Energia geotermica

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6.4
Energia geotermica
6.4.1 Introduzione
L’energia geotermica è il calore contenuto nell’interno
della Terra ed è all’origine di molti fenomeni geologici.
Tuttavia, l’espressione energia geotermica è generalmente impiegata per indicare quella frazione del calore
terrestre che può, o potrebbe, essere estratto dal sottosuolo e sfruttato dall’uomo. Le risorse geotermiche costituiscono una importante forma di energia rinnovabile e
sostenibile, diffusa e utilizzata in molte regioni del mondo
(Dickson e Fanelli, 2003).
I vulcani, i geyser, le sorgenti termali, le fumarole e
altri fenomeni superficiali di questo genere hanno certamente fatto dedurre agli uomini dei millenni passati
che alcune parti dell’interno della Terra sono calde. Soltanto tra il 16° e il 17° secolo, tuttavia, quando furono
scavate le prime miniere, profonde qualche centinaio di
metri, ci si rese conto che la temperatura del sottosuolo
aumenta con la profondità.
Le prime misurazioni con termometri sono state fatte
probabilmente nel 1740 da M. De Gensanne in una miniera vicino a Belfort, in Francia (de Buffon, 1778). A partire dal 1870 il regime termico della Terra è stato studiato con metodi scientifici moderni, ma soltanto nel 20°
secolo, dopo la scoperta del ruolo svolto dal calore radiogenico, è stato possibile comprendere pienamente fenomeni come il bilancio termico della Terra e ricostruire
la storia termica del pianeta. Tutti i moderni modelli termici della Terra, infatti, devono tenere conto dell’energia prodotta in continuazione dal decadimento degli isotopi radioattivi a lunga vita dell’uranio (238U, 235U), del
torio (232Th) e del potassio (40K) presenti nell’interno
del globo terrestre (Lubimova, 1969). A quella radiogenica si aggiungono, in proporzioni non esattamente definite, altre fonti di energia, come il calore originale del
pianeta, l’energia gravitazionale e la dissipazione dell’energia cinetica delle maree. Teorie e modelli termici
realistici, tuttavia, non sono stati disponibili sino agli
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
anni Ottanta del 20° secolo, quando è stato dimostrato
che non c’è equilibrio tra l’energia prodotta dal decadimento degli isotopi radioattivi presenti nell’interno della
Terra e il calore disperso dalla sua superficie verso lo
spazio, e che il pianeta si sta lentamente raffreddando.
Un bilancio termico dovuto a Frank D. Stacey e David
E. Loper, nel quale il flusso di calore totale dalla superficie terrestre è valutato 42⭈1012 W (conduzione, convezione e radiazione), quantifica il flusso di calore dal
mantello, che costituisce l’82% del volume totale della
Terra (fig. 1), in 10,3⭈1012 W (Stacey e Loper, 1988).
Calcoli più recenti, basati su un numero maggiore di dati,
hanno permesso di attribuire al flusso di calore superficiale un valore del 6% più alto rispetto a quello cui fanno
riferimento Stacey e Loper. Il raffreddamento del mantello è, di conseguenza, leggermente maggiore di quello valutato da questi ultimi. Il raffreddamento del pianeta è, comunque, molto lento. La temperatura del mantello, che alla sua base è di circa 4.000 °C, è diminuita,
al più, di 300-350 °C in tre miliardi di anni. È stato stimato che l’energia termica totale contenuta nella Terra,
assumendo una temperatura superficiale media di 15 °C,
sia dell’ordine di 12,6⭈1024 MJ e che quella contenuta
nella crosta sia dell’ordine di 5,4⭈1021 MJ (Armstead,
1983). L’energia termica della Terra è quindi enorme,
ma soltanto una parte di essa può essere sfruttata. Sino
a oggi, l’utilizzazione di questa energia è stata limitata
a quelle aree nelle quali le condizioni geologiche permettono a un vettore (acqua in fase liquida o vapore) di
trasportare l’energia termica dalle formazioni calde
profonde alla superficie o vicino a essa, dando origine
alle risorse geotermiche.
Breve storia della geotermia
L’utilizzazione del calore della Terra per scopi semplici, come la cottura del cibo, si perde nel passato. Nel
Neolitico le acque calde naturali erano certamente usate per scopi curativi e magici. In periodo etrusco gli usi
595
mantello
astenosfera litosfera
fig. 1. Schema
della struttura interna
della Terra: crosta,
mantello e nucleo.
A destra in alto,
un dettaglio della crosta
e della parte superiore
del mantello.
crosta
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
m
0k
7
6.3
nucleo interno
crosta
mantello
00
2.9
nucleo esterno
km
balneologici erano già ampiamente diffusi, come dimostrano numerose testimonianze archeologiche. Successivamente, nell’area di espansione della civiltà romana,
i fluidi geotermici sono stati usati, oltre che in balneologia, per il riscaldamento di edifici termali e di abitazioni dal 1° secolo a.C. sino alla decadenza dell’Impero. Esempi di utilizzazione del calore geotermico sono
presenti anche nei secoli seguenti, in Italia e in vari paesi
del mondo, sino alla Cina, ma in forma molto ridotta e
con semplici tipologie. Si deve attendere il 19° secolo
perché prenda avvio un vero e proprio sfruttamento dell’energia geotermica su scala industriale (Ciardi e Cataldi, 2005).
In Italia, nei primi anni dell’Ottocento, nell’area che
poi ha preso il nome di Larderello (Toscana), era stata
avviata una piccola industria chimica per estrarre l’acido borico dalle acque calde che sgorgavano naturalmente
dal suolo o erano estratte da pozzi poco profondi (Nasini, 1930). L’acido borico era ottenuto facendo evaporare in bollitori metallici le acque calde ricche di boro,
usando, come combustibile, il legname ricavato dai boschi
vicini. Nel 1827 Francesco Larderel, che nel 1818 aveva
assunto la direzione dell’industria, ideò un sistema per
sfruttare il calore degli stessi fluidi borici nel processo
di estrazione invece di bruciare il legname dei boschi,
che si andavano esaurendo rapidamente.
Nello stesso periodo si cominciò anche a utilizzare
l’energia meccanica del vapore naturale, che venne usato
596
per sollevare l’acqua in semplici sistemi a gas lift e, in
seguito, per il funzionamento di pompe e argani impiegati nelle operazioni di perforazione o nell’industria dell’acido borico. L’industria chimica di Larderello detenne, tra il 1850 e il 1875, il monopolio della produzione
dell’acido borico in Europa. Nella medesima area, tra il
1910 e il 1940, ebbe inizio, ampliandosi progressivamente, l’utilizzazione del vapore geotermico a bassa
pressione per il riscaldamento di edifici residenziali e
industriali e di serre. Contemporaneamente, anche in altri
paesi si sviluppava l’uso industriale dell’energia geotermica: nel 1892 a Boise (Idaho, Stati Uniti) era inaugurato il primo sistema di riscaldamento urbano; nel 1928
l’Islanda, un altro paese all’avanguardia in Europa nell’utilizzazione di questa fonte energetica, cominciò a
sfruttare i fluidi geotermici, soprattutto acqua calda, per
il riscaldamento di edifici.
Il primo tentativo di produrre elettricità dall’energia
geotermica fu realizzato a Larderello il 4 luglio 1904,
quando Piero Ginori Conti, subentrato alla famiglia Larderel nella proprietà dell’industria boracifera, avviò un
motore, azionato dal vapore geotermico, collegato a una
dinamo. La riuscita dell’esperimento segnò l’inizio di
una importante forma di utilizzazione del calore terrestre, che si sarebbe diffusa in tutto il mondo.
