Il principio di indeterminazione di Heisenberg

Il principio di indeterminazione di Heisenberg
Ragionare sulle onde (periodicità nel tempo).
Questo principio vale per tutti i tipi di onde e quindi non deve essere pensato come un
principio caratteristico della meccanica quantistica.
Il principio di indeterminazione riguarda fenomeni periodici nel tempo o nello spazio,
fenomeni ondulatori di natura più o meno complessa, sia macroscopici che microscopici, e
precisa i limiti che le condizioni di misura impongono alla determinazione della periodicità.
Supponiamo per esempio di osservare un fenomeno periodico nel tempo (un oscillatore) e di
chiederci qual è la sua frequenza f (o il suo periodo T = 1/f).
Un metodo per la misura di f consiste certamente nel contare quante oscillazioni si ripetono
in un intervallo di tempo t. Immaginiamo allora di fare questo conteggio e di misurare,
nell’intervallo t, n oscillazioni (fig. 1). La nostra conclusione si esprimerà dicendo che in t
sono contenuti n periodi T:
t/T=n
ovvero
ft=n
La stessa operazione può essere ripetuta con un altro oscillatore dello stesso tipo, di
frequenza f’, che parta allo stesso istante del primo. Pensiamo al caso di due contasecondi
uguali a quadrante elettrico, ciascuno dei quali indica con un numero il tempo in secondi
trascorso dall’istante di partenza
Se f e f’ non sono uguali, per accorgercene usando i contasecondi stessi, dovremo lasciare
trascorrere un tempo t tale che la differenza tra il numero delle oscillazioni contate dal
primo, n =ft, ed il numero contato dal secondo, n’ =f’t, sia almeno dell’ordine di 1 (in più o
in meno):
n—n’ =ft—f’t= ±1; cioè, se f=f—f’, ft = 1
Fig. 1 La misura della differenza di frequenza di due onde di frequenze poco diverse.
Anche, con notazione più sintetica:
|f| t=1.
Se pensiamo dunque di effettuare il confronto tra i due oscillatori per un tempo
predeterminato t, dobbiamo aspettarci che la differenza |f| delle frequenze sia apprezzabile
solo se superiore o al più uguale a 1/t; in altri termini, la durata del fenomeno periodico
osservato introduce una indeterminazione di principio sul valore della frequenza del
fenomeno stesso. Il risultato ha anche un’altra espressione, utile nelle applicazioni pratiche,
che si ottiene eliminando t in favore di n (cioè del numero di periodi contati):
|f| /f = 1 / n
Questa formula dice che l’errore percentuale in frequenza è determinato soltanto dal numero
di periodi contati e non contiene alcun altro riferimento al modo in cui si effettua la misura o
al fenomeno in studio.
Entrambe le formule per |f| sono già espressioni grossolane del principio di
indeterminazione, legate all’idea che sta alla base delle misure di frequenza.
Perché grossolane? Perché la definizione di |f| lo è, in quanto non nasce da un’analisi
accurata di come si potrebbe effettuare una migliore misura, ma solo dall’idea centrale del
metodo (il conteggio del numero di periodi), idea che si offre all’intuizione come plausibile
ed intuitiva, ma niente di più.
Ragionare sulle onde (periodicità nello spazio).
Quello che abbiamo detto riferendoci alla periodicità nel tempo, possiamo ripeterlo senza
inventare nulla di nuovo per la periodicità nello spazio: basta sostituire, nei ragionamenti, al
periodo T la lunghezza d’onda  ed al tempo t la coordinata x. Per esempio, invece di due
orologi, supponete di confrontare due regoli millimetrati (fig. 2) che misurano una lunghezza
x; la periodicità è espressa dicendo che i regoli portano una divisione per millimetro, come
dire che la misura di x si effettua contando il numero n di divisioni che stanno in x, cioè
n= x / 
Ci occorre l’equivalente della frequenza f, normalmente meno usato nel linguaggio comune;
in fisica, l’inverso di , che ha questo ruolo di equivalente di f, si chiama numero d’onda e si
indica con il simbolo k:
K= 1/ 
Fig. 2 Confronto di due regoli per la misura di lunghezza.
Se due regoli hanno diverso valore di , diciamo  e ’, e quindi diverso valore di k (k e k’),
allora il principio di indeterminazione si esprime dicendo che per apprezzare con gli stessi
regoli la differenza tra k e k’, k = k — k’, bisogna confrontarli, allineando gli zeri, per una
lunghezza x che consenta di misurare lo sfalsamento di almeno 1 divisione:
|k| x =1
Non si è fatto altro che cambiare i simboli, ma il principio è lo stesso. Heisemberg si rese
conto del fatto che per misurare la frequenza o la lunghezza d’onda di una “particella” (nome
ormai inappropriato!), bisognava lasciare che l’onda si sviluppasse per un tempo t o per una
lunghezza x sufficientemente grandi perché la precisione f o k della misura raggiungesse il
valore voluto. In questo modo la localizzazione nel tempo e nello spazio si perde!
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