
un intervento semplicemente migliorativo di BPI oppure se risulterebbe
maggiormente proficuo un intervento più radicale di BPR. Si è già detto che in
condizioni di crisi o di cambiamento strategico il BPR è l’approccio più adeguato
ma, al di fuori di questi casi limite, entrambe le metodologie potrebbero rivelarsi dei
validi ed efficaci strumenti tra cui scegliere.
Al riguardo vengono suggeriti due criteri che, usati simultaneamente, conducono ad
un modello di guida per la scelta del metodo più appropriato alla situazione:
•
•
L’esigenza di radicalità del cambiamento
Il grado di disponibilità al cambiamento della struttura organizzativa
Incrociando queste due variabili, è possibile ottenere una matrice (Fig. 1.7) che
permette di individuare l’approccio che è più conveniente adottare in determinate
situazioni.
Fig. 1.7 Matrice di guida alla scelta del metodo di gestione per processi più
appropriato
21
Capitolo 1
Secondo questa classificazione, il BPR si impone quando alla necessità di un
cambiamento rapido e radicale si accompagna un’organizzazione flessibile e
propensa ai mutamenti. È invece decisamente preferibile ricorrere all’approccio
incrementale quando non si abbia né l’esigenza di cambiamenti radicali, né la
disponibilità dell’organizzazione a notevoli innovazioni.
Quando l’esigenza di cambiamento non è elevata ma la struttura appare piuttosto
elastica, il management può scegliere di attuare sia un miglioramento incrementale,
sia un cambiamento radicale. In una situazione in cui l’urgenza di un cambiamento è
elevata e la disponibilità al cambiamento è bassa, l’approccio radicale potrebbe
miseramente fallire a causa delle resistenze interne, ma d’altro canto quello
incrementale potrebbe non essere sufficientemente “spinto” per risolvere
efficacemente tutti i problemi; in questo caso, quindi, ricade sul management la
responsabilità della decisione, dopo aver analizzato attentamente le condizioni in cui
versa l’impresa.
Va sottolineato, comunque, che la classificazione appena descritta, è valida quando si
stia considerando un singolo processo, per il quale occorre decidere se utilizzare
l’una o l’altra tecnica di gestione. Quando invece si considera l’intera azienda
nell’insieme dei suoi processi, possono coesistere - su processi diversi - progetti di
reingegnerizzazione e progetti di miglioramento graduale. È anche possibile che le
due tecniche vengano applicate in modo sequenziale, laddove dopo una fase di
cambiamento incrementale si sentisse la necessità di implementare un cambiamento
radicale, o viceversa.
La gestione per processi, che accorpa al suo interno gli approcci di BPR e BPI fin qui
analizzati, si è trasformata con il passare del tempo in una filosofia gestionale più
completa, denominata Business Process Management (BPM), che verrà analizzata
dettagliatamente all’interno del prossimo paragrafo.
1.4 BPM - Business Process Management
Il Business Process Management è una disciplina che si occupa di modellare, gestire,
automatizzare ed ottimizzare i processi di business allo scopo di migliorarne
l’efficienza e l’efficacia, con impatti positivi sulle performance aziendali.
Si sviluppa a partire dagli anni ’90, a seguito della diffusione delle metodologie di
Total Quality Management (TQM) e di Business Process Reengineering (BPR),
quando il concetto di qualità inizia ad essere accompagnato in maniera sempre più
consistente da quello di soddisfazione del cliente.
Il BPM viene definito16 come una metodologia che consiste nell’analizzare il
processo, implementare ed integrare le strategie di business, monitorare ed
ottimizzare i processi, stabilire gli strumenti corrispondenti ed allineare il business
con l’information technology. L’autore, inoltre, sostiene che l’approccio adottato da
16
Josuttis, 2005
22
Analisi della letteratura
questa metodologia debba essere di tipo top-down: decidere quali step devono essere
svolti manualmente e quali tramite automazione IT; separare l’intero processo in
blocchi più piccoli seguendo l’ordine temporale e i sistemi responsabili; suddividere
ulteriormente.
In Fig. 1.8 è schematizzato l’approccio top-down del BPM.
Fig. 1.8 Schematizzazione dell'approccio top-down del Business Process Management
(Josuttis, 2009)
Rifacendoci alle definizioni rilasciate da Gartner e Weske possiamo inoltre affermare
che17 “il Business Process Management è una disciplina gestionale che utilizza un
approccio sistematico e strutturato con il fine di supportare la gestione esplicita di un
processo di business utilizzando metodi, tecniche e strumenti, che coinvolgono esseri
umani, organizzazioni, applicazioni, documenti e altre fonti di informazione, allo
scopo di raggiungere gli obiettivi di business dell’organizzazione allineando i
processi di business a questi obiettivi”.
Una peculiarità del BPM consiste nel fatto che esso non richiede necessariamente un
ripensamento delle strategie aziendali ma è da considerarsi come uno strumento di
supporto per l’incremento dell’efficacia delle proprie strategie, in cui i processi
aziendali svolgono a loro volta un ruolo di asset strategico per l’azienda.
Volendo riassumere, il Business Process Management è una disciplina di gestione
che considera l’organizzazione in termini di processi di business il cui
funzionamento porta ad ottenere gli obiettivi strategici prefissati. Il BPM analizza,
gestisce, migliora ed ottimizza i processi nella loro interezza, oltrepassando le
barriere strutturali in maniera trasversale alle organizzazioni.
Obiettivo del BPM è la sinergia tra i processi e l’Information and Communication
Technology (ICT) tramite un approccio di tipo top-down che parte considerando il
processo nella sua interezza, lo scompone in attività, ottimizza i flussi ed infine li
automatizza attraverso l’allineamento con la tecnologia.
17
Hill, 2006
23
Capitolo 1
Nel concreto, un progetto di BPM può consentire una riduzione dei tempi o dei costi
necessari per condurre a termine un determinato processo, una diminuzione della
quantità di errori, una maggiore automazione dei compiti amministrativi o un miglior
utilizzo delle risorse.
Questi risultati possono essere ottenuti attraverso una continua ottimizzazione dei
processi, in un ciclo continuo di modellazione, esecuzione e misurazione18:
•
•
•
•
•
•
Modellazione: i processi vengono modellati nella loro interezza, esplicitando
su un diagramma i ruoli, i compiti e la sequenza di attività che compongono il
processo che si sta modificando.
Analisi/simulazione: si individuano ed analizzano gli indicatori di
performance del progetto di miglioramento, utilizzati per l’analisi delle
simulazioni del processo. Analisi e simulazione valutano l’accuratezza e la
precisione del progetto prima di passare alla successiva fase di
implementazione.
Implementazione: le attività del processo precedentemente modellato e
simulato vengono combinate in sinergia utilizzando strumenti software
integrati.
Esecuzione: il processo viene automatizzato tramite la messa in opera del
modello. I risultati sono l’automazione del flusso di lavoro e l’integrazione di
sistemi diversi.
Interazione: si sviluppano portali, tipicamente web, che permettono agli
amministratori e ai proprietari del processo di gestire i processi stessi,
aiutando gli tenti finali nelle loro attività e mettendo a disposizione indicatori
e metriche di misurazione delle performance.
Misurazione: gli indicatori definiti durante la fase di modellazione vengono
monitorati e registrati; vengono inviati eventuali allarmi al superamento di
determinate soglie. La fase di misurazione precede un’ulteriore e successiva
fase di modellazione.
Il paradigma da seguire per avvicinarsi al BPM prevede che si possieda una visione
complessiva del problema e che il passaggio alla fase di implementazione avvenga
con gradualità, generando consenso nell’organizzazione, affinando le metodologie e
creando un “centro di eccellenza” interno, formato da persone che possiedono le
competenze adeguate.
Innovazione ed apprendimento devono guidare tutta la metodologia, e il risultato di
questi sforzi è l’eccellenza nel business, che consiste nel raggiungere il massimo di
efficienza ed efficacia nello svolgimento dei processi che portano valore
all’organizzazione. Questo obiettivo non si raggiunge immediatamente, ma è frutto
di un percorso di maturità, in cui l’organizzazione impara a gestire sempre meglio i
propri processi, passando da una fase inziale dominata da tentativi casuali e sporadici
18
Nicoletti, 2010
24
Analisi della letteratura
di miglioramento fino ad uno stato di continuo e rapido adattamento dei processi alle
mutabili condizioni del business, con un miglioramento significativo percepibile.
Un modello di maturità per il BPM è un percorso evolutivo di miglioramento, che
deve permettere ad un’azienda di capire sia in quale punto del percorso si trova, sia
in quali aree deve migliorare per poterlo percorrere.
Riportiamo in Tab. 1.3, il modello proposto da OMG (The Object Management
Group), che raggruppa serie di attività logicamente correlate nelle cosiddette process
area, ognuna delle quali raggiunge degli obiettivi (goal) utilizzando delle azioni
specifiche (specific practice - SP). I goal posso a loro volta essere specifici (specific
goal - SG), nel caso rappresentino obiettivi riguardanti solo la process area in esame,
oppure istituzionalizzati (institutionalized goal - InG), se coinvolgono obiettivi
condivisi dall’intera organizzazione.
Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG
Livello di
maturità
Focus
1
Iniziale
Iniziative di
singoli individui
senza che alcun
processo venga
esplicitato o che
ci sia supporto da
parte dell’
organizzazione
2
Gestito
I manager
stabiliscono un
ambiente di
lavoro stabile nel
loro gruppo
Process Area
Descrizione
Organizational
Process
Leadership
Garantire il consenso e individuare
le responsabilità nella gestione delle
attività di miglioramento delle
performance del processo
Organizational
Business
Governance
Stabilire la responsabilità nella
gestione delle attività di
miglioramento delle performance
delle attività dell’organizzazione
Work Unit
Requirements
Management
Identificare chiaramente i requisiti
per una determinata attività
Work Unit
Planning and
Commitment
Stabilire e mantenere la
pianificazione e l’impegno per fare e
gestire un determinato blocco di
attività
Work Unit
Monitoring
and Control
Misurare e sottoporre a
monitoraggio le performance del
processo e mantenerle in linea con
requisiti e pianificazione,
procedendo eventualmente alla
riallocazione delle risorse
25
Capitolo 1
Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG
Livello di
maturità
2
Gestito
Focus
Process Area
Descrizione
I manager
stabiliscono un
ambiente di
lavoro stabile nel
loro gruppo
Work Unit
Performance
Gestire i rapporti con il gruppo di
lavoro in modo che tutti abbiano la
responsabilità dei task e degli
obiettivi assegnati al fine di
raggiungere gli obiettivi pianificati
Work Unit
Configuration
Management
Identificare, gestire e controllare il
contenuto e gli eventuali
cambiamenti di un gruppo di attività
Sourcing
Management
Gestire l’acquisizione di prodotti e
servizi da fornitori esterni
Process and
Product
Assurance
Assicurare la conformità di attività e
prodotti nei confronti di
regolamenti, leggi, standard, ecc.
Organizational
Process
Management
Sviluppare processi e risorse
standard all’interno
dell’organizzazione ed individuarne
i punti di forza e di debolezza
Organizational
Competency
Development
Sviluppare le competenze richieste
affinchè chi lavora nel processo
utilizzi gli standard previsti
Organizational
Resource
Management
Pianificare e gestire l’acquisizione,
l’allocazione e la riassegnazione
delle risorse richieste per sviluppare
ed erogare prodotti e servizi
Organizational
Configuration
Management
Identificare, gestire e controllare gli
aspetti finanziari e di business
relativi all’offerta di prodotti e
servizi, in base agli standard di
risorse e processi
dell’organizzazione
Product and
Service
Business
Management
Pianificare e gestire gli aspetti
finanziari di business relative
all’offerta di prodotti e servizi
Product and
Service Work
Management
Pianificare e gestire le attività e i
risultati per l’offerta di prodotti e
servizi, in base agli standard di
risorse e processi
dell’organizzazione
Product and
Service
Preparation
Stabilire i requisiti per l’offerta di un
prodotto o servizio e predisporne lo
sviluppo e l’erogazione
L’organizzazione
3
Standardizzato definisce dei
processi standard
insieme alle
relative risorse
26
Analisi della letteratura
Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG
Livello di
maturità
3
Standardizzato
4
Predicibile
5
Innovatore
Focus
Process Area
Descrizione
L’organizzazione
definisce dei
processi standard
insieme alle
relative risorse
Product and
Service
Deployment
Installare, modificare, sostituire e
rimuovere le risorse usate per
l’offerta di un prodotto o servizio
Product
Service
Operation
Dare al cliente le risorse e le
informazioni necessarie
all’erogazione di un prodotto o
servizio
Product and
Service
Support
Mantenere le risorse necessarie
all’erogazione di un prodotto o
servizio
Organizational
Common Asset
Management
Determinare le caratteristiche
comuni di prodotti e servizi attuali e
futuri e utilizzarle per migliorare le
performance, i costi e la qualità
Organizational
Capability and
Performance
Management
Caratterizzare quantitativamente gli
standard di processo
dell’organizzazione e fornire dati e
modelli in modo da gestire
quantitativamente prodotti e servizi
Product and
Service
Process
Integration
Integrare i processi e i ruoli di
diversi ambiti e discipline coinvolti
nell’offerta di un prodotto o servizio
in modo da migliorarne efficienza ed
efficacia
Quantitative
Product and
Service
Management
Pianificare e gestire il lavoro dietro
l’offerta di un prodotto o servizio in
modo che questo raggiunga gli
obiettivi di performance e qualità
Quantitative
Process
Management
Gestire in modo statistico le
performance delle attività necessarie
per sviluppare, preparare, erogare e
supportare un prodotto o servizio
secondo gli obiettivi di qualità
Organizational
Improvement
Planning
Stabilire in modo quantitativo gli
obiettivi di miglioramento e
l’infrastruttura a supporto del
miglioramento continuo e definire le
strategie per raggiungere gli obiettivi
Organizational
Performance
Alignment
Mantenere allineate le strategie di
business e gli obiettivi quantitativi
dell’organizzazione attraverso tutti i
livelli gerarchici e in modo
trasversale a prodotti e servizi
I processi sono
gestiti quantitativamente in modo
da avere risultati
predicibili
I processi
vengono
continuamente
migliorati
27
Capitolo 1
Tab. 1.3 Modello di maturità proposto dalla OMG
Livello di
maturità
5
Innovatore
Focus
Process Area
Descrizione
I processi
vengono
continuamente
migliorati
Defect and
Problem
Prevention
Identificare e risolvere le cause dei
difetti e dei problemi che
impediscono il raggiungimento degli
obiettivi dell’organizzazione
Continuous
Capability
Improvement
Migliorare in modo continuo e
misurabile le performance
dell’organizzazione adottando
modifiche incrementali
Organizational
Innovative
Improvement
Formulare soluzioni complete di
miglioramento che, una volta in
produzione, raggiungano gli obiettivi
di qualità desiderati
Organizational
Improvement
Deployment
Accrescere in modo continuo e
misurabile le performance
dell’organizzazione adottando le
migliorie fatte in modo sistematico
Un determinato livello di maturità può essere raggiunto tutti gli obbiettivi ad esso
associati.
Inoltre, è importante far notare che al crescere del livello di maturità aumenta anche
la diffusione delle buone pratiche di gestione dei processi all’interno
dell’organizzazione, passando dalle sporadiche iniziative di singoli individui, a
gruppi di lavoro, a divisioni, all’organizzazione nella sua totalità ed infine
all’organizzazione vista all’interno di una catena del valore con fornitori e clienti.
Di Leva afferma19 che il BPM “consiste in un insieme di metodi, tecnologie e
strumenti utili a controllare, analizzare ed eseguire i processi operativi di un’azienda”
e può essere considerato come “una filosofia per gestire l’azienda in modo più
razionale”.
Gli strumenti a cui l’autore fa riferimento in questa definizione, sono da intendere
come l’insieme di quei sistemi informatici ed informativi che supportano il BPM
nella semplificazione e velocizzazione delle pratiche aziendali e consentono di
definire i dei processi aziendali mediante l’utilizzo di notazioni ad hoc atte ad
eseguire e controllare l’andamento dei processi.
19
Di Leva, 2011
28
Analisi della letteratura
In Fig. 1.9 sono riportate e sintetizzate le teorie, gli strumenti e le metodologie che
permettono di mettere in pratica il BPM.
Fig. 1.9 Teorie e tecnologie fondanti del BPM
1.4.1 Standard grafici a supporto del BPM
Gli standard a supporto del BPM possono essere classificati in tre gruppi:
•
•
•
Standard grafici di modellazione;
Standard per i formati di interscambio dei modelli di processo;
Standard di esecuzione dei processi aziendali.
In questa tesi facciamo riferimento soltanto agli standard grafici di modellazione in
quanto, nel caso studio analizzato, ci limiteremo a trattare solamente la mappatura e
alla rappresentazione grafica dei processi.
Prima di definire le diverse tipologie di modellazione grafica, è doveroso sottolineare
l’importanza di conformarsi ad uno standard che, grazie all’adozione di un
linguaggio comune, permette l’interazione tra tutti gli strumenti BPM e l’uniformità
di rappresentazione.
Gli standard grafici permettono agli utenti di rappresentare sotto forma di diagramma
il flusso informativo, i punti di decisione ed i ruoli dei vari processi aziendali.
Tali standard, rispetto alle altre tipologie, si rivelano maggiormente intuitivi e user
friendly, in quanto consentono una comprensione quasi immediata del processo senza
richiedere particolari conoscenze specifiche.
29
Capitolo 1
Lo standard grafico maggiormente utilizzato è il Business Process Model and
Notation (BPMN) ma esistono altri due “linguaggi” ampiamente noti: l’Activity
Diagram UML e l’Event-driven Process Chain (EPC). Volendo descrivere questi tre
standard più dettagliatamente:
•
•
•
Il BPMN è una notazione di modellazione per processi aziendali avente come
scopo l’abolizione del gap esistente tra i diagrammi di flusso e il linguaggio
di esecuzione dei processi.20
L’Activity Diagram UML è un linguaggio di modellazione visuale orientato
agli oggetti, atto a descrivere i processi aziendali mediante la visualizzazione
delle sequenze di azioni che devono essere eseguite e l’inserimento della
descrizione del flusso di controllo e del flusso di dati per attività.
L’Event-driven Process Chain (EPC) è una metodologia di modellazione che
consente di descrivere il processo aziendale da diversi punti di vista: quello
dei responsabili del processo, quello del flusso funzionale, con una sequenza
dinamica delle attività, quello del flusso di output, che pone l’evidenza sulle
relazioni tra gli output prodotti, e quello del flusso informativo, che mostra
gli elementi informativi utilizzati. Il processo aziendale non è alto che
l’unione di tutte le viste del processo.
1.4.2 Vantaggi del BPM
Poichè esiste uno stretto legame tra processi e profittabilità aziendali, vi è una
sempre maggiore esigenza di incrementare il valore delle attività riducendo allo
stesso tempo le risorse impiegate per svolgerle, di ridurre i costi legati ai sistemi
informativi aziendali e di sottoporre i processi aziendali a continui controlli di
qualità. Integrando tra loro i processi di business in modo da poterli monitorare ed
ottimizzare secondo un orientamento univoco agli obiettivi aziendali, si sfruttano
appieno le potenzialità di un sistema di BPM, ottenendo una sostanziale riduzione dei
costi e dei tempi di implementazione degli stessi processi.
Inoltre, il BPM può aiutare a migliorare le prestazioni aziendali grazie alla riduzione
dei costi di ownership, all’aumento di flessibilità, al raggiungimento di tempi di
consegna più rapidi e soprattutto migliorando le relazioni con gli stakeholder interni
ed esterni.
Alla luce di questi vantaggi si può affermare che il BPM rappresenta un ottimo
strumento per la gestione dei processi di quelle organizzazioni che si trovano in una
fase di grande cambiamento, che devono porsi come obiettivo l’incremento della
customer satisfaction, la misurazione delle performance aziendali e la maggiore
attenzione per le risorse impiegate.
20
Per approfondimenti sulla notazione BPMN si rimanda a pag. 82
30
Analisi della letteratura
1.5 La mappatura dei processi
Il primo passo per una corretta gestione dei processi è sicuramente la loro
identificazione e documentazione. A tal fine, possono essere utilizzate varie tecniche,
sia grafiche che testuali, che consentono di formalizzare il contenuto di un processo
in maniera più o meno intuitiva.
La mappatura dei processi consiste nell’applicazione di una metodologia
formalizzata per l’identificazione e la modellazione dei processi aziendali e
comprende varie tecniche di rappresentazione delle componenti dei processi. Come
già accennato, gli elementi che compongono un processo e che vengono
rappresentati con queste tecniche sono gli input e gli output del processo, le singole
attività e le relazioni tra di esse, i soggetti che le attuano e le interfacce esistenti tra
gli stessi e, inoltre, i punti di decisione e le alternative che fanno sì che un processo si
sviluppi in una direzione piuttosto che in un’altra.
Secondo Ostinelli21, infatti, la mappatura dei processi consiste nella scomposizione
dell’organizzazione in attività elementari di facile gestione, nella definizione di un
modello di riferimento per i processi gestionali e nella ricostruzione, attraverso
appropriate tecniche di modellazione, di una mappa dei legami logici tra le attività
lungo i processi gestionali.
Si tratta di uno strumento molto potente, poichè consente tra l’altro di visualizzare
graficamente i punti critici esistenti nel processo allo stato attuale e di individuare i
possibili cambiamenti da apportare per migliorarne i risultati ed accrescere la
customer satisfaction.
Generalmente, gli obiettivi di un intervento di mappatura possono essere classificati
in due categorie: quelli di natura organizzativa, che consistono nell’identificazione
delle criticità e delle azioni migliorative da attuare su un processo, e quelli di natura
informatica, che constano nell’identificazione degli elementi chiave per la
progettazione dei sistemi informativi dell’azienda. Ai fini di questa tesi, siamo
interessati solamente alla prima categoria, che Ostinelli riassume nei seguenti punti:
•
•
•
•
•
21
Comprendere ciò che realmente viene fatto, ovvero in che modo vengono
impiegate le risorse aziendali, siano esse umane, tecnologiche o strutturali;
Esplicitare le interdipendenze esistenti tra le attività, anche se queste vengono
svolte da funzioni aziendali distinte;
Valutare la convenienza economica di diversi corsi d’azione alternativi
determinando i costi delle attività connesse al percorso prescelto;
Imputare i costi delle attività aziendali agli oggetti ultimi di calcolo (prodotti,
servizi, tipologie di clienti, canali distributivi, aree geografiche);
Determinare il mix di risorse più appropriato da assegnare ai processi;
Ostinelli, 1995
31
Capitolo 1
•
Semplificare i processi gestionali identificando le attività non a valore
aggiunto per il cliente, ovvero quelle attività ridondanti e non necessarie che
assorbono risorse ed aumentano i costi aziendali senza generare benefici
significativi in termini di posizione competitiva dell’azienda.
Se questi sono gli obiettivi, il successo della fase di mappatura in un intervento di
gestione dei processi è possibile solo in presenza di alcuni presupposti organizzativi,
primo tra tutti il coinvolgimento nel progetto dell’intera organizzazione da parte
dell’alta direzione, la quale deve per prima essere disposta a dedicare allo sviluppo
del progetto tutte le risorse necessarie. Secondo Ostinelli22, la mappatura dei processi
aziendali deve portare tutto il corpo aziendale a “pensare per processi”, il che è
possibile solo motivando il personale e diffondendo gli obiettivi del progetto a tutti i
livelli aziendali, anche attraverso degli incontri formativi sulle metodologie e gli
approcci da seguire, che possono aiutare tra l’altro ad abbattere quelle barriere
organizzative che spesso emergono all’interno delle aziende, dovute ad una forte
resistenza al cambiamento.
Oltre ad un’attenta azione di sponsorship sugli obiettivi del progetto da parte del
management, un’altra fase fondamentale preliminare al lavoro di mappatura consiste
nella costituzione di un gruppo di lavoro. Data la natura transfunzionale dei processi,
infatti, è necessario formare almeno un gruppo di lavoro composto da persone
appartenenti ad unità organizzative differenti, che possano portare all’interno del
gruppo la propria esperienza e la conoscenza specialistica relativa alla funzione
aziendale di appartenenza. Inoltre, nella scelta delle persone che andranno a
costituire il team di lavoro, sono da apprezzare caratteristiche quali creatività e
capacità critica.
In presenza dei suddetti prerequisiti, è possibile iniziare il lavoro di analisi e
mappatura dei processi aziendali, il cui risultato dovrà permettere all’azienda
possibilità di individuare semplicemente da una rapida visione degli schemi prodotti:
•
•
•
•
22
Le attività svolte da ciascuna unità organizzativa, considerando sia quelle
attività routinarie, sia quelle di carattere eccezionale;
La struttura delle attività, che comprende descrizione sommaria, input,
output, risorse utilizzate, periodicità di svolgimento, obiettivi assegnati,
fattori di vincolo o di condizionamento dei risultati e fattori di complessità
che determinano direttamente il carico di lavoro delle risorse impegnate ed il
consumo delle risorse utilizzate;
Lo scambio di informazioni e materiali tra le varie unità organizzative,
seguendo il filo logico delle attività;
Il grado di responsabilità dei diversi soggetti sul processo, strettamente legato
al ruolo che essi vi ricoprono.
Ostinelli, 1995
32
Analisi della letteratura
Prima di definire la metodologia attraverso cui questi risultati vengono raggiunti,
però, è utile definire l’insieme degli elementi che è indispensabile conoscere per la
buona riuscita della mappatura del processo.
Questo insieme viene spesso indicato nelle aziende private con il termine “modello di
processo”, ed è formato dai seguenti elementi:
•
•
•
•
•
Responsabile di processo
Fornitori dei requisiti di processo (input)
Elementi che caratterizzano il processo: persone, mezzi, procedure, standard
Output del processo
Clienti
Il processo dev’essere inoltre costantemente controllato attraverso l’uso di alcuni
indicatori, e migliorato nel caso non portasse a risultati soddisfacenti.
L’assenza di anche uno solo di questi elementi determina lacune considerevoli nella
definizione dei macroprocessi aziendali.
Per impostare un modello di processo bisogna inoltre classificare i vari gradi di un
processo in base al livello organizzativo in cui vengono gestiti:
•
•
•
A livello di direzione generale si parla di macroprocessi;
A livello di responsabili di funzione ci si relaziona con i processi gestionali;
A livello operativo/di dettaglio si utilizza il termine “istruzioni operative”,
che sta ad indicare sia i sottoprocessi che le singole attività.
1.5.1 Metodologia
La metodologia che si utilizza per mappare i processi aziendali consta dei seguenti
passi:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Individuare i processi aziendali oggetto dell’analisi;
Analizzare gli input, gli output, le risorse, i vincoli e gli attori del processo;
Definire le metriche e gli indicatori idonei alla misura della performance del
processo aziendale;
Stabilire chi intervistare e le tecniche da adottare durante l’intervista;
Stabilire con quale metodologia, notazione e strumento mappare il processo
as-is;
Valutare e far valutare il processo;
Individuare le criticità e le linee guida per lo sviluppo dei processi to-be;
Rappresentare i risultati alla dirigenza;
Condividere le best practices con i dipendenti;
Individuare il responsabile dei processi aziendali e le azioni da intraprendere
per l’aggiornamento della documentazione.
33
Capitolo 1
È importante che in tutte queste fasi l’approccio adottato sia di tipo proattivo,
orientato al miglioramento continuo, e che si cerchi di abbandonare quello reattivo
tipicamente utilizzato nelle aziende, che prevede la ricerca di una soluzione alle
problematiche solo dopo che queste si siano già verificate.
Adottando un approccio proattivo è invece possibile valutare i processi aziendali ed
ipotizzare preventivamente dei potenziali miglioramenti sulla base di
un’autovalutazione delle prestazioni attuali, prima che possano verificarsi nuove
criticità.
Sia il fine ultimo della mappatura semplicemente conoscitivo, di ridefinizione o di
progettazione ex novo dei processi aziendali, il punto di partenza del lavoro consiste
comunque nell’identificare i processi aziendali in modo che possano essere analizzati
in un secondo momento.
La letteratura riporta varie metodologie adottabili per stabilire il livello di criticità e
di rilevanza dei processi in relazione all’obiettivo specifico dell’analisi del processo.
Queste metodologie prevedono diverse modalità di coinvolgimento del personale e
diversi tempi e tecniche di rappresentazione dei processi, ma devono in ogni caso
essere in grado di fornire alcune informazioni ritenute indispensabili: l’elenco delle
principali attività svolte, la tipologia, la localizzazione ed il peso dei clienti, le
aspettative degli stakeholders, i prodotti e i servizi erogati, i vincoli ai quali le attività
e i processi sono sottoposti, la struttura organizzativa attuale.
Le informazioni da raccogliere riguardano in primo luogo gli input, i vincoli, le
regole e le istruzioni che condizionano lo svolgimento delle attività del processo, le
risorse umane ed organizzative ed i mezzi utilizzati per svolgerle, e gli output del
processo.
Una volta identificata la provenienza e la destinazione di input e output, sarà
possibile specificare anche l’identità di clienti e fornitori di ciascun processo.
L’identificazione e l’analisi di questi elementi consente tra l’altro di delineare i
confini dei vari processi e di stabilire le interazione tra di essi e con l’esterno.
Ostinelli23 identifica due approcci principali per procedere alla scomposizione
dell’azienda in attività elementari: il primo si basa sulle funzioni aziendali e pertanto
parte dall’analisi dell’organizzazione e delle sue strutture funzionali; il secondo è
invece basato sugli obiettivi di processo, sviluppandosi quindi a partire dalle
esigenze del cliente finale.
Il primo metodo permette di comprendere, attraverso la raccolta dati provenienti da
interviste dirette o da questionari, come i diversi operatori occupino il loro tempo, di
confrontare le loro mansioni con quelle previste dal mansionario aziendale e di
capire in che modo le attività sfruttino le risorse disponibili nelle diverse funzioni, in
modo da identificare eventuali inefficienze.
23
Ostinelli, 1995
34
Analisi della letteratura
Una volta identificate le varie attività sarà possibile collegarle tra loro esplicitando i
legami logici ed i processi gestionali esistenti.
Il secondo approccio parte invece dalla comprensione dei bisogni del cliente e
dall’esplicitazione degli obiettivi aziendali; una volta individuati i macroprocessi
sulla base delle aspettative del cliente si riescono anche ad individuare le variabili
che potrebbero portare al successo l’azienda.
Questo approccio permette di analizzare le interconnessioni tra le diverse funzioni,
dove e come si crea valore aggiunto e soprattutto l’efficacia dei processi, offrendo
una visione globale e unitaria dell’azienda.
Queste due logiche si differenziano sia per quanto riguarda l’oggetto a cui
attribuiscono maggiore importanza (le funzioni aziendali nel primo approccio e i
bisogni del cliente nel secondo), sia per la finalità perseguita (in un caso si tratta di
un’analisi dell’efficienza e nell’altro della ricerca dell’efficacia aziendale).
I due approcci, comunque, non devono essere considerati come due alternative
equivalenti. È infatti prassi molto diffusa utilizzare contemporaneamente le due
logiche per poter unire ed integrare i risultati.
1.6 Linguaggi e strumenti per la mappatura dei processi
I processi possono essere descritti attraverso degli standard universalmente
riconosciuti, che permettono di “leggerne” e comprenderne il funzionamento a
chiunque conosca il linguaggio utilizzato. In letteratura esistono diversi linguaggi di
mappatura dei processi che possono essere classificati in quattro categorie24:
•
•
•
•
Linguaggi di descrizione basati sui dati: enfatizzano il flusso dei dati e lo
scambio di documentazione durante l’esecuzione del processo, come ad
esempio il Data Flow Diagram (DFD)
Linguaggi basati sulle attività: riportano le attività in sequenza come il
linguaggio WIDE;
Linguaggi basati sulla comunicazione: riportano le interazioni tra attori e
informazioni e le fasi necessarie per l’esecuzione del processo (esempio:
Action Workflow);
Linguaggi orientati agli oggetti: Unified Modelling Language (UML).
Non si tratta di metodi di analisi dei processi ma di linguaggi aventi come scopo la
rappresentazione dell’obiettivo di processo e delle modalità di svolgimento.
