Proposta di direttiva europea relativa a determinati

25 ottobre 2005 ore 10.00
Corte di appello di Roma
III giornata europea della giustizia civile
La conciliazione: uno strumento per la soluzione alternativa delle controversie
Intervento
di
Irene Ambrosi
Cenni sulla proposta di direttiva europea relativa a determinati aspetti della mediazione per la
risoluzione e la composizione amichevole extragiudiziale delle controversie in materia civile e
commerciale.
Sommario: 1) Cronologia essenziale delle iniziative dell’Unione Europea in materia di
sistemi di risoluzione alternativa delle controversie; 2) Progetto di direttiva su alcuni aspetti della
mediazione in materia civile e commerciale: 2.1 Obiettivo; 2.2 Campo di applicazione e base
giuridica; 2.3 Definizioni; 2.4 Qualità della mediazione; 2.5 Ricorso alla mediazione; 2.6
Esecuzione degli accordi transattivi; 2.7 Riservatezza della mediazione; 2.8. Effetto della
mediazione sui termini di prescrizione e di decadenza; 2.9 Recepimento; 2.10 Notazioni
conclusive.
1) Cronologia essenziale delle iniziative dell’Unione Europea in materia di sistemi di
risoluzione alternativa delle controversie:
L’inaugurazione della politica comunitaria di protezione del consumatore viene sancita nel
1975 dal primo “Programma preliminare per una politica di protezione e di informazione del
consumatore”1 con cui viene tracciata la trama delle cinque categorie di diritti fondamentali
riconosciuti al consumatore: il diritto alla protezione della salute e della sicurezza, alla tutela degli
interessi economici, al risarcimento dei danni, all’informazione, all’educazione ed alla
rappresentanza2.
Successivamente, i diritti riconosciuti in capo ai consumatori sono stati riaffermati dalle
istituzioni comunitarie nel secondo “Programma di protezione”3 , approvato nel 1981 ove veniva
ribadita la necessità di assicurare le condizioni per l’esercizio e la difesa dei diritti fondamentali dei
diritti dei consumatori nonché in numerose altre iniziative del Consiglio4, del Parlamento Europeo5
del Consiglio d’Europa6 e della Commissione7.
1
Approvato con la Risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975, pubblicata in G.U.C.E., C92/1, 25 aprile 1975.
Nel punto 32 dell’allegato a tale Programma si ribadisce che “il consumatore deve ricevere consulenza ed assistenza
in materia di reclami e in caso di danni inerenti all’acquisto o all’uso di prodotti difettosi o di servizi inadeguati: egli
ha inoltre diritto ad un adeguato risarcimento di tali danni mediante procedure rapide, efficaci e poco costose”.
3
Approvato con la Risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981, pubblicato in G.U.C.E., C, 133 del 3 giugno 1981.
4
Risoluzione del Consiglio del 23 giugno 1986 recante “Futuri orientamenti della politica comunitaria per la tutela e
la promozione degli interessi dei consumatori”, in G.U.C.E. C 167 del 5 luglio 1986; Risoluzione del Consiglio del 15
dicembre 1986, “L’integrazione della politica dei consumatori nelle altre politiche comuni” in G.U.C.E., c3 del 7
gennaio 1987; Risoluzione del Consiglio del 25 giugno 1987, “Accesso dei consumatori alla giustizia”, in G.U.C.E.,
C176 del 4 luglio 1987; Risoluzione del Consiglio del 9 novembre 1989, “Future Priorità del Rilancio della politica di
tutela dei consumatori”, in G.U.C.E. C294 del 22 novembre 1989; Risoluzione del Consiglio del 13 luglio 1992,
“Future priorità per lo sviluppo della politica di protezione del consumatore”, in G.U.C.E., C186 del 23 agosto 1992.
2
Nel 1993 viene presentato dalla Commissione il Libro verde “sull’accesso dei consumatori
alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato
unico” 8 nel quale si traccia, da un lato, una rassegna dei progetti-pilota compiuti9 e dall’altro, si
affrontano i numerosi aspetti della questione concernente la semplificazione dei procedimenti civili
ordinari con particolare riferimento ai procedimenti relativi a controversie di modesto valore
economico (c.d. small claims) e con riferimento alle azioni di interesse collettivo e alle azioni di
gruppo (c.d. class action).
La pubblicazione del Libro Verde ha funzionato come strumento propulsore della
partecipazione degli Stati Membri e degli enti interessati alla politica comunitaria in tema di tutela
dei consumatori; difatti, i contributi propositivi e critici di questi ultimi hanno contribuito sia
all’istituzione nel 1995 presso la Commissione di un Comitato dei consumatori10.
Il Piano d’azione “sull’accesso dei consumatori e sulla risoluzione delle controversie in
materia di consumo nell’ambito del mercato interno” presentato dalla Commissione nel 199611 si
colloca nel solco tracciato dal Libro Verde ed assume importanza nella cronistoria delle iniziative
comunitarie intraprese a tutela del consumatore per aver posto in luce il problema dei costi di una
controversia transfrontaliera in materia di consumo. Vi si legge infatti “che per accedere alla
giustizia la parte che ha subito un danno pari ad ECU 2000 deve versare 2500 ECU (per spese
giudiziarie e onorari di avvocato, IVA esclusa) nella prospettiva incerta di recuperare il proprio
credito entro una scadenza che secondo i Paesi Membri varia dai 12 ai 64 mesi, e a condizione che
il convenuto sia ancora solvibile al momento della sentenza”. In conclusione, il Piano d’Azione
poneva in evidenza che “poiché l’importo medio della procedura è di circa 2500 ECU, il saldo
dell’azione giudiziaria (danni e interessi) sarà spesso prossimo allo zero o addirittura, negativo”.
A fronte dell’impossibilità pratica per il consumatore di ottenere una giustizia veloce il
Piano d’azione suggeriva “due percorsi di riflessione”:
l’uno volto a promuovere le procedure non giurisdizionali e assicurare che le stesse operino
adeguatamente anche tra parti straniere, con il rispetto di condizioni minimali, che garantiscano la
trasparenza e l’efficacia della procedura e l’indipendenza dell’organo competente a trattare la
controversia;
Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 marzo 1987, “Il consumatore e il risarcimento dei danni”, in G.U.C.E.
