Universit`a degli Studi di Trieste La frazione di positroni nei raggi

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Università degli Studi di Trieste
DIPARTIMENTO DI FISICA
Corso di Laurea in FISICA
Tesi di Laurea
La frazione di positroni nei raggi cosmici
misurata dall’esperimento PAMELA
Laureando:
Alex Lenni
Relatore:
Dott. Emiliano Mocchiutti
ANNO ACCADEMICO 2014–2015
Indice
Introduzione
1
1 I raggi cosmici
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 La composizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Elettroni e positroni nei raggi cosmici . . . . . . . . . .
1.3 Lo spettro energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 La modulazione solare dei raggi cosmici . . . . . . . . . . . . .
1.4.1 L’attività solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.2 Il vento solare e il campo magnetico eliosferico . . . . .
1.4.3 La modulazione dei raggi cosmici nell’eliosfera . . . . .
1.4.4 L’equazione del trasporto dei raggi cosmici nell’eliosfera
1.4.5 La dipendenza dal segno della carica . . . . . . . . . .
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3
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7
7
8
8
10
11
2 L’esperimento PAMELA
2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Il satellite Resurs-DK1 . . . . . . . . .
2.3 I rivelatori di PAMELA . . . . . . . .
2.3.1 Il sistema del tempo di volo . .
2.3.2 Il sistema di anticoincidenza . .
2.3.3 Lo spettrometro magnetico . . .
2.3.4 Il calorimetro elettromagnetico
2.3.5 Lo scintillatore S4 . . . . . . . .
2.3.6 Il rivelatore di neutroni . . . . .
3 Studio della frazione di positroni
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . .
3.2 La frazione di positroni . . . . .
3.3 La selezione degli eventi . . . .
3.4 Risultati in funzione dell’energia
3.5 Risultati in funzione del tempo
Conclusioni
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nei raggi
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cosmici
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Introduzione
Fin dalle sue origini la fisica delle astroparticelle ha svolto un ruolo di grande rilevanza, portando alla scoperta di molte particelle elementari come ad esempio l’antiparticella dell’elettrone, il positrone, cosı̀ come il muone e il pione. Nei raggi cosmici,
particelle ad alta energia provenienti dallo spazio, sono state inoltre misurate energie
irraggiungibili anche dai più avanzati acceleratori di particelle costruiti dall’uomo.
Oggi dal loro studio è possibile analizzare fenomeni di grande attualità come i processi esotici che riguardano la materia oscura, l’asimmetria barionica e i modelli di
produzione e propagazione dei raggi cosmici nella nostra galassia e nell’eliosfera. Per
studiare la radiazione cosmica vengono eseguite misure dirette tramite esperimenti a
bordo di satelliti e palloni aerostatici e misure indirette con l’uso di grandi rivelatori
a terra.
L’esperimento PAMELA è il frutto di una collaborazione internazionale ed è un
sofisticato apparato rivelatore di particelle progettato per la misura dei raggi cosmici,
con particolare attenzione per la componente di antiparticelle. Esso è posizionato
a bordo del satellite russo Resurs-DK1 lanciato in orbita intorno alla Terra il 15
giugno 2006 ed è tutt’ora in continua modalità di presa dati.
Questo lavoro di tesi si propone di misurare ed analizzare la frazione di positroni
a basse energie a partire dai dati di elettroni e positroni acquisiti dall’esperimento
PAMELA. Lo studio di questa frazione al di sotto di 10 GeV permette di ottenere
importanti informazioni sulla propagazione delle particelle cariche all’interno dell’eliosfera e in particolare consente di studiare la dipendenza della modulazione solare
dal segno della carica delle particelle. I risultati ottenuti in questa tesi si riferiscono
ai dati raccolti dall’esperimento PAMELA tra giugno 2006 e luglio 2015, periodo
temporale caratterizzato da un intenso minimo dell’attività solare nel 2009 e dall’inversione della polarità del campo magnetico solare a fine 2014. L’obiettivo è quello
di studiare la frazione di positroni al variare del tempo e dell’energia, ed in particolare di osservare se sia presente una variazione significativa dei valori della frazione
di positroni dovuta al cambio di polarità del campo magnetico solare, confermando
o meno le previsioni degli attuali modelli teorici di propagazione dei raggi cosmici
nell’eliosfera.
1
Capitolo 1
I raggi cosmici
1.1
Introduzione
L’atmosfera terrestre è continuamente colpita da particelle provenienti da ogni direzione dello spazio e che si muovono a velocità molto vicine a quella della luce: i raggi
cosmici. Si tratta di particelle subatomiche, cariche elettricamente e generate da varie sorgenti nello spazio. Una prima prova dell’esistenza dei raggi cosmici risale al
1911, quando Domenico Pacini osservò che le radiazioni naturali penetranti diminuivano nel passaggio dalla superficie dell’acqua a pochi metri di profondità, sia in mare
che in lago [1]. Pacini dimostrò cosı̀ per primo che una parte di tale radiazione non
poteva venire dalla Terra. Nel 1912, Victor Hess osservò che il livello di ionizzazione
dell’aria, registrato dal suo elettroscopio a bordo di un pallone aerostatico a quote
superiori ai 5 km, cresceva con l’aumentare dell’altitudine, fornendo in questo modo
la prova definitiva riguardo l’origine cosmica delle radiazioni [2]. Da allora crebbe
un grande interesse nei raggi cosmici, dovuto principalmente alla varietà di particelle presenti in essi, all’ampio spettro di energia posseduto, ai meccanismi legati alla
loro origine e alla loro propagazione nello spazio. Dal loro studio si possono ottenere
importanti informazioni riguardo i fenomeni fisici responsabili della loro produzione
e accelerazione nel cosmo, della loro interazione con il materiale interstellare, della
loro modulazione in intensità ed energia all’interno dell’eliosfera1 .
La natura della radiazione cosmica è ancora materia di studio. Non conosciamo
con precisione da dove vengono i raggi cosmici, in quanto possiedono carica elettrica.
Per questo motivo il loro percorso è deviato dai campi magnetici galattici e stellari,
da quello solare ed infine da quello terrestre. Questo fenomeno è descritto dalla forza
di Lorentz: F = qv × B , dove q e v sono rispettivamente la carica elettrica e
la velocità della particella e B è il campo magnetico in cui questa è immersa. Le
sorgenti di raggi cosmici più probabili sono tra gli eventi più catastrofici dell’universo,
quali esplosioni di nove e supernove, buchi neri, quasar, pulsar, eruzioni stellari
compresi i brillamenti solari e processi esotici ancora ignoti innescati dalla materia
oscura.
Le misure dirette dei raggi cosmici vengono eseguite principalmente tramite esperimenti su palloni aerostatici in alta atmosfera e su satelliti nello spazio. Vengono
eseguite anche misure indirette al suolo tramite telescopi che misurano la luce di
fluorescenza e Cherenkov prodotta in atmosfera e attraverso rivelatori di particelle
1
Vasta regione dello spazio che circonda il Sole permeata dal campo magnetico trasportato dal
vento solare.
2
distribuiti su grandi aree, per misurare gli sciami di particelle che arrivano sul suolo
terrestre. Alcuni dei principali esperimenti che si sono occupati della misurazione di
raggi cosmici sono ATIC [3], BESS [4], HEAT [5], CAPRICE [6] (su pallone aerostatico), PAMELA [7] e FERMI [8](su satellite), AMS-02 [9](sulla stazione spaziale
internazionale), AGASA [10] e Auger [11](al suolo).
Scoprire i segreti dei raggi cosmici ci permetterà di conoscere importanti informazioni su aspetti ancora ignoti della natura del nostro universo.
1.2
La composizione
A seconda dei processi responsabili della loro produzione, i raggi cosmici possono
essere classificati in due categorie: i raggi cosmici primari e i raggi cosmici secondari.