La produzione di elettricità a Larderello fu un successo commerciale, oltre che della tecnica. Nel 1916 la
potenza geotermoelettrica installata era già pari a 12.000
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
kWe e nel 1942, prima delle distruzioni dovute agli eventi bellici, aveva raggiunto 127.650 kWe . L’esempio italiano fu seguito da numerosi altri paesi. Nel 1919 fu
perforato il primo pozzo geotermico in Giappone e, nel
1921, negli Stati Uniti. Nel 1958 un primo impianto geotermoelettrico entrò in esercizio in Nuova Zelanda, nel
1959 in Messico, nel 1960 negli Stati Uniti e negli anni
seguenti in molti altri paesi.
Utilizzazione attuale dell’energia geotermica
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti paesi furono attratti dall’energia geotermica, considerandola competitiva rispetto ad altre forme di energia. Le nazioni che
utilizzano l’energia geotermica per la produzione di elettricità (energia geotermoelettrica) sono attualmente 24
e sono elencate nella tab. 1, che mostra la potenza geotermoelettrica installata nel mondo nel 2005 (8.934 MWe)
e, per confronto, nel 1995 (6.833 MWe). Nei paesi in via
di sviluppo la potenza geotermoelettrica installata nel
1995 era il 38% di quella mondiale, mentre nel 2005 è
stata pari a circa il 48%. In questi paesi l’energia geotermica può svolgere un ruolo significativo nel bilancio
energetico nazionale: nel 2002 l’elettricità prodotta da
risorse geotermiche rappresentava il 27% dell’elettricità
totale prodotta in El Salvador, il 22% nelle Filippine, il
15% in Costa Rica, l’11% in Kenya.
I paesi che sfruttano le risorse geotermiche per usi non
elettrici (o usi diretti del calore geotermico) sono oggi oltre
70. La potenza installata nel mondo in questo tipo di impianti ammontava nel 2005 a 28.269 MWt e l’energia utilizzata a 273.372 TJ/a. Gli usi non elettrici più diffusi nel
mondo, come energia utilizzata, sono rappresentati per il
32% dalle pompe di calore, per il 30% dagli usi balneologici (inclusi balneoterapia e riscaldamento di piscine),
per il 20% dal riscaldamento di ambienti (di cui il 77% è
rappresentato dal riscaldamento urbano), per il 7,5% dal
riscaldamento di serre e di suoli coltivabili, per il 4% da
processi industriali a caldo, per il 4% dall’acquacoltura e
per circa il 2,5% da numerose forme di utilizzazioni minori, come l’essiccamento di prodotti agricoli, la refrigerazione, il decongelamento di strade (Lund et al., 2005).
6.4.2 Natura delle risorse
geotermiche
La Terra come motore termico
Il gradiente geotermico fornisce la misura dell’aumento della temperatura con la profondità. Sino alle profondità raggiungibili con le moderne tecniche
di perforazione, il gradiente geotermico medio è
2,5-3 °C/100 m. Di conseguenza, se la temperatura nei
primi metri sotto la superficie (che corrisponde, con
buona approssimazione, alla temperatura media annua dell’aria esterna) è 15 °C, si può prevedere che la
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
tab. 1. Potenza geotermoelettrica (MWe) installata
nel mondo nel 1995 (Huttrer, 2001) e nel 2005
(Bertani, 2005, con modifiche)
1995
2005
Australia
0,17
0,17
Austria
–
1,25
Cina
28,78
Costa Rica
55
El Salvador
105
Etiopia
Filippine
–
1.227
Francia (Guadalupa)
4,2
Germania
–
Giappone
Guatemala
Indonesia
Islanda
413,705
–
309,75
50
28
162,5
151
7,3
1.931
15
0,23
535
33
797
202
Italia
631,7
Kenya
45
129
753
953
Messico
Nicaragua
Nuova Zelanda
70
790,5
77,5
286
435
Papua-Nuova Guinea
–
6
Portogallo (Azzorre)
5
16
11
79
Russia
Stati Uniti
2.816,7
2.564
Thailandia
0,3
0,3
Turchia
20,4
20,4
Totale
6.832,705
8.934,15
temperatura sia 65-75 °C a 2.000 m di profondità,
90-105 °C a 3.000 m e via di seguito per alcune migliaia
di metri. Vi sono, tuttavia, vaste regioni nelle quali il
valore del gradiente geotermico si allontana sensibilmente da quello medio. Nei grandi bacini sedimentari
geologicamente giovani il gradiente geotermico può
essere inferiore a 1 °C/100 m, mentre può essere maggiore della media in aree di sollevamento recente. In
certe aree geotermiche, il gradiente può raggiungere
valori dieci volte superiori alla norma. La differenza di
temperatura tra le zone profonde, più calde, e quelle
597
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
superficiali, più fredde, dà origine a un flusso di calore dall’interno verso l’esterno della Terra. Il flusso di
calore terrestre medio è 65 mWm⫺2 nelle aree continentali e 101 mWm⫺2 nelle aree oceaniche, con una
media ponderale globale pari a 87 mWm⫺2 (Pollack et
al., 1993). Questi valori sono basati su 24.774 misurazioni eseguite in 20.201 siti, che coprono circa il 62%
della superficie terrestre. Il flusso di calore delle aree
non coperte da misurazioni è stato stimato tenendo conto
della distribuzione delle unità geologiche.
L’aumento della temperatura con la profondità, i vulcani, i geyser, le fumarole, le sorgenti calde sono manifestazioni tangibili e visibili del calore interno del pianeta; questa energia termica è all’origine di fenomeni
meno percettibili e tuttavia di tale grandezza che la Terra
è stata paragonata a un enorme motore termico. Tali fenomeni, che sono inquadrabili nella teoria della tettonica
delle placche, che ha rivoluzionato le conoscenze geologiche del pianeta, risultano anche connessi con le risorse geotermiche.
La struttura della Terra consiste di una crosta, con
spessore variabile da circa 20-65 km nelle aree continentali a 5-6 km in quelle oceaniche, di un mantello,
spesso approssimativamente 2.900 km, e di un nucleo,
che ha un raggio di circa 3.470 km (v. ancora fig. 1). Le
proprietà fisiche e chimiche di crosta, mantello e nucleo
sono variabili. L’involucro esterno del globo, che prende il nome di litosfera e si comporta come un corpo rigido, è formato dalla crosta e dalla parte più esterna del
mantello e ha uno spessore che va da meno di 80 km
nelle aree oceaniche a più di 200 km in quelle continentali. Sotto la litosfera si trova l’astenosfera, formata
dalla parte superiore del mantello, che ha un comportamento meno rigido o più plastico. In altre parole, su scala
geologica, ove i tempi si misurano in milioni di anni, l’astenosfera si comporta in modo simile a quello di un fluido molto viscoso.
Le differenze di temperatura tra le diverse parti dell’astenosfera danno luogo a moti convettivi che formano vere e proprie celle di convezione. Il loro lentissimo
movimento è sostenuto dal calore prodotto dal decadimento degli isotopi radioattivi e da quello che proviene
dalle parti profonde. Enormi volumi di materiale profondo, più caldo e meno denso dei materiali sovrastanti,
risalgono verso la superficie, mentre il materiale più
superficiale, più freddo e più denso, tende a scendere per
riscaldarsi e risalire di nuovo.