Il Data Flow Diagram (DFD) è un linguaggio che viene utilizzato solitamente per la
descrizione dei processi riguardanti progetti informativi poiché consente di
visualizzare un processo come un insieme di dati che vengono scambiati nelle
diverse attività che lo compongono. Gli elementi caratterizzanti tale rappresentazione
sono:
24
Casati e Pernici, 2011
35
Capitolo 1
•
•
•
•
Processi, che rappresentano le unità di elaborazione dei dati;
Flussi di dati, che indicano scambi di dati tra processi;
Archivi, in cui vengono memorizzate permanentemente le informazioni del
sistema;
Sorgenti e destinazioni dei dati, ovvero chi li fornisce e chi li riceve.
A ciascuno di questi elementi è associata una rappresentazione grafica (Fig. 1.10) e
ad ogni elemento grafico è associato un nome, che deve indicare chiaramente
l’elemento all’interno del sistema.
Fig. 1.10 Esempio di diagramma DFD con i relativi simboli grafici
Il linguaggio WIDE (Workflows on an Intelligent and Distributed database
Environment) permette di descrivere un processo come una sequenza di attività
collegate tra loro da vincoli di precedenza e punti di sincronizzazione.
E’ composto da tre sottomodelli che rendono completa la descrizione del processo e
migliorano la comprensione dell’azienda:
•
•
•
Il modello dei processi, che definisce le attività e l’ordine in cui devono
essere eseguite;
Modello delle informazioni, che descrive i dati e i documenti necessari
all’esecuzione del processo;
Modello dell’organizzazione che descrive la struttura dell’organizzazione e
gli elementi che ne fanno parte, a prescindere dai processi, al fine di
identificare quali sono gli elementi che hanno il diritto di eseguire un
determinato task.
La caratteristica fondamentale che distingue il linguaggio WIDE da un normale
diagramma di flusso è che il WIDE permette una gestione delle eccezioni
particolarmente efficace, poiché implementa un altro linguaggio, chiamato ChimeraExc, creato apposta per gestire le eccezioni, che per la loro natura casuale ed
irregolare non sarebbe possibile rappresentare come semplici diramazioni del flusso
di attività.
Nell’approccio proposto dal linguaggio AG (Action Workflow), il flusso di lavoro
non è considerato solo come una successione di attività finalizzate alla
trasformazione delle informazioni, ma anche e soprattutto come un insieme di
interazioni tra persone. Pertanto, questo linguaggio è centrato sui legami e le
interazioni tra clienti e fornitori di servizi nell’esecuzione del processo.
36
Analisi della letteratura
I quattro elementi che l’AW prende in considerazione sono: le attività, l’azione intesa
come ciò che le persone fanno quando prendono impegni reciproci al fine di uscirne
soddisfatti, l’impegno, che è la modalità di interazione tra cliente e fornitore, e il
processo inteso come insieme di attività.
Secondo l’AW, inoltre, esistono quattro diversi cicli di interazione tra clienti e
fornitori, attraverso cui i processi possono essere descritti:
•
•
•
•
Ciclo di preparazione o richiesta: il cliente richiede al fornitore l’esecuzione
di un lavoro;
Ciclo di negoziazione ed accettazione: il cliente e il fornitore raggiungono un
accordo;
Ciclo di esecuzione/produzione: il fornitore esegue il lavoro;
Ciclo di soddisfazione/erogazione: il cliente valuta il lavoro ed esplicita il suo
livello di soddisfazione.
UML è invece un linguaggio grafico utilizzato in particolare per modellare processi
informatici, poiché si basa su un approccio orientato agli oggetti, un paradigma di
progettazione che permette di creare oggetti software in grado di interagire gli uni
con gli altri attraverso lo scambio di messaggi. Per modellare i processi, il linguaggio
UML propone l’utilizzo di diagrammi, gli activity diagrams, che definiscono le
attività da svolgere per realizzare una certa funzionalità. Spesso vengono utilizzati
anche dei diagrammi complementari, detti “dei casi d’uso” (use case diagrams), che
permettono di descrivere le funzioni ed i servizi offerti da un sistema, in base a come
questi vengono percepiti e utilizzati dagli attori che interagiscono con il sistema
stesso e possono quindi essere considerati degli strumenti di rappresentazione dei
requisiti funzionali di un sistema.
Finora si sono discusse le caratteristiche dei vari linguaggi che possono essere
adottati per descrivere i processi. Ma quali sono invece gli strumenti che vengono
normalmente utilizzati, anche in modo congiunto, per ottenere una mappa completa
ma allo stesso tempo molto intuitiva dei processi aziendali?
La letteratura abbonda di informazioni relative a questo ambito, ma nei prossimi
paragrafi descriveremo gli strumenti più comunemente ed efficacemente utilizzati: le
interviste, il diagramma SIPOC, la matrice delle responsabilità, i diagrammi di flusso
e la notazione BPMN; che sono anche i più utili ai fini dell’analisi del caso studio di
questa tesi.
1.6.1 Interviste
Il primo passo per la mappatura dei processi aziendali consiste nella raccolta delle
informazioni necessarie a descrivere il funzionamento del processo, che
normalmente avviene intervistando i responsabili di funzione o i responsabili
d’ufficio, figure che, pur lavorando quotidianamente a stretto contatto con le singole
37
Capitolo 1
attività del processo, possiedono anche una visione piuttosto ampia e completa del
processo nella sua interezza, consentendo loro di descriverlo in modo coerente dal
punto di vista logico-causale.
Non sempre, però, le informazioni raccolte dalla prima intervista sono esaustive e
coerenti con la struttura dei processi; spesso quindi risulta necessario ripetere
l’intervista, anche diverse volte, fino a quando le informazioni raccolte non saranno
complete.
Il soggetto intervistatore deve presentarsi preparato sull’argomento dell’intervista,
porre le domande chiave per ottenere le informazioni necessarie cercando di non
divagare mai dal focus dell’incontro; non deve limitarsi tracciare i fatti ma deve
comprenderne le motivazioni e verificare sempre le informazioni, anche richiedendo
i documenti più significativi. È inoltre di fondamentale importanza che
l’intervistatore condivida gli obiettivi dell’analisi con i suoi interlocutori e che
mantenga sempre e comunque un comportamento il più possibile super partes, al
fine di non influenzare la descrizione del processo e favorendo la creazione di
rapporti di fiducia reciproca con gli intervistati.
Per ciascun processo sarà necessario produrre un documento che lo descriva
rilevando25:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
I sottoprocessi e le attività svolte nelle varie fasi del processo stesso;
Le competenze delle risorse umane impiegate nelle varie fasi del processo e
la loro valutazione;
Le risorse tecnologiche necessarie;
Procedure, prassi e istruzioni utilizzate per svolgere il processo;
I vincoli che interessano il processo, le attività, gli input e gli output;
I clienti ed i fornitori del processo;
Il responsabile del processo (process owner);
Gli stakeholders;
Le relazioni ed i collegamenti esistenti tra attività interne al processo o tra
processi diversi.
Dopo aver raccolto queste informazioni, è necessario rielaborarle graficamente, in
modo da poter creare una mappa dei processi aziendali che sia più chiara ed
esauriente possibile.
1.6.2 Diagramma SIPOC
Il diagramma SIPOC è uno strumento di documentazione dei processi ad alto livello,
ampiamente utilizzato nel Lean Six Sigma, che mette in evidenza le relazioni
esistenti tra gli elementi fondamentali che compongono un processo, dalle cui iniziali
(in inglese), tra l’altro, deriva il nome26:
25
26
Ostinelli, 1995
Sinibaldi, 2009
38
Analisi della letteratura
•
•
•
•
•
Supplier: è l’elenco dei fornitori del processo, cioè di coloro che forniscono
gli input che il processo elaborerà o di cui il processo si servirà per svolgere
le sue attività. È costituito da persone, altri processi, aziende o sistemi che
possono essere interni o esterni all’organizzazione;
Input: è l’insieme delle risorse necessarie al processo e può essere costituito
da persone, materiali, documenti, equipaggiamenti o informazioni;
Process: è una descrizione del processo in termini delle attività che lo
compongono;
Output: è l’insieme dei prodotti e dei servizi generati dal processo;
Customer: è l’elenco dei clienti del processo, ovvero i destinatari dell’output.
Come il supplier, è costituito da persone, altri processi, aziende, sistemi o
applicazioni che possono essere interni o esterni all’organizzazione.
In Fig. 1.11 è schematizzato un modello di diagramma SIPOC in cui sono riportate
anche le domande che è necessario porsi per poterlo compilare.
Fig. 1.11 Rappresentazione del modello di diagramma SIPOC (Sinibaldi, 2009)
1.6.3 Diagrammi di flusso
Un modo molto semplice e diffuso per rappresentazione i processi è quello che si
serve dei diagrammi di flusso (flowchart), anche detti diagrammi a blocchi. Un
diagramma di flusso è uno strumento che consente di descrivere un processo ad un
basso livello di dettaglio e utilizza solitamente delle forme geometriche fondamentali
che, connesse da frecce, rappresentano il flusso delle attività all’interno del processo.
I nodi del grafo, quindi, rappresentano le attività mentre gli archi orientati indicano la
loro sequenza cronologica; anche i punti decisionali possono essere rappresentati in
modo molto semplice, solitamente ponendo una questione a cui sia possibile
rispondere affermativamente o negativamente e dando così luogo ad una diramazione
del processo27.
27
Harrington, 1991
39
Capitolo 1
In Tab. 1.4 sono illustrati i simboli che vengono normalmente utilizzati per disegnare
i diagrammi di flusso, ad ognuno dei quali è associato un particolare significato: il
rettangolo con gli angoli smussati, ad esempio, viene usato per rappresentare le
azioni di inizio e di fine processo, mentre il rettangolo semplice rappresenta
un’azione o un’attività svolta all’interno del processo; il rombo, invece, è utilizzato
per indicare un punto in cui dev’essere presa una decisione e, come già accennato, la
freccia è l’indicatore della direzione del flusso.
Tab. 1.4 Rappresentazione e relativo significato dei simboli usati nei diagrammi di flusso
Simbolo
Descrizione
Rettangolo con angoli smussati
Viene utilizzato per rappresentare
l’azione che dà il via e quella che
conclude il processo o una parte di esso
Rettangolo
Viene usato per rappresentare un’azione
o un’attività che si compie all’interno del
processo
Rettangolo con Ombreggiatura
La forma ombreggiata richiama la
presenza di un ulteriore diagramma di
flusso che spiega in modo più dettagliato
quella parte di processo
Rombo
Viene usato per rappresentare un punto
in cui si prende una decisione. Al suo
interno viene posta una domanda che
richiede la risposta “sì” o “no”
Rettangolo con ondina
Viene usato per indicare che in un
determinato punto viene prodotto un
documento
Freccia
È l’indicatore della direzione del flusso
40
Analisi della letteratura
1.6.4 Matrice di assegnazione delle responsabilità
La matrice di assegnazione delle responsabilità, anche detta matrice RACI, è uno
strumento che identifica la modalità di interazione delle diverse funzioni all’interno
dei processi, evidenziando in particolare quali siano i loro ruoli e le loro
responsabilità. Questo permette di documentare la rete di relazioni che supporta la
comunicazione organizzativa e soprattutto il processo decisionale.
La matrice viene costruita elencando sulle righe i processi o le attività, e sulle
colonne i vari ruoli funzionali e gli individui coinvolti nella gestione e
nell’organizzazione del processo; nelle celle di intersezione tra riga e colonna,
invece, vengono inseriti il simboli che corrispondono al livello di responsabilità che
la persona o la funzione organizzativa ha su un determinato processo o attività.
Risorsa 1
Risorsa 2
Risorsa 3
Risorsa 4
Risorsa 5
Attività 1
R
A
R
A
I
Attività 2
A
C
I
C
R
Attività 3
I
R
C
A
A
Attività 4
R
I
A
C
C
Attività 5
I
C
A
R
I
Fig. 1.12 Esempio di matrice delle responsabilità (RACI)
L’obiettivo della compilazione di tale matrice è quello di identificare chiaramente
“chi fa che cosa”, in modo da evitare scoperture, sovrapposizioni o sovraccarichi
decisionali e dare ad ognuno la consapevolezza di ciò che gli altri attori del processo
si aspettano da ciascun ruolo.
La matrice di assegnazione delle responsabilità pone quindi in relazione le risorse
che intervengono nel processo con le attività delle quali sono responsabili o con loro
aggregazioni, specificando il tipo di relazione che intercorre tra ogni risorsa ed ogni
attività o, per meglio dire, il livello di responsabilità di ogni risorsa su ciascuna
attività28:
28
Jacka e Keller, 2009
41
Capitolo 1
•
•
•
•
Responsible (R) - Responsabile di 1° livello: esegue ed assegna l’attività;
Accountable (A) - Responsabile di 2° livello: ha la responsabilità sul risultato
dell’attività (deve essere assegnato univocamente per ciascuna attività);
Consulted (C) - Consultato: aiuta e collabora con il Responsabile di 1° livello
per l’esecuzione dell’attività;
Informed (I) - Informato: deve essere informato al momento dell’esecuzione
dell’attività ma non ne è coinvolto in prima persona.
Utilizzando i simboli R, A, C, ed I, corrispondenti ai quattro livelli di responsabilità,
è possibile compilare completamente la matrice delle responsabilità, chiamata per
l’appunto RACI.
1.6.5 BPMN - Business Process Model and Notation
Il BPMN è, ad oggi, il più affermato standard grafico per la modellazione dei
processi. Si tratta di una notazione ispirata ai diagrammi di flusso che, come ogni
linguaggio di modellazione di tipo grafico, utilizza un determinato insieme di simboli
per rappresentare su un diagramma i processi aziendali.
Il diagramma realizzato tramite la notazione BPMN prende il nome di Business
Process Diagram (BPD) e permette di rappresentare i tre livelli di un business
process:
•
•
•
Il livello private, ovvero i processi interni all’azienda;
Il livello abstract, quello delle relazioni con l’esterno;
Il livello global, cioè le interazioni tra aziende diverse o tra diversi settori di
una stessa azienda.
I maggiori punti di forza dello standard BPMN sono la semplicità del suo utilizzo e
l’immediatezza nella sua comprensione; lo scopo principale per cui lo standard è
stato realizzato è infatti quello di offrire una notazione ed un linguaggio di
comunicazione facilmente comprensibile e riproducibile da tutti gli attori che
intervengono nei processi aziendali, dall’analista incaricato di disegnare il processo,
allo sviluppatore che deve implementarne la tecnologia, fino al personale operativo,
in modo da permettere a tutte queste figure di “parlare la stessa lingua” senza che si
rendano necessari dei pesanti interventi formativi29.
Nonostante sia stata ideata per la rappresentazione dei processi di business delle
aziende private, la notazione può essere utilizzata per riprodurre qualunque tipo di
processo. Come vedremo, infatti, lo standard BPMN si adatta facilmente anche alla
rappresentazione dei processi presenti nella Pubblica Amministrazione, che sono
oggetto di analisi di questa tesi.
L’argomento verrà poi ripreso ed approfondito nell’analisi del caso studio, quando
verranno presentate le funzionalità del software Bizagi, l’applicativo che è stato
utilizzato per la mappatura di tutti i processi esaminati in questa tesi.
29
Wohed et al., 2006
42
Analisi della letteratura
1.7 La formalizzazione del know-how
Nel paragrafo precedente, si sono descritti i principali strumenti che vengono
utilizzati per la mappatura dei processi aziendali. Il fatto di poter mappare i processi
che descrivono l’organizzazione e le sue attività consente in un certo senso di
formalizzare il cosiddetto know-how dell’azienda, ovvero la sua “arte di saper fare”.,
la sua conoscenza interna. Questo tipo di formalizzazione presenta diversi vantaggi,
poichè può essere utilizzata per organizzare, strutturare, memorizzare, apprendere,
comunicare, valutare e migliorare l’azienda nel suo complesso. Permette infatti di
organizzare il lavoro definendo “chi fa cosa”, in modo che ciascun attore conosca le
attività di cui è responsabile e svolga in maniera coerente ed efficace i compiti a lui
attribuiti. Per questi motivi una formalizzazione esplicita del know-how aziendale
che sia accessibile sempre e da chiunque ne sia interessato, si rivela un intervento
necessario ai fini di una buona organizzazione del lavoro in un’impresa30.
Un aspetto fondamentale della formalizzazione risiede nella possibilità di
memorizzare le conoscenze e le competenze specifiche acquisite dall’azienda nel
corso degli anni, che altrimenti andrebbero perse per sempre con l’allontanamento di
un dipendente. Rispetto ad un intervento di formalizzazione preventiva, il recupero a
posteriori di un know-how ormai perduto non è per nulla semplice ed incide
negativamente sia sui costi che sui tempi dell’azienda. Mettere per iscritto le
mansioni da svolgere è un lavoro che richiede certamente un certo impegno, ma ha il
grosso vantaggio di evitare qualsiasi perdita di informazioni; inoltre, prevede che
chiunque abbia libero accesso alle stesse informazioni e possa essere operativo fin da
subito al pari degli esperti. La creazione di documenti omogenei in cui le
informazioni sono date in modo chiaro, conciso e comprendibile per tutti, favorisce
la rapidità e l’efficacia della comunicazione; una definizione chiara dei compiti da
eseguire permette oltre che di riprodurre fedelmente le pratiche, anche di
normalizzarle ed omogeneizzarle, garantendo in questo modo un determinato livello
di qualità dei servizi offerti ai propri clienti.
Infine, la formalizzazione delle attività fa sì che la loro attuazione venga
costantemente monitorata, valutata e continuamente migliorata.
Nonostante i numerosi vantaggi derivanti dalla formalizzazione della conoscenza
aziendale, però, questa pratica spesso non viene attuata in maniera efficace nelle
aziende, o non viene affatto considerata. Diverse sono le difficoltà che rendono di
difficile attuazione la formalizzazione del know-how di un’impresa31:
30
31
Foguem, et al., 2008
Cavalli L., 2008
43
Capitolo 1
44
•
Mancanza di motivazione: se i vantaggi derivanti dalla formalizzazione del
proprio know-how non vengono illustrati chiaramente, i documenti redatti
possono risultare poco pertinenti o non venire realizzati nei termini prescritti.
La motivazione dei redattori è infatti un punto fondamentale del processo di
formalizzazione del know-how, ragion per cui la direzione aziendale deve per
prima essere interessata ed impegnarsi a trasmettere questa necessità al resto
dell’organizzazione ed in modo particolare a coloro che sono chiamati a
redigere questi documenti.
•
Mancanza di adesione: spesso i dipendenti temono che, una volta
formalizzate, le loro conoscenze diventeranno disponibili a chiunque ed essi
diverranno risorse facilmente sostituibili e non più indispensabili per
l’azienda; per questo motivo, i dipendenti spesso preferiscono non partecipare
al processo di redazione delle proprie competenze ed attività.
•
Superficialità o ridondanza delle informazioni: se la documentazione viene
redatta da quegli attori che temono che il proprio modo di lavorare possa
essere stravolto dalla direzione, ci si potrebbe trovare di fronte a dei
documenti in cui le informazioni sono redatte in modo molto superficiale,
compromettendo considerevolmente la comprensione degli stessi; altre volte,
invece, il problema può essere l’opposto, ovvero quello di avere una
ridondanza di informazioni all’interno di diversi documenti, il che rende
molto complessa la loro gestione.
•
Cambiamenti imminenti: risulta alquanto complesso formalizzare la
conoscenza considerando soltanto ciò che avviene nel presente, quando si è
consapevoli del fatto che a breve avranno luogo cambiamenti che
introdurranno delle nuove pratiche. E’ grande la tentazione di descrivere ciò
che si dovrebbe fare per essere efficaci nella quotidianità ma in questo caso i
documenti redatti sarebbero vaghi e discordanti con i bisogni attuali.
•
Mancanza di tempo: la motivazione principale che viene data dai dipendenti
quando si rifiutano di formalizzare il know-how è la mancanza di tempo. È
importante però far capire loro che non è necessario formalizzare tutto ciò che
avviene nell’azienda ma solamente quei documenti indispensabili al controllo
rischi ed alla conservazione del know-how specifico.
•
Costo elevato o mancato profitto: durante la redazione del proprio know-how
i dipendenti devono assentarsi dalle loro consuete attività lavorative ed essere
sostituiti provocando un maggior costo di produzione; alternativamente, si
può affidare tale compito a dei consulenti esterni, il che comporta comunque
un ingente costo all’azienda, senza contare che la mancanza di ritorno sul
capitale investito è considerato il costo più penalizzante.
Analisi della letteratura
1.7.1 Rappresentazione testuale
Per rappresentare la conoscenza, è prassi abbastanza diffusa nelle aziende quella di
utilizzare la rappresentazione testuale, cioè di redigere dei documenti scritti in cui
vengono delineate le pratiche dell’impresa. Nonostante questo approccio risulti
ancora molto utilizzato, esso viene spesso criticato per i suoi risultati insoddisfacenti,
oltre che per il fatto di essere uno strumento non particolarmente intuitivo e user
friendly.
Una delle principali critiche32 a questo approccio è quello di essere di difficile
astrazione, dal momento che l’autore tende spesso a spiegare molto dettagliatamente
come deve essere realizzato un compito o un’attività. Una sovrabbondanza di dettagli
rende meno immediata la comprensione di un documento, che spesso necessita di
diverse riletture. Un documento così redatto è probabilmente più interessante per i
principianti, che possono apprendere molto grazie questi dettagli, ma diventa
ripetitivo e dispersivo per i lettori più avanzati, che faranno fatica ad individuare
l’informazione precisa di cui hanno bisogno. La redazione di un documento di
formalizzazione del know-how aziendale deve quindi richiedere all’autore uno sforzo
d’astrazione che gli permetta di descrivere la sua conoscenza in modo essenziale,
comprensibile e soprattutto con l’obiettivo di creare un documento operativo.
Un altro problema della rappresentazione testuale del know-how è che i redattori non
sempre sanno quando è necessario redigere una procedura o un’istruzione (manuale
operativo, protocollo, ecc.) o quando invece è sufficiente limitarsi ad informazioni
generiche di tipo organizzativo. Quest’eterogeneità nella struttura della
documentazione è un ostacolo alla sua comprensione ed alla sua diffusione, che
generalmente può essere superato adottando un approccio modulare alla
documentazione.
Inoltre, i documenti generati tramite l’approccio testuale risultano spesso essere non
pertinenti, illeggibili, ingombranti, poco pratici ed ingovernabili, in quanto redatti o
con linguaggi troppo specifici, o in modo troppo dettagliato e dispersivo, o non sono
stati aggiornati a tempo debito.
1.7.2 Rappresentazione grafica
Per far fronte alle criticità riscontrate nell’utilizzo della rappresentazione testuale
della conoscenza, la letteratura33 consiglia di associare all’approccio testuale una
rappresentazione di tipo grafico, basata su dei diagrammi logici, anche detti
logigrammi.
Tale forma di rappresentazione consiste nel descrivere ed analizzare le attività
attraverso l’utilizzo forme grafiche logicamente collegate che permettano di
semplificare la realtà, di chiarire le idee e di facilitare il ragionamento del lettore.
32
33
Parodi e Ferrara, 2002
Mazza, 2010
45
Capitolo 1
La rappresentazione grafica presenta diversi vantaggi rispetto a quella testuale, in
quanto permette una raffigurazione più sintetica e coerente rispetto a quella testuale
ed una più rapida comprensione dei concetti rappresentati. Utilizzando la
visualizzazione grafica, il redattore è costretto a scomporre via via le attività azioni
sempre più elementari, e a descriverle in modo sintetico e ottimale, permettendo
all’utente di seguire il processo passo per passo e di comprendere quale direzione
dovrà intraprendere in base alla situazione in cui si trova, questo grazie alla chiara
visualizzazione dei vari punti decisionali all’interno del flusso di attività.
Questo approccio permette inoltre di individuare più semplicemente anche le
potenziali disfunzioni del sistema, in quanto l’utilizzo di diverse forme grafiche
consente la rilevazione di percorsi critici, come ad esempio dei cicli infiniti (loop) o
delle azioni che non portano ad alcuna conclusione34.
Le diverse forme grafiche che si possono utilizzare sono tra l’altro dotate di un
proprio significato simbolico ricco di informazioni utili per un’immediata
comprensione dei processi: questo consente di omettere tali informazioni senza
compromettere la completezza della formalizzazione, dal momento che queste sono
già contenute intrinsecamente all’interno dei simboli utilizzati.
Come si è appena visto, le rappresentazioni grafiche presentano diversi vantaggi
rispetto a quelle testuali; tuttavia, anche i logigrammi hanno alcuni limiti che non
possono essere trascurati, primo fra tutti il fatto di richiedere generalmente molte
pagine per essere redatti e di presentare spesso numerose frecce e rinvii ad altre
pagine, il che rende complicata la gestione ed il coordinamento dei documenti.
Un altro svantaggio consiste nel fatto che una rappresentazione grafica deve essere
allo stesso tempo globale e leggibile, e quindi comprensibile rapidamente, ma anche
sufficientemente completa per l’utente. Questo equilibrio non è però sempre
semplice da raggiungere, spesso infatti i logigrammi sono troppo dettagliati e
complessi, o al contrario si rivelano eccessivamente superficiali.
Un ulteriore difficoltà35 che contraddistingue l’approccio grafico consiste inoltre nel
capire “chi fa che cosa”: spesso infatti i logigrammi descrivono e rappresentano in
modo ottimale la sequenza delle operazioni svolte in un determinato processo senza
però precisare quali siano le funzioni ed i ruoli preposti all’esecuzione di tali attività..
Di conseguenza, se da una parte la comprensione del processo o dell’attività migliora
nettamente grazie ad una chiara visualizzazione della sequenza di azioni, dall’altra
non è possibile comprendere e definire le missioni e le responsabilità di ciascun
attore coinvolto.
Infine, un’altra criticità che contraddistingue le rappresentazioni grafiche è la loro
eterogeneità: esistono infatti diverse tipologie di rappresentazioni grafiche, ognuna
delle quali utilizza simboli diversi o, ancor peggio, simboli identici ma aventi
significati diversi.
34
35
Lavinio, 2000
Kulpa,1994
46
Analisi della letteratura
I vari servizi dell’impresa possono decidere di servirsi di una qualsiasi delle tipologie
grafiche disponibili per formalizzare il proprio know-how, il che rende molto
complicato lo scambio di informazioni fra i diversi servizi, dando luogo anche a
gravi incomprensioni.
Come abbiamo visto, comunque, la redazione grafica contribuisce a risolvere alcuni
degli ostacoli legati alla rappresentazione testuale, permettendo agli utenti di disporre
di documenti chiari, leggibili, semplici da comprendere e da utilizzare, caratteristiche
che rendono un documento, come si suol dire, operativo.
La redazione grafica, per poter essere pienamente efficace, è vincolata dall’utilizzo di
un linguaggio che deve essere composto da un vocabolario, da una sintassi e da una
grammatica, e che come ogni linguaggio può essere utilizzato efficacemente soltanto
rispettando delle rigorose norme di redazione.
Tali norme non devono essere intese come degli ostacoli alla formalizzazione, ma
devono al contrario facilitare il lavoro dei redattori, i quali dovranno dedicarsi
solamente al contenuto della rappresentazione dei processi in cui sono coinvolti e
non alla sua forma, per la quale basterà attenersi alle già citate e ben definite norme
di redazione.
Risulta utile, inoltre, rispettare una certa modularità nella descrizione dei processi, in
modo da poter ottenere in qualsiasi momento le informazioni necessarie, qualunque
sia il livello di dettaglio desiderato.
1.8 Indicatori di performance aziendali
Secondo Di Crosta, il modo migliore per gestire un’organizzazione sia quello di
vederla come un insieme integrato di processi, stabilire dei chiari obiettivi di
business e monitorarli costantemente attraverso un insieme bilanciato di indicatori di
performance36.
Per quanto riguarda i processi aziendali e la loro integrazione, l’argomento è già stato
ampiamente trattato in questa tesi; pertanto, in questo paragrafo ci concentreremo sul
concetto di obiettivi di business e sugli indicatori prestazionali.
Come già accennato, gli obiettivi generali strategici e di business, che comprendono
normalmente la crescita del fatturato e dei margini di profitto così come l’aumento
della quota di mercato, devono essere tradotti in obiettivi più specifici di processo, i
quali concorreranno a loro volta a produrre i risultati strategici definiti.
Gli obiettivi di processo sono normalmente connessi alla modalità in cui esso viene
realizzato, ma non devono necessariamente essere legati all’output fornito. In un
progetto di analisi e mappatura dei processi aziendali, devono essere definiti e
collegati agli obiettivi strategici dell’impresa già durante la fase preliminare, in modo
da poter avere una prima opinione su quali siano gli aspetti critici per il loro
36
Di Crosta, 2008
47
Capitolo 1
raggiungimento. Devono inoltre poter essere misurati al fine di fissare un target
prestazionale di riferimento e di intervenire eventualmente sui processi con misure
preventive e correttive; pertanto, questi obiettivi dovranno essere tradotti in indicatori
misurabili e monitorabili costantemente.
Le norme UNI definiscono un indicatore di qualità di processo come
un’informazione qualitativa o quantitativa associata ad un processo, che consente di
valutare le sue variazioni nel tempo e di verificare il conseguimento degli obiettivi
per la qualità prefissati, al fine di consentire la corretta assunzione delle decisioni e
delle scelte. Gli indicatori diventano, quindi, uno strumento informativo che consente
di valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Prima di poter definire degli indicatori di performance è necessario compiere i
seguenti passi37:
•
•
•
•
•
Definire la mission e la vision aziendale, nonché le politiche per la qualità;
Definire gli obiettivi aziendali e le conseguenti pianificazioni strategiche;
Determinare in quali ambiti l’organizzazione dovrebbe provvedere alla
creazione del valore;
Individuare i fattori critici di successo, ovvero le aree di eccellenza in cui
l’organizzazione deve essere performante per poter avere successo nel
business;
Definire degli indicatori per ciascun fattore critico.
Ciascun indicatore così definito, per essere significativo e rappresentativo, dovrà
possedere tre caratteristiche fondamentali38:
1. Pertinenza: tra tutti gli indici che possono essere individuati per misurare un
processo e i suoi risultati, bisogna individuare il più appropriato a
rappresentare il fenomeno da osservare;
2. Praticità: essendo un elemento di dialogo tra utilizzatori dotati di formazioni
diverse, l’indicatore dovrebbe essere facile da stabilire e pratico da utilizzare,
costituendo un supporto alla comunicazione che risulti accessibile ed
accettabile da parte di tutti;
3. Economicità: gli indicatori devono essere utili sia per l’individuazione e la
pianificazione delle azioni preventive e migliorative, sia per la
quantificazione dei loro costi, dal momento che gli investimenti per la loro
adozione dovrebbero risultare il più possibile redditizi. Occorre quindi
privilegiare la raccolta dei dati e l’elaborazione degli indicatori veramente
utili.
Dopo aver identificato gli indicatori di processo tenendo conto di queste tre
caratteristiche, sarà possibile valutare i processi sulla base di questi.
37
38
Di Crosta, 2008
Tessaro, 2012
48
Analisi della letteratura
La valutazione di un processo dev’essere fondata sui principi di efficacia, efficienza,
flessibilità e capability previsti anche dalle normative italiane.
L’efficacia misura il grado di conseguimento degli obiettivi prefissati, mentre per
efficienza si intende il rapporto tra i risultati ottenuti e le risorse utilizzate per
ottenerli. La flessibilità misura invece la capacità che un processo ha di adattarsi ed
andare incontro alle variazioni dei requisiti richiesti dalla clientela; al contrario, la
capability è la capacità di riprodurre nel lungo periodo e in assenza di perturbazioni
il medesimo processo.
1.8.1 Misurazione e rappresentazione degli indicatori
Gli indicatori sono generalmente espressi sotto forma di indici e possono prevedere
metodi di misura e di rappresentazione diversi a seconda dei casi.