I raggi cosmici primari sono particelle cariche generate e accelerate da sorgenti
nell’universo [12, 13]. Essi viaggiano per lo spazio e vanno a colpire l’atmosfera del
nostro pianeta. Ad energie fino ai 100 TeV sono composti principalmente da protoni
(' 85% [13]), nuclei di elio, elettroni, nuclei di vari elementi sintetizzati nelle stelle,
tra cui il carbonio, l’ossigeno e il ferro. Il 79% dei nucleoni primari sono protoni
liberi mentre il 70% del resto dei nucleoni sono legati all’interno di nuclei di elio;
gli elettroni costituiscono appena il 2% del totale delle particelle presenti nei raggi
cosmici primari [12]. La composizione della radiazione cosmica oltre i 100 TeV è
ancora oggetto di studio.
I raggi cosmici secondari sono invece particelle prodotte dalla collisione e dall’interazione dei raggi cosmici primari con il materiale interstellare nello spazio. La
Figura 1.1: composizione chimica della radiazione cosmica per elementi con Z = 1 –
28 misurati sulla Terra comparati all’abbondanza nel sistema solare. Le abbondanze
relative sono normalizzate a quella del Carbonio che vale 100.
Figura 1.1 mostra la composizione chimica dei raggi cosmici confrontata con quella del sistema solare. Si può osservare come le due distribuzioni siano abbastanza
simili: entrambe hanno dei picchi in corrispondenza degli elementi H, He, C, N, O
e Fe e in entrambe i casi i nuclei con numero atomico Z pari sono più abbondanti
di quelli con Z dispari, poichè nuclei con numero atomico Z e numero di massa A
3
pari hanno un’energia di legame maggiore. Le due distribuzioni differiscono però
nell’abbondanza di due gruppi di elementi Li, Be, B e Sc, Ti, V, Cr, Mn presenti
in maggior quantità nella radiazione cosmica [14]. I nuclei di questi elementi non
abbondanti nella nucleosintesi stellare, costituiscono i raggi cosmici secondari. Si
formano infatti attraverso il processo di spallazione, ovvero di frammentazione dei
nuclei durante le collisioni con altre particelle:
p+A→X +Y
,
dove p è il protone che collide contro un nucleo A, formando due nuclei X e Y
prodotti per frammentazione. Anche la porzione di antiparticelle nei raggi cosmici
è principalmente di origine secondaria. Si ritiene, infatti, che anche antiprotoni e
positroni siano prodotti prevalentemente dalla collisione dei raggi cosmici primari
con il materiale interstellare [12, 15]. Deviazioni dal puro flusso secondario di antiparticelle potrebbero essere dovute a processi esotici di annichilazione della materia
oscura.
Sciami di particelle secondarie sono generati dall’interazione di particelle cosmiche ad alta energia con le molecole e gli atomi dell’atmosfera terrestre. La collisione
delle particelle cosmiche in atmosfera infatti genera una serie di reazioni a catena in
seguito alle quali vengono prodotte particelle ad alta energia. Queste a loro volto si
propagano ed interagiscono nuovamente producendo altre particelle o antiparticelle
in un processo a catena, formando quindi sciami di particelle che si propagano fino
a raggiungere il suolo terrestre. La loro composizione comprende principalmente
neutrini (∼ 68%), muoni (∼ 30%), protoni e neutroni (∼ 2%) [13].
Il campo magnetico terrestre determina inoltre l’intrappolamento di particelle
cariche, che si dispongono in due zone distinte, chiamate Fasce di Van Allen [16].
Queste particelle, dette raggi cosmici di albedo e di albedo rientranti (Figura 1.2),
consistono principalmente di elettroni e protoni e hanno energie comprese tra pochi
MeV e diverse centinaia di MeV. Le fasce di radiazione, una interna ed una esterna,
sono attraversate da orbite terrestri sia basse che alte. La cosiddetta Anomalia del
Sud Atlantico è il limite inferiore della fascia di radiazione interna. Qui il campo
magnetico è più debole e le particelle cariche scendono ad altitudini minori, rendendo
l’intensità di radiazione maggiore che altrove.
Figura 1.2: Traiettoria degli elettroni e protoni intrappolati nel campo geomagnetico.
4
1.2.1
Elettroni e positroni nei raggi cosmici
Gli elettroni sono una porzione piccola ma molto importante nei raggi cosmici
[15, 17]. Ci forniscono informazioni riguardo l’origine e la propagazione dei raggi cosmici nella Galassia, che non sono accessibili dallo studio delle componenti nucleari
della radiazione cosmica . Ciò è dovuto a differenti processi di perdita di energia,
che interessano elettroni e nuclei. Elettroni e positroni galattici possono essere prodotti come particelle secondarie dall’interazione dei raggi cosmici con il materiale
+
interstellare. Poichè si è osservato che la frazione di positroni e+e+e− è dell’ordine
del 10% e anche meno ad energie superiori ai pochi GeV, si suppone che la maggior
parte dei positroni sia di origine secondaria. A causa della loro massa ridotta e del
campo magnetico intergalattico, e± subiscono pesanti perdite di energia durante la
loro propagazione nella galassia, comportando che gli elettroni e i positroni ad alte
energie (> 10 GeV) sono prodotti nelle vicinanze del sole (∼ 1 kpc).
1.3
Lo spettro energetico
Lo spettro dei raggi cosmici osservato sulla Terra, è il risultato di effetti di accelerazione e propagazione nell’universo. I raggi cosmici si propagano a velocità
relativistiche nello spazio e raggiungono energie molto elevate. Il loro spettro infatti si estende su molti ordini di grandezza, dalle decine di MeV (107 eV) fin quasi
agli ZeV (1021 eV). In base alla loro energia si possono distinguere in raggi extragalattici (con energia E > 1019 eV) [2], galattici (con energia E < 1019 eV), solari2 ed
anomali3 (nell’intervallo energetico compreso tra alcune decine di MeV e i GeV) [18].
In Figura 1.3 è riportato il flusso differenziale dei raggi cosmici, cioè il numero
di particelle incidenti per unità di energia, di tempo, di superficie e di angolo solido.
Si può osservare come lo spettro energetico si estende per più di venti ordini di
grandezza nel flusso e di dieci in energia. L’andamento del flusso può essere descritto
dalla legge di potenza [14]:
dE
∝ E −γ
,
dN
dove γ, chiamato indice spettrale, assume valori differenti nei diversi intervalli di
energia:
• tra i 100 MeV e 1 PeV l’indice spettrale assume il valore ' 2.7 .
• intorno ai 3 PeV, nella cosiddetta regione del ginocchio, γ assume il valore
' 3.0 e lo spettro diventa più ripido. L’origine del ginocchio è probabilmente
legato a meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici [15].
• intorno ai 3 EeV, nella cosiddetta regione della caviglia, γ cambia nuovamente
valore, tuttavia questa parte dello spettro non è stata ancora compresa a fondo.
La forma dello spettro è ancora in fase di studio e sembrerebbe suggerire che ci sia
più di una sorgente responsabile dell’accelerazione dei raggi cosmici. L’intero spettro non può essere misurato con la stessa configurazione strumentale, occorre infatti
combinare i risultati degli esperimenti a terra, su pallone aerostatico e su satellite. I
2
3
Particelle emesse dall’atmosfera solare durante espulsioni di masse coronali e brillamenti solari.
Materiale interstellare ionizzato e accelerato dal vento solare nell’eliosfera.
5
Figura 1.3: Spetttro di tutte le particelle dei raggi cosmici. Misure effettuate da
diversi esperimenti.
raggi cosmici con energia superiore a 3 · 1018 eV, chiamati raggi cosmici ultrarelativistici, hanno un flusso d’arrivo di 1 km2 per secolo, il solo modo di misurarli è creare
rivelatori in grado di coprire grandi superfici a terra, che campionino le particelle
prodotte dai raggi cosmici interagenti con l’atmosfera o fotoni fluorescenti, prodotti
dalla collisione degli sciami di particelle con le molecole atmosferiche. Il cutoff GZK
è un limite teorico sull’energia dei raggi cosmici, dovuto all’interazione dei protoni
cosmici con la radiazione cosmica di fondo, innescando la reazione
+
π +n
+
p+γ →∆ →
,
π0 + p
con un energia di soglia nel sistema del laboratorio di ' 5 · 1019 eV [19]. Il libero
cammino medio dei protoni che interagiscono in questo modo è di 50 Mpc, quindi
protoni extra-galattici che viaggiano per una distanza maggiore di 50 Mpc non
dovrebbero essere osservati a Terra con energia maggiore di questo valore di soglia.
