UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA Scuola di Economia e Statistica Corso di laurea in Scienze Economico Aziendali MINIBOND: UNA REALE FORMA ALTERNATIVA DI FINANZIAMENTO? Relatore: Prof. Giovanni BANDERA Tesi di Laurea di: Dennis MAORET Matr. N. 726750 Anno Accademico 2013/2014 INDICE Prefazione ........................................................................................................................ 3 CAPITOLO 1: LA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE IN ITALIA ................... 8 Quadro congiunturale ....................................................................................................... 8 Il credito razionato .......................................................................................................... 15 I c.d. Corporate Bonds .................................................................................................... 20 La dipendenza delle imprese italiane dal sistema bancario ............................................ 24 CAPITOLO 2: LE CARATTERISTICHE GENERALI DEI MINI-BOND ............................. 29 La normativa di riferimento ............................................................................................. 29 Le novità introdotte dal Decreto “Destinazione Italia” .................................................. 34 Le novità introdotte dal Decreto “Competitività” .......................................................... 36 Gli aspetti tecnici ............................................................................................................ 37 Il ruolo dell’advisor....................................................................................................... 37 Il ruolo dell’arranger..................................................................................................... 39 La fase di quotazione sul mercato ............................................................................... 41 La funzione del rating .................................................................................................. 43 Le caratteristiche di un emittente – tipo ....................................................................... 44 Il costo dell’emissione di mini-bond ............................................................................. 45 Le garanzie richieste in caso di emissione di mini-bond.............................................. 46 CAPITOLO 3: ACCESSO AI MERCATI FINANZIARI ...................................................... 50 Analisi dei costi e dei benefici ......................................................................................... 50 Il costo di un’emissione di mini-bond ........................................................................... 50 Il confronto con il costo del finanziamento bancario .................................................... 51 CAPITOLO 4: STATO ATTUALE DEL MERCATO DEI MINI-BOND ............................... 58 Le imprese potenzialmente coinvolte ............................................................................. 58 Lo stato attuale del segmento ExtraMot Pro di Borsa Italiana ........................................ 59 Finalità dell’emissione ................................................................................................. 65 I fondi di investimento già attivi ....................................................................................... 67 I mercati obbligazionari per le PMI in Europa ................................................................ 68 CAPITOLO 5: IL PUNTO DI VISTA DI UN INVESTITORE ............................................... 73 Conclusioni ..................................................................................................................... 79 Bibliografia ...................................................................................................................... 83 1 2 Prefazione Il presente elaborato dal titolo “Minibond: una reale forma alternativa di finanziamento?” si pone l’obiettivo di analizzare l’evoluzione del tema del finanziamento delle piccole e medie imprese alla luce delle novità legislative introdotte con i decreti legge “Sviluppo” (D.L. 22 giugno 2012, n. 83), “Sviluppo Bis” (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179), “Destinazione Italia” (D.L. 23 dicembre 2013, n. 145) e “Competitività” (D.L. 24 giugno 2014, n. 91). Gli interventi legislativi precedentemente indicati rappresentano in verità l’evoluzione di un progetto nato molti anni prima con la Legge 13 gennaio 1994 e i successivi tentativi di riforma che non aveva ottenuto il successo auspicato dal Legislatore. L’obiettivo che si è inteso raggiungere con il recente percorso di legiferazione è di permettere alle piccole e medie imprese italiane gestite in maniera sana ed efficiente di rendersi maggiormente autonome dal finanziamento bancario e di poter accedere a modalità di finanziamento diverse, soprattutto in un momento di forte contrazione del credito com’è quello che stiamo vivendo. In quest’ottica, si è reso possibile per una PMI, anche se non possiede azioni quotate in un mercato regolamentato, emettere un prestito obbligazionario prevedendo contestualmente dei vantaggi di natura fiscale per le imprese che intraprendono questa strada. Perché l’obiettivo sia effettivamente raggiunto, è indispensabile che si crei un vero e proprio mercato che faccia la sua parte, investendo nei titoli emessi dalle PMI, definiti d’ora in avanti mini-bond. Il presente lavoro vuole fornire quindi una panoramica quanto più possibile esaustiva di quali sono le novità introdotte dalla legge e soprattutto quali conseguenze pratiche possono comportare per le imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della nuova normativa. L’elaborato si compone di 5 capitoli. Il capitolo 1, intitolato “La struttura finanziaria delle imprese in Italia”, si apre con un paragrafo nel quale si è descritta l’attuale situazione congiunturale dell’imprenditoria italiana caratterizzata dalla presenza preponderante di piccole imprese, le quali rappresentato la quasi totalità delle imprese italiane (99,9%), che sono nella maggior parte dei casi gestiti secondo un modello di business molto elementare e soggette a controllo familiare. Un dato ulteriormente interessante rivela che la titolarità del capitale, coerentemente con la forma di business, non è diffusa e anzi mediamente il primo socio detiene da solo quasi il 70% del capitale. Questa caratteristica strutturale si riflette in una situazione per cui la presenza di veri e propri manager è limitata a poco più del 5% delle imprese se considerate sulla base del macrosettore cui appartengono. Considerando invece il numero di dipendenti i dati 3 mostrano che a maggior numero di dipendenti corrisponde una più alta probabilità che l’azienda sia a gestione manageriale (circa 25% delle imprese con numero di addetti tra 50 e 250 e 40% delle imprese con più di 250 addetti). Il capitolo prosegue con un'analisi dei dati dell’andamento dell’economia che ancora per il primo trimestre del 2014 evidenziano un calo del PIL rispetto al periodo precedente così come un calo degli investimenti e della domanda nazionale. A ciò si aggiunge il fenomeno del credit crunch, cioè di una forte contrazione del credito da parte delle banche alle imprese, che, nonostante un cauto miglioramento nel trimestre che è terminato a giugno 2014, continua una tendenza negativa cominciata nel 2011 e ulteriormente aggravata dall’aumento dei tassi di interesse richiesti. Le cause che hanno portato le banche a contrarre i finanziamenti possono essere rinvenute innanzitutto in un peggioramento della qualità del credito concesso alle imprese e poi nell’introduzione di requisiti patrimoniali più stringenti e nell’avvio di un processo cosiddetto di asset quality review. Il terzo punto trattato nel capitolo riguarda l’analisi del mercato delle obbligazioni societarie, o corporate bonds, che ha visto nel 2013 il suo anno d’oro. I dati mostrano che sono aumentate le emissioni di obbligazioni societarie sia negli Stati Uniti che nella zona dell’Euro e, in particolare, anche in Italia, dove le emissioni, al netto dei rimborsi, nel 2013 si attestano a più di 20 miliardi di euro1. Il quarto e ultimo paragrafo del capitolo 1 analizza il grado di dipendenza dal sistema bancario delle imprese italiane nel confronto con quelle di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Le imprese italiane sono quelle che maggiormente ricorrono all’indebitamento bancario, il cui peso sul totale dei debiti finanziari si attesta a circa il 66%. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal ricorso al capitale di rischio. In quest’ottica solo le aziende spagnole sono più chiuse di quelle italiane ai capitali di terzi. Il secondo capitolo rappresenta la parte centrale del lavoro poiché riguarda le caratteristiche dello strumento oggetto della presente tesi di laurea, i mini-bond. La prima parte è intitolata “La normativa di riferimento” ed intuitivamente contiene una rassegna dei principali testi normativi che regolano l’emissione obbligazionaria da parte di imprese di piccole e medie dimensioni. I pilastri portanti della normativa sono i poco sopra menzionati decreti legge 22 giugno 2012 n. 83 convertito dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134 2 e 18 ottobre 2012 n. 179 1 2 Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, pag. 198, tav. 15.1. Testo coordinato del Decreto 83/2012 e della Legge di conversione 134/2012 al link: http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazz etta=2012-08-11&atto.codiceRedazionale=12A08941 4 convertito dalla Legge 17 dicembre 2012 n. 2213, noti rispettivamente come Decreto Sviluppo e Decreto Sviluppo Bis. Tra le novità introdotte dalla recente riforma normativa, una fra le più importanti riguarda sicuramente l’estensione della deroga ai limiti all’emissione imposti dal Codice Civile anche alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, a prescindere dal fatto che le azioni della società emittente siano o meno quotate. Ulteriore novità riguarda il trattamento fiscale. Secondo l’attuale quadro normativo, le società emittenti mini-bond che non abbiano azioni quotate possono godere del privilegio della deducibilità degli interessi passivi nei limiti del 30% del risultato operativo lordo e a condizione che i titoli siano detenuti da investitori istituzionali, che questi non detengano direttamente o indirettamente più del 2% del capitale sociale dell’emittente e che il beneficiario dei proventi sia residente in Italia o in un paese che garantisce adeguato scambio di informazioni. In secondo luogo è prevista la possibilità di dedurre i costi di emissione nello stesso esercizio in cui sono stati sostenuti. Terzo, è esteso alle società non quotate il beneficio dell’esenzione della ritenuta su interessi e altri proventi a condizione che i titoli emessi siano quotati in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione. Ulteriori interventi riformatori si sono avuti con il Decreto Legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito con modificazioni dalla Legge 21 febbraio 2014 n. 9 4 e noto come Decreto Destinazione Italia. La principale novità contenuta in questo testo riguarda la possibilità di investire in titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione di obbligazioni o titoli similari anche se non quotati e privi di rating per le imprese di assicurazioni e i fondi pensione. Da ultimo è intervenuto il Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 91, convertito dalla Legge 11 agosto 2014 n. 1165, il cosiddetto Decreto Competitività. La principale novità introdotta da questo decreto è una nuova estensione del privilegio dell’esenzione dall’applicazione della ritenuta agli interessi e agli atri proventi dopo quella introdotta dai Decreti Sviluppo. Ora l’esenzione si applica anche nel caso in cui le obbligazioni o i titoli similari non siano quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, a condizione che siano detenuti da uno o più investitori qualificati. 3 Testo coordinato del Decreto 179/2012 e della Legge di conversione 221/2012 al link: http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=201212-18&atto.codiceRedazionale=12A13277 4 Testo coordinato del Decreto 145/2013 e della Legge di conversione 9/2014 al link: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/12/23/13G00189/sg%20 5 Testo coordinato del Decreto 91/2014 e della Legge di conversione 116/2014 al link: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/08/20/14A06580/sg 5 In seguito a questa rassegna dei testi normativi, il capitolo contiene una veduta d’insieme degli aspetti più tecnici dell’emissione e quindi dei soggetti coinvolti e dei loro compiti. È in questa parte che si parlerà del ruolo dell’arranger e dell’advisor, della fase di quotazione, dell’utilità del rating, delle caratteristiche che deve avere un emittente per risultare attrattiva, dei costi delle emissioni e delle garanzie a copertura del prestito. Il capitolo 3 si intitola “accesso ai mercati finanziari” e contiene un'analisi dei costi e dei benefici per un'impresa che decida di ricorrere all’emissione obbligazionaria. In questa parte si trova anche una sezione in cui è approfondito il tema dei costi di emissione accennato nel capitolo precedente. In seguito, è stata fatta una comparazione con il costo delle principali alternative ovvero il finanziamento bancario in primis e aperture di credito in conto corrente, anticipi e sconti, factoring, mutui, le obbligazioni high – yield e il finanziamento a mezzo del debito mezzanino a seguire. In questo modo si è cercato di capire se e quanto il ricorso al minibond fosse un’operazione costosa rispetto ad altre forme di finanziamento. Si è poi effettuata un’analisi sul costo medio del debito prima dell’emissione su un campione di 15 imprese che nel corso del 2014 hanno emesso un prestito obbligazionario, al fine di poter comprendere l’effettivo impatto di un’operazione di emissione sul costo medio del capitale. Nel capitolo 4 si è presentata la situazione attuale del mercato dei mini-bond in Italia. Dapprima si è cercato di rispondere alla domanda su quali e quante fossero le imprese potenzialmente coinvolte, nonostante diverse ricerche mostrino risultati anche molto differenti tra loro. In seguito è stata elaborata una tavola che contiene tutte le emissioni obbligazionarie quotate nel segmento professionale ExtraMot Pro alla data di redazione analizzando importi dell’emissione, data di inizio negoziazione, cedola annua, disponibilità di un rating, scadenza e presenza di garanzie al fine di estrapolare dati utili a comprendere a che punto sia lo sviluppo del mercato per i mini-bond. Dopo aver determinato quanto sopra detto, si è utilizzata un’interessante ricerca6 di una società di consulenza strategica per capire se le emissioni di mini-bond fossero state finalizzate allo sviluppo, scopo per cui sono stati pensati, o sostenere la sopravvivenza e il risultato non è purtroppo soddisfacente. Il paragrafo successivo traccia il quadro dello sviluppo del mercato dal lato degli investitori, mostrando quali sono i fondi destinati all’investimento in mini-bond che sono stati già attivati. 6 CSE Crescendo, Minibond: strumenti di sviluppo o sopravvivenza?, in "I rapporti di CSE Crescendo", 7 marzo 2014. 6 L’ultimo paragrafo del capitolo 4 è invece una rassegna dello stato attuale di mercati stranieri assimilabili a ExtraMot Pro, con riferimento in particolare a Norvegia, Germania, Francia e Spagna. Questa sezione si basa su una ricerca realizzata dall’Accademia Italiana Di Economia Aziendale (AIDEA) e CRIF7 che analizza i mercati obbligazionari dei quattro paesi indicati per farne un confronto con il segmento professionale di Borsa Italiana destinato alla quotazione dei mini-bond e trarre indicazioni su eventuali interventi ancora mancanti per restringere il gap con i mercati più efficienti. Il capitolo 5, dl titolo “Il punto di vista di un investitore” riporta la testimonianza del Dott. Francesco Franchini, partner di Ver Capital Sgr, una società di gestione del risparmio che ha istituito un fondo destinato all’investimento in obbligazioni emesse da piccole e medie imprese italiane. La sua testimonianza verterà sul tema del pricing e, in maniera più approfondita, sul processo che va dalla scelta di potenziali operazioni di finanziamento fino alla decisione finale di investimento. 7 Si veda la ricerca dal titolo “I mercati delle passività delle PMI” di AIDEA – CRIF pubblicata il 9 marzo 2014. 7 CAPITOLO 1: LA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE IN ITALIA Quadro congiunturale Il tessuto imprenditoriale italiano è fortemente caratterizzato dalla presenza di imprese di piccole, anzi piccolissime, e medie dimensioni, che, come si può rilevare dalla Scheda Informativa sullo Small Business Act 2013 della Commissione Europea, costituiscono il 99,9% dell’universo delle attività imprenditoriali in Italia. Questo dato è tuttavia in linea con la media europea che si attesta al 99,8%.8 Entrando più a fondo nella questione si nota che addirittura il 94,4% (contro il 92,1% della media europea) delle imprese italiane è classificabile come micro-impresa, intendendosi con questa definizione un’attività contraddistinta da meno di 10 dipendenti e da un fatturato annuo o totale di bilancio inferiore ai 2 milioni di euro. Fonte: rielaborazione dell’autore su dati Commissione Europea basati su stime per il 2012 elaborate da London Economics sulla base di dati relativi al periodo 2008 – 2010 forniti dalla banca dati sulle statistiche strutturali d’impresa Eurostat. (a) Si considera micro impresa un’impresa con meno di 10 dipendenti e fatturato minore di 2 milioni di euro oppure totale di bilancio minore di 2 mi lioni di euro. (b) Si considera piccola impresa un’impresa con meno di 50 dipendenti e fatturato minore di 10 milioni di euro o totale di bilancio minore di 10 milioni di euro. (c) Si considera media impresa un’impresa con meno di 250 dipendenti e fatturato minore di 50 milioni di euro o totale di bilancio minore di 43 milioni di euro. Di particolare rilevanza è l’analisi degli assetti proprietari. Indipendentemente dalle dimensioni, il 72% delle nostre imprese è soggetto a controllo familiare, a fronte di solo un 28% che non lo è. In generale, a prescindere dal fatto l’impresa sia o no soggetta a controllo familiare, in più del 90% dei casi il socio di maggioranza è una persona fisica o una famiglia e detiene in media il 65% del capitale. Solo l’8% delle imprese ha come primo socio un’altra impresa e addirittura solo nello 0,5% sono banche o istituzioni finanziarie a ricoprire questo ruolo. 8 Commissione Europea, Scheda Informativa SBA 2013. 8 Come si evince dal dato sulla quota di capitale detenuta dal primo socio, nel nostro sistema imprenditoriale vi è una notevole concentrazione della proprietà. Infatti, come prima indicato, il primo socio detiene mediamente il 65% delle quote di capitale e i primi 3 soci cumulativamente ne detengono oltre il 92%. Il dato risulta ovviamente ancora più rilevante se si considerano le sole imprese a controllo familiare in cui il primo socio detiene più del 68% del capitale e i primi 3 il 93,4%. Ovviamente questi risultati assumono dimensioni diverse se si esegue una suddivisione delle aziende per classi dimensionali. Il fenomeno del controllo familiare è massimo tra le imprese che hanno da 1 a 9 dipendenti, avvicinando quota 75%, mentre è minimo, ma in ogni caso intorno al 30%, tra le imprese di grandi dimensioni (più di 250 addetti). Da un’altra prospettiva si evidenzia che il macrosettore le cui imprese sono maggiormente caratterizzate da controllo familiare è quello del commercio, con circa l’80% delle imprese interessate dal fenomeno. Negli altri macrosettori, come quelli dell’industria in senso stretto, delle costruzioni e dei servizi, la quota è stabile intorno al 70%. Tutto ciò si traduce in un contesto in cui la presenza di veri e propri manager è limitata a poco più del 5% delle aziende di ogni macrosettore ma che riguarda il 40% delle imprese con più di 250 addetti9. Fonte: Istat, Rapporto annuale sul 2013, pag.65 9 ISTAT, Rapporto annuale sul 2013, pagg. 65 e ss. 9 Fonti: Istat, rapporto annuale sul 2013, pag. 67 10 A questi aspetti strutturali dell’imprenditoria italiana, che da soli rappresentano punti potenzialmente deboli, si è aggiunta una fase congiunturale che dal 2008 ha messo a forte rischio la stabilità dell’economia del nostro paese. Come dimostrano i dati della Banca d’Italia10 nel primo trimestre del 2014 il PIL è in calo dello 0,1% rispetto al periodo precedente, interrompendo un andamento di crescita che era stato evidenziato nel quarto trimestre 2013 quando il prodotto interno lordo segnava un +0,1% rispetto al precedente trimestre. Complessivamente i dati parlano di una discesa dell’1,9% nel corso di tutto il 2013. A partire dal terzo trimestre 2013 sono invece in continua crescita le importazioni. Si è passati infatti da una crescita dell’1% nel terzo trimestre 2013 ad un +0,2% nel trimestre successivo fino ad un aumento dello 0,3% nel primo trimestre dell’anno in corso. Diverso l’andamento dei consumi delle famiglie che, in caduta fino al terzo trimestre del 2013, hanno segnato una lenta ripresa a partire del periodo successivo facendo segnare una crescita dello 0,1% nel primo trimestre 2014. Nel corso del 2013 a trainare la produzione industriale è stata la domanda estera che ha visto una crescita complessiva nell’anno dello 0,8% e che anche nel primo trimestre 2014 è in crescita rispetto al trimestre precedente (+0,2%). Fonte: Banca d’Italia, Bollettino Economico n.3, pag. 17, 18 luglio 2014 10 Banca d’Italia, Bollettino Economico n. 3, pagg. 17 e ss., 18 luglio 2014 11 Con riferimento alla produzione industriale si segnala un trend di crescita cominciato nel settembre 2013 e che ha portato a novembre un +0,3% sul mese precedente. Secondo le stime di ISTAT e Banca d’Italia questa tendenza sarebbe dovuta essere confermata nei primi mesi del 2014. Così è stato fino alla fine del primo trimestre del nuovo anno. Successivamente però, a partire da maggio 2014, c’è stato un calo dell’1,2% rispetto al mese di aprile e le stime per il secondo trimestre segnalano una caduta complessiva dello 0,5%11. Contrariamente a quanto sopra, ci sarebbe un miglioramento della fiducia degli imprenditori misurata dall’indice PMI (Purchasing Managers Index) 12. Questo indice è ottenuto attraverso un’indagine tra i direttori acquisti delle imprese ai quali sono poste domande circa il numero di impiegati, l’andamento della produzione, gli ordini ricevuti, i prezzi, la distribuzione e altre variabili. Un valore dell’indice superiore a 50 suggerisce un’espansione e a dicembre, per il sesto mese consecutivo, il valore dell’indice con riferimento al settore manifatturiero italiano è stato coerente con l’espansione dell’attività produttiva. Nella rilevazione di giugno l’indice ha continuato a crescere in maniera sostenuta, continuando una tendenza iniziata nella seconda metà del 2013. Da Giugno 2014, un fenomeno di deprezzamento dell’euro ha interrotto un trend di perdita di competitività delle imprese italiane che era cominciata nell’ottobre dell’anno precedente, quando al contrario la valuta era in fase di apprezzamento. La redditività delle imprese, calcolata dal rapporto tra margine operativo lordo (MOL) e valore aggiunto13, è stata in continuo peggioramento dal 2005 al secondo semestre del 2013 (con rare e contenute eccezioni tra il 2006 e il 2007 e poi tra il 2009 e il 2010), passando dal 37,4 al 31,4%. Ciò significa che in questi 8 anni la creazione di ricchezza è stata negativa e ha comportato una notevole riduzione degli utili e quindi della capacità di autofinanziamento. 