Per garantire una corretta comprensione dei cambiamenti che potrebbero interessare i
risultati della gestione, ogni organizzazione può adottare le seguenti tipologie di
misurazione39:
•
•
•
•
•
•
•
Misura quantitativa o per conteggio, come ad esempio il numero di difetti o
di non conformità;
Tasso o percentuale, per esempio la percentuale degli ordini evasi nei tempi
concordati;
Rapporto tra due valori di misura quantitativa;
Indice ponderale di più misure, ottenuto calcolando la media pesata dei
diversi elementi valutabili per esprimere uno stesso indicatore;
Scala qualitativa: un giudizio può essere espresso attraverso espressioni
comuni quali “buono”, “adeguato”, “soddisfacente” ecc. riportate in una scala
predefinita;
Indice del peso delle criticità secondo una scala di valutazione, ad esempio
attribuendo ad ogni difetto una gravità “alta”, “ media” o “bassa”;
Simbolistica identificativa di una condizione (es., OK e KO)
Le misure, inoltre, possono essere di tipo:
•
•
•
•
•
•
39
Puntuale, quando il valore viene calcolato in determinate condizioni e in un
certo periodo di tempo;
Di trend, se valutano l’andamento su più periodi;
Comparato, se effettuano un confronto tra diverse aree o reparti;
Incrementale, se analizzano le differenze o gli scostamenti da dei valori di
riferimento;
Previsionale, se ipotizzano valori futuri sulla base di analisi storiche e
statistiche;
Di benchmarking, se atte a confrontare le prestazioni di diverse aziende.
Lothian, 1997
49
Capitolo 1
Per quanto riguarda invece la rappresentazione degli indicatori, essa deve risultare
sensibile alle modificazioni dei fenomeni tenuti sotto osservazione ma deve allo
stesso tempo consentire una lettura immediata dei dati e delle informazioni. Esistono
comunque diverse forme di rappresentazione tra cui scegliere:
•
•
•
•
Prospetti e tabelle;
Diagrammi ed istogrammi;
Curve, solitamente utilizzate per rappresentare gli andamenti di un indicatore
nel tempo;
Simboli e pittogrammi.
Per formalizzare degli indicatori è inoltre necessario definirne la denominazione e
l’unità di misura, nonché le responsabilità e la periodicità della raccolta e del
trattamento delle informazioni. Per quanto riguarda quest’ultimo concetto, vale la
pena distinguere tra indicatori e report, che sono anch’essi strumenti informativi
riguardo alle prestazioni aziendali, ma che devono essere sempre utilizzati ad
intervalli regolari e secondo delle regole di applicazione fisse.
1.8.2 KPIs - Key Performance Indicators
Un Key Performance Indicator (indicatore chiave di prestazione), comunemente
chiamato KPI, è un indice che consente di misurare lo scostamento delle
performance di un processo rispetto all’obiettivo aziendale.
I KPI possono misurare l’intera gamma delle prestazioni di un processo, in termini di
efficienza, livello di servizio e qualità, che nella loro globalità devono quantificare il
valore dell’output del processo per il cliente.
La caratteristica che contraddistingue i KPI dai normali indicatori è la loro criticità40.
I KPI sono infatti gli indicatori sui quali il management basa le sue scelte
organizzative; come qualsiasi indicatore prestazionale, devono rappresentare delle
informazioni sintetiche e significative sull’andamento dei processi, ma devono in
particolar modo essere prioritari, cioè fondamentali nei cicli di pianificazione e
controllo a tutti i livelli aziendali (strategico, direzionale ed operativo). È
fondamentale, infatti, saper distinguere gli indicatori chiave di performance (KPI)
dalle misure superflue, in quanto la documentazione gestita non deve appesantire
l’organizzazione con una mole di informazioni ingestibile. Implementare un sistema
di misurazione della performance troppo dettagliato e ridondante è un errore che
equivale a non implementare per nulla il sistema.
I KPI devono quindi essere facilmente comprensibili e leggibili, sintetici ma allo
stesso tempo completi, poiché hanno anche la funzione di generare un quadro
d’insieme delle performance aziendali; devono inoltre essere aggiornati con una
periodicità prestabilita.
40
Cavalli S., 2008
50
Analisi della letteratura
Lo schema a clessidra rappresentato in Fig. 1.13 fa notare che ogni KPI è un
indicatore, e che ogni indicatore è una misura, quindi un KPI è sempre una misura,
ma non vale sempre il contrario, infatti non tutte le misure possono essere dei KPIs.
Fig. 1.13 Clessidra dei KPIs aziendali
Utilizzando i KPI la direzione ha la possibilità non solo di misurare i fenomeni
aziendali nel tempo e nello spazio, ma anche di pianificare e programmare le attività
dell’azienda definendo degli obiettivi misurabili, di valutare gli scostamenti (gap) tra
risultati attesi e risultati ottenuti e di intraprendere azioni di miglioramento al fine di
ridurre tali gap.
1.8.3 PMS - Performance Management System
Il Performance Management System è un sistema finalizzato alla gestione della
performance aziendale in chiave strategica e basato sulla definizione di indicatori
prestazionali legati alla qualità dei servizi erogati, all’efficienza e all’efficacia dei
processi, all’immagine aziendale, alla soddisfazione degli utenti, all’impatto dei
servizi erogati, al valore trasferito e al grado di soddisfacimento delle attese degli
stakeholders41. Per quanto riguarda gli enti pubblici, essi devono in particolare
mostrarsi responsabili sia verso gli stakeholders interni che verso quelli esterni, al
fine di gestire due diverse tipologie di performance, una di tipo individuale e una di
livello organizzativo.
Negli ultimi anni, il sistema di gestione della performance PMS si è evoluto in un
sistema più completo denominato Performance Management Strategico che ingloba,
oltre al sistema PMS tradizionale, anche l’attività di valutazione.
Lo schema rappresentato in Fig. 1.14 evidenzia come in un’ottica di PMS la strategia
aziendale venga influenzata sia dall’ambiente esterno che dall’organizzazione e come
essa stessa influenzi a sua volta la misurazione delle performance, l’analisi dei
risultati e la risposta dell’organizzazione.
41
Ferreira e Otley, 2009
51
Capitolo 1
Fig. 1.14 Influenze di strategia e organizzazione in un'ottica di PMS
La diffusione dei principi del New Public Management, di cui parleremo nel
prossimo paragrafo, ha portato all’attuazione nelle amministrazioni pubbliche di
filosofie di business legate alle performance aziendali.
A tal proposito, Cosenz afferma, evidenziando una sostanziale differenza tra settore
pubblico e privato, che mentre per le imprese private è possibile stabilire una
gerarchia di risultati che pone al vertice il ritorno economico sugli investimenti
dell’imprenditore e degli azionisti, per le aziende pubbliche tale gerarchia appare più
sfumata, a vantaggio di una parità di grado tra i ritorni in forma liquida per il
funzionamento futuro dell’azienda stessa e quelli in forma di prodotti/servizi verso la
collettività42.
In quest’ottica, uno dei vantaggi derivanti dall’introduzione di un sistema di
misurazione delle performance aziendali negli enti pubblici consiste nella possibilità
di utilizzare in modo più appropriato le risorse considerate strategiche, ponendo
particolare attenzione al soddisfacimento degli utenti.
Secondo Kourtit e Van de Waal le motivazioni principali che dovrebbero spingere le
aziende, siano esse pubbliche o private, ad adottare un sistema di gestione delle
perfomance sono43:
42
43
Cosenz, 2011
Kourtit e Van de Waal, 2012
52
Analisi della letteratura
•
•
•
•
•
•
•
La possibilità di una più accurata misurazione delle prestazioni;
Una migliore comprensione delle conoscenze e delle competenze delle
persone;
La responsabilizzazione delle risorse umane;
L’allineamento dell’organizzazione alla strategia;
La formalizzazione del processo di pianificazione strategica;
L’introduzione di premi collegati alle prestazioni;
Il miglioramento della qualità dell’organizzazione.
L’introduzione del Performance Management System PMS nelle istituzioni
pubbliche è correlata, come precedentemente accennato, alla diffusione delle teorie
del New Public Management (NPM) che propongono l’estensione delle pratiche di
controllo di gestione tipiche del settore privato al settore pubblico.
1.8.4 Il sistema di misurazione previsto dall’ANAC
Un sistema di misurazione viene definito44 come “l’insieme delle misure che
permettono di rappresentare, in un quadro unitario, tutte le dimensioni o le
prospettive della capacità dell’impresa di perseguire i propri obiettivi di breve, medio
e lungo termine”. È proprio all’interno di questo insieme che si collocano gli
indicatori di performance di cui si è parlato nei paragrafi precedenti.
Gli enti locali, in quanto appartenenti alla pubblica amministrazione, sono soggetti ad
una delibera (ANAC 88/2010), che determina quali sono le dimensioni della qualità
di cui bisogna tenere conto nella predisposizione di eventuali indicatori:
• Accessibilità: rappresenta la disponibilità di informazioni che permettano di
individuare chiaramente il luogo in cui il servizio può essere richiesto;
• Tempestività: è il tempo che intercorre tra la richiesta e l’erogazione del
servizio o della prestazione;
• Trasparenza: rappresenta la disponibilità e la diffusione di informazioni che
tengono informati gli stakeholders riguardo le attività dell’ente; tale
dimensione qualitativa può venire misurata in termini di completezza,
chiarezza, tempistica e responsabilità dei soggetti preposti;
• Efficacia: va intesa come conformità, affidabilità, completezza ed esaustività
del servizio erogato rispetto a quanto atteso dell’utente.
Secondo quanto previsto dall’ANAC gli enti facenti parte della pubblica
amministrazione devono dotarsi di un insieme di indicatori (almeno 3 o 4 per
dimensione) riportanti la qualità effettiva dell’ente e tali da fornire informazioni
distintive e rilevanti riguardo ai livelli di qualità delle varie prestazioni erogate.
44
Cosenz, 2011
53
Capitolo 1
1.9 NPM - New Public Management
Il New Public Management, conosciuto anche con la sigla NPM, è un paradigma
gestionale nato nel Regno Unito all’inizio degli anno Ottanta, sotto la guida
dell’allora primo ministro Margaret Tatcher. Una definizione universalmente
riconosciuta di New Public Management non esiste, ma possiamo affermare che in
generale questo termine venga usato per descrivere il modo in cui le tecniche di
gestione tipicamente utilizzate nel settore privato vengano oggi applicate ai servizi
pubblici45. Si tratta infatti di una nuova filosofia gestionale secondo cui un
miglioramento nella pubblica amministrazione deriverebbe dall’applicazione di
strumenti privatistici ispirati ai principi di centralità del cliente e di flessibilità dei
servizi, nonché all’orientamento ai risultati, piuttosto che alle procedure.
1.9.1 Caratteristiche fondamentali
Secondo Borgonovi (2013) la teoria del NPM permette di modernizzare lo stato
sociale attraverso il trasferimento nel settore pubblico di logiche e principi
manageriali tradizionalmente impiegati in quello privato, superando la logica
burocratica secondo cui il raggiungimento dei risultati è garantito dal rispetto formale
di regole di funzionamento predefinite.
Il termine New Public Management individua quindi un insieme di tecniche di
gestione delle amministrazioni pubbliche che si basa sull’idea di integrare le
abitudini gestionali proprie degli enti pubblici ed incentrate sulla coerenza tra norme
e adempimenti amministrativi, con i metodi di gestione orientati al risultato propri
del settore privato, al fine di garantire una maggiore efficienza ed efficacia nella
gestione delle risorse e nell’erogazione dei servizi al cliente.
Negli ultimi anni l’esigenza di un recupero di efficienza ed efficacia del sistema
pubblico ha portato ad una ridefinizione dei suoi confini e ad una nuova
considerazione del rapporto pubblico-privato, nonché ad un significativo
ripensamento dei suoi modelli organizzativi e funzionali alla ricerca di forme di
gestione più flessibili46. In quest’ottica rientrano pienamente le teorie del NPM,
secondo cui esiste una perfetta analogia tra settore pubblico e privato, che permette
di trasporre le regole del privato al pubblico superando così la secolare dicotomia tra
la gestione pubblica e quella amministrativa.
Esistono alcuni fattori chiave utili a definire e riassumere i principali aspetti che
caratterizzano il NPM47:
•
•
45
L’adozione di pratiche proprie e tipiche delle imprese private nel settore
pubblico;
Una grande enfasi sul concetto di efficienza;
Lane, 2000
Meneguzzo, 1995
47
Mercurio e Martinez, 2010
46
54
Analisi della letteratura
•
•
•
Una forte tendenza verso la misurazione degli output e la definizione di target
di performance;
Lo sviluppo di nuovi sistemi di controllo e di reporting interno;
L’ingresso nelle logiche del controllo da parte dei cittadini;
Come si può immediatamente notare, questi fattori corrispondono all’applicazione
nel settore pubblico di tutte quelle tecniche di analisi, progettazione e misurazione
dei processi di cui ci siamo occupati nei paragrafi precedenti. Il NPM prevede quindi
anche l’attuazione di logiche gestionali tipiche dell’organizzazione per processi e per
obiettivi, motivo per cui esso può essere considerato la filosofia cardine sulla quale
questa tesi è stata costruita.
Pettigrew individua cinque fattori principali che devono ispirare la ricerca
manageriale rivolta al settore pubblico. In primo luogo, tale ricerca deve avere come
obiettivo quello di aumentare il proprio impatto sulle scelte e sulle linee di sviluppo
politico, ed è quindi necessario che la ricerca presenti un alto grado di innovazione
sia per quanto riguarda il metodo seguito, sia per le ipotesi di ricerca. Il terzo fattore
fa invece riferimento all’apertura interdisciplinare giacché lo studio del settore
pubblico e dei pubblici servizi richiede spesso conoscenze di carattere multidisciplinare.
Il quarto fattore è la capacità di aprire a livello internazionale la ricerca, poiché vi è
la forte esigenza di mettere a confronto diversi sistemi di governance.
L’ultimo aspetto cui Pettigrew fa riferimento è invece la capacità di far recepire le
proprie considerazioni ai decisori politici; questo dipende in forte misura
dall’apertura mentale e dalla disponibilità del decisore politico, ma anche lo status
del ricercatore gioca un ruolo importante48.
1.9.2 Il New Public Management in Italia
L’aumento dell’attenzione rivolta dalla comunità scientifica al tema del NPM ha
permesso di evidenziare le differenze esistenti tra i diversi Paesi in termini di principi
di regolamentazione e di regole seguite nel processo di riforma del settore pubblico49.
Per quanto riguarda il contesto italiano, bisogna innanzitutto sottolineare il ritardo
temporale, rispetto al quadro internazionale, nell’attuazione degli interventi di
sviluppo e innovazione dell’imprenditorialità e della gestione pubblica. Infatti, con
circa dieci anni di ritardo, agli inizi degli anni Novanta, l’Italia ha accelerato
l’applicazione di logiche di NPM, attraverso l’emanazione di diversi provvedimenti
normativi, tra cui la riforma degli enti locali, n. 142/1990, e quella del governo
locale, n. 504/1992, aventi obiettivi di decentramento organizzativo, riduzione della
burocrazia pubblica, innovazione di governo e partnership pubblico-privato.
48
49
Pettigrew, 2005
Ferlie et al., 1996
55
Capitolo 1
Ciò nonostante, in Italia vi è ancora una certa difficoltà a superare il modello
tradizionale burocratico, in quanto, oltre alla riluttanza al cambiamento, vi è anche
una scarsa attenzione verso l’individuazione dei fattori critici di successo aziendali.
Inoltre, la riforma della pubblica amministrazione è ostacolata dal fatto che molto
spesso convivono in essa diverse strutture parallele che perseguono un medesimo
obiettivo operando però in maniera contrastante per raggiungerlo, talvolta
producendo norme a loro volta discordanti.
Le critiche al NPM sorgono in materia di creazione del valore, infatti se si considera
il concetto di creazione del valore nel settore pubblico e nel settore privato si può
notare che mentre per un’azienda privata risulta facile definire che cos’è il valore, ciò
diventa assai più arduo per un ente pubblico, in quanto il valore si deve rispondere ad
esigenze e ad aspettative di una pluralità di stakeholder.
Il valore pubblico, infatti, deve essere valutato sia come valore prodotto dai servizi
individuali per l’utenza finale, sia in termini di impatto sociale delle politiche
indirizzate all’intera comunità, sia ancora come forma di fiducia e di legittimazione
di cui gode l’amministrazione pubblica.
1.9.3 Dal New Public Management alla Public Governance
Il superamento degli ostacoli al cambiamento che caratterizzano la pubblica
amministrazione e dei limiti del New Public Management, che propone di trasferire
quasi automaticamente al settore pubblico le logiche del mondo delle imprese
private, può corrispondere all’introduzione del concetto di Public Governance, una
prospettiva gestionale che nasce come naturale evoluzione del New Public
Management.
La Public Governance, che secondo Meneguzzo arricchisce e completa i contenuti e
le logiche del NPM contribuendo a superarne i limiti, nasce negli anni Novanta per
sopperire alle già discusse lacune del New Public Management50.
La teoria contesta l’incessante ricerca del tecnicismo da parte degli studiosi del
NPM, focalizzandosi invece su concetti quali la partecipazione e la
responsabilizzazione, ponendo al centro del processo di governo la figura del
cittadino-utente. Ulteriori aspetti centrali nella Public Governance sono: la capacità
di creare visioni condivise sulle prospettive di sviluppo, l’apprendimento continuo,
l’apertura al mercato e la partecipazione delle varie componenti del sistema sociale
ed economico.
In questa nuova prospettiva, le amministrazioni pubbliche non vengano più
considerate come organismi chiusi e governati da norme e procedure, ma come
sistemi aperti in grado di intervenire direttamente sulle relazioni con l’ambiente, dal
momento che gli stakeholders sono di natura plurima e comprendono istituzioni,
associazioni, privati cittadini, ma anche imprese private ed altri enti pubblici.
50
Meneguzzo, 1997
56
Analisi della letteratura
Con l'espressione Public Governance, quindi, si vuole indicare la capacità della
pubblica amministrazione di muoversi verso nuovi assetti istituzionali, ruoli e
modalità di azione che, rispetto al passato, siano maggiormente incentrate sulla
cooperazione fra attori pubblici e privati, sulla collaborazione fra soggetti
istituzionali distinti, e su una partecipazione più immediata e diretta dei cittadini e
della società civile alle scelte collettive ed alla loro implementazione.
In Tab. 1.5 sono evidenziate le principali differenze tra i paradigmi di New Public
Management e di Public Governance.
Tab. 1.5 Principali differenze tra NPM e Public Governance
New Public Management
Public Governance
Prospettiva
Micro. Enfatizza l’utilizzo di
modalità gestionali in pubblica
amministrazione.
Ottica di intervento rivolta verso
l’esterno. Prospettive micro
(singola PA), meso (sistema di
PA) e macro (sistema socioeconomico). Recupero delle
capacità di governare sistemi e reti
di soggetti economici e sociali da
parte delle PA.
Oggetto di
riferimento
Management. Efficienza interna.
Logiche di funzionamento delle
singole amministrazioni
pubbliche.
Policy-making, erogazione dei
servizi, management, democrazia.
Efficienza a livello di sistema,
efficacia. Relazioni di sistema di
amministrazioni pubbliche. Reti
inter-istituzionali.
Natura delle
relazioni
esterne alla
PA
Competizione/contrapposizione
pubblico-pubblico e pubblicoprivato.
Frammentazione/disgregazione
del sistema PA.
Collaborazione tra PA ed altri
soggetti pubblici e privati.
Contemperamento degli interessi a
livello di sistema economicopolitco.
Natura delle
relazioni
interne alla
PA
Separazione del livello politico
dal livello
amministrativo/gestionale.
Superamento della dicotomia
politici-manager.
Contemperamento degli interessi a
livello aziendale.
Approccio
Strumentalista. Specializzazione. Sistemico.
Integrazione/coordinamento.
Approcci aziendali e
manageriali. Letteratura
internazionale.
Fonte: Cepiku, 2005
Teorie di
riferimento
Teoria politica. Letteratura
prevalentemente europea
57
SECONDA PARTE:
IL CASO STUDIO
Questa seconda parte dell’elaborato presenta la descrizione del caso studio
analizzato, in cui sono stati utilizzati alcuni degli strumenti e delle metodologie
discusse nel capitolo precedente.
Si tratta della mappatura, dell’analisi e del miglioramento dei processi coinvolti nella
gestione del servizio finanziario e contabile da parte della Pubblica Amministrazione
locale, ed in particolare delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, la cui
costituzione è stata resa obbligatoria in Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale
26/2014.
Questo caso studio fa parte di un più ampio progetto di accompagnamento della PA
locale nel processo di riforma che sta coinvolgendo la Regione autonoma FriuliVenezia Giulia negli ultimi anni e, proprio perchè nasce in risposta alle recenti leggi
regionali sul riordino degli Enti locali, necessita di una contestualizzazione
abbastanza ampia.
All’inizio di questa parte, infatti, viene presentato il contesto istituzionale in cui tali
riforme si sono sviluppate, fornendo prima di tutto il quadro generale nazionale, con
le sue leggi e le sue riforme più importanti nella storia degli enti locali.
Si passa poi ad approfondire la situazione del Friuli-Venezia Giulia che, in quanto
Regione autonoma, ha la possibilità di emanare leggi sul proprio territorio che non
devono necessariamente sottostare a quelle nazionali. Particolare attenzione è stata
posta sulla lr 26/2014, che in questi anni sta trasformando in modo sostanziale
l’assetto della PA regionale.
Successivamente, vengono esposti gli obiettivi e le finalità della tesi, fortemente
legati al progetto “nextPA - cambiamenti in corso”, che la Regione e ANCI FVG
hanno affidato a ComPA.
Segue la descrizione vera e propria del caso studio, secondo la sequenza cronologica
delle fasi in cui si è articolato il progetto.
Infine, vengono riportati i risultati di tipo formativo ed operativo ottenuti, le
difficoltà riscontrate nell’avanzamento di questo progetto e gli sviluppi che ci si
potrà attendere in futuro dall’applicazione ad altri casi di studio delle metodologie e
degli strumenti utilizzati.
59
Capitolo 2
Contestualizzazione del caso studio
2.1 Il sistema delle autonomie locali nella PA italiana
Il modello amministrativo italiano deriva originariamente da quello delineatosi nella
Francia rivoluzionaria e napoleonica, che fu poi ripreso dalla legislazione
piemontese, e quindi, da quella italiana. Tale modello venne poi reinterpretato nel
1948 secondo i principi della Costituzione repubblicana e riuscì anche ad adeguarsi
al nuovo quadro regionale introdotto negli anni ‘70, senza mai sconvolgere i suoi
pilastri amministrativi.
A partire dal 1990, la Pubblica Amministrazione italiana, fino ad allora caratterizzata
da una storia di notevole stabilità, è stata oggetto di intensi cambiamenti, avviati con
la legge 142 di riforma dell’ordinamento locale, che aprì un percorso impegnativo e
complesso, culminante nel 1993, quando la legge 81 introdusse l’elezione diretta del
sindaco. Tra il 1997 e il 1999, inoltre, una serie di provvedimenti amministrativi
diede avvio ad un ambizioso processo di decentramento dei poteri, che
accompagnava l’apertura di nuovi spazi di autonomia e semplificazione. Nel 2000,
questo ciclo riformatore si concluse con un testo unico volto a coordinare in un
organico corpo normativo le varie disposizioni sugli enti locali.
Agli interventi legislativi fece seguito, nel 2001, una riforma costituzionale che
ampliò considerevolmente il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali in base al
principio di sussidiarietà.
2.1.1 La legislazione tra il 1948 e il 1990
In Italia, pur non mancando le influenze da parte di altre culture e tradizioni, i tratti
originari del modello amministrativo di derivazione francese hanno dimostrato una
grande capacità di permeanza, anche in contesti storici molto diversi. La stessa
Costituzione repubblicana mantenne infatti dei chiari riferimenti a tale modello,
riscontrabili ad esempio nella costituzionalizzazione delle Province e nella
configurazione delle stesse, così come dei Comuni, quali “circoscrizioni di
decentramento statale” (art. 129).
Il punto centrale nel disegno costituzionale del 1948 è la sanzione del principio
autonomistico. Citando l’art. 5 della Costituzione, “La Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo
61
Capitolo 2
Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i metodi della
sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”
La proclamazione dell’autonomia implica il riconoscimento a Comuni e Province di
potestà pubbliche nel perseguimento di interessi propri delle rispettive collettività,
secondo un indirizzo politico-amministrativo distinto e relativamente indipendente
da quello statale. In questi termini, il pluralismo autonomista territoriale diventa una
componente fondamentale della democrazia italiana, in quanto elemento essenziale
dell’intero disegno costituzionale.
A partire dai primi anni ‘70, le autonomie locali e provinciali si sono trovate ad
operare in un contesto fortemente mutato, contraddistinto dalla presenza di
importanti istituzioni regionali. Tuttavia, il sistema locale italiano è rimasto a lungo
regolato da normative emanate in epoca pre-costituzionale, a loro volta risalenti da
schemi e formule di epoca ancora più antica.
Gli interventi legislativi che, prima del 1990, hanno inciso direttamente sull’assetto
locale, sono stati, quindi, circoscritti, ed hanno interessato in generale profili
specifici, lasciando spesso immutati, tra l’altro, aspetti tutt’altro che secondari della
disciplina preesistente, o limitandosi a riconoscere ufficialmente fenomeni ormai
diffusi nella realtà, mentre la parte essenziale dell’ordinamento comunale e
provinciale rimaneva regolata da disposizioni risalenti al primo ventennio del XX
secolo.
L’istituzione delle Regioni ordinarie ha permesso, negli anni ‘70, di mettere in
evidenza tutta l’inadeguatezza della disciplina comunale e provinciale,
dall’insufficienza di circoscrizioni territoriali rispetto al decentramento delle
funzioni, fino all’indeterminata collocazione della Provincia. In questo quadro, si è
sviluppato un intenso dibattito, da cui scaturì, soprattutto durante la seconda metà
degli anni ‘70, un’estesa attività di progettazione.
Dopo un periodo di rallentamenti e difficoltà, l’attenzione per le riforme istituzionali
ha consentito l’approvazione, con la legge 8 giugno 1990, n. 142, di un nuovo
ordinamento delle autonomie locali.
2.1.2 Le riforme degli anni Novanta
Nell’ultimo decennio del secolo scorso la Pubblica Amministrazione italiana è stata
investita da un intenso processo riformatore, volto a fornire una nuova immagine, più
moderna ed efficiente, alla struttura, al personale e alle attività svolte, dopo che per
molto tempo l’ente pubblico era stato considerato un sinonimo di burocrazia,
lentezza e supremazia nei confronti del cittadino.
Il nuovo paradigma si basa sul presupposto che la Pubblica Amministrazione è il
principale strumento attraverso il quale la Repubblica persegue il principio
costituzionale dell’uguaglianza sostanziale, creando così i presupposti del modello
dell’Amministrazione della sussidiarietà, che riconosce ai cittadini di poter
contribuire attivamente e direttamente alla soluzione di problemi di interesse
62
Contestualizzazione del caso studio
generale, superando il modello bipolare (cittadini-amministrati e cittadini-clienti) che
aveva fino ad allora caratterizzato il rapporto tra PA ed utenza.
Nel 1990, questa opera di rinnovamento inizia il suo percorso proprio con una
riforma normativa sugli enti locali: la legge n. 142 sull’ordinamento delle autonomie
locali, che introduce tra le varie innovazioni il riconoscimento dell’autonomia
statutaria agli enti locali (Comuni e Province), l’incentivazione delle fusioni e delle
aggregazioni dei piccoli Comuni, e la previsione delle cosiddette Città metropolitane.
Con la legge 142, il legislatore italiano interviene con grande cautela sull’assetto
degli enti locali, limitandosi a delinearne il riordino piuttosto che a definirlo
concretamente, e affidandone lo sviluppo a fonti statali, regionali e locali.
A modificare profondamente il contesto in cui si colloca la 142, sono intervenute
altre importanti riforme, come quella introdotta dalla legge 81 del 25 marzo 1993,
che stabilendo che “il sindaco e il presidente della Provincia sono eletti dai cittadini a
suffragio universale e diretto” e quindi assegnando loro anche il potere di nominare e
revocare i componenti della Giunta, ha ridisegnato i tratti essenziali del sistema di
governo locale.
Gli anni successivi all’entrata in vigore della legge 81 sono stati contrassegnati da
una serie di provvedimenti minori, mentre nel frattempo si consolidava l’esigenza di
rafforzare i poteri e il ruolo degli enti locali, di eliminare o ridurre notevolmente i
vincoli ed i controlli e di armonizzare le leggi 142 e 81, correggendo ed eliminando
gli aspetti incongrui, e dotando gli obiettivi perseguiti di efficaci strumenti di
attuazione.
In questa direzione si sviluppò, a partire dal 1997, un processo di trasformazione
destinato ad incidere profondamente sull’organizzazione e sulle attività delle
amministrazioni locali. Le disposizioni sulla delega per il conferimento di funzioni,
(15 marzo 1997, n. 57, meglio conosciuta come “legge Bassanini” dal nome
dell’allora Ministro per la Funzione pubblica dei Governi), e sullo snellimento (legge
15 maggio 1997, n. 127, c.d. “Bassanini bis”), successivamente modificate ed
integrate (legge 16 giugno 1998, n. 191, c.d. “Bassanini ter”), e i decreti legislativi
che ne derivarono, intervengono sulla gran parte delle materie disciplinate dalla
legge 142 del 1990, realizzando un esteso conferimento di funzioni amministrative in
favore delle Regioni e degli enti locali. In questo modo, negli anni 1997-99, si intese
operare in materia di autonomie con un “federalismo amministrativo” che avviava un
ampio processo di trasferimento delle funzioni dallo Stato ai livelli più vicini ai
cittadini, rendendo decentramento e semplificazione i temi principali delle riforme
sopracitate.
Per concludere questo percorso riformativo durato dieci anni, venne approvato nel
2000, con il decreto legislativo 267, il testo unico sull’ordinamento degli enti locali
(t.u.e.l.), considerato un elemento chiave nell’evoluzione dell’ordinamento locale in
63
Capitolo 2
Italia. Tale documento risponde, infatti, all’esigenza di riunire e coordinare in un
organico corpo normativo le disposizioni (riassunte in Tab. 2.1) che variamente e
spesso disordinatamente avevano costituito la decennale riforma degli enti locali.
Tab. 2.1 Tappe fondamentali delle riforme locali 1990-2000
Anno
Contenuti delle riforme
Provvedimenti
1990
Riordino generale dell’ordinamento
locale
Legge 142 del 1990
1993
Elezione diretta del sindaco e del
presidente della Provincia
Legge 81 del 1993
1997-99
Decentramento di funzioni e risorse;
semplificazione; completamento e
revisione della legge 142
Legge 59 del 1997 e relativi
decreti delegati, in particolare
d.lgs. 112 del 1998
Legge 265 del 1999
2000
Coordinamento in un testo unico delle
disposizioni sulle autonomie locali
Testo unico 267 del 2000
Fonte: Vandelli, 2007
2.1.3 La riforma costituzionale del 2001
Mentre si producevano gli sviluppi legislativi fin qui descritti, altre riflessioni e
proposte di riforma si rivolgevano allo stesso quadro costituzionale. Da tempo,
infatti, il dibattito istituzionale e politico evidenziava la necessità di ripensare l’intero
titolo della Costituzione dedicato alle autonomie (Titolo V), in una prospettiva di
trasformazione in senso federalista del sistema italiano, motivato da esigenze di
modernizzazione del Paese, di adeguamento alle tendenze europee, di avvicinamento
delle decisioni ai cittadini e di responsabilizzazione dei governanti. In considerazione
di queste esigenze, i rappresentanti di Regioni, Comuni e Province51 proposero, nel
settembre del 2000, una serie di modifiche alla disciplina costituzionale delle
autonomie. A partire da queste proposte, il Parlamento pervenne poi
all’approvazione della modifica del Titolo V della Costituzione del 1948, che
divenne legge costituzionale il 18 ottobre 2001.
I principali contenuti innovativi introdotti dalla riforma del 2001 al Titolo V della
costituzione sono sintetizzati in Tab 2.2 sotto forma di comparazione con la
Costituzione del 1948.
51
Conferenza dei presidenti delle Regioni, ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ed UPI
(Unione Province Italiane)
64
Contestualizzazione del caso studio
Tab. 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001
Livelli di
autonomia
Costituzione del 1948
Riforma del 2001
La Repubblica si riparte in
Regioni, Province e Comuni.