C99 del 13 aprile 1987.
6
Risoluzione del Consiglio d’Europa n. 543/1975 sulla “Carta Europea di protezione dei consumatori” in G.U.C.E.
C92 del 24 aprile 1975; Risoluzione n. 78 (8) del 2 marzo 1978 “sull’Assistenza in giudizio e consulenza legale”;
Risoluzione n. R(81) 7 del 14 maggio 1981 “sull’accesso all’autorità giudiziaria”; Raccomandazione R(86) 12 del
Comitato dei Ministri del 16 settembre 1986 recante Misure volte a prevenire il sovraccarico nei Tribunali.
7
Memorandum della Commissione del 12 dicembre 1984 recante un Nuovo impulso alla politica di protezione del
consumatore nel quale venivano promosse quattro linee di azione: l’adozione di procedure giudiziarie semplificate, la
possibilità di una azione legale per la difesa di interessi collettivi, la possibilità di utilizzare mezzi di conciliazione ed
arbitrato e l’istituzione di centri di consultazione.
8
Il Libro Verde “sull’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo
nell’ambito del mercato unico" è pubblicato sulla Rivista Documenti e Giustizia, 1994, 3, 533 e ss; tra gli scritti dedicati
al Libro verde, si vedano Capponi, il Libro Verde sull’accesso dei consumatori alla giustizia, in Documenti e Giustizia
1994, 361 e Martinello, Libro Verde sull’accesso dei consumatori alla giustizia: appunti per una analisi critica, in
Documenti e giustizia, 1994, 340.
9
Ai progetti-pilota lanciati dalla Commissione parteciparono solo alcuni Paesi Membri dell’Unione Europea ed in
particolare: Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Scozia, Portogallo e Italia. Il progetto Italiano fu avviato a Milano nel
1991 (proposto da un’associazione milanese di consumatori e finanziato dalla Commissione). Il servizio era così
strutturato: informazioni gratuite al consumatore sulle leggi in vigore e sulle soluzioni possibili ai reclami proposti; nel
caso di fondatezza del reclamo, predisposizione di lettere indirizzate alle controparti al fine di prevenire ad una
soluzione amichevole della controversia; in assenza di riscontri o di risposta negativa, il servizio veniva esteso
all’assistenza del consumatore dinanzi al giudice conciliatore mediante la proposizione dell’istanza ex art. 321 c.p.c.
(ora 322 c.p.c). Per una dettagliata ricostruzione del progetto pilota cfr. Documenti e Giustizia 1996, 7, 1500.
10
Il Comitato è organo consultivo della Commissione su tutti i problemi relativi alla tutela dei diritti dei consumatori.
11
COM (96) 13 def..
5
2
l’altro volto a semplificare l’accesso alle procedure giudiziarie con l’adozione di un modulo
semplificato al fine di migliorare l’accesso alle procedure stesse e favorire il dialogo, la
composizione o la decisione della lite.
In materia di sistemi alternativi di risoluzione delle controversie (Alternative Dispute
Resolution, ADR) sono state adottate, allo stato, due Raccomandazioni della Commissione, la
prima in data 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la
soluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo e la seconda in data 4 aprile
2001 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione
consensuale delle controversie in materia di consumo.
I due strumenti sono complementari e hanno lo scopo di incoraggiare il rispetto di alcuni
principi essenziali da parte dei soggetti responsabili dei sistemi di conciliazione, al fine di
assicurare la tutela dei diritti dei consumatori e di aumentare la loro fiducia nei sistemi proposti.
La prima Raccomandazione della Commissione 98/257/CE del 30 marzo 1998 riguarda
tutte le procedure extragiudiziali che, indipendentemente dalla loro denominazione, portano alla
composizione di una controversia mediante l’intervento attivo di terzi, sia che questi propongano
od impongano una soluzione mediante una decisione generalmente di natura vincolante.
Vengono enumerati i seguenti principi ai quali gli organismi che operano nel campo della
risoluzione extragiudiziale delle controversie debbono attenersi:
1)
garanzia di indipendenza dell’organo decisionale, che, ove collegiale, deve essere
composto da un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e dei professionisti e deve
possedere comprovate doti di capacità, esperienza e competenza;
2)
trasparenza, volta a garantire che le persone interessate ricevano le informazioni
desiderate sui limiti di competenza dell’organo, sulla procedura, sui costi, sul diritto applicabile e
sulla forza legale della decisione;
3)
contraddittorio;
4)
efficacia della procedura, assicurata da sistemi che garantiscano l’accesso del
consumatore senza l’obbligo di munirsi di un rappresentante legale, la gratuità o il basso costo
della procedura, la brevità dei tempi e l’attribuzione all’organo competente di un ruolo attivo nella
individuazione di tutti gli elementi utili alla risoluzione della controversia;
5)
legalità: la decisione può essere assunta sulla base di norme giuridiche ma anche
secondo equità ed in base a codici di comportamento, purché sia garantita la inviolabilità delle
disposizioni imperative di legge poste a tutela del consumatore nell’ordinamento dello stato in cui
l’organo è costituito ovvero in cui il consumatore ha la residenza abituale;
6)
libertà: l’affermazione di tale principio nasce dall’esigenza di garantire il
fondamentale diritto di accesso alla giustizia garantito dall’art. 6 della Convenzione europea dei
diritto dell’uomo e di regolare, conseguentemente, il rapporto tra la tutela giurisdizionale dei diritti
e le procedure extragiudiziarie di composizione dei conflitti, che non possono sostituire le prime.
Da tale principio consegue che le parti devono essere informate e devono dare il loro consenso
esplicito a deferire la controversia agli organismi extragiudiziari e che l’obbligo assunto
contrattualmente di aderire alla procedura extragiudiziaria non può privare il consumatore del
diritto di adire la giurisidizione;
7)
rappresentanza: la procedura non può privare le parti della facoltà di farsi
rappresentare o accompagnare in qualunque fase della procedura stessa.
