GLI EDIFICI SCOLASTICI MODERNO IN ITALIA NELL’ESPERIENZA DEL MOVIMENTO Una valutazione sulla qualità architettonica degli edifici scolastici realizzati nel ‘900in Italia, oltre che basarsi sulla relazione tra le morfologie e i contesti, deve considerare specificamenteil rapporto tra lo spazio funzionale e il pensiero pedagogico scelto dai progettisti e/o prevalente nel momento dell’edificazione: i metodi didattici dialogano con la cultura dell’epoca e con il quadro normativo di riferimento. Visioni e orientamentiche si traducono inprincipi educativi e in una contemporanea revisione delle tipologie, inun’evoluzione delle forme architettoniche e dei linguaggi espressivi. Tra le opere significative del Movimento Modernonel suo complesso molte sono edifici scolastici, interventi magistrali di Dudok, Duiker,Lescaze, May, H.Meyer, Neutra, Scharoun, Sert, Lurçat, Beaudouin e Lods, Jacobsen, Alison & Peter Smithson, Aldo van Eyck e, più recentemente di Architecture Studio, Hertzberger, Siza, Campo Baeza, Takaharu e Yui Tezuka, solo per citare i più noti. Limitandoci all’esperienza italiana, per molti aspetti non meno rilevante, è importante considerare che lo specifico funzionale e tipologico della scuolain Italia si sviluppa solo nel periodo post-unitario, in parallelo con la nascita dell’istituzione pubblica. In quella fase, per far fronte a un diffuso e rilevante problema di analfabetismo, furono incentivate le politiche di scolarizzazione e definiti gli standard tecnico-edilizi. Considerando, però, la difficoltà di realizzare in tempi brevi nuovi complessi specialistici e la contemporanea necessità di dismettere molte strutture religiose(palazzi, conventi, seminari),lo Stato e le amministrazioni locali si orientarono per un adeguamento parziale alla nuova funzione di queste ultime. Questa particolarecondizione italiana, segnatamente nelle regioni del centro e del meridione, ha influito anche sulla successiva concezionearchitettonico-funzionale degli edifici scolastici progettatiexnovo,con tipologie edilizieautonome. Dai conventi e dai seminari furono ripresi gli impianti in linea e a corte (semplice e multipla) e il sistema distributivo interno con corpi scala centrali e corridoi pluripiano. Dai palazzi degli ordini religiosi sono giunte in eredità alle scuole la necessità di rappresentare un ruolo rilevantenel contesto urbano e di definireun linguaggioefficace e riconoscibile, spesso con apparati decorativi aulici e classici. Soluzioni che, però,non consentivanouna sufficiente rispondenza ai nuovi concetti di funzionalità, solidità staticae igiene, inserite e sostenute nelle prime disposizioni di legge post-unitarie. Le normative del 1888,pur nella forte struttura gerarchica e autoritaria, propongono nuovimodelli tipologici lineari e morfologie essenziali, codificando sia i caratteri distributivodimensionali delle aule, degli spazi comuni e dei servizi connessi, sia i corretti valori d’illuminazione e aerazione.Importante in quella fase fu l’opera, anche di studi e teorie, degli architetti Luca Beltrami e Camillo Boito. Nei primi decenni del Novecento,grazie anche ai principi didattico-educativi delineati nel Primo Congresso Nazionale di Pedagogiae, grazie al metodo sperimentato da Maria Montessori,la scuola si confronta con la nuova visionepsico-pedagogica. Nell’orientamento montessoriano, che ha avuto riflessi attuativi in tutte le nazioni, glispazidevono essere a misura di bambino e nel rispettodelle sue necessità, ambiti dove egli possa “sentirsi padrone del proprio spazio”. In termini architettonici tutto ciò è particolarmente rilevanteper la relazione oramai inscindibile tra requisiti estetico-funzionali, processo educativo e capacità di apprendimento del fanciullo. Nel sintetico excursus tra le scuole e gli asili realizzati a cavallo tra le due guerre si segnala, in particolare, l’Asilo Sant’Elia progettato da Giuseppe Terragni nel 1935.L’intervento, capolavoro del Razionalismo italiano, dimostra che la conformazione spaziale, la trasparenza e leggerezza degli involucri murari,il dialogo interno-esterno, favoriscono la socializzazione e lo sviluppo cognitivo del fanciullo in tutte le fasi della sua formazione. Altro celebre asilo nido è quello realizzato fra il 1939 e il 1941 da Figini e Pollini a Ivrea per i figli dei dipendenti dell’Olivetti. Le immagini d’epoca ci mostrano un’architettura immersa nel verde,con portici e pensiline, dal carattere gioioso in cui il fanciullo ritrova la dimensione tranquillizzante della vita familiare. Nel dopoguerra, sia per la necessità connesse con i programmi della ricostruzione, che hanno consentito la realizzazione di molti nuovi edifici scolastici,sia per una differente cultura e visione democratica, i principi psico-pedagogicidescritti vengono ripresi e ampliati. Nel1952 il Ministero della Pubblica Istruzione, coinvolgendoprogettisti, pedagogisti, specialisti in medicina, esperti in attività legislative, coordinati dall’architetto Ciro Cicconcelli,istituisce un Centro Studi per definire i nuovi caratteri dell’edilizia scolastica. “La progettazione di una scuola moderna –scriveCicconcelliin Rassegna critica di Architetturan. 