Nelle zone dove è più sottile, e soprattutto nelle aree
oceaniche, la litosfera è spinta verso l’alto e fratturata dal
materiale parzialmente fuso, che risale dall’astenosfera
in corrispondenza dei rami ascendenti delle celle convettive. È questo meccanismo che ha formato, e tuttora forma,
le dorsali, che si estendono per oltre 60.000 km sotto gli
oceani, emergendo in alcune zone (Islanda) e talvolta insinuandosi tra i continenti, come nel Mar Rosso. Una frazione relativamente piccola di materiale fuso emerge dalla
cresta delle dorsali, solidifica e forma nuova crosta oceanica. La maggior parte del materiale che risale dall’astenosfera si divide in due rami, che scorrono in direzioni
opposte sotto la litosfera. La continua formazione di nuova
crosta e l’effetto di trascinamento dovuto ai flussi che
scorrono in direzioni opposte fanno in modo che i fondali oceanici, posti sui due lati delle dorsali, si allontanino l’uno dall’altro. Di conseguenza, la superficie dei fondali oceanici (la litosfera oceanica) tenderebbe ad aumentare se non ci fosse una compensazione dovuta a una
riduzione (o assorbimento) della litosfera, di pari entità,
in altre parti del pianeta. In effetti, questo avviene nelle
zone di subduzione, come quelle presenti lungo i margini dell’Oceano Pacifico, dove la litosfera si immerge sotto
la litosfera adiacente e scende nelle zone profonde e molto
calde, dove è assimilata dal mantello. Durante la discesa
(Press e Siever, 1997), parte del materiale litosferico viene
parzialmente fuso e può risalire alla superficie attraverso
zona di
dorsale
medio-oceanica subduzione
arc
fos
fo
s
nsu sa o
lar cea
e
n
oi
sa o
fossa
tettonica
stratovulcano ica
cea
nic
a
crosta oceanica
crosta continentale
placca oceanica
placca continentale
litosfera
ra
ten
e
osf
as
as
ten
os
fer
a
fig. 2. Sezione schematica, che mostra la dinamica della tettonica delle placche.
598
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
Russia
Islanda
placca
nord americana
placca eurasiatica
Germania
Austria
Italia
USA
Azzorre
Turchia
Giappone
Cina
Messico
Guatemala
Guadalupa
El Salvador Nicaragua
placca di Costa Rica
placca
africana
Cocos
placca
pacifica
Tailandia
placca
indiana
placca
sud americana
Indonesia
placca antartica
2
Papua
Nuova Guinea
Australia
placca australiana
1
placca
pacifica
Filippine
Etiopia
Kenya
placca di
Nazca
placca
filippina
3
Nuova
Zelanda
placca antartica
4
fig. 3. Placche tettoniche, dorsali, zone di subduzione, fratture crostali e paesi che producono
energia elettrica di origine geotermica. 1, dorsali interrotte da fratture trasversali (faglie trasformi);
2, zone di subduzione, nelle quali la litosfera si immerge nell’astenosfera; 3, fosse tettoniche;
4, grandi fratture crostali.
fratture della litosfera (fig. 2), formando vulcani sui margini continentali (come nelle Ande) o negli archi di isole
(come in Giappone e nelle Isole Aleutine).
Le dorsali, le faglie e le zone di subduzione rappresentano i limiti delle placche litosferiche, di cui sei di
grandi dimensioni e numerose altre più piccole. I margini delle placche corrispondono a zone di fragilità e di
intensa fratturazione della crosta, caratterizzate da un’elevata sismicità, dalla presenza di vulcani e, a causa della
risalita di materiali fusi molto caldi verso la superficie,
da un flusso di calore terrestre elevato. Esiste quindi una
stretta relazione tra la tettonica delle placche e la distribuzione nel mondo delle risorse geotermiche (Sommaruga e Zan, 1995) soprattutto quelle ad alta temperatura, che sono generalmente ubicate in corrispondenza dei
margini delle placche stesse (figg. 3 e 4).
Sistemi geotermici
Un sistema geotermico può essere definito schematicamente come un «sistema acqueo convettivo che, in
uno spazio confinato della parte superiore della crosta
terrestre, trasporta calore da una sorgente termica al
luogo, generalmente la superficie libera, dove il calore
stesso è assorbito (disperso o utilizzato)» (Hochstein,
1990). Esso è formato da tre elementi (fig. 5): la sorgente
di calore, il serbatoio e il fluido, che è il mezzo che trasporta il calore. La sorgente di calore può essere una
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
intrusione magmatica a temperatura molto alta (⬎600
°C), che si è posizionata a profondità relativamente piccola (5-10 km), oppure, come in alcuni sistemi a bassa
temperatura, il normale calore della Terra. Il serbatoio è
un complesso di rocce calde permeabili nel quale i fluidi possono circolare assorbendo calore; generalmente è
ricoperto da rocce impermeabili e connesso a zone di
ricarica superficiali, dalle quali le acque meteoriche possono infiltrarsi e reintegrare, totalmente o parzialmente, i fluidi perduti attraverso vie naturali (per esempio
sorgenti o fumarole) o estratti mediante pozzi. Il fluido
geotermico, nella maggior parte dei casi, è acqua meteorica in fase liquida o vapore, in funzione della sua temperatura e pressione. Questo fluido spesso trascina con
sé sostanze chimiche e gas, come CO2, H2S e altri.
Le leggi che regolano la convezione dei fluidi sono
alla base del meccanismo dei sistemi geotermici. La fig. 6
descrive questo meccanismo, prendendo a esempio un
sistema idrotermale a media temperatura. La convezione si attiva in seguito al riscaldamento e alla conseguente
espansione termica del fluido in un campo gravitazionale; il flusso di calore alla base del sistema di circolazione è l’energia che alimenta e muove il sistema. Il fluido
caldo e di minor densità tende a salire e a essere sostituito dal fluido più freddo e di densità maggiore, proveniente dai margini del sistema. La convezione, per sua
natura, tende a far aumentare la temperatura delle parti
599
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
Cerro Prieto
Beowawe
Las Tres Virgenes
Geysers Brady
Steamboat
Dixie Valley
Soda Stillwater Roosevelt
Lake
Casa Diablo
U
S
MESSICO
A
Los Humeros
Coso
Los Azufres
GUATEMALA
Salton Sea
East Mesa
Heber
Zunil Amatitlan
Berlin NICARAGUA
Ahuachapàn
San Jacinto
EL SALVADOR
Momotombo
Miravalles
USA
AMERICA CENTRALE
COSTA RICA
FILIPPINE
INDONESIA
Mak-Ban
Tiwi
Bac-Man
FILIPPINE
Tongonan
ETIOPIA
Palinpinon
Aluto-Langano
Mt. Apo
Lahendong
Sibayak
K E N YA
Olkaria
I
N
Salak
W. Windu
D
O
N
E
S
I
A
Kamojang
Dieng
Darajat
AFRICA ORIENTALE
Ngawha
Krafla
I S L A N DA
Nesjavellir
Kawerau
Mokai
Wairakei
Ohaaki
Rotokawa
N U O VA
Z E L A N DA
Svartsengi
ISLANDA
NUOVA ZELANDA
Mori
Sumikawa
Uenotai
Altheim
Matsukawa
Kakkonda
Onikobe
AUSTRIA
Yanaizu
I TA L I A
Larderello
GIAPPONE
Travale Monte Amiata
TURCHIA
Kizildere
Otake
Takigami
Hatchobaru
Ogiri
EUROPA MERIDIONALE.
GIAPPONE
fig. 4. Principali aree geotermiche, con indicati i campi che producono energia geotermoelettrica.