Le particelle con energia inferiore a circa una decina di GeV presentano una flessione nello spettro. Si è scoperto infatti che i conteggi di particelle in questa regione
di energia sono influenzati dalla periodicità dell’attività solare e dai brillamenti, intense emissioni di radiazione della cromosfera solare, di durata variabile dai minuti
alle ore.
6
1.4
La modulazione solare dei raggi cosmici
Lo spettro energetico dei raggi cosmici misurati ad 1 unità astronomica (U.A.) è
influenzato significativamente dal campo magnetico solare. Una descrizione accurata della fisica dei raggi cosmici deve comprendere il trasporto e la modulazione dei
raggi cosmici all’interno dell’eliosfera. Infatti le particelle galattiche, quando entrano nell’eliosfera, incontrano un turbolento vento solare, che porta con sé il campo
magnetico eliosferico. Questo comporta significative variazioni globali e temporali in
intensità e in energia della radiazione cosmica, in funzione della posizione all’interno
eliosfera [18].
Figura 1.4: Modello idrodinamico dell’eliosfera, dove è riportata la densità del vento
solare in funzione della distanza dal sole. Le linee bianche indicano le differenti
regioni dell’eliosfera corrispondenti a Bow Shock, Heliopause e Termination Shock.
1.4.1
L’attività solare
Il sole è la fonte energetica del nostro sistema solare. Il suo campo magnetico,
accoppiato al vento solare (solar wind SW), è responsabile della magnetosfera solare,
l’eliosfera [20]. Il sole è un sistema dinamico, che ricorre periodicamente in una
variazione di attività. Il campo magnetico solare si genera nel sottile strato tra la
zona radiativa e la zona convettiva all’interno della stella ed emerge in superficie
dalla fotosfera. La rotazione differenziale della superficie solare, dovuta alla sua
consistenza gassosa, si ritiene crei la cosiddetta dinamo solare, che inverte la polarità
magnetica del sole ogni 11 anni, per poi ritornare alla configurazione iniziale ogni
22. Vi è inoltre un ciclo solare con periodicità pari a 11 anni, che invece riguarda
l’intensità delle emissioni solari. Il suo indicatore più noto è il numero di macchie
solari, fenomeni temporanei della fotosfera solare, che appaiano come chiazze più
scure e sono causate da un intensa attività magnetica, che inibisce la convezione
formando aree superficiali più fredde. Recenti osservazioni hanno rivelato che il 23◦
ciclo solare si è comportato in maniera anomala rispetto alle previsioni. Infatti ci
si aspettava che lo scorso ciclo solare raggiungesse il suo valore di minima attività
7
nel 2009, mentre si è osservato che anche nel 2010 il numero di macchie solari ha
continuato a scendere.
1.4.2
Il vento solare e il campo magnetico eliosferico
Il vento solare è un plasma supersonico e completamente ionizzato, espulso dal
sole nello spazio, per effetto delle alte temperature del gas ionizzato della corona
solare [20, 21]. Quando la densità del vento solare è troppo bassa per compensare
la pressione del mezzo interstellare, la sua velocità decresce bruscamente a valori
subsonici creando un fronte d’urto, il cosiddetto Termination Shock. Il vento solare
procede finchè la sua pressione non raggiunge dei valori comparabili a quelli del
mezzo interstellare. A questo punto la traiettoria del plasma devia attorno ad una
superficie teorica, detta Heliopause, formando un nuovo fronte d’urto, chiamato
Bow Shock (si veda Figura 1.4). Il vento solare è un ottimo conduttore elettrico e
termico, capace di congelare il campo magnetico solare e espanderlo lontano dal sole
nello spazio interplanetario, formando cosı̀ il campo magnetico eliosferico, il maggior
responsabile della modulazione solare dei raggi cosmici. Un importante parametro
per descrivere l’attività solare è l’angolo d’inclinazione tra il dipolo magnetico del sole
e il suo asse di rotazione. Questo angolo assume valori molto vicini allo zero durante
il minimo dell’attività solare e incrementa durante il massimo almeno fino a 70◦ , oltre
a questo valore infatti non è possibile determinarlo. Ciò genera una distesa ondulata
di corrente tra gli emisferi di polarità magnetica opposta all’interno dell’eliosfera.
Questa struttura ondulatoria (si veda Figura 1.5), propagata nell’eliosfera dal vento
solare, è conosciuta come superficie neutra dell’eliosfera (Heliospheric Current Sheet
HCS).
Figura 1.5: immagine della distesa neutra eliosferica.
1.4.3
La modulazione dei raggi cosmici nell’eliosfera
I raggi cosmici galattici quando entrano nell’eliosfera vengono intercettati dal vento
solare, che porta con sé il campo magnetico eliosferico; questo comporta una diminuzione dell’intensità della radiazione cosmica e variazioni dello spettro energetico.
La modulazione solare influisce significativamente solo particelle a bassa energia,
ovvero con valori di energia inferiori a circa 10 GeV [18, 22]. Queste particelle riescono a raggiungere la Terra più facilmente quando l’attività solare è in una fase di
minimo. L’anticorrelazione tra attività solare e l’intensità cosmica è possibile osservarla in Figura 1.6. I simboli A > 0 e A < 0 si riferiscono alla polarità del dipolo
8
magnetico rispetto all’asse di rotazione solare. I dati in Figura 1.6 mostrano gli effetti della modulazione del vento solare sui protoni galattici sia nel ciclo solare di 11
anni che in quello di 22 anni. L’andamento del grafico mostra nel periodo a A < 0
un profilo più appuntito mentre presenta una forma più piatta durante il ciclo con
A > 0. Nel caso della misura di elettroni a terra si ottiene un andamento simile ma
con profili appuntiti e piatti invertiti [18]. Ciò sembrerebbe dimostrare un diverso
comportamento dei raggi cosmici in funzione dell’orientazione del campo magnetico solare. Suggerisce inoltre che la propagazione dei raggi cosmici nell’eliosfera è
favorita maggiormente nei periodi di minima attività solare, quando il campo magnetico eliosferico è caratterizzato da strutture magnetiche ordinate, piuttosto che
nei periodi di massima attività, quando le linee di campo risultano più caotiche e il
campo magnetico inverte la sua polarità [23] (si veda Figura 1.7).
Figura 1.6: Illustrazione dei cicli di 11 e 22 anni nella modulazione solare dei raggi
cosmici osservata del Hermanus NM in Sud Africa in termini percentuali rispetto a
Marzo 1987.
Figura 1.7: Disposizione delle linee di campo magnetico durante epoche di attività
differenti nell’arco di due minimi solari [24].
9
1.4.4
L’equazione del trasporto dei raggi cosmici nell’eliosfera
La traiettoria dei raggi cosmici all’interno dell’eliosfera è influenzata dal campo
magnetico eliosferico. Una particella carica in un campo magnetico subisce una forza
perpendicolare alla direzione della sua velocità e a quella del campo magnetico, la
forza di Lorentz. Tale forza costringe la particella a seguire traiettorie circolari o a
spirale. Il raggio r di tale traiettoria è chiamato raggio di Larmor o giroradio, e si
ricava nel seguente modo:
pc 1
γmc
E
γmv 2
= ZevB =⇒ r =
=
'
,
(1.1)
r
ZeB
ZeBc
Ze Bc
dove Z è il numero atomico della particella, e è la carica elettrica elementare, B
il campo magnetico, v è la velocità della particella prossima a c la velocità della
luce nel vuoto, p=γmv è il momento lineare di una particella. Si è fatta l’ipotesi
che l’angolo θ compreso tra v e B sia pari a 90◦ e quindi esplicitando il prodotto
vettoriale sin θ = 1. Il fattore gamma di Lorentz γ, è definito nel seguente modo:
γ=p
1
,
1 − β2
dove β = vc è il fattore beta di Lorentz che esprime la velocità v della particella
normalizzata per c, il valore costante della velocità della luce nel vuoto. La rigidità è particolarmente utile per descrivere la propagazione delle particelle cariche
attraverso campi magnetici. Essa è definita come
R=
γmvc
pc
=
Q
Ze
,
(1.2)
con Q la carica della particella che corrisponde al suo numero atomico Z moltiplicato
per la carica elettrica elementare e, γ è il fattore gamma di Lorentz, c la velocità
della luce nel vuoto. Dalle equazioni 1.1 e 1.2 si può osservare come giroradio e
rigidità di una particella immersa in un campo B siano strettamente collegate [12]:
R = rB
,
(1.3)
ponendo c = 1 in coordinate naturali.