25 del 1952 - deve nascere soprattutto dalla ricerca di uno spazio idoneo psicologicamente, oltre che funzionalmente, allo svolgersi dei problemi educativi. Bisogna cioè intuire e quindi realizzare, degli spazi capaci di favorire le tendenze del fanciullo e rendere queste efficaci; bisogna realizzare degli spazi che accompagnino il bambino nella sua crescita biologica e psichica: è il bambino deve stare al centro della ricerca di uno spazio scolastico del nostro tempo”. I risvolti più efficaci si hanno nei regolamenti scolastici che,per la prima volta,coinvolgono contemporaneamente l’edificio, l’organizzazione funzionale e la didattica. Con i quattro Quaderni per la progettazione delle scuole elementari, medie e materne cambia l’idea stessa e la formadella scuola: essa deve formare e insieme preparare l’individuo alla convivenza sociale.Matura l’idea di organismo spaziale inteso come struttura edilizia articolata e comeluogo urbano aperto alla collettività (scuola “attiva”). Tra più interessanti di questa fase storica l’asilo di Giuseppe Vaccaro a Piacenza (1953); un elegante recinto circolare,che definisce l’area libera e protetta del fanciullo, incastonato nel quartiere residenziale INA-Casa. Le aule delle nuove scuole diventano spaziose, sono ben esposte e ben illuminate. Solo nelle esperienze migliori, però, le stesse si aprono verso l’esterno, verso ilverde, presentano spazi flessibili e polifunzionali, hanno un forte carattere collettivo e soluzioni di dettaglio di qualità. Attraverso un lavoro sperimentale, con riferimenti all’esperienza tedesca, olandese e francese, gli architetti italiani sviluppano sia le più avanzate teorie sul rapporto tra spazio funzionale e modalità di insegnamento/apprendimento, sia, con apertura della scuola al quartiere, un contributo originalealla cultura dell’integrazionesociale. Emblematici sono i due plessi costruiti a Ivrea per conto dell’Olivetti: l’asilo nido a Canton Vesco di W. Frankl e M. Ridolfi (1955) e la scuola media di L. Quaroni (1959).L'attenzione di Ridolfi in quegli anni è rivolta al benessere psicologico e alla forte identità spaziale: qui come nella successivascuola media a Terni esplora la dialettica fra consistenza materica, tradizione artigiana e modellazione dei telai. Nella scuola a Poggibonsi il tema si esplicita nella grande finestra-parete a tutta altezza, contrapposta al materiale povero dell'involucro. Quaroni, in particolare nella prima soluzionedella scuola media Olivetti, prevista con elementi strutturali in acciaio e pannelli leggeri, compendia tutti i caratteri della sua ricerca teorica di quegli anni: l'integrazione tra scuola e quartiere,la chiarezza dell’impianto,la tecnologia al servizio dell’architettura, l'uso della luce zenitale come componente organica dello "spazio-scuola". Manfredo Tafuri ne ha evidenziato "le modulazioni tipicamente neutriane nella definizione di un continuum spaziale fra interno ed esterno”. A partire dal 1962 e nel decennio successivo, con l’avviamento della suola media unica, si realizzano molti nuovi plessi scolastici in cui si affermano nuovi indirizzi progettuali, legati alla flessibilità dell’impianto e delle aule per consentire diverse funzioni specialistiche. Il concetto nuovo è che l’organismo scolastico si articola in modo flessibile nella somma di "unità funzionali", modificando di conseguenza le morfologie e le tecnologie costruttive. Paradigmatico in tal senso è il metodo seguito da Vittorio De Feo ed Errico Ascione nelle scuole di Terni (1968) e di Spinaceto (Roma), da Guido Canella per le scuole mediea Noverasco (1974) e quelle di Cappai e Mainardis per Oriago, Mira (1968) e per il nido di Feltre (1975);tutte opere interessanti per la forte e plastica valenza urbana,per l’articolato impianto distributivo eper la carica innovativa del linguaggio espressivo. Un discorso affatto differente va fatto in merito alle scuole di Enrico Mantero a Como (1966)di Aldo Rossi di Broni (1969-70)e Fagnano Olona (1972) che si basano su volumetrie fortemente gerarchizzate ed essenziali in modo da risponderea un diverso principio pedagogico: la schematicità si coniuga con la semplicitàdell’impianto per rendere esplicito agli alunni il dispositivo funzionale.In tutti gli esempi citatila scuola è come una parte di città costruita intorno a una piazza centrale dove le diverse destinazioni d'uso assumono precise forme evocative. La ricerca sperimentale Luigi Pellegrin è tra quelle che hanno maggiormente contribuito al rinnovamento dell’idea stessa di moderno edificio scolastico, nella conformazione spaziale, nei materiali e nelle tecnologie costruttive.In varie città italiane Pellegrin realizza quarantaedifici