600
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
area di ricarica
acque
fredde
meteoriche
sorgente
calda o
soffione
pozzo
geotermico
copertura impermeabile
(conduzione)
fluidi
caldi
serbatoio
(convezione)
flusso di calore
(conduzione)
roccia impermeabile
(conduzione)
intrusione
magmatica
fig. 5. Rappresentazione schematica di un sistema geotermico.
temperatura (°C)
0
0
200
A E
400
600
sorgente
calda
o soffione
0
inizio ebollizione
D
A
10 °C in superficie
E
B
3
C
4
F
15
5
B
0
400
800
1.200
ità
dens
alta
a fre
permeabili
C
rocce
F
cristalline
calore
calore
7
acqu
alda
rocce
6
G
20
rocce poco
permeabili
D
bassa
densit
à
10
acqua
c
2
curva
2
profondità (km)
profondità (piedi ⫻ 1.000)
inizio ebollizione
curva 1
5
dda
1
G
magma
temperatura (°F)
fig. 6. Modello di sistema geotermico. La curva 1 è la curva di ebollizione dell’acqua;
la curva 2 mostra l’andamento della temperatura del fluido lungo il suo percorso dal punto di ingresso A
a quello di uscita E (White, 1973).
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
601
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
alte del sistema, mentre la temperatura delle parti inferiori diminuisce (White, 1973).
La sorgente di calore è l’unico dei tre elementi di un
sistema geotermico che deve essere naturale, gli altri due
elementi possono essere artificiali. Per esempio, i fluidi
scaricati da una centrale geotermoelettrica, dopo che ne
è stata sfruttata l’energia termica, possono essere immessi di nuovo nel serbatoio da cui erano stati estratti, attraverso appositi pozzi di reiniezione. In questo modo l’alimentazione meteorica naturale del serbatoio è integrata dalla ricarica artificiale. Da diversi anni, inoltre, la
reiniezione dei fluidi sfruttati è adottata per ridurre drasticamente l’impatto ambientale degli impianti geotermici. La ricarica artificiale può essere anche un mezzo
per riattivare campi geotermici vecchi o esauriti; un esempio è offerto dal campo geotermico di The Geysers
(California). In questo campo, uno dei più grandi del
mondo, la produzione cominciò a diminuire rapidamente
intorno alla fine degli anni Ottanta per scarsità di fluidi
nel serbatoio, causata da un eccessivo sfruttamento. Per
superare il grave inconveniente, è stato messo in opera
un sistema di condotte di circa 60 km in grado di trasportare verso The Geysers 820 l/s di acqua per ricaricare il serbatoio. Questo progetto ha permesso di riattivare alcune centrali elettriche che erano state abbandonate a causa della scarsità di fluidi.
Nel Progetto Rocce Calde Secche (HDR, Hot Dry
Rock Project), avviato a Los Alamos (Stati Uniti) nei
primi anni Settanta, sia il fluido, sia il serbatoio sono
artificiali. Attraverso un pozzo perforato appositamente, acqua ad alta pressione viene pompata in una formazione di roccia calda compatta, provocando la sua fratturazione idraulica. L’acqua penetra e circola nelle fratture prodotte artificialmente ed estrae l’energia termica
dalle rocce all’intorno, che funzionano come un serbatoio naturale. Il serbatoio viene poi raggiunto da un secondo pozzo usato per estrarne l’acqua, che ha assorbito
calore. Questo sistema, quindi, è formato da un pozzo
usato per la fratturazione idraulica, attraverso il quale
acqua fredda è iniettata nel serbatoio artificiale, e da un
pozzo per l’estrazione dell’acqua calda (fig. 7). L’intero
sistema, comprendente anche l’impianto di utilizzazione in superficie, forma un circuito chiuso, evitando ogni
contatto tra il fluido e l’ambiente esterno (Proceedings
[…], 1987). Il progetto HDR di Los Alamos, sospeso
dopo alcuni anni di esperimenti, ha aperto la strada ad
altri progetti, che hanno ricevuto nuovo impulso in seguito al riconoscimento che molte rocce profonde posseggono un certo grado di fratturazione naturale e che le
metodologie e le tecnologie applicate devono essere strettamente correlate alle condizioni geologiche locali. Progetti HDR sono stati sviluppati, con vicende alterne legate alla disponibilità di finanziamenti, in Australia, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito e, in qualche
caso, si avviano verso la fase operativa.
602
fig. 7. Rappresentazione schematica di un sistema
geotermico artificiale (Progetto Rocce Calde Secche).
Classificazione delle risorse geotermiche
Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’entalpia dei fluidi che trasferiscono l’energia termica dalle rocce calde profonde
alla superficie. L’entalpia, che è tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura, è usata per esprimere il
contenuto termico dei fluidi e dà un’idea approssimativa del loro valore. Le risorse sono classificate a bassa,
media o alta entalpia (temperatura) secondo criteri che
si basano sul contenuto di energia dei fluidi e sulle loro
forme potenziali di utilizzazione. Risorse a bassa entalpia sono pertanto quelle con temperatura minore di 90
°C, limite inferiore per produrre elettricità con impianti a ciclo binario, risorse a media entalpia quelle con temperatura tra 90 e 150 °C e risorse ad alta entalpia quelle
con temperatura superiore a 150 °C, limite inferiore per
produrre elettricità con impianti convenzionali.
Frequentemente viene fatta una suddivisione tra sistemi geotermici ad acqua dominante e sistemi geotermici
a vapore dominante o a vapore secco (White, 1973). Nei
sistemi ad acqua dominante, l’acqua liquida è la fase
continua, che controlla la pressione nel serbatoio; può
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
essere presente vapore, in forma di bolle. I sistemi ad
acqua dominante, la cui temperatura può andare da meno
di 125 a più di 225 °C, sono i più diffusi nel mondo.
Essi possono produrre, in funzione della loro temperatura e pressione, acqua calda, una miscela di acqua e
vapore, vapore umido e, in alcuni casi, vapore secco.
Nei sistemi a vapore dominante di solito coesistono nel
serbatoio acqua liquida e vapore, che è la fase continua
e controlla la pressione. Sono sistemi ad alta temperatura e normalmente producono vapore secco o surriscaldato. I sistemi geotermici di questo tipo sono piuttosto rari; i più noti sono Larderello in Italia e The Geysers in California.
Un’altra suddivisione dei sistemi geotermici, in dinamici e statici, è basata sullo stato di equilibrio del serbatoio (Nicholson, 1993), che tiene conto della circolazione dei fluidi e dello scambio termico. Nei sistemi
dinamici l’acqua ricarica in continuazione il serbatoio,
si riscalda ed è poi scaricata in superficie o nel sottosuolo in formazioni rocciose permeabili. Il calore è trasmesso al sistema per conduzione e per effetto della
circolazione dei fluidi e comprende sistemi ad alta
(T⬎150 °C) e a medio-bassa temperatura (T⬍150 °C).
Nei sistemi statici la ricarica del serbatoio è molto ridotta o nulla e lo scambio termico avviene soltanto per conduzione; essi comprendono i sistemi a bassa temperatura e quelli geopressurizzati. Questi ultimi possono formarsi nei grandi bacini sedimentari (per esempio, il Golfo
del Messico) a profondità di 3-7 km. I serbatoi geopressurizati sono formati da rocce sedimentarie permeabili,
inglobate entro strati impermeabili a bassa conducibilità. Essi contengono acqua calda pressurizzata, che è
rimasta intrappolata al momento della deposizione dei
sedimenti, la cui pressione è vicina a quella litostatica,
superando largamente la pressione idrostatica; possono
contenere anche quantità significative di metano. I sistemi geopressurizzati potrebbero produrre energia termica e idraulica (acqua calda ad alta pressione) e gas metano, ma, sino a oggi, ancora non hanno dato luogo a uno
sfruttamento industriale.