Nel 1965 il fisico E. N. Parker derivò l’equazione del trasporto, a partire dalle
equazioni del moto di una particella in un campo magnetico variabile e basata sull’assunzione ragionevole che i raggi cosmici siano isotropi. L’equazione del trasporto
di Parker è scritta nella seguente forma [18]:
1
∂f
∂f
= −(V+ < vd >) · ∇f + ∇ · (Ks · ∇f ) + (∇ · V)
∂t
3
∂lnR
,
(1.4)
dove f (r, R, t) è la funzione di distribuzione dei raggi cosmici dipendente da R la
rigidità, r la coordinata spaziale, t il tempo, V è la velocità del vento solare, < vd > è
la velocità media di trasporto delle astroparticelle, causata da gradienti e curvature
nel campo magnetico eliosferico, ∇ · (Ks · ∇f ) rappresenta la diffusione4 con Ks
4
Processo nel quale le particelle cariche seguono un cammino casuale dovuto all’ampia perturbazione, che si verifica quando il raggio di curvatura è comparabile alle irregolarità del campo
magnetico.
10
∂f
in particolare il tensore di diffusione simmetrica [25], 13 (∇ · V) ∂lnR
è il termine che
rappresenta gli scambi di energia adiabatici. Se (∇·V) > 0 vengono descritte perdite
di energia adiabatiche, che generalmente sono molto grandi all’interno dell’eliosfera,
se (∇ · V) < 0 vengono descritti guadagni di energia , che corrisponde al caso
della cosiddetta componente anomala dei raggi cosmici nella heliosheath5 [18], infine
(∇ · V) = 0, in questo caso non vengono descritti scambi di energia, che potrebbe
verificarsi nel caso dei raggi cosmici oltre il Termination Shock.
1.4.5
La dipendenza dal segno della carica
La presenza di un campo magnetico non uniforme all’interno dell’eliosfera induce un
moto di trasporto, anche detto di “deriva”, delle particelle cosmiche cariche elettricamente [23]. Il verso del moto di deriva dipende contemporaneamente dalla carica
della particella e dalla polarità del campo come si nota dall’equazione 1.1: particelle
di carica opposta immerse in un campo magnetico seguono la stessa traiettoria ma
sempre in verso opposto e la stessa particella inverte il verso della sua traiettoria
circolare quando il campo magnetico cambia la sua polarità. Particelle cariche che
passano attraverso la distesa neutra eliosferica oscillante sperimentano campi magnetici di segno opposto, cosı̀ che raggi cosmici di carica opposta raggiungeranno la
Terra da differenti direzioni nell’eliosfera.
Il campo magnetico eliosferico cambia polarità circa ogni 11 anni, avendo conseguenze sul moto di trasporto dei raggi cosmici. Durante periodi di polarità positiva
(A> 0) i raggi cosmici carichi positivamente arrivano all’interno dell’eliosfera attraverso le regioni polari, per poi essere allontanati seguendo la distesa neutra elioferica, mentre nei periodi di polarità negativa (A< 0) vengono trasportati nell’eliosfera
lungo le regioni equatoriali, dove vengono progressivamente ridotti dall’incremento
dell’ondulazione della HCS, per poi tornare indietro attraverso le regioni polari (si
veda Figura 1.8). Per le particelle di carica negativa, il trasporto avviene nella ma-
Figura 1.8: A sinistra: struttura ideale del trasporto globale di particelle cariche
positivamente all’interno dell’eliosfera in cicli di polarità con A> 0 e A< 0 e con
HCS in condizioni di minima attività solare [18]. A destra: direzione dell’effetto di
deriva a seconda della polarità solare [23].
niera opposta a quella appena descritta. L’effetto globale è un flusso netto rivolto
5
Regione dell’eliosfera compresa tra la Termination Shock e la Heliopause e tra la Heliopause e
la Bow Shock.
11
perpendicolarmente al campo magnetico eliosferico lungo la distesa neutra eliosferica e con verso determinato dalla polarità del campo e dal segno della carica delle
particelle. Misure simultanee di elettroni e positroni o di protoni ed antiprotoni
nei raggi cosmici, sono verifiche cruciali per capire quanto grande è la modulazione
dipendente dalla carica all’interno dell’eliosfera, in funzione dell’energia e della posizione durante un ciclo solare completo [18]. Osservazioni simultanee di particelle e
rispettive antiparticelle nei raggi cosmici, durante periodi di durata di diversi anni,
sono state effettuate sia da PAMELA [26] che da AMS-02 [27].
12
Capitolo 2
L’esperimento PAMELA
2.1
Introduzione
L’esperimento PAMELA (Payload for Antimatter Matter Exploration and Lightnuclei Astrophysics) è un apparato progettato per studiare le particelle cariche dei
raggi cosmici, con particolare attenzione per le antiparticelle [7, 28]. È installato in
un container pressurizzato a bordo del satellite russo Resurs-DK1 in orbita attorno
alla Terra. Il satellite è stato lanciato nello spazio il 15 giugno 2006 sul razzo SoyuzU dal cosmodromo di Baikonur in Kazakhistan. L’orbita del satellite inizialmente
era ellittica e semipolare, la sua altitudine variava dai 350 km ai 600 km, con un’inclinazione di 70◦ . Dal 2010 è stata modificata e resa circolare ad un’altezza di circa
600 km, mantenendo la stessa inclinazione. Gli obiettivi dell’esperimento PAMELA
sono lo studio della materia oscura, dell’asimmetria barionica dell’universo, della
generazione e della propagazione dei raggi cosmici nella nostra galassia e nel sistema
solare, della componente di antimateria nella radiazione cosmica, della modulazione
solare e dell’interazione di quest’ultima con la magnetosfera terrestre.
2.2
Il satellite Resurs-DK1
Il satellite Resurs-DK1, Figura 2.1, è stato progettato in Russia con l’obiettivo di
acquisire immagini della superficie terrestre di alta qualità, quasi in tempo reale e
su un ampio range di frequenze dello spettro elettromagnetico [29]. Ha una massa
di circa 7.7 tonnellate ed un altezza di 7.4 m. La dimensione in lunghezza dei suoi
pannelli solare è di circa 14 m. PAMELA è montata a bordo del satellite in un
container pressurizzato di forma cilindrica e con pareti composte da una lega di
alluminio spessa 2 mm.
Tutti i dati raccolti da Resurs-DK1, compresi quelli registrati da PAMELA, sono
inviati a terra con una connessione radio ad alta velocità. La stazione di ricezione
dei dati del satellite è localizzata al Research Center of Earth Operating Monitoring
(NTs OMZ) a Mosca in Russia; si tratta del settore a terra di Roskosmos (agenzia
spaziale russa), progettato per l’acquisizione, la registrazione, la processazione e la
distribuzione dei dati da sistemi di rivelazione remota nello spazio. Il collegamento
radio del Resurs-DK1 con NTs OMZ è attivo 2 – 3 volte al giorno e il volume medio
di dati di PAMELA trasmessi in un singolo collegamento, downlink, è di circa 6 GB,
per un totale di 15 GB al giorno. I dati ricevuti da PAMELA vengono collezionati
da un server per l’archiviazione dei dati. Il server controlla la qualità dei dati (la
13
Figura 2.1: Visione schematica del satellite Resurs-DK1 e delle sue componenti
principali.
probabilità di errore per bit) e i files di dati difettosi possono essere ritrasmessi fino
a diversi giorni dopo il primo downlink. I dati scaricati vengono trasmessi ad un
server dedicato alla processazione dei dati per il monitoraggio e il controllo delle
strumentazioni e vengono scritti in uno storage di tipo magnetico a lungo termine.