La seconda Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE del 4 aprile 2001, dedicata agli
organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di
consumo facendo incontrare le parti e assistendole nella ricerca di una soluzione basata sul comune
accordo, detta altresì i seguenti principi applicabili a cui questi ultimi organi debbono conformarsi:
3
1) imparzialità: l’imparzialità degli organi viene garantita assicurando che i responsabili siano
nominati per un tempo determinato, che non possano essere rimossi senza giusta causa e che non
siano in situazioni di conflitto con una delle parti;
2) trasparenza: al fine di assicurare che entrambe le parti abbiano accesso alle informazioni di cui
necessitano dev'essere garantita la trasparenza della procedura. Se si vuole che tali procedure
costituiscono un'alternativa realistica ad una controversia portata avanti in tribunale esse devono
essere tali da ovviare ai problemi correlati dei costi, dei tempi e della complessità delle procedure. Per
assicurarne l'efficacia sono necessarie misure che garantiscono costi proporzionati o procedure
gratuite, un accesso più agevole, efficacia, il monitoraggio dell'iter della controversia e la regolare
informazione delle parti. Prevedere la registrazione della soluzione concordata a risoluzione della
controversia su supporto duraturo e resa disponibile alle parti dall'organo responsabile della procedura
può evitare successivamente incertezze o malintesi.
3) efficacia: per accrescere l'efficacia di tali procedure ai fini della risoluzione in particolare di
controversie transfrontaliere, esse devono essere facilmente accessibili e disponibili per entrambe le
parti indipendentemente dal luogo in cui esse sono site. In particolare vengono incoraggiate misure
elettroniche onde agevolare tale compito.
4) Equità: l'equità della procedura dev'essere salvaguardata consentendo alle parti di fornire tutte
le informazioni necessarie e pertinenti. A seconda delle modalità di organizzazione della procedura, le
informazioni fornite dalle parti vanno trattate confidenzialmente a meno che esse non concordino
espressamente altrimenti. Si dovranno inoltre contemplare misure affinchè le parti cooperino con
l'espletamento della procedura. Prima che le parti concordino in merito ad una soluzione loro
suggerita, ad esse dev'essere concesso un ragionevole lasso di tempo per esaminare nei dettagli gli
eventuali termini o condizioni.
Da ultimo, il decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206 recante il “codice di consumo”,
nell’articolo 141, dedicato alla “composizione extragiudiziale delle controversie, ha codificato
nell’ordinamento interno i contenuti delle richiamate Raccomandazioni comunitarie.
In particolare, la norma stabilisce che:
1) nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di
composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica 12.
Viene, peraltro, riconosciuta l’attività già intrapresa dai ministeri della giustizia e delle attività
produttive al fine di comunicare alla Commissione europea gli elenchi degli organi di composizione
extragiudiziale delle controversie in materie di consumo che si conformano ai principi della
raccomandazione 98/257/CE e della raccomandazione 2001/310/CE e di assicurare gli ulteriori
adempimenti connessi all’attuazione della rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione delle
controversie in materia di consumo derivante dalla risoluzione del Consiglio 2000/C155/01.
2) le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono ex lege organi di
composizione delle controversie;
3) non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il
ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo;
4) Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente
qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.
Tra le recenti iniziative dell’Unione Europea in materia di sistemi di risoluzione alternativa
delle controversie, è stato pubblicato nell’aprile del 2002 un Libro Verde “sulla risoluzione
alternativa delle controversie nell’ambito della cooperazione giudiziaria civile”13 con cui la
12
In tema è opportuno segnalare il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 con cui è stata recepita la Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000 in materia di commercio elettronico, che, all’articolo 19,
prevede “in caso di controversie, prestatore e destinatario del servizio della società di informazione, possono adire
anche organi di composizione extragiudiziale che operano in via telematica”.
13
Com-2002- 196 def.
4
Commissione, in attuazione delle conclusioni adottate dal Consiglio a Lisbona il 29 maggio 2000,
intendeva definire i principi fondamentali comuni tra gli Stati Membri dell’Unione Europea in
materia14. Quest’ultimo studio ha tuttavia messo in luce le diversità in cui le ADR vengono prese
in considerazione nei diversi Stati Membri presentandosi come nozione di carattere generale che
tuttavia forma oggetto di terminologie assai diverse e spesso confuse. Tale diversità, nonché la
circostanza che diversa è l’incidenza concettuale dei sistemi alternativi di soluzione delle
controversie nei sistemi di common law e nei sistemi di civil law, potrebbe ostacolare il loro
sviluppo soddisfacente in un quadro di armonizzazione tra i paesi dell’Unione.
Il Libro verde ha avuto il merito di avviare un’ampia consultazione tra gli ambienti
interessati su una serie di problematiche giuridiche che si aprono nel campo dei sistemi alternativi
di soluzione delle controversie. La Commissione ha portato avanti questo studio al fine di definire
gli orientamenti da adottare in materia con riferimento al suo ruolo di promotore di iniziative
legislative.
All’esito della consultazione, la Commissione ha ribadito la propria preferenza per
l’adozione di uno strumento comunitario vincolante che consenta di regolamentare in modo
uniforme i metodi di ADR. Ha sottolineato in particolare la opportunità di una disciplina comune
che risolva il problema dell’esecuzione degli accordi raggiunti in sede di ADR, anche con
riferimento alla convenzione di Bruxelles del 1968 e al regolamento 44/2001 sull’esecuzione dei
provvedimenti stranieri. Una disciplina unitaria sarebbe altresì auspicabile a parere della
Commissione anche per stabilire le norme deontologiche cui i mediatori devono attenersi e per
fissare i principi fondamentali che devono essere rispettati nei “procedimenti” di mediazione.
La Costituzione Europea nella sezione III dedicata alla “cooperazione giudiziaria in materia
civile” del capo IV recante le disposizioni in materia di “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”
della Parte III “politiche e il funzionamento dell’Unione”, tra le misure intese a ravvicinare le
disposizioni legislative e regolamentare degli Stati membri, cita espressamente “lo sviluppo di
metodi alternativi per la risoluzione delle controversie” (art. III-269, lett. g)15.