Rinnovabilità e sostenibilità
L’energia geotermica è generalmente definita rinnovabile e sostenibile. Il termine rinnovabile si riferisce a
una proprietà della sorgente di energia, mentre il termine sostenibile descrive come la risorsa è utilizzata.
La ricarica di energia è il fattore critico della rinnovabilità di una risorsa geotermica. Quando si sfrutta un
sistema geotermico naturale, la ricarica energetica avviene attraverso l’apporto al sistema di fluidi caldi contemporaneamente (o in tempi comparabili) allo sfruttamento. Questo permette di classificare l’energia geotermica come risorsa energetica rinnovabile. Nel caso delle
rocce calde secche e di certi acquiferi caldi in bacini sedimentari (geopressurizzati), la ricarica energetica avviene
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
solo per conduzione termica; a causa della lentezza di
questo processo, le rocce calde secche e alcuni serbatoi
sedimentari dovrebbero essere considerati risorse energetiche limitate (Stefansson, 2000).
L’uso sostenibile di una risorsa dipende dalla sua
quantità iniziale, dalla velocità con cui si rigenera e da
quella con cui si consuma. Ovviamente, l’utilizzazione
può essere sostenuta per tutto il tempo che si vuole, purché la risorsa si rigeneri a una velocità pari o superiore
a quella con cui viene sfruttata. La locuzione «sviluppo
sostenibile» è usata dalla Commissione Mondiale per
l’Ambiente e lo Sviluppo per descrivere lo sviluppo che
«soddisfa le necessità della presente generazione senza
compromettere le necessità delle generazioni future». In
questo quadro, lo sviluppo sostenibile non richiede che
tutte le risorse energetiche debbano essere usate in modo
completamente sostenibile ma, più semplicemente, che
a una data risorsa, che si esaurisce, se ne possa sostituire un’altra in grado di far fronte alle necessità delle generazioni future. Ne segue che un particolare campo geotermico non deve necessariamente essere sfruttato in
modo sostenibile. I programmi per realizzare la sostenibilità dell’energia geotermica dovrebbero tendere a raggiungere, e poi sostenere, un certo livello di produzione, a scala nazionale o regionale, sia nel settore elettrico sia in quello dell’uso diretto del calore, per un dato
periodo, per esempio 300 anni, mettendo in produzione
nuovi sistemi geotermici man mano che altri si esauriscono (Wright, 1998).
6.4.3 Esplorazione geotermica
I principali obiettivi dell’esplorazione geotermica sono:
a) identificare le aree con risorse geotermiche, valutarne le dimensioni, determinarne il tipo e localizzare le
eventuali zone produttive; b) determinare il contenuto
termico dei fluidi presenti nel serbatoio; c) identificare
le caratteristiche della risorsa potenzialmente negative
per l’ambiente; d ) verificare i parametri che potrebbero
creare problemi durante lo sfruttamento. Per raggiungere questi obiettivi sono disponibili numerosi metodi e
tecnologie, molti dei quali di uso comune e ampiamente sperimentati.
Metodi di esplorazione
Gli studi geologici e idrogeologici sono il punto di
partenza di ogni programma di esplorazione. Il loro
scopo principale è quello di definire con dettaglio la
posizione e l’estensione delle aree da investigare e di
suggerire i metodi di esplorazione più adatti. Essi hanno
una grande importanza per tutte le fasi successive della
ricerca geotermica, sino alla localizzazione dei pozzi
esplorativi e di produzione. Inoltre forniscono le informazioni di base sia per interpretare i dati forniti dagli
603
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
altri metodi di esplorazione, sia per costruire un modello realistico del sistema geotermico e valutare il potenziale della risorsa.
La prospezione geochimica (che include la geochimica isotopica) permette di stabilire se un sistema geotermico è ad acqua o a vapore dominante, di prevedere
la temperatura minima del serbatoio, di determinare le
caratteristiche chimiche del fluido profondo e di individuare l’origine dell’acqua di ricarica. Può fornire inoltre utili informazioni sui problemi che potrebbero verificarsi nella fase di reiniezione e durante l’utilizzazione, come fenomeni di corrosione e incrostazione nei tubi
e negli impianti, sull’impatto sull’ambiente e sul modo
di evitare o ridurre questi problemi. La prospezione geochimica comporta il campionamento e l’analisi chimica
e/o isotopica delle acque e delle manifestazioni geotermiche (sorgenti termali, fumarole, ecc.) che si trovano
nell’area in studio (Gandino et al., 1985a; Krauskopf e
Bird, 1995).
La prospezione geofisica ha lo scopo di ottenere indirettamente, dalla superficie o da intervalli di profondità
vicini alla superficie, i parametri fisici delle formazioni geologiche profonde. Questi parametri fisici comprendono la temperatura (prospezione termica), la conducibilità elettrica (prospezioni elettrica ed elettromagnetica), la velocità di propagazione delle onde elastiche
(prospezione sismica), la densità (prospezione gravimetrica) e la suscettibilità magnetica (prospezione magnetica). Alcuni metodi, come quelli sismici, gravimetrici e
magnetici, che sono di uso normale nella ricerca di idrocarburi, possono fornire molte informazioni su forma,
dimensioni, profondità e altre importanti caratteristiche
delle strutture geologiche profonde potenzialmente rappresentative di un serbatoio geotermico; tuttavia tali metodi danno scarse indicazioni sulla presenza di fluidi all’interno di queste strutture, che costituiscono l’obiettivo
della ricerca geotermica. Informazioni di questo tipo si
possono ottenere dalle prospezioni elettriche e magnetotelluriche, che sono tra le più utilizzate nella prospezione geotermica. I metodi termici (misure dirette di temperatura, determinazione del gradiente geotermico e del
flusso di calore terrestre) possono dare con buona approssimazione la temperatura della parte superiore del serbatoio geotermico (Gandino et al., 1985b; Zan et al.,
1990; Parasnis, 1997).
La perforazione dei pozzi esplorativi è la fase finale di ogni programma di esplorazione ed è il solo metodo che permette di definire con certezza le caratteristiche di un serbatoio geotermico e di valutarne il potenziale. I dati forniti dai sondaggi esplorativi hanno lo scopo
di verificare le ipotesi e i modelli elaborati con i risultati dell’esplorazione di superficie. Essi inoltre devono
confermare che il serbatoio è produttivo e contiene fluidi in quantità adeguata e con caratteristiche adatte all’utilizzazione prevista.
604
6.4.4 Utilizzazione
delle risorse geotermiche
La produzione di elettricità è la forma di utilizzazione
principale e più importante delle risorse geotermiche ad
alta temperatura (⬎150 °C). Le risorse a temperatura
medio-bassa (⬍150 °C) sono adatte, oltre che alla generazione di elettricità con impianti a ciclo binario, a una molteplicità di altri usi, che vanno dal riscaldamento di ambienti alla refrigerazione, agli usi agricoli, all’acquacoltura, all’impiego nei processi industriali a caldo (fig. 8).
Produzione di energia elettrica
L’energia elettrica è prodotta in impianti convenzionali o a ciclo binario, secondo le caratteristiche delle risorse geotermiche disponibili.
Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con una
temperatura di almeno 150 °C e sono disponibili nel tipo
a contropressione (con scarico diretto nell’atmosfera) e
a condensazione.
Gli impianti a contropressione sono più semplici e
meno costosi. Il vapore, proveniente direttamente dai
pozzi, se questi producono vapore secco, oppure dopo
separazione della parte liquida, se i pozzi producono
vapore umido, passa attraverso la turbina ed è poi scaricato nell’atmosfera (fig. 9). Con questo tipo di impianto
il consumo di vapore è 15-25 kilogrammi per kilowattora prodotto e, alla stessa pressione di ingresso in turbina, è circa il doppio di quello di un impianto a condensazione. Gli impianti a contropressione, tuttavia, sono
molto utili come impianti pilota, come impianti temporanei collegati a pozzi isolati di portata modesta e per
produrre elettricità da pozzi sperimentali durante lo sviluppo di un campo geotermico. Essi sono utilizzati anche
quando il vapore ha un contenuto elevato di gas non condensabili (⬎15% in peso). Le unità a contropressione
possono essere costruite e installate molto rapidamente
e messe in servizio 13-14 mesi dopo la data dell’ordine
o poco più. Questi impianti sono generalmente di piccole dimensioni (2,5-5 MWe).
Le unità a condensazione (fig. 10) richiedono un maggior numero di impianti ausiliari (condensatori, compressori, torri di refrigerazione), sono più complesse di
quelle a contropressione e la loro costruzione e l’installazione, anche per le maggiori dimensioni, richiedono
un tempo almeno doppio. Il consumo specifico delle
unità a condensazione è, tuttavia, circa la metà di quelle a contropressione (6-10 kilogrammi di vapore per
kilowattora prodotto). Sono molto diffusi impianti a condensazione della potenza di 55-60 MWe e recentemente
sono state costruite e installate anche unità da 110 MWe.
I notevoli progressi realizzati negli ultimi decenni
nella tecnologia dei cicli binari hanno reso possibile produrre elettricità sfruttando fluidi geotermici a temperatura medio-bassa e acque calde di scarico emesse dai
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
fig. 8. Diagramma
di Lindal, che mostra
i possibili usi non elettrici
dei fluidi geotermici
a diverse temperature
(Lindal, 1973).
acqua
vapore saturo
°C
180
evaporazione di soluzioni molto concentrate
refrigerazione con impianti ad assorbimento ad ammoniaca
lisciviazione nell'industria della carta
170
acqua pesante con il processo dell’H2S
essiccazione di diatomite
160
essiccazione di alimenti ittici
essiccazione di legname
150
140
allumina con il processo Bayer
essiccazione rapida di prodotti agricoli
inscatolamento di prodotti alimentari
130
evaporazione nella raffinazione dello zucchero
estrazione di sali per evaporazione e cristallizzazione
120
produzione di acqua dolce per distillazione
effetti multipli dell’evaporazione, concentrazione di soluzioni saline
110
essiccazione e stagionatura di pannelli di aggregato cementizio
100
essiccazione di materiali organici, alghe, erba, verdure, ecc.
lavaggio e asciugatura della lana
90
disidratazione dello stoccafisso
operazioni veloci di scongelamento
80
riscaldamento di ambienti
riscaldamento di serre (riscaldamento dell’aria ambiente)
70
60
refrigerazione (limite minimo di temperatura)
allevamento di animali
riscaldamento di serre (riscaldamento dell’aria e del terreno)
50
coltivazione di funghi
usi balneologici
40
riscaldamento del terreno
30
uso per piscine, processi di biodegradazione e fermentazione
acqua tiepida per le attività minerarie durante tutto l’anno nei climi freddi
scongelamento
20
acquacoltura
separatori nei campi geotermici ad acqua dominante. Gli
impianti binari utilizzano un fluido secondario di lavoro, di solito organico (come n-pentano), che ha un basso
punto di ebollizione e un’elevata pressione di vapore a
bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Il fluido
secondario lavora in un ciclo Rankine convenzionale: in
uno scambiatore di calore il fluido geotermico cede calore al fluido secondario che si riscalda e poi vaporizza; il
vapore prodotto aziona una normale turbina a flusso
assiale collegata a un generatore. Il vapore viene successivamente raffreddato e torna allo stato liquido, permettendo al ciclo di ricominciare (fig. 11). Scegliendo
opportunamente il fluido secondario, è possibile costruire impianti binari che sfruttano fluidi geotermici con
temperature comprese tra 90 e 170 °C. Il limite superiore è imposto dalla stabilità termica dei fluidi organici
di lavoro, il limite inferiore da fattori tecnico-economici:
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
vapore
scarico
nell’atmosfera
vapore
acqua
turbo-alternatore
separatore
pozzo di
produzione
acqua
pozzo di
reiniezione
fig. 9. Rappresentazione schematica
di un impianto a contropressione
per la generazione di elettricità. In rosso,
il circuito del fluido geotermico.
605
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
turbo-alternatore
fig. 10. Rappresentazione
schematica di un impianto
a condensazione
per la generazione
di elettricità.
In rosso, il circuito
del fluido geotermico;
in blu, il circuito
di raffreddamento.
torre di raffreddamento
vapore
vapore
acqua
separatore
condensatore
pozzo di
produzione
acqua
pozzo di
reiniezione
al di sotto di questa temperatura, gli scambiatori di calore dovrebbero avere una dimensione talmente grande da
rendere il progetto non economico. Gli impianti binari
operano in circuiti chiusi: né i fluidi di lavoro, né i fluidi geotermici vengono a contatto con l’esterno. Essi sono
di solito costruiti in unità modulari, di potenza compresa tra poche centinaia di kilowatt e alcuni megawatt, che
possono essere collegate l’una con l’altra in modo da
formare impianti della potenza di qualche decina di
megawatt. Il loro costo dipende da numerosi fattori, ma
soprattutto dalla temperatura del fluido geotermico disponibile, che determina le dimensioni della turbina, degli
scambiatori di calore e del sistema di raffreddamento.
La dimensione totale dell’impianto influisce poco sul
costo specifico, dal momento che più unità modulari
standard possono essere collegate in serie per avere la
potenza desiderata (ORMAT, 1989; DiPippo, 2004).
Negli anni Novanta è stato sviluppato un nuovo sistema binario, il ciclo Kalina, che utilizza come fluido di
lavoro una miscela di acqua e ammoniaca. Durante il
ciclo, il fluido di lavoro è fatto espandere, in condizioni
fig. 11. Rappresentazione
schematica di un impianto
a ciclo binario
per la generazione
di elettricità.
In rosso, il circuito
del fluido geotermico;
in verde, il circuito
del fluido secondario;
in blu, il circuito
di raffreddamento.
pozzo di
reiniezione
di surriscaldamento, attraverso una turbina ad alta pressione e poi riscaldato, prima di essere immesso in una
turbina a bassa pressione. Dopo la seconda espansione,
il vapore saturo passa attraverso un recuperatore di calore e infine condensa in un condensatore raffreddato ad
acqua. Gli impianti a ciclo Kalina sembrano avere un
rendimento superiore a quello degli impianti binari a fluido organico ma, rispetto a questi, presentano una maggiore complessità costruttiva e di funzionamento (DiPippo, 2004).