Gli enti autonomi - Comuni, province,
Città metropolitane e Regioni costituiscono la Repubblica, insieme allo
Stato.
Autonomia speciale per
Sicilia, Sardegna, TrentinoAlto Adige, Friuli-Venezia
Giulia e Valle d’Aosta.
Conferma le Regioni a statuto speciale ma
la legge del Parlamento può, su intesa con
la regione interessata, conferir ulteriori
forme di autonomia, anche in materia di
istruzione, ambiente e beni culturali.
Elenca le materie nelle quali
le Regioni hanno
competenza legislativa nel
rispetto dei principi
fondamentali fissati dalle
leggi statali.
Inverte il criterio di ripartizione delle
competenze legislative: fissa le
competenze dello Stato, tutto il resto è
demandato alle Regioni. Riserva allo Stato
i livelli essenziali delle prestazioni nella
sanità e nei servizi sociali.
Le Regioni intervengono nel processo
legislativo dell’Unione europea.
Conferisce le funzioni
amministrative alle Regioni,
che le possono delegare a
Comuni e Province.
Tutte le funzioni amministrative spettano
ai Comuni o, in base al principio di
sussidiarietà, a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato.
Le istituzioni pubbliche favoriscono
l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli
e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale (sussidiarietà).
Prevede in termini generali
l’autonomia finanziaria delle
Regioni.
Gli enti locali hanno autonomia finanziaria
e possono stabilire tributi propri e
usufruire di parte del gettito delle tasse
statali imposte sul loro territorio.
Al fine di garantire l’uguaglianza tra i
cittadini, è istituito un fondo perequativo
per i territori con minore capacità fiscale.
Lo Stato rimuove gli squilibri economici e
sociali tra gli enti locali con risorse
aggiuntive.
Prevede i limiti all’attività
delle Regioni.
Aggiunge un intervento sostitutivo dello
Stato in caso di gravi inadempienze delle
Regioni, che ledono l’unità del sistema o
diritti civili e sociali dei cittadini.
Disciplina lo statuto
regionale.
Per garantire la consultazione tra Regione
ed enti locali è istituito nello statuto di
ogni Regione il Consiglio delle autonomie
locali.
Art. 114
Autonomie
speciali
Art. 116
Poteri
legislativi delle
Regioni
Art. 117
Funzioni
amministrative
e sussidiarietà
Art. 118
Autonomia
finanziaria
Art. 119
Limiti alle
Regioni
Art. 120
Regioni ed enti
locali
Art. 123
Fonte: Vandelli, 2007
65
Capitolo 2
Tab 2.2 Novità introdotte al Titolo V dalla riforma costituzionale del 2001
Controlli da
parte degli
uffici statali
Artt. 124,
125 e 130
Controlli
sulle leggi
regionali
Art. 127
Costituzione del 1948
Riforma del 2001
Istituisce un commissario di
Governo in ogni Regione. Si
prevedono controlli formali
sui singoli atti delle Regioni
e degli enti locali.
Abrogati
Viene meno la figura del commissario di
Governo. Questi controlli sono superati.
Ogni legge regionale è
sottoposta a controllo del
Governo, che può rinviarla al
Consiglio regionale.
Il controllo è soppresso: se il Governo
ritiene che una legge regionale sia contraria
alla Costituzione la impugna direttamente
davanti alla Corte costituzionale.
Riassumendo, quindi, l’attuale struttura delle autonomie locali deriva da una serie di
leggi e decreti legislativi che ne hanno modificato l’assetto amministrativo a partire
dagli anni ’70 fino all’approvazione nel 2001 della riforma del Titolo V della
Costituzione attualmente in vigore.
Lo scopo di questo susseguirsi di riforme fu quello di conferire allo Stato italiano una
fisionomia più “federalista”, nella quale i centri di spesa e di decisione si spostarono
dai livelli più alti e centralizzati a quelli locali, avvicinandosi così ai cittadini.
Come abbiamo visto, nel corso degli ultimi venticinque anni, le Regioni hanno
ottenuto autonomia e competenze sempre maggiori, culminanti con la riforma del
2001 che, in particolare, specificò quali fossero le competenze esclusive dello Stato,
lasciando alle Regioni il compito di occuparsi di tutte le altre e garantendo alle stesse
l’autonomia sia in campo finanziario che organizzativo.
2.1.4 Le forme associative tra Comuni
Il Comune si connota ufficialmente come ente più vicino ai cittadini e come primario
soggetto esponenziale degli interessi della collettività locale. Il t.u.e.l. riconosce,
infatti, al Comune la titolarità di tutte le funzioni relative alla popolazione e al
territorio che ne stanno alla base, con le sole eccezioni derivanti da disposizioni di
legge che demandino esplicitamente determinate competenze ad altri soggetti.
A partire dagli anni ’90, durante l’ondata di riforme sulle autonomie locali, il
legislatore nazionale si è interessato, tra l’altro, alle forme associative tra enti locali,
con l’obiettivo di indurre i piccoli Comuni a collaborare tra loro nel tentativo di
risolvere alcune criticità quali la scarsità delle risorse finanziarie e delle dotazioni di
personale.
Le forme associative previste dal capo VII della legge 142/90 (convenzioni, consorzi,
accordi di programma, Unioni di Comuni) sono state progressivamente arricchite,
incentivate finanziariamente e dotate di maggiore autonomia con l’emanazione della
legge 265/99, le cui disposizioni sono successivamente confluite nel d.lgs. 267/2000
(t.u.e.l.). In particolare, il t.u.e.l. ha individuato le seguenti forme associative tra enti:
66
Contestualizzazione del caso studio
convenzioni, consorzi, Unioni di Comuni e accordi di programma. Tali forme
organizzative, caratterizzate da diversi livelli di integrazione delle attività e dei
processi decisionali, avrebbero permesso anche ai Comuni di piccole dimensioni di
promuovere e coordinare lo sviluppo della comunità di riferimento attraverso la
condivisione delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche. Il d.lgs. 267/2000
attribuisce alle Regioni il compito di individuare i livelli ottimali di esercizio delle
funzioni associate incentivando con proprie leggi le diverse forme di associazione.
In Tab. 2.3 sono sintetizzate le caratteristiche delle suddette forme associative
seguendo l’evoluzione della relativa disciplina nazionale.
Tab. 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale
Forma
associativa
Legge 142/90
Convenzione • Accordo tra Municipi
• Non comporta la nascita di un
nuovo soggetto giuridico
• Stabilisce i fini, la durata, le
forme di consultazione degli
enti contraenti, i loro rapporti
finanziari, i reciproci obblighi
e le relative garanzie
Consorzio
• Ente strumentale con
personalità giuridica
• Utilizzabile per la gestione
associata di uni o più servizi
• Utilizzabile solo da Province
e Comuni
Unione di
Comuni
• Comporta la creazione di un
nuovo ente locale
• Utilizzabile per l’esercizio
congiunto di determinate
funzioni di Comuni
• Costituita da Comuni
contermini, appartenenti alla
stessa Provincia, ciascuno con
popolazione non superiore a
5.000 abitanti
• Precondizione per la futura
fusione obbligatoria
Legge 265/99
Decreto legislativo
267/2000
• È consentita la
stipula di
convenzioni a
tutti gli enti locali
• Può essere
realizzata
attraverso un
ufficio comune o
tramite la delega
di funzioni a un
Comune
contraente
• Lo Stato e la
Regione (nelle
materie di
competenza)
hanno la facoltà di
costruire forme di
convenzione
obbligatorie per la
gestione a tempo
definito di uno
specifico servizio
• Utilizzabile per la
gestione associata
dei servizi e delle
funzioni
• È possibile
costruire un
consorzio
obbligatorio sulla
base di
impostazioni
legislative
• Eliminazione
dell’obbligo di
fusione
• Eliminazione per
la costituzione
degli obblighi di
contermineità,
appartenenza alla
stessa Provincia e
dimensione della
popolazione
• Utilizzabile per la
gestione associata
dei servizi e delle
funzioni
67
Capitolo 2
Tab 2.3 Evoluzione delle forme associative secondo la normativa nazionale
• Accordo per la creazione di
opere, interventi o programmi
di intervento che richiedono
l’azione integrata e coordinata
di Comuni, Province, Regioni
e Stato
• Può prevedere arbitrato
• Se l’accordo comporta
variazione degli strumenti
urbanistici, l’adesione del
sindaco allo stesso deve
essere ratificata dal consiglio
comunale
Fonte: Zanin, 2013
Accordo di
programma
La disciplina sulle forme associative è stata poi oggetto di revisione a seguito
dell’introduzione delle misure di stabilizzazione finanziaria e delle disposizioni
relative al patto di stabilità interno previste dalla Legge 122/2010, che ha vincolato i
Comuni con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti alla gestione in forma
associata delle funzioni fondamentali, attraverso la stipula di convenzioni o la
creazione di una Unione.
Ulteriori modifiche alle forme associative tra enti locali sono state introdotte nel
2012 a seguito dei decreti sulla spending review, con lo scopo di razionalizzare la
spesa pubblica e di ridurre il numero di forme associative utilizzabili dagli enti locali.
2.2 La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia
2.2.1 Il contesto territoriale e demografico
La Regione Friuli-Venezia Giulia si estende su una superficie di 7.862 kmq,
articolata in quattro province: Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. Secondo gli
ultimi dati forniti dall’ISTAT, la popolazione residente al 31 dicembre 2015 è di
1.221.218 abitanti, con una distribuzione prevalentemente concentrata nelle province
di Udine e Pordenone (Tab. 2.4).
Il territorio del Friuli-Venezia Giulia, nonostante sia una delle Regioni italiane con
minor estensione territoriale, è inoltre suddiviso in 216 Comuni, le cui dimensioni
rendono fortemente disomogenea la distribuzione della popolazione sul territorio
regionale. Da un’analisi congiunta dei dati sulle dimensioni dei Comuni e sulla loro
collocazione territoriale (Tab. 2.5) si apprende infatti che la metà dei Comuni
regionali e la quasi totalità di quelli con popolazione non superiore ai 1.000 abitanti
si colloca in territorio montano o parzialmente montano, mentre i Comuni di
dimensioni maggiori (con popolazione compresa tra i 3.000 e i 15.000 abitanti)
tendono invece a concentrarsi sulla pianura e sulla costa.
68
Contestualizzazione del caso studio
Inoltre, la maggioranza degli enti locali è costituita da Comuni piccoli, con
popolazione che non supera i 3.000 abitanti.
Questo tipo di contesto ha fornito, come vedremo, le condizioni necessarie a
stimolare la nascita di diverse forme associative tra enti locali regionali.
Tab. 2.4 Popolazione, superficie e numero di Comuni in Friuli-Venezia Giulia
Provincia
Comuni della
Provincia
Popolazione
Superficie
(al 31.12.2015) (kmq)
Densità abitativa
(abitanti per kmq)
Gorizia
25
140.268
467
300
Pordenone 50
312.794
2.275
137
Trieste
6
234.874
213
1.105
Udine
135
533.282
4.907
109
Totale
216
1.221.218
7.862
155
Elaborazione di dati ISTAT 2015
Tab. 2.5 Classificazione dei Comuni per territorio e classe demografica
Comuni
0 - 501 - 1.001- 3.001- 5.001- 15.001- Capoluoghi Tot.
500 1.000 3.000 5.000 15.000 30.000
Montani
19
27
30
3
4
-
-
83
Parzialmente
montani
-
-
10
1
8
1
2
22
Non montani
-
4
42
18
39
6
2
111
19
31
82
22
51
7
4
216
Totale
Elaborazione di dati ISTAT 2015
Il Friuli-Venezia Giulia, in virtù della sua posizione geografica di confine e delle
consistenti minoranze linguistiche presenti nel suo territorio, è stata riconosciuta
Regione a statuto speciale con la legge costituzionale 1/1963.
Secondo l’art. 116 della Costituzione, le Regioni a statuto speciale devono disporre
di particolari forme e condizioni di autonomia fissate direttamente dai singoli statuti
approvati e modificabili con legge costituzionale. Questa condizione di autonomia,
insieme all’elevato numero di Comuni appartenenti alle fasce demografiche più
basse, ha portato il Friuli-Venezia Giulia a ricercare, nel corso del tempo, la
promozione di diverse forme di collaborazione (soprattutto convenzioni) tra gli enti
locali, permettendo comunque a questi ultimi di mantenere le proprie identità locali.
69
Capitolo 2
2.2.2 Il percorso dell’associazionismo tra Comuni
Tra il 1998 e il 2005 la scelta del legislatore regionale in quanto ad autonomie locali
sul territorio è stata quella di supportare gli enti di minore dimensione demografica e,
più in generale, di favorire l'associazionismo fra Amministrazioni, incentivando la
stipulazione di convenzioni, e la costituzione di Unioni di Comuni, non
necessariamente vincolate alla successiva fusione.
Inizialmente il fenomeno dell’associazionismo ha interessato numerosi Comuni,
portando nell'anno 2000 alla costituzione di ben diciotto unioni. Tuttavia, la mancata
applicazione della sanzione prevista dalla normativa regionale in caso di
scioglimento anticipato rispetto alla previsione dello statuto ha favorito nel 2004
l'estinzione delle unioni scarsamente operative, lasciando così incompiuta la
realizzazione dell’istituto.
Successivamente, la legge regionale 1/2006, recante “Principi e norme fondamentali
del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia”, ha disciplinato la
gestione associata di servizi tra enti locali e lo sviluppo delle forme associative,
strumenti moderni che avrebbero permesso alla pubblica amministrazione di operare
con maggiore efficienza e competitività rispetto al passato. In questo modo la legge
regionale 1/2006 ha delineato i principi fondamentali del nuovo sistema Regione Autonomie locali, che faceva perno su una forma associativa innovativa, costituita
volontariamente tra Comuni contermini e priva di personalità giuridica: le
Associazioni intercomunali. Questa nuova forma di associazione mirava a realizzare
la massima integrazione possibile tra gli enti costituenti, al fine di creare un’intensa
rete associativa che si estendesse su tutto il territorio regionale.
A differenza delle altre forme di collaborazione, la costituzione delle Associazioni
intercomunali presupponeva che i Comuni interessati fossero situati in contesti
omogenei dal punto di vista territoriale e socioeconomico.
Inoltre, tali Associazioni avrebbero dovuto essere obbligatoriamente dotate di uffici
comuni e non avrebbero potuto sciogliersi prima dei sei anni di attività.
Per quanto riguarda le Unioni di Comuni, le novità introdotte dalla lr 1/2006, ed in
particolare dall’articolo 23, riguardavano l’obbligo della contiguità territoriale, la
durata minima della previsione non inferiore a sei anni, e l’indicazione delle funzioni
da svolgere.
Nonostante la nuova disciplina introdotta, la riforma del 2006 non ha dato i risultati
sperati; infatti, otto anni più tardi, lo sviluppo delle forme associative si dimostrava
ancora molto limitato e ben al di sotto delle aspettative del legislatore.
Tale fattore, unito alla contingente crisi economica che ha ridotto, anche se in forma
moderata, le risorse a disposizione degli enti locali, ha provocato una non
trascurabile riduzione della qualità e del livello dei servizi ai cittadini, specialmente
per i Comuni di piccole dimensioni. Ciò ha reso di fatto indispensabile un
ripensamento dell’associazionismo locale, che ha portato in breve tempo
all’emanazione della legge regionale 26/2014.
70
Contestualizzazione del caso studio
2.2.3 La legge regionale 26/2014
Contestualmente alla presentazione al Parlamento di una proposta di legge nazionale
volta al superamento delle Province nello statuto regionale, nel 2014 viene avviata
un’importante riforma istituzionale, sfociata il 12 dicembre dello stesso anno nella
legge regionale n. 26, “Riordino del Sistema Regione-Autonomie locali nel FriuliVenezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione
di funzioni amministrative”.
Tale riforma ridisegna lo scenario degli enti locali territoriali della Regione
realizzando un nuovo sistema istituzionale basato su due pilastri fondamentali, la
Regione e il Comune, e ridefinendo le funzioni e le competenze ad essi assegnate.
In particolare, con la lr 26/2014 (art. 1) “la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
attua il processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle
dimensioni ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la
definizione dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione
delle funzioni amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema
policentrico che favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema RegioneAutonomie locali, l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai
cittadini, nonché l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche.”
Più precisamente, la legge prevede che alcune delle funzioni comunali,
sovracomunali e di area vasta, vengano esercitate in modo coordinato dalle Unioni
territoriali intercomunali (anche dette UTI), nuovi enti locali dotati di personalità
giuridica ed istituiti, oltre che per lo svolgimento di suddette funzioni, anche per lo
sviluppo territoriale, economico e sociale dell’intera Regione.
La nuova legge regionale abbandona l’impostazione volontaria dell’associazionismo
tra Comuni delineato dalla lr 1/2006, affidando alla Regione la predisposizione del
Piano di riordino territoriale (Capo I), strumento attraverso cui essa ha il compito di
determinare i confini delle nuove Unioni territoriali intercomunali.
Tale Piano rende obbligatoria l’adesione alle Unioni per i Comuni con popolazione
fino a 5.000 abitanti, e fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità
montane (art. 6, comma 1). Per i Comuni con popolazione superiore, invece, la
partecipazione è facoltativa, ma la non adesione comporta una riduzione delle risorse
destinate annualmente dalla Regione al finanziamento del loro bilancio (art. 42,
comma 4).
La costituzione delle UTI è finalizzata a garantire la soddisfazione delle esigenze dei
territori, nonché una maggiore efficienza dei servizi erogati alla collettività mediante
la razionalizzazione della spesa pubblica e dell’utilizzo delle risorse umane e
materiali, ottenibile a sua volta attraverso una continua condivisione di uffici e
risorse da parte dei Comuni partecipanti.
In relazione a tali finalità, il Piano per l’articolazione delle Unioni è formulato nel
rispetto dei seguenti criteri fondamentali:
71
Capitolo 2
a) La contiguità territoriale dei Comuni ricompresi in ciascuna Unione
territoriale intercomunale;
b) Il limite demografico minimo di ciascuna Unione, fissato in 40.000 abitanti o
30.000 abitanti nel caso l’Unione comprenda Comuni appartenenti o
appartenuti a Comunità montane;
c) L’omogeneità, la complementarietà e l’integrazione delle caratteristiche
geografiche, demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali,
culturali e infrastrutturali;
d) La compatibilità con il territorio della Aziende per l’assistenza sanitaria;
e) L’integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme
associative o convenzioni.
L’Amministrazione regionale ha quindi ritenuto, in una prima proposta, di
suddividere il territorio del Friuli-Venezia Giulia in diciassette Unioni territoriali
intercomunali, rispettando i criteri sopra elencati con due sole eccezioni: la prima
riguarda il territorio dei Comuni della provincia di Trieste, che, al fine di rispettare la
contiguità territoriale di tutti i Comuni aderenti ed il limite demografico minimo,
vede i tre ambiti socio assistenziali raggruppati in un’unica Unione; la seconda
muove invece dalla scelta di valorizzare la pluridecennale esperienza associativa dei
Comuni costituenti il Consorzio comunità collinare del Friuli (sorto nel 1967),
favorendone la trasformazione in Unione.
A seguito dell’approvazione del Piano di riordino territoriale52 e della successiva
modifica del Piano approvato53, la Giunta regionale ha approvato in via definitiva il
Piano di riordino territoriale comprendente tutti i Comuni della Regione, che
individua le 1854 aggregazioni di Comuni descritte in Tab. 2.6, riportante tra l’altro la
denominazione ufficiale delle Unioni così costituite. Territorio
Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI
Unioni
Comuni
Pop.
kmq
Unione
Giuliana
Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo
della Valle, Sgonico, Trieste (6)
234.874
199.896
Unione del
Basso
Isontino
Doberdò del Lago, Grado, Fogliano-Redipuglia,
Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Sagrado, San
Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano,
Turriaco (10)
73.356
250.893
52
Deliberazione della Giunta regionale 1 luglio 2015, n. 1282 LR 26/2014, art. 4, comma 6.
Delibera n°583 9 aprile 2016. Modifica del Piano di riordino territoriale approvato con DGR
1281/2015. Approvazione definitiva.
54
Alle iniziali 17 Unioni è stata aggiunta l’Unione del Canal del Ferro-Val Canale, nata dalla
decisione di dividere il territorio dell’Alto Friuli “montano” da quello “collinare”.
53
72
Contestualizzazione del caso studio
Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI
Unioni
Comuni
Pop.
Kmq
Unione
dell’Alto
Isontino
Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio,
Farra d’Isonzo, Gorizia, Gradisca d’Isonzo,
Mariano del Friuli, Medea, Moraro, Mossa,
Romans d’Isonzo, San Floriano del Collio, San
Lorenzo Isontino, Savogna d’Isonzo, Villesse
(15)
66.912
184.764
Unione del
Canal del
Ferro-Val
Canale
Chiusaforte, Dogna, Malborghetto-Valbruna,
Moggio Udinese, Pontebba, Resia, Resiutta,
Tarvisio (8)
10.613
884.915
Unione
dell’Alto
Friuli
Artegna, Bordano, Gemona del Friuli, Montenars,
Trasaghis, Venzone (6)
19.485
157.328
Unione
della
Carnia
Amaro, Ampezzo, Arta Terme, Cavazzo Carnico,
Cercivento, Comeglians, Enemonzo, Forni
Avoltri, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Lauco,
Ligosullo, Ovaro, Paluzza, Paularo, Prato
Carnico, Preone, Ravascletto, Raveo, Rigolato,
Sauris, Socchieve, Sutrio, Tolmezzo,
Treppo Carnico, Verzegnis, Villa Santina, Zuglio
(28)
37.351
1.003.132
Unione del
Friuli
centrale
Campoformido, Martignacco, Pagnacco, Pasian
di Prato, Pavia di Udine, Pozzuolo del Friuli,
Pradamano, Tavagnacco, Tricesimo, Udine (10)
167.092
219.423
Unione del
Torre
Attimis, Cassacco, Faedis, Lusevera, Magnano in
Riviera, Nimis, Povoletto, Reana del Rojale,
Taipana, Tarcento (10)
33.492
302.829
Unione del
Medio
Friuli
Basiliano, Bertiolo, Camino al Tagliamento,
Castions di Strada, Codroipo, Lestizza, Mereto di
Tomba, Mortegliano, Sedegliano, Talmassons,
Varmo (11)
51.626
342.197
Unione del
Collinare
Buja, Colloredo di Monte Albano, Coseano,
Dignano, Fagagna, Flaibano, Forgaria nel Friuli,
Majano, Moruzzo, Osoppo, Ragogna, Rive
d’Arcano, San Daniele del Friuli, San Vito di
Fagagna, Treppo Grande (15)
50.699
286.048
Unione del
Natisone
Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo,
Drenchia, Grimacco, Manzano, Moimacco,
Premariacco, Prepotto, Pulfero, Remanzacco, San
Giovanni al Natisone, San Leonardo, San Pietro
al Natisone, Savogna, Stregna, Torreano (17)
51.654
456.550
73
Capitolo 2
Tab. 2.6 Composizione e denominazione delle 18 UTI
Unioni
Comuni
Pop.
kmq
Unione della
Bassa
Friulana
occidentale
Carlino, Latisana, Lignano Sabbiadoro,
Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano,
Palazzolo dello Stella, Pocenia, Porpetto,
Precenicco, Rivignano Teor, Ronchis, San
Giorgio di Nogaro (12)
53.300
355.187
Unione della
Bassa
Friulana
orientale
Aiello del Friuli, Aquileia, Bagnaria Arsa,
Bicinicco, Campolongo Tapogliano, Cervignano
del Friuli, Chiopris-Viscone, Fiumicello,
Gonars, Palmanova, Ruda, San Vito al Torre,
Santa Maria la Longa, Terzo d’Aquileia,
Torviscosa, Trivignano Udinese, Villa
Vicentina, Visco (18)
57.970
296.949
57.814
334.263
Unione delle
Dolomiti
friulane
Andreis, Arba, Barcis, Castelnovo del Friuli,
36.308
Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Clauzetto, Erto
e Casso, Fanna, Frisanco, Maniago, Meduno,
Montereale Valcellina, Pinzano al Tagliamento,
Sequals, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto,
Travesio, Vajont, Vito d’Asio, Vivaro (22)
994.861
Unione del
Livenza
Aviano, Brugnera, Budoia, Caneva, Polcenigo,
Sacile (6)
50.410
233.135
Unione del
Sile
Azzano Decimo, Chions, Fiume Veneto, Pasiano 52.312
di Pordenone, Prata di Pordenone, Pravisdomini
(6)
171.865
Unione del
Noncello
Cordenons, Fontanafredda, Porcia, Pordenone,
Roveredo in Piano, San Quirino, Zoppola (7)
227.301
Casarsa della Delizia, Cordovado, Morsano al
Unione del
Tagliamento Tagliamento, San Giorgio della Richinvelda,
San Martino al Tagliamento, San Vito al
Tagliamento, Sesto al Reghena, Spilimbergo,
Valvasone Arzene (9)
115.950
Fonte: Regione e dati ISTAT 2015
La lr 26/2014 è considerata una delle più importanti riforme istituzionali nel contesto
nazionale, non solo perché mira ad una consistente riduzione della spesa pubblica,
ma soprattutto in quanto rappresenta, con il superamento delle Province, la
concretizzazione di uno storico rinnovo della governance territoriale, orientata al
miglioramento dei servizi ai cittadini e al rilancio dello sviluppo di territori, che
viene affidato ai rappresentanti degli Enti, più a contatto con i cittadini.
74
Contestualizzazione del caso studio
2.3 Il piano “nextPA - cambiamenti in corso”
Il Piano formativo nextPA – cambiamenti in corso è un progetto nato nel 2014 dalla
volontà congiunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dell’ANCI FriuliVenezia Giulia di attivare delle azioni formative e degli interventi che supportassero
Enti del Comparto Unico della Pubblica Amministrazione del Friuli-Venezia Giulia
nell’affrontare i cambiamenti indotti dalle riforme.
A tal fine, è stato chiesto a ComPA FVG, ente operativo di ANCI FVG, di elaborare
una proposta di piano che promuovesse la crescita delle professionalità e competenze
interne agli Enti. Tale piano è stato costruito attraverso un processo partecipato da
parte di tutti gli interlocutori e beneficiari, a partire da un confronto con analoghe
esperienze già portate a termine con successo sul territorio italiano. Approvato da
una cabina di regia che monitora anche l’avanzamento del progetto, è stato affidato a
ComPA FVG il compito di gestire il piano nella sua interezza e di aggiornarlo
annualmente indicando i nuovi obiettivi ed il programma delle azioni necessarie per
raggiungerli.
Come accennato, il Piano formativo nextPA è oggetto di un continuo monitoraggio
da parte della Regione e di ANCI, atto a verificare lo stato di avanzamento e ad
individuare l’eventuale necessità di correttivi ed integrazioni.
Si tratta comunque di un piano centrato su una formazione di tipo strategico, il cui
obiettivo si è focalizzato, soprattutto a partire dalla seconda annualità (2015),
sull’accompagnamento delle amministrazioni comunali alla costituzione delle Unioni
territoriali intercomunali (UTI), sull’avvio dei servizi congiunti e sull’approvazione
del Piano triennale dell’Unione, come stabilito dalla lr 26/2014.
I percorsi formativi attivati nell’anno 2014 e 2015 hanno permesso di conseguire,
oltre ai risultati formativi, alcuni importanti risultati "operativi”, tra cui non solo i
documenti richiesti agli Enti per legge, come lo Statuto e l’Atto costitutivo delle UTI,
ma anche di tipo organizzativo a supporto concreto dell’avvio dei servizi dell’UTI,
come ad esempio l’analisi dei carichi di lavoro del personale di tutti i Comuni delle
UTI accompagnate, la definizione dei macro-processi organizzativi per ciascuna
funzione trasferita, le simulazioni del dimensionamento dinamico delle funzioni
trasferite, nonché la proposta di dimensionamento delle UTI con il relativo
funzionigramma.
Per quanto riguarda l’annualità in corso (2016), il Piano formativo nextPA ha
individuato fra le finalità strategiche il rafforzamento e la diffusione di una cultura
che porti gli Enti a:
•
•
•
Agire con una logica di processo;
Essere orientate al cambiamento per una continua ricerca di miglioramento
(reingegnerizzazione dei processi);
Essere promotrici e coordinatrici di azioni di sviluppo del territorio e di
comunità “allargate”.
75
Capitolo 2
Per raggiungere nello specifico i primi due obiettivi, sono state declinate le seguenti
competenze chiave che l’azione formativa intende sviluppare:
•
•
•
•
•
•
•
•
Descrivere ed analizzare i processi, definendo le attività che li compongono
ed i relativi tempi di attraversamento, nonché identificandone gli indicatori di
performance;
Descrivere il flusso documentale relativo al processo analizzato, ovvero
collegare i processi ai relativi procedimenti;
Redigere la procedura connessa al processo;
Collaborare alla redazione del regolamento relativo alla funzione;
Collaborare nel dimensionamento delle funzioni, definendo le competenze
chiave necessarie e l’organico di ciascuna funzione, ed organizzando il
trasferimento delle persone fra i vari Enti;
Collaborare nell’impostazione di un piano di comunicazione nei confronti del
proprio territorio e dei cittadini;
Gestire il cambiamento, identificandolo e attivando tecniche e strumenti per
ridurre le resistenze ad esso;
Lavorare all’interno di un gruppo e in gruppo, in modo da confrontarsi con le
diversità e valorizzarle.
Questa azione formativa coinvolge principalmente i Servizi le cui funzioni saranno
gestite dalle UTI già durante il primo anno della loro costituzione, i Servizi di
pianificazione e programmazione, e quelli che dovranno svolgere un ruolo di
monitoraggio e coordinamento dei servizi.
76
Capitolo 3
Obiettivi, metodologia e strumenti
3.1 Finalità ed obiettivi della tesi
Il 30 giugno 2016 è entrata in vigore la legge regionale 10/2016, che ha introdotto,
tra l’altro, alcune modifiche alla legge regionale 26/2014. Le novità introdotte hanno
riguardato principalmente gli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, in cui sono indicate
rispettivamente quali funzioni comunali devono essere esercitate dalle Unioni e quali
vengono gestite dai Comuni ma in avvalimento, cioè avvalendosi dell’Unione.
In particolare, l’articolo 6 della lr 10/2016 ha apportato modifiche all’articolo 26
della lr 26/2014, mentre l’articolo 7 della lr 10/2016 ha sostituito l’articolo 27 della lr
27/2014, prevedendo rispetto al testo previgente diverse decorrenze per le funzioni
indicate e differenti modalità di esercizio associato delle stesse.
Tenendo conto di quanto previsto dalla legge originale e delle modifiche conseguenti
alla lr 10/2016, a decorrere dal 1 luglio 2016, i Comuni devono obbligatoriamente
esercitare in forma associata, tramite l'Unione cui aderiscono, la funzione di
elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo, più almeno altre
due funzioni comunali nelle materie di seguito elencate:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale
dell'amministrazione e dell'attività di controllo;
Sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10/2006;
Polizia locale e polizia amministrativa locale;
Attività produttive, compreso lo Sportello unico;
Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla
normativa vigente;
Programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale;
Pianificazione di protezione civile;
Statistica;
Elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo;
Gestione dei servizi tributari.
Dal 1 gennaio 2017, i Comuni dovranno esercitare in forma associata la funzione
relativa ai servizi sociali, più almeno altre due tra le funzioni sopraelencate; tutte le
altre saranno esercitate dall’Unione a partire dal 1 gennaio 2018.
77
Capitolo 3
Per quanto riguarda le disposizioni emanate dall’articolo 27, dal 1 luglio 2016 i
Comuni svolgono necessariamente in forma associata avvalendosi degli uffici
dell’UTI, la sola funzione della programmazione e gestione dei fabbisogni di beni e
servizi relativi all’attività della CUC regionale.
A partire dal 1 gennaio 2017 i Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti,
ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane, dovranno
esercitare in forma associata, mediante convenzione o, in alternativa, avvalendosi
degli uffici dell’Unione, la funzione finanziaria ed il controllo di gestione, nonché
almeno altre due funzioni comunali nelle seguenti materie:
•
•
•
•
•
Opere pubbliche e procedure espropriative;
Pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata;
Procedure autorizzatorie in materia di energia;
Organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale;
Edilizia scolastica e servizi scolastici;
Le restanti materie ed attività sopraelencate dovranno invece essere
obbligatoriamente esercitate dai Comuni in forma associata a decorrere dal 1 gennaio
2018.