L’infrastruttura GRID viene usata per spostare sia i dati grezzi che quelli processati
al maggior centro di immagazzinamento e analisi della collaborazione PAMELA,
situato al CNAF di Bologna, centro di computazione specializzato dell’INFN. Da qui
poi i dati vengono resi accessibili alle varie istituzioni all’interno della collaborazione
PAMELA.
2.3
I rivelatori di PAMELA
L’apparato PAMELA è alto 1.3 m, ha una massa di 470 kg e un consumo medio in
potenza di 355 W [7, 26]. È composto da diversi rivelatori: un sistema di tempo
di volo, uno spettrometro magnetico, un calorimetro elettromagnetico (al silicio
e tungsteno), un sistema di anticoincidenze, un ulteriore pannello scintillatore e
un rivelatore di neutroni, Figura 2.2. L’uso combinato di tutti questi dispositivi
permette di identificare le antiparticelle da un vasto fondo di particelle.
PAMELA è stata progettata attorno allo spettrometro magnetico. Questo genera al suo interno un campo magnetico permanente di 0.43 T ed è equipaggiato con
sei piani di rivelatori al silicio. Dei piani scintillatori plastici sono montati sopra e
sotto lo spettrometro e costituiscono il sistema per la misura del tempo di volo e il
trigger sperimentale primario. Le misure di perdita di energia per ionizzazione nei
piani scintillatori e nei piani al silicio dello spettrometro permettono di determinare
il valore assoluto della carica elettrica e il momento della particella passante all’interno dell’apparato. Lo spettrometro è inoltre circondato da degli schermi scintillatori
plastici (il sistema di anticoincidenze). Sotto di esso è posto un calorimetro elettromagnetico che misura l’energia degli elettroni incidenti e permette di distinguere
14
gli sciami elettromagnetici dagli sciami adronici o eventualmente particelle non interagenti. Un ulteriore scintillatore plastico montato sotto il calorimetro permette
l’identificazione di elettroni ad alta energia, mentre sotto di esso è posizionato un
rivelatore di neutroni, che migliora le capacità del calorimetro di distinguere tra
sciami adronici ed elettromagnetici.
Figura 2.2: Struttura dell’esperimento PAMELA , che indica la disposizione dei
rivelatori e la direzione del campo magnetico.
2.3.1
Il sistema del tempo di volo
Il sistema del tempo di volo (ToF) è composto da tre piani, denominati S1, S2 e S3
[30]. I piani S1 e S3 sono spessi 7 mm mentre lo strato S2 è spesso 5 mm. La distanza
tra S1 e S3 è di 77.3 cm. L’informazione dal ToF del passaggio di una particella carica
passante per i piani S1 ed S3 insieme all’informazione della lunghezza della traiettoria
ricavata dallo spettrometro magnetico, determina la velocità della particella e rigetta
le particelle di albedo e le particelle secondarie prodotte nelle strutture meccaniche
dell’apparato. Le misure di ionizzazione (dE/dx) negli strati scintillatori permettono
di determinare il valore assoluto della carica delle particelle con numero atomico
almeno fino a Z=8.
Ciascun piano presenta due strati sovrapposti di scintillatori plastici ortogonali
tra loro, come in Figura 2.3. L’area sensibile di ciascuno dei due strati di S1 è di
33×40.8 cm2 con il primo strato diviso in 8 barre e il secondo in 6. Gli strati S2 e
S3 hanno invece un area sensibile di 15×18 cm2 per ogni strato, il quale è diviso in
2 (nel caso di S2) o 3 (nel caso di S3) barre ortogonali.
15
Figura 2.3: Visione schematica del sistema ToF. Dall’alto verso il basso troviamo S1, S2 e S3; in viola si possono distinguere le barre, mentre in blu e verde i
fotomoltiplicatori.
2.3.2
Il sistema di anticoincidenza
Lo scopo del sistema di anticoincidenze è di identificare, durante l’analisi dati offline,
i trigger falsi, generati da depositi di energia negli scintillatori del ToF dovuti ad
interazioni di raggi cosmici con il satellite o nei pressi dell’apparato. L’esperimento
PAMELA contiene due sistemi di anticoincidenze (AC) [31]. Il sistema primario è
composto da 4 scintillatori plastici (CAS) che circondano da ogni lato il magnete
dello spettrometro e uno che copre la cima di questo (CAT). Il sistema secondario
consiste di 4 scintillatori plastici (CARD), che circondano il volume tra i primi due
piani del sistema del tempo di volo. I rivelatori CARD sono versioni in scala minore
di quelli costituenti il CAS. Ogni rivelatore del CARD e del CAS viene letto da due
PMTs identici in modo da evitare che si formino dei singoli punti di fallimento. Per
questa ragione e per coprire l’area di forma irregolare, il detector del CAT è letto
da 8 PMTs. Gli scintillatori e i fotomoltiplicatori del AC sono collocati all’interno
di container in alluminio, fissati saldamente all’apparato PAMELA.
2.3.3
Lo spettrometro magnetico
Il corpo centrale di PAMELA è lo spettrometro magnetico [32]. Esso è costituito da
un magnete permanente e da un tracciatore (tracker) al silicio. Lo spettrometro magnetico è usato per determinare il segno della carica e la rigidità di particelle fino a 1
TV, con numero atomico almeno fino a Z=6. Il campo magnetico medio all’interno
dello spettrometro è di 0.43 T, con un valore massimo al centro al centro di 0.48 T.
La conoscenza accurata del campo magnetico all’interno della cavità permette misure precise della rigidità di una particella dalla ricostruzione della sua traiettoria.
Sei piani rivelatori al silicio, spessi 300 µm e disposti equidistanti all’interno dello
spettrometro magnetico, costituiscono il tracciatore. Ogni piano è composto da una
16
scaletta, una struttura in fibra di carbonio che funziona da contenitore di tre sensori
in silicio su cui sono impiantate delle strisce rivelatrici su entrambe le facce, ma in
direzione ortogonale tra loro. Tale configurazione permette al tracciatore di rilevare
su ogni piano le coordinate X e Y corrispondenti al punto d’impatto di una particella ionizzante. Il suo obiettivo primario è misurare la deflessione η di una particella
dovuta al campo magnetico al suo interno, ossia determinare la rigidità R = η1 . Il
momento e il segno della carica di una particella può essere derivato dalla relazione
cp
, dove R è la rigidità, c è la velocità della luce nel vuoto, p il momento
R = Ze
lineare, e la carica elettrica elementare, Z è il numero atomico o carica assoluta.
2.3.4
Il calorimetro elettromagnetico
Protoni ed elettroni dominano le componenti di radiazione cosmica rispettivamente di carica positiva e negativa. Il compito del calorimetro è quello di selezionare
positroni e antiprotoni dalle altre particelle di uguale carica ma molto più numerose. Il calorimetro elettromagnetico (Figura 2.4) comprende 44 piani con sensori in
Figura 2.4: Calorimetro elettromagnetico di PAMELA.
silicio su singola faccia, spessi 380 µm e separati da 22 piani di tungsteno assorbitore [33]. Ogni piano di tungsteno, spesso 0.26 cm, è inserito tra due piani rivelatori
al silicio. L’orientazione delle strisce di due piani al silicio consecutivi sono ortogonali e per questo motivo forniscono informazioni spaziali in due dimensioni. La
segmentazione longitudinale e trasversale del calorimetro combinata con la misurazione di perdita di energia delle particelle in ogni striscia di silicio, permette un alto
potere d’identificazione degli sciami elettromagnetici. Gli sciami elettromagnetici e
adronici differiscono nel loro sviluppo spaziale e nella distribuzione di energia, caratteristica che viene utilizzata dal calorimetro per distinguerli l’uno dall’altro. Il
calorimetro viene utilizzato anche per ricostruire l’energia degli sciami elettromagnetici, effettuando una misura dell’energia degli elettroni incidenti, indipendente
da quella dello spettrometro magnetico, permettendo una calibrazione incrociata tra
le due determinazioni di energia.