Un impianto convenzionale e un impianto binario
possono essere accoppiati in una centrale a ciclo combinato per massimizzare il rendimento complessivo. In
un sistema di questo genere il fluido geotermico prodotto da un serbatoio ad acqua dominante è inviato a un
impianto convenzionale del tipo a flash singolo, dove
avviene la separazione tra il vapore, che alimenta la turbina dell’impianto, e l’acqua calda, che va allo scambiatore di calore dell’impianto a ciclo binario prima di
essere reiniettata nel serbatoio. Nelle centrali a ciclo
ibrido il fluido geotermico a medio-bassa temperatura
turbo-alternatore
torre di raffreddamento
scambiatore
di calore
condensatore
pozzo di
produzione
606
pompa dell’acqua
di raffreddamento
pozzo di
reiniezione
pompa di
alimentazione
pompa dell’acqua
di raffreddamento
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
(⬍150 °C) è utilizzato per preriscaldare, attraverso uno
scambiatore di calore, un altro fluido (di solito acqua),
che è poi vaporizzato con il calore fornito da combustibili fossili o biomasse.
Utilizzazione diretta del calore
L’utilizzazione diretta del calore dei fluidi geotermici è la forma di sfruttamento dell’energia geotermica più
antica, più diversificata e più comune. La balneologia,
il riscaldamento urbano e di ambienti, gli usi agricoli,
l’acquacoltura e alcuni impieghi in processi industriali
sono le utilizzazioni meglio conosciute, ma le pompe di
calore sono la forma d’uso più diffusa. Oltre queste, vi
sono numerose altre applicazioni del calore geotermico,
talvolta inusuali, che vanno dal riscaldamento del manto
stradale per evitare la formazione di ghiaccio al trattamento di tessuti, e così via.
Il riscaldamento di ambienti e il riscaldamento urbano hanno avuto un grande sviluppo in Islanda, dove nel
2004 sono stati operativi sistemi di riscaldamento geotermico per una potenza di 1.350 MWt; questa forma
d’uso è comunque molto diffusa anche in altri paesi europei, negli Stati Uniti, in Cina, in Giappone, ecc. I sistemi di riscaldamento sono quelli convenzionali (radiatori, pannelli radianti, ecc.). I fluidi caldi geotermici sono
usati direttamente, se non contengono sostanze corrosive o incrostanti, oppure riscaldano un fluido secondario
attraverso scambiatori di calore. Il riscaldamento geotermico di quartieri abitativi richiede un investimento di
capitali ingente. I costi maggiori sono quelli iniziali dei
pozzi di produzione e di reiniezione, quelli degli impianti ausiliari, della rete di distribuzione e degli impianti
integrativi per i periodi di picco. In confronto ai sistemi
convenzionali, però, i costi operativi sono apprezzabilmente più bassi e derivano dall’energia per il pompaggio, dalla manutenzione, dal sistema di controllo e dalla
direzione tecnica e commerciale. Un fattore critico nel
valutare il costo di un sistema di riscaldamento geotermico è la densità del carico termico, vale a dire il rapporto tra la domanda di energia termica e la superficie
servita dal sistema. Un’elevata densità del carico termico favorisce la fattibilità economica di un progetto di
riscaldamento, perché la rete di distribuzione è costosa.
In regioni dove il clima lo permette, sono realizzabili
vantaggi economici combinando i sistemi di riscaldamento e raffreddamento degli ambienti. Il fattore di carico di un sistema geotermico combinato riscaldamento/raffreddamento è più alto del fattore di carico di un
sistema di solo riscaldamento e, di conseguenza, il prezzo unitario dell’energia diminuisce (Gudmundsson, 1988).
Il raffreddamento di ambienti è realizzabile quando
impianti ad assorbimento possono essere adattati al funzionamento con i fluidi geotermici disponibili localmente. Questi impianti dispongono di una tecnologia ben
collaudata e sono reperibili sul mercato senza difficoltà.
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
Essi funzionano seguendo un ciclo che sfrutta il calore
invece dell’elettricità come sorgente di energia. Il raffreddamento è ottenuto utilizzando due fluidi: un refrigerante, che circola, evapora (assorbendo calore) e condensa (cedendo calore), e un fluido secondario o assorbente. Per usi a temperatura superiore a 0 °C (soprattutto
condizionamento di ambienti e processi industriali), il
ciclo utilizza bromuro di litio come assorbente e acqua
come refrigerante. Per usi a temperatura inferiore a 0 °C,
si adotta un ciclo con l’ammoniaca come refrigerante e
l’acqua come assorbente. I fluidi geotermici possono fornire l’energia termica necessaria al funzionamento di
questi impianti, il cui rendimento, però, diminuisce con
temperature dei fluidi inferiori a 105 °C.
Il condizionamento di ambienti (riscaldamento e raffreddamento) con l’energia geotermica si è diffuso notevolmente a partire dagli anni Ottanta, a seguito dell’introduzione nel mercato e della diffusione delle pompe
di calore. I diversi sistemi di pompe di calore disponibili permettono di estrarre e utilizzare economicamente
l’energia termica contenuta in corpi a bassa temperatura, come terreno, acquiferi poco profondi, masse d’acqua superficiali, ecc. (Sanner et al., 2003; fig. 12). Sistemi con pompe di calore connesse al suolo o a masse d’acqua con temperatura compresa tra 5 e 30 °C sono
attualmente presenti in 33 paesi e, nel 2005, la potenza
termica totale installata era di 15.384 MWt.
serbatoio
dell’acqua
calda
pompa di
calore
elementi riscaldanti
sotto il pavimento
scambiatore
di calore in pozzo
fig. 12. Esempio di sistema
di riscaldamento domestico con pompa di calore
connessa al terreno (Sanner et al., 2003).
607
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
Gli usi agricoli dei fluidi geotermici riguardano
soprattutto il controllo della temperatura di crescita
delle piante e comprendono le coltivazioni a cielo aperto e il riscaldamento di serre. L’acqua geotermica può
essere usata nelle coltivazioni a cielo aperto per irrigare, in assenza di elementi chimici dannosi per le piante, e/o riscaldare il terreno mediante circolazione di
acqua calda in condutture interrate. Nelle coltivazioni
a cielo aperto, il controllo della temperatura può consentire di prevenire i danni derivanti dalle basse temperature ambientali, di estendere la stagione di coltivazione, di aumentare la crescita delle piante incrementando la produzione e di sterilizzare il terreno
(Barbier e Fanelli, 1977).
L’utilizzazione più comune dell’energia geotermica in agricoltura è, comunque, il riscaldamento di serre,
che è stato sviluppato su larga scala in molti paesi. La
coltivazione di fiori e ortaggi fuori stagione o in climi
diversi da quelli originari può essere realizzata con una
vasta gamma di tecnologie. Sono disponibili molte
soluzioni per avere ottime condizioni di crescita, basate sulla miglior temperatura di sviluppo di ciascuna
pianta, sulla quantità di luce, sulla concentrazione di
CO2 nell’ambiente della serra, sull’umidità del terreno e dell’aria, sul movimento dell’aria. Il mantenimento della temperatura ottimale nella serra si ottiene controllando la dispersione del calore verso l’esterno e riscaldando l’interno. Per il riscaldamento vi
sono sistemi a circolazione forzata d’aria con scambiatori di calore e a circolazione d’acqua calda in varie
combinazioni. L’uso dell’energia geotermica per il
riscaldamento può ridurre significativamente i costi
operativi, che in alcuni casi rappresentano il 35% del
fig. 13. Effetti della
variazione di temperatura
sulla crescita
e la produzione animale
(Beall e Samuels, 1971).
costo dei prodotti (verdure, fiori, piante da appartamento, piantine da sviluppo).