scolasticiprefabbricati con forte valenza urbana. La struttura industrializzata è costituita da elementi seriali ma le morfologie non sono mai ripetitive. Prevale il valore dello spazio interno, libero nella configurazione e in grado di rispondere/sollecitare nuove forme di insegnamento e apprendimento. Un’opera emblematica della poetica dell’architetto romanoè il Complesso Scolastico Marchesi a Pisa del 1972. Il campus scolastico per l’istruzione superiore, realizzato a Pesaro da Carlo Aymonino nel 1974-1981, è connesso a un ampio programma urbano che prevede anche l’integrazione con attività commerciali, attrezzature, servizi. Collegando la scuola al quartiere e allo spazio pedonalizzato definisce un moderno foro pubblico. Il DM del dicembre 1975 sistematizza puntualmente le caratteristiche tecnico-funzionali e dimensionali delle scuole di nuova realizzazione. Pur essendo di stampo “funzionalista”, però,la normativa è risultata molto rigida; spesso ha condizionato lesoluzioni progettuali. Un dato significativo riguarda le percentuali inderogabili delle superfici del connettivo rispetto a quelle delle aule (40%),prescrizione che ha consentitocon difficoltà di eliminare i corridoi stretti, di ottenere un atrio arioso e, in sintesi, di poter realizzare architetture spazialmente più vivaci.Una recente pubblicazione ne analizza il rapporto e dimostra che in gran parte delle opere più interessanti a livello internazionale realizzate nel ‘900 presentano percentuali di connettivo ben maggiori, in media sopra al 50% fino al 65% nel Gymnasium di Koprivnica dello Studio UP. Con la nuova normativa per l'edilizia scolastica (DM 18-12-1975) si sostiene la realizzazione delle struttura prefabbricate. Gino Valle la applica sperimentalmente progettando con la ditta Valdadige interessanti architetture, con moduli a maglia rettangolare e aule organizzate intorno a uno spazio centrale a doppia altezza. Umberto Rivanella scuola elementare a Faedis vicino Udine (1977-80) con grandi tegoli prefabbricaticrea una forte connotazione unitaria e unrichiamo al paesaggio industriale circostante. Leonardo Benevolo, Carlo Melograni e Tommaso Giura Longo, nel complesso scolastico di Ponte Lago Scuro (Ferrara) con l'aggregazione delle unità didattiche in corpi a forma di "L" ricostruiscono una sorta di tessuto edilizio come un brano di città. Alessandro Anselmi nell'asilo nido-scuola materna a Santa Severina (1980), scompone il volume in frammenti morfologici e li racchiude all’interno di un recinto evocativo e simbolico, creando la metafora di “un sito archeologico", come ha lui stesso ha affermato. Giancarlo De Carlo nella sua intensa attività teorica e progettuale è stato più volte impegnato sul tema dell’edilizia scolastica, negli anni ottanta progetta un complesso, articolato in cinque scuole, perfettamente integrato con il centro storico di San Miniato e in un’area panoramicamente affacciata sulle valli dell'Arno e dell'Elsa.L’ultimo suo lavoro, in associazione con MTA, è il nuovo Polo per l’infanzia a Ravenna, un sistema a tessuto, con patii e una vivace articolazione volumetrica di elementi semplici, sottostante un aereo e lucente tetto.Nella relazione scrive: “Un progetto architettonico per l’infanzia non può esimersi da riflessioni… L’ambiente è fondamentale affinché i bambini e il personale – e i genitori – possano “abitare bene” le giornate passate dentro l’organismo spaziale che sarà progettato. Risulterà tanto più idoneo se sarà puntualmente sensibile alla vita e alle relazioni che vi si svolgeranno, in modo flessibile per poter seguire il modificarsi del processo didattico”. La qualità della ricerca italiana è documentata, anche, dalla costruzione di edifici scolastici all’estero, quali lescuole di Luigi Pellegrin in Arabia e di Gino Valle con Mario Broggi (1986-93) a Berlino Kreuzberg , realizzata a seguito di un concorso all’interno dei programmi di ricostituzione urbana dell’IBA, che hanno visto coinvolti anche Vittorio Gregotti e Aldo Rossi. Gae Aulenti a Villar Perosa, Maurizio Sacripanti a Sant’Arcangelo di Romagna, Gabriella e Massimo Carmassi ad Arcore realizzano opere che alla specifica funzione scolastica uniscono una forte dimensione poetica, declinata ora come valore tattile dell'immagine, in cui la luce è spesso diagonale, ora con un’aggregazione di spazi concatenati in una promenade architecturale senza percorsi obbligati. La ricerca contemporanea, come ben evidenzia la selezione delle opere in mostra si fonda sull’integrazione tra funzioni urbane, e funzioni specialistiche; “nel suo significato più esteso e complesso un edificio scolastico- comeevidenzia Franco Purini - non è soltanto un sistema di spazi destinati ad accogliere nel modo funzionalmente e formalmente più adeguato gli insegnanti e gli allievi. Esso deve configurarsi come un’architettura capace (…) di porsi come metafora di un mondo di saperi correlati. “ Massimo Locci