11 Si confronti il Bollettino Economico n. 3, 18 luglio 2014, della Banca d’Italia, pag. 18. Per un dettaglio esaustivo delle caratteristiche dell’indice si veda ad esempio la definizione fornita dal sito di Borsa Italiana al seguente link: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/indicepmi138.htm (link consultato in data 17/03/2014) 13 Il Margine Operativo Lordo (MOL) è calcolato come la differenza tra il fatturato e il costo del venduto. Il valore aggiunto si ottiene invece sottraendo il costo del venduto dal valore della produzione. 12 12 Fonte: R. Calugi – G. Paglietti, Le dinamiche del credito, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” Correlato al precedente è il dato sul numero di imprese che hanno chiuso in utile l’esercizio 2013 e che si aggira intorno al 56%, in leggero aumento rispetto all’anno precedente, ma di gran lunga inferiore al dato del 2007, quando il 67% delle imprese censite prevedeva di realizzare un utile. Tra le imprese industriali vi sono però delle eccezioni. È infatti aumentata la quota di imprese in utile tra quelle che esportano almeno un terzo del fatturato e quelle che impiegano almeno 200 addetti evidenziando il fatto che il saldo tra imprese in utile e imprese in perdita cresce con la classe dimensionale. Fonte: testimonianza di Giorgio Gobbi in occasione dell’ “Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti fis cali e finanziari a sostegno della crescita, anche alla luce delle più recenti esperienze internazionali” tenutasi alla Camera dei Deputati (Roma) il 16 Ottobre 2013, figura 1. 13 Una dinamica sostanzialmente opposta rispetto all’andamento dell’indicatore dato dal rapporto tra MOL e valore aggiunto è quella registrata da un secondo indice di performance. Si tratta in questo caso del rapporto tra il fabbisogno finanziario delle imprese e i loro investimenti fissi lordi. Questo indice ha segnato un aumento di quasi 10 punti percentuali nel periodo 2005-2013 segnalando una crescita del fabbisogno finanziario delle imprese, dovuto in buona parte ad una struttura per scadenze che prevede una durata media delle passività minore di quella delle attività. Inoltre, l’aumento di tale rapporto è diretta conseguenza del peggioramento del primo indice. Infatti, le imprese coprono i propri fabbisogni finanziari o con mezzi propri o con finanziamenti da terzi e, come si è avuto modo di specificare sopra, il ricorso alla copertura con mezzi propri risente del calo della capacità di generare utili e di autofinanziarsi. Fonte: R. Calugi – G. Paglietti, Le dinamiche del credito, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” In quest’ottica diventa fondamentale il ricorso al capitale di terzi e all’indebitamento che, infatti, ha conosciuto un incremento quasi ininterrotto dal 2005. Ne è prova l’andamento dell’indicatore di riferimento, il rapporto tra debiti finanziari e valore aggiunto, che è passato dal 151,2% al 188% del 201214. Il rapporto per il 2013 è pari al 182%, in diminuzione rispetto all’anno precedente15. A livello aggregato, i debiti finanziari delle imprese italiane ammontano a circa 1.300 miliardi di euro mentre il rapporto di indebitamento (o leverage16) è pari al 44%, in diminuzione sull’anno precedente ma comunque più elevato della media degli altri paesi della zona dell’euro. Il valore di mercato è pari quindi a circa 1.600 miliardi17. 14 Si veda R. Calugi – G. Paglietti, op. cit., pag. 7 Si confronti Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, pag. 183-184. 16 Il leverage di un’impresa è dato dal rapporto tra i debiti finanziari e la somma tra questi e il patrimonio netto. 17 Si confronti Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, tavola 14.6, pag. 183. 15 14 Questo dato è notevolmente maggiore di quanto si possa riscontrare invece in Francia o negli Stati Uniti, dove il rapporto assume un valore prossimo al 35%, ed è superiore anche alla media europea (42%)18. E ciò nonostante il debito delle imprese italiane in rapporto al PIL sia contenuto rispetto al confronto internazionale. Infatti il debito delle nostre imprese rappresenta l’ 81% del PIL del nostro paese, inferiore alla media della zona euro in cui il debito è pari al 100% del PIL e superiore solo a Germania e Stati Uniti, dove il rapporto è pari a 57 e 80%19. Il credito razionato Se da una parte abbiamo evidenziato un incremento dell’indebitamento finanziario delle imprese, dall’altra si assiste oramai sempre di più ad una stretta del credito da parte del sistema bancario al punto che a novembre 2013, picco negativo, la contrazione in Italia è stata di quasi il 6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente 20. Nell’area dell’Euro la contrazione è stata più contenuta, attestandosi al 3,6%. Successivamente, l’andamento dei prestiti bancari alle imprese non finanziarie italiane è leggermente migliorato rimanendo pur sempre in una fase di ristrettezza (una riduzione di poco meno del 4% ad agosto 2014 rispetto ad un anno prima). Nell’area dell’euro la contrazione è più ridotta, pari a -1% a maggio 2014 sul trimestre precedente21. Secondo un’indagine svolta dalla Banca d’Italia nel corso del 2013, in media, il 10% delle imprese che ha chiesto un finanziamento alle banche non l’ha ottenuto, con il picco del 16% tra le imprese che occupano fino a 50 addetti. Questo fenomeno di contrazione del finanziamento bancario, definito credit crunch, è dovuto essenzialmente a tre ordini di motivazioni. In primo luogo, un simile atteggiamento da parte delle banche riflette un peggioramento della qualità del credito, in particolare di quello concesso alle imprese. La quota di sofferenze sui prestiti alle imprese si attesta nel primo trimestre 2014 al 4,1%, in discesa rispetto al 4,5 dell’ultimo trimestre 2013 e al 4,8 del trimestre precedente. 18 Si veda fig. 6 della testimonianza di Giorgio Gobbi (Segreteria Tecnica per l’ Eurosistema e la Stabilità Finanziaria) in occasione dell’ “Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita, anche alla luce delle più recenti esperienze internazionali” tenutasi alla Camera dei Deputati (Roma) il 16 Ottobre 2013 19 Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, tabella 14.7, pag. 185. 20 Si veda Supplementi al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziaria. Moneta e banche, n. 43, 8 agosto 2014, fig. 2.1, pag. 23. 21 Si confronti il Bollettino Economico n. 3, 18 luglio 2014, pag. 12, della Banca d’Italia. 15 Il perché di un simile andamento può essere in parte spiegato dall’aumento in atto dall’inizio del 2011 del peso degli oneri finanziari sul margine operativo lordo, che ha toccato il valore di 22,7% alla fine del secondo semestre 201322. Il rapporto oneri finanziari/MOL ha risentito particolarmente di un altro evento che si sta verificando a livello europeo: l’aumento del differenziale dei tassi di interessi sui prestiti alle imprese tra l’Italia e la zona Euro. Questo evento rappresenta una controtendenza poiché fino agli inizi del 2012 le imprese italiane pagavano tassi di interesse sui prestiti mediamente inferiori ai competitor europei. Ad agosto 2013, un’impresa italiana che avesse ottenuto un prestito di importo inferiore al milione di euro avrebbe dovuto sostenere mediamente un tasso del 4,5%, mentre le imprese francesi e tedesche mediamente avrebbero pagato poco meno del 3%. La differenza è meno netta per i prestiti superiori al milione di euro, per i quali il tasso sopportato dalle aziende italiane sarebbe stato intorno al 3%, contro il 2% pagato in Francia e Germania. 22 Si veda R. Calugi – G. Paglietti, op. cit., pag. 8. 16 Fonte: testimonianza di Giorgio Gobbi figura 3. Una seconda causa è invece riscontrabile nei più rigidi parametri di patrimonializzazione imposti a livello europeo dall’accordo Basilea 3, che prevede requisiti patrimoniali e vincoli alla gestione della liquidità più stringenti. Il processo di deleveraging potrebbe ridurre gli impieghi nel settore privato di 160 – 200 miliardi di euro23. In terzo luogo, la stretta del credito può essere spiegata da un processo di asset quality review in atto tra le banche europee e che potrebbe portare nel 2014 a ricapitalizzazioni o a riduzioni degli attivi. I risultati dell’indagine sul credito bancario24 segnalano per il primo trimestre 2014 condizioni di offerta di prestiti alle imprese ancora restrittive, in particolare a causa delle incerte previsioni sull’andamento dell’attività economica. A partire dal secondo trimestre invece i criteri cominciano ad essere lievemente espansivi. L’ atteggiamento restrittivo è più marcato tra le banche di piccole dimensioni che risultano adottare criteri di concessione più stringenti25, anche se alcuni studi hanno evidenziato che soprattutto nella fase più acuta della crisi imprese che avessero stretti rapporti di collaborazione con banche minori mostrano una ridotta probabilità di essere razionate. Da un punto di vista operativo, questa tensione del credito dal lato dell’offerta si è manifestata prevalentemente in un aumento dei tassi di interesse che è stato applicato in misura quasi generalizzata dalle piccole banche rispetto a quelle di dimensioni maggiori che hanno invece attuato tale strategia nei confronti dei clienti più rischiosi. Oltre ciò, le piccole banche hanno reso l’accesso al credito oltremodo difficoltoso attraverso un aumento delle garanzie richieste a copertura del prestito. 23 Si veda S. Firpo, Oltre il credit crunch: il futuro dei Minibond, Milano, 25 febbraio 2013. Si vedano le note di commento della Banca d’Italia sull’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro del 30 aprile 2014 e del 30 luglio 2014. Le note sono disponibili al link https://www.bancaditalia.it/statistiche/indcamp/bls/risultati_ita/2014/note-commento 25 Si veda Banca d’Italia, Economie Regionali. La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale, n. 44, dicembre 2013, pagg.3 e ss. 24 17 Come in precedenza anticipato, il fenomeno della restrizione del credito colpisce in maniera molto diversa imprese di dimensioni diverse. La quota percentuale di imprese di piccole dimensioni (meno di 50 addetti) che nel corso dell’ultimo trimestre 2013 hanno segnalato un peggioramento delle condizioni di accesso al credito è doppia rispetto a quella delle grandi imprese (più di 250 addetti) e coerentemente con questo dato, nello stesso periodo circa il 18% delle piccole imprese ha dichiarato di non aver ricevuto il finanziamento richiesto contro solo il 9% delle imprese di dimensioni maggiori26. Nel trimestre che si è concluso a giugno 2014 è nettamente migliorata la percentuale di imprese con più di 50 dipendenti che ha lamentato difficoltà di accesso al credito, passando dal 13,2% del trimestre precedente al 4,1%27. Nei casi in cui il finanziamento sia stato invece concesso, il peggioramento delle condizioni di accesso si è manifestato sotto forma di maggiori tassi di interesse e di maggiori garanzie. L’analisi svolta da Albareto e Finaldi Russo28, mossi dall’intenzione di spiegare in che modo il sistema bancario abbia selezionato le imprese cui concedere finanziamenti, si è basata sull’esame di due attributi rilevanti all’interno di un’impresa: 1. Fragilità finanziaria; 2. Capacità di innovare. La considerazione iniziale dei due autori è che se un’azienda verte in una situazione finanziaria fragile, la mancata concessione di un finanziamento, o anche un profondo razionamento, può effettivamente aggravare gli squilibri finanziari e determinare, nella peggiore delle ipotesi, il fallimento. Per l’economia di un paese, però, è forse più grave una situazione in cui i finanziamenti siano razionati per imprese con elevate prospettive di crescita, nuocendo alla crescita stessa dell’economia nazionale. Ovviamente un’impresa in crisi finanziaria ha una più elevata probabilità di fallimento che induce l’intermediario a essere più prudente e a rigettare le domande di finanziamento, o a ridurne le entità, e a rendere più costoso il finanziamento per l’impresa richiedente. In alcuni casi però si insinua un processo, definito di evergreening o zombie lending, per cui le banche sono motivate a continuare il rapporto di finanziamento con le imprese per non incappare in pesanti perdite a seguito del default delle stesse 29. Le banche e gli altri intermediari finanziari si avvalgono di strumenti matematico-statistici per valutare il merito creditizio delle imprese che richiedono un finanziamento e questi metodi risultano poco efficaci nel cogliere informazioni che non siano tipicamente 26 Si veda Banca d’Italia, Bollettino Economico n.1, 17 gennaio 2014, pag 36. Si veda Banca d’Italia, Bollettino Economico n.3, 18 luglio 2014, pag 30. 28 G. Albareto – P. Finaldi Russo, Fragilità finanziaria e prospettive di crescita: il razionamento del credito alle imprese durante la crisi, in “Questioni di Economia e Finanza”, Banca d’Italia, n. 127, luglio 2012 29 Le evidenze empiriche dimostrano che questo fenomeno, almeno durante la crisi, è stato comunque contenuto. Si veda G. Albareto – P. Finaldi Russo, op. cit., pag. 21 27 18 riassumibili da indici o formule, come per esempio l’attuazione di strategia aziendali volte all’aumento della competitività a livello internazionale o le prospettive di sviluppo. Questa lacuna produce i suoi effetti negativi in particolar modo quando l’impresa, caratterizzata da buone prospettive di crescita, si trovi però in una condizione finanziaria non molto solida. In questa ipotesi, infatti, è molto probabile che gli indici su cui si basano i finanziatori sconsiglino l’operazione, non tenendo conto delle informazioni più “soft”. In effetti, la conclusione cui giungono gli Autori è che durante la crisi la selezione delle imprese sia avvenuta principalmente sulla base dell'analisi di bilancio ed elementi di tipo più qualitativo dell’attività di impresa hanno perso parte del loro valore. Prima della crisi imprese che mostravano alti tassi di crescita del fatturato, degli investimenti, del valore aggiunto per addetto e della propensione alle esportazioni accedevano al credito in maniera più agevolata. Si è però notata una correlazione tra il razionamento del credito e il grado di coinvolgimento del rapporto banca – impresa. Quando tra l’intermediario e l’impresa vi è un solido e duraturo rapporto di collaborazione, il fenomeno del razionamento del credito è più limitato, per via della capacità della banca di ottenere informazioni più approfondite sulle attività del proprio cliente, evitando in questo modo di sottovalutare il potenziale innovativo e di sviluppo dell’impresa30. Un sostegno all’uscita dall’impasse creata dal razionamento del credito, che come visto colpisce più duramente le imprese di piccole e medie dimensioni, è arrivato dalla Commissione Europea31. Per compensare il deficit di finanziamento del sistema bancario alle attività rischiose, sono cambiate le regole per gli aiuti di Stato. La Commissione ha infatti deciso che a partire da luglio 2014 i Governi degli Stati Membri potranno sostenere numerosi strumenti finanziari, tra cui i prestiti alle imprese, non solo per le attività in fase di avviamento (start-up) ma anche per tutte le altre imprese che occupino fino a 499 dipendenti e per imprese innovative fino a 1.500 dipendenti e i cui costi per l’innovazione rappresentino almeno il 10% del totale dei costi operativi. Secondo quanto riportato nella conferenza stampa tenuta dal Commissario Europeo per la Concorrenza, Joaquín Almunia, a Bruxelles il 16 gennaio 2014, gli aiuti di Stato autorizzati senza la notifica alla Commissione potranno arrivare a 15 milioni di euro. Oltre tale soglia, occorrerà una notifica alla Commissione e dimostrare che l’intervento è giustificato dalle condizioni del mercato ma non sono più previsti tetti massimi. È stato inoltre abolito l’obbligo di affiancare a questi aiuti un finanziamento con capitale di rischio 30 Si veda S. De Mitri – G. Gobbi – E. Sette, Relationship lending in a financial turmoil, in “Temi di discussione”, Banca d’Italia, n. 772, settembre 2010. 31 Il Sole 24 ore, Credit crunch, la UE meno rigida sui finanziamenti alle PMI europee http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-01-16/credit-crunch-ue-meno-rigida-finanziamenti-pmi-europee183931.shtml?uuid=ABnDVFq (consultato in data 21/03/2014) 19 privato per almeno il 50% nelle aree non assistite dalle politiche di coesione dell’Unione e per almeno il 30% nelle aree assistite. L’andamento del mercato del credito è stato determinato quindi da una riduzione dell’offerta di credito da parte del sistema bancario, cui però si è accompagnato anche un calo della domanda. In calo è soprattutto la domanda di credito destinato agli investimenti produttivi ed è in fase di stallo la domanda di finanziamenti a copertura del capitale circolante, determinante fondamentale nelle prime fasi della crisi, principalmente a causa delle dinamiche del fatturato. Sostengono la domanda invece le richieste di finanziamento volte alla ristrutturazione e al consolidamento del debito già contratto32. Fonte: Banca d’Italia, Economie Regionali. La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale, n. 44, dicembre 2013, pagina 2 I c.d. Corporate Bonds La crisi dei debiti sovrani che ha colpito in particolar modo le zone periferiche dell’area dell’ euro, come Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia e Grecia a partire dal 2012 ha spinto gli 32 Si veda Banca d’Italia, Economie Regionali. La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale, n. 22, luglio 2014, pag. 2. 20 investitori ad indirizzare i propri capitali verso altre tipologia di titoli. Accanto a ciò, è diminuita anche la propensione all’investimento nei mercati emergenti 33. Oltre ciò, la forte domanda di titoli ad elevato rendimento creatasi negli Stati Uniti e le restrizioni all’accesso al credito in Europa, hanno favorito l’emissione di obbligazioni da parte di società non finanziarie (cd. Corporate Bonds). Dati della Banca Centrale Europea indicano che alla fine del 2013, nell’euro zona, le consistenze di titoli, diversi dalle azioni e con l’esclusione degli strumenti derivati, emessi dal settore delle imprese non finanziarie, ammontano a circa 877 miliardi di euro, in aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Come dimostra il grafico seguente, quello in atto nel settore è un trend quasi ininterrotto dall’inizio del 2011 che ha determinato un aumento delle consistenze da circa 670 miliardi agli attuali 877, corrispondente ad un +31% in 3 anni. Fonte: Elaborazione dell’autore da dati Banca Centrale Europea 33 Si veda C. Cohn, High yield bond draw investors as emerging debt loses them , Reuters, edizione on line, articolo disponibile al link http://www.reuters.com/article/2014/03/10/us-emerging-highyield-idUSBREA290MX20140310 (link verificato in data 24/03/2014) 21 Dati della Banca d’Italia34 mostrano che nel corso del 2013 è nuovamente aumentato l’importo delle emissioni nette di obbligazioni che si è attestato a circa 22 miliardi di euro rispetto ai 13 dell’anno precedente. La tendenza sembra continuare anche per il 2014, infatti nei primi 4 mesi dell’anno, sono stati collocati 21 miliardi di euro di titoli, di cui una quota significativa da gruppi di medie dimensioni. Ulteriore dato positivo è l’aumento del numero di emissioni; si è infatti passati da 16 nel 2012 a 22 nel 2013. Nel corso del 2013 si è verificata anche una riduzione del grado di concentrazione delle emissioni. Se l’anno prima infatti l’80% delle nuove emissioni era stato effettuato dai primi 6 gruppi industriali, oggi questa quota si è ridotta al 60%. I sei gruppi industriali nominati sono Enel, Eni, Fiat, Mediaset, Snam e Telecom Italia. Nello stesso anno, il valore netto tra emissioni di corporate bonds nell’Eurozona, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e i relativi rimborsi è stato pari a 370 miliardi di dollari, in calo rispetto all’anno precedente in cui fece segnare la quota di 450 miliardi35. Il 2013 è stato l’anno record delle emissioni di Corporate Bond negli USA. Le vendite di obbligazioni societarie denominate in dollari hanno raggiunto i 1.482 miliardi di dollari, superando il livello dell’anno precedente, quando si raggiunsero “solo” 1.479 miliardi di emissioni36. All’interno della categoria delle obbligazioni emesse da società non finanziarie, menzione a se stante meritano le cosiddette obbligazioni high yield. La Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente americano preposto all’attività di vigilanza sulla borsa, definisce le obbligazioni high yield come un corporate bond che garantisce un elevato tasso di rendimento del capitale investito in virtù di un elevato rischio.37 Tale maggior rischio può dipendere da caratteristiche peculiari della società emittente, il cosiddetto rischio specifico, oppure dal rischio tipico dello strumento finanziario. Con riferimento al rischio specifico, è opportuno effettuare una precisa analisi della solidità delle imprese emittenti che, nel caso delle obbligazioni high yield, sono generalmente imprese che attraversano un periodo di squilibri finanziari, o imprese caratterizzate da elevato rapporto di indebitamento oppure imprese emergenti o di piccole dimensioni che devono compensare la mancanza di dati storici sui loro risultati operativi o i cui progetti di sviluppo siano considerati troppo rischiosi. 