2.3.5
Lo scintillatore S4
Lo scintillatore S4 migliora le capacità di PAMELA nella distinzione tra elettroni ed
adroni, misurando la fuoriuscita dello sciame di particelle dal calorimetro [7]. Esso è
17
situato direttamente sotto il calorimetro. È costituito da uno scintillatore quadrato
spesso 1 cm e delle dimensioni 48×48 cm2 , composto da tre paddle 12×48 cm2 , lette
ciascuna da due PMTs (si veda Figura 2.5 a sinistra). Lo scintillatore S4 funziona
inoltre come trigger per il rivelatore di neutroni.
2.3.6
Il rivelatore di neutroni
Il rivelatore di neutroni (Figura 2.5 a destra) è sensibile a neutroni termalizzati
generati dagli sciami di particelle all’interno del calorimetro [34]. Il numero di neutroni generati da uno sciame adronico è 10-20 volte maggiore di quello atteso in uno
sciame elettromagnetico e ciò permette al rivelatore di neutroni di complementare
le capacità di discriminazione elettrone-positrone del calorimetro. Il rivelatore di
neutroni è situato sotto lo scintillatore S4, ha le dimensioni di 60 × 55 × 15 cm2
ed è composto da 36 contatori proporzionali, riempiti di 3 He. Questi sono inseriti
all’interno di un moderatore in polietilene avvolto da un fine strato in cadmio per
impedire che i neutroni termici entrano nel detector dai lati o dal basso. Il moderatore è usato per rallentare i neutroni provenienti dal calorimetro a velocità tali
da incrementare la probabilità d’interazione con le molecole 3 He, poichè la sezione
d’urto di tale processo dipende da 1/v dove v è la velocità del neutrone.
Figura 2.5: A sinistra: scintillatore S4. A destra: rivelatore di neutroni.
18
Capitolo 3
Studio della frazione di positroni
nei raggi cosmici
3.1
Introduzione
L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è misurare ed analizzare i valori della
frazione di positroni in funzione dell’energia e del tempo, acquisiti processando i dati
registrati dall’esperimento PAMELA da giugno 2006 a luglio 2015. Questo periodo
temporale di osservazione comprende la seconda parte del 23◦ ciclo solare e la prima
parte del 24◦ , con il cambio di polarità del campo magnetico solare, che da negativa
si è invertita in positiva a fine 2014 [22]. A partire dalla descrizione temporale della
frazione di positroni è possibile osservare gli effetti della modulazione solare dei raggi
cosmici all’interno dell’eliosfera. Siamo particolarmente interessati a verificare se ci
sia o meno una variazione significativa dei valori della frazione di positroni dovuta
all’inversione di polarità del campo magnetico solare e quindi di quello eliosferico.
Per compiere quest’analisi, si è fatto uso dei dati di PAMELA e di programmi in
linguaggio C++, contenenti funzioni, metodi e classi ad oggetti propri delle librerie
dei software sviluppati per PAMELA e di ROOT. Si è fatto inoltre uso della potenza
di calcolo della farm della sezione INFN di Trieste.
3.2
La frazione di positroni
Misure simultanee di elettroni e positroni cosmici sono fondamentali per una migliore
comprensione della dipendenza dal segno della carica elettrica nella modulazione
solare, in quanto i raggi cosmici attraversano regioni diverse dell’eliosfera a seconda
del segno della loro carica elettrica e della polarità del campo magnetico eliosferico,
come discusso nel paragrafo 1.4.5. In Figura 3.1 si possono osservare i valori della
frazione di positroni in funzione dell’energia, osservati da vari esperimenti nel corso
del 23◦ ciclo solare, in fase di polarità positiva. Si nota come i risultati sperimentali
siano in accordo con la curva teorica ricavata dai fisici Moskalenko e Strong per
la frazione di positroni all’interno dell’eliosfera. Tale curva è stata ottenuta dal
codice GALPROP, sviluppato da Moskalenko e Strong alla fine del secolo scorso
ed in grado di simulare la propagazione di raggi cosmici con un buon accordo con
i dati sperimentali osservati [35]. In particolare il codice tiene conto di effetti di
riaccelerazione diffusiva e di frammentazione e perdita di energia, computate usando
19
Moskalenko and Strong, ApJ 493, 694 (1998)
-
Frazione di positroni #(e ) / ( #(e ) + #(e ) )
0.25
HEAT00
AMS-01
+
HEAT94+95
CAPRICE98
+
0.2
0.15
0.1
0.05
0.5
1
2
3
4 5 6 7 8 10
20
30 40
100
Energia (GeV)
Figura 3.1: Curva teorica di Moskalenko e Strong per la frazione di positroni [35]
e dati sperimentali di HEAT00 [36], AMS-01 [37], HEAT94-95 [38] e CAPRICE98
[39] durante la fase di polarità positiva del 23◦ ciclo solare.
distribuzioni realistiche del gas interstellare e delle fasce di radiazione. Vedremo in
seguito però come la curva di Moskalenko e Strong per la frazione positroni non
risulta in accordo con i valori registrati da PAMELA e altri esperimenti nel corso
del periodo di polarità negativa del campo magnetico eliosferico.
3.3
La selezione degli eventi
Per misurare i valori della frazione di positroni dai dati registrati da PAMELA,
bisogna per prima cosa implementare delle selezioni che vadano a scegliere tra tutti
gli eventi a disposizione solo quelli riguardanti elettroni e positroni, in un range di
energia adatto allo studio degli effetti della modulazione solare su di essi.
Si richiede quindi che la particella corrispondente all’evento dia il trigger all’apparato di PAMELA, attraversando gli scintillatori S1 e S3, localizzati sopra e sotto
il sistema di tracciamento. Vengono poi selezionati solo eventi puliti, richiedendo
all’evento una traccia unica all’interno dello spettrometro magnetico con un χ2 /ndf
vicino ad 1 nel processo di fit; in più la traiettoria della particella deve essere interamente contenuta all’interno dell’accettanza dello strumento e non deve colpire
gli scintillatori CARD e CAT. Vengono scelti inoltre soltanto eventi corrispondenti
a particelle che attraversano l’apparato dall’alto verso il basso, richiedendo valori
di β calcolati dal ToF positivi e vicini ad 1. Positroni ed elettroni vengono poi
selezionati dal resto delle altre particelle rivelate richiedendo una curvatura della
traccia positiva per positroni e negativa per elettroni ed identificando le particelle
20
unita arbitrarie
dE
con una perdita di energia per ionizzazione dX
consistente con quella prevista da un
elettrone nei piani scintillatori del ToF e nei piani in silicio del tracker.
Per quel che riguarda la qualità della traccia e la reiezione del fondo sono state prese in considerazione due selezioni differenti. La prima selezione è quella già
utilizzata per la misura di elettroni pubblicata da PAMELA [17]. La seconda selezione è stata sviluppata nell’ambito di questo lavoro di tesi al fine di ridurre la
contaminazione di protoni nel campione di positroni e di incrementare la statistica. Una statistica più elevata, infatti, permette di osservare meglio gli effetti della
modulazione, specialmente nel periodo di maggior rilevanza corrispondente all’inversione di polarità del campo magnetico solare. Nella nuova selezione sono state
applicate delle condizioni più efficienti per quel che riguarda le variabili relative alla
topologia degli sciami di particelle all’interno del calorimetro e il confronto tra la
rigidità misurata dal calorimetro e quella misurata dal tracker. Inoltre, dato che
l’efficienza del tracker di PAMELA cala progressivamente in funzione del tempo a
causa dell’invecchiamento dei rivelatori al silicio, sono state rilasciate le condizioni
sulla qualità della traccia all’interno dello spettrometro.
