In Cattolica gli "investigatori" degli alimenti a tutela del made in Italy

In Cattolica gli "investigatori" degli alimenti a tutela
del made in Italy
08 dicembre 2016
All'Università Cattolica di Piacenza ogni giorno nel laboratorio di Metabolomica di Piacenza, studiando i
composti chimici presenti nei cibi, si risale all’origine di quello che mangiamo e all’autenticità delle
produzioni.
Con questa intervista pubblicata sul sito della Cattolica, Luigi Lucini - ricercatore del laboratorio della sede di
Piacenza dell’Università Cattolica - spiega perchè il lavoro compiuto da questi "investigatori" degli alimenti è
così importante.
«La metabolomica è una scienza che studia i metaboliti: i composti chimici che sono presenti in un sistema
biologico, in una cellula, in un alimento e in una matrice alimentare» spiega Luigi Lucini, colui che si occupa
di questi studi, insieme al professor Marco Trevisan, direttore dell’Istituto di Chimica agraria e ambientale.
«Fa parte delle cosiddette scienze “omiche”: come la genomica che è il sequenziamento del DNA; la
proteomica che è la caratterizzazione delle sequenze proteiche e la metabolomica è l’analogo fatto per i
composti chimici».
Quindi con la metabolomica si tracciano i cibi che noi mangiamo ogni giorno?
«Esattamente. E si ottengono un sacco di informazioni poiché il profilo dei composti chimici è legato
all'interazione tra l’organismo e l’ambiente. Per essere più precisi diciamo che rimane una specie di impronta
chimica dell’effetto dell’ambiente. Per cui la metabolomica può essere utilizzata anche, e non solo, per
rintracciare l’origine degli alimenti e l’autenticità delle produzioni».
Qual è la differenza tra tracciabilità e rintracciabilità degli alimenti?
«In Italia ci troviamo di fronte ad una nomenclatura atipica, perché in inglese traceability significa verificare
che l’origine di un prodotto sia effettivamente quella dichiarata dal produttore. Invece in italiano viene usato il
termine rintracciabilità, appunto controllare ex post, a ritroso. Mentre la tracciabilità è cartacea e prevede di
mantenere traccia di tutti i passaggi e processi delle materie prime lungo la filiera. In entrambi i casi lo scpo
ultimo è quello di tutelare il consumatore controllando l'autenticità delle produzioni agro-alimentari».
Che tipo di studi conducete?
«Utilizziamo la metabolomica non solo per la tracciabilità. Quest’ultima viene utilizzata per varie matrici
alimentari. Matrici per le quali è importante collegare il territorio al prodotto, come per esempio la nocciola, il
pomodoro, il cioccolato e il grana padano. Sono prodotti IGP (denominazione di origine protetta ed
indicazione geografica protetta, ndr), dunque a rischio frode. Quindi è importante avere gli strumenti di
monitoraggio: quello, appunto, su cui stiamo lavorando sono i sistemi che ci permettono di supportare
questo tipo di valutazioni».
In questo periodo dell’anno su cosa vi concentrate?
«Due dei prodotti potenzialmente più contraffatti: olio e vino. Relativamente a quest’ultimo siamo più abituati
a pensare che certi vini e certe produzioni siano territoriali. Quello stesso vitigno in luogo diverso da quello
d’origine non fornirà mai lo stesso prodotto finito e pertanto diventa fondamentale poterne rintracciare e
verificare l'origine geografica».
Possiamo dire che è una parte fondamentale del made in Italy nel mondo?
«L’Italia ha la maggior parte degli IGP e dei DOP registrati a livello europeo. Per il nostro Paese è cruciale
poter lavorare su questi aspetti. Infatti non a caso le nostre produzioni sono quelle più copiate e contraffatte.
Il livello generale di italian sounding - prodotti che richiamano quelli del Bel Paese - è altissimo. Il caso
paradigmatico è quello del “parmesan”, rispetto al parmigiano reggiano».