All’interno di tale quadro legislativo, la finalità ultima di questo progetto di tesi
consiste nello sviluppo di una modalità e nella messa a punto di alcuni strumenti in
grado di supportare la l’azione del Piano nextPA nel processo di accompagnamento
alla costituzione delle nascenti strutture UTI, ed in particolare nell’avvio
dell’esercizio associato delle funzioni comunali di cui agli articoli 26 e 27 della lr
26/2014.
Trattandosi di un obiettivo piuttosto ampio per come è stato formulato, esso va
declinato in una serie di obiettivi specifici intermedi, anche chiamati milestones, il
cui raggiungimento è condizione necessaria per la realizzazione dell’obiettivo finale,
e attraverso i quali è possibile monitorare lo stato di avanzamento del progetto.
La prima milestone consiste nell’introduzione della logica di processo nella PA
locale, istituzione tradizionalmente abituata a ragionare per funzioni e per
procedimenti, piuttosto che per processi. Con l’adozione di questo nuovo approccio
sarà possibile rappresentare sotto forma di flussi di processo i servizi attualmente
svolti nei Comuni, per poi cercare di prevedere in che modo i cambiamenti normativi
ed organizzativi modificheranno tali processi una volta che le funzioni comunali
saranno trasferite alle Unioni.
Il secondo obiettivo è quello di standardizzare i processi così identificati e di derivare
da essi i regolamenti che dovranno disciplinare l’erogazione dei servizi nelle UTI.
Tali “nuovi” regolamenti, elaborati a partire dai flussi di processo e da essi integrati,
costituiranno la road map per la gestione dei servizi di tutte le Unioni, presupposto
78
Obiettivi, metodologia e strumenti
per il raggiungimento dell’armonizzazione e della semplificazione amministrativa in
tale ambito.
Il terzo obiettivo riguarda la misurazione e la comparazione dei servizi erogati, che si
concretizza attraverso l’identificazione di una serie di indicatori di performance per i
processi, attraverso i quali sarà possibile l’introduzione di una logica di misurazione
e controllo del processo, attualmente assente nella pubblica amministrazione locale.
Nel prossimo capitolo saranno definite le metodologie e gli strumenti che sono stati
adottati per raggiungere gli obiettivi appena descritti, ma vale la pena delineare qui le
fasi attraverso cui il progetto si è strutturato:
•
•
•
•
•
•
•
Introduzione dell’approccio per processi all’interno dei Comuni;
Identificazione e mappatura dei macro processi relativi ad ogni servizio
analizzato;
Individuazione ed eliminazione o aggregazione dei passaggi non a valore
aggiunto coinvolti nei processi;
Comparazione dei processi ed identificazione di un processo standard di
riferimento;
Validazione dei macro standard che gli enti potranno prendere come
riferimento per lo svolgimento delle proprie funzioni;
Descrizione delle procedure connesse al processo da cui sviluppare i
regolamenti per i nuovi Enti;
Identificazione di indicatori di qualità ed efficienza per i processi;
Avendo assistito soltanto alla realizzazione una piccola parte del vasto progetto di
definizione dei processi per tutte le funzioni comunali in trasferimento alle Unioni,
questa tesi coinvolge lo studio dei processi relativi ai servizi gestiti dalla sola
funzione finanziaria e contabile, nonché l’elaborazione dei regolamenti per tale area,
e l’introduzione di una prima formulazione per alcuni indicatori di qualità.
Tuttavia, le metodologie e gli strumenti impiegati in questa prima fase costituiranno
un modus operandi che potrà essere applicato in modo analogo in tutte fasi
successive del progetto, che riguarderanno lo studio dei processi coinvolti nelle
restanti funzioni di cui agli articoli 26 e 27 della lr 26/2014.
3.2 La metodologia
Come si può intuire da una lettura delle finalità di questo progetto, esse non
riguardano soltanto la sfera operativa, che comprende ad esempio la mappatura dei
processi e la produzione dei regolamenti, ma sono in gran parte legati ad obiettivi di
tipo formativo, come l’introduzione di un approccio completamente nuovo per la
pubblica amministrazione locale, quello per processi.
79
Capitolo 3
Questa tipologia di obiettivi richiede però degli interventi formativi che siano capaci
di incidere, oltre che sulle competenze delle persone, anche sui loro comportamenti e
valori. Agire sui comportamenti e sui valori significa innanzitutto cercare di
diffondere una cultura all’interno dell’organizzazione in cui si agisce e trasformare i
concetti teorici in applicazioni pratiche, per farle diventare poco a poco delle prassi
quotidiane.
La pubblica amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia è caratterizzata da una
notevole rigidità strutturale e da un’altrettanto rilevante resistenza al cambiamento,
dovuta anche al fatto che la maggior parte dei dipendenti pubblici attualmente in
servizio svolgono le stesse attività da circa quarant’anni, quando sono stati assunti in
modo massiccio in seguito al terremoto del 1976. Tale rigidità costituisce un ostacolo
non indifferente alla diffusione di nuove culture organizzative e alla corretta
attuazione delle nuove riforme.
Per poter incidere a livello organizzativo in tale contesto è tuttavia fondamentale
partire dalle persone, che sono per prime toccate dal cambiamento.
Pertanto, si è ritenuto necessario coinvolgere nel progetto, oltre ai dirigenti ed alle
figure apicali dei Comuni aderenti alle UTI, anche gli amministratori ed i
responsabili di Servizio55.
Per riuscire ad individuare e a descrivere i vari processi coinvolti nelle funzioni
comunali il cui esercizio è stato trasferito alle UTI è stato inoltre importante adottare
una metodologia di tipo bottom-up, cioè che “parte dal basso”, nel senso che gli
stessi responsabili di Servizio e dipendenti comunali hanno lavorato in prima persona
per “destrutturare e ristrutturare” i Servizi di propria competenza e la propria “attività
quotidiana”.
La fase di “ristrutturazione” dei Servizi coerentemente con la loro nuova gestione
all’interno delle Unioni è stata appunto preceduta da una fase di “destrutturazione”
degli stessi, intesa come individuazione dei macro processi relativi al Servizio
esaminato e, conseguentemente, dei processi e delle attività in esso coinvolte.
Questa fase di “destrutturazione” è stata eseguita separatamente per ogni Unione, o
per meglio dire “cantiere56”, organizzando degli incontri formativi ed operativi che
hanno coinvolto, almeno per quanto riguarda il Servizio finanziario e contabile,
Segretari comunali, responsabili del Servizio finanziario e ragionieri provenienti da
tutti i Comuni appartenenti alla medesima UTI.
Attraverso l’integrazione di diverse metodologie didattiche quali lavori di gruppo,
tavoli di discussione ed interviste sotto il coordinamento del personale di ComPA
FVG, è stato possibile per gli attori coinvolti pervenire alla definizione dei processi
as-is, cioè così come si presentano all’interno dei Comuni di provenienza, ed anche
55
Per approfondimenti si rimanda a pag. 137
È detto “cantiere” lo stadio embrionale dell’UTI, cioè l’insieme di tutti i Comuni aderenti ad una
stessa Unione non ancora ufficialmente costituita
56
80
Obiettivi, metodologia e strumenti
ad un’ipotesi dei processi to-be, contenenti nuovi protagonisti e nuove attività di
pertinenza della futura UTI.
Come già accennato, questo lavoro è stato svolto separatamente per ogni “cantiere
territoriale” (futura Unione) ed ha quindi prodotto documenti diversi per ognuno di
essi, risultati talvolta addirittura discordanti tra loro in alcune parti. Al fine di
giungere alla definizione di processi tra loro coerenti e completi, che costituiscano un
punto di riferimento chiaro ed esaustivo per il personale che dovrà operare all’interno
delle Unioni, è stato quindi necessario esaminare la documentazione ottenuta,
confrontarla e quindi procedere ad una sua standardizzazione, in modo da garantire
una certa unicità ed affidabilità per quanto riguarda il modus operandi delle UTI,
come descritto dettagliatamente nel prossimo capitolo.
La fase di “ristrutturazione” ha quindi compreso le attività di comparazione dei
processi mappati nei diversi “cantieri” e di rielaborazione degli stessi sulla base di
quanto disciplinato dalla lr 26/2014, pervenendo così alla definizione dei processi
standard e dei regolamenti che a loro volta disciplineranno la gestione del Servizio da
parte delle Unioni.
Come si può facilmente intuire, in questo caso il lavoro è stato svolto unitariamente
per tutto il territorio regionale. In particolare, ComPA FVG ha pensato di istituire per
ogni Servizio coinvolto nel progetto, un centro di competenza formato da un numero
ristretto di esperti della materia in esame, generalmente funzionari delle PA locali
che hanno maturato una significativa esperienza in una determinata materia e
rappresentano il riferimento regionale per l’apprendimento relativamente
all’argomento considerato.
La parola d’ordine di ogni centro di competenza è “confronto”; il confronto continuo
e costruttivo tra gli esperti coinvolti ha infatti permesso di far emergere i diversi
punti di vista sulla normativa regionale e di risolvere numerose problematiche
riguardanti la materia in esame, nonché di instaurare un clima positivo e
collaborativo di stima e di fiducia reciproca tra i partecipanti e di trovare una sintesi
fra i processi descritti nei diversi cantieri.
Oltre all’attività legata all’organizzazione del Servizio specifico, ciascun centro di
competenza è stato anche incaricato di trasferire la propria specifica competenza agli
altri livelli della PA locale attraverso un’attività formativa e di mettere a disposizione
dell’intero sistema amministrativo regionale modelli, documenti amministrativi tipo
e linee di indirizzo per l’applicazione di principi relativi alla materia di competenza,
tra i quali trovano collocazione anche i regolamenti che vengono presentati in questa
tesi.
81
Capitolo 3
3.3 Lo strumento: Bizagi Process Modeler
Tra gli strumenti a supporto della mappatura e dell’analisi dei processi aziendali che
sono stati impiegati nel corso di questo progetto (interviste, diagrammi SIPOC,
diagrammi di flusso, ecc., già descritti nella parte di analisi della letteratura), quello
maggiormente utilizzato è indubbiamente il software di modellazione dei processi
Bizagi, che quindi merita di essere presentato più approfonditamente in questo
paragrafo.
La suite Bizagi, il cui nome deriva dalla combinazione dei termini inglesi “business”
ed “agility”, è formata da tre diversi prodotti software tra loro complementari, che
insieme permettono di modellare, costruire ed eseguire qualsiasi tipo di processo
aziendale appoggiandosi su di una piattaforma BPM molto potente:
•
•
•
Bizagi BPMN Modeler è un applicativo installabile gratuitamente che,
utilizzando il linguaggio standard di modellazione dei processi BPMN,
consente di rappresentare graficamente, documentare e simulare i processi
aziendali;
Bizagi Studio è una soluzione BPM, anch’essa gratuita, che permette alle
aziende di automatizzare i propri processi e flussi di lavoro;
Bizagi Engine prende i processi precedentemente modellati ed automatizzati
e li esegue in tutta l'organizzazione.
Grazie ai suoi tre applicativi, quindi, la suite Bizagi consente all’utilizzatore di
gestire l’intero ciclo di vita del processo, modellandolo e documentandolo con il
BPMN Modeler, automatizzandolo e rendendolo un flusso operativo tramite il
pacchetto Studio e, infine, eseguendolo e monitorandolo per mezzo dell’applicativo
Engine. Ai fini di questa tesi, che ha riguardato principalmente la rappresentazione
dei processi della Pubblica Amministrazione locale e la loro rielaborazione grafica, è
risultato fondamentale potersi servire delle funzionalità del software Bizagi BPMN
Modeler, che ha permesso di rappresentare i processi aziendali molto chiaramente
dal punto di vista “visivo”, rendendoli più facilmente comprensibili, analizzabili e
migliorabili.
Il pacchetto Modeler presenta un’interfaccia molto semplice ed intuitiva per
l’utilizzatore, che è composta da quattro elementi principali (Fig. 3.1):
•
•
•
•
82
La barra degli strumenti, che contiene i comandi di accesso rapido ad un
sottoinsieme di un menù all’interno del Bizagi Process Modeler;
Il ribbon, che racchiude i comandi principali per la gestione dei modelli di
processo, organizzati in diversi menù;
La palette (o tavolozza), che comprende gli elementi grafici del BPMN
utilizzati per definire un modello di processo
La barra delle opzioni di vista, tramite la quale è possibile adattare le
dimensioni del diagramma in modo da facilitare la navigazione nel processo.
Obiettivi, metodologia e strumenti
Fig. 3.1 Interfaccia di Bizagi Modeler
Per poter comprendere le rappresentazioni dei processi contenute in questo elaborato,
è necessario descrivere il contenuto della palette, che è composta dagli elementi
grafici del BPMN utilizzati per definire il modello di processo. Tali elementi sono
suddivisi in 7 diverse tipologie in base al loro significato e alla loro funzione
all’interno del processo: attività, eventi, gateways, dati, artefatti, corsie e connettori.
Attività
Le attività rappresentano il lavoro o i compiti manuali o automatici svolti dai membri
dell’organizzazione. Sono dette task quando rappresentano dei semplici compiti e
vengono invece classificate come sotto processi se si tratta di attività composte (Tab.
3.1 e 3.2).
Tab. 3.1 Task in Bizagi
Attività generica, non può essere scomposta in sotto attività
Attività svolta da una
persona con l’ausilio di un
applicativo
Attività svolta mediante
l’utilizzo di servizi Web o
applicativi automatizzati
Attività svolta da un
macchinario, si deve
specificare il linguaggio
macchina (script)
83
Capitolo 3
Tab. 3.1 Task in Bizagi
Si attende un messaggio o
della documentazione da
un utente esterno al
processo
Si invia un messaggio o
della documentazione ad
un utente esterno al
processo
Attività svolta interamente
da un utente senza
l’ausilio di applicativi
Attività di inserimento di
regole aziendali da
rispettare
Attività che deve essere
ripetuta fintanto che si
soddisfa una condizione
booleana
Attività che deve essere
ripetuta per un numero
predefinito di volte
Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi
Attività che racchiude in sé altre attività mappate con compiti, gateway, eventi e
flussi di sequenza
Può essere riutilizzato e
chiamato anche in altri
processi, deve essere
contenuto all’interno di
una pool
84
Viene innescato da un
evento (non ha né flussi in
entrata né flussi in uscita,
non fa parte del processo)
Non richiede relazioni ben
definite di sequenza tra le
attività; di volta in volta si
definiscono la sequenza e
la ripetitività
Obiettivi, metodologia e strumenti
Tab. 3.2 Sottoprocessi in Bizagi
Ciclo basato su una
condizione booleana (si
ripeterà fintanto che
risulterà vera la
condizione booleana)
Ciclo che itera per un
numero predefinito di
volte, con iterazioni
simultanee
Prevede tre possibilità:
- Completamento con
successo
- Completamento fallito
- Errore inaspettato
(evento intermedio di
cancellazione)
Eventi
Un evento è qualcosa che accade durante lo svolgimento del processo influenzando il
suo flusso. Gli eventi si dividono in tre tipologie: quelli di inizio, quelli intermedi e
quelli di fine, come riportato nelle seguenti tabelle.
Tab. 3.3 Eventi di inizio in Bizagi
Punto di avvio del processo, senza alcuna motivazione particolare
Il processo inizia
all’arrivo di un messaggio
o di documentazione da
parte di un utente
Il processo ha inizio ad
una certa data o ad un
certo tempo di ciclo (per
es. ogni venerdì)
Il processo può avere
inizio solo quando una
certa condizione si avvera
Il processo viene
innescato dall’arrivo di un
segnale (segnale
broadcast, inviato a tutti)
Vi sono più eventi
scatenanti il processo ed è
necessario che tutte
vengano innescate per
avviare il processo
Vi sono più eventi
scatenanti il processo ma
è necessario che se ne
inneschi uno solo per far
avviare il processo
85
Capitolo 3
Tab. 3.4 Eventi intermedi in Bizagi
Evento che influenza il processo ma che non ne determina né l’avvio né
l’interruzione
Il processo può continuare
il suo corso solo una volta
inviato o ricevuto il
messaggio (o la
documentazione)
Punto del processo in cui
bisogna attendere
l’avverarsi di uno solo di
molteplici eventi possibili
Eventi di invio o ricezione
di segnali in modalità
broadcast (verso tutti)
Segnala un ritardo o
un’attesa
Il processo diventa di
responsabilità di altri
Il processo può proseguire
quando una condizione
prestabilita si avvera
E’ necessaria una
compensazione
Punto del processo in cui
bisogna attendere che tutti
gli eventi previsti si
avverino prima di poter
procedere
Serve o a connettere due
parti del processo o a
creare situazioni cicliche
86
Obiettivi, metodologia e strumenti
Tab. 3.5 Eventi di fine in Bizagi
Indica il termine del
processo, non dovuto a
motivazioni particolari
Al termine del processo
viene inviato un
messaggio o della
documentazione
Al termine del processo
deve avvenire l’escalation,
le responsabilità degli
effetti dovuti al processo
vengono attribuite ad altri
Il processo termina in
quanto si è verificato un
errore prestabilito (legato
all’evento intermedio di
tipo errore)
Utilizzato con le
transazioni, cancella la
transazione e scatena un
flusso alternativo da
percorrere
Al termine del processo
deve avvenire la
compensazione
Al termine del flusso viene
inviato un segnale in
broadcast
Il termine del processo
scatena una serie di
conseguenze,
conseguenze che
dovranno essere tutte
verificate
Termina immediatamente
tutte le attività del
processo
Dati
I dati possono essere di due tipologie:
•
•
Singolo dato: artefatto che fornisce informazioni riguardo a come i documenti
e gli strumenti aziendali vengono utilizzati e aggiornati durante il processo;
Archivio: indica la presenza di un archivio o di un software di gestione dei
dati aziendali.
Gateways
I gateways sono degli elementi che fungono da controllori poiché permettono di
monitorare la divergenza e la convergenza di un flusso di attività creando
ramificazioni, biforcazioni, combinazioni ed unioni nel processo (Tab. 3.6).
87
Capitolo 3
Tab. 3.6 Gateways in Bizagi
Come elemento di
convergenza è usato per
unire percorsi alternativi
Come elemento di
divergenza è utilizzato per
creare percorsi alternativi,
dei quali deve esserne
percorso solo uno
Può essere utilizzato solo
come elemento di
divergenza
I percorsi alternativi si
basano su condizioni: se le
condizioni sono
soddisfatte allora il flusso
intraprende il percorso
relativo alla condizione
soddisfatta
Come elemento di
convergenza: unisce
percorsi alternativi e deve
attendere il
completamento di tutti i
percorsi per poter
procedere
Come elemento di
divergenza: non controlla
alcuna condizione
La scelta del percorso è
basata sull’accadimento di
un determinato evento
Eventi esclusivi: si creano
istanze di processo
Eventi paralleli: per poter
creare le istanze di
processo devono accadere
tutti gli eventi predefiniti
Come elemento di
convergenza: attende la
soddisfazione di una
condizione aziendale
Come elemento di
divergenza: unisce più
gateway, crea percorsi
alternativi basandoli su
espressioni e condizioni
aziendali
Lane
Rappresenta una funzione,
un ruolo o un
dipartimento responsabile
delle attività svolte
all’interno della lane
Milestone
È una sottopartizione del
processo e ne indica una
fase
Corsie
Tab. 3.7 Corsie in Bizagi
Pool
Contiene un singolo
processo, cioè i flussi
sequenziali tra le attività;
ogni processo deve essere
contenuto interamente in
una Pool
88
Obiettivi, metodologia e strumenti
Tab. 3.8 Connettori in Bizagi
Flusso di sequenza
Connette due attività
secondo l’ordine in cui
vengono svolte
Associazione
Associa le informazioni
aggiuntive e gli artefatti
agli oggetti
Flusso di messaggistica
Mostra il flusso di
scambio di
documentazione e
messaggistica tra due
entità
Un altro elemento molto utilizzato è il menù a torta, una funzionalità drag-and-drop
che compare cliccando su un qualsiasi elemento già presente nel diagramma, e
permette, a partire da esso, di scegliere l’elemento successivo e di posizionarlo nel
punto desiderato della Pool semplicemente trascinandolo. Ad esempio, il menù a
torta per un semplice task si presenta come in Fig. 3.2, da cui si deduce che i suoi
possibili successori possono essere: un altro task, un gateway, un evento intermedio
o un evento di fine; inoltre, al task possono essere associati altri elementi quali
documenti ed artefatti.
Fig. 3.2 Menù a torta di un task in Bizagi
In Bizagi è anche possibile rappresentare le interazioni tra due o più processi, che
coinvolgono diverse organizzazioni o utenti esterni, attraverso l’utilizzo di eventi
iniziali, intermedi o finali di invio e ricezione, rappresentanti lo scambio (l’invio o la
ricezione) di messaggi contenenti informazioni condivisibili.
Esistono però delle regole di connessione tra elementi, ispirate al linguaggio BPMN,
di cui bisogna tenere conto per poter utilizzare flussi di messaggistica nella
mappatura. La Tab. 3.9 mostra infatti quali elementi del processo possono essere
collegati tra loro tramite flussi di messaggistica; qualsiasi altro tentativo di
connessione viene respinto dal software, talvolta generando un messaggio di errore
in fase di salvataggio del file.
89
Capitolo 3
Tab. 3.9 Regole di connessione tra elementi in Bizagi
Bizagi è uno strumento che viene utilizzato in tutto il mondo ed in moltissimi settori
per mappare, migliorare ed eseguire i processi aziendali. Rispettando i principi di
modellazione indicati nella guida ufficiale della suite, è possibile infatti elaborare in
modo efficace anche processi piuttosto complessi. La documentazione risultante,
inoltre, può essere pubblicata quasi istantaneamente in molti formati diversi, tra cui
Word, PDF, file Web, Sharepoint, MediaWiki, ecc., divenendo così di facile
consultazione anche per quei soggetti che non hanno installato il software nel proprio
dispositivo.
90
Capitolo 4
Le fasi del progetto
Come già indicato nel capitolo precedente, questa tesi riguarda l’applicazione delle
metodologie e degli strumenti finora descritti all’analisi organizzativa della Pubblica
Amministrazione locale, ed in particolare del Servizio finanziario e contabile che, a
decorrere dal 1 gennaio 2017, i Comuni del Friuli-Venezia Giulia dovranno
esercitare in forma associata attraverso gli uffici dell’UTI di appartenenza, in
accordo con la legge regionale 26/2014.
La scelta di analizzare in primo luogo la funzione finanziaria degli Enti locali è
dovuta non tanto alla priorità della sua gestione in forma associata rispetto alle altre
funzioni, quanto piuttosto alla sua portata strategica nell’organizzazione in termini di
interconnessioni tra i soggetti e gli uffici coinvolti.
Per quanto riguarda la struttura del progetto, esso si è articolato nelle seguenti fasi,
che verranno approfondite singolarmente all’interno di questo capitolo:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Identificazione dei macro processi;
Compilazione del diagramma SIPOC;
Rappresentazione dei processi con Bizagi;
Comparazione dei processi mappati;
Semplificazione e standardizzazione dei processi;
Redazione dei regolamenti;
Introduzione di alcuni indicatori.
4.1 Identificazione dei macro processi
In un contesto lavorativo sempre più dinamico, in cui le relazioni tra i vari soggetti
organizzativi divengono sempre più frequenti e complesse e l’orientamento al cliente
è ormai un valore universalmente riconosciuto, è necessario per chi gestisce ed opera
in un’organizzazione considerare non solo sui singoli compiti svolti all’interno di un
ufficio, ma anche e soprattutto porre l’attenzione sull’insieme di tutte le attività
necessarie ad erogare servizi verso l’utenza e a garantire un corretto sviluppo
dell’organizzazione nel tempo. Queste attività, aggregate in base al risultato da
raggiungere e al cliente da soddisfare, rappresentano i macro processi organizzativi,
ovvero gli elementi fondamentali su cui si basa tutta l’analisi sviluppata in questo
progetto.
91
Capitolo 4
Grazie alla loro natura trasversale, i macro processi consentono di individuare
eventuali criticità riguardanti le relazioni tra i vari attori coinvolti, di integrare quanto
svolto dai diversi uffici per l’erogazione del servizio all’utente finale, e di favorire
molte altre riflessioni che un tradizionale approccio “per funzioni” non
permetterebbe, dal momento che le varie interconnessioni esistenti tra le attività
rimarrebbero nascoste.
L’analisi organizzativa condotta presso i vari cantieri è stata quindi implementata
sulla logica di processo, identificando i macro processi attivi nell’organizzazione, al
fine di individuare la struttura organizzativa tipo che i servizi erogati dalle
costituende Unioni dovranno assumere, consentendo anche ai soggetti coinvolti nella
loro gestione di fare chiarezza sulle responsabilità e sugli elementi chiave di ciascun
macro processo.
In questa fase sono stati identificati per ciascuno dei macro processi individuati,
anche i processi aziendali ad essi associati, i quali sono stati successivamente oggetto
di analisi, semplificazione, e standardizzazione, coerentemente con gli obiettivi del
progetto.
Per quanto riguarda il servizio di nostro interesse, cioè quello finanziario, i macro
processi ed i relativi processi organizzativi individuati sono sintetizzati in Tab. 4.1.
Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al Servizio finanziario
PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO
Macro processo
Processi associati
Supporto finanziario alla
programmazione strategica
Definizione degli obiettivi strategici sostenibili per
il SeS
Ciclo della programmazione
operativa
Redazione del DUP
Redazione del Bilancio di previsione
Redazione del PEG
Controllo sugli equilibri di
bilancio
Variazioni al Bilancio ed assestamenti
Supporto al controllo di
gestione
Elaborazione di dati finanziari per i modelli di
controllo di gestione
Rendicontazione della gestione Rendicontazione della gestione
GESTIONE OPERATIVA
Macro processo
Processi associati
Ciclo attivo
Gestione delle entrate
Ciclo passivo
Gestione della spesa
92
Le fasi del progetto
Tab. 4.1 Macro processi e processi relativi al servizio finanziario
Macro processo
Processi associati
Controllo di regolarità
Controllo di regolarità contabile
Gestione mutui e debito
Gestione dei mutui
GESTIONE FISCALE
Macro processo
Processi associati
Gestione fiscale
Gestione fiscale - Soggetto d’imposta
Gestione fiscale
Gestione fiscale - Sostituto d’imposta
Come si può notare dalla tabella, il Servizio finanziario è stato innanzitutto diviso in
tre principali macro aree organizzative: programmazione e controllo, gestione
operativa e gestione fiscale; all’interno di tali aree sono poi stati individuati i macro
processi ed i processi di competenza del Servizio finanziario. È importante, inoltre,
sottolineare che, essendo il Servizio finanziario e contabile una delle funzioni gestite
in avvalimento57 dalle UTI, tutte le attività riportate in tabella devono essere svolte
dagli uffici dell’Unione sia per tutti i Comuni ad essa afferenti sia per l’UTI stessa in
quanto Ente a sé stante, il ché comporta la redazione di numerosi documenti dello
stesso tipo, ma per Enti diversi.
Come vedremo dall’analisi dei processi, i documenti elaborati per l’Unione e per i
Comuni dovranno essere tra loro coerenti, il ché implica un attento lavoro di
coordinamento da parte degli uffici dell’Unione e di collaborazione con gli uffici
comunali.
Trattandosi di una materia completamente nuova rispetto al percorso di studi seguito,
molti dei temi considerati all’interno di questa tesi richiederebbero ampi
approfondimenti per essere pienamente compresi. Tuttavia, non si è ritenuto
necessario in funzione degli obiettivi di questo progetto, dilungarsi in dettagliate
spiegazioni ed approfondimenti relativamente a concetti specifici in materia di
Pubblica Amministrazione. Vale la pena, comunque, chiarire con una breve
spiegazione il significato delle sigle e dei termini maggiormente ricorrenti in queste
pagine.
In tabella 4.1, ad esempio, sono riportate alcune sigle che identificano i documenti
che vengono elaborati nel ciclo di programmazione operativa. Il Documento Unico
di Programmazione (DUP) viene definito come lo strumento che definisce la
programmazione strategica di mandato degli enti locali e traduce tali indirizzi
strategici nella programmazione operativa, costituendo il presupposto necessario per
redigere tutti gli altri documenti di programmazione.
57
Per approfondimenti si rimanda a pag. 118
93
Capitolo 4
In particolare, il DUP è articolato in due sezioni:
•
•
La Sezione Strategica (SeS), che sviluppa e concretizza le linee
programmatiche di mandato e individua, in coerenza con il quadro normativo
di riferimento, gli indirizzi strategici dell’ente;
La Sezione Operativa (SeO), che definisce il quadro di riferimento per la
programmazione operativa del triennio coperto dal bilancio di previsione
finanziario;
Il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) è invece uno strumento di programmazione e
di autorizzazione alla spesa finalizzato a ordinare e a razionalizzare l’attività degli
enti locali, specificandone gli obiettivi, le risorse a disposizione e le responsabilità di
gestione ed ispirandosi a criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza
dell’azione amministrativa.
Questa terminologia verrà più volte utilizzata anche nei prossimi paragrafi.
4.2 Compilazione del diagramma SIPOC
Dopo aver compreso come sarà organizzato, in termini di macro processi e processi
coinvolti, il Servizio finanziario delle nascenti Unioni territoriali intercomunali, si è
ritenuto utile al fine di facilitare la successiva mappatura dei processi, individuare per
ognuno dei suddetti macro processi gli elementi che costituiscono il diagramma
SIPOC, uno strumento di supporto alla documentazione dei processi, le cui
caratteristiche sono già state ampiamente descritte nell’analisi della letteratura.
Per compilare il diagramma SIPOC sono necessarie informazioni riguardanti i
fornitori, gli input, gli output e i clienti del processo. Tali informazioni sono state
ottenute tramite l’elaborazione dei dati derivanti dai tavoli di lavoro organizzati in
ciascun cantiere, dove i soggetti coinvolti sono stati chiamati a rispondere perlopiù
alle seguenti domande:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
94
Chi sono i fornitori del processo?
Quali sono le persone, le aziende o gli altri processi che forniscono le risorse
di cui il processo si serve per svolgere le sue attività?
Quali sono gli input del processo?
Quali informazioni, documenti, persone e materiali sono necessari affinchè il
processo prenda avvio e si sviluppi;
Quali attività compongono il processo?
Quali sono gli output del processo?
Quali prodotti e servizi vengono generati dal processo?
Chi sono i clienti del processo?
Quali sono le persone, i processi, le aziende e le applicazioni a cui è destinato
l’output del processo?
Chi è responsabile della buona riuscita del processo?
Le fasi del progetto
•
•
•
Quali sono i process owner?
Quali fattori potranno influire negativamente sulla buona riuscita del
processo?
Quali criticità potranno emergere nello svolgimento del processo?
Le risposte date dai soggetti intervistati si sono rivelate spesso incomplete e talvolta
contraddittorie fra un cantiere e l’altro. Ciò è dovuto a un’oggettiva difficoltà da
parte di persone abituate ad operare con logica “funzionale” a rileggere le proprie
attività in termini processuali, ovvero considerando le interconnessioni tra i vari
uffici, soggetti ed Enti. Spesso, infatti, è stato necessario richiamare il concetto di
processo, insistendo in particolare sulla differenza tra la figura del process owner,
quella degli esecutori delle attività di processo, e quella del responsabile funzionale
ed amministrativo. Una volta chiariti i maggiori dubbi e perplessità dei partecipanti
ai tavoli, si è potuto procedere più facilmente alla compilazione del diagramma
SIPOC, che viene riportato in Tab. 4.2, dove, oltre ai 5 elementi fondamentali
(supplier, input, process, output, customer) sono stati identificati anche i process
owner e le eventuali criticità che ci si aspetta possano emergere nell’esecuzione di
ciascun macro processo.