Applicando queste selezioni ho ottenuto dei files contenenti gli eventi giornalieri
corrispondenti agli elettroni e ai positroni con le rispettive rigidità. Poichè PAMELA segue un orbita che varia in latitudine con un’inclinazione di 70◦ , i dati sono
stati classificati in 16 fasce di cutoff verticale geomagnetico, valutate usando l’approssimazione di Störmer, a seconda della latitudine di PAMELA nel momento di
registrazione dell’evento. Ciò permetterà in seguito di separare le particelle di origine cosmica dalle particelle di albedo formatesi nell’atmosfera. Ogni istogramma
presenta 22 bin di dimensione variabile in rigidità all’interno di un range compreso
tra i 0.04 GV e i 10 GV in ascissa e il numero di particelle, elettroni e positroni, diviso per la larghezza del bin, in ordinata. In Figura 3.2 viene riportato l’istogramma
elettroni
positroni
5
3×10
5
2×10
10
5
3×104
4
2×10
104
3
3×10
3
2×10
10
3
valori sotto il cutoff
3×10
2×102
2
10
2
30
0.04
0.1
0.2
0.3 0.4
1
cutoff: 1.21615 GV
2
3
4
5 6 7 8 910
rigidita (GV)
Figura 3.2: Il numero di elettroni e positroni diviso per la larghezza del bin in
funzione della rigidità, riferito alla fascia di cutoff [0.93 – 1.216] GV contenente
tutti gli eventi da giugno 2006 a luglio 2015.
corrispondente alla fascia di cutoff [0.93 – 1.216] GV. Il valore massimo di soglia in
21
rigidità per questa fascia, 1.216 GV, corrisponde alla linea verticale continua nera
nel grafico. Le barre di errore verticali sui valori rappresentano le deviazioni standard sul numero di elettroni e di positroni, divise per la larghezza del bin e calcolate
con la distribuzione binomiale; data l’elevata statistica sono quasi sempre incluse
nei punti. Quelle orizzontali indicano la larghezza del bin in rigidità. Si può vedere
come, al di sotto del valore di cutoff, il numero di elettroni e positroni normalizzati
per la larghezza del bin in funzione della rigidità assumano valori molto simili. Ciò
è dovuto principalmente alla presenza di particelle di albedo nel conteggio di elettroni e positroni. La popolazione di elettroni e positroni nelle particelle di albedo
rientranti è, infatti, quasi identica [40]. Si nota invece come già in prossimità del
valore di cutoff i due andamenti si discostano; oltre tale valore di rigidità le particelle di albedo sono presenti in quantità trascurabile rispetto al numero di elettroni
e positroni cosmici. La linea tratteggiata rappresenta il valore di soglia in rigidità
moltiplicato per un coefficiente pari a 1.3. Tale valore di soglia verrà utilizzato nel
seguito per separare le particelle galattiche da quelle di albedo, come in [26].
A questo punto è possibile già ricavare per ogni fascia di cutoff gli istogrammi
con i valori della frazione di positroni in funzione della rigidità nel range compreso
tra 0.04 GV e 10 GV, calcolando per ogni bin il rapporto tra il numero di positroni e
la somma del numero di positroni e di elettroni. L’istogramma in Figura 3.3 riporta
la frazione di positroni calcolata nella fascia di cutoff [0.93 – 1.216] GV in funzione
della rigidità. L’errore statistico sul valore della frazione di positroni in ogni bin
è stato calcolato attraverso la legge di propagazione della varianza, assumendo a
sua volta che la deviazione standard sul numero di elettroni e di positroni segua
la distribuzione binomiale data l’elevata statistica e che i singoli eventi non siano
correlati tra loro. Le barre di errore in rigidità rappresentano anche in questo caso
la semilarghezza del bin. Si può osservare come sotto il valore di cutoff in rigidità
il valore della frazione di positroni è abbastanza costante e si allinea attorno ad un
valore di 0.5 con il decrescere dell’energia. Questo fenomeno è dovuto al fatto che
le particelle e le antiparticelle di albedo sono prodotte in uguale quantità durante
i processi d’interazione e collisione tra i raggi cosmici e le particelle dell’atmosfera.
Oltre il valore di cutoff, indicato dalla linea verticale nera in Figura 3.3, i valori sono
in accordo con quelli attesi per la frazione di positroni nei raggi cosmici.
Non potendo distinguere i raggi cosmici galattici da quelli albedo rientranti al
di sotto del valore di cutoff in rigidità, ho selezionato elettroni e positroni di origine
galattica, scegliendo solo le particelle con un valore di rigidità almeno 1.3 volte
maggiore del cutoff verticale geomagnetico. In questo modo ho potuto escludere
le particelle di albedo, sommare i dati delle 16 fasce di cutoff, ottenendo un unico
istogramma contenente il numero di elettroni e positroni in funzione dell’energia. A
questo punto è possibile misurare la frazione di positroni come in Figura 3.4.
In Figura 3.4 è riportata la frazione di positroni, calcolata per i dati relativi al
primo semestre dell’anno 2011. Infatti, per ottenere una statistica significativa con
cui sia possibile osservare un’evoluzione temporale dei valori studiati, i dati sono
stati raggruppati in 18 semestri. Dall’istogramma in Figura 3.4 si nota immediatamente come gli effetti di cutoff a bassi valori di rigidità siano stati eliminati. Anche
in questo caso gli errori in ordinata sono puramente statistici e quelli in ascissa
rappresentano la semilarghezza del bin. In seguito il range in rigidità che andrò
ad analizzare verrà ridotto. A basse rigidità partirò da 0.5 GV per eliminare ulteriormente il contributo dovuto a contaminazioni da parte di particelle prodotte
22
[e +/(e + + e-)]
1
frazione di positroni
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.08
0.07
0.06
0.05
valori sotto il cutoff
0.04
0.03
0.04
0.1
0.2
0.3 0.4
1
2
3
4 5 6 7 8 10
rigidita (GV)
cutoff: 1.21615 GV
[e+/(e + + e - )]
Figura 3.3: La frazione di positroni in funzione della rigidità riferito alla fascia di
cutoff [0.93 – 1.216] GV contenente tutti gli eventi da giugno 2006 a luglio 2015.
frazione di positroni
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.07
0.06
0.05
0.04
0.03
0.02
0.04
0.1
0.2
0.3 0.4
1
2
3
4 5 6 7 8 10
rigidita (GV)
Figura 3.4: La frazione di positroni in funzione della rigidità riferito al primo
semestre dell’anno 2011 (gennaio 2011 – giugno 2011).
23
localmente in prossimità dell’apparato o di origine atmosferica e solare.
3.4
Risultati in funzione dell’energia
0.14
PAMELA 2006-2009
AMS-02 2011-2012
PAMELA 2006-2015 I selezione
+
PAMELA 2006-2015 II selezione
0.12
+
Frazione di positroni #(e ) / ( #(e ) + #(e - ) )
Definita la procedura necessaria ad ottenere la frazione di positroni, si è innanzitutto
verificato che i risultati ottenuti dalle due selezioni siano consistenti tra loro e con
i risultati di altri esperimenti che misurano la frazione di positroni, all’interno di
un range energetico compreso tra i 0.5 e i 10 GeV. In Figura 3.5 si può dunque
0.1
0.08
0.06
0.04
0.5
1
2
3
4
5
6 7 8 9 10
Energia (GeV)
Figura 3.5: Confronto dei valori della frazione di positroni ottenuti sull’intero
periodo temporale di osservazione con le due selezioni differenti descritte nel testo.
notare come i valori della frazione di positroni derivati dalle due selezioni differenti
(punti rossi e verdi) siano compatibili tra di loro e con misure precedenti, risultando
inferiori rispetto ai valori teorici aspettati dal curva di Moskalenko e Strong, curva
continua nera nel grafico. Le due selezioni sono compatibili al di sotto di 2 GeV
mentre differiscono significativamente al di sopra dove solo la seconda selezione è in
accordo con gli altri risultati grazie al suo migliore potere di reiezione dei protoni.
La seconda selezione , inoltre, risulta avere circa otto volte la statistica della prima.
Le barre di errore, rappresentanti i valori di deviazione standard, risultano molto
ridotte grazie all’elevata statistica in entrambe le selezioni. Tuttavia il valore medio
della frazione di positroni misurato utilizzando i dati acquisiti da PAMELA dal 2006
al 2015 non permette di distinguere le variazioni dovute alla modulazione solare dei
raggi cosmici. A questo punto, quindi, sono stati confrontati i valori ottenuti dalla
mia analisi dei dati attraverso la seconda selezione in diversi periodi temporali.