La base giuridica su cui poggiano gli interventi comunitari di costruzione di uno spazio
giudiziario comune è costituita, principalmente, dagli artt. III-269 e III-172 del Trattato
costituzionale (rispettivamente, ex artt. 65 e 95 TCE).
La complessa costruzione di questo spazio e segnatamente, l’esistenza di precisi vincoli
giuridici cui i legislatori, gli interpreti, i giudici nazionali, la Corte di giustizia, e non ultimi gli
stessi privati devono attenersi, porterà prevedibilmente ad un avvicinamento spontaneo delle
legislazioni nazionali e contemporaneamente alla creazione di un patrimonio giuridico europeo,
destinati a integrarsi reciprocamente, secondo l’idea di un diritto privato e processuale multi-level
perfettamente coerente con il concetto di “cittadinanza europea”.
Nel programma pluriannuale adottato all’Aja nel novembre 2004, nel delineare le linee di
attuazione del piano sulle politiche connesse allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il
Consiglio afferma chiaramente che “detto programma riflette le ambizioni espresse nel Trattato che
adotta una Costituzione per l’Europa”, per poi indicare “l’obiettivo di migliorare la capacità
comune dell’Unione e dei suoi Stati membri di garantire i diritti fondamentali, le garanzie
procedurali minime e l’accesso alla giustizia”. In tale obiettivo, si ritrova l’ampliamento della
nozione di diritto civile europeo, inteso non solo come diritto dei contratti e delle obbligazioni, ma,
più in generale, comprendente anche il diritto delle persone, della famiglia, delle successioni.
Va tenuto conto, inoltre, che già nell’ottobre 1999 a Tampere il Consiglio europeo, nel definire nuove prospettive in
tema di giustizia ed affari interni, ha auspicato lo sviluppo delle procedure extragiudiziali ed ha deliberato l’avvio di
studi sui sistemi alternativi di soluzione delle controversie.
15
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa firmato a Roma il 29 ottobre 2004, ratificato con legge 7 aprile
2005, n. 57, entrerà in vigore il 1 novembre 2006.
14
5
L’obiettivo di costruire uno spazio comune entro il quale i cittadini siano liberi di muoversi
ed abbiano un livello di giustizia garantito sia sotto il profilo del diritto sostanziale sia sotto il
profilo processuale, viene dunque perseguito con strumenti diversi e graduali che vanno dal mutuo
riconoscimento e dall’armonizzazione fino all’elaborazione di una serie di principi comuni16.
E’ opportuno, per completezza, rammentare che nel maggio del 2000 nel corso della
Conferenza di Lisbona fu lanciata l’idea della Rete europea di risoluzione extragiudiziale delle
controversie “European Extra-judicial Network”(c.d. EEJ-Net)17. Risale a questo periodo una sorta
di primo censimento degli organi di risoluzione extragiudiziale già operanti negli Stati membri18.
Il punto di contatto italiano della Rete EJJ-Net è stato costituito nel febbraio 2001 in capo al
Consiglio Nazionale dei Consumatori e utenti (CNCU) che è avvalso per l’esecuzione delle attività
operative del Centro Europeo per il Consumatore di Bolzano(CEC).
L’obiettivo della costituzione della Rete Europea Extragiudiziale è quello di permettere al
consumatore di indirizzarsi verso un unico punto di contatto o centro di compensazione (Clearing
House) del suo stato membro per ottenere informazioni circa i sistemi nazionali e, nel caso di
controversie transfrontaliere, per consentire un accesso rapido e semplice a un canale giuridico per
la risoluzione extragiudiziale delle controversie nel Paese fornitore attraverso un punto di contatto
nazionale collegato in Rete con i punti di contatto creati da ciascuno dei Paesi membri19.
Invero, con l'euro è oggi più facile confrontare i prezzi; la vendita a distanza per mezzo del
commercio elettronico abbatte le principali barriere che impediscono alle imprese e ai consumatori
appartenenti a paesi diversi di incontrarsi. Con l'incremento del numero di consumatori che
comprano direttamente all'estero, le controversie transfrontaliere sono destinate ad aumentare.
Tuttavia, in caso di problemi in un acquisto transfrontaliero, il ricorso alle vie giudiziarie non
sempre è la soluzione migliore, sia per il consumatore che per l'impresa, soprattutto dato i costi e i
ritardi che normalmente caratterizzano i procedimenti legali, cui si aggiungono le difficoltà
connesse a differenze linguistiche, legislative e procedurali. EEJ-Net è pertanto concepita per
fornire assistenza pratica, tale da consentire al consumatore di risolvere le controversie con poche
spese e in modo rapido.
Ciascun punto di contatto funziona da centro di compensazione con il compito di
informazione (relative a tutti gli organi responsabili delle risoluzioni extragiudiziali delle
controversie nonché su procedure giudiziarie nazionali di reclamo in qualche caso più efficaci) e
con il compito di promozione per i consumatori che presentano un reclamo relativo a beni e servizi
operando come filtro (utilizzando il punto di contatto per indirizzare il proprio ricorso all’organo
16
Cfr, Conclusioni del Consiglio, Aja 4-5 novembre 2004, doc. 14292/04, Allegato I, punto 3.4.2.
Cfr. Risoluzione del Consiglio del 25 maggio 2000, relativa ad una Rete comunitaria di organi nazionali per la
risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo pubblicata in G.U.C.E., c/155, 6 giugno 2000.
18
Per l’Italia sono state segnalate le Camere di Commercio con gli sportelli di conciliazione, i Consigli di conciliazione
ed arbitrato Telecom Italia, l’Ombusdman bancario e il giudice di pace (che svolge, oltre alle funzioni giurisdizionali
contenziose, anche funzioni conciliative preventive in sede non contenziosa). Per i Paesi Scandinavi le Complaints
board (Comitati per i reclami) i quali emettono semplici raccomandazioni; per il Regno Unito e per l’Irlanda: gli
Ombusdmen con decisioni vincolanti o meno; per la Spagna: procedura arbitrale speciale emessa da un collegio
arbitrale presieduto da un membro dell’amministrazione e a composizione paritetica dai consumatori; per la Francia, un
reclamo con procedura semplificata presso il Tribunal d’istance per le controversie inferiori a 13000 Franchi; per la
Germania: gli organismi di arbitrato e di conciliazione esistenti nel settore commerciale e industriale sorti per iniziativa
delle associazioni professionali interessate anche in collaborazione con i corrispondenti organi delle associazioni dei
consumatori (camere dell’artigianato con mandato di intermediazione legale, associazioni di tutela di interessi tipici di
categoria, organismi arbitrali settore automobilistico, organismi che offrono al consumatore consulenza in caso di difetti
del prodotto e organismi di conciliazione tra le parti).