34 Si confronti Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, pag. 198. Si confronti Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2013, pag. 21 36 Si veda S. Gangar, U.S. Company Bond Sales of $ 1.48 Trillion Set Annual Record, Bloomberg, 6 dicembre 2013, articolo disponibile on line al link: http://www.bloomberg.com/news/2013-12-05/u-s-corporate-bond-sales-at-135 48-trillion-to-set-annual-record.html 37 SEC, What are High-yield Corporate Bonds?, Investor Bulletin, Pub. n. 150 (6/2013). Disponibile al link: http://www.sec.gov/investor/alerts/ib_high-yield.pdf 22 In relazione allo strumento finanziario, rischi tipici delle obbligazioni societarie riguardano la volatilità del prezzo, il rischio di inadempimento, di cambio, di liquidità, di tasso, di reinvestimento, di rimborso anticipato o di inflazione. Tali caratteristiche determineranno probabilmente un rating inferiore all’investment grade. Con questa definizione si fa riferimento a strumenti di investimento caratterizzati da un alto grado di affidabilità che si riflette in un rating superiore a BBB38. Strumenti ed emittenti che non si collocano nella fascia “investment grade”, rientrano nella categoria dello “speculative grade”. Al di sotto del livello dell’ “investment grade” si collocano appunto gli high yield bonds, strumenti che compensano un elevato grado di rischio con un tasso di rendimento più elevato delle obbligazioni considerate sicure. In un anno record come è stato il 2013, un ruolo notevole è quello assunto dalle vendite di obbligazioni ad alto rendimento, che si sono attestate a 361 miliardi di dollari, contro i 356,9 del 2012. A favorire il proliferare di emissioni è stata sicuramente la politica accomodante della Federal Reserve che ha fissato i tassi di interesse ai minimi storici, tra lo 0 e lo 0,25% per un periodo di 5 anni, con l’intenzione di dare una spinta alla ripresa economica. Di conseguenza, le società emittenti hanno potuto beneficiare di un costo dell’indebitamento che mai prima di allora era stato così basso per offrire bonds di dimensioni senza precedenti. L’offerta di 49 miliardi di debito in 8 tranches proposta in settembre da Verizon Communications, colosso americano attivo nel settore delle telecomunicazioni, rappresenta una delle più grandi di sempre. Venendo ad analizzare i tassi di rendimento di questi strumenti, dati Bloomberg 39 mostrano che il 2013 è anche l’anno in cui questi si sono drasticamente ridotti. Il minimo è stato toccato il 2 maggio quando mediamente un corporate bond rendeva il 3,35%. Si è ridotto anche il differenziale tra i rendimenti di questi titoli quelli dei titoli governativi, al 2% all’ inizio di dicembre. Il rendimento medio annuo di un titolo high yield si è invece attestato 6,8%, nulla in confronto ai ritorni medi che si sono registrati tra la fine del 2008 e il dicembre 2012, pari al 21,6%. Le prospettive per il 2014 prevedevano una netta riduzione nei volumi di emissioni ed ulteriore caduta dei rendimenti. A questo proposito, JP Morgan Chase, il maggiore sottoscrittore di obbligazioni societarie nel 2013, ipotizzava per il 2014 un ritorno del 5% mentre era più pessimistica Morgan Stanley, che prevede un 2,8%. 38 Si confronti la definizione di investment grade fornita dal quotidiano Il Sole 24 ore, disponibile al link: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-04-29/investment-grade-172747.shtml?uuid=Aa1TqySD 39 Con riferimento al Bank of America Merrill Lynch U.S. High Yield Index. Si veda ancora S. Gangar, U.S. Company Bond Sales of $ 1.48 Trillion Set Annual Record, Bloomberg, 6 dicembre 2013. 23 Dati Bloomberg40 di gennaio sottolineano come questo sia l’inizio d’anno più lento dal 2008 con 32 miliardi di debito emesso nei primi 10 giorni dell’anno a causa, in particolare, del ridimensionamento da parte della Federal Reserve degli stimoli, senza precedenti, degli anni passati. Anche il mercato europeo è partito a rilento. Dall’inizio dell’anno al 28 febbraio, le società emittenti hanno raccolto circa 10 miliardi di euro, un terzo in meno rispetto all’anno precedente41. Nonostante la falsa partenza, il mercato delle emissioni high yield in Europa ha chiuso il primo semestre 2014 in crescita addirittura del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e alla fine di giugno l’ammontare complessivo di titoli emessi si aggirava intorno ai 113 miliardi. Confermati invece i dati che prevedevano per il 2014 una caduta delle emissioni HY negli Stati Uniti. Alla fine del semestre infatti il controvalore delle emissioni era di 111,8 miliardi segnando il sorpasso del mercato europeo a danno di quello statunitense42. È importante sottolineare che un apporto importante alla crescita dei volumi di questo mercato è stata fornita dal mercato italiano delle obbligazioni destinate alle PMI. La dipendenza delle imprese italiane dal sistema bancario Una delle caratteristiche di fragilità del sistema imprenditoriale italiano maggiormente preoccupanti riguarda l’eccessiva dipendenza delle nostre imprese dal finanziamento bancario. Le modalità con cui un impresa può coprire i propri fabbisogni finanziari sono generalmente le seguenti43: Autofinanziamento prodotto da una buona gestione operativa; Conferimento di capitale proprio da parte dei soci; Dismissione di asset patrimoniali (non strumentali all’attività imprenditoriale); Finanziamento pubblico; Finanziamento infragruppo; Conferimento di capitale di rischio da parte di nuovi investitori; 40 Si veda S. Gangar, U.S. Corporate Bond Issuance in Slowest Start to Year since ’08, Bloomberg, 10 gennaio 2014, disponibile al link http://www.bloomberg.com/news/2014-01-10/u-s-corporate-bond-issuance-in-slowest-start-to-yearsince-08.html 41 Si confronti M. Lukatsky, “European High Yield Bond Volume Slows While New-Issues Yields Tighten”, Forbes, 6 marzo 2014, disponibile al link: http://www.forbes.com/sites/spleverage/2014/03/06/european-high-yield-bond-volumeslows-while-new-issue-yields-tighten/ 42 Si veda Repubblica, High Yield, Il Vecchio Continente sorpassa gli Stati Uniti, in “Economia e Finanza”, 20 agosto 2014. L’articolo è disponibile al link http://financialounge.repubblica.it/IT/co/financialounge/news/2014/08/high_yield__il_vecchio_continente_sorpassa_gli_stati_uniti.aspx 43 L. Gai – F. Ielasi, “L’impatto dei mini-bond sulla gestione finanziaria delle imprese”, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013. 24 Finanziamento sui mercati del debito; Finanziamento bancario. Si è già avuto modo di indicare quanto la capacità di autofinanziamento delle nostre imprese sia in calo, sia per via di una domanda globale in diminuzione e che ha comportato un crollo nei volumi di produzione e quindi di ricavi, sia per l’elevata pressione fiscale cui sono sottoposte. Con riferimento al ricorso al capitale proprio è da sottolineare che la preponderanza di imprese caratterizzate da sistemi di governance di tipo familiare ha comportato la nascita di un modello “famiglia ricca – impresa povera” che determina una limitata capitalizzazione delle imprese. Inoltre questa modalità finanziamento è ritenuta avere per lo più carattere straordinario, anche a causa di alcune previsioni fiscali. I modelli di governance precedentemente delineati determinano anche uno scarso affidamento al mercato dei capitali di rischio (o private equity). In un contesto imprenditoriale in cui più del 70% delle attività è soggetto a controllo famigliare e in cui il primo socio detiene mediamente il 68% del capitale è facilmente evidenziabile un’avversione all’apertura a terze parti. Dati della Segreteria Tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico riferiti al 2011 mostrano che la struttura finanziaria delle imprese italiane è fortemente sbilanciata verso l’indebitamento bancario ed uno scarso ricorso al mercato del capitale44. Il confronto con le principali economie europee evidenzia chiaramente che il ricorso al capitale di rischio è inferiore ai livelli di Francia, Germania e Regno Unito mentre il peso del finanziamento per mezzo di titoli di debito, pari al 4%, è in linea con quanto avviene in Germania ma parecchio inferiore a Regno Unito e Francia. 44 Si veda S. Firpo, op. cit. 25 Struttura finanziaria delle imprese (dati 2011) 100% 90% 5% 27% 26% 23% 24% 80% 44% 70% 15% 60% 13% 24% 28% Debiti Commerciali Equity 50% 40% 18% 36% 29% 28% Prestiti a breve termine 55% 30% Titoli di debito 22% 20% 10% 0% Prestiti a medio/lungo termine 18% 4% Italia 11% 10% Francia 17% 4% Germania 7% 1% Spagna 12% Regno Unito Fonte: Rielaborazione dell’autore da dati Ministero dello Sviluppo Economico Venendo all’analisi del mercato del debito, la figura seguente mostra come le emissioni lorde di obbligazioni, pari a 33 miliardi di euro, abbiano segnato un aumento nel 2012 rispetto agli ultimi due anni ma il peso delle obbligazioni sui debiti finanziari resta molto basso, intorno al 10%. L’importo delle emissioni del 2013 è invece di circa 39 miliardi. All’aumento delle emissioni hanno contribuito i cosiddetti minibond, che a partire dallo scorso anno hanno iniziato a farsi strada in un mercato a loro dedicato. Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2012, pag. 180. 26 Inoltre il prestito obbligazionario in Italia è appannaggio quasi esclusivo dei grandi gruppi industriali. Nei cinque anni dal 2007 al 2012 solo 29 grandi emittenti sono ricorsi allo strumento obbligazionario, riducendo nello stesso periodo di tempo il proprio indebitamento nei confronti del sistema bancario di oltre il 40% 45. A partire dal 2013, con la creazione di un mercato dedicato all’emissione di titoli obbligazionari per le PMI il numero di emittenti è in continua crescita. Tra le imprese italiane, più che tra le concorrenti europee o americane, la quota più rilevante dei debiti finanziari è costituita dai finanziamenti bancari. Nel 2012 in Italia il peso percentuale del debito bancario sul totale dei debiti finanziari delle imprese è superiore al 66%, evidenziando una dipendenza dal sistema bancario ben più marcata di quanto non avvenga nel resto del continente e negli USA e segnando anche un netto aumento rispetto all’anno precedente. La media nell’ Eurozona è pari al 50%, con il valore minimo di 37% della Francia, mentre negli USA il debito bancario rappresenta addirittura meno di un terzo dei debiti finanziari (30%)46. Fonte: Fonte: testimonianza di Giorgio Gobbi figura 7. 45 Si confronti Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2012, pag. 180. Si veda fig. 7 della testimonianza di Giorgio Gobbi (Segreteria Tecnica per l’ Eurosistema e la Stabilità Finanziaria) in occasione dell’ “Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita, anche alla luce delle più recenti esperienze internazionali” tenutasi alla Camera dei Deputati (Roma) il 16 Ottobre 2013 46 27 L’eccessiva dipendenza dal sistema bancario, caratteristica strutturale delle imprese italiane, comporta dei rischi che un impresa dovrebbe tenere in debita considerazione 47. Innanzitutto la possibilità di creazione di un circolo vizioso: durante le fasi negative del ciclo economico aumenta la probabilità che le imprese fatichino a rimborsare i prestiti, producendo conseguenze sui bilanci delle banche. A loro volta, le banche, applicheranno politiche di finanziamento più accorte per via dell’aumento del rischio di default e ciò aggraverà ulteriormente le condizioni finanziarie delle imprese. In secondo luogo, la potenziale difficoltà nel coprire i propri fabbisogni finanziari. Può capitare, infatti, che a causa di elementi quali le crisi del debito sovrano, crisi di liquidità degli istituti finanziari o l’aumento del costo del denaro le banche attuino una stretta sulla concessione di finanziamento alle imprese48. Un terzo rischio riguarda le possibili ripercussioni negativi sul livello di competitività nei mercati internazionali. Dall’inizio del 2012 infatti i tassi di interesse sui finanziamenti bancari sono maggiori in Italia che nel resto d’ Europa. Dato il quadro congiunturale corrente, date le difficoltà di accesso al credito bancario, data la forte dipendenza da questo, data la probabile impossibilità di tornare a livelli di prestito pre-crisi e dati gli enormi squilibri nella struttura finanziaria delle imprese italiane, è evidente come si rendano necessari interventi volti a riequilibrare le fonti di finanziamento per le aziende. E’ proprio in questo contesto che si inserisce la recente disciplina dei cosiddetti mini-bond delineata dal Governo. 47 48 L. Gai – F. Ielasi, “op. cit.”. Si confronti il paragrafo “Il credito razionato” nel presente capitolo. 28 CAPITOLO 2: LE CARATTERISTICHE GENERALI DEI MINI-BOND La normativa di riferimento Con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal finanziamento bancario e favorire l’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese non quotate, anche di piccole dimensioni, sono stati emanati il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 (il cosiddetto Decreto Sviluppo), convertito dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, e il Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Decreto Sviluppo-Bis), convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 22149. Tali misure ridisegnano la disciplina degli strumenti finanziari messi a disposizione delle PMI ed in particolare delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni a medio - lungo termine, i già citati mini-bond. Volendo darne una definizione, è possibile dire che i mini-bond sono prestiti obbligazionari emessi da società non quotate. I decreti sopra indicati non costituiscono interventi normativi del tutto nuovi poiché tali strumenti godevano già di una disciplina propria50 ma non avevano riscosso il successo sperato per via delle importanti limitazioni all’indebitamento e degli sforzi amministrativi previsti. Il testo originario del Decreto Sviluppo differenziava le cambiali finanziarie dai mini-bond esclusivamente sulla base della durata del titolo51. Prima della conversione in legge, l’art. 32 del Decreto Legge 83/2012 dettava una serie di requisiti per l’emissione di cambiali finanziarie ed obbligazioni. In particolare era previsto che: “L'emissione deve essere assistita, in qualità di sponsor, da una banca o da un'impresa di investimento, da una società di gestione del risparmio (SGR), da una società di gestione armonizzata, da una società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio della Repubblica, che assiste l'emittente nella procedura di emissione dei titoli e lo supporta nella fase di collocamento dei titoli stessi” “Lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota di titoli non inferiore: 1. Al 5% del valore dell’emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro; 49 Sono escluse dall’ambito di applicazione dei Decreti Sviluppo le banche e le microimprese. Si vedano la Legge 13 gennaio 1994, n.43 e il successivo progetto di riforma contenuto nel Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n.6. 51 C. Carzaniga – V. Morelli, La normativa di riferimento, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013 50 29 2. Al 3% del valore dell’emissione dei titoli eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota risultante dall’applicazione della percentuale di cui al punto1; 3. Al 2% del valore dell’emissione dei titoli eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota risultante dall’applicazione delle percentuali di cui ai punti 1 e 2.” “L’ultimo bilancio deve essere certificato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.” “Le cambiali finanziarie devono essere emesse e girate esclusivamente a favore di investitori professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente; il collocamento presso investitori professionali in rapporto di controllo con il soggetto che assume il ruolo di sponsor è disciplinato dalle norme vigenti in materia di conflitto di interesse”. Con la conversione in Legge sono stato eliminati, con riferimento all’emissione dei minibond, i requisiti della presenza dello sponsor, della certificazione del bilancio e della collocazione esclusiva presso investitori istituzionali. Tuttavia, almeno il secondo e il terzo dei precedenti adempimenti sono tuttora previsti da Borsa Italiana per poter accedere alla quotazione, come si avrà modo di approfondire successivamente. Uno degli aspetti maggiormente innovativi del Decreto Sviluppo riguarda la modifica del comma 5 dell’art. 2412 del Codice Civile, che stabiliva i limiti all’emissione di obbligazioni. Le emissioni, infatti, erano consentite per un importo che complessivamente non superasse il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (comma 1). Tale limite era derogabile solo se le obbligazioni: 1. Fossero destinate ad essere sottoscritte da investitori professionali (comma 2); 2. Eccedenti il limite del primo comma dell’art. 2412 fossero garantite da ipoteca di primo grado sugli immobili di proprietà dell’emittente (comma 3); 3. Fossero emesse da società per azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati (comma 5). Quest’ultima previsione racchiudeva in sé un duplice impedimento poiché concedeva la deroga solo alle società con azioni quotate nei mercati regolamentati ed esclusivamente nei casi in cui le obbligazioni emesse fossero destinate loro stesse alla quotazione52. Questa previsione escludeva la possibilità di emettere obbligazioni eccedenti i limiti per tutte le società non quotate anche nel caso in cui i loro titoli fossero destinati alla quotazione. L’intervento riformatore dei Decreti Sviluppo è andato nella direzione di estendere la deroga anche “alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati 52 R. Culicchi – J. Puna, I nuovi strumenti di finanziamento per le imprese: i c.d. Mini-bonds, in Approfondimenti di Diritto Bancario, gennaio 2014. 30 regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni” 53. In questo modo si sono create le condizioni affinché anche le piccole e medie imprese possano ricorrere ad un canale di finanziamento diverso da quello bancario, superando i limiti in precedenza imposti a patto che le obbligazioni siano destinate alla quotazione. Inizialmente, la portata della riforma veniva però parzialmente indebolita dal fatto che l’art. 2412 del Codice Civile è applicabile solo alle società per azioni e alle società in accomandita per azioni. In considerazione di ciò, l’estensione della deroga ai limiti alle emissioni non era applicata alle aziende costituite nella forma di società a responsabilità limitata, che rappresentano la maggior parte delle PMI italiane. A questa anomalia è stato posto rimedio. Anche le società a responsabilità limitata possono emettere obbligazioni a condizione che ciò sia previsto dall’atto costitutivo e con il limite della possibilità di sottoscrizione esclusivamente da parte di investitori professionali. Lo statuto deve inoltre contenere l’indicazione di quale sia l’organo competente a deliberare in merito all’emissione obbligazionaria. Pertanto, per poter ricorrere allo strumento dei mini-bond queste imprese dovranno preventivamente procedere alla modifica dello statuto se questo non prevede la possibilità di emettere titoli di debito54. Il Decreto in oggetto, all’art. 32, comma 19, prevede inoltre la possibilità di emettere obbligazioni (o titoli similari) che contengano clausole di partecipazione (c.d. mini-bond partecipativi) o di subordinazione (c.d. mini-bond subordinati), o entrambe. Con riferimento alla prima tipologia, la clausola di partecipazione regola la parte di corrispettivo che spetta al portatore del titolo, commisurandola al risultato economico dell’esercizio. Il tasso di interesse riconosciuto all’investitore si compone di una parte fissa, che non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento pro tempore vigente, e di una parte variabile, determinata sulla base del risultato di esercizio e la cui percentuale deve essere indicata nell’atto di emissione del titolo secondo regole che non possono essere modificate per tutta la durata dell’emissione55. Sono invece definiti mini-bond subordinati quelle obbligazioni che prevedono una clausola di subordinazione, in forza della quale sono definiti “i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società e ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale”56. La presenza di una clausola con queste caratteristiche determina un aumento del rischio sopportato dal detentore che, pertanto, sarà remunerato con un tasso di interesse più alto. 53 Si veda Decreto Legge 83/2012, art. 32, comma 26. P. Messina – S. Setini, L’aspetto legale. Il percorso verso l’emissione, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013 55 Si veda Decreto Legge 83/2012, art. 32, commi 21 e 22. 56 Si veda Decreto Legge 83/2012, art. 32, commi 20. 54 31 Ulteriore novità introdotta dai Decreti Sviluppo e Sviluppo-Bis è quella riguardante le modificazioni del trattamento fiscale57 cui erano sottoposte le cambiali finanziarie e i minibond. Tali novità si riferiscono in particolare a: 1. Deducibilità degli interessi passivi Con i Decreti Sviluppo le società non quotate sono assoggettate allo stesso trattamento fiscale cui sono sottoposte le società quotate in caso di emissione obbligazionaria, in modo da ridurre ulteriormente le difficoltà di accesso al mercato dei capitali per le piccole e medie imprese. In particolare il Decreto 83/2012 interviene modificando l’art. 3, comma 115, della Legge 549/1995 ed estendendo la deroga ai limiti da questo prevista, prima destinata solo a banche o società quotate, anche alle società non quotate. Precedentemente alle novità introdotte dai Decreti 83/2012 e 179/2012 gli interessi passivi erano deducibili al netto di quelli assolutamente indeducibili 58. Era previsto inoltre che gli interessi derivanti da prestiti obbligazionari fossero deducibili a condizione che al momento dell’emissione il tasso di rendimento non fosse superiore: Al doppio del Tasso Ufficiale di Riferimento applicato su obbligazioni e titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati Membri dell’Unione Europea e degli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo inclusi nella white list59; Al Tasso Ufficiale di Riferimento, aumentato di due terzi, applicato alle obbligazioni e ai titoli similari diversi dai precedenti60. Nel caso in cui il tasso di riferimento fosse stato superiore alle suddette soglie, gli interessi passivi eccedenti tali limiti avrebbero dovuto essere considerati indeducibili. A seguito delle modifiche introdotte, bisogna fare una distinzione tra titoli quotati in mercati regolamentati o presso sistemi multilaterali di negoziazione dei Paesi Membri dell’Unione Europea o di paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella white list e titoli non quotati in tali mercati o tali sistemi di negoziazione. Inoltre bisogna considerare che l’intervento riformatore del Decreto non ha modificato l’articolo 96 del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi 61, a norma del quale “gli interessi passivi e gli oneri assimilati […] sono deducibili in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L'eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica”. Pertanto, per titoli quotati è prevista la deducibilità degli interessi passivi ai fini dell’ Imposta sul Reddito delle Società (IRES) nei limiti del 30% del risultato operativo lordo (ROL). 