95
Input
Programma di
mandato del
Comune
SeS e
Previsioni
delle entrate
del Comune
Bilancio
comunale
approvato
Registrazioni
contabili ed
esiti del
controllo di
gestione
Piano
dell’Unione
Supplier
Comune:
Sindaco e
dirigenti
apicali
96
Comune:
Sindaco e
dirigenti
apicali
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Uffici del
Comune
UTI:
Assemblea dei
Sindaci
Supporto alla
programmazione
strategica
dell’Unione
Rendicontazione
della gestione
per i Comuni
Controllo sugli
equilibri di
Bilancio
comunale
Programmazione
operativa dei
Comuni
Supporto alla
programmazione
strategica dei
Comuni
Process
Obiettivi
strategici
sostenibili per
la SeS
dell’UTI
Rendiconto e
certificazioni
Parere e
schema delle
variazioni di
Bilancio
comunale
DUP, Schema
di Bilancio e
PEG del
Comune
Obiettivi
strategici
sostenibili per
la SeS del
Comune
Output
UTI:
Presidente e
Direttore
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Sindaco e
dirigenti
apicali
Customer
UTI:
Presidente e
Direttore
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Comune:
Sindaco e
dirigenti
apicali
Process owner
Coordinamento e
sovrapposizione
del Piano
dell’Unione con i
DUP comunali
Attività in itinere e
continua;
concomitanza
temporale delle
richieste dei
diversi Comuni.
Concomitanza
temporale delle
richieste
Concomitanza
temporale delle
richieste da parte
dei diversi Comuni
e dell’UTI
Concomitanza
temporale delle
richieste da parte
dei diversi Comuni
e dell’UTI
Criticità
Capitolo 4
Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario
Supporto al
Controllo di
Gestione
Determina,
lista di carico,
cedole di
versamento in
cc, ruoli
Ciclo attivo
Modelli di
controllo di
gestione
UTI: Funzione
Controllo di
Gestione
Controllo sugli
equilibri di
Bilancio UTI
Ente tesoriere,
Poste,
Equitalia
Bilancio UTI
approvato
Comune:
Giunta e
dirigenti
apicali
Programmazione
operativa
dell’Unione
Rendicontazione
della gestione
per l’UTI
SeS e
Previsioni
delle entrate
dell’UTI
UTI:
Presidente e
Direttore
Process
Uffici dell’UTI Registrazioni
contabili ed
esiti del
controllo di
gestione
Input
Supplier
UTI: Ufficio di
Presidenza e
Direttore
UTI: Ufficio di
Presidenza e
Direttore
Customer
Fatture attive,
reversali
Rendiconto e
certificazioni
Servizi
dell’Ente che
generano
entrate
UTI:
Assemblea dei
Sindaci
Dati finanziari UTI: Funzione
per i modelli di Controllo di
controllo di
Gestione
gestione
Parere e
schema delle
variazioni di
Bilancio UTI
DUP, Schema
di Bilancio e
PEG dell’UTI
Output
Gestione
entrate e
incassi dei
Servizi
finanziari
UTI:
Assemblea dei
Sindaci
UTI: Funzione
Controllo di
Gestione
UTI: Ufficio di
Presidenza e
Direttore
UTI: Ufficio di
Presidenza e
Direttore
Process owner
Omogeneizzazione
dei sistemi
informativi; rischio
di interruzione del
servizio
Concomitanza
temporale con le
richieste
Lo split dei dati
finanziari sarà
disponibile a valle
della modellazione
del CdG
Concomitanza
temporale delle
richieste dei
diversi Comuni
Coordinamento
temporale e
finanziario con la
programmazione
dei Comuni
Criticità
Le fasi del progetto
Tab. 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario
97
Input
Determina, atto
amministrativo,
impegno, atto
di liquidazione
Atti con effetti
sul Bilancio e
sul patrimonio
Bilancio e
variazioni di
Bilancio
Ciclo attivo e
passivo
Supplier
Altri servizi
del Comune o
fornitori
98
Fornitori degli
atti con effetti
sul Bilancio e
sul patrimonio
Consiglio
comunale,
Servizi tecnici
Uffici UTI e
Comunali
Gestione fiscale
Gestione mutui e
debito
Controllo di
regolarità
contabile
Ciclo passivo
Process
Dichiarazioni
annuali
all’Agenzia
delle Entrate
Contratto con i
finanziatori
Parere
vincolante
Fatture
passive, debiti
dell’ente,
pagamenti
Output
Agenzia delle Entrate
Soggetto finanziatore
Ufficio o organo
politico proponente
dell’atto
Fornitori, dipendenti,
associazioni,
beneficiari di un
contributo economico
Customer
Servizi
finanziari
Servizi
finanziari
Servizi
finanziari
Servizi
finanziari
Process owner
Non
rilevate
Non
rilevate
Non
rilevate
Non
rilevate
Criticità
Capitolo 4
Tab 4.2 Diagramma SIPOC per i macro processi del Servizio finanziario
Le fasi del progetto
4.3 Descrizione e mappatura dei processi
L’elaborazione del diagramma SIPOC ha permesso ai soggetti coinvolti,
tradizionalmente abituati ad immaginare l’organizzazione dei propri Enti come un
insieme di aree funzionali tra loro indipendenti, di iniziare a ragionare in termini di
processo, facilitando così la successiva fase di descrizione e mappatura vera e propria
dei processi.
In ogni cantiere è stato richiesto al gruppo di lavoro, solitamente formato da due o tre
persone per ogni Comune aderente all’Unione, di descrivere, partendo da quanto
viene svolto all’interno dei Comuni, i processi coinvolti nel Servizio finanziario e
contabile dell’UTI che erano stati individuati nella prima fase del progetto (Tab. 4.1).
Si è ritenuto necessario effettuare questo passaggio separatamente in ogni cantiere, in
modo da produrre una documentazione completa che tenesse conto delle diverse
percezioni che i vari Enti territoriali hanno di uno stesso processo. I processi di
competenza delle Unioni, infatti, sono stati descritti in modo diverso in ogni cantiere,
sia per la mancanza di chiari riferimenti disciplinari che regolassero le modalità di
gestione dei servizi da parte delle UTI, sia per il fatto che la descrizione ha coinvolto
molti soggetti provenienti da Comuni diversi e quindi abituati a procedere in modo
diverso per gestire uno stesso servizio, in base alle prassi consolidatesi nei propri
Enti di provenienza. Anche nel confronto all’interno di uno stesso cantiere, in cui il
gruppo di lavoro si componeva di soggetti appartenenti ad Enti territorialmente
limitrofi, si sono spesso riscontrate opinioni e prassi contrastanti riguardo allo
svolgimento di uno stesso processo, sintomo della mancanza di una chiara disciplina
regolamentare anche per gli stessi Comuni, il ché ha portato a svariati dibattiti su
quali fossero le prassi più corrette da adottare. Una volta risolti questi confronti, è
stato finalmente possibile pervenire in ogni cantiere alla descrizione univoca dei
processi in esame, e contemporaneamente alla loro rappresentazione grafica
supportata dallo strumento di modellazione Bizagi. Questo ha fatto sì che la
documentazione ottenuta risultasse omogenea tra i diversi cantieri e quindi adatta per
una successiva comparazione e semplificazione, al fine di pervenire alla
modellazione dei processi standard di riferimento per le Unioni di tutto il territorio
regionale.
È importante sottolineare che, in ogni cantiere in cui è stata attivata questa fase del
progetto sono stati individuati e quindi mappati solo alcuni dei processi riportati in
Tab. 4.1, ovvero quelli considerati più strategici per la gestione del Servizio
finanziario e contabile all’interno di quel cantiere. Tuttavia, la documentazione
ottenuta ha comunque consentito di realizzare una comparazione sufficientemente
ampia fra i processi descritti nei diversi cantieri, nella quale sono state identificate le
più importanti differenze ed analogie che hanno fornito gli spunti per la successiva
semplificazione e standardizzazione dei processi.
99
Capitolo 4
Vale la pena riportare in queste pagine le rappresentazioni grafiche di quei processi
considerati maggiormente critici per il Servizio finanziario, che sono stati analizzati
più approfonditamente nelle successive fasi del progetto, richiedendo anche
l’elaborazione di specifici regolamenti.
Per quanto riguarda il processo di redazione del bilancio di previsione, esso è stato
mappato in tutti e sette i cantieri territoriali in cui questa fase del progetto è stata
attivata: Collinare, Bassa Friulana orientale, Bassa Friulana occidentale, Torre,
Dolomiti friulane, Sile e Tagliamento, le cui relative mappature sono rappresentate
nelle seguenti figure.
Si noti che nei cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane il processo è stato descritto e
quindi mappato in modo uguale, così come è avvenuto per i cantieri della Bassa
Friulana orientale ed occidentale, i quali, tra l’altro, diversamente da tutti gli altri,
hanno suddiviso il processo in tre milestones successive: “redazione bilancio”,
“approvazione bilancio” e “atti conseguenti”, come si vede in Fig. 4.1, 4.2 e 4.3.
Fig. 4.1 Prima fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana
orientale ed occidentale
100
Le fasi del progetto
Fig. 4.2 Seconda fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa Friulana
orientale ed occidentale
Fig. 4.3 Terza fase del processo di bilancio mappato nei cantieri della Bassa
Friulana orientale ed occidentale
101
Capitolo 4
Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nei
cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane
Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel
cantiere del Collinare
Come si può notare osservando le Fig. 4.4 e 4.5, il processo di bilancio rappresentato
graficamente nel cantiere del Collinare quasi del tutto identico a quello mappato nei
cantieri del Sile e delle Dolomiti friulane. Vi è però una differenza per quanto
riguarda l’attività di presentazione di emendamenti al bilancio da parte dei revisori,
che vedremo evidenziata nella fase di confronto tra processi, descritta nel prossimo
paragrafo.
102
Le fasi del progetto
Fig. 4.4 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Torre
103
Capitolo 4
Fig. 4.5 Processo di bilancio mappato nel cantiere del Tagliamento
Da una prima rapida analisi delle mappature fin qui presentate, si possono notare
alcune analogie e differenze in termini di attività ed attori coinvolti nel processo.
Inoltre, è abbastanza evidente che in alcuni cantieri il processo di bilancio è stato
mappato ad un livello di dettaglio maggiore rispetto ad altri; nel cantiere del
Tagliamento (Fig. 4.7), ad esempio, la mappatura risulta visivamente molto più
lineare e semplice rispetto a quelle degli altri cantieri, sintomo che la descrizione del
processo è stata in primis meno dettagliata.
Per quanto riguarda il macro processo di ciclo attivo, il relativo processo di “gestione
delle entrate” è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e del Torre. In
questo caso le rappresentazioni del Collinare e del Sile sono risultate esattamente
identiche, mentre quella del Torre, oltre a coinvolgere un numero inferiore di
soggetti, è composta da un flusso di attività più lineare, ovvero privo di gateways e,
di conseguenza, di diramazioni.
Queste due diverse mappature sono riportate rispettivamente in Fig. 4.8 e 4.9.
104
Le fasi del progetto
Fig. 4.6 Processo di gestione delle entrate Fig. 4.7 Processo di gestione delle
entrate mappato nel cantiere del Torre
mappato nei cantieri del Collinare e del Sile
Anche il ciclo passivo, come il ciclo attivo, è stato mappato solamente nei cantieri
del Collinare, del Sile e del Torre. In particolare, anche in questo caso, il relativo
processo di “gestione della spesa” è stato descritto e quindi rappresentato in modo
identico nei cantieri del Collinare e del Sile (Fig. 4.10), mentre il gruppo di lavoro
del cantiere del Torre ha agito ancora una volta ad un minor livello di dettaglio,
presentando quindi un processo più semplice e lineare (Fig. 4.11).
105
Capitolo 4
Fig. 4.8 Processo di gestione della spesa mappato Fig. 4.9 Processo di gestione della
spesa mappato nel cantiere del Torre
nei cantieri del Collinare e del Sile
Il processo di rendicontazione è stato mappato nei cantieri del Collinare, del Sile e
del Tagliamento. Ancora una volta le mappature del Sile e del Collinare risultano
identiche e le riportiamo quindi in un’unica figura (Fig. 4.12); la rappresentazione
del processo descritto nel cantiere del Tagliamento, invece, appare più semplice e
lineare (Fig. 4.13).
106
Le fasi del progetto
Fig. 4.10 Processo di gestione della spesa mappato nei cantieri del Collinare e del Sile
Fig. 4.11 Processo di gestione della spesa mappato nel cantiere del Tagliamento
107
Capitolo 4
Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto
esclusivamente nel cantiere del Sile, come rappresentato in Fig. 4.14.
Fig. 4.12 Processo di gestione fiscale mappato nel cantiere del Sile
4.4 Confronto tra i processi mappati nei diversi cantieri
Dopo aver descritto e rappresentato graficamente nei vari cantieri le attività che
dovrebbero essere svolte una volta che la gestione del Servizio finanziario sarà
ufficialmente di competenza delle Unioni, il successivo obiettivo del progetto è
quello di fare sintesi ed uniformare quanto elaborato nei cantieri così da identificare e
descrivere dei processi standard, da fornire a tutto il territorio assieme ad una
documentazione univoca a cui poter fare riferimento per la gestione del Servizio in
forma associata.
Per raggiungere tale obiettivo è stato attivato un passaggio intermedio, consistente in
un confronto diretto tra i processi mappati nei diversi cantieri, ed in particolare tra le
attività e gli attori in essi coinvolti, al fine di individuare le principali differenze ed
analogie e capire quali siano le attività da considerare non a valore aggiunto per il
processo. In quest’ottica, i processi mappati nei diversi cantieri costituiscono un
importante input per la successiva fase di standardizzazione; infatti, da una loro
diretta comparazione è possibile ottenere diversi spunti di riflessione su quali siano le
modalità più corrette di procedere, evitando di dover partire da zero nel definire un
processo standard di riferimento che possa essere adottato in tutte le realtà territoriali.
L’analisi delle differenze e delle analogie tra processi non ha coinvolto direttamente
il personale degli Enti locali, ma è stata il risultato di una rielaborazione da parte di
ComPA FVG di tutta la documentazione ottenuta fino a questo punto nei diversi
cantieri.
Per ogni processo oggetto di analisi, sono state elaborate due tabelle comparative: la
prima individua, per ogni cantiere, quali attori sono stati coinvolti nel processo,
mentre la seconda riporta le differenze tra le attività mappate.
Il primo processo oggetto di analisi è quello del bilancio. La Tab. 4.3 mostra le
principali differenze tra i processi mappati nei vari cantieri in termini di attori
108
Le fasi del progetto
coinvolti, riportando sull’asse delle ascisse i nomi dei cantieri in cui è stata attivata la
fase di mappatura dei processi, e sull’asse delle ordinate tutti gli attori in esse citati.
Nelle caselle interne, un “sì” indica che nella mappatura di un determinato cantiere è
stata coinvolta una certa figura; un “no”, che quel cantiere non ha attribuito alcuna
attività del processo a quel soggetto.
NO
NO
NO
SÌ
NO
L. Amministratori
NO
NO
NO
NO
SÌ
NO
NO
I. Sindaci
NO
NO
SÌ
SÌ
NO
NO
NO
H. Direttore Generale UTI
NO
NO
SÌ
SÌ
NO
NO
NO
G. Segretari Comunali
NO
NO
SÌ
SÌ
NO
SÌ
SÌ
F. Uffici UTI/comunali
SÌ
SÌ
NO
NO
NO
SÌ
SÌ
E. Regione/Stato
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
NO
SÌ
D. Consigli Comunali
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
C. Ufficio Servizi finanziari
UTI
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
B. Revisori
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
SÌ
A. Assemblea dei Sindaci/
Giunta Comunale
Sile
Dolomiti
friulane
Collinare
Torre
Tagliamento
Bassa
Friulana
orientale
Bassa
Friulana
occidentale
Tab. 4.3 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di bilancio
109
Capitolo 4
Osservando la Tab. 4.3 si nota che i cantieri delle Dolomiti friulane, del Sile e del
Collinare presentano esattamente gli stessi attori coinvolti (Assemblea dei
Sindaci/Giunta Comunale (A), Revisori (B), Ufficio Servizi finanziari UTI (C),
Consigli Comunali (D), Regione/Stato (E) ed Uffici UTI/Comunali (F)), mentre il
processo mappato nel cantiere del Torre si discosta di poco dai precedenti,
coinvolgendo in più gli Amministratori (L) e non attribuendo alcuna attività ai
Consigli Comunali.
Il processo del cantiere Tagliamento rende partecipi anche i Sindaci (I), che hanno il
compito di trasmettere i bilanci Comunali, ma non coinvolge gli attori Regione/Stato
(E) e Uffici UTI/Comunali (F).
Infine, gli attori implicati nei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale
sono esattamente gli stessi e risultano più numerosi rispetto a quelli riportati dai
precedenti cantieri. Questo è dovuto al fatto che in questi ultimi due territori il
livello di dettaglio utilizzato nella mappatura dei flussi di processo è stato più elevato
rispetto agli altri.
Si può inoltre notare che soltanto tre attori sui dieci totali sono stati considerati in
tutti i cantieri analizzati, ovvero Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, Revisori e
Ufficio Servizi Finanziari UTI. I Consigli Comunali e gli Uffici UTI/Comunali sono
comunque presenti nella quasi totalità dei processi rappresentati.
La seconda parte dell’analisi comparata ha riguardato, come già accennato, il
confronto tra le varie attività inserite all’interno del processo nei diversi cantieri. È
stato necessario prima di tutto elaborare un elenco che contenesse, in ordine più o
meno cronologico, le principali attività coinvolte nei diversi flussi mappati:
1.
2.
3.
4.
5.
Raccolta ed elaborazione dei dati utili per redigere il bilancio;
Quadratura tra risorse disponibili e richieste;
Redazione di una prima bozza di bilancio;
Armonizzazione con i bilanci comunali;
Attività di verifica: approvazione dello schema di bilancio e successiva
revisione/riprogrammazione se non approvato;
6. Emissione del parere sullo schema di bilancio;
7. Presentazione di emendamenti allo schema di bilancio;
8. Emissione del parere tecnico sugli emendamenti;
9. Modifica del bilancio sulla base degli emendamenti;
10. Approvazione bilancio + emendamenti;
11. Completamento dello schema di bilancio comunale sulla base del bilancio
UTI;
12. Comunicazioni obbligatorie;
13. Redazione e approvazione del piano performance/PEG comunale/UTI;
14. Assegnazione bilancio.
110
Le fasi del progetto
Analogamente al confronto sugli attori coinvolti, in Tab. 4.4 sono riportate, per ogni
cantiere, quali attività fanno parte del processo di bilancio mappato e quali attori
devono dovrebbero svolgerle.
Tab. 4.4 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di bilancio
Dolomiti
friulane
Sile
Collinare
Torre
Tagliamento
Bassa
Friulana
orientale
Bassa
Friulana
occidentale
1
C
C
C
C
C
C
C
2
-
-
-
C
-
-
-
3
C
C
C
C
C
C
C
4
-
-
-
-
C
C
C
5
A+C
A+C
A+C
A
-
A+C
A+C
6
B
B
B
B
B
B
B
7
D+B
D+B
D
D
D
D
D
8
-
-
-
-
-
C
C
9
C
C
C
C
-
-
-
10
A+D
A+D
A+D
A+D
A
A+D
A+D
11
-
-
-
-
-
C
C
12
C
C
C
C
-
C
C
13
-
-
-
-
-
G+H
G+H
14
C
C
C
L
-
C
C
Osservando la tabella, si può notare che i flussi mappati nei diversi cantieri sono in
generale molto simili per quanto riguarda le attività coinvolte.
In particolare, i flussi di attività dei cantieri delle Dolomiti friulane e del Sile sono
esattamente identici tra loro, e lo stesso vale per il Collinare, il cui processo di
bilancio prevede però che la presentazione di emendamenti al bilancio possa
avvenire solamente da parte dei Consigli Comunali, e non dai revisori.
111
Capitolo 4
Il processo del cantiere del Torre aggiunge invece l’attività di quadratura tra risorse
disponibili e richieste, mentre i restanti tre cantieri differiscono in maggior misura
dai precedenti.
Il flusso del cantiere Tagliamento coinvolge un numero inferiore di attività, non
considerando quelle conseguenti all’approvazione del bilancio. Inoltre, non è stata
rappresentata alcuna verifica della correttezza dello schema di bilancio prima della
sua approvazione.
I flussi dei cantieri della Bassa Friulana orientale ed occidentale risultano
esattamente identici tra loro e coinvolgono un numero di attività maggiore rispetto ai
precedenti. In particolare, sono state differenziate e successivamente collegate tra
loro le attività appartenenti al processo di redazione dei bilanci comunali e quelle
relative alla redazione del bilancio dell’Unione, in modo da avere una visione più
chiara di come i bilanci comunali influenzino il bilancio dell’UTI e viceversa.
Per quanto riguarda il processo di “gestione delle entrate” incluso nel macro processo
di ciclo attivo, le due tabelle seguenti sintetizzano le principali differenze riscontrate
nella sua rappresentazione da parte dei vari cantieri.
Si può notare che anche in questo caso la rappresentazione del processo da parte dei
cantieri del Sile e del Collinare è esattamente uguale, sia in termini di attori coinvolti,
sia per quanto riguarda le attività e le responsabilità su di esse.
Il cantiere del Torre, invece, fa iniziare il processo con l’attività di apposizione del
visto di regolarità contabile, e introduce alla fine l’attività di verifica di imputazione
del sospeso, entrambe assenti nelle altre descrizioni. Nel Torre sono però state
omesse le attività di pagamento, riscossione e verifica delle riscossioni, precedenti a
quella di incasso da parte della tesoreria e dei vari agenti contabili.
Tab. 4.5 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione
delle entrate
Collinare
Sile
Torre
Uffici responsabili
SÌ
Entrate
SÌ
SÌ
Ufficio Servizi
finanziari UTI
SÌ
SÌ
SÌ
Tesoreria
SÌ
SÌ
SÌ
Soggetto pagante
SÌ
SÌ
NO
Ufficio riscossioni
coattive
SÌ
SÌ
NO
Posta/Agenti
contabili
NO
NO
SÌ
112
Le fasi del progetto
Elenchiamo e numeriamo le 15 principali attività individuate nel processo di gestione
delle entrate, che sono state riportate in Tab. 4.6 per l’analisi delle attività:
1. Apposizione del visto di regolarità contabile;
2. Registrazione contabile dell’accertamento;
3. Verifica del numero di accertamento;
4. Pagamento;
5. Riscossione;
6. Verifica delle riscossioni;
7. Riconciliazione delle riscossioni e degli accertamenti;
8. Riscossione coattiva;
9. Incasso;
10. Emissione eventuale fattura e relativa registrazione fiscale;
11. Verifica di imputazione del sospeso;
12. Emissione della reversale di incasso.
Tab. 4.6 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione
delle entrate
Collinare
Sile
Torre
1
-
-
Ufficio Servizi finanziari UTI
2
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi finanziari UTI
3
Uffici responsabili
Entrate
Uffici responsabili
Entrate
-
4
Soggetto pagante
Soggetto pagante
-
5
Tesoreria
Tesoreria
-
6
Uffici responsabili
Entrate
Uffici responsabili
Entrate
-
7
Uffici responsabili
Entrate
Uffici responsabili
Entrate
-
8
Ufficio riscossioni
coattive
Ufficio riscossioni
coattive
-
9
-
-
Tesoreria/Poste/Agenti
Contabili
10
-
-
Ufficio Servizi finanziari UTI
11
-
-
Ufficio Servizi finanziari UTI
+ uffici responsabili Entrate
12
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi finanziari UTI
113
Capitolo 4
In Tab. 4.7 e 4.8 sono illustrati i confronti tra gli attori e le attività coinvolte nel
processo di gestione della spesa, appartenente al macro processo di ciclo passivo.
Anche in questo caso, le mappature dei cantieri del Collinare e del Sile sono
identiche, mentre la descrizione del processo da parte del cantiere del Torre è stata
effettuata ad un livello di dettaglio minore; infatti, essa ha considerato tra gli attori
coinvolti nel processo, soltanto gli uffici responsabili della spesa dei Comuni e
dell’Unione, ivi compreso l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI.
Tab. 4.7 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di gestione
della spesa
Collinare
Sile
Torre
Uffici responsabili
Uscite
SÌ
SÌ
SÌ
Ufficio Servizi
finanziari UTI
SÌ
SÌ
SÌ
Segreteria
UTI/comunale
SÌ
SÌ
NO
Ufficio protocollo
UTI/comunale
SÌ
SÌ
NO
Fornitore
SÌ
SÌ
NO
Il seguente elenco sintetizza le principali attività coinvolte nel processo di gestione
della spesa da parte delle UTI:
1. Emissione della determina di impegno;
2. Verifica di regolarità contabile e copertura finanziaria;
3. Registrazione contabile dell’impegno di spesa;
4. Pubblicazione;
5. Effettuazione della spesa;
6. Trasmissione della fattura elettronica;
7. Verifica di correttezza della fattura;
8. Registrazione della fattura;
9. Emissione dell’atto di liquidazione;
10. Emissione del mandato di pagamento
11. Gestione dello split payment;
12. Registrazione sulla piattaforma crediti.
Dal confronto riportato in Tab. 4.8 si nota ancora una volta il minor livello di
dettaglio adottato dal cantiere del Torre nella descrizione del processo; infatti, alcune
attività, tra cui l’effettuazione della spesa da parte degli uffici responsabili delle
uscite, non sono state considerate nella rappresentazione grafica del processo.
114
Le fasi del progetto
Tab. 4.8 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di gestione
della spesa
Collinare
Sile
Torre
1
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
2
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
3
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
4
Segreteria
UTI/comunale
Segreteria
UTI/comunale
-
5
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
-
6
Fornitore e ufficio
protocollo
Fornitore e ufficio
protocollo
-
7
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
8
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
9
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
Uffici responsabili
Uscite
10
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Uffici responsabili
Uscite
11
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
-
12
Ufficio Servizi
finanziari UTI
Ufficio Servizi
finanziari UTI
-
Le ultime due tabelle di questo paragrafo si riferiscono al processo di
rendicontazione descritto nei cantieri del Sile e del Tagliamento.
Il confronto riportato in Tab. 4.9 rivela che per quanto riguarda i soggetti coinvolti in
questo processo, i due cantieri hanno considerato esattamente lo stesso insieme di
attori. Per quanto riguarda le attività svolte nel processo, esse sono sintetizzate nel
seguente elenco:
1.
2.
3.
4.
5.
Raccolta dati provenienti da altri uffici;
Verifica e correzione di accertamenti ed impegni di competenza;
Riaccertamento ordinario dei residui;
Redazione dello schema di rendiconto ed allegati;
Approvazione dello schema di rendiconto da parte dell’Assemblea dei
Sindaci/Giunta Comunale;
115
Capitolo 4
6. Emissione del parere su schema di rendiconto ed allegati;
7. Approvazione definitiva del rendiconto;
8. Comunicazioni obbligatorie.
Osservando la Tab. 4.10 si nota che i due cantieri hanno considerato in generale le
stesse attività nel flusso di rendicontazione mappato. Vi è però una differenza
importante che riguarda l’attività di approvazione del rendiconto. Infatti, mentre il
primo cantiere considera sia il rendiconto dei Comuni che quello dell’UTI,
coinvolgendo quindi nella loro approvazione sia i Consigli Comunali che
l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, il secondo affida invece questo compito
ai soli Consigli Comunali, senza considerare la rendicontazione per la stessa UTI.
Tab. 4.9 Confronto tra gli attori coinvolti nelle rappresentazioni del processo di
rendicontazione
Sile
Tagliamento
Ufficio Servizi finanziari
UTI
SÌ
SÌ
Assemblea dei Sindaci/
Giunta Comunale
SÌ
SÌ
Altri uffici
UTI/comunali
SÌ
SÌ
Consigli Comunali
SÌ
SÌ
Revisori
SÌ
SÌ
Tab. 4.10 Confronto tra le attività coinvolte nelle rappresentazioni del processo di
rendicontazione
Sile
Tagliamento
1
Ufficio Servizi finanziari UTI
Ufficio Servizi finanziari UTI
2
-
Ufficio Servizi finanziari UTI
3
-
Ufficio Servizi finanziari UTI
4
Ufficio Servizi finanziari UTI
Ufficio Servizi finanziari UTI +
uffici comunali
5
Assemblea dei Sindaci/Giunta
Comunale
Assemblea dei Sindaci/Giunta
Comunale
6
Revisori
Revisori
7
Assemblea dei Sindaci/Giunta
Comunale (UTI); Consigli
Comunali (Comuni)
Consigli Comunali (Comuni)
8
Ufficio Servizi finanziari UTI
-
116
Le fasi del progetto
Per quanto riguarda il processo di “gestione fiscale”, esso è stato descritto e
rappresentato graficamente solo nel cantiere del Sile, come mostrato nel paragrafo
precedente. Per questo motivo non è stato possibile realizzare per tale processo una
comparazione analoga a quella eseguita ed illustrata per gli altri quattro processi.
Nella successiva fase del progetto, quindi, il centro di competenza ha costruito e
standardizzato il processo di “gestione fiscale” facendo riferimento alla sola
rappresentazione effettuata nel cantiere del Sile, oltre ovviamente alle proprie
competenze ed esperienze personali.
4.5 Semplificazione e standardizzazione dei processi
La quinta fase del progetto può essere considerata anche la più importante per la
presente tesi, essendo quella che contribuisce in modo più evidente al
raggiungimento delle finalità e degli obiettivi che ci siamo posti. In questa fase,
infatti, i processi precedentemente descritti e mappati separatamente nei vari cantieri
sono stati visionati ed ulteriormente confrontati da parte del team58 di esperti che
forma il centro di competenza contabile, al fine di formulare una loro
sistematizzazione, che ha consentito di identificarne una rappresentazione unica che
potrà fungere da linea guida per la gestione del Servizio finanziario e contabile in
tutte le Unioni costituite sul territorio regionale.
Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso una serie di incontri con i soggetti
appartenenti al centro di competenza, che hanno potuto innanzitutto prendere visione
del lavoro svolto fino a quel punto da ComPA FVG nei diversi cantieri. Durante
questi incontri il confronto e la discussione hanno consentito di distinguere nei
diversi processi le attività a valore aggiunto da quelle derivanti da prassi e procedure
interne ai singoli Enti, e di riflettere sulle esigenze derivanti dal nuovo assetto
territoriale. Il centro di competenza è così riuscito a semplificare notevolmente i
processi precedentemente descritti nei cantieri e ad elaborare delle rappresentazioni
di sintesi.
Anche in questa fase non sono mancate opinioni divergenti riguardo ad uno stesso
processo o attività, ma il lavoro di gruppo è servito proprio a far emergere diversi
punti di vista, che hanno offerto continui spunti di riflessione sul processo analizzato
ed hanno consentito di sviscerare alcuni passaggi critici e di identificare una
soluzione condivisa da proporre come “standard”.
I dubbi e le incertezze emersi durante gli incontri sono stati chiariti generalmente
grazie al confronto diretto e alla naturale condivisione di idee da parte dei
58
Il gruppo di lavoro è composto da 6 funzionari pubblici, provenienti da diversi Enti locali, che
mettendo a disposizione le proprie competenze e servendosi del lavoro svolto nei diversi cantieri
territoriali, sono riusciti a delineare l’assetto della futura funzione finanziaria dell’Unione, definendo
una volta per tutte il modus operandi di riferimento per le nascenti UTI.
117
Capitolo 4
partecipanti, ma nei casi più critici è stato necessario ricorrere alla consultazione dei
documenti normativi a disposizione.
Alla fine si è giunti ad una descrizione unanime dei processi analizzati, e di
conseguenza ad una loro rappresentazione ufficiale e definitiva per mezzo dello
standard BPMN, il tutto sotto il coordinamento di ComPA FVG.