19
EEJ-Net consiste in una rete di centri di compensazione ed è volta ad aiutare i consumatori a risolvere le vertenze
transfrontaliere con imprese che forniscono beni e servizi. Vi è un centro di compensazione in ogni Stato membro, in
Norvegia e in Islanda, che può fornire al consumatore informazioni e assistenza affinché egli possa risolvere la sua
controversia in via amichevole, tramite un sistema adeguato di risoluzione alternativa delle controversie (RAC). Questa
rete garantisce pertanto ai cittadini dell' U.E. un accesso economico ed efficiente ai mezzi per risolvere le loro vertenze
transfrontaliere, tramite il ricorso a un sistema di risoluzione alternativa delle controversie nel paese pertinente.
17
6
transfrontaliero) come organo di consulenza e di servizio per la predisposizione materiale del
reclamo e del ricorso.
Gli Stati membri dell’Unione Europea sono adesso chiamati a notificare alla Commissione
Europea gli elenchi degli organi extragiudiziali nazionali che aderiscono alla Rete EEJ-Net. A tal
fine, il Ministero della Giustizia, d’intesa con il Ministero delle Attività produttive, ha avviato una
ricognizione che interessa tutti gli organi italiani che svolgono attività per la risoluzione alternativa
delle controversie in materia di consumo.
Obiettivo di tale ricognizione è la creazione di una banca di dati, quale strumento utile per
le amministrazioni pubbliche nel loro proprio ruolo di vigilanza e quale supporto della Clearing
house per l’esercizio delle proprie funzioni di punto di contatto nazionale a livello europeo20.
Aspetti critici da considerare nella messa punto del programma relativo al funzionamento
della Rete EEJ-Net, da un lato, il rischio di una eccessiva “burocratizzazione” delle procedure e dei
compiti attribuiti alle clearing house tenuto conto della complessità delle funzioni attribuitele
(informazioni, consulenza, traduzione atti etc.), dall’altro la previsione che il consumatore, al fine
di risolvere la propria controversia acceda, attraverso la Rete, ad un altro organismo competente
presso il Paese di origine del professionista aggirando così i principi contenuti nella Convenzione
di Bruxelles del 1968 e dal Regolamento n. 44/2001 in materia di giudice competente in caso di
controversia transfrontaliera, che è quella del Paese di residenza del consumatore anche in caso di
acquisto effettuato via internet 21.
Parallelamente alla creazione della Rete EEJ-Net è stata istituita anche la Rete FIN-Net per
la risoluzione stragiudiziale delle controversie transfrontaliere in materia di servizi finanziari. La
FIN-Net consente ai consumatori che devono affrontare un problema nel settore dei servizi
finanziari (banche, assicurazioni e investimenti) di accedere direttamente ad uno strumento di
risoluzione.
Da ultimo, la rete EEJ-Net (European extra judicial Network) è confluita nella rete dei
Centri europei dei consumatori (CEC, denominati anche Eurosportelli) e ridenominata ECC-Net
(European Consumers Centres Network)22
2) Progetto di direttiva su alcuni aspetti della mediazione in materia civile e
commerciale:
Il 22 ottobre del 2004 la Commissione ha presentato un progetto di direttiva concernente
alcuni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale23.
2.1 Obiettivo.
L’obiettivo della bozza di direttiva è quello di facilitare l’accesso alla giustizia attraverso la
promozione del ricorso delle parti agli strumenti di mediazione al fine di comporre le controversie
in via amichevole e assicurare una equilibrata relazione tra mediazione e procedure giurisdizionali
(art. 1, comma 1).
In particolare il fine principale della mediazione disegnata dalla bozza di direttiva è quello
di snellire il lavoro dei tribunali ovvero renderli più efficienti, offrendo alle parti la scelta di
risolvere rapidamente le loro controversie davanti ad un mediatore e prevedendo una successiva
“convalida” dell’accordo da parte del tribunale. L’insieme costituito dall’accordo transattivo e dalla
“Le istruzioni per l’uso” della Rete EEJ-Net sono consultabili all’indirizzo internet http://WWW.
attivittàproduttive.gov.it
21
In tal senso si veda: AA.VV., I sistemi alternativi di risoluzione delle controversie on line, a cura di Pierani e
Ruggiero, op. cit.,59 e ss..
22
Notizie in merito a quest’ultima attuale fase possono leggersi nel sito del ministero delle attività produttive
http://WWW. attivittàproduttive.gov.it (comunicato stampa 2005 Rete dei centri europei per i consumatori ECC-Net)
23
(2004/0251 COD). In merito alla bozza prelimare della direttiva in esame, sia consentito rinviare a “Diritto civile
comunitario e cooperazione giudiziaria civile, a cura di I. Ambrosi e L.A. Scarano, Milano, 2005, 57 e ss.
20
7
convalida da parte deltribunale potrebbe essere considerato come uno strumento procedurale
messo a disposizione degli operatori, facente parte integrante del sistema giudiziario pubblico.
I considerando della proposta ribadiscono che tale obiettivo deve essere inteso in un
contesto più ampio volto alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e precisamente
teso ad agevolare la composizione delle controversie.