57 Si veda la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 6 marzo 2013. S. Bruno, L’aspetto fiscale. Deduzioni ed esenzioni, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013 59 Lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’ art. 168-bis del D.P.R 22.12.1986, n. 917 (Testo Unico sulle Imposte sui redditi). 60 Si veda l’articolo 3, comma 115, Legge 28.12.1995, n. 549 61 D.P.R 22.12.1986 n. 917 58 32 Per i titoli non quotati è invece prevista la deducibilità ai fini IRES, sempre nei limiti del 30% del ROL, a condizione che62: I titoli siano detenuti da investitori qualificati come individuati dall’art. 100 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF); Tali investitori non detengano, né direttamente né indirettamente, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2% del capitale o del patrimonio della società emittente; Il beneficiario effettivo dei proventi sia residente in Italia o in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, al fine di garantire un controllo da parte dell’amministrazione finanziaria. Gli investitori qualificati ex art. 100 del d.lgs. 58/1998 sono quelli individuati con regolamento della Consob e dotati di particolare esperienza, conoscenze e competenze tali per cui siano in grado di investire in maniera consapevole. Per quanto attiene al secondo requisito, sono considerate rilevanti al fine di determinare il rispetto della soglia del 2% non solo le azioni ordinarie ma anche quelle speciali (azioni privilegiate, azioni prive di diritto di voto, azioni con diritto di voto limitato o azioni con diritto di voto subordinato). Concorrono inoltre al calcolo, le partecipazioni detenute dai famigliari indicati dall’art. 5, comma 5, del TUF, le partecipazioni indirette e quelle detenute per interposta persona. 2. Deducibilità dei costi di emissione Costituiscono i costi di emissione tutte quelle spese relative all’emissione stessa delle obbligazioni come ad esempio commissioni bancarie o per le agenzie di rating, costi relativi al collocamento dei titoli presso gli investitori e compensi dovuti ai diversi professionisti della cui prestazione ci si avvale in questa fase. Il comma 13 dell’articolo 32 del Decreto Legge 83/2012 stabilisce che “le spese di emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari sono deducibili nell'esercizio in cui sono sostenute indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio”. 3. Esenzione dalla ritenuta su interessi ed altri proventi Un’ulteriore novità introdotta dal Decreto Sviluppo è contenuta nel comma 9 dell’articolo 32. Tale disposizione va a modificare l’ art. 1 del Decreto Legislativo 1 aprile 1996, n. 239, il cui testo oggi è il seguente: “La ritenuta del 2063 per cento […] non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, e delle cambiali finanziarie, emesse da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati Membri dell’Unione Europea e degli Stati 62 63 Si veda l’articolo 32, comma 8, del Decreto Legge 22.06.2012, n. 83 L’art. 3 del D.L. 24 aprile 2014, n.6, ha disposto l’aumento dell’aliquota al 26% a far data dal 1 luglio 2014. 33 aderenti all’ accordo sullo Spazio Economico Europeo inclusi nella lista 64 […] e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizioni di legge, nonché sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, e delle cambiali finanziarie, negoziate nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emessi da società diverse dalle prime”. In pratica viene esteso il beneficio dell’esenzione della ritenuta alle società che non hanno azioni quotate, diverse da banche o da enti pubblici economici trasformati in società per azioni a condizione che le obbligazioni e/o cambiali finanziarie emesse da queste società siano quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione65. L’esenzione dalla ritenuta su interessi ed altri proventi non si applica su titoli non quotati emessi da società non quotate. Si è provveduto così ad una parificazione di trattamento per cui il sottoscrittore può avvalersi del regime di imposta sostituiva, pari al 26%, in luogo della ritenuta del 26% prevista dall’articolo 26, comma 1, del D.P.R 600/1973, se il beneficiario è una persona fisica o società non commerciale (c.d. nettista). Se invece il beneficiario è un lordista, società o ente commerciale, residente in Italia o è una persona fisica residente in un paese incluso nella white list non è prevista l’applicazione nemmeno dell’imposta sostitutiva66. Le novità introdotte dal Decreto “Destinazione Italia” Un altro passo avanti verso la definitiva affermazione del mercato dei mini-bond quali strumenti alternativi, o almeno complementari, al credito bancario è stato fatto con l’emanazione del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. Destinazione Italia). In primo luogo, il Decreto 145 stabilisce che la legge sulle cartolarizzazioni 67 (Legge 130/1999) debba essere applicata anche in ipotesi di cartolarizzazioni realizzate mediante sottoscrizione e acquisto di obbligazioni o titoli similari da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli (articolo 12, comma 1). Questa previsione dovrebbe avere il fine di incrementare la diffusione dei mini-bond, ampliando la platea di investitori in titoli obbligazionari. In secondo luogo è da segnalare una novità fondamentale. La lettera e) del comma 1 dell’articolo sopra citato estende la possibilità di investire in titoli di cartolarizzazione con obbligazioni o simili, anche non quotati e privi di rating, alle imprese di assicurazione e ai fondi pensione, prevedendo che tali titoli possano essere ammessi a copertura delle 64 Lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’ art. 168-bis del D.P.R 22.12.1986, n. 917 (Testo Unico sulle Imposte sui redditi). 65 S. Bruno, op. cit. 66 R. Culicchi – J. Puna, op. cit. Si veda inoltre la circolare n. 39 del 16/12/2013 di Assonime. 67 La cartolarizzazione, o securitization, è una tecnica mediante la quale attività tipicamente illiquide ed indivisibili, come prestiti o crediti commerciali, vengono “spacchettate” e rese negoziabili. 34 riserve tecniche. La stessa previsione normativa rimanda ad un regolamento dell’ IVASS per la disciplina della copertura delle riserve tecniche mediante le attività sopra indicate. In terzo luogo è prevista la possibilità che una banca utilizzi i mini-bond come garanzia per l’emissione dei cosiddetti covered bond. Ulteriore novità riguarda l’esenzione dalla ritenuta sugli interessi e sui proventi relativi ad obbligazioni o titoli similari che vengono corrisposti a fondi di investimento a cui partecipino esclusivamente investitori istituzionali e solo nel caso in cui l’intero patrimonio del fondo venga investito in minibond. Da ultimo, il Decreto Destinazione Italia ha introdotto un comma 1-bis all’articolo 46 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia consentendo in questo modo di estendere la possibilità del ricorso al privilegio speciale anche per garantire obbligazioni e titoli similari quando questi siano sottoscritti solamente da investitori professionali e a condizione che la successiva circolazione dei titoli avvenga esclusivamente tra questi soggetti. Con questa estensione le imprese possono garantire l’emissione anche attraverso beni strumentali all’attività di impresa da esse svolta, senza però privarsene. Il Decreto in oggetto è stato convertito dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9, con alcune modifiche. La più importante riguarda il tema della segregazione dei conti correnti 68. La legge 9/2014 infatti ha modificato il comma 2-bis che il testo originario del Decreto aggiungeva all’ art. 3 della Legge 130/1999. Tale comma prevedeva che “le società di cui al comma 1 (le società emittenti i titoli) possono aprire conti correnti segregati presso i soggetti all'articolo 2, comma 3, lettera c) (i soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e pagamento), dove vengano accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti nonché ogni altra somma pagata o comunque di spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell'ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell' operazione. Le somme accreditate su tali conti segregati costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello del depositario e da quello degli altri depositanti. Su tali somme non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi da quelli di cui al comma 2 e tali somme possono essere utilizzate esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai soggetti di cui al comma 2 (creditori diversi dai portatori) e dalle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell'operazione. In caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di cui al titolo IV del testo unico bancario, nonché di procedure concorsuali o 68 Si veda Orrick Studio Legale, Amendments to the Italian Securitization Law introduced by the “Destinazione Italia” decree, Orrick Finance Law Alert – Italy, a cura del dipartimento di finanza strutturata, gennaio 2014. 35 di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate su tali conti non sono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto e non sono soggette a sospensione dei pagamenti.” Al testo precedente è stata aggiunta, in fase di conversione in legge, la precisazione che in caso di insolvenza del depositario “le somme accreditate su tali conti vengono integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l’incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere i riparti e altre restituzioni”69. Nella sostanza, i conti segregati vengono protetti ed isolati dall’ intervento delle procedure concorsuali. Le novità introdotte dal Decreto “Competitività” Con l’entrata in vigore del D.L. Competitività, Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 91, convertito dalla Legge 11 agosto 2014 n. 116, sono state apportate alcune novità in materia fiscale, in particolare con riferimento alle ritenute sui redditi di capitale e al regime dell’imposta sostitutiva. In relazione al primo punto, l’articolo 21, comma 1, del Decreto 91/2014 modifica l’art. 1, comma 1 del decreto legislativo 239/1996 ed estende l’esenzione dall’applicazione della ritenuta agli interessi e agli altri proventi di obbligazioni e titoli similari e cambiali finanziarie che non sono negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione ma sono detenuti da uno o più investitori qualificati. Si tratta di una ulteriore estensione del privilegio dell’esenzione, dopo quella introdotta dal comma 9 dell’articolo 32 del Decreto Sviluppo. Il successivo comma 2 dell’articolo 21 stabilisce che la ritenuta prevista dall’articolo 26, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 600/73 non si applichi ai proventi corrisposti alle società per la cartolarizzazione dei crediti che emettono titoli destinati ad investitori qualificati che investano più del 50% del proprio patrimonio in tali titoli. Inoltre, l’articolo 22 del Decreto Competitività prevede che in caso di finanziamenti a medio o lungo termine concessi alle imprese da enti creditizi stabiliti negli Stati Membri dell’ Unione, da imprese di assicurazione autorizzate a svolgere la propria attività dalla normativa di uno Stato Membro dell’Unione o da organismi di investimento collettivo che non sfruttano la leva finanziaria costituiti in uno Stato Membro dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo inclusi nella white list70 non è applicabile la trattenuta prevista dall’articolo 5 del DPR 600/7371. 69 E. Conio – F. Lombardo, Il Decreto “Destinazione Italia” dopo la conversione in Legge 9/2014, in Approfondimenti di Diritto Bancario, febbraio 2014. Si veda anche l’art. 12 del testo del Decreto 145/2013 coordinato con la legge di conversione 9/2014 70 Lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’ art. 168-bis del D.P.R 22.12.1986, n. 917 (Testo Unico sulle Imposte sui redditi). 71 Si veda Circolare n. 3/2014, Studio Legale Pedersoli e Associati, Dipartimento Tributario, a cura di G. Bandera, D. Caporicci, A. de’ Mozzi, P. Viganò, A. Arrighi, G. Fossa, G. Mazzoni. 36 Per quanto attiene alle modifiche riguardanti il regime dell’imposta sostitutiva il riferimento è all’articolo 22, secondo comma, del Decreto Competitività. La lettera a) stabilisce infatti che tale regime trova applicazione anche in relazione alle cessioni di contratti di finanziamento e dei relativi crediti, oltreché ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi. La lettera b) invece amplia la platea di soggetti che possono usufruire del regime comprendendo ora anche le società di cartolarizzazione di cui alla legge 130/1999, le imprese di assicurazione autorizzate a svolgere la propria attività dalla normativa di uno Stato Membro dell’Unione o da organismi di investimento collettivo che non sfruttano la leva finanziaria costituiti in uno Stato Membro dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo inclusi nella lista di cui al decreto emanato in attuazione dell’articolo 168-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Gli aspetti tecnici Propedeutica all’analisi dei ruoli e delle attività è l’individuazione degli attori coinvolti a diverso titolo nelle varie fasi che caratterizzano il percorso dell’emissione obbligazionaria. Lo schema seguente ci permette quindi di individuare questi attori: AZIENDA ADVISOR ARRANGER AGENZIA DI RATING RA STUDIO LEGALE INVESTITORI ISTITUZIONALI Il ruolo dell’advisor Il ricorso al mercato del debito e l’emissione di obbligazioni richiedono importanti competenze specialistiche che l’azienda, futura emittente, normalmente non ha. Perciò, 37 quando valuta la possibilità di effettuare un’emissione, l’azienda si serve di un soggetto terzo e specializzato, detto advisor.72 L’advisor svolge una serie di attività di supporto che vanno dalla stesura di documentazione tecnica, alla definizione delle caratteristiche dell’emissione partecipando inoltre, in concerto con altri operatori quali banche arranger e Borsa Italiana, alle fasi di collocamento e quotazione. Il processo di emissione si compone in linea generale di 4 fasi 73: 1. 2. 3. 4. Analisi di fattibilità; Strutturazione del prestito; Ricerca degli investitori qualificati; Quotazione sul mercato. La parte preponderante dell’attività dell’advisor si svolge nella prima fase, quella dell’analisi di fattibilità dell’emissione. In questo stadio del processo i compiti dell’advisor riguardano innanzitutto la valutazione dei requisiti aziendali dell’emittente. Questi riguardano principalmente le dimensioni e la forma giuridica. Per quanto riguarda il primo requisito, la possibilità di emettere mini-bond è riservata alle PMI. Queste, sono individuate in termini di numero di dipendenti e fatturato. Infatti, in ambito comunitario si definisce piccola impresa un’azienda con un organico compreso tra i 10 e i 49 dipendenti ed un fatturato o totale di bilancio inferiore ai 10 milioni di euro, ma superiore ai 2 milioni. È invece considerata media impresa un’azienda con un organico compreso tra i 50 e i 249 dipendenti ed un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro o un totale di bilancio non superiore a 43 milioni di euro74. Con riferimento alla forma giuridica, si è già avuto modo di riferire che oggi possono emettere mini-bond anche aziende costituite in forma di società a responsabilità limitata, oltre che società per azioni e società in accomandita per azioni. Successivamente, l’advisor deve verificare la solidità del business plan aziendale o, in caso di mancanza, supporta l’azienda nella stesura dello stesso. Il business plan è un documento di grande importanza. Con questo documento l’impresa definisce il proprio piano di sviluppo futuro attraverso l’analisi di tutte le variabili che influenzano l’attività imprenditoriale. Partendo infatti da uno studio approfondito del mercato in cui l’impresa opera, o intende operare, essa giunge alla realizzazione di una stima delle potenzialità e dell’ampiezza del mercato e dello spazio che essa ritiene di poter ragionevolmente servire. 72 G. Murano, Il momento delle scelte. Il ruolo dell’advisor, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013 73 Si veda prospetto esplicativo di ADB – Analisi Dati Borsa al sito http://minibond.adb.it/index.php/minibond/processoemissione (link consultato in data 11/05/2014) 74 Come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE. 38 Successivamente, il piano di business contiene una sezione in cui l’impresa fa una stima delle entrate di cassa che il progetto di sviluppo sarà in grado di generare durante l’orizzonte temporale del business plan e, parallelamente, degli investimenti che si renderanno opportuni per il sostegno del piano stesso. Nella stesura del business plan l’imprenditore definisce quindi l’entità dell’investimento necessario a sostenere il progetto di sviluppo e individua le fonti di finanziamento con cui intende coprire l’investimento. Da questa attività scaturisce la determinazione del fabbisogno finanziario. Sulla base dei dati forniti dal business plan si verifica la tenuta di alcuni indicatori di solidità finanziaria e si verifica inoltre l’effettiva capacità del progetto di generare flussi di cassa positivi in grado di ripagare i finanziamenti e generare reddito. Un piano aziendale valido è fondamentale per lo svolgimento di un terzo compito dell’advisor, la redazione dell’ information memorandum. Si tratta di un documento destinato agli investitori e che contiene informazioni anche molto confidenziali. L’information memorandum contiene innanzitutto un sommario del progetto di sviluppo che l’impresa ha in mente e delle modalità con cui intende conseguire tale obiettivo, una sorta di riassunto del business plan. Le altre informazioni racchiuse nel documento riguardano l’analisi della storia dell’impresa e delle sue tappe importanti, la struttura operativa e l’organizzazione del business ed infine una descrizione del mercato di riferimento. Ultima, ma non meno importante, attività svolta dall’advisor è quella di facilitare l’interazione con le società di rating accreditate CONSOB ed ESMA75 per l’attribuzione di un giudizio di merito creditizio. Il ruolo dell’advisor è fondamentale in questa fase preparatoria dell’iter di emissione obbligazionaria ma anche nelle fasi successive, come si avrà modo di vedere, il suo intervento, in collaborazione con gli altri operatori, può risultare molto importante. Il ruolo dell’arranger Quando un’impresa necessita di capitale per finanziare la propria attività, il referente principale è la banca. Oggi che anche le piccole e medie imprese hanno la possibilità di emettere titoli di debito, la banca ha assunto il nuovo ruolo di consulente per consentire alle PMI di affrontare la “sfida” dell’accesso al mercato delle obbligazioni. Una banca che ricopre questo ruolo è definita arranger. In prima approssimazione si può definire arranger il soggetto che organizza l’ emissione e intrattiene i rapporti con gli investitori e con Borsa Italiana per la strutturazione dell’obbligazione ed il suo collocamento. 75 European Securities and Markets Authority, autorità comunitaria di vigilanza del sistema finanziario. 39 Come suggerito dalla precedente definizione, questo soggetto svolge la sua attività durante le fasi della strutturazione del prestito obbligazionario e del suo collocamento. Partendo dall’analisi delle attività riferite alla fase di strutturazione dell’operazione, il compito primario dell’arranger è quello di effettuare una valutazione delle caratteristiche dell’azienda, anche con riferimento al mercato in cui essa opera e al target di investitori che si intende attirare. Ciò richiede una serie di attività specialistiche. La prima attività riguarda la valutazione del rating della potenziale emittente ed in questo frangente la banca arranger dovrà ovviamente interfacciarsi con una agenzia di rating. Successivamente l’arranger effettua uno studio del mercato di riferimento dell’impresa e analizza l’emittente dalla prospettiva della solidità della struttura finanziaria. Da quest’ultimo punto di vista assumono notevole importanza alcuni indici di stabilità finanziaria76, quali: Posizione finanziaria netta / Patrimonio netto; Posizione finanziaria netta / EBITDA77; EBIT78 / Oneri finanziari (indice di copertura degli interessi netti); Cash flow disponibile / servizio del debito. Anche in questa fase è determinante l’ausilio di un business plan ben strutturato e costituito da ipotesi valide. È molto importante che le ipotesi su cui l’imprenditore ha poggiato la stesura del piano siano veritiere, in particolare quelle che riguardano la marginalità del progetto di investimento, i tassi di crescita del fatturato e la capacità del progetto di generare flussi di cassa negli anni a venire. Seconda attività fondamentale svolta dall’arranger, cuore della fase di strutturazione dell’emissione, è la definizione delle caratteristiche essenziali dell’obbligazione in termini di importo massimo, durata, tasso cedolare, piano di ammortamento, eventuale presenza di opzioni,covenants e garanzie. Con il termine covenants sono indicate delle clausole contrattuali vincolanti stipulate tra una società e i soggetti finanziatori che riguardano la gestione del finanziamento stesso e che hanno come obiettivo la tutela dell’investitore da comportamenti troppo rischiosi dell’impresa. Il mancato rispetto di queste clausole può determinare il ritiro del prestito obbligazionario o la rinegoziazione a condizioni meno favorevoli. I covenants maggiormente richiesti dai finanziatori sono79: 76 P. Arnaudo, La strutturazione dell’emissione. L’arranger, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013. 77 Earnings Before Interests, Taxes, Depreciation and Amortization. Acronimo inglese che definisce il Margine Operativo Lordo. 78 Earnings Before Interest and Taxes. Acronimo inglese che definisce il Risultato Ante Oneri Finanziari. 