In queste pagine riportiamo i risultati concreti di questa fase di semplificazione e
standardizzazione dei processi, ovvero le rappresentazioni grafiche dei cinque
processi esaminati, ottenute utilizzando lo strumento Bizagi. Per ogni
rappresentazione grafica ci sarà, inoltre, una breve descrizione a parole di quanto
illustrato, sottolineando la grande leggibilità di questo strumento, che da una rapida
osservazione del flusso permette immediatamente di capire “chi fa che cosa” e
“quando”. Per rendere più agevole la comprensione dei flussi che descrivono il
“processo produttivo” di questa funzione dell’UTI, è opportuno ricordare quanto
accennato nel capitolo precedente circa la disciplina normativa. La lr 26/2014
prevede infatti che le funzioni di cui all’art. 27 in cui rientra quella di Servizi
finanziari, siano gestite “in avvalimento” attraverso l’UTI. Ciò comporta che il
servizio finanziario dell’UTI debba svolgere contemporaneamente tutte le attività
della funzione finanziaria per conto di ciascun Comune e dell’UTI. Ciò significa che
esso dovrà interfacciarsi da un lato con le Giunte Comunali e dall’altro con
l’Assemblea dell’UTI. Nel contempo è necessario che vi sia una forte
interconnessione fra movimenti e documenti economico-finanziari di tutti gli Enti
che costituiscono l’Unione e dell’UTI stessa, dovendo quest’ultima gestire attività e
funzioni per i primi. Pertanto, la gestione del Servizio finanziario dovrà essere
organizzata con un doppio binario, prevedendo momenti di interscambio.
Uno dei processi in cui questa situazione è immediatamente visibile è quello di
redazione del Bilancio di previsione, la cui rappresentazione dopo la
standardizzazione è illustrata in Fig. 4.15.
Come si può notare, il grafico comprende sia la redazione del bilancio di previsione
dei Comuni aderenti all’Unione sia quella relativa all’Unione stessa. Procedendo
dall’alto verso il basso, gli attori coinvolti nel processo sono: gli Amministratori, i
Consigli Comunali, gli uffici UTI/comunali, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI e la
Giunta Comunale/Assemblea dei Sindaci. Vi sono inoltre altri due soggetti, revisori e
Regione/Stato, che essendo esterni all’Ente sono stati posti in una pool diversa da
quella contenente il processo in esame. In totale, comunque, sono presenti solo 7 dei
10 attori individuati nella precedente fase del progetto, il ché fornisce già una prima
indicazione della semplificazione effettuata.
118
Le fasi del progetto
Fig. 4.13 Processo definitivo di redazione del bilancio di previsione (UTI e Comuni)
119
Capitolo 4
La prima parte del processo è esattamente identica per i due tipi di bilancio
(comunale e dell’Unione) e prende avvio dalla redazione, sulla base delle linee
programmatiche provenienti degli amministratori (Giunta per i Comuni ed
Assemblea per l’UTI), di un budget previsionale da parte di ogni singolo ufficio
dell’Ente. L’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, dopo aver ricevuto eventuali linee
programmatiche da parte della Regione e/o dello Stato, opera una sintesi dei dati utili
per redigere il bilancio, a cui fa seguire la quadratura tra le risorse richieste e quelle
disponibili. Se la quadratura viene raggiunta, la Giunta Comunale/Assemblea dei
Sindaci può approvare le bozze di bilancio, sulle quali i revisori contabili ed i
Consigli Comunali esprimono successivamente il proprio parere; altrimenti, viene
richiesto ad amministratori ed uffici UTI/comunali di riformulare i propri obiettivi e
budget previsionali, finché la quadratura non sarà raggiunta. Una volta espresso il
parere da parte dei Consigli Comunali sulle bozze di bilancio, i percorsi dei due tipi
di bilancio si dividono. Per quanto riguarda il bilancio dell’UTI, se i Consigli
Comunali non hanno presentato emendamenti o gli emendamenti sono stati recepiti,
il bilancio UTI viene definitivamente approvato dall’Assemblea dei Sindaci;
altrimenti, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI ed i revisori contabili esprimono il
proprio parere sugli emendamenti, prima che l’Assemblea dei Sindaci proceda
all’approvazione finale del bilancio.
La stessa cosa vale per i bilanci comunali, che devono però essere approvati in via
definitiva dagli stessi Consigli Comunali e non dall’Assemblea dei Sindaci
dell’Unione. Dopo l’attività di approvazione i due percorsi si riallineano nuovamente
con l’approvazione della ripartizione in macroaggregati e capitoli, le comunicazioni
ufficiali e l’assegnazione del bilancio, che chiude il processo.
120
Le fasi del progetto
Il processo di ciclo attivo o “gestione delle entrate” è invece rappresentato nel
seguente grafico.
Fig. 4.14 Processo definitivo di ciclo attivo
121
Capitolo 4
In questo caso, gli attori coinvolti nel processo sono la tesoreria, il soggetto pagante,
l’amministrazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI, l’ufficio responsabile delle
entrate ed Equitalia (o altro ente di recupero crediti). Il flusso di attività inizia con
l’approvazione del PEG e l’assegnazione del budget di entrata da parte
dell’amministrazione. Successivamente, l’ufficio responsabile delle entrate redige la
determina di accertamento sulla quale l’ufficio finanziario dell’UTI (di seguito
chiamato anche “Ragioneria”) ha il compito di effettuare il controllo di regolarità. Se
la regolarità è confermata, la determina viene registrata, mentre in caso contrario essa
dev’essere modificata dall’ufficio responsabile delle entrate, fino alla conferma della
sua regolarità. Dopo la registrazione contabile della determina, il processo può
proseguire verso due strade alternative a seconda del tipo di entrata: se si tratta di un
pagamento non automatico, infatti, la Ragioneria deve inviare al soggetto pagante
una richiesta di pagamento; a questo punto, una volta effettuato il pagamento la
tesoreria può incassare l’importo. Seguono l’emissione della reversale d’incasso da
parte della Ragioneria e la sua trasmissione alla tesoreria per la regolarizzazione.
Parallelamente, l’ufficio responsabile delle entrate verifica l’effettiva riscossione
degli accertamenti: nel caso l’esigibilità sia confermata, la Ragioneria procede con la
registrazione contabile dell’incasso; in caso contrario l’ufficio competente
dell’entrate può attivare il recupero crediti in modo “bonario”, cioè ripetendo la
richiesta di pagamento al soggetto debitore fino a quando l’esigibilità non è
confermata, oppure in maniera “coattiva”, affidando ad Equitalia o ad un altro ente di
riscossione crediti il compito di riscuotere l’importo.
In Fig. 4.17 è rappresentato il processo di ciclo passivo o “gestione delle uscite”, che
coinvolge, simmetricamente rispetto al ciclo attivo appena descritto, la tesoreria, il
fornitore, l’amministrazione e l’ufficio responsabile delle uscite.
Il processo inizia con l’assegnazione delle risorse finanziarie ai responsabili dei
servizi da parte dell’amministrazione; dopodiché, se l’affidamento è indiretto,
l’ufficio responsabile delle uscite emana la determina a contrarre attivando la
procedura di gara, altrimenti, se l’affidamento è diretto non è necessario indire
alcuna gara: l’ufficio responsabile adotta direttamente la determina di affidamento ed
assume l’impegno di spesa.
A questo punto la Ragioneria UTI ha il compito di registrare l’impegno di spesa
dopo aver verificato la regolarità contabile di tale impegno; qualora invece la
regolarità non sia confermata, il processo non può continuare. Una volta apposto il
visto di regolarità contabile, l’ufficio competente per le uscite può formalizzare il
contratto con il fornitore del prodotto o servizio, e dovrà poi controllare che il
contratto venga eseguito correttamente, affinchè il fornitore possa emettere la fattura.
Il fornitore che non si attenga a quanto previsto dal contratto riceverà una
contestazione da parte dell’Ente e non potrà emettere la fattura finché la prestazione
non sarà eseguita correttamente. L’ufficio competente entrate dovrà inoltre verificare
la regolarità della fattura presentata dal fornitore e respingerla con motivazione
122
Le fasi del progetto
qualora non risulti regolare. Se la fattura è regolare, l’ufficio competente entrate
procede alla sua liquidazione e la Ragioneria ne verifica la regolarità contabile. Se la
regolarità è confermata, la fattura viene registrata contabilmente e viene trasmesso il
mandato di pagamento con o senza split payment alla tesoreria, la quale procede al
pagamento della prestazione al fornitore per conto dell’Ente.
Fig. 4.15 Processo definitivo di ciclo passivo
123
Capitolo 4
Il seguente grafico riporta il flusso di attività del processo redazione del rendiconto
dell’UTI e dei Comuni.
Fig. 4.16 Processo di redazione del rendiconto (UTI e Comuni)
Gli attori coinvolti nel processo di rendicontazione sono l’ufficio Servizi finanziari
dell’UTI, gli uffici UTI/comunali, l’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale, i
Consigli Comunali ed i revisori. La parte iniziale del flusso non cambia in funzione
del tipo di rendiconto considerato (UTI o comunale) e prende avvio con le operazioni
di riaccertamento ordinario dei residui da parte degli uffici UTI/comunali. I dati
risultanti da queste operazioni vengono elaborati dall’ufficio Servizi finanziari
dell’UTI per redigere una proposta di determina. La proposta di riaccertamento viene
inviata ai revisori che esprimono un parere al riguardo, per essere poi approvata
dall’Assemblea dei Sindaci/Giunta Comunale. A questo punto la Ragioneria
raccoglie presso gli altri uffici UTI/Comunali le informazioni necessarie per redigere
124
Le fasi del progetto
il rendiconto, e dopo la redazione il processo si divide: se si sta considerando il
rendiconto dei Comuni, la Giunta Comunale deve approvare la relazione illustrativa
e lo schema di rendiconto, sul quale i revisori formuleranno il proprio parere, prima
che il rendiconto dei Comuni venga approvato dai Consigli Comunali; se invece si
stratta del rendiconto dell’UTI, il relativo schema di rendiconto dev’essere approvato
dall’Assemblea dei Sindaci che, prima di approvare il rendiconto in via definitiva,
chiedono il parere sullo schema ai revisori. All’approvazione definitiva del
rendiconto, sia esso comunali e dell’Unione, seguono le comunicazioni obbligatorie,
in cui dev’essere compresa la certificazione di bilancio.
Riportiamo infine la rappresentazione standardizzata del processo di gestione fiscale,
che appare più semplice rispetto ai processi fin qui analizzati, se si considerano il
numero di attori coinvolti e le interazioni tra di essi; infatti, i soggetti che
contribuiscono alla gestione fiscale all’interno dell’Unione sono solamente tre:
l’ufficio Servizi finanziari, gli uffici UTI/comunali e la tesoreria. Il centro di
competenza contabile ha però individuato due diversi processi appartenenti al macro
processo di gestione fiscale: uno in cui l’ente agisce come soggetto d’imposta, e
l’altro in cui rappresenta il sostituto d’imposta.
Il processo di gestione fiscale come soggetto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.19,
dove vediamo che le attività possono avviarsi in due modi alternativi: se non c’è
rilevanza fiscale, gli uffici comunali/UTI liquidano la fattura senza rilevanza fiscale e
il processo continua come ciclo attivo o passivo; altrimenti, gli uffici devono
trasmettere alla Ragioneria informazioni sul documento attivo o passivo in questione
ed effettuare la liquidazione con rilevanza fiscale. A questo punto, l’ufficio Servizi
finanziari dell’UTI effettua le registrazioni fiscali, elabora i dati ai fini delle
liquidazioni periodiche ed effettua il versamento all’Agenzia delle Entrate tramite
F24 telematico. Al versamento segue il pagamento dei tributi da parte della tesoreria,
dopo il quale la Ragioneria procede con i controlli e le eventuali denunce e può
infine trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate.
Il processo di gestione fiscale come sostituto d’imposta è rappresentato in Fig. 4.20,
dove si vede che le attività hanno inizio con la determinazione dei presupposti
impositivi e dell’imposta da parte degli uffici UTI/comunali, a cui segue l’azione di
liquidazione. Dopo la liquidazione, l’ufficio Servizi finanziari dell’UTI si occupa di
effettuare le ritenute fiscali e, successivamente , di emettere il mandato di pagamento
al creditore. Contemporaneamente lo stesso ufficio elabora i dati ai fini delle
liquidazioni periodiche ed effettua il versamento tramite F24 all’Agenzia delle
Entrate. Come nel caso del soggetto d’imposta, una volta che la tesoreria avrà pagato
i tributi, la Ragioneria procederà con i controlli e le eventuali denunce e potrà infine
trasmettere le dichiarazioni annuali all’Agenzia delle Entrate. Il processo termina
quando la tesoreria ha effettuato anche il pagamento al creditore.
125
Capitolo 4
Fig. 4.17 Processo definitivo di gestione fiscale (soggetto d'imposta)
Fig. 4.18 Processo definitivo di gestione fiscale (sostituto d'imposta)
126
Le fasi del progetto
4.6 Redazione dei regolamenti
Scopo del progetto nextPA, si è detto essere quello di accompagnare la Pubblica
Amministrazione locale nel processo di riordino degli enti territoriali della Regione,
favorendo una crescita delle professionalità ma anche dotando gli Enti di strumenti e
metodologie utili per affrontare i cambiamenti e gestire il nuovo assetto
organizzativo. Uno degli strumenti che la PA considera basilari per la gestione dei
propri Servizi è il Regolamento. ComPA ha quindi ritenuto fondamentale realizzare
attraverso il centro di competenza anche questa attività. L’elemento innovativo, però,
è stato quello di procedere alla stesura del regolamento partendo dai flussi descrittivi
dei processi. Dopo aver semplificato e standardizzato i processi associati alla
gestione del Servizio finanziario delle Unioni, ottenendo così le loro rappresentazioni
grafiche definitive, si è proceduto infatti ad elaborare, insieme al centro di
competenza contabile, il regolamento che disciplina la gestione di tale funzione. I
regolamenti, insieme alle rappresentazioni grafiche dei processi, costituiscono la
road map di cui i funzionari pubblici potranno servirsi per operare all’interno delle
Unioni.
Al centro di competenza contabile è stato chiesto innanzitutto di individuare gli
argomenti che necessitavano di essere disciplinati per mezzo di un regolamento,
evitando quindi di riportare al suo interno interi passaggi già disciplinati da testi
normativi come si riscontra frequentemente nella maggior parte dei Regolamenti
comunali, redatti con approccio burocratico piuttosto che organizzativo. È stato
stilato il seguente indice, in cui gli stessi argomenti sono stati raggruppati in base al
macro processo di appartenenza:
•
•
•
•
•
Ciclo della programmazione
- Approvazione del bilancio
- Approvazione del DUP
- Approvazione del PEG
- Variazioni della programmazione
Ciclo della gestione
- Ciclo attivo
- Ciclo passivo
- Gestione fiscale
- Controlli interni
- Variazioni della gestione
Ciclo della rendicontazione
- Revisione ordinaria dei residui
- Rendicontazione
Revisione economico-finanziaria
Tesoreria
127
Capitolo 4
Il lavoro di stesura dei regolamenti si è svolto essenzialmente in due fasi: nella prima
fase, ogni partecipante del centro di competenza si è focalizzato su un diverso
processo, elaborando una prima bozza della parte di regolamento relativa a quel
processo sulla base delle proprie personali conoscenze e dei riferimenti di carattere
normativo e statutario a disposizione. Essendo sei i soggetti coinvolti nel centro di
competenza, sei sono state le parti di regolamento finora elaborate: approvazione del
bilancio, ciclo attivo, ciclo passivo, gestione fiscale, rendicontazione e variazioni
della gestione, cinque delle quali coincidono con i processi precedentemente
analizzati.
Nella seconda fase, che è stata finora portata a termine solo per due delle sei parti
sopracitate, le bozze sono state condivise e discusse con l’intero centro di
competenza contabile, ricorrendo anche alla consultazione delle mappature ufficiali
al fine di chiarire eventuali dubbi emersi durante la redazione delle bozze e di
elaborarne la versione definitiva.
È fondamentale che il regolamento disciplinante un processo sia coerente con quanto
mappato nella sua rappresentazione grafica, in quanto mappatura e parte descrittiva
dovranno essere considerati due documenti complementari, che insieme devono
riuscire a dare una visione chiara ed esauriente di come gestire il Servizio e la
funzione.
In particolare, mentre la mappatura chiarisce la sequenza delle attività da svolgere e
le responsabilità dei soggetti coinvolti per ognuna di esse, le descrizioni disciplinano
il modo in cui tali attività devono essere svolte, evidenziandone i termini entro i quali
possono iniziare e devono essere completate, ed elencando i documenti i documenti
che è necessario elaborare.
In questo paragrafo riportiamo il testo dei due regolamenti finora stilati, ovvero
quelli del ciclo passivo e della rendicontazione. In “grassetto” sono stati evidenziati i
vincoli di tipo temporale determinati dal centro di competenza in fase di stesura del
regolamento. Si può notare che quanto disciplinato va di pari passo con la
descrizione dei processi in termini di flusso avvenuta nella fase precedente, il ché
indica che il vincolo di coerenza tra i due documenti è stato rispettato, cosa tra l’altro
abbastanza ovvia dal momento che, come già accennato, le mappature dei processi
sono state punto di partenza e oggetto di continua consultazione
per il
completamento delle parti descrittive. Le rappresentazioni grafiche dei processi con
Bizagi possono quindi essere considerate, oltre che dei risultati operativi delle prime
fasi del progetto, anche degli strumenti di supporto alle fasi successive e parti
integranti del Regolamento del Servizio.
Presentiamo di seguito la parte di Regolamento relativa al ciclo passivo, che è
costituita da sei diversi articoli. Il primo articolo “La gestione della spesa”, riporta
semplicemente le fasi attraverso le quali si sviluppa la gestione della spesa, ovvero
l’impegno di spesa, la liquidazione, l’ordinazione ed il pagamento.
128
Le fasi del progetto
Il secondo articolo disciplina la prima fase della gestione della spesa, l’impegno di
spesa, riportando quanto segue:
“Il Piano Esecutivo di Gestione e Sviluppo (PEG) assegna ai responsabili di Servizio
per ciascun centro di responsabilità primaria, gli obiettivi di gestione e le dotazioni
finanziarie, umane e strumentali necessarie al loro raggiungimento.
Il responsabile di Servizio è responsabile della gestione del procedimento
amministrativo di assunzione dell’atto di impegno, nonché della realizzazione
dell’intervento cui è finalizzata, della liquidazione e del pagamento.
La procedura prende avvio con la determina a contrarre. In tale fase il responsabile
del Servizio controlla la disponibilità delle risorse e le prenota. Le attività
proseguono con l’adozione della determina di impegno debitamente sottoscritta e
completa di tutti gli elementi richiesti dalla normativa in vigore e da disposizioni
interne; essa diventa esecutiva con l’apposizione del visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria da parte del responsabile del Servizio finanziario.
Tale visto deve essere apposto entro il giorno lavorativo successivo. Nel caso in
cui il visto di regolarità non possa essere apposto, il responsabile del Servizio
finanziario è tenuto a darne comunicazione in via informatica al responsabile del
Servizio proponente indicandone le ragioni ed eventualmente suggerendo possibili
rimedi affinchè adotti le misure necessarie ad apportare le dovute correzioni e/o
integrazioni. Ogni amministrazione quantificherà in base alla propria organizzazione
interna il massimo numero di giorni che potranno decorrere tra l’adozione della
determina a contrarre e l’apposizione del visto.
Con la stipula del contratto l’obbligazione giuridica viene perfezionata e l’importo
dell’impegno costituisce il vincolo all’ordinazione. Il direttore dell’esecuzione del
contratto monitora costantemente lo svolgimento del contratto e adotta
tempestivamente gli eventuali atti di variazione dell’importo contrattuale.
Nel caso la spesa sia finanziata da specifiche entrate, il procedimento di spesa dovrà
essere coordinato e sincronizzato con il procedimento di entrata e l’atto d’impegno
dovrà farvi specifico riferimento citando il relativo atto di accertamento.”
Il terzo articolo è intitolato “Registro delle fatture” e riporta quanto segue:
“La fattura è accettata o respinta dal responsabile della spesa, che nel secondo caso
ne darà comunicazione al fornitore. Il sistema informativo contabile assicura la
tenuta del registro delle fatture automaticamente con l’accettazione delle stesse.”
Il quarto articolo disciplina invece la seconda fase del processo di gestione della
spesa, cioè la sua liquidazione:
“La liquidazione è disposta dal Servizio cui compete l’esecuzione del provvedimento
di spesa nell’osservanza del principio contabile, entro 15 giorni dal ricevimento
della fattura. Con la liquidazione della spesa, il responsabile di Ufficio e Servizio
attesta che il credito del terzo è divenuto liquido ed esigibile per l’intervenuta
esecuzione e/o fornitura, anche parziale qualora contrattualmente previsto, dei beni,
lavori e/o servizi prefissati.
129
Capitolo 4
Il provvedimento di
liquidazione è immediatamente trasmesso al Servizio
finanziario, corredato di eventuali
documenti strettamente necessari per
l’ordinazione di pagamento. Il Servizio Finanziario, eseguito il controllo di regolarità
contabile, dispone l’ordinazione.
Nel caso in cui il Servizio Finanziario rilevi irregolarità contabile, la liquidazione
viene respinta al Servizio proponente, indicando le ragioni ed eventualmente
suggerendo possibili rimedi.”
Il quinto articolo tratta la fase di ordinazione:
“Il Servizio finanziario procede alle verifiche dei documenti entro tre giorni dal
ricevimento dell’atto di liquidazione e, qualora vengano valutati positivamente,
emette immediatamente il mandato di pagamento. In caso di esito negativo delle
verifiche il Servizio finanziario provvede all’ordinazione secondo le disposizioni di
legge.”
Il sesto ed ultimo articolo descrive infine la fase di pagamento come “il momento
conclusivo del processo di effettuazione della spesa, che si realizza con l’estinzione
da parte del Tesoriere dell’obbligazione verso il creditore.”
Per quanto riguarda, invece, la parte di regolamento che descrive il processo di
rendicontazione, essa è composta da cinque articoli.
Il primo articolo disciplina la redazione del verbale di chiusura da parte del
responsabile del Servizio finanziario:
“Entro il 20 gennaio di ogni anno, prima delle operazioni di riaccertamento
ordinario dei residui, il Responsabile del Servizio finanziario redige il verbale di
chiusura derivante dalle scritture registrate fino al 31 dicembre dell’anno precedente.
Il verbale di chiusura si conclude con un prospetto che evidenzia il risultato di
amministrazione presunto.”
Il secondo articolo tratta invece la fase di riaccertamento ordinario dei residui da
parte dei responsabili dei Servizi, che devono eseguirlo seguendo le disposizioni dei
principi contabili e della normativa vigente. Inoltre, stabilisce che “le segnalazioni
conseguenti al riaccertamento ordinario dei residui, da inviare al Servizio
finanziario entro il 15 febbraio, devono indicare e garantire, con piena assunzione di
responsabilità:
•
•
•
•
130
La corretta imputazione delle entrate e delle spese secondo il criterio di
esigibilità, eventualmente attraverso la richiesta delle necessarie variazioni di
bilancio;
La reimputazione delle spese non pagate entro il 31 dicembre dell’anno
precedente;
L’elenco dei residui attivi e passivi insussistenti con la relativa motivazione;
L’elenco dei residui attivi di difficile esazione (crediti che si stima non
verranno riscossi) o di quelli da eliminare perché di lieve entità, in quanto i
costi di riscossione sarebbero superiori al credito recuperato.
Le fasi del progetto
Il Servizio finanziario raccoglie la documentazione, esegue le conseguenti
registrazioni contabili e predispone entro il 1° marzo la proposta di deliberazione di
riaccertamento dei residui, che viene immediatamente trasmessa ai revisori i quali
dispongono di dieci giorni per la resa del parere di competenza.
La proposta di deliberazione, corredata di tutti gli allegati, è adottata dalla Giunta
entro il 15 marzo.
Il terzo articolo, riferendosi alle attività di chiusura dell’esercizio, dispone quanto
segue:
“I Responsabili dei Servizi, fermo restando il costante monitoraggio delle risorse loro
assegnate, predispongono:
•
•
•
Entro il 15 gennaio gli atti necessari all’aggiornamento degli inventari al 31
dicembre dell’anno precedente;
Entro il 15 febbraio la relazione finale di gestione riferita all’attività svolta
nell’anno precedente, utile anche ai fini della valutazione dei risultati, dalla
quale emergono:
- Gli obiettivi programmati e gli eventuali scostamenti fra gli stessi,
nonché i risultati conseguiti con opportuna motivazione;
- Le innovazioni poste in essere rispetto ai processi di lavoro ed alla
modalità di erogazione dei servizi;
- Le risorse utilizzate e quelle rimaste da utilizzare con l’indicazione
delle eventuali necessità di reimputazione agli esercizi successivi,
anche se si tratta di risorse confluite in avanzo di amministrazione;
- Eventuali riflessi patrimoniali dell’attività svolta, compreso l’elenco
dei crediti divenuti inesigibili.
Entro il 15 febbraio la rendicontazione dei contributi straordinari ricevuti e
gestiti, evidenziando le finalità perseguite, le somme spese e quelle da
spendere in caso di intervento realizzabile in più esercizi, curando altresì
l’adozione degli atti necessari alla reimputazione delle relative risorse.
Il Servizio finanziario, oltre a presentare la propria relazione finale, supporta i diversi
Servizi nella predisposizione degli atti di propria competenza.
Le relazioni finali sono utilizzate dall’organo esecutivo per la predisposizione della
relazione sulla gestione.”
Il quarto articolo disciplina il ruolo degli agenti contabili nel processo di
rendicontazione:
“Gli agenti contabili sono individuati con formale provvedimento dal Presidente
dell’UTI e sono di due categorie: gli agenti contabili interni sono l’economo e gli
eventuali addetti alla riscossione di particolari entrate incaricati con atto formale,
mentre gli agenti contabili esterni sono i concessionari per la riscossione dei tributi
ed i concessionari di particolari servizi affidati all’esterno. Sono, inoltre, agenti
contabili i consegnatari di quote e/o azioni di società partecipate dall’Ente.
131
Capitolo 4
Le somme riscosse dagli agenti contabili interni sono versate alla tesoreria con
periodicità trimestrale o, comunque, al raggiungimento dell’incasso massimo di
tremila euro, con redazione di distinte di versamento indicanti i dati per
l’imputazione contabile e trasmesse al Servizio finanziario.
Gli agenti contabili esterni versano il riscosso al tesoriere con periodicità prevista
dall’atto di concessione e/o dalla legge.
Tutti gli agenti contabili rendono il conto della gestione, entro i termini previsti dalla
legge, al responsabile del Servizio finanziario, che provvede:
•
•
•
Alla parificazione con le scritture contabili dell’Ente;
All’inserimento di tali conti fra gli allegati al rendiconto della gestione;
Al deposito dei conti presso la competente sezione della Corte dei conti.
Qualora i conti degli agenti contabili non siano riscontrati, anche parzialmente, il
responsabile del Servizio finanziario ne dà immediata informazione agli agenti
invitandoli a prendere cognizione delle motivazioni e di tutte le informazioni
necessarie. Gli agenti possono presentare per iscritto le proprie controdeduzioni nei
cinque giorni successivi. Trascorso tale termine il responsabile del Servizio
finanziario parifica il conto o, nell’impossibilità di procedere in tal senso, dà atto
delle risultanze di riscontro in apposito atto.”
Il quinto ed ultimo articolo tratta invece la fase di elaborazione del rendiconto:
“Sulla base delle relazioni finali di gestione dei responsabili dei Servizi e delle
operazioni di riaccertamento, il responsabile del Servizio finanziario elabora gli
schemi di conto del bilancio, di conto economico e di stato patrimoniale e gli altri
allegati obbligatori.
La suddetta documentazione, unitamente alla di proposta di delibera consiliare, è
trasmessa alla Giunta entro il 15 marzo. Tali atti, una volta adottati, sono
immediatamente trasmessi ai revisori dei conti per la resa del parere.
Tutta la documentazione prevista dalla normativa vigente è messa a disposizione dei
Consiglieri, in modalità telematica, venti giorni prima della data prevista per
l’approvazione.”
4.7 Introduzione di indicatori di performance
Durante la fase di redazione dei regolamenti, il centro di competenza contabile si è
più volte trovato a dover stabilire delle date entro le quali determinate attività
appartenenti al processo, come ad esempio la stesura e l’invio di documenti ad altri
uffici, devono essere svolte. Ciò ha fatto emergere l’esigenza di introdurre anche una
logica di “misurazione” oggi poco o per nulla presente nella gestione dei Servizi
delle PA. Con il supporto di ComPA si è sviluppata una riflessione su quali
dimensioni poter misurare in questo Servizio. Facilmente si è parlato di efficienza ed
efficacia, ma per riuscire a fissare dei termini che siano verosimilmente osservabili
132
Le fasi del progetto
da parte di tutte le Unioni della Regione, siano esse di piccole o di grandi dimensioni,
e tenendo conto della disponibilità si dati in assenza di un controllo di gestione, i
soggetti coinvolti nel centro di competenza hanno dovuto riflettere a lungo per
trovare delle soluzioni che sostenibili.
Sono stati individuati alcuni indicatori di processo per i processi, finalizzati a
misurare il livello di servizio di ciascuna Unione, in termini, per il momento, di
efficienza ed efficacia.
In ogni caso, si tratta qualcosa di assolutamente innovativo per la maggior parte della
Pubblica Amministrazione locale del Friuli-Venezia Giulia, che prima d’ora non si
era mai dotata di strumenti che valutassero le performance degli Enti nei processi di
erogazione dei servizi, soprattutto ai propri clienti interni. Per questo motivo, oltre
che per il fatto che le Unioni sono enti nascenti, inizialmente gli indicatori
permetteranno soltanto di individuare delle misure caratterizzanti ciascuna Unione.
Solo confrontando tra loro i risultati delle misurazioni ottenute nei diversi Enti, sarà
possibile valutare il loro livello di servizio per ciascun processo, e definire degli
obiettivi di efficienza ed efficacia più o meno sfidanti in base alle possibilità
dell’Ente stesso ed ai risultati ottenuti nelle altre UTI. Il passo successivo sarà quello
di misurare e, laddove gli obiettivi di performance fissati non vengano raggiunti, di
individuare le cause ed i possibili rimedi. Qualora invece gli obiettivi siano stati
raggiunti e superati, potranno essere introdotti traguardi sempre più sfidanti e nuovi
indicatori in grado di valutare altri aspetti dell’attuazione di un processo.
Al momento, comunque, ci troviamo ad uno stadio embrionale di questa fase, dove
sono state elaborate soltanto alcune bozze di indicatori. In particolare, il centro di
competenza contabile si è finora concentrato sul processo di ciclo passivo, per il
quale sono stati identificati tre diversi indicatori:
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖𝑝𝑜
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑛𝑣𝑖𝑎𝑡𝑖
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑖
(4.1)
(4.2)
(4.3)
Si noti innanzitutto che le tre formulazioni riportate sono tutte di tipo puntuale, nel
senso che il valore degli indicatori dev’essere sempre calcolato in determinate
condizioni ed in un certo periodo di tempo. Un’altra caratteristica di questi indicatori
è la loro formulazione “in positivo”, finalizzata ad introdurre una logica premiante e
motivante.
Il primo indicatore (4.1) esprime la percentuale di atti appartenenti al processo di
ciclo passivo che sono stati conclusi in anticipo rispetto alle scadenze previste dal
133
Capitolo 4
regolamento di rendiconto, indicando quindi la presenza di eventuali “eccellenze”
per quanto riguarda la tempestività del servizio erogato, e sottolineando
essenzialmente una caratteristica positiva della realizzazione del processo, il ché
potrebbe anche suggerire la diminuzione delle tempistiche previste dal regolamento.
Il secondo indicatore (4.2) riguarda invece la percentuale di atti conclusi secondo le
scadenze previste dal regolamento: se il valore di questo indicatore è alto, significa
che il Servizio finanziario è in grado di rispettare fedelmente le scadenze previste dal
centro di competenza contabile; se invece il suo valore è basso, indica che qualcosa
non è andato come previsto e bisogna ricercare nel processo le cause di tale
inefficienza.
Il terzo indicatore (4.3) misura invece la capacità dei soggetti coinvolti nel processo
di elaborare atti che siano essenzialmente privi di errori già dalla stesura iniziale, e
che possano quindi di essere portati a termine direttamente, senza che sia necessario
rinviarli agli uffici a monte per apportare eventuali correzioni, il ché implicherebbe
una perdita di tempo.