A tal riguardo, viene espressamente precisato che “la mediazione può fornire una
risoluzione conveniente e rapida delle controversie in materie civili e commerciali attraverso
processi concepiti secondo le necessità delle parti” (considerando 6) e che, tenuto conto della
circostanza secondo cui “l’esecuzione degli accordi transattivi è lasciata alla buona volontà delle
parti”, è opportuno che tutti gli Stati membri “predispongano una procedura che consenta la
conferma dell’accordo transattivo, attraverso una sentenza, una decisione o una dichiarazione di
autenticità emessa da un tribunale o da un organismo pubblico” (considerando 10). “Una tale
possibilità consentirà di riconoscere ed eseguire un accordo transattivo in tutta l’Unione ai sensi
delle condizioni stabilite dagli strumenti comunitari sul reciproco riconoscimento e esecuzione dei
provvedimenti giudiziari” (considerando 11).
Lo schema di direttiva è caratterizzato dal un carattere per così dire minimale che, lungi
dall’operare una ricognizione di regole basilari in relazione alle numerose questioni in campo,
sembra dettare una sorta di formula del minimo comun divisore in materia di mediazione tra i
diversi ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea.
Questo minimo comun divisore indica quattro obiettivi da raggiungere: inquadrare e
migliorare l’attività di mediazione nel contesto europeo e segnatamente in tema di formazione dei
mediatori, consentire che gli accordi transattivi raggiunti in seguito ad una mediazione possano
essere confermati in sede giudiziale o amministrativa, tutelare il segreto della mediazione e
sospendere i termini di prescrizione e decadenza durante la mediazione.
2.2 Campo di applicazione e base giuridica.
Il campo di applicazione della direttiva, come già accennato, è la materia civile e
commerciale.
Allo stato, vengono poste al di fuori del campo di applicazione della presente direttiva le
questioni che secondo la pertinente legge applicabile sono escluse dalla mediazione (art. 1, comma
2). Si è inoltre deciso che un considerando indicherà espressamente che la direttiva include anche
le controversie di diritto di famiglia sempre che, naturalmente dette controversie abbiano ad
oggetto diritti disponibili.
Nel corso dell’esame è stato precisato l’ambito delle ipotesi di esclusione specificando che
“la materia fiscale, doganale e amministrativa” è sottratta all’applicazione della direttiva nonché “le
responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri”, denominati, tra
parentesi, “acta iure imperii”.
Forse sarebbe stato più opportuno chiarire l’ambito delle esclusioni alla luce dei principi già
contenuti nella regolamentazione di settore24 al fine di ottenere una migliore armonizzazione delle
discipline all’interno dell’Unione Europea. L’enucleazione di una lista di esclusioni ha trovato però
la ferma opposizione della Commissione che si è mostrata sul punto nettamente contraria.
In ordine al significato del termine “controversie”, alcune delegazioni hanno chiesto di
limitare il campo di applicazione della direttiva alle sole controversie transfrontaliere, altre (tra cui
l’Italia), sostenute dalla Commissione, hanno invece sottolineato che la limitazione della direttiva
ai soli casi trasfrontalieri costituirebbe un non senso poiché creerebbe un rischio di effetti
Ad esempio, andrebbero richiamati integralmente l’articolo 1 del regolamento 44/2001, concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale nonché l’articolo 1
della Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 19 giugno 1980 (ratificata con
legge 18 dicembre 1984, n. 975) e le esclusioni ivi contenute concernenti: lo stato e la capacità delle persone, i
testamenti e le successioni , le questioni inerenti al diritto delle società, associazioni o persone giuridiche, fallimenti e
procedure affini, sicurezza sociale etc..
24
8
discriminatori nello spazio giudiziario comune dal momento che i tribunali potrebbero suggerire
alle parti il ricorso alla mediazione solo allorquando la controversie presentino elementi
transfrontalieri.
Gli elementi transfrontalieri, invero, possono derivare dal domicilio o dalla sede
dell’impresa di una o entrambe le parti, dalla scelta di un mediatore o dal luogo della mediazione o
dalla sede del tribunale e pertanto, una simile restrizione del campo di applicazione potrebbe nella
sostanza rimettere l’applicabilità della direttiva alla volontà delle parti le quali potrebbero
introdurre elementi trasfrontalieri nella controversia al fine di giovarsi degli effetti della direttiva.
Verrebbero così ad esistenza due sistemi giuridici paralleli a seconda che la mediazione abbia ad
oggetto controversie interne o transfrontaliere, col rischio di effetti distorsivi per le parti, contrari ai
principi del mercato interno e agli sforzi dell’Unione europea di semplificazione del quadro
giuridico per i privati e per le imprese.
Il tema è stato oggetto anche del Consiglio informale Giustizia Affari Interni tenutosi a
New Castle dal 7 al 9 settembre 2005 ove, in proposito, si è coniata una nozione di “causa
transfrontaliera concreta” che dovrebbe ricomprendere i seguenti casi: 1) residenza delle parti in
due Stati membri diversi; 2) residenza delle parti in uno stesso Stato membro e residenza del
mediatore in un diverso Stato membro; 3) residenza delle parti e del mediatore in uno stesso Stato
membro, con un convalida dell’accordo emessa da un giudice di uno Stato membro diverso.
In tema di base giuridica sulla quale fondare la emenanda direttiva, in seno al comitato ove
viene negoziata la direttiva a Bruxelles, si è discusso sulla possibile applicazione alternativa
dell’articolo 65 (cooperazione giudiziaria e controversie transfrontaliere) oppure dell’articolo 95
del TCE (ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che hanno
ad oggetto il funzionamento del mercato interno).
Sul punto, è stato anche richiesto il parere del servizio giuridico del Consiglio che ha reso il
parere affermando che se le differenze esistenti tra i vari sistemi e servizi di mediazione possono
comportare difficoltà di funzionamento del mercato interno la direttiva potrà essere fondata
sull’articolo 95 TCE e disciplinare anche le fattispecie non trasfrontaliere, viceversa, occorrerà
rifarsi all’articolo 65 del TCE e si potranno disciplinare solo le fattispecie transfrontaliere.
Ad oggi, entrambi i nodi (nozione di controversia: solo transforntaliera o anche interna e
scelta della base giuridica) non sono ancora stati sciolti.
2.3 Definizioni.
Il carattere estremamente minimale e flessibile della direttiva si rintraccia, inoltre, anche
nelle definizioni di “mediazione” e di “mediatore” contenute nell’articolo 2.