79 C. Ranalletta Felluga, Il profilo di un emittente-tipo. Il punto di vista di un investitore, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013. 40 “Negative pledge”: impegno assunto dal debitore nei confronti di un creditore di non concedere privilegi (pegni, ipoteche o altre garanzie reali) sui beni che costituiscono le sue attività, salvo che gli stessi privilegi siano concessi anche al finanziatore; “Pari passu”: accordo con il quale il debitore garantisce al creditore di non concedere a finanziatori successivi garanzie migliori; “Use of proceeds”: clausola secondo la quale le somme ricavate a seguito dell’emissione devono necessariamente essere utilizzate per i progetti di sviluppo prestabiliti; “Cambiamento del controllo”: clausola che prevede per l’investitore il diritto di richiedere il rimborso del prestito qualora si verifichi un cambiamento nella compagine proprietaria della società emittente; “Limitazioni alla distribuzione di utili”; “Informativa periodica”: previsione contrattuale per cui l’emittente deve redigere annualmente il bilancio consolidato e sottoporlo a certificazione; “Limitazioni all’indebitamento”: clausole che obbligano l’emittente al mantenimento di determinati indici di indebitamento al di sotto di soglie prestabilite. Infine, molto importante è anche la funzione di predisposizione del regolamento del prestito obbligazionario, che riassume le caratteristiche essenziali dello strumento, e della documentazione necessaria alla quotazione (in collaborazione con l’advisor). Come sopra indicato, l’arranger svolge un ruolo attivo di primaria importanza anche durante la fase del collocamento dell’obbligazione. A questo punto del processo di emissione è fondamentale la creazione e il mantenimento dei contatti con gli investitori 80, al fine di collocare i titoli. Al fine di conseguire l’obiettivo desiderato, viene proposta l’operazione ai potenziali investitori mediante l’invio dell’ information memorandum, la presentazione trasparente dell’attività di due diligence, incontri privati con gli investitori e la garanzia della reputazione e della credibilità della società emittente. La fase di quotazione sul mercato Alla fase finale del processo di emissione obbligazionaria, la quotazione sul mercato, partecipano, con compiti di varia ampiezza, l’advisor, l’arranger ed uno studio legale specializzato. Le attività principali in questa fase riguardano la richiesta dell’ ISIN 81, un codice identificativo dello strumento finanziario, la dematerializzazione del titolo e soprattutto la predisposizione e deposito della domanda di ammissione del mini-bond alla quotazione. 80 Gli investitori sono individuati direttamente dalla normativa e possono essere: imprese di investimento, banche, agenti di cambio, Società di Gestione del Risparmio (SGR), Società di Investimento a Capitale Variabile (SICAV), fondi pensione, imprese di assicurazione e fondazioni bancarie. 41 Dall’ 11 febbraio 2013, Borsa Italiana ha attivato un nuovo segmento professionale del mercato ExtraMot, chiamato ExtraMot PRO, nato per offrire alle PMI la possibilità di accedere ad un mercato flessibile, economico ed efficiente. Scopo di ExtraMot Pro è quello di abituare le imprese emittenti a comunicare periodicamente con i propri finanziatori attraverso forme e modalità di informazione standardizzate, garantendo procedure trasparenti. Gli unici requisiti richiesti alle società per accedere a tale nuovo segmento di mercato sono l’aver pubblicato il bilancio degli ultimi due esercizi, di cui l’ultimo sottoposto a revisione contabile e l’aver messo a disposizione un documento informativo con alcune informazioni essenziali. Questo documento può essere scelto tra: Il prospetto redatto secondo gli schemi del Regolamento Europeo (Prospetto n. 809/2004); Il documento di ammissione redatto dall’emittente secondo le linee guida previste dal Regolamento ExtraMot; Il documento d’offerta di cui all’articolo 102 del Testo Unico della Finanza. Successivamente, le imprese dovranno rendere pubblici: i bilanci annuali revisionati entro 6 mesi dalla conclusione dell’esercizio di riferimento, informativa price-sensitive e ogni eventuale modifica dei diritti dei portatori degli strumenti ed informazione di carattere tecnico legate alle caratteristiche degli strumenti 82. Le caratteristiche principali del segmento, che lo rendono vantaggioso per le imprese emittenti sono83: 1. Economicità: i costi di accesso al mercato sono ridotti per le PMI; 2. Flessibilità: i requisiti previsti per l’accesso al mercato sono più snelli e modellabili a seconda delle esigenze delle società e degli investitori; 3. Visibilità: la quotazione su un mercato che può avvalersi di una vasta rete di intermediari aumenta la visibilità presso gli investitori. Oltre ciò, si è già precedentemente detto di come la quotazione dei mini-bond, indipendentemente dal fatto che la società emittente possieda azioni quotate, sia condizione affinché anche le PMI possano emettere obbligazioni che eccedono i limiti imposti dall’articolo 2412 del Codice Civile (importo complessivo dell’emissione non eccedente il doppio del capitale sociale, delle riserva legale e delle riserve disponibili). In secondo luogo, la quotazione dell’obbligazione permette di beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta su interessi ed altri proventi84. 81 ISIN - International Securities Identification Number. Presentazione del nuovo segmento di mercato disponibile sul sito internet di Borsa Italiana, al link http://www.borsaitaliana.it/obbligazioni/formazione/extramotpro/extramotpro.htm (consultato in data 12/05/2014). 83 P. Fico, La scelta delle quotazione. Il mercato di Borsa, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013. 84 Si confronti il paragrafo “La normativa di riferimento” in questo capitolo. 82 42 La funzione del rating Si è visto che una delle attività che costituiscono la fase dello studio di fattibilità dell’emissione obbligazionaria consiste nella determinazione del rating da parte di una agenzia riconosciuta dalla CONSOB e dall’ ESMA. Il rating è un giudizio sul merito creditizio di una società o di un singolo strumento finanziario, espresso da soggetti specializzati, dette agenzie di rating, e definito sulla base di parametri sia quantitativi che qualitativi. Le transazioni finanziarie sono caratterizzate per loro natura da un certo grado di incertezza, derivante da problemi di asimmetria informativa, che rende ogni investimento in qualche maniera rischioso. E, molto spesso, l’investitore non ha le competenze necessarie a stabilire l’effettiva rischiosità dell’operazione85. Pertanto, è emersa come prioritaria la necessità di ridurre il gap informativo tra emittente ed investitore. Questa condizione ha aperto una nuova possibilità di mercato, prontamente colta della agenzie di rating. Fonte: Fabian Dittrich, The Credit Rating Industry: Competition and Regulation, University of Cologne – Department of Economics, 2007. Sottoponendosi al giudizio di un soggetto specializzato, l’emittente ottiene innanzitutto il rating, cioè un giudizio da parte dell’agenzia espresso in simboli alfanumerici 86. In questo modo un investitore può comparare diversi progetti di investimento attribuendo alla società, o allo strumento, con rating migliore un minor livello di rischiosità. 85 Il riferimento è ovviamente a investitori diversi da quelli istituzionali i cui investimenti presuppongono una attenta valutazione dei costi e dei benefici. 86 La simbologia utilizzata varia da agenzia ad agenzia. Di seguito si indicano quelle delle 3 principali agenzie. Per Standard&Poor’s: http://img.en25.com/Web/StandardandPoors/Ratings_Definitions.pdf Per Fitch Ratings: https://www.fitchratings.com/web_content/ratings/fitch_ratings_definitions_and_scales.pdf Per Moody’s: https://www.moodys.com/researchdocumentcontentpage.aspx?docid=PBC_106593 43 Come si è visto parlando di corporate bond, il rating funge da discriminante tra l’area dell’ “investment grade” che raccoglie tutte le emittenti o gli strumenti che hanno un rating pari o superiore a BBB- dall’ area “speculative grade”. Secondariamente, ma ugualmente importante, l’impresa ne ottiene un valore reputazionale, per il solo fatto di aver messo a disposizione dell’agenzia di rating tutta una serie di informazioni, qualitative e quantitative e di essersi sottoposta alla valutazione. L’importanza dei rating ha assunto dimensioni sempre crescenti all’interno dei mercati tanto da giungere ad essere considerati “propagatori di fiducia sistemica”87. Già a partire dal 2004, l’ accordo sui requisiti minimi di capitale, noto come Basilea II, prevedeva che le banche, per determinare l’ammontare dei fondi propri da detenere a copertura dei rischi assunti, dovessero servirsi delle valutazioni del merito di credito di un soggetto esterno, chiamato External Credit Assessment Institution (ECAI). I requisiti e le modalità di riconoscimento vennero poi delineate dalla Direttiva 2006/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e dal documento “Guidelines on the recongnition of the ECAI” redatto dal Comitato delle Autorità Europee di Vigilanza Bancaria il 20 gennaio 2006. Il processo di registrazione è poi successivamente stato modificato dal Regolamento CE 1060/2009, a sua volta ritoccato dal Regolamento UE 513/2011, e prevede oggi l’obbligo per tutte le agenzie di rating che intendano operare all’interno dei confini dell’Unione Europea di registrarsi come Credit Rating Agency (CRA) presso l’ ESMA, cui peraltro spettano i compiti di vigilanza. L’assegnazione di un rating al fine di emettere mini-bond non è una condizione richiesta dalla normativa. Tuttavia, risulta fondamentale anche in questo ambito. Fornendo ai potenziali investitori informazioni sull’impresa, sui fabbisogni finanziari e sul grado di rischio implicito nell’investimento, il rating garantisce un livello di trasparenza indispensabile per poter procedere all’emissione obbligazionaria e rendere il prodotto appetibile per il mercato88. Le caratteristiche di un emittente – tipo Nonostante la normativa non faccia alcun riferimento a requisiti di tipo qualitativo sulla gestione delle imprese, bisogna da subito puntualizzare che i gestori di fondi che investono in mini-bond rivolgono la loro attenzione non verso le imprese che si trovano in condizioni di crisi finanziaria ma piuttosto verso quelle imprese che, seppur piccole, sono condotte in maniera sana e prudente, hanno raggiunto risultati positivi e hanno progettato 87 Si veda L. Ammannati, Mercati finanziari, società di rating, autorità ed organismi di certificazione, in “Amministrazione In Cammino”, 29/02/2012 88 G. Romano, La valutazione del rischio. Il rating, in “Mini-bond. Istruzioni per l’uso” a cura di R. Calugi – G. Paglietti, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e Camera di Commercio di Milano, dicembre 2013. 44 piani di sviluppo futuro solidi. Ancora, lo strumento dei mini-bond è adatto a quelle imprese che operano in nicchie di mercato in forte crescita ma che necessitano di investimenti, almeno nelle fasi iniziali, proibitivi. Per tutte queste imprese i mini-bond rappresentano una grande opportunità. Per esse, l’emissione obbligazionaria è una forma di finanziamento complementare al ricorso al credito bancario e non una modalità del tutto alternativa. Le imprese italiane sono state interessate da un periodo di notevole razionamento del credito, persino nel caso in cui si trattasse di imprese in forte crescita e con progetti di investimento, indirizzati anche all’internazionalizzazione. Tra le cause di questo fenomeno abbiamo detto89 esservi l’incapacità degli strumenti di analisi utilizzati dagli istituiti di credito nel cogliere informazioni di questo tipo. Volendo indicare una serie di requisiti che delineino l’emittente – tipo, è possibile fare una prima distinzione tra caratteristiche oggettive e qualitative. Tra le prime, vi è innanzitutto il requisito della forma giuridica. A tal proposito, possono emettere mini-bond le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche non quotate, ad esclusione delle banche, delle assicurazioni e delle microimprese. La seconda caratteristica importante riguarda la certificazione di almeno l’ultimo bilancio. A queste si aggiungono la mancanza di procedure concorsuali, sia in atto che di prossima dichiarazione, e la non appartenenza alla categoria di start – up90. I requisiti qualitativi possono variare a seconda del tipo di investitore potenziale ma alcuni tratti risultano essere comuni. Poiché la normativa non prevede l’obbligo di assegnazione di un rating all’emittente, nella prassi gli investitori adottano modelli di assegnazione di rating interno e tendono a privilegiare imprese con una valutazione superiore a B. Si è poi avuto modo di rimarcare in diverse occasioni l’importanza di un business plan ben strutturato e soprattutto credibile. Anche questo rappresenta un requisito che i potenziali investitori richiedono, tenendo in maggiore considerazione imprese con progetti di espansione all’estero. Secondo le stime, il mercato potenziale dei mini-bond interessa oltre 10000 imprese. Per una analisi più approfondita si rimanda al capitolo 4. Il costo dell’emissione di mini-bond Procedendo ad un’analisi dei fattori che determinano il costo di un’emissione di minibond, bisogna prima di tutto mettere in chiaro che questi si presentano come una alternativa più costosa al finanziamento bancario. Diverse sono le componenti che ne determinano il costo91. 89 90 Si veda il paragrafo “Il credito razionato” nel capitolo 1. C. Ranalletta Felluga, op. cit. 45 La prima è il tasso di interesse pagato agli investitori (la cedola). La cedola può essere fissa o variabile e dipende a sua volta da altre condizioni rappresentate primariamente dalla rischiosità dell’emittente (o del titolo), riassunta dal rating, poi da uno spread sul tasso di interesse per obbligazioni societarie con rating simile, dalla tipologia del titolo, dalla presenza o meno di garanzie e da ultimo da uno spread sui finanziamenti bancari a medio e lungo termine. Sulla base di un’analisi svolta da chi scrive prendendo a campione le quotazioni del segmento professionale ExtraMot Pro fino alla data del 28 agosto 2014 la cedola media corrisposta agli investitori è stata del 6,43% e la maggior parte delle imprese emittenti paga una cedola fissa92. La seconda determinante di costo riguarda le spese legali. Ricadono sotto questa voce una molteplicità di aspetti, che vanno dalla redazione del verbale che ammette l’emissione e/o la quotazione del minibond alle spese relative alla domanda di ammissione alla negoziazione sul segmento ExtraMot Pro di Borsa Italiana. In terzo luogo, bisogna considerare i costi delle società di revisione per la revisione del bilancio annuale. È possibile poi che venga richiesta la specifica revisione di una o alcune poste di bilancio, la cosiddetta limited review. Quarto, la predisposizione e la verifica di un business plan, con l’ausilio dell’advisor. Il quinto aspetto riguarda l’ottenimento di un rating da una agenzia riconosciuta e il suo annuale aggiornamento. Successivamente è necessario considerare le listing fee per la quotazione all’ExtraMot Pro. Sono previsti un corrispettivo unico di € 500,00 per strumento finanziario se è già quotato su altro mercato o € 2.500,00 come corrispettivo unico di quotazione per strumento finanziario ma nessuna commissione durante la vita dello strumento. Le garanzie richieste in caso di emissione di mini-bond L’importanza ricoperta dalle garanzie in tema di emissioni obbligazionarie è definita innanzitutto dal Codice Civile, agli articoli 2410 e seguenti ma, successivamente, novità di rilievo sono state introdotte dai Decreti 83/2012 (“Sviluppo”) e 145/2013 (“Destinazione Italia”). Il ruolo delle garanzie è essenzialmente quello di ridurre la rischiosità del titolo, di incidere sull’interesse corrisposto ai sottoscrittori e sulla certezza del rimborso del prestito alla data di scadenza. 91 Si veda M. Belli, I mini-bond come strumento alternativo di finanziamento, Topic CFO – BAA Bocconi “Finanziare lo sviluppo con i Minibond”, Milano, 8 maggio 2014. 92 Si veda oltre, nel capitolo 4, l’analisi dello stato attuale del segmento ExtraMot Pro 46 La prima forma di garanzia di un’emissione può essere quella dell’ipoteca, un diritto reale di garanzia, applicato principalmente a beni immobili, che non comporta la perdita del possesso del bene ipotecato da parte del debitore. Il Codice, infatti, stabilisce che i limiti previsti dal comma 1 dell’articolo 2412 (ovvero che l’importo dell’emissione obbligazionaria non può essere complessivamente superiore al doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato) non si applicano in caso di emissione garantita da ipoteca di primo grado su immobili della società, sino a due terzi del valore degli immobili stessi. Una seconda tipologia di garanzia reale che può accompagnare l’emissione è il pegno. A differenza dell’ipoteca, però, il pegno presuppone la consegna del bene su cui è iscritto e non determina la possibilità di eccedere i limiti all’emissione di cui all’articolo 2412 c.c. 93 Sempre in tema di garanzie reali, è da segnalare la recente modifica introdotta dal Decreto Destinazione Italia all’ articolo 46 del Decreto Legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (“Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”). Il testo originario dell’articolo in oggetto prevedeva la possibilità di garantire i finanziamenti prestati dalle banche mediante la costituzione di un privilegio speciale sui beni mobili destinati al processo produttivo dell’impresa. Il testo del suddetto articolo 46 è oggi il seguente: “La concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di banche alle imprese può essere garantita da privilegio speciale su beni mobili, comunque destinati all’esercizio dell’impresa, non iscritti nei pubblici registri. […] (comma 1). Il privilegio previsto dal presente articolo può essere costituito anche per garantire obbligazioni e titoli similari emessi da società ai sensi degli articoli 2410 e seguenti o 2483 del codice civile, la cui sottoscrizione e circolazione è riservata a investitori qualificati ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58” (comma 1-bis). La novità introdotta dal Decreto Destinazione Italia consiste proprio nell’aggiunta di questo comma 1-bis che estende la possibilità di costituire il privilegio speciale per garantire obbligazioni o titoli similari (tra cui i mini-bond) a condizione che siano sottoscritti esclusivamente da investitori qualificati e che solo fra essi avvenga la circolazioni di tali titoli. Questa misura permette all’impresa di garantire la propria emissione attraverso i beni che normalmente destina all’attività produttiva, senza però privarsi di essi. L’investimento così garantito risulta più sicuro rispetto al caso di costituzione di ipoteca poiché normalmente le piccole imprese non dispongono di immobili di grande valore. Allo stesso tempo l’impresa preferisce questa forma di garanzia rispetto al pegno poiché non deve privarsi di un bene strumentale alla sua attività. 93 C. D’Auria, Il sistema delle garanzie a supporto dei mini-bond, in Approfondimenti di Diritto Bancario, marzo 2014 47 Una seconda categoria di garanzie che possono assicurare l’emissione è quella delle garanzie personali. La rilevanza di questa tipologia di garanzie è, a onor del vero, esplicita solo per l’emissione di cambiali finanziarie, mentre nulla si dice a riguardo dei mini-bond. Questo tipo di garanzie permetteva di godere di una deroga al disposto dell’articolo 32, comma 16, del Decreto Sviluppo. Questo, in particolare recitava: “lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore al 5% del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro, al 3% del valore di emissione eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota precedente, ed il 2% del valore di emissione eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alle quote anzidette”. Il comma 16 dell’art. 32 è stato però abrogato dal Decreto Sviluppo Bis. Trattando il tema delle garanzie è necessario fare riferimento al Fondo di Garanzia per le PMI. Tale Fondo è uno strumento pubblico che sostiene le imprese che si trovano in condizioni di difficoltà di accesso al credito bancario per via del fatto che non dispongono di garanzie adeguate. L’interevento del Fondo di Garanzia può coprire fino ad un massimo dell’ 80% del valore del finanziamento, in qualunque forma esso si presenti, e per un importo complessivo non superiore a 2,5 milioni di euro94. Per chiudere l’analisi di questo capitolo si tracciano, molto sinteticamente, i profili di vantaggio e di criticità che caratterizzano lo strumento dei mini-bond e che sono stati analizzati nel corso del capitolo stesso. Dal punto di vista dei vantaggi, il principale beneficio che un’impresa ottiene dal ricorso ai mini-bond è il miglioramento della gestione finanziaria, connesso ad una riduzione della dipendenza dal credito bancario e ad una diversificazione delle fonti di finanziamento. In secondo luogo, questo strumento permette l’accesso diretto al mercato dei capitali ampliando la platea di potenziali investitori anche all’estero e permettendo una maggiore visibilità della propria impresa. Terzo, poiché il mini-bond è uno strumento di finanziamento a medio – lungo termine, consente un allungamento della scadenza media del passivo e quindi una maggiore coerenza di questa con la scadenza media dell’ attivo. In questo modo si ha un effetto positivo anche sugli indici di bilancio. Tutti questi aspetti potranno riflettersi in una più ottimistica valutazione del merito di credito (rating) e consentire quindi un accesso facilitato al credito bancario. Da ultimo, come abbiamo visto, l’emissione di mini-bond consente di godere di una serie di benefici di natura fiscale. 94 Si veda la presentazione al sito http://www.fondidigaranzia.it/imprese.html (link verificato in data 18/07/2014). 48 Ovviamente esiste sempre il rovescio della medaglia. Innanzitutto, ricorrere al mercato dei capitali e alla quotazione significa dover adempiere a notevoli impegni in termini di trasparenza nei confronti del mercato. In seguito, il costo dell’operazione, comprendente sia i costi dell’emissione che il costo del denaro da corrispondere agli investitori, è più elevato rispetto al finanziamento bancario. Tutti questi motivi rendono il mini-bond uno strumento non adatto a tutte le imprese, nonostante i Decreti Sviluppo, Sviluppo – bis e Destinazione Italia si siano mossi nella direzione di avvicinare quanto più possibile le piccole imprese ai mercati finanziari 95. 