Si può notare che i tre indicatori presentati non possiedono ancora una
denominazione ufficiale; si tratta infatti di una prima proposta, che quasi sicuramente
sarà soggetta ad aggiustamenti e modifiche, mano a mano che il sistema verrà
implementato nel tempo. Come riportato in letteratura, infatti, per poter impostare un
sistema di misurazione delle performance vero e proprio, l’esecuzione dei processi
dev’essere osservata per un tempo tale da poter riconoscere chiaramente quali siano i
parametri che influenzano maggiormente le loro performance e in che modo queste
possano essere valutate. È chiaro, quindi, che nella situazione in cui ci troviamo
attualmente, dove i processi connessi con il Servizio finanziario delle Unioni sono
appena stati “creati” ed i relativi regolamenti sono tuttora in fase di elaborazione, non
sia ancora possibile stabilire degli indicatori di performance ufficiali per tali processi.
134
Capitolo 5
Risultati ottenuti e futuri sviluppi
Questo ultimo capitolo sintetizza gli esiti che si sono ottenuti grazie all’applicazione
al caso studio analizzato delle metodologie e degli strumenti a supporto della
gestione per processi descritti nei precedenti capitoli.
Si tratta di risultati di carattere sia formativo che operativo, il cui valore, già
ampiamente riconoscibile, dovrebbe concretizzarsi ancor di più una volta che le gli
strumenti fin qui sperimentati verranno utilizzati per avviare la gestione associata
anche di tutte le altre funzioni contenute negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014.
Si riportano, inoltre, le difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto ed i
risultati che si prevede possano essere ottenuti in futuro, grazie all’attuazione di
interventi simili a quello analizzato in questa tesi.
5.1 Risultati formativi
Dal punto di vista formativo, i risultati ottenuti sono legati all’introduzione della
gestione per processi all’interno della Pubblica Amministrazione locale. Il carattere
in un certo senso innovativo di questo progetto, infatti, non sta tanto nel fatto di aver
avviato il trasferimento di una funzione da un tipo di Ente ad un altro, quanto
piuttosto nel modo di intendere l’organizzazione e nei mezzi utilizzati per farlo, oltre
che, ovviamente, nel fatto di accompagnato un processo di riforma della Pubblica
Amministrazione locale unico in Italia.
La formazione in tal senso si è compiuta non solo di tipo teorico, come necessario
nelle fasi iniziali del progetto per formare i funzionari pubblici sulla nuova
metodologia che avrebbero dovuto adottare, ma anche di tipo empirico, come
avvenuto in tutte le fasi successive, dove gli stessi funzionari hanno avuto modo di
applicare nei tavoli di lavoro i concetti teorici appresi e di entrare sempre più a
contatto con questo nuovo modo di ragionare e di vedere l’organizzazione.
Questo progetto ha così permesso di introdurre per la prima volta la logica di
processo nella Pubblica Amministrazione locale della nostra Regione, aprendo così
la strada alla diffusione di metodologie e strumenti di tipo scientifico in un contesto
dominato da abitudini piuttosto datate, che mai prima d’ora aveva avvertito la
necessità di sottoporre la propria struttura ed i propri servizi ad un’analisi scientifica
delle attività e alla successiva misurazione delle performance.
135
Capitolo 5
Man mano che i principi ed i meccanismi della gestione per processi sono stati
recepiti ed adottati dai soggetti coinvolti nel progetto, è stato possibile realizzare gli
obiettivi operativi di definizione dell’organizzazione del Servizio finanziario delle
nascenti UTI, che hanno compreso, tra l’altro, la mappatura e la standardizzazione
dei processi di maggiore interesse e l’elaborazione dei regolamenti disciplinatori.
Attualmente ci troviamo nella fase iniziale del processo di diffusione della logica di
processo all’interno degli Enti pubblici, dal momento che la formazione in detta
materia ha riguardato per ora soltanto una parte di chi opera nella Pubblica
Amministrazione locale, rivolgendosi in modo particolare ai funzionari responsabili
di Servizio e di processo. La decisione di coinvolgere inizialmente nella formazione
solo alcune persone è dovuta ad una duplice esigenza: da un lato quella di non
“bloccare” le attività degli Enti privandoli di tutto il personale; dall’altro quella di
lavorare con le persone aventi una maggiore visione d’insieme. Il percorso
prevedrebbe poi che questi stessi soggetti, forti delle competenze ed esperienze
acquisite, trasmettessero il nuovo approccio a tutti i livelli del loro Servizio. A
supporto di questo trasferimento è inoltre previsto l’intervento dei membri del centro
di competenza, che rappresentano i “formatori interni al sistema” di cui gli enti
potranno beneficiare.
Il risultato del progetto dal punto di vista formativo consiste quindi nell’introduzione
e nella diffusione all’interno degli Enti locali del Friuli-Venezia Giulia di una cultura
più tipica delle aziende private ma del tutto innovativa per quelle pubbliche, che
dovrebbe permettere di aumentare la capacità della Pubblica Amministrazione locale
di individuare e risolvere le proprie inefficienze ed agire in un’ottica di
miglioramento continuo dei propri servizi.
5.2 Risultati operativi
Il termine “risultati operativi” sta ad indicare l’insieme degli esiti concreti ed in
qualche modo tangibili risultanti dal compimento di un’azione o di un intervento.
Prima di passare in rassegna i risultati operativi derivanti dall’analisi di questo caso
studio, è opportuno ricordare che l’intervento in questione nasce dalla necessità e
dalla volontà di dare vita ad una nuova tipologia di Ente pubblico territoriale,
avviandone le sue principali funzioni, e in particolare impostando la struttura della
sua funzione finanziaria, che a partire dal 1 gennaio 2017 dovrà essere gestita in
forma associata per tutti i comuni del territorio regionale. Come si può facilmente
percepire, si tratta di un obiettivo già di per sé concreto, che per essere realizzato
deve passare attraverso un’analisi altrettanto concreta della situazione attuale e dei
nuovi elementi da tenere in considerazione nella definizione della situazione futura.
Oltre a ciò, altri risultati operativi sono stati conseguiti grazie all’applicazione degli
strumenti e delle metodologie a supporto della gestione per processi e sono
fondamentalmente di tre tipologie:
136
Risultati ottenuti e futuri sviluppi
•
•
•
La rappresentazione grafica dei processi coinvolti nella funzione finanziaria
delle nascenti Unioni sotto forma di mappatura dei relativi flussi di attività;
L’elaborazione del regolamento che disciplina lo svolgimento dei suddetti
processi;
L’introduzione di alcuni indicatori di performance per il Servizio finanziario.
Per quanto riguarda la rappresentazione grafica dei processi, le cinque mappature
definitive sono state ottenute, come abbiamo visto, in modo graduale, in seguito alla
realizzazione di una serie di passaggi preventivi che ripercorriamo come segue.
Prima di tutto sono stati individuati i macro processi ed i relativi processi che
descrivano il Servizio finanziario e contabile delle Unioni; dopodiché, per ogni
macro processo considerato, sono stati identificati i process owner e gli elementi
necessari alla compilazione del diagramma SIPOC, ovvero i fornitori, gli input, gli
output ed i clienti del processo. L’individuazione di questi elementi ha facilitato
notevolmente la successiva fase di descrizione dei processi da parte dei funzionari
coinvolti nei diversi cantieri territoriali analizzati, nei quali i processi descritti sono
stati poi rappresentati graficamente utilizzando il linguaggio BPMN proposto dal
software Bizagi. In questo modo si sono ottenute diverse versioni di ogni processo
considerato, una per ogni cantiere in cui il processo è stato descritto e quindi
mappato. Il confronto tra le varie versioni elaborate e la successiva semplificazione
dei flussi da parte del centro di competenza contabile, ha portato ad ottenere una
standardizzazione dei processi, il cui output coincide con la mappatura definitiva dei
cinque processi considerati più critici per la gestione del Servizio finanziario: la
redazione ed approvazione del bilancio, la rendicontazione, il ciclo attivo, il ciclo
passivo e la gestione fiscale.
A partire da quanto riportato in tali rappresentazioni e sulla base dell’esperienza
maturata dai soggetti appartenenti al centro di competenza contabile, è stato poi
elaborato un regolamento atto a disciplinare lo svolgimento dei processi di
competenza del Servizio finanziario. Nello stesso, sono stati fissati i limiti temporali
entro i quali si prevede che le attività di un processo possano e debbano essere
compiute, e sono stati elencati tutti gli atti e le informazioni che dovranno essere
prodotti durante le varie fasi di un processo.
Il regolamento così elaborato, composto dalle parti descrittive che completano e
integrano le rappresentazioni grafiche dei processi ottenute dalla loro mappatura,
costituisce una sorta di road map per quella parte della Pubblica Amministrazione
locale che si troverà a dover gestire per la prima volta la funzione finanziaria
all’interno delle Unioni territoriali intercomunali.
Infatti, se da un lato la mappatura di un processo consente ai soggetti in esso
coinvolti di visualizzare rapidamente la sequenza delle attività da svolgere e le
interconnessioni esistenti tra i vari uffici interni ed esterni all’Ente, dall’altro lato la
descrizione è importante per definire le modalità e le regole a cui è necessario
sottostare affinchè un processo venga portato a compimento, costituendo così una
guida allo svolgimento delle attività rappresentate.
137
Capitolo 5
Il regolamento è stato completato con la definizione di indicatori che permettono di
valutare il livello di qualità dei servizi erogati dalla funzione finanziaria dell’UTI.
Nonostante per il momento sia stato possibile introdurre soltanto alcune semplici
formulazioni, queste ultime possono essere considerate un importante risultato
operativo del progetto, perché rappresentano un primo segnale della volontà di
valutare e di migliorare la qualità dei servizi gestiti dalla Pubblica Amministrazione
locale.
5.3 Difficoltà riscontrate nell’avanzamento del progetto
Ripercorrendo le varie fasi di sviluppo del progetto, possiamo affermare che le
maggiori difficoltà rilevate durante il suo avanzamento sono legate essenzialmente
alla mancanza di familiarità con le materie in esame, che comprende da un lato la
scarsa conoscenza da parte nostra di ciò che avviene all’interno della Pubblica
Amministrazione locale, e dall’altro la quasi totale inesperienza dei funzionari
pubblici in materia di gestione dei processi.
Il primo grande ostacolo incontrato, infatti, ha riguardato proprio l’introduzione del
concetto di gestione per processi nella PA locale, abituata fino a quel momento a
ragionare in una logica funzionale. Inizialmente è stato quindi indispensabile
riprendere con i soggetti coinvolti nel progetto il concetto di processo e le varie
nozioni ad asso associate. Questo ha reso possibile l’individuazione dei processi e dei
macro processi del Servizio finanziario (tabelle 4.1 e 4.2), ma con tempi dilatati.
Allo stesso tempo, però, visto il linguaggio molto specifico utilizzato nella Pubblica
Amministrazione, soprattutto nell’ambito del Servizio finanziario, spesso è stata
necessario attivare un apprendimento anche nella direzione opposta, ovvero dai
funzionari pubblici verso il gruppo di consulenti ComPA incaricati di mappare i
processi. Ciò è stato indispensabile per chiarire fin dal principio eventuali dubbi
derivanti dalla terminologia utilizzata, che sarebbero altrimenti sfociati in
incomprensioni riguardanti la successiva descrizione dei processi.
Nella fase di mappatura dei processi, invece, la difficoltà iniziale è stata quella di far
conoscere ai soggetti coinvolti le reali potenzialità dello strumento grafico utilizzato
e di far loro comprendere l’importanza di attenersi, nella descrizione di un processo,
ad alcune regole concettuali ed informatiche di non immediata applicazione, come ad
esempio quella di descrivere le varie attività in modo breve ma allo stesso tempo
esaustivo, o di rendere il processo il più possibile pulito e lineare.
Un’ulteriore difficoltà riscontrata durante la fase di descrizione dei processi, è stata
quella di riuscire a distinguere il confine tra prassi, procedure e processi, in modo che
la loro rappresentazione grafica contenesse soltanto le attività effettivamente
appartenenti ad un processo, e non quelle facenti parte di una prassi già impiegata
negli enti comunali.
138
Risultati ottenuti e futuri sviluppi
In tutte le fasi del progetto, inoltre, si è dovuto procedere tenendo in considerazione i
numerosi aspetti normativi in gioco, che talvolta hanno reso una materia già poco
conosciuta ancora più vasta e complessa.
Nonostante queste difficoltà, Bizagi si è comunque rivelato uno strumento
abbastanza flessibile, capace di adattarsi alle necessità specifiche dell’organizzazione
in questione, sebbene si trattasse di enti pubblici e non di imprese private.
Inoltre, l’interfaccia utente utilizzata da Bizagi si è dimostrata user friendly anche per
gli stessi funzionari pubblici coinvolti nel progetto, la cui conoscenza iniziale sul
tema si era rivelata piuttosto limitata; è stato sufficiente, infatti, effettuare una breve
descrizione degli elementi utilizzati nel linguaggio BPMN, per rendere
completamente comprensibili a tutti i soggetti interessati le rappresentazioni grafiche
elaborate.
5.4 Possibili sviluppi futuri
Come si può evincere dalla descrizione delle varie fasi del progetto, alcune di esse, in
particolare quelle che interessano la stesura dei regolamenti e la formulazione degli
indicatori di performance per i processi, non sono state ancora del tutto completate.
La redazione del regolamento, ad esempio, è stata portata a termine soltanto per due
dei cinque processi analizzati nelle fasi precedenti, mentre la definizione degli
indicatori ha riguardato solamente il processo di ciclo passivo.
Senza dubbio, quindi, prima di procedere ad eventuali sviluppi successivi del
progetto, sarà necessario terminare il lavoro di elaborazione dei regolamenti ed
impostare almeno una prima versione del sistema di misurazione delle performance
del Servizio finanziario delle Unioni.
Tuttavia, benché il caso analizzato in questa tesi abbia riguardato l’analisi e la
rappresentazione dei processi associati alla sola funzione finanziaria delle nascenti
Unioni, è opportuno ricordare che esso fa parte in realtà di un progetto molto più
ampio, il cui obiettivo è quello di accompagnare la Pubblica Amministrazione locale
della nostra regione nell’importante processo riformativo che la vede coinvolta e che
comprende la costituzione e l’avvio di tutte le funzioni delle nuove UTI.
È evidente, quindi, che dopo aver completato il lavoro di “ristrutturazione” del
Servizio finanziario e contabile, si dovrà procedere in modo analogo per tutte le altre
funzioni elencate negli articoli 26 e 27 della lr 26/2014, tenendo ovviamente conto
delle relative priorità. Per altre cinque funzioni la prima fase di rappresentazione con
Bizagi dei relativi processi è già stata compiuta. L’intenzione è quella di utilizzare le
metodologie e gli strumenti impiegati in questo caso studio per esaminare e
predisporre il funzionamento anche di tutti gli altri Servizi di pertinenza delle Unioni.
Il passo successivo (auspicato da ComPA FVG) sarebbe quello di far sì che i
funzionari coinvolti nei vari Servizi dell’Ente iniziassero ad utilizzare in modo
139
Capitolo 5
autonomo gli strumenti ed i linguaggi di mappatura dei processi e coinvolgessero in
questa fase anche i livelli più bassi della propria funzione. Questo favorirebbe la
comprensione e la diffusione della logica di processo all’interno dell’Ente e
consentirebbe a tutti di contribuire in modo attivo alla formalizzazione del know-how
aziendale.
La stessa metodologia potrebbe inoltre essere applicata non solo alle altre funzioni
che diventeranno di pertinenza delle Unioni, ma anche a quelle che rimarranno in
capo ai Comuni, al fine di valutare e migliorare anche la qualità di quei Servizi che
non saranno trasferiti ai nuovi Enti.
Infine, uno studio più approfondito dei processi considerati, tale da far emergere
informazioni di maggior dettaglio sulle singole attività, come ad esempio i tempi
standard necessari per la loro esecuzione, produrrebbe un ampliamento della
documentazione ad essi associata, che diventerebbe assai utile per attivare processi di
benchmarking ma anche per procedere alla certificazione della qualità dei Servizi
erogati dai vari Enti territoriali e quindi alla definizione e adozione della “Carta dei
cittadini”, che sarebbero in questo caso non solo clienti esterni ma anche interni.
140
CONCLUSIONI
I risultati derivanti dallo sviluppo del progetto descritto in questa tesi dimostrano
come le metodologie e gli strumenti a supporto della gestione aziendale per processi,
comunemente utilizzati dalle imprese private, possano essere applicati con successo
anche in contesti appartenenti al settore pubblico, ed in particolare all’interno della
Pubblica Amministrazione locale.
Come si evince dall’analisi della letteratura, lo scopo del Business Process
Management è quello di diffondere all’intera azienda il concetto di “operare per
obiettivi”, ponendo particolare attenzione al cliente ed ai suoi bisogni, la cui
soddisfazione deve ispirare la logica di coordinamento di tutte le attività aziendali.
In questo caso, l’approccio per processi si inserisce all’interno di un’azienda
pubblica molto ampia, che comprende tutti gli enti locali presenti sul territorio
regionale e coinvolge il personale in essi operante a tutti i livelli. È chiaro, quindi,
che affinchè tale logica possa raggiungere le varie aree aziendali e diffondersi
all’interno dell’intera organizzazione, siano necessari interventi formativi e sinergici
sforzi comunicativi da parte di tutti i soggetti coinvolti, specialmente da coloro che
rivestono un ruolo di maggiore e riconosciuta competenza all’interno degli enti
locali. Da qui la scelta di costituire dei gruppi di esperti nelle materie in esame (i
“centri di competenza”) che attraverso dei tavoli di lavoro potessero acquisire le
conoscenze fondamentali sulla gestione per processi e progettare il cambiamento
organizzativo in modo collaborativo e consapevole.
Tuttavia, l’attività svolta dai centri di competenza può risultare efficace solo se
accompagnata dalla diffusione all’interno dell’organizzazione delle metodologie
adottate e dei risultati ottenuti, nonché da una certa predisposizione al cambiamento
da parte dei funzionari operanti all’interno degli enti.
Nel contesto pubblico, infatti, si riscontra spesso una certa resistenza al cambiamento
da parte dei funzionari, abituati a vedere l’organizzazione come una serie di funzioni
separate ed indipendenti, ciascuna con i propri compiti ed obiettivi da raggiungere, e
non come un insieme di attività interdipendenti aventi come obiettivo comune la
soddisfazione del cliente.
L’introduzione dell’approccio per processi rende invece necessario il superamento
della struttura funzional-gerarchica tipica degli enti pubblici: l’aggregazione per
funzione lascia spazio a quella per obiettivi/competenza/attività; la responsabilità
viene conferita in relazione al ruolo ricoperto nello specifico processo e non
necessariamente all’autorità attribuita. Ogni processo, infatti, si focalizza su una
specifica esigenza del cliente, a tal fine richiedendo il coordinamento di attività o fasi
svolte da risorse appartenenti a diverse funzioni aziendali.
È importante sottolineare che la gestione per processi non intende abbandonare
completamente la struttura funzionale, ma cerca piuttosto di sovrapporsi ad essa per
porre maggiore accento sul cliente finale.
141
Questa tesi descrive la metodologia e gli strumenti adottati nello sviluppo di un
progetto avente come fine ultimo quello di generare delle linee guida alle quali il
personale operante all’interno degli enti locali potrà fare riferimento e dovrà
attenersi, per quanto possibile, nell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi
previsti dalla normativa regionale.
Tale progetto può essere definito innovativo innanzitutto per aver applicato per la
prima volta nella Pubblica Amministrazione locale le teorie ed i principi della
gestione per processi, introducendo così anche negli enti locali la filosofia del New
Public Management. Inoltre, è bene sottolineare che il progetto ha coinvolto l’analisi
e la mappatura di processi in un certo senso “nuovi”, perché nuove rispetto al passato
sono le modalità di esecuzione e le responsabilità affidate ai vari attori coinvolti. Si
tratta quindi di una sorta di previsione dell’attività futura, piuttosto che di una
semplice azione di riprogettazione o miglioramento dei processi attuali, il ché
conferisce al progetto un’impronta ancor più innovativa.
Volendo però far rientrare questo intervento di analisi e ridefinizione dei processi
aziendali in una delle categorie individuate in letteratura, esso potrebbe essere
inserito in quella classe di interventi che prevede una fase iniziale di riprogettazione
dei processi attuali (Business Process Reengineering), e dal loro successivo e
graduale miglioramento (Business Process Improvement), al fine di raggiungere dei
risultati che siano il più possibile stabili e duraturi.
Avendo riguardato per il momento soltanto la funzione finanziaria e contabile delle
nascenti Unioni territoriali intercomunali, l’attività di mappatura dei processi e
redazione dei regolamenti finora svolta costituisce soltanto una fase iniziale di questo
progetto. Il prossimo passo sarà quello di approfondire l’analisi delle possibili
criticità dei processi al fine di formulare degli indicatori in grado di valutarne le
performance in un’ottica di miglioramento continuo. Le metodologie e gli strumenti
fin qui sviluppati potranno poi essere riproposti ed applicati in sede di mappatura ed
analisi dei processi appartenenti a tutte le altre funzioni comunali in trasferimento
alle UTI, la cui attuazione determinerà il completamento dell’intero progetto.
142
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147
APPENDICE
Sintesi dei principali articoli della legge regionale 26/2014 consultati per la
redazione di questa tesi.
Art. 1
(Oggetto e finalità)
1. La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell' articolo 4, primo
comma, numero 1 bis), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 ( Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con la presente legge e con
provvedimenti a essa collegati e successivi, anche di natura non legislativa, attua il
processo di riordino del proprio territorio mediante l'individuazione delle dimensioni
ottimali per l'esercizio di funzioni amministrative degli enti locali, la definizione
dell'assetto delle forme associative tra i Comuni e la riorganizzazione delle funzioni
amministrative, finalizzati alla valorizzazione di un sistema policentrico che
favorisca la coesione tra le istituzioni del sistema Regione-Autonomie locali,
l'uniformità, l'efficacia e il miglioramento dei servizi erogati ai cittadini, nonché
l'integrazione delle politiche sociali, territoriali ed economiche.
Art. 2
(Assetto istituzionale)
1. L'ordinamento degli enti locali della Regione si basa sui Comuni, quali enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla
Costituzione, dallo Statuto speciale e dalla presente legge.
2. L'ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali (Unioni) e la definizione
delle rispettive funzioni sono orientati al soddisfacimento dei bisogni del cittadino.
Art. 4
(Piano di riordino territoriale)
1. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta
regionale, con deliberazione pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, adotta
la proposta del Piano di riordino territoriale per uno sviluppo sociale ed economico
sostenibile che include tutti i Comuni della Regione e individua le dimensioni delle
Unioni territoriali intercomunali di cui all'articolo 5.
2. La proposta di Piano è effettuata nel rispetto dei seguenti criteri:
a) contiguità territoriale dei Comuni ricompresi nelle Unioni;
b) limite demografico minimo per ciascuna Unione pari a 40.000 abitanti ovvero pari
a 30.000 abitanti qualora comprenda Comuni appartenenti o appartenuti a Comunità
montane;
149
c) omogeneità, complementarietà e integrazione delle caratteristiche geografiche,
demografiche, di mobilità, ambientali, economiche, sociali, culturali e
infrastrutturali;
d) compatibilità con il territorio delle Aziende per l'assistenza sanitaria;
e) integrazione istituzionale rappresentata anche da precedenti forme associative o
convenzioni.
3. La Giunta regionale acquisisce il parere del Consiglio delle autonomie locali entro
venti giorni dalla trasmissione della deliberazione di cui al comma 1.
4. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione della deliberazione di cui al comma 1:
a) i Comuni di ciascuna istituenda Unione il cui territorio sia confinante con quello di
altra Unione e quelli con essi confinanti possono chiedere l'inclusione in un'Unione
contermine;
b) i Comuni di cui all'articolo 6, comma 2, che non intendono aderire ad alcuna
Unione ne danno comunicazione alla Regione; entro i successivi venti giorni gli
stessi Comuni trasmettono una relazione nella quale viene delineata la sostenibilità
dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 26, a fronte della riduzione delle risorse
di cui all'articolo 42.
5. Le determinazioni di cui al comma 4 sono assunte dai consigli comunali con
deliberazione motivata adottata a maggioranza assoluta.
6. Nei successivi quarantacinque giorni la Giunta regionale, acquisite le richieste e le
comunicazioni dei Comuni di cui al comma 4, e tenuto conto dei criteri di cui al
comma 2, approva il Piano di riordino territoriale, con deliberazione pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione, contenente la delimitazione geografica delle
Unioni territoriali intercomunali, l'elenco dei Comuni che non aderiscono ad alcuna
Unione e la decorrenza della sua efficacia.
7. Qualora le modifiche rispetto alla proposta di Piano, derivanti dall'applicazione del
comma 4, non consentano l'osservanza dei criteri di cui al comma 2, lettere a), b) e
d), la Giunta regionale può prescindere dagli stessi dandone adeguata motivazione
provvedendo, qualora necessario, ad avviare il procedimento previsto dall' articolo 6,
comma 2, della legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17 (Riordino dell'assetto
istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale e norme in materia di
programmazione sanitaria e sociosanitaria). La presente disposizione si applica in
particolare per i Comuni nell'ambito territoriale di cui all' articolo 4 della legge 23
febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della
regione Friuli-Venezia Giulia).
Art. 5
(Unioni territoriali intercomunali)
1. Le Unioni territoriali intercomunali sono enti locali dotati di personalità giuridica,
aventi natura di unioni di Comuni, istituiti dalla presente legge per l'esercizio
coordinato di funzioni e servizi comunali, sovracomunali e di area vasta, nonché per
lo sviluppo territoriale, economico e sociale.
150
2. L'Unione ha autonomia statutaria e regolamentare secondo le modalità stabilite
dalla presente legge e a essa si applicano i principi previsti per l'ordinamento degli
enti locali e, in quanto compatibili, le norme di cui all' articolo 32 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali).
Art. 6
(Modalità di adesione alle Unioni)
1. L'adesione a un'Unione è obbligatoria per i Comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità
montane.
2. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni con popolazione superiore a 5.000
abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane,
costituisce condizione per la piena fruizione del supporto finanziario regionale agli
enti locali previsto dall'articolo 42.
3. L'adesione a un'Unione da parte dei Comuni di cui al comma 2 non è revocabile
per dieci anni.
3 bis. Il termine di cui al comma 3 non trova applicazione per i Comuni che
aderiscano ad altra Unione confinante ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettera a),
qualora gli stessi, entro tre anni, decidano di aderire all'Unione prevista
originariamente dal Piano di riordino territoriale di cui all'articolo 4, sentito il parere
delle rispettive Assemblee.
4. Ai fini del monitoraggio e attuazione di risparmi di spesa conseguenti
all'istituzione di Unioni territoriali intercomunali, la Direzione centrale competente
effettua la ricognizione dei costi derivanti dall'erogazione dei servizi o da altre
funzioni di pubblica utilità.
5. Ove alla scadenza del primo quadriennio successivo alla costituzione non risulti,
in forma consolidata per l'Unione e per i Comuni a essa aderenti, il conseguimento di
risparmi di spesa nonché di adeguati livelli di efficacia ed efficienza nella gestione,
nell’esercizio dei servizi e delle funzioni di cui al comma 4, l'Amministrazione
regionale è autorizzata ad applicare misure di penalizzazione di natura finanziaria.
L'Osservatorio regionale di cui all'articolo 59 propone parametri oggettivamente
rilevati per la definizione del conseguimento del risparmio, tenuto conto degli
equilibri precedentemente perseguiti dai soggetti cui le Unioni sono subentrate.
6. Fermi restando i vincoli previsti dalla vigente normativa, in relazione alle funzioni
comunali esercitate in forma associata, la spesa sostenuta per il funzionamento
generale dell'Unione, compresa la spesa di personale, non può comportare, in sede di
prima applicazione e per i primi tre anni a decorrere dal 2016, il superamento della
somma delle medesime spese sostenute dai singoli Comuni partecipanti e pro quota
dalla Comunità montana, dalla Comunità collinare e dalle Province, in relazione alle
risorse umane e strumentali trasferite all'Unione, calcolate sulla media del triennio
2012-2014. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa
151
e la programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di
spesa.
7. Qualora i risparmi di spesa di cui al comma 6 vengano conseguiti nel primo
triennio, decorrente dal 2016, di esercizio delle Unioni, la Regione può riconoscere
alle stesse incentivi annuali corrispondenti al risparmio conseguito per ciascun anno.
8. La legge regionale di riforma della finanza locale definisce le modalità di
attuazione dei commi 5, 6 e 7.
Art. 26
(Funzioni comunali esercitate dall'Unione)
1. A decorrere dall'1 luglio 2016 i Comuni esercitano in forma associata, tramite
l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera i) e almeno ulteriori due
funzioni comunali nelle materie di seguito elencate:
a) gestione del personale e coordinamento dell'organizzazione generale
dell'amministrazione e dell'attività di controllo;
b) sistema locale dei servizi sociali di cui all' articolo 10 della legge regionale 31
marzo 2006, n. 6 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la
tutela dei diritti di cittadinanza sociale), ferma restando la disciplina della forma
associata del Servizio sociale dei Comuni di cui agli articoli da 17 a 21 della legge
regionale 6/2006 ;
c) polizia locale e polizia amministrativa locale;
d) attività produttive, ivi compreso lo Sportello unico;
e) catasto, a eccezione delle funzioni mantenute in capo allo Stato dalla normativa
vigente;
f) programmazione e pianificazione territoriale di livello sovracomunale;
g) pianificazione di protezione civile;
h) statistica;
i) elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo;
l) gestione dei servizi tributari.
2. A decorrere dall'1 gennaio 2017 i Comuni esercitano in forma associata, tramite
l'Unione cui aderiscono, la funzione di cui alla lettera b) e almeno altre due delle
funzioni comunali nelle materie di cui al comma 1.
3. Le restanti funzioni di cui al comma 1 sono esercitate dai Comuni in forma
associata tramite l'Unione a decorrere dall'1 gennaio 2018.
4. Agli organi dell'Unione competono le decisioni riguardanti le funzioni di cui al
presente articolo con le modalità e nei termini previsti dallo statuto .
5. Il contenuto degli atti in materia di programmazione e di pianificazione territoriale
di livello sovracomunale è determinato dalla normativa regionale di settore.
152
Art. 27
(Funzioni comunali gestite avvalendosi dell'Unione)
1. Nell’ambito di ciascuna Unione, i Comuni esercitano in forma associata le
funzioni comunali nelle materie e attività e con le decorrenze di seguito indicate:
a) A decorrere dall’1 luglio 2016, la programmazione e gestione dei fabbisogni di
beni e servizi in relazione all’attività della Centrale unica di committenza regionale;
b) A decorrere dall’1 gennaio 2017, i servizi finanziari e contabili e il controllo di
gestione, nonché almeno due tra le seguenti:
1) opere pubbliche e procedure espropriative;
2) pianificazione territoriale comunale ed edilizia privata;
3) procedure autorizzatorie in materia di energia;
4) organizzazione dei servizi pubblici di interesse economico generale;
5) edilizia scolastica e servizi scolastici;
c) A decorrere dall’1 gennaio 2018, le restanti materie e attività di cui alla lettera b).
2. Gli organi dei Comuni conservano la competenza ad assumere le decisioni
riguardanti le funzioni di cui al presente articolo.
3. Nell’ambito di ciascuna Unione le funzioni relative alla lettera a) sono esercitate
dai Comuni avvalendosi degli uffici dell’Unione; le funzioni nelle materie di cui alla
lettera b) sono esercitate in forma associata dai Comuni con popolazione inferiore a
15.000 abitanti, ridotti a 5.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane,
mediante convenzione, in modo da raggiungere la medesima soglia demografica
complessiva, o, in alternativa, avvalendosi degli uffici dell’Unione.
4. Le soglie demografiche indicate al comma 3 ai fini dell’esercizio associato di
funzioni comunali tramite convenzione possono essere derogate e ridotte
rispettivamente fino a 7.500 e 3.000 abitanti nei casi di particolare adeguatezza
organizzativa previsti con deliberazione della Giunta regionale, d’intesa con il
Consiglio delle autonomie locali; l’Osservatorio per la riforma di cui all’articolo 59
fornisce i criteri idonei a determinare i presupposti di adeguatezza organizzativa.
5. Le soglie demografiche indicate ai commi 3 e 4 possono essere ridotte di un
ulteriore 30 per cento per i Comuni di cui all’articolo 4 della legge 38/2001.
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