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1^ Re 19, 1 -18
01.03.2015 (s)
1Re 19:1 Acab raccontò a Izebel tutto quello che Elia aveva fatto, e come aveva ucciso con
la spada tutti i profeti. 2 Allora Izebel mandò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi
trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest'ora non farò della vita tua quel che tu hai
fatto della vita di ognuno di quelli». 3 Elia, vedendo questo, si alzò, e se ne andò per
salvarsi la vita; giunse a Beer-Sceba, che appartiene a Giuda, e vi lasciò il suo servo; 4 ma
egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una
ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: «Basta! Prendi la mia anima, o
SIGNORE, poiché io non valgo più dei miei padri!» 5 Poi si coricò, e si addormentò sotto la
ginestra. Allora un angelo lo toccò, e gli disse: «Àlzati e mangia». 6 Egli guardò, e vide
vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre calde, e una brocca d'acqua. Egli mangiò e
bevve, poi si coricò di nuovo. 7 L'angelo del SIGNORE tornò una seconda volta, lo toccò, e
disse: «Àlzati e mangia, perché il cammino è troppo lungo per te». 8 Egli si alzò, mangiò e
bevve; e per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò quaranta giorni e quaranta notti
fino a Oreb, il monte di Dio. 9 Lassù entrò in una spelonca, e vi passò la notte. E gli fu
rivolta la parola del SIGNORE, in questi termini: «Che fai qui, Elia?» 10 Egli rispose: «Io
sono stato mosso da una grande gelosia per il SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i
figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso
con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita». 11 Dio gli
disse: «Va' fuori e fermati sul monte, davanti al SIGNORE». E il SIGNORE passò. Un
vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al SIGNORE, ma il
SIGNORE non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il SIGNORE non era nel
terremoto. 12 E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il SIGNORE non era nel fuoco. E, dopo il
fuoco, un mormorio di vento leggero. 13 Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il
mantello, andò fuori, e si fermò all'ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e
disse: «Che fai qui, Elia?» 14 Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia
per il SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo
patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto
io solo, e cercano di togliermi la vita». 15 Il SIGNORE gli disse: «Va', rifa' la strada del
deserto, fino a Damasco; e quando vi sarai giunto, ungerai Azael come re di Siria; 16
ungerai pure Ieu, figlio di Nimsci, come re d'Israele, e ungerai Eliseo, figlio di Safat da
Abel-Meola, come profeta, al tuo posto. 17 Chi scamperà dalla spada di Azael, sarà ucciso
da Ieu; e chi scamperà dalla spada di Ieu, sarà ucciso da Eliseo. 18 Ma io lascerò in Israele
un residuo di settemila uomini, tutti quelli il cui ginocchio non s'è piegato davanti a Baal, e
la cui bocca non l'ha baciato».
Cosa significa gelosia: sentimento di ribellione provocato da una reale o
presunta inferiorità nei confronti di un rivale
Oggi incontriamo una parte della vita di un profeta il cui nome è già una
dichiarazione di fede: Eli-yahu infatti traduce le parole “il Signore è il mio
Dio”.
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1^ Re 19, 1 -18
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Elia è una bella figura di profeta che non solo lascia una buona
testimonianza di sé, ma che avrà una condizione molto particolare perché
sappiamo che verrà rapito in cielo e che il suo ritorno era atteso anche molte
generazioni dopo in Israele.
Di fronte a queste belle figure della fede, come anche di fronte ai doni
che lo Spirito di Dio suscita nel suo popolo ed in ciascuna comunità di
discepoli, tendiamo spesso a non vederne più l’umanità ed a scorgere in loro
un qualcosa di intoccabile od inarrivabile se li esaltiamo o più raramente una
critica distruttiva se li vogliamo leggere attraverso le loro criticità.
Oggi Elia ci presenta un profeta che ha una crisi nella propria vocazione
e che in questo interroga ciascuno di noi sul rapporto che viviamo con Dio ed
in relazione alla nostra umanità.
Molto spesso, quando Dio interroga, con le sue poche parole và ben
oltre la domanda diretta.
Che fai qui, Elia? È la domanda rivolta a tutti noi su cosa stiamo facendo
non solo questa mattina qui, nel rendere visibile la chiesa di Sarzana, ma
anche nella nostra città, tra le persone che conosciamo come tra quelle che
non consociamo.