95 L. Gai – F. Ielasi, op. cit. 49 CAPITOLO 3: ACCESSO AI MERCATI FINANZIARI Analisi dei costi e dei benefici In chiusura del precedente capitolo si sono passati in rassegna quelli che sono i principali benefici di cui gode un’impresa che ricorre ai mercati finanziari per soddisfare le proprie necessità di finanziamento. Questi sono rappresentati principalmente dalla riduzione della dipendenza dal credito bancario che consente, innanzitutto, di usufruire degli effetti positivi della diversificazione delle fonti e poi di migliorare la gestione finanziaria dell’azienda. Il secondo importante risvolto positivo della scelta è costituito dall’ampliamento della platea di investitori a cui l’impresa si rende visibile grazie al mercato di Borsa, platea che può facilmente estendersi anche all’estero. In terzo luogo, poiché il mini-bond è uno strumento di finanziamento di medio – lungo termine, contribuisce al riallineamento delle scadenze delle attività con quelle delle passività, con effetto positivo sulla liquidità. Il quarto effetto benefico riguarda il miglioramento della valutazione del merito di credito conseguente ad una più solida gestione finanziaria. Questo miglioramento consente a sua volta all’impresa di (ri)presentarsi al sistema bancario con un’immagine rafforzata. Infine, l’emissione di mini-bond consente di godere del trattamento fiscale preferenziale introdotto dalla normativa per favorirne lo sviluppo. Contemporaneamente, un’ impresa che intende emettere obbligazioni deve avere bene in mente che la scelta di accedere ai mercati comporta dei costi di non poco conto, soprattutto monetari, ma non solo. E l’incidenza di tali costi può essere particolarmente rilevante quando si tratti di PMI. Il costo di un’emissione di mini-bond Già nel capitolo 2 si sono delineate le principali voci di costo di cui tenere conto nell’ipotesi in cui si decida di emettere un mini-bond ed in questo paragrafo si cercherà di entrare maggiormente nella questione fornendo qualche dato96. Riuscire a determinare il costo effettivo di ogni passaggio del processo di emissione è un’operazione molto complessa, sia per la molteplicità di operatori che possono essere parte del processo, sia per la variabilità dei risultati che si otterrebbero. 96 Si veda M. Belli, I mini-bond come strumento alternativo di finanziamento, Topic CFO – BAA Bocconi “Finanziare lo sviluppo con i Minibond”, Milano, 8 maggio 2014. 50 Una delle principali voci di costo è rappresentata dalle spese legali, che comprendono le spese per l’eventuale modifica dello statuto (nel caso l’emittente sia una S.r.l), la redazione o la revisione dei verbali che deliberano la possibilità di emissione o di quotazione del titolo, la stesura del regolamento del prestito obbligazionario, la redazione dei documenti richiesti da Borsa Italiana per l’ammissione alle negoziazioni sul segmento professionale ExtraMot Pro ed altri eventuali servizi. Ipotizzando l’emissione di un prestito obbligazionario di 5 milioni di euro con scadenza a 5 anni, una ricerca condotta dal quotidiano MF – Milano Finanza e pubblicata nel gennaio 2014 ha cercato di fornire una stima del costo complessivo di un’ operazione con queste caratteristiche97. Nella fase di collocamento e quotazione del mini-bond, la società emittente sostiene mediamente costi per 40 mila euro, tra spese legali, spese per consulenze finanziarie (advisor e arranger), spese per l’ottenimento di un rating e commissioni per la quotazione su ExtraMot Pro. Negli anni successivi le spese da sostenere riguardano l’aggiornamento del rating ed ovviamente la liquidazione degli interessi agli investitori. La ricerca giunge ad una stima secondo cui l’emissione costa mediamente lo 0,60% del valore nominale ogni anno, oltre al pagamento degli interessi previsti dal contratto. Il confronto con il costo del finanziamento bancario Nel corso del testo si è fatto diverse volte riferimento alla constatazione che lo strumento dell’obbligazione non è adatto a tutte le PMI. Il motivo principale di questa affermazione risiede nel fatto che la decisione di accedere al mercato dei capitali e di quotarsi (o quotare un titolo obbligazionario) richiede una serie di adempimenti informativi e pubblicitari finalizzati a garantire la massima trasparenza di ogni operazione nei confronti degli investitori. Tali obblighi di informativa al mercato costituiscono dei costi, sia monetari che non monetari, che, per un’impresa di piccole dimensioni possono essere anche molto gravosi. Secondariamente, il finanziamento a mezzo minibond risulta essere anche più costoso del finanziamento bancario. Come si nota dalla figura successiva, le imprese non finanziarie che richiedono nuovi prestiti bancari pagano mediamente un tasso di interesse di poco superiore al 4% per importi inferiori ad 1 milione di euro o di poco inferiore al 3% se il prestito è di importo superiore a tale soglia. 97 Si veda l’articolo pubblicato dalla testata giornalistica online BeBeez dal titolo “Quanto costa emettere un minibond” in data 21 gennaio 2014 e disponibile al link http://bebeez.it/2014/01/21/quanto-costa-emettere-un-minibond/ 51 Fonte: Supplementi al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziaria. Moneta e banche, n. 35, luglio 2014, fig. 3.1 pag. 38. Entrando un po’ più nel particolare, le previsioni della Banca d’Italia per il mese di maggio 201498 indicano un tasso di interesse del 4,18% per importi complessivi inferiore al milione di euro. Questo dato, se confermato, segnalerebbe una leggere flessione del costo del finanziamento che ad aprile si attestava al 4,27. Notevolemente inferiore è il tasso di interesse sui finanziamenti superiore all’importo di 1 milione di euro. In questo caso infatti, sempre per il mese di maggio, è previsto un tasso medio del 2,58%, in diminuzione. 98 Si veda Supplementi al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziaria. Moneta e banche, n. 35, luglio 2014, fig. 3.1 pag. 38 e tav. 3.1 pag. 39. 52 Fonte: Supplementi al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziaria. Moneta e banche, n. 35, luglio 2014, tav. 3.1 pag. 39. 53 Passando all’analisi dei dati che riguardano le consistenze è possibile avere una indicazione dei tassi di interesse sulla base delle scadenze dei prestiti. Fonte: Supplementi al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziaria. Moneta e banche, n. 35, luglio 2014, tav. 3.3 pag. 41. Sulla base di questi dati è possibile fare un confronto con il costo di un emissione di minibond. Sebbene i dati relativi a queste ultime operazioni saranno trattati approfonditamente nel capitolo successivo99, si possono dare qui alcune indicazioni che sostengano l’affermazione secondo cui il finanziamento obbligazionario è più costoso di quello bancario. Pertanto, sulla base dei dati sulle emissioni che saranno oggetto di studio del capitolo 4 sono state rielaborate le informazioni per ottenere una suddivisione per scadenze uguale a quella della tabella poco sopra e i risultati del confronto sono i seguenti. Mentre un prestito bancario con scadenza inferiore o uguale a 12 mesi costa all’impresa non finanziaria il 4,68%, l’emissione di un obbligazione con la stessa durata richiede un tasso di interesse medio del 5,64%. 99 Si rimanda al paragrafo “Lo stato attuale del segmento ExtraMot Pro di Borsa Italiana” del capitolo 4. 54 Quando la durata è compresa tra 1 e 5 anni, la tabella precedente indica un tasso di interesse del 3,79% contro il 6,60% mediamente richiesto per le obbligazioni quotate su ExtraMot Pro. Infine, per operazioni con durata superiore a 5 anni il finanziamento bancario richiede un tasso di interesse del 3,06% in confronto al 6,37% deducibile dalla lista delle obbligazioni quotate sul segmento professionale. Dalla semplice comparazione di questi dati si trova la conferma che il ricorso all’emissione obbligazionaria rappresenta una alternativa di finanziamento più costosa rispetto al canale bancario. In particolare si può notare che per operazioni con scadenza superiore ai 5 anni il tassi di interesse pagato dall’emittente di una obbligazione è più del doppio di quanto una banca richieda ad una società non finanziaria per un prestito con la stessa durata. Un dato ulteriormente interessante è quello dei volumi. Basandosi ancora una volta su dati della Banca d’Italia100 è possibile fare un confronto tra la grandezza dei volumi del prestito bancario alle imprese non finanziarie e le emissioni obbligazionarie quotate su ExtraMot Pro. I dati sulle consistenze a giugno 2014 riguardanti i prestiti bancari riferiscono di un totale di 827 miliardi di euro di finanziamenti alle società non finanziarie, dato in aumento rispetto al mese di maggio. Sembra essersi così conclusa una tendenza al ribasso iniziata nei primi mesi dell’anno. Degli 827 miliardi totali, 308 miliardi sono stati destinati a finanziamenti di breve durata, inferiore a 12 mesi, 123 a prestiti con durata compresa tra 1 e 5 anni e la restante parte, 396 miliardi a finanziamenti di durata superiore ai 5 anni 101. In aggiunta, ci sono 6 miliardi e mezzo di euro di finanziamento ad imprese residenti in altri stati dell’area dell’euro. Il confronto con il volume delle emissioni di obbligazioni societarie quotate sul nuovo segmento di mercato è abbastanza impietoso, poiché questo ammonta a poco meno di 4 miliardi102. Si tenga però presente che nella attuale situazione è probabile che l’alternativa più praticabile all’emissione non sia il credito bancario. Come visto, ci troviamo in un periodo di forte contrazione del credito per cui per un’ impresa è molto difficile ottenere un prestito bancario o se lo ottiene, le condizioni del contratto possono essere particolarmente dure. 100 Si confronti Banca d’Italia, Supplemento al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziari. Moneta e banche, n. 43, tavola 2.4, pag. 28, 8 agosto 2014. 101 Si confronti Banca d’Italia, Supplemento al Bollettino Statistico. Indicatori monetari e finanziari. Moneta e banche, n. 43, tavola 2.5, pag. 28, 8 agosto 2014. 102 Importo risultante dall’analisi delle emissioni quotate alla data del 30/06/2014 su ExtraMot Pro. Si veda la lista delle emissioni nel Capitolo 4. 55 È quindi utile fare un confronto anche con altre forme di finanziamento, al fine di capire quanto l’emissione obbligazionaria per le piccole e medie imprese sia effettivamente più costosa. Sulla base di quanto comunicato dalla Banca d’Italia con Comunicato Stampa del 26 giugno 2014 sui tassi effettivi globali medi (TEGM) rilevati ai sensi della legge antiusura, si possono estrapolare informazioni utili sui costi di alcune forme di finanziamento che possono essere considerate alternative103. Il primo confronto è effettuato con l’apertura di credito in conto corrente. I dati della Banca d’Italia relativamente a questa forma sono differenziati per classi di importi, fino a 5.000 euro ed oltre 5.000 euro, per la verità non paragonabili a quelli di un’emissione obbligazionaria, tuttavia si sottolinea che il tasso annuo medio per questa tipologia di finanziamento, per importi maggiori della soglia, è ben più alto della media rilevabile tra le emissioni attualmente quotate su ExtraMot Pro e si attesta al 10,20%. Più significativo è il confronto con la forma degli anticipi e sconti. In questo caso è disponibile il dettaglio per importi superiori a 100 mila euro per cui il TEGM è del 5,62%. La terza forma di finanziamento con cui è effettuato il paragone è la cessione dei crediti commerciali, il factoring. Anche in questo caso la soglia di dettaglio fornita dalla Banca d’Italia, fino a 50 mila euro e oltre 50 mila euro, non è del tutto in linea con gli importi di cui si tratta parlando di obbligazioni. Tuttavia, per importi maggiori di 50 mila euro il tasso medio rilevato è del 4,81%. Da ultimo, può essere utile la comparazione con il mutuo. In quest’ultimo caso viene fornita una media complessiva che non fa differenze per classi di importo e si attesta al 5,11% nel caso di tasso fisso. Da quanto sopra si evince che effettivamente per le PMI il ricorso al mercato finanziario è una forma di finanziamento che, fatta eccezione per l’apertura di credito in conto corrente, richiede un impegno economico maggiore per l’impresa. Tuttavia, le differenze con forme alternative non sono di entità tale da rendere lo strumento inaccessibile. Ulteriore termine di paragone può essere quello fornito dal mercato delle obbligazioni high yield. Come si è detto nel capitolo 1 il mercato high yield in Europa ha segnato una forte espansione nei primi 6 mesi dell’anno rispetto ai 12 mesi precedenti ed ha addirittura superato il mercato americano in termini di controvalore totale. Questa modalità di finanziamento prevede per le imprese europee un costo medio del capitale che si aggira intorno al 3,7%104. 103 Banca d’Italia, comunicato stampa del 26 giugno 2014 sulla rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai fine della legge antiusura, disponibile al link https://www.bancaditalia.it/media/comsta/2014/tassi-luglio-settembre-2014.pdf 104 Si veda il già citato articolo di Repubblica, High Yield, Il Vecchio Continente sorpassa gli Stati Uniti, in “Economia e Finanza”, 20 agosto 2014. Articolo online al link 56 Altro termine di paragone può essere il debito cosiddetto “mezzanino”, una forma di finanziamento intermedia tra l’apporto di capitale da parte dei soci e il prestito bancario che non trova una grande diffusione, almeno nel panorama italiano. In ogni caso, il costo medio di questa forma di finanziamento si aggira tra il 9 e l’11%105. In chiusura di capitolo può essere interessante verificare quale sia il costo medio del finanziamento prima dell’emissione di alcune delle imprese che attualmente hanno prestiti obbligazionari quotati nel segmento professionale dedicato da Borsa Italiana. Utilizzando un campione di 15 imprese (Eurotranciatura S.p.A, Gruppo PSC S.p.A, S.I.G.I.T S.p.A, Global System International S.p.A, MPG Manifattura Plastica S.p.A, TREVI Finanziaria Industriale S.p.A, Coswell S.p.A, Rigoni di Asiago S.r.l, FRI – EL Biogas Holding S.r.l, S.G.G Holding S.p.A, IPI S.p.A, Tesmec S.p.A, Bomi Italia S.p.A, Microcinema S.p.A e JSH Group S.p.A) che hanno emesso obbligazioni quotate sul segmento professionale del mercato ExtraMot di Borsa Italiana nel corso del 2014 e verificando l’ammontare di debiti finanziari e oneri finanziari dai loro bilanci è risultato un costo medio del debito pre – emissione pari al 5,20%. Le stesse imprese oggi collocano prestiti obbligazionari pagando una cedola media del 6,32%. Basandosi su questo dato, seppur riferito ad un campione di modeste dimensioni, è possibile ribadire che in effetti il ricorso al finanziamento a mezzo del prestito obbligazionario ha comportato un incremento del costo del finanziamento ma che tale aumento non sembra assolutamente insostenibile. Il maggior costo del denaro che l’emissione obbligazionaria richiede può essere compensato sia dagli incentivi fiscali previsti per questo tipo di operazioni, vale a dire la deducibilità dei costi dell’emissione nello stesso esercizio in cui sono sostenuti, la deducibilità degli interessi passivi e l’esenzione dalla ritenuta sugli interessi e altri proventi, sia da tutti gli altri aspetti che si sono segnalati come favorevoli alla scelta dell’emissione alla fine del capitolo 2, in particolare, dal beneficio della visibilità e pubblicità garantiti dalla quotazione sul mercato di Borsa. http://financialounge.repubblica.it/IT/co/financialounge/news/2014/08/high_yield__il_vecchio_continente_sorpassa_gli_stati_uniti.aspx 105 Dati di Highland Ridge Capital LLC, Mezzanine Debt: a viable financing option for companies in need of growth capital, 23 maggio 2014. Articolo accessibile al link http://highlandridgecapital.com/2014/05/23/135/ 57 CAPITOLO 4: STATO ATTUALE DEL MERCATO DEI MINI-BOND L’intento del presente capitolo è quello di spiegare quali sono i risultati fino ad ora conseguiti nel mercato dei minibond, soprattutto in ambito nazionale. Innanzitutto si mostreranno quali sono le emissioni di minibond realizzate fino a questo momento e ci si soffermerà sull’analisi delle finalità che hanno spinto le imprese ad emettere titoli. Successivamente si vedrà quali sono i fondi di investimento che hanno accettato la “sfida” e dedicato risorse a questi strumenti. Infine, si farà una panoramica del mercato dei minibond in alcuni paesi europei. Le imprese potenzialmente coinvolte Prima di iniziare l’analisi dello stato attuale del mercato dei minibond è necessario farsi un’idea di quali siano le dimensioni che tale mercato può raggiungere e quindi quante siano le imprese italiane potenzialmente coinvolte in questo processo. Secondo uno studio realizzato dall’ agenzia di rating CRIF 106 le imprese che potrebbero rientrare nel target dei fondi che investono in mini-bond sono più di 10 mila. L’agenzia traccia inoltre una serie di requisiti che le imprese dovrebbero soddisfare per poter interessare gli investitori. Si tratta non già di requisiti fissi quanto più propriamente di condizioni ideali e comprendono: Fatturato non inferiore a 5 milioni di euro (i dati mostrano che quasi il 90% delle imprese comprese nel target hanno un fatturato inferiore a 50 milioni, in linea con la definizione di PMI); EBITDA sempre positivo negli ultimi 3 esercizi ed almeno pari al 10% del fatturato dell’ultimo bilancio approvato; Rapporto di indebitamento non superiore a 4. Sulla base di queste caratteristiche viene individuato un pool di 10.457 imprese per la maggior parte operanti nei settori dei servizi e della manifattura. La ricerca si sofferma poi sull’analisi del rapporto tra la posizione finanziaria netta e l’EBITDA. Questo rapporto permette di capire in quanto tempo l’impresa riesce a ripagare i propri debiti finanziari. Solo il 10% delle imprese considerate presenta un valore del rapporto superiore a 5, valore che indica una tensione finanziaria e sorprendentemente il 43% delle imprese risulta non avere debiti finanziari netti. 106 Si veda CRIF Rating Agency, In Italia sono oltre 10000 le imprese che potrebbero accedere al mercato obbligazionario, Bologna, 8/11/2013 disponibile al link http://www.crif.it/News/Comunicati-stampa/Pages/In-Italia-sonooltre-10-000-le-imprese-che-potrebbero-accedere-al-mercato-obbligazionario.aspx 58 L’ultimo aspetto della ricerca riguarda la diffusione territoriale. La maggior parte delle potenziali emittenti, il 43%, si trova nel Nord – Ovest del paese, il 28% del Nord – Est, il 17% al Centro ed infine il 12% al Sud. Esistono tuttavia altre e diverse stime del mercato potenziale dei mini-bond, alcune notevolmente inferiori alla precedente107 e altre più ottimistiche108. Dati del Governo, meno recenti, parlavano di un numero di imprese potenzialmente coinvolte compreso tra 5 e 15 mila109. Lo stato attuale del segmento ExtraMot Pro di Borsa Italiana Il segmento professionale del mercato ExtraMot è stato lanciato da Borsa Italiana l’ 11 febbraio 2013 ed è destinato alla quotazione delle obbligazioni e delle cambiali finanziarie emesse da società anche non quotate rivolte ad investitori professionali. Sulla base dei dati disponibili110 sul sito di Borsa Italiana alla data del 28 agosto 2014 si è elaborata la tabella seguente che riassume tutte le emissioni di obbligazioni quotate sul segmento professionale evidenziandone le principali caratteristiche: ammontare del prestito obbligazionario, data di inizio negoziazione, cedola annua, rating, scadenza e presenza di garanzie. Sono 78 i titoli negoziati su tale segmento, emessi da 61 imprese appartenenti a diversi settori industriali. Partendo dall’analisi dell’ammontare del prestito obbligazionario bisogna innanzitutto considerare che alcune emissioni sono di importi decisamente rilevanti. Cerved Group, azienda attrice nei business del credit information, marketing solutions e credit management, ha emesso titoli per un totale di 530 milioni di euro. Ancora, Manutencoop Facility Management, principale operatore italiano nella gestione di servizi integrati, ha emesso obbligazioni su questo segmento per complessivi 415 milioni di euro. Lo stesso importo complessivo è stato offerto da Rhino Bondco S.p.A. E non sono gli unici esempi. Si vedano nella tabella che segue le emissioni di Team System Holding S.p.A, Sisal, IVS e Marcolin S.p.A. Curiosamente si può notare che tutte queste imprese hanno emesso i loro titoli entro il novembre 2013 e che successivamente, già a partire dal mese di dicembre 2013, l’importo medio delle emissioni si è ridotto. 107 Si veda I. Visentini, Minibond: cinquemila imprese in lizza, in Il Sole 24 ore, 29/01/2014. Si veda lo studio di Cerved Group, Esiste un mercato per i minibond in Italia? La fotografia delle imprese non quotate, dell’ottobre 2013 secondo cui sarebbero addirittura 35 mila le imprese potenzialmente idonee ad accedere al mercato. Il documento è disponibile al link https://www.cervedgroup.com/documents/10156/105548/cerved_minibond_ott13_STUDIO.pdf 109 Si veda S. Firpo, Oltre il credit crunch: il futuro dei mini-bond, febbraio 2013 110 Dati disponibili al link http://www.borsaitaliana.it/borsa/obbligazioni/segmento-professionale/lista.html?