La qualità e la quantità di alcuni animali da fattoria
e alcune specie acquatiche, così come per i vegetali, possono migliorare se sono cresciuti in ambienti a temperatura controllata (fig. 13). In molti casi le acque geotermiche possono essere sfruttate convenientemente
combinando l’allevamento di animali con il riscaldamento di serre. Poiché l’energia richiesta per riscaldare
un impianto di allevamento è pari a circa il 50% di quella necessaria a una serra della stessa superficie, è possibile costruire un sistema a cascata nel quale i fluidi
geotermici, dopo aver ceduto parte del loro calore alla
serra, rilasciano il calore restante a una struttura adiacente dedicata all’allevamento. L’allevamento a temperatura controllata migliora le condizioni sanitarie degli
animali; inoltre, i fluidi caldi possono essere utilizzati
per pulire, sterilizzare e deumidificare gli ambienti e
per trattare i rifiuti.
L’acquacoltura, vale a dire l’allevamento controllato di forme di vita acquatiche, si è diffusa a livello mondiale in seguito al notevole ampliamento del mercato
ittico. Il controllo della temperatura di crescita per le
specie acquatiche è molto più importante che per quelle terrestri (v. ancora fig. 13): mantenendo artificialmente una temperatura ottimale, è possibile allevare
specie esotiche, aumentare la produzione e, in qualche
caso, raddoppiare il ciclo riproduttivo. Le specie allevate più diffusamente sono: anguilla, branzino, carpa,
muggine, pesce gatto, salmone, storione, tilapia, aragosta, gambero, granchio, mitilo e ostrica. L’acquacoltura
include anche l’allevamento di rettili (alligatori e coccodrilli), sia come attrazione turistica, sia per il pellame.
100
galline da uova (produzione)
pollame (aumento di peso)
percentuale di crescita
(aumento di peso o produzione)
a temperatura ottimale
80
maiali (aumento di peso)
60
latte di mucca
(produzione)
40
gamberi (crescita)
20
pesce gatto (aumento di peso)
0
0
10
20
30
40
temperatura (°C)
608
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
ENERGIA GEOTERMICA
Un alligatore allevato a una temperatura costante intorno a 30 °C raggiunge una lunghezza di circa 2 m in tre
anni, contro 1,2 m in condizioni naturali. L’allevamento
delle specie acquatiche generalmente richiede una temperatura compresa tra 20 e 30 °C. Le dimensioni degli
impianti sono condizionate dalla temperatura della risorsa geotermica disponibile, dalla temperatura che deve
essere mantenuta nella vasca di allevamento e dalle perdite di calore di quest’ultima.
Tutto l’intervallo di temperatura dei fluidi geotermici, vapore o acqua, può essere sfruttato in processi industriali. Le diverse possibili forme di utilizzazione comprendono trattamenti a caldo, evaporazione, essiccamento,
distillazione, sterilizzazione, lavaggio, decongelamento
ed estrazione di sostanze chimiche (v. ancora fig. 8).
Tra le applicazioni dirette dell’energia geotermica
sono generalmente compresi gli usi balneologici, vale a
dire lo sfruttamento delle acque calde in stabilimenti termali e piscine, ampiamente diffuso nel mondo.
6.4.5 Effetti ambientali
L’entità degli effetti sull’ambiente prodotti dallo sfruttamento dell’energia geotermica dipende dalla tipologia
dell’utilizzazione (Brown e Webster-Brown, 2003). L’uso
diretto del calore (usi non elettrici) causa generalmente
un impatto ambientale modesto (tab. 2). La produzione
di elettricità con impianti a ciclo binario produce effetti
tab. 2. Potenziale impatto sull’ambiente degli usi
diretti dell’energia geotermica (Lunis e Breckenridge,
1991). B, basso; M, moderato; E, elevato
Impatto
Probabilità
Intensità
Inquinamento atmosferico
B
M
Inquinamento
delle acque superficiali
M
M
Inquinamento
delle acque sotterranee
B
M
Subsidenza
B
B-M
Inquinamento acustico
E
B-M
Esplosione di pozzi
B
B-M
B-M
M-E
Problemi socio-economici
B
B
Inquinamento
chimico o termico
B
M-E
Produzione di residui solidi
M
M-E
Danni all’ambiente
culturale o archeologico
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
simili a quelli degli usi diretti. L’impatto sull’ambiente
è potenzialmente maggiore nel caso di centrali elettriche convenzionali, specialmente per ciò che riguarda la
qualità dell’aria, ma può essere, in ogni caso, mantenuto entro limiti tollerabili.
Il primo effetto avvertibile sull’ambiente è quello
prodotto dalle operazioni di perforazione dei pozzi d’esplorazione e di produzione, che possono modificare la
morfologia dell’area e disturbare l’ecosistema; inoltre
l’improvvisa fuoriuscita di fluidi (liquidi o gassosi) può
inquinare per breve tempo le acque superficiali e l’atmosfera circostanti. L’installazione delle tubazioni per
il trasporto dei fluidi geotermici e la costruzione degli
impianti di utilizzazione, che costituiscono la fase di
sviluppo successiva alla perforazione, sono anch’esse
operazioni che possono avere un impatto sulla vita animale e vegetale e sugli aspetti paesaggistici. L’emissione in atmosfera di fluidi geotermici da impianti industriali può avere un impatto ambientale in quanto possono contenere principalmente biossido di carbonio
(CO2), solfuro di idrogeno (H2S), ammoniaca (NH3),
metano (CH4) e sostanze chimiche disciolte le cui concentrazioni aumentano con la temperatura. L’emissione di acque di scarico è un’altra fonte potenziale di
inquinamento. Tali acque, potendo contenere sostanze
chimiche disciolte, come cloruro di sodio (NaCl), boro
(B), fluoruri, arsenico (Ar) e mercurio (Hg), sono possibile causa di inquinamento se disperse. Pertanto devono essere o trattate o reiniettate nel serbatoio (o entrambe le cose). Alcuni fluidi geotermici, come quelli utilizzati in Islanda per il riscaldamento, sono privi di
inquinanti chimici, ma si tratta di casi molto rari. Le
acque di scarico degli impianti geotermici hanno, inoltre, una temperatura generalmente superiore a quella
dell’ambiente circostante e costituiscono potenziali
inquinanti termici.
L’inquinamento atmosferico può essere un problema
quando si produce elettricità con impianti convenzionali, a causa dei gas (H2S, CO2 e altri) che possono essere
presenti, in quantità variabile, nei fluidi geotermici. Si
possono adottare, in ogni caso, sistemi efficaci per ridurre l’emissione di questi gas. La quantità di biossido di
carbonio rilasciata dagli impianti geotermici è, comunque, inferiore a quella emessa dagli impianti alimentati
da combustibili fossili: 13-380 g/kWh di elettricità prodotta nelle centrali geotermiche, in confronto con 1.042
g/kWh nelle centrali a carbone, 906 g/kWh nelle centrali a olio combustibile e 453 g/kWh nelle centrali a gas
naturale (Fridleifsson, 2001).
L’estrazione di grandi quantità di fluido dal serbatoio
geotermico può in alcuni casi generare fenomeni di subsidenza, vale a dire il graduale abbassamento della superficie del suolo. Questo fenomeno può essere prevenuto
o ridotto attraverso processi di reiniezione dei fluidi di
scarico nel serbatoio geotermico.
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GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI
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Mario Fanelli
Piero Manetti
Mary Hana Dickson
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Istituto di Geoscienze e Georisorse
Pisa, Italia
Leonardo Zan
Snamprogetti
Fano, Pesaro e Urbino, Italia
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
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