24
3.5
Risultati in funzione del tempo
I miei risultati sono stati innanzitutto confrontati con quelli ottenuti dall’esperimento AMS-02 registrati nello stesso periodo di tempo compreso tra il 19 maggio 2011
e il 10 dicembre 2012 [41]. Il range di energia d’interesse è compreso tra i 0.5 GeV e
i 10 GeV, regione dello spettro energetico in cui gli effetti della modulazione solare
è più evidente.
Dal grafico in Figura 3.6 si può osservare come i valori da me trovati a partire dai
PAMELA
-
Frazione di positroni #(e ) / ( #(e ) + #(e ) )
0.14
AMS-02 2011-2012
+
0.12
+
PAMELA 2011-2012 II selezione
0.1
0.08
0.06
0.04
0.02
0.5
1
2
3
4
5
6 7 8 9 10
Energia (GeV)
Figura 3.6: Confronto dei valori della frazione di positroni in funzione dell’energia
con i dati di AMS-02 [41] e di PAMELA [42] nel periodo temporale compreso tra
il 19 maggio 2011 e il 10 dicembre 2012. Gli errori riportati in figura sono quelli
statistici.
dati di PAMELA al di sopra di 0.7 GeV siano compatibili all’interno di una deviazione standard sia con i valori registrati da AMS-02 nello stesso periodo temporale,
sia con i valori di PAMELA [42] con dati relativi al periodo temporale compreso tra
il giugno 2006 e il dicembre 2009, dimostrando la bontà delle selezioni attuate finora.
Il punto tra 0.5 e 0.7 GeV risulta più alto indicando o una possibile contaminazione
nei miei dati o una sottostima della frazione di positroni da parte di AMS-02.
Poichè i dati di PAMELA a disposizione riguardano il periodo temporale compreso tra giugno 2006 e luglio 2015, è stato deciso di calcolare la frazione di positroni
in funzione dell’energia in semestri. Ho quindi creato un grafico in cui sono rappresentati gli andamenti della frazione di positroni sull’energia di ognuno dei semestri
e confrontati con i dati di AMS-02, PAMELA e la curva teorica di Moskalenko e
Strong. I dati in Figura 3.7 rappresentano i valori corrispondenti alla seconda selezione applicata al calorimetro e al tracker, che permette di avere una statistica più
25
elevata. Dal grafico si possono osservare gli andamenti della frazione di positroni a
2015
0.2
2014
0.18
2013
0.16
2012
0.14
2011
0.12
2010
0.1
2009
0.08
2008
0.06
2007
+
+
-
Frazione di positroni #(e ) / ( #(e ) + #(e ) )
0.22
0.04
0.5
1
2
3
4
5 6 7 8 9
Energia (GeV)
2006
Figura 3.7: I valori della frazione di positroni divisi per semestre e mostrati in colore
differente.
seconda della rigidità e del tempo. Le 18 linee di colore differente presentano i valori
della frazione di positroni calcolati nei 18 semestri compresi tra giugno 2006 e luglio
2015. Si nota come i valori della frazione di positroni oscillano nei vari semestri
a parità di valore di rigidità. Inoltre l’ultimo semestre, corrispondente alla prima
metà del 2015 e all’inversione di polarità del campo magnetico eliosferico presenta
valori più elevati e si avvicina alla curva di Moskalenko e Strong.
Per una migliore visualizzazione dell’andamento temporale si è preferito scegliere
dei valori di rigidità fissati e creare grafici tempo-rigidità. In ascissa sono presenti
anno e mese centrale del semestre selezionato mentre in ordinata è presente il valore
della frazione di positroni. In Figura 3.8 sono stati confrontati gli andamenti temporali della frazione di positroni ottenuti con le due differenti selezioni con valori di
rigidità media pari a 0.6 GV, 1.0 GV e 1.85 GV. Queste rigidità sono state scelte
in quanto maggiormente soggette alla modulazione solare. Inoltre anche la prima
26
Frazione di positroni
0.6 GV
selezione è affidabile in questa finestra di energia. I risultati ottenuti con la prima
selezione presentano degli errori statistici relativi ai valori di frazione di positroni
particolarmente elevati negli ultimi due semestri, impedendo di poter osservare qualsiasi effetto dovuta all’inversione di polarità del campo magnetico solare. Si osserva
facilmente invece come la maggior statistica della seconda selezione permetta di
avere delle barre di errore minori, in particolare per il valore registrato nel semestre
relativo all’anno 2015. Dai risultati in Figura 3.8 dovuti alla seconda selezione si può
notare come siano presenti delle fluttuazioni lungo tutto l’andamento e non si può
escludere un aumento del valore della frazione di positroni nell’ultimo periodo, in
particolare nel semestre del 2015 come ci si aspettava a causa del cambio di polarità
del campo magnetico solare e quindi di quello eliosferico. Si può osservare inoltre
0.22
comeI selezione
nel secondo semestre del 2009 e nel primo semestre del 2010 ci sia un incre0.2
dei valore, aspetto che potrebbe essere determinato dal minimo dell’attività
0.18mento
II selezione
0.16
solare nel corrispondente periodo.
0.14
0.12
0.1
0.08
0.06
0.04
12/2005
07/2006
01/2007
07/2007
02/2008
08/2008
03/2009
09/2009
04/2010
10/2010
05/2011
11/2011
05/2012
12/2012
06/2013
01/2014
07/2014
02/2015
08/2015
03/2016
02/2008
08/2008
03/2009
09/2009
04/2010
10/2010
05/2011
11/2011
05/2012
12/2012
06/2013
01/2014
07/2014
02/2015
08/2015
03/2016
02/2008
08/2008
03/2009
09/2009
04/2010
10/2010
05/2011
11/2011
05/2012
12/2012
06/2013
01/2014
07/2014
02/2015
08/2015
03/2016
tempo
Frazione di positroni
1 GV
0.22
0.2
0.18
I selezione
II selezione
0.16
0.14
0.12
0.1
0.08
0.06
0.04
12/2005
07/2006
01/2007
07/2007
tempo
Frazione di positroni
1.85 GV
0.22
0.2
0.18
I selezione
II selezione
0.16
0.14
0.12
0.1
0.08
0.06
0.04
12/2005
07/2006
01/2007
07/2007
Figura 3.8: I valori della frazione di positroni in funzione del tempo a rigidità media
fissata nelle due selezioni. L’istogramma in alto presenta i valori della frazione di
positroni a rigidità media pari 0.6 GV, quello centrale a 1.0 GV, quello in basso a
1.85 GV. I valori della prima selezione sono stati traslati manualmente lungo l’asse
temporale per permettere una migliore visualizzazione.
27
tempo
Conclusioni
In questo lavoro di tesi si sono studiati gli effetti della modulazione solare sugli elettroni ed i positroni presenti nei raggi cosmici all’interno dell’eliosfera. In particolare
sono stati calcolati i valori della frazione di positroni all’interno di un intervallo di
energia, in cui la modulazione solare ha effetti significativi, e in un periodo temporale abbastanza esteso da presentare massimi e minimi dell’attività solare e un cambio
di polarità del campo magnetico eliosferico. A tale scopo sono stati utilizzati i dati
dell’esperimento PAMELA acquisiti tra il 2006 e il 2015. I risultati ottenuti mostrano come la frazione di positroni presenti delle variazioni in funzione del tempo
a parità di rigidità. Si è osservato come i valori della frazione di positroni misurati
negli anni 2011 e 2012 siano in accordo con quelli ottenuti da AMS-02 nello stesso
periodo. In aggiunta i risultati relativi al secondo semestre dell’anno 2009 e del
primo semestre dell’anno 2010 non escludono un aumento della frazione di positroni
dovuto alla fase di minimo dell’attività solare nel corrispondente periodo temporale.
Inoltre i valori misurati nel primo semestre dell’anno 2015 sono risultati più elevati
di quelli di tutti gli altri semestri a parità di energia e mostrano un maggior accordo
con la curva di Moskalenko e Strong; non si può quindi escludere che la frazione di
positroni stia tornando, seppur lentamente ai valori misurati nel ciclo solare precedente in fase di polarità magnetica positiva. Per uno studio futuro sarà possibile
utilizzare i programmi sviluppati in questo lavoro di tesi sui dati di PAMELA del
secondo semestre 2015 e del prossimo anno per osservare le variazioni della frazione
di positroni.
28
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