E questa domanda fatta ad Elia dal Dio di Israele è quella che ci rivolge
oggi Gesù Cristo.
Spesso la nostra tentazione è quella di vederci come un poco in mezzo al
tanto, un piccolo noi in confronto all’enormità di abitanti del mondo, una
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1^ Re 19, 1 -18
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piccola chiesa che ha valori e principi soffocata da una società in crisi di valori
e di identità.
Talvolta la nostra fuga è quella di mettere una linea di confine tra noi ed
il mondo, separando i buoni dai cattivi ed i salvati dai reprobi, ma non è
enfatizzando o creando un nemico che siamo più credenti di un altro.
Il che fai Elia è il che fai che Dio rivolge alla nostra vocazione.
Vocazione è chiamata da parte di Dio, vocazione è elezione, cioè
l’abbraccio di Dio che ci vuole suoi, e noi cosa rispondiamo?
Elia è in crisi perché è stato messo sotto pressione per quanto Dio stesso
gli ha detto di fare.
Acab e Iezebel rappresentano concretamente tutto ciò che si oppone alla
volontà di Dio e la loro minaccia pesa su Elia che si sente sfiduciato… debole,
forse incapace di reggere un ruolo al quale Dio stesso l’ha ordinato.
Abbandonando il servo, Elia comincia a separarsi dalla relazione con gli
altri ed entra nel deserto, che è il luogo della solitudine, ma anche il luogo
dove tutto appare indistinto e ricco di insidie e di pericoli.
Elia si addormenta sotto l’unico arbusto: la ginestra.
Ormai Elia è esausto e sfiduciato, attende solo di chiudere la partita con
la vita perché ormai si sente inutile… inadeguato.
Quello che abbiamo davanti è un uomo ben diverso dal profeta che con
zelo aveva mostrato la potenza di Dio contro Baal ed i suoi profeti, in un certo
senso in questa immagine possiamo vedere anche la chiesa della Riforma che
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oggi, proprio nel suo quinto centenario ha perso quello slancio verso la parola
di Dio, ma la crisi è anche quella della malattia, della disoccupazione, della
pensione o della vecchiaia.
La crisi è anche quella dalle molte forme apparentemente molto meno
drammatiche.
Poi si coricò, e si addormentò sotto la ginestra. Proprio in
questo momento arriva l’intervento di Dio attraverso l’angelo che non solo lo
fa nutrire ma lo spinge ad andare in un luogo lontano.
Un messaggio essenziale quello attraverso le parole dell’angelo: alzati e
mangia. Dio agisce in molti modi e lo fa concretamente: non abbandona i
suoi.
Quando Elia è nella grotta, interrogato da Dio, fa emergere la sua
difficoltà vocazionale con quel suo “io” (vv. 10.14) che lo pretende al centro
della scena e che non gli fa più vedere né il passato della sua vocazione con
tutte le azioni pubbliche di Dio (la sfida ai profeti di Baal sul Monte Carmelo
ed i 450 profeti di Baal sul torrente Kison) né il suo futuro.
Solo dopo che Dio si è fatto percepire attraverso i sensi di Elia (vento
udito, terremoto tatto e fuoco vista) ed eventi naturali molto forti ecco che
solo dopo un mormorio leggero, come sa essere la Parola di Dio quando parla
ai cuori, ecco che Elia questi esce dalla spelonca che era la sua protezione
fisica, ma forse anche la corazza della sua carnalità che impediva allo Spirito
di agire sul profeta.
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1^ Re 19, 1 -18
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Questo ci fa riflettere su quanto facilmente la Parola di Dio è la parola di
cui abbiamo bisogno ed è lì a portata di mano con amore, dedizione studio e
preghiera, però è necessaria quella fatica di tirare fuori quello che ci sta
distraendo dal nostro rapporto con Dio, proprio come Elia nella sua
confessione di peccato: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il
SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno
abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la
spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita».
Elia, uscito dalla spelonca ha scoperto di non essere solo e che la
domanda “che ci fai qui?” è quella che Dio ci rivolge quando pensiamo di
avere perduto la nostra vocazione, quando ci stiamo dimenticando le parole di
Gesù a chi gli chiedeva come seguirlo «Nessuno che abbia messo la mano
all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio» (Luca
9, 62).
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