Invero, il termine “mediazione” viene rimesso in bianco alle prescrizioni già contenute
nelle singole normative nazionali; difatti, con tale termine si intende “un procedimento indipendentemente dalla denominazione - dove una o più parti di una controversia tentano essi
stessi di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un
mediatore”.
Nel corso dell’esame della bozza di direttiva è stato chiarito che la mediazione non va
confusa con le procedure di conciliazione imperanti nella maggioranza dei procedimenti nazionali,
nelle quali sono le parti e i loro avvocati, col patrocinio del giudice, a raggiungere un accordo
prima o durante l’avvio del procedimento.
In un considerando viene al riguardo precisato che non rientrano nel campo di applicazione
della presente direttiva “i procedimenti di natura arbitrale, i reclami all’Ombudsman, i reclami dei
consumatori, la valutazione dei periti o i procedimenti gestiti da organismi che emettono una
raccomandazione formale sia essa vincolante o meno, per la risoluzione della controversia”
(considerando 8).
9
E’ stato altresì chiarito che viene ricompresa nella definizione anche la mediazione gestita
da un giudice che non agisce nella fattispecie nell’ambito della sua competenza giudiziaria25.
Con il termine “mediatore” si intende “qualunque terzo a cui si chiede di gestire la
mediazione in modo imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla
professione di questo terzo nello Stato membro interessato, e dalle modalità con cui è stato
nominato o invitato a gestire la mediazione”.
E’ evidente che la proposta di direttiva non è intesa né a creare né a regolamentare la
professione di mediatore in materia civile e commerciale.
2.4 Qualità della mediazione.
Fulcro centrale del provvedimento in negoziazione è quello di prevedere delle modalità
mediante le quali assicurare la qualità della mediazione (ora art. 2 bis, ex art.4).
Anche a tal proposito, è stata scelta una formula molto ampia prevedendo che “gli Stati
membri incoraggiano - in qualsiasi modo essi ritengono appropriato - l’elaborazione di un codice di
condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazione nonché
l’ottemperanza al medesimo nonché qualunque altro efficace meccanismo di controllo della qualità
riguardante la fornitura di servizi di mediazione”.
La Commissione ritiene di precisare in un considerando che per il raggiungimento di tale
fine non sarà richiesto agli Stati membri lo stanziamento di fondi in attuazione della disposizione.
La mancanza di un impegno di spesa sottolinea ancor più il carattere facoltativo e volontaristico
della disposizione.
Pertanto, tali modalità vengono rimesse alla regolamentazione prevista da ogni singolo
Stato; sarebbe stato più opportuno e con tutta probabilità più efficace, condizionarle ai principi
fondamentali fissati dalla richiamata Raccomandazione 2001/310/CE26.
La previsione dell’elaborazione di un codice di condotta da parte degli organismi che
forniscono servizi di mediazione per costituire una opzione valida dovrebbe prevedere un potere di
verifica da parte degli organismi europei finalizzato a che vengano garantite la professionalità,
l’indipendenza e la responsabilità delle persone –fisiche e giuridiche- che esercitano l’attività di
mediazione.
In via di compromesso, è stato aggiunto un ulteriore comma in tema di qualità della
mediazione nel quale si prescrive che “gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e
continua dei mediatori allo scopo di garantire che lo svolgimento della mediazione sia efficace,
imparziale e competente nei confronti delle parti”27.
2.5 Ricorso alla mediazione
La proposta di direttiva intende “incoraggiare i professionisti legali ad informare i clienti
della possibilità di ricorrere alla mediazione invece o prima di decidere d’intentare un
procedimento giudiziario” (art. 3, 0). Questa disposizione è stata aggiunta nel testo alla luce di una
serie di osservazioni formulate da alcune delegazioni.
Al giudice è consentito di valutare “se lo ritiene appropriato ed avuto riguardo alle
circostanze del caso di invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la
controversia”. Viene previsto che possa altresì “invitare le parti a partecipare ad un incontro
25
La disposizione non sembra molto chiara e addirittura contraddittoria con il principio enunciato dal citato
considerando n. 8. Al riguardo, è stata proposta la seguente definizione alternativa: “il giudice che tratta la causa”.
26
In particolare, sarebbe stato opportuno richiamare i principi ivi enunciati di imparzialità, trasparenza, efficacia, equità.
27
In tale contesto, ma sul versante interno, merita di essere ricordato il recente decreto del Ministro della giustizia 23
luglio 2004, n. 222 che regola la determinazione dei criteri e delle modalità di tenuta del registro degli organismi di
conciliazione in materia societaria, emanato a norma dell’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. Nei
criteri di iscrizione nel registro, viene prevista una verifica di professionalità e di efficienza con particolare
riferimento, tra l’altro, alle garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio (art. 4).
10
informativo sul ricorso alla mediazione se tali incontri esistono e sono facilmente disponibili” (art.
3, 1).
Quale norma di chiusura della disposizione è testualmente previsto “che la presente
direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione
obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento
giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al
sistema giudiziario” (art. 3, 2). E’ stato deciso che un considerando sottolineerà l’importanza di
questa prescrizione volta a richiamare il principio dell’accesso alla giustizia.
La scelta operata dal testo in esame di rimettere alle legislazioni nazionali le regole di
trasparenza della procedura non sembra condivisibile tenuto conto della estrema rilevanza delle
informazioni dovute alle parti in merito al funzionamento pratico della procedura, ai tempi della
medesima nonchè alle norme sostanziali applicabili (disposizioni normative, buone prassi,
considerazioni di equità, codici di comportamento).
Neppure in merito ai costi vengono dettate regole di informazione. Sul punto, il Comitato
economico e sociale europeo ha osservato che appare insufficiente richiamare le disposizioni
vigenti in ciascuno Stato membro, viceversa, bisognerebbe prevedere o una serie di tariffe in
funzione del valore della controversia ovvero un preventivo obbligatorio che consenta alle parti di
valutare l’opportunità di ricorrere alla mediazione28.