&page=1 108 59 Ciò segnala che probabilmente nella fase iniziale della sua vita, questo mercato è stato sfruttato principalmente da imprese che non costituiscono il target dello strumento così come immaginato dal legislatore, essendo ben più grandi e sofisticate. Non mancano però anche le emissioni di importi contenuti: i 2,7 milioni di Fide S.p.A, società che eroga finanziamenti a lavoratori dipendenti e a pensionati, i 2,8 milioni di C.A.A.R S.p.A, azienda attiva nel settore dell’ingegnerizzazione di prodotto e/o processo o 3, 57 milioni di Ifir S.p.A, altra società finanziaria. L’azienda che complessivamente ha emesso l’importo minore è stata RSM Italy A&A S.r.l, operante nel settore della consulenza e della revisione, il cui prestito obbligazionario quotato ammonta ad 1 milione di euro. Complessivamente sono stati emessi circa 3 miliardi e ottocento milioni di euro di titoli. Come si è fatto notare, l’importo medio delle emissioni ha subìto un netto calo. I titoli negoziati entro il 31 dicembre 2013 mostravano un valore nominale medio di quasi 80 milioni di euro, ridottosi a poco più di 27 per le emissioni negoziate successivamente a tale data. Nel complesso l’ammontare medio del prestiti obbligazionari è di 49,44 milioni. La scadenza media dei titoli è di 6,58 anni, con un massimo di 20 anni per le emissioni di quelli che sono stati ribattezzati “hydrobond”, in altre parole i titoli emessi da 8 società (Azienda Servizi Integrati S.p.A, Acque del Chiampo S.p.A, Acque del Basso Livenza S.p.A, Alto Vicentino Servizi S.p.A, Acque Vicentine S.p.A, ETRA S.p.A, BIM Gestione Servizi Pubblici S.p.A e Centro Veneto Servizi S.p.A) appartenenti ad un Consorzio veneto che raggruppa diversi gestori del servizio idrico integrato111. Interessante è anche l’analisi della cedola pagata agli investitori. Solo 8 delle 78 emissioni presenti nella lista pagano un tasso variabile mentre tutte le altre sono emissioni a tasso fisso. Il titolo più remunerativo per gli investitori è l’emissione da 4 milioni di euro di Alessandro Rosso Group S.p.A che paga il 10% annuo. Attraenti dal punto di vista della sola remunerazione anche l’emissione di Primi sui Motori S.p.A che prevede una cedola del 9% l’anno, e le emissioni di Manutencoop e Marcolin, con cedola all’ 8,50%. Naturalmente l’effettiva attrattività degli investimenti in questione va valutata anche alla luce della qualità dell’investimento stesso, riassunta dal rating. Purtroppo questo non è sempre presente, come si spiegherà poco oltre. All’estremo opposto le emissioni delle 8 aziende emittenti “hydrobond” indicate poco sopra, i cui titoli rendono solo il 4,20% seguite dall’emissione di Ifir da 114mila euro, che paga il 4,25%, dall’obbligazione da 12 milioni di Fri-EL Biogas con cedola al 4,90% annuo e dai titoli di Enna Energia S.r.l (3,2 milioni) e Finanziaria Internazionale Holding S.p.A (12 milioni) che pagano il 5%. 111 Si veda BeBeez, Da oggi 8 hydrobond di Vivereacqua in quotazione all’ ExtraMot Pro, 29/07/2014. 60 Mediamente la cedola annua, calcolata solo sulle emissioni a tasso fisso, è del 6,43%. Il terzo aspetto da valutare è la presenza di un rating. Come noto, questo indicatore serve a guidare gli investitori fornendo una indicazione sintetica sulla qualità del merito di credito dell’emittente o dello strumento finanziario. Data la sua funzione è da considerare uno strumento molto importante per attrarre l’interesse degli investitori e favorire la diffusione dei mini-bond ma tuttavia non è contemplato tra i requisiti richiesti espressamente dalla normativa. Non stupisce quindi il fatto che meno della metà delle obbligazioni abbiano un rating attribuito da agenzie riconosciute ai sensi della normativa comunitaria. In particolare, sono 32 le emissioni coperte da rating. Trattandosi di obbligazioni societarie sarebbe lecito attendersi rating, quando presenti, non molto elevati. E in effetti così è: la quasi totalità dei rating attribuiti è al di sotto della soglia dell’investment grade, evidenziando un rischio di credito da non sottovalutare. In particolare la maggior parte dei rating presenti appartiene alla categoria B che, seppur con le differenze esistenti tra le definizioni delle diverse agenzie, segnala un alto rischio di credito e una capacità di rimborso del prestito vulnerabile. Da questo punto di vista il giudizio peggiore è quello attribuito da Standard & Poor’s all’emissione da 230 milioni di Cerved, segnalata con rating CCC+, che indica un rischio di credito molto elevato. Se quindi trovarsi in presenza di titoli rischiosi è la norma quando si investa in obbligazioni societarie, è pur vero che esistono delle eccezioni. Il giudizio più positivo è quello attribuito da Cerved all’emissione di Trevi – Finanziaria Industriale S.p.A, il cui prestito è valutato A2.1. Anche alle obbligazioni emesse da Tesmec S.p.A, leader nella progettazione e produzione di tecnologie legate alle infrastrutture nel settore dei trasporti, e da Rigoni di Asiago, produttore di beni alimentari da agricoltura biologica, sono stati attribuiti rating elevati, rispettivamente A2.2 e A3.1 da Cerved Rating Agency. Si tratta in questo caso di investimenti considerati sicuri e con basso rischio di credito112. Si è dedicato un apposito paragrafo per delineare il ruolo delle garanzie che supportano un’emissione. In questa sede si sottolinea che solo 20 delle 78 emissioni sono garantite. Ulteriore considerazione che è possibile fare è la seguente. Abbiamo detto che possono emettere mini-bond le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche non quotate. È importante soffermarsi sulla precisazione che tali società possono essere anche non quotate, possono cioè non avere azioni quotate. Delle 61 emittenti che compongono l’elenco della tabella che segue solo 9 hanno azioni quotate sul listino di Borsa Italiana. Precisamente si tratta di Banca Popolare dell’Etruria e 112 Si veda la scala dei rating del Cerved Group disponibile al link: https://area.cervedgroup.com/group/approfondimento/ECAI_Descrizione.pdf 61 del Lazio, Tesmec S.p.A, Ternienergia S.p.A, Meridie S.p.A, Primi sui motori S.p.A, IVS, Cerved Group, Trevi – Finanziaria Industriale e True Energy Wind SA. Di seguito si mostra la tabella da cui sono state tratte le precisazioni contenute in questo paragrafo. 62 63 64 Fonte: elaborazione dell’autore su dati liberamente disponibili sul sito di Borsa Italiana al 28/08/14 Finalità dell’emissione Dopo aver individuato gli andamenti del mercato fino ad ora, può suscitare interesse capire quali siano state le motivazioni che hanno spinto le imprese di cui al paragrafo precedente a ricorrere all’emissione obbligazionaria. Uno studio svolto da CSE Crescendo, società milanese di strategy advisoring, si è posto il seguente scopo, di comprendere cioè se i mini-bond rientranti nell’analisi fossero stati emessi per sostenere progetti di sviluppo o per altre motivazioni 113. Si è spesso definito il mini-bond come strumento alternativo al finanziamento bancario e tale definizione è corretta ma non del tutto completa. Già nell’intento originario del legislatore il mini-bond doveva essere uno strumento a sostegno dello sviluppo dell’impresa che ne faceva ricorso. E questa linea di pensiero è stata seguita dai fondi di investimento che hanno richiesto alle imprese ulteriori “requisiti” come quello di avere un piano di sviluppo ben definito e strutturato in un valido business plan, essere società gestiste in maniera sana e con vocazione all’internazionalizzazione. 113 Si veda CSE Crescendo, Minibond: strumenti di sviluppo o sopravvivenza?, in I rapporti di CSE Crescendo, 7 marzo 2014. Lo studio si basa sull’analisi di 15 emissioni minori di 25 milioni di euro negoziate alla data del 14 febbraio 2014. Le imprese interessate dallo studio sono: Alessandro Rosso Group, C.A.A.R, Fide, Filca cooperative, Finanziaria Internazionale, GPI, Grafiche Mazzucchelli, IFIR, JSH Group, Meridie, Microcinema, Mille Uno Bingo, Primi sui Motori e Sudcommerci. 65 Lo studio citato propone di valutare le emissioni alla luce della capacità di generare cassa nel futuro che, si è già detto, è un aspetto di notevole rilevanza che viene affrontato nel business plan. Il primo sorprendente risultato della ricerca è che nonostante la sua importanza, il business plan non rientra tra la documentazione richiesta dalla normativa o da Borsa Italiana. Nel tentativo di compensare tale mancanza, gli autori hanno deciso di ricorrere all’esposizione dei rischi, informazione contenuta nel documento di ammissione al segmento ExtraMot Pro, per cercare di capire se le imprese hanno utilizzato le risorse raccolte per aumentare la capacità di cassa. L’analisi dei rischi si è però rivelata uno strumento poco utile poiché le informazioni fornite risultano essere molto simili, se non identiche, nonostante le imprese appartengano a settori diversi e perciò siano soggette a rischi diversi. In alcuni casi hanno riscontrato addirittura solo delle mere definizioni. Hanno poi costruito un ideale modello di business plan dal quale un investitore possa veramente capire se le risorse che sta affidando all’impresa saranno in grado di sostenere lo sviluppo dell’impresa stessa e di ripagare il debito, permettendo anche una remunerazione dell’investimento. Questo modello si basa sui seguenti aspetti: la vision (insieme degli obiettivi di lungo periodo), la mission (scopo dell’esistenza dell’azienda), la descrizione dei settori in cui opera (individuazione delle Strategic Business Units), l’analisi del mercato di ogni unità strategica, l’attrattività del business, il posizionamento competitivo all’interno dell’area di business, le strategie attuali e future, l’indicazione di come intendano usare le risorse ottenute e le previsioni sull’andamento del ciclo economico e dell’evoluzione del patrimonio aziendale. Ad ognuno di questi aspetti è attribuito un punteggio da 0 a 5, crescente in funzione della completezza ed adeguatezza dell’informazione disponibile, e il risultato finale rende evidente che tutte le imprese considerate nella ricerca non offrono informazioni esaustive sui progetti previsti per il futuro. Poiché, come gli stessi autori sottolineano, è difficile ipotizzare uno sviluppo senza un progetto che lo sostenga, la conclusione della ricerca è che il mini-bond è purtroppo già diventato uno strumento utilizzato per sostenere la sopravvivenza di un’impresa e non il suo sviluppo114. 114 Per un commento alle conclusioni della ricerca si veda BeBeez, Chi fa i minibond non fa anche i business plan, 13 marzo 2014. Articolo disponibile al link http://bebeez.it/2014/03/13/chi-fa-minibond-fa-anche-i-business-plan/ 66 I fondi di investimento già attivi Affinché si possa valutare a pieno il grado di maturità di un mercato finanziario, è necessario capire se questo ha riscosso l’interesse degli investitori. Secondo dati di MF – Milano Finanza, i fondi che investono in mini-bond attualmente sono quelli nella tabella seguente. GESTORE Advam Partners sgr Aletti gestielle sgr NOME DEL FONDO Advam 1 Fondo crescita Impresa Italia Amundi sgr Nd Amundi sgr Nd (con Sace) Anthilia Capital Bond Impresa Partners sgr Territorio Azimut sgr Nd (con Antares) Bnp Paribas Bnp Paribas Bond Investment partners Italia Pmi sgr Compass am sa Blue Lake Sicav – Sif Italian Minibond Duemme sgr Fondo per le imprese Emisys Capital sgr Emisys Development Finint sgr Fondo Minibond PMI Italia (con Mps) Fondo italiano di Nd (fondo di fondi) investimento sgr Hedge Invest sgr HI CrescItalia Pmi Fund Lemanik am Equita Corporate Debt (con Equita sim) Lemanik am Equita Leveraged Debt (con Equita sim) Lyxor sgr Lyxor Berica Sme Fund (con Pop Vicenza) Muzinich&co Italian Private Debt PensPlan sgr Euregio Pioneer sgr Pioneer Sviluppo Italia Riello Investimenti Fondo Impresa Italia TARGET RACCOLTA (milioni di €) 200 100 PRIMO CLOSING (milioni di €) 200 350 200 Nd 175 110 250 150 Nd 56 100 Nd 150 76 150 131 150 51 500 250 250 Nd 200 Nd 200 Nd 500 100 250 100 Nd 156 50 Nd 150 Nd Nd Nd 67 Partners sgr River Rock Tenax Ver Capital sgr Vesta Industrial Wise sgr Zenit sgr Italian Hybrid Capital Fund Tenax Opportunity Fund Ver Capital Credit Partner Italia V Fysis Fund sicav Wise Private Debt Progetto Minibond Italia Nd Nd 200 Nd 200 Nd 100 250 150 Nd Nd Nd Fonte: dati MF – Milano Finanza Sono quindi 26 i fondi di investimento attivi, che si sono proposti di dedicare quasi 5 miliardi di euro al mercato dei mini-bond italiani. Si è più volte ribadito quali siano le caratteristiche che i gestori ricercano nelle imprese per decidere di investire in loro. Si fa riferimento ai progetti di sviluppo, all’internazionalizzazione, alla crescita e ad un management stabile e competente. Il 2 luglio 2014 è stato ufficialmente avviato il primo fondo italiano di investimento in minibond, gestito da Finanziaria Internazionale (Finint) in collaborazione con Banca Monte dei Paschi di Siena, che ha raccolto un patrimonio di 51 milioni con cui intende investire in un pool di circa 40 imprese individuate tra imprese operanti nel settore della meccanica e nell’industria manifatturiera di qualità, del food&beverage, del Branded Company e delle Local Utilities, che hanno un fatturato tra i 30 e i 180 milioni di euro e sono localizzate prevalentemente nel Nord Italia115. I mercati obbligazionari per le PMI in Europa Delineato lo stato attuale del mercato italiano dei mini-bond può essere utile un confronto con le realtà esistenti a livello europeo, per capire quali sono i punti in comune e quali gli eventuali aspetti da cui trarre ispirazione. L’agenzia di rating CRIF e l’Accademia Italiana Di Economia Aziendale (AIDEA) hanno pubblicato un rapporto dal titolo “I mercati delle passività delle PMI” che illustra la situazione del mercato obbligazionario per le piccole e medie imprese in 4 paesi europei: Norvegia, Germania, Francia e Spagna116. Per ognuno dei mercati sono analizzate le 115 Si veda la notizia diffusa sul sito di Finanziaria Internazionale al link http://www.finint.com/it/le-nostreattivita/investment-banking/asset-wealth-management/finint-investments-sgr/news-dettaglio.php?newsid=201 116 Si veda AIDEA – CRIF, I mercati delle passività delle PMI, 09/03/2014. Il documento è disponibile al link http://www.accademiaaidea.it/wpaidea/wp-content/uploads/2014/03/AIDEA-CRIF-Mercati-passivit%C3%A0-PMIRapporto-di-Sintesi.pdf 68 caratteristiche principali, in termini di requisiti richiesti, processo di emissione, struttura del mercato e punti di forza e debolezza. Il mercato norvegese è quello che maggiormente si allontana dal mercato italiano per il fatto di essere caratterizzato dall’emissione di obbligazioni soprattutto da parte di imprese bancarie ed assicurative, che sono invece espressamente escluse dalla normativa italiana117. Il mercato di riferimento è Nordic ABM118, un mercato non regolamentato amministrato dalla Borsa di Oslo e costituito nel 2005. Nordic ABM è composto di due segmenti, uno destinato ad investitori retail, Nordic ABM Retail, e l’altro invece ad investitori istituzionali, chiamato Nordic ABM Professional. Tale mercato è caratterizzato da un processo di emissione semplificato, reso possibile dal ridotto numero di requisiti che le imprese sono tenute a soddisfare. Affinché le obbligazioni siano ammesse alla quotazione, l’emittente deve presentare un listing document, che deve contenere almeno gli ultimi 3 bilanci approvati, informazioni sull’emittente, la descrizione dell’attività e un documento che riassume le condizioni del prestito obbligazionario. In alternativa al listing document, può presentare un prospetto informativo conforme alla normativa di un paese appartenente all’Unione Europea considerato adeguato a fornire le informazioni di cui gli investitori hanno bisogno. Tra i requisiti minimi non compare il rating. Durante la quotazione, l’emittente è tenuta al rispetto di alcuni obblighi tra cui la garanzia di pari trattamento degli investitori, la completa trasferibilità dei titoli, la comunicazione di tutte le informazioni che possono influire sul prezzo, oltre che la pubblicazione del bilancio annuale e della relazione semestrale. I punti di forza di tale mercato riguardano innanzitutto i ridotti adempimenti richiesti all’emittente, che peraltro non si discostano di molto da quelli che sono normalmente dovuti a norma del locale codice di commercio, e poi i costi contenuti del processo di emissione, la velocità con cui è svolto (tutto il processo dura dalle 4 alle 8 settimane) e l’accessibilità al mercato di operatori non professionali. Il punto debole è costituito dal fatto che il mercato raccoglie quasi esclusivamente emissioni di banche ed imprese assicuratrici, forse per la mancanza di una serie di previsioni, tra cui il rating, che possano rendere attrattive emissioni si società non finanziarie. Ciò rende il mercato norvegese Nordic ABM molto distante dal nostro segmento professionale e dagli intenti che con esso ci si è posti e pertanto non sembra essere adatto a fornire indicazioni di possibili miglioramenti da “copiare”. 117 Come da art. 32, comma 8, del Decreto Legge 83/2012. Sito istituzionale: http://www.oslobors.no/ob_eng/Oslo-Boers/Listing/Interest-bearing-instruments/Nordic-ABM 118 69 Per quanto riguarda invece il mercato tedesco il riferimento per le PMI è il segmento Bondm119 della Borsa di Stoccarda, lanciato nel 2010. Anche il Bondm si rivolge agli investitori sia professionali sia retail. Questi possono negoziare i titoli obbligazionari anche in fase di Initial Bond Offering (IBO), sottoscrivendo le emissioni direttamente nel mercato primario. Hanno poi l’opportunità di proseguire le negoziazioni sul mercato secondario. Gli investitori non professionali sono circa il 40% del totale. I requisiti richiesti riguardano la redazioni di un prospetto informativo, la stipula di un accordo con un soggetto, detto coach, che supporta l’emittente in fase di emissione, avere un rating aggiornato al massimo di 12 mesi e presentare il bilancio annuale certificato. Una peculiarità del Bondm è la presenza, nel mercato secondario, di un Quality Liquidity Provider (QLP) che garantisce che i titoli siano sempre liquidi e se necessario acquista e vende in autonomia per ristabilire la condizione di liquidità. Durante la vita dello strumento l’emittente è poi tenuta alla pubblicazione del bilancio certificato, della semestrale, dell’informativa price-sensitive e di un rating aggiornato ogni anno. Tra i punti di forza si segnala anche in questo caso il ridotto numero di requisiti di accesso ma anche, e forse in particolar modo, la presenza del Quality Liquidity Provider. Tra i punti deboli si sottolineano la mancanza di misure idonee a garantire un controllo accurato dell’emittente in tutte le fasi della quotazione. Il Bondm presenta sicuramente delle caratteristiche che potrebbero essere importate nel mercato italiano per aumentarne l’efficienza e l’attrattività e sancirne il decollo. In particolare la presenza obbligatoria del QLP e la richiesta di aggiornamento annuale del rating. Il terzo mercato analizzato dalla ricerca AIDEA – CRIF è quello francese. In questo contesto è stato introdotta nel 2012 una modalità di emissione obbligazionaria pensata per le piccole e medie imprese, chiamata Initial Bond Offer (IBO) presente nei segmenti B e C del mercato NYSE Euronext e nel mercato Alternext120. Entrambi questi mercati consentono l’accesso sia ad investitori istituzionali sia ad investitori privati. L’offerta obbligazionaria può essere proposta sia da società quotate che da società non quotate, ma in entrambi i casi le imprese devono soddisfare la definizione di PMI fornita dalla Commissione Europea e le obbligazioni emesse devono avere una scadenza superiore a 5 anni ma inferiore a 10. Tra i requisiti di ammissione è innanzitutto previsto un importo minimo per l’emissione, fissato a 5 milioni di euro. Gli ulteriori requisiti comprendono la redazione di un prospetto 119 Sito istituzionale: https://www.boerse-stuttgart.de/de/boersenportal/segmente-und-initiativen/bondm/ Sito istituzionale Euronext: https://www.euronext.com/en/markets/nyse-euronext/paris. Sito istituzionale Alternext https://www.euronext.com/markets/nyse-alternext 120 70 informativo che dovrà essere approvato dall’ Autorità nazionale regolatrice dei mercati finanziari e la presenza di un rating obbligatorio se la società rientrante nella definizione di PMI non possiede azioni quotate e per le società quotate con capitalizzazione di mercato inferiore a 100 milioni. Il rating deve essere attribuito da una società di rating accreditata ESMA ad esclusione di Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch Rating considerate non idonee a valutare questo tipo di imprese. Se poi l’emissione è quotata sul mercato Alternext è richiesta la presenza di uno sponsor. Nelle fasi successive, tutte le imprese, indipendentemente dal mercato in cui sono quotate, devono fornire agli investitori tutte le informazioni che possono incidere sulla valutazione del prezzo. Le società quotate su Alternext devono in particolare servirsi dello sponsor per tutta la durata della quotazione, pubblicare i bilanci annuali certificati e le relazioni periodiche ed informare tempestivamente gli investitori di qualsiasi variazione nella compagine azionaria che comporti il superamento delle soglie di proprietà del 50 e del 95%. Il periodo di sottoscrizione, cui possono partecipare anche investitori retail, dura dalle 3 alle 5 settimane dopodiché l’obbligazione è ammessa al mercato secondario dove può essere assistita da un QLP. Anche in questo caso può rappresentare un punto a favore la presenza di adempimenti non stringenti. Inoltre, gli investitori retail che sottoscrivono obbligazioni sul mercato primario e le detengono per almeno 5 anni possono godere di detrazioni sulle imposte sui redditi da capitale e sulle imposte sul reddito. Tuttavia la presenza non obbligatoria di un liquidity provider può rappresentare un ostacolo alla formazione di un mercato efficiente. Sulla base delle emissioni effettuate alla data di redazione dello studio, il mercato francese risultava caratterizzato dalla presenza di poche emissioni e di imprese di dimensioni troppo grandi e pertanto non in linea con le aspettative del Legislatore italiano riguardo alle peculiarità di un efficiente mercato del debito per le PMI. Infine, la ricerca ha analizzato il mercato spagnolo dove il mercato di riferimento per le obbligazioni societarie emesse da imprese medio – piccole è il Mercado Alternativo de Renta Fija121 istituito nel 2013 e molto simile al nostro ExtraMot Pro. Anche in questo mercato, infatti, le obbligazioni sono destinate esclusivamente ad investitori istituzionali. Gli emittenti sono tenuti a fornire informazioni su se stessi, i bilanci certificati degli ultimi due esercizi, l’informativa sui rischi o sulla solvibilità, ed informazioni relative all’emissione. Durante il processo di emissione l’impresa è supportata dalla presenza di un advisor mentre invece è prevista solo in via opzionale la presenza di un soggetto che svolge le funzioni di liquidity provider. 