2.6 Esecutività degli accordi transattivi
Anche l’esecuzione degli accordi di mediazione viene assicurata dai sistemi nazionali che
garantiscono alle parti o ad una di esse con il consenso delle altre, di chiedere che un accordo
transattivo risultante da una mediazione sia reso esecutivo purché l’esecutività dello stesso non sia
contraria al diritto dello Stato in cui è presentata la richiesta (art. 5, 1). Al fine di chiarire la portata
della norma è stato concordato che un considerando preciserà che un accordo transattivo dichiarato
eseguibile in uno Stato membro è riconosciuto e reso esecutivo nell’altro Stato membro
conformemente al diritto comunitario o nazionale.
Nel corso dell’esame è stata aggiunta anche la previsione secondo cui, ferma restando la
regola secondo cui l’esecutività dell’accordo sia richiesta da entrambe le parti, anche la possibilità
che gli Stati membri possano prevedere che una solo parte possa presentare siffatta richiesta (art. 5,
1 e 1-ter). Ad alcune delegazioni invero era sembrato che la richiesta congiunta avrebbe potuto
rischiare di vanificare la possibilità di esecuzione coattiva nel caso in cui una delle parti si renda
inadempiente agli accordi e rifiuti altresì di richiedere l’omologazione. Qualche delegazione ha
chiesto che la richiesta unilaterale sia limitata all’ipotesi in cui la richiesta di esecuzione
dell’accordo sia formulata nello stesso Stato ove si è svolta la mediazione.
Viene, altresì, previsto che gli Stati membri possono consentire che l’accordo sia reso
esecutivo in una sentenza, decisione, atto autentico o qualsiasi altra forma da un giudice o un’altra
autorità pubblica conformemente al diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta.
La frase con “qualsiasi altra forma” ha generato molte perplessità e potrebbe essere espunta
dal testo.
La norma prevede altresì che gli Stati indicano alla Commissione i giudici e le altre autorità
competenti ad accogliere le richieste di esecuzione dell’accordo di mediazione (art. 5, 2).
2.7 Riservatezza della mediazione
Di particolare rilievo è poi la disposizione volta a tutelare il diritto alla riservatezza della
procedura di mediazione.
Dispone la norma che “gli Stati membri provvedono affinché né i mediatori né ogni altro
soggetto coinvolto nel processo di mediazione abbiano l’obbligo di fornire prove nei procedimenti
28
Parere INT/256 del 9 giugno 2005.
11
giudiziari civili o commerciali o nel corso di un arbitrato per quanto riguarda le informazioni
derivanti dalla mediazione o ad essa connesse” (art. 6, 1).
A questa regola può derogarsi sull’accordo delle parti ovvero per superiori considerazioni di
ordine pubblico ed in particolare se è necessario per assicurare la protezione di minori o per
scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona oppure ancora, quando la
comunicazione è necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione dell’accordo risultante dalla
mediazione (art.6, 1, lett. a) e b)).
L’ipotesi prevista di un “diverso accordo tra le parti” creerà qualche problema
nell’ordinamento interno tenuto conto vi sono ipotesi di acquisizione d’ufficio della conciliazione
fallita (art. 194-bis della legge 633/1941 così come modificato dal decreto legislativo n. 68/2003
recante una ipotesi conciliativa in materia di diritto di autore) oppure ipotesi in cui viene
comminata la sanzione di inutilizzabilità delle dichiarazioni inserite a verbale (art. 39, comma 3,
del decreto legislativo n. 5/2003 recante una ipotesi conciliativa in tema di liti societarie) nonché la
generale previsione della utilizzabilità delle posizioni assunte dalle parti davanti al mediatore ai fini
del regolamento delle spese di lite nel successivo giudizio.
Viene infine prevista la possibilità per gli Stati di attuare misure più vincolanti per la tutela
della riservatezza della mediazione (art. 6, 2).
2.8. Effetto della mediazione sui termini di prescrizione e di decadenza.
Viene, infine, previsto il regime di interruzione della prescrizione durante il tempo
necessario allo svolgimento della mediazione (articolo 7).
Al fine di garantire alle parti che scelgono la mediazione di poter avviare un successivo
procedimento giudiziario entro le scadenze termini di prescrizione o di decadenza relative alla
medesima controversia, gli Stati membri provvedono affinché i termini non scadano tra la data in
cui le parti esprimono il loro accordo per iscritto, o partecipano alla prima udienza di mediazione
oppure dalla data in cui sorge l’obbligo di ricorrere alla mediazione secondo il diritto nazionale
sino alla data dell’accordo transattivo o quando le parti o il mediatore di sua iniziativa o su
iniziativa delle parti dichiari che la mediazione è terminata.
2.9 Recepimento
Ancora non è stato deciso il termine di recepimento (che inizialmente era fissato per il 1
settembre 2007) della direttiva (art.9). Qualche delegazione lo ha richiesto di almeno due anni dalla
pubblicazione della medesima.
2.10 Notazioni conclusive
Sembra evidente che il progetto di direttiva, proprio in ragione del carattere estremamente
flessibile e minimale che lo contraddistingue, porrà numerosi problemi di armonizzazione tenuto
conto che non impone obblighi agli Stati Membri, ma si limita ad operare una ricognizione della
normativa preesistente in materia di mediazione in ciascuno Stato membro.
Invero, lo strumento della direttiva in quanto tale può comportare sfasamenti e lacune
poiché gli Stati Membri non si adeguano né tempestivamente, né correttamente, nella stessa
maniera, agli obblighi nascenti dalle direttive.
Nel caso in esame, il rischio di disarmonie è ancora più grande all’indomani
dell’allargamento dell’Unione ai nuovi Stati membri proprio in un settore portante quale quello
della materia civile e commerciale.
Infine, sarà estremamente interessante conoscere l’opzione che verrà operata e che con tutta
probabilità verrà rimessa al Consiglio Giustizia e Affari interni, in merito all’ambito di
applicazione e alla base giuridica su cui fondare la emananda direttiva, nonché conoscere le
12
reazioni del Parlamento europeo rispetto alle scelte operate dal Consiglio allorquando ne verrà
investito secondo la procedura di codecisione prevista dll’articolo 251 del TCE.
13