121 Sito istituzionale: http://www.bmerf.es/esp/aspx/Portadas/HomeMARF.aspx 71 Nella fase post – emissione devono invece pubblicare il bilancio annuale certificato e l’informativa price sensitive. Per via della sua recente istituzione e della netta somiglianza con il nostro segmento professionale, anche il Mercado Alternativo de Renta Fija non pare poter offrire particolari spunti di riflessione da riportare nell’esperienza del mercato italiano. Riassumendo, le innovazioni che potrebbe essere opportuno introdurre al fine di rendere il mercato italiano dei mini-bond più appetibile riguardano innanzitutto la riduzione dei costi di emissione, e a questo proposito si è notato che in tutti e quattro i mercati sono previsti requisiti di accesso semplificati e non stringenti. Ciononostante, la semplificazione non è da sola sufficiente a garantire lo sviluppo del mercato. Successivamente, la presenza di un soggetto che garantisce la liquidità del mercato è da considerare una condizione molto importante e sarebbe opportuna la previsione obbligatoria di un liquidity provider sul modello tedesco. Al momento Borsa Italiana ha previsto solo la possibilità di un operatore specializzato che possa offrire quotazioni giornaliere del prezzo122. In terzo luogo, si dovrebbero rendere le emissioni più sicure richiedendo rating obbligatori alle imprese, e magari l’aggiornamento periodico, o prevedendo una serie di garanzie123. In conclusione di capitolo, sembra potersi affermare che la direzione intrapresa è quella giusta e che il mercato italiano dei mini-bond stia pian piano crescendo e si sta diffondendo, come conferma la crescita di emissioni registrata nei primi mesi del 2014. Anche il numero di fondi è in crescita e ciò segnala che il mercato sta attirando sempre più l’interesse degli investitori. Tuttavia, non mancano le criticità. Sarebbe pertanto auspicabile l’innovazione del mercato attraverso la previsione delle caratteristiche sopra indicate affinché si possa rendere ExtraMot Pro un segmento efficiente e davvero appetibile per gli investitori. L’analisi delle realtà dei mercati finanziari europei destinati alle PMI segnala che l’Italia non è rimasta troppo indietro e che il gap da colmare, in particolare con il Bondm tedesco, esiste ma non è insormontabile. Come si è detto a più riprese durante il presente lavoro, questi sono risultati non solo molto importanti ma necessari. È indispensabile valorizzare le imprese più meritevoli consentendo loro un canale di finanziamento alternativo, o complementare, a quello classico bancario per evitare che si verifichino nuovamente fasi di difficoltà di accesso al credito così marcata come quella recente. 122 Si confronti la presentazione del segmento disponibile al link http://www.borsaitaliana.it/obbligazioni/formazione/extramotpro/presentazione_pdf.htm 123 Con riferimento ai risultati della ricerca AIDEA – CRIF si confronti anche l’articolo della rivista AziendaBanca, Minibond: che succede in Europa?, 01/03/2014. 72 CAPITOLO 5: IL PUNTO DI VISTA DI UN INVESTITORE Nel presente capitolo si riferirà della testimonianza del Dott. Francesco Franchini, partner di Ver Capital Sgr. Ver Capital è una società di gestione del risparmio nata nel 2006 il cui core business è rappresentato dall’investimento in corporate credit europeo, sia attraverso fondi chiusi che fondi aperti. Il target principale dell’attività di investimento di questa sgr è l’emissione corporate europea con rating inferiore all’investment grade. In un tale contesto, con emissioni di media grandezza, è possibile avere una buona liquidità. Con particolare riferimento alla categoria dei fondi chiusi, la società ha lanciato Ver Capital Credit Partner Italia V, un fondo focalizzato sull’investimento in obbligazioni high yield e loans emessi prevalentemente da piccole e medie imprese italiane. Si tratta quindi di un fondo specificatamente dedicato all’emissione dei minibond e al finanziamento strutturato, che ha un target di raccolta di 200 milioni di euro. Dal punto di vista operativo, non essendo Ver Capital una banca ma una sgr, non può strutturare in prima persona l’emissione del debito obbligazionario ma può, nel momento in cui è necessario collocare l’obbligazione presso gli investitori istituzionali, intervenire in quello che diventa una sorta di mercato “secondario” del titolo. Per quanto riguarda l’aspetto del pricing, ovviamente il punto di partenza è un’analisi della futura emittente. Il cuore di questo processo è l’analisi fondamentale, cioè quel processo che mira ad ottenere il giusto prezzo del titolo basandosi su aspetti economici e finanziari dell’azienda che si sta valutando. Il risultato di questa analisi è il fair value dell’azienda, determinato sia da dati relativi all’impresa, ed in particolare al suo bilancio, ai piano di sviluppo e alle qualità del management, ma anche del contesto in cui essa opera e del settore. L’obiettivo principale per cui l’analisi è svolta, nella prospettiva di un investitore è duplice: - Valutare la possibilità di incassare il capitale a scadenza; Valutare la possibilità di incassare le cedole periodiche. Tuttavia quando si parla di pricing lo spazio negoziale di cui la sgr dispone è in genere molto limitato, a maggior ragione se si tratta di strumenti finanziari caratterizzati da un certo grado di liquidità. 73 In questi casi è molto difficile discostarsi dal prezzo che viene fatto dal mercato e l’attività di negoziazione si riduce molto, fino a consistere quasi esclusivamente nell’accettazione o nel rifiuto delle condizioni poste dal mercato. Pertanto, se per un investimento di importo, durata, rischio implicito simili il mercato offre un certo tasso di rendimento, sarà molto difficile che l’investitore riuscirà a strappare un rendimento maggiore. Diversamente, se si tratta di strumenti meno liquidi, tra cui rientrano i minibond, esiste un certo spazio di autonomia negoziale. Anche in questo caso però questa possibilità di negoziazione non si riflette in un rendimento nominale maggiore a parità di condizioni, ma è possibile ottenere altre forme di ritorno. In primo luogo, si fa riferimento all’ original issue discount, o OID. Questo “tasso di rendimento” si genera in caso di emissioni sotto alla pari ed è appunto determinato dalla differenza tra il valore nominale e il prezzo di emissione. Secondo l’esperienza del Dott. Franchini questa tipologia di rendimento è negoziabile in particolare per emissioni di importo tra i 5 e i 30 milioni. In secondo luogo, si può generare un rendimento addizionale mediante l’uso di warrant. I warrant sono strumenti derivati che conferiscono al possessore la possibilità di acquistare o di vendere ad una certa data futura e ad un prezzo prefissato una determinata attività detta sottostante. Le obbligazioni con warrant, di tipo call, che attribuiscono al possessore la facoltà di acquistare azioni dell’impresa emittente ad un prezzo prestabilito, sono un buon metodo per rendere l’emissione obbligazionaria più appetibile, anche se difficilmente i warrant vengono previsti in fase di prima emissione. Terzo metodo è quello di prevedere delle commissioni iniziali che remunerino il lavoro svolto. Per chiudere la parte relativa al pricing si può quindi dire, come riferito dalla testimonianza dell’investitore professionale, che al di là dei 3 punti poco sopra indicati, non esiste un grande margine di negoziazione sul tasso di interesse per strumenti come i minibond. Perciò se oggi in media questi rendono poco più del 6%, questo sarà il riferimento per gli investitori, che dovranno stabilire se il rendimento è congruo al rischio che si stanno caricando in portafoglio. Tra i fondi di investimento italiani che hanno come target le emissioni di debito corporate di piccole e medie imprese, uno è nato con l’obiettivo di fare il prezzo e ad oggi non ha ancora investito praticamente nulla. 74 Successivamente è stato trattato il tema della valutazione che Ver Capital Sgr pone in atto al fine di scegliere in quali imprese valga la pena di investire. Il punto di partenza è sempre ovviamente un’analisi ben approfondita e multidimensionale, che copra aspetti macroeconomici, microeconomici e strategici. Si tenta di approcciare l’azienda dal punto di vista del mercato in cui opera, del prodotto o servizio che offre, del posizionamento competitivo e della sua strategica. Oltre che su una propria analisi, la società di gestione si serve anche di una effettuata direttamente dal management dell’impresa. Tutti gli elementi considerati confluiscono in un piano, detto management plan, che funge da base per la decisione di investimento, il cui obiettivo è sempre quello di: - Verificare la sostenibilità del debito; Verificare la capacità di pagamento delle cedole periodiche. Gli aspetti sopra indicati devono poi produrre i loro effetti e “trasformarsi” in numeri riassunti nelle principali grandezze patrimoniali e reddituali. Con riferimento al secondo punto, la sostenibilità delle cedole periodiche, è importante valutare l’entità del margine operativo lordo e l’incidenza degli oneri finanziari su di esso per capire se è in grado di sostenere il pagamento degli interessi. Gli altri aspetti che rientrano nell’analisi sono la valutazione del circolante, del magazzino, degli intangible assets e degli investimenti in immobilizzazioni di natura operativa (capex). Ulteriore elemento oggetto dell’analisi è il flusso di cassa operativo (o free cash flow from operations, fcfo) per determinare la capacità di sostegno del servizio del debito, non solo quello dell’emissione obbligazionaria. Infatti, normalmente un impresa riceve finanziamenti bancari che in un certo senso sono in “concorrenza” con il finanziamento a mezzo minibond e l’investitore non può trascurare il fatto che se il debito bancario non è sostenibile ciò non abbia ripercussioni sul proprio investimento. Il processo operativo che Ver Capital segue per stabilire quanto e dove investire si articola in 7 passaggi124: 1) Screening o pre – analisi: in questa fase un componente del gruppo, che possiede competenze specifiche del mercato in cui l’impresa opera effettua un’analisi preliminare focalizzata anzitutto sull’analisi di mercato e successivamente su una prima valutazione dei dati finanziari storici e della sostenibilità del debito. Viene poi verificata la presenza di strategie di sviluppo e del business plan. C’è poi una prima ipotesi riguardo la strutturazione dell’operazione. Alla fine di questa analisi si decide 124 Presentazione dell’ Investment Process & Portfolio Management di Ver Capital Sgr, aggiornamento settembre 2014. 75 se portare la proposta di investimento davanti al Management Committee o se abbandonare l’idea; 2) Management Committee: se la proposta passa il primo stadio del processo, viene portata all’attenzione del management committee cui viene presentata l’impresa target, la sua attività, il suo management e viene descritto il mercato in cui opera l’impresa, qual è il posizionamento competitivo e le strategie in atto e future. Si procede poi ad un’analisi economico – finanziaria più approfondita e si stimano i potenziali rendimenti dell’operazione. Al termine di questa fase il management committee stabilisce se l’operazione può proseguire il suo percorso nel processo di investimento; 3) Analisi fondamentale: come già anticipato in precedenza, questa fase è il cuore dell’operazione e comprende una valutazione dell’impresa sia da una prospettiva macro che microeconomica, tenendo conto di aspetti qualitativi e quantitativi. Successivamente si procede con l’analisi di sensitivity che mira ad analizzare le performance patrimoniali ed economiche storiche e previsionali dell’impresa. In questa fase la Sgr si serve di informazioni sia pubbliche che private, realizzate appositamente da soggetti esterni specializzati. Durante questa fase viene poi prodotto un information memorandum che sarà presentato al comitato di investimento; A proposito di questo documento, un information memorandum di Ver Capital 125 è costituito innanzitutto da una prima parte in cui viene descritta l’operazione proposta al comitato di investimento. In secondo luogo, è presenta un’analisi del mercato di riferimento (nel caso in analisi si tratta di un impresa che offre servizi di banda larga, voce e connessione) e delle divisioni di business in cui l’azienda è suddivisa (business, wholesale, residential). Sempre in questa sezione, vengono riportate le analisi sui trend in atto nei diversi segmenti di attività dell’impresa e il confronto con i principali concorrenti. Il terzo aspetto trattato nell’information memorandum riguarda i dati finanziari storici, in cui vengono descritte le principali voci di costo e di ricavo dell’impresa. Il quarto punto è rappresentato dal management plan, in cui gli amministratori della società descrivono quali sono le principali strategie in essere e quelle previste per il futuro, dando evidenza delle ipotesi di espansione o contrazione dei segmenti di attività e delle relative motivazioni, predisponendo delle proiezioni sull’andamento finanziario di tali segmenti. La sezione successiva contiene la presentazione di ipotesi di andamento differente rispetto a quanto previsto dal management e la costruzione dei diversi scenari alternativi, con i rispettivi documenti di conto economico e stato patrimoniali revisionati. La parte che segue è un riepilogo dei termini contrattuali dell’operazione. In seguito, e da ultimo, è presenta la sezione “considerazioni finali e proposta di investimento” in cui vengono riassunti i principali risultati delle precedenti analisi, il 125 Quello fornitomi dal Dott. Franchini è relativo a Versatel, un operatore telefonico tedesco. 76 cui obiettivo primario è verificare la capacità di copertura del debito, e formulata appunto la proposta al comitato di investimento. 4) Investment Committee: il Comitato, che ha potere attuativo ed è composto di 5 membri, delibera sulla decisione di investimento con al massimo un parere negativo; 5) Execution: in questa fase avviene la strutturazione di tutta la documentazione legale necessaria; 6) Monitoring & Maintenance: dopo che il comitato di investimento ha deliberato la propria approvazione e l’investimento ha avuto luogo, è necessario che siano attivate tutte le procedure di monitoraggio. Si procede al controllo delle performance finanziarie dell’impresa in cui si è investito, all’analisi dell’andamento dei flussi di cassa e della liquidità disponibile. Inoltre, vengono organizzati con cadenza periodica degli incontri con gli amministratori; 7) Exit: nel caso di investimenti da parte di fondi chiusi generalmente il disinvestimento avviene alla scadenza o in caso per esempio di cambio del controllo o di offerta pubblica di titoli. Normalmente gli eventi che determinano l’uscita dall’investimento sono previsti ex ante dal contratto e determinano il rimborso anticipato. Riassumendo, ci siamo resi conto che fare il prezzo per titoli obbligazionari in generale è un’operazione difficile, poiché si hanno un po’ le mani legate. È possibile fare qualcosa se il titolo è meno liquido, ma comunque la manovra non è molto ampia. Abbiamo poi passato in rassegna quelle che sono le fasi del processo di selezione dell’investimento che, come era immaginabile, è molto articolato e richiede competenze specifiche e conoscenza del mercato che sono tanto importanti quanto i dati finanziari per capire se un impresa sarà in grado di sostenere il debito che intende contrarre. 77 78 Conclusioni L’obiettivo di questo elaborato, come suggerito dal titolo “Minibond: una reale forma alternativa di finanziamento?”, è quello di presentare lo strumento dei mini-bond e capire se può essere davvero una valida alternativa alle classiche forme di finanziamento di cui un’impresa può servirsi. Dato lo stato attuale dell’economia italiana, caratterizzata ancora da una fase restrittiva e accompagnata da difficoltà di accesso al credito per le imprese, soprattutto per le PMI, è indispensabile trovare nuove forme di finanziamento. Non è facile, considerando anche che la grande maggioranza delle imprese italiane è gestita secondo modelli di governance molto semplici, in cui il titolare dell’attività possiede la quasi totalità delle quote societarie e raramente esiste apertura a soggetti terzi. La questione è probabilmente prima di tutto culturale e in questo senso una situazione di crisi così dura e prolungata può fornire la spinta per cambiare questa visione dell’attività di impresa. Perciò, se da un lato è necessario un cambio di mentalità da parte delle PMI e una maggiore apertura verso l’esterno, dall’altro lato sono indispensabili interventi riformatori da parte del Legislatore che devono rendere il cambio di mentalità effettivamente attuabile. Bisogna ammettere che gli interventi ci sono stati. Probabilmente si potrebbe fare di meglio, però le riforme fino ad ora realizzate sono andate nella giusta direzione ed hanno eliminato alcune barriere importanti. Il riferimento è innanzitutto al superamento dei limiti all’emissione stabiliti dall’art. 2412 del Codice Civile, seppur subordinato alla condizione di quotazione almeno dello strumento obbligazionario. Altrettanto importanti sono le novità di natura fiscale che sono state introdotte dai Decreti Sviluppo. E tra queste in particolar modo la possibilità che oggi, a seguito dell’ulteriore previsione del Decreto Competitività, il beneficio dell’esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi derivanti da obbligazioni o titoli similari sia applicabile anche nel caso in cui lo strumento finanziario non sia quotato, né in un mercato regolamentare né in un sistema multilaterale di negoziazione, con la sola condizione che sia detenuto da un investitore qualificato. Non meno rilevanti sono le previsioni della deducibilità degli interessi e dei costi di emissione. Senza elencare nuovamente tutti i passaggi normativi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi, è possibile dire che si sono fatti evidenti passi avanti per rendere il trattamento riservato alle PMI che decidono di emettere obbligazioni il più possibile parificato a quello riservato ai grandi emittenti. 79 La prova che si sta seguendo la strada giusta arriva direttamente dal mercato. Il segmento ExtraMot Pro, nato agli inizi del 2013, sta vedendo una netta crescita e questo sembra essere l’anno dell’affermazione dei mini-bond a livello nazionale. Dall’inizio di quest’anno sono state quotate 45 nuove emissioni, sulle 78 che complessivamente sono presenti nel segmento. In termini di volume, i quasi 4 miliardi di euro di titoli collocati sono poca cosa in confronto ai numeri con cui si ha a che fare parlando di prestiti bancari, ma il dato è in crescita e ciò deve far ben sperare. Inoltre, come si è avuto modo di riferire nel capitolo 4, l’importo medio delle emissioni si sta abbassando e le emittenti assomigliano sempre più a quelle per cui il Legislatore aveva pensato le manovre di riforma. Infatti, a parte qualche eccezioni, non si sono più registrate emissioni di importi di notevole dimensione emessi da imprese di grandi dimensioni che hanno voluto sfruttare i vantaggi fiscali previsti dallo strumento dei minibond. La presenza di 26 fondi di investimento specializzati, pronti ad investire 5 miliardi di euro, è una ulteriore dimostrazione che il mercato sta suscitando l’interesse degli investitori ed è quindi segno della bontà degli interventi. Ovviamente non è tutto perfetto, esistono ancora alcune criticità. In particolar modo, mancano delle previsioni normative che renderebbero il mercato delle obbligazioni societarie emesse da piccole e medie imprese ancora più efficiente ed appetibile per gli investitori. Innanzitutto bisognerebbe rendere obbligatorio il ricorso ad una agenzia di rating per esprimere un giudizio di merito sul finanziamento e prevedere un aggiornamento periodico di tale rating, così come avviene nel mercato tedesco del Bondm. Sempre dall’esperienza tedesca bisognerebbe importare la previsione di un soggetto che ha il compito di preservare la liquidità del mercato e, se la situazione lo richiede, di ristabilire tale condizione svolgendo in maniera autonoma operazioni di compravendita di titoli. Oggi la presenza di un tale soggetto nel mercato ExtraMot Pro è solo opzionale. In terzo luogo, si è fatto riferimento alla ricerca di CSE Crescendo, “Minibond: strumenti di sviluppo o sopravvivenza?”, in cui è stato evidenziato che l’informativa fornita dalle imprese non è assolutamente esaustiva ed anzi molto spesso è carente o addirittura mancante in alcune parti. Un’informativa completa ed esauriente è uno strumento molto importante che serve all’investitore per avere un’idea quanto più possibile chiara dell’operazione e per comprenderne a pieno il rischio insito. La sua importanza è paragonabile a quella del rating e pertanto dovrebbero essere previsti dei meccanismi tali da garantire la qualità dell’informativa societaria che viene fornita. 80 Tornando quindi al titolo dell’elaborato, si può dire che è possibile dare risposta positiva al quesito. I mini-bond possono rappresentare una forma di finanziamento alternativa al credito bancario anche per le imprese di piccole e medie dimensioni. Il finanziamento mediante mini-bond è più costoso del finanziamento bancario, cui è stato fin dall’inizio di questo elaborato opposto quale principale alternativa. È una forma più costosa anche delle altre possibili alternative, quali l’apertura di credito in conto capitale, gli anticipi e gli sconti, la cessione dei crediti commerciali o il mutuo. Ciononostante, l’economia del nostro paese sta attraversando una fase a causa della quale probabilmente il finanziamento bancario non è la principale alternativa all’emissione obbligazionaria, per via della stretta in atto sul credito. A ciò si deve aggiungere quanto già ribadito nel capitolo 3, ovvero che in effetti esistono delle differenze nel costo delle forme di finanziamento ma queste non sono tali da rendere l’emissione obbligazionaria una via non percorribile anche dalle PMI. Dall’analisi del costo medio del debito di un campione di imprese che nel corso del 2014 hanno emesso un prestito obbligazionario quotato su ExtraMot Pro è risultato un aumento di circa l’ 1%, che può essere almeno in parte compensato dagli incentivi fiscali. Per concludere, è possibile ribadire che i mini-bond possono essere uno strumento in grado di sostenere validamente lo sviluppo di un’impresa che, seppur piccola, abbia un buon potenziale di crescita e sia gestita da un management competente. Le imprese hanno ora i mezzi, legislativi, per poter cominciare a sfruttare questa opportunità e a far decollare definitivamente il mercato e sta a loro usarli al meglio. Il Legislatore si è mosso nella giusta posizione ma ciò non deve far credere di aver già raggiunto la cima. Bisogna continuare con le riforme per rendere l’obbligazione uno strumento sempre più diffuso che non deve essere visto come una prerogativa esclusiva delle grandi imprese. Creare un mercato del debito per tutte le imprese è importante perché così si permette alle imprese di liberarsi dalla dipendenza di un’unica forma di finanziamento, con le conseguenze che ciò comporta nei momenti di crisi. 81 82 Bibliografia AGENZIA DELLE ENTRATE, Circolare N. 4/E, 6 marzo 2013. AIDEA – CRIF, I mercati delle passività delle PMI, 9 marzo 2014. G. ALBARETO – P. 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