La bioetica animale tra qualità delle produzioni

La bioetica animale tra qualità delle produzioni
e qualità della vita animale
(Convegno SICURA, Modena Fiere, 1 ottobre 2005)
Barbara de Mori
Dipartimento di Filosofia e Comunicazione
Università degli Studi di Cassino
Le grandi multinazionali del ‘consumo’, della distribuzione della carne, della
fabbricazione degli impianti, assieme alle grandi ditte farmaceutiche, esercitando un
controllo decisivo sui ritmi e sulle modalità di produzione - in sostanza sulla quantità
- delle carni e dei prodotti di origine animale, determinano, o perlomeno
contribuiscono fortemente a determinare, anche la qualità e delle produzioni e della
vita animale. Possiamo sicuramente affermare che i metodi di allevamento intensivo,
e le attività ad essi correlate, hanno raggiunto oggi uno sviluppo tale, grazie anche al
decisivo intervento delle biotecnologie, da imporre una riflessione urgente sul loro
significato e sul loro rapporto, in primis, con il lavoro degli operatori del settore.
E’ del 1965 il famoso Rapporto Brambell, in cui, per la prima volta, venivano messi in
luce gli aspetti ‘oscuri’ legati ai metodi di allevamento intensivo, portando in primo
piano il problema del benessere animale. Se oggi vogliamo identificare, dal punto di
vista delle principali professioni coinvolte nella gestione animale, il punto cruciale
attorno a cui maggiormente si concentrano gli sforzi, alla ricerca di difficili equilibri, è
proprio al tema del benessere animale che dobbiamo fare riferimento.
Possono le esigenze dalla produzione, i ritmi della domanda e dell’offerta, le
abitudini dei consumatori essere conciliate con le esigenze della vita animale? E’
possibile aprire un dialogo tra interessi divergenti, al fine di recuperare un diverso
rapporto con la cosiddetta alterità animale, che sia espressione non solo dei ritmi di
consumo della società civile, ma anche dei suoi valori morali?
Un terreno comune, per aprire un dialogo in questa direzione, può essere
rappresentato dalla riflessione bioetica, in particolare dalla riflessione sviluppata in
seno alla bioetica animale, ambito disciplinare che, raccogliendo, a vario titolo,
l’eredità e dell’etica dei diritti - impegnata a riflettere sullo statuto etico degli animali
e sui confini della comunità morale -, e dell’etica veterinaria – impegnata a fare i
conti con i limiti e la liceità dei vari trattamenti riservati agli animali -, ha sviluppato
negli ultimi quindici-venti anni una propria fisionomia autonoma ed una propria
articolazione specifica.
Attraverso la bioetica animale, le professioni coinvolte nella gestione animale
possono rinvenire un valido strumento di supporto, per mezzo dell’analisi delle
problematiche in campo, dei valori in gioco o delle dinamiche dei conflitti d’interesse,
per operare scelte e disegnare strategie d’intervento, per utilizzare gli strumenti
legislativi a disposizione, per fare i conti con le pressioni esercitate dall’opinione
pubblica, senza ricorrere a soluzioni date, bensì esercitando al meglio quel difficile
ruolo di mediazione tra interessi umani ed esigenze animali che sempre più
coinvolge gli operatori del settore.
Ecco, allora, che, in un seminario di studi come quello che ha ispirato queste
riflessioni, dal titolo “Benessere animale: valore aggiunto o necessità?” (SICURA,
Modena Fiere, 1 Ottobre 2005), la bioetica animale può aiutare gli operatori del
settore ad affrontare con responsabilità il tema del benessere animale, avendo di
mira quel ruolo di mediazione cui si è fatto riferimento e operando mediante un
approccio interdisciplinare, il quale sembra ben riflettere la natura composita degli
interessi in campo e delle problematiche da affrontare.
Una riflessione interdisciplinare sul tema del benessere animale sembra porre in
evidenza non solo che il rispetto del benessere è una necessità ineludibile per le
cosiddette società del consumo, ma anche che l’attenzione per i soli aspetti
quantitativi, tipici di una approccio, potremmo dire, tradizionale al tema del
benessere, risulta oramai insufficiente per tenere conto in maniera adeguata degli
sviluppi nelle conoscenze sul comportamento, sulla sentience e sulla vita mentale
degli animali, nonché sulle richieste in termini di responsabilità e di sensibilità
crescente avanzati dall’opinione pubblica.
Un approccio in cui, accanto agli aspetti quantitativi, trovino considerazione anche gli
aspetti qualitativi, sembra aprire una strada nuova, ma più efficace e responsabile,
per affrontare la riflessione sul benessere animale, nonché più vicina all’obiettivo di
coniugare l’interesse animale con il miglioramento della qualità delle produzioni e dei
consumi. L’attenzione per la qualità dei consumi, infatti, come suggerito anche dai
nuovi orientamenti della Comunità Europea (la quale sembra finalmente avviata
verso una ‘cultura del benessere animale’), passa attraverso la tracciabilità delle
filiere, il miglioramento dei controlli, ma anche attraverso il miglioramento della
qualità delle produzioni, obiettivo che sembra potersi realizzare solo con il
miglioramento delle condizioni – ossia della qualità - di vita ed allevamento animale.
Cosa può significare riservare attenzione agli aspetti qualitativi del benessere
animale? La risposta è complessa, prima di tutto in virtù dell’approccio
multidisciplinare che è sotteso all’argomento, ma, in prima battuta, se dal punto di
vista più strettamente scientifico e professionale significa, tra le altre cose, valutare
non solo cosa l’animale fa, ma anche come si sente, attraverso un’analisi costibenefici che arricchisca il rigido schema offerto dai parametri fisiologici, dal punto di
vista bioetico significa in primo luogo considerare che l’animale è soggetto della
propria vita. Quale che sia la realtà e la senzienza dell’animale in considerazione,
egli è soggetto della propria vita, nel senso che la sua vita può essere migliore o
peggiore per lui, e di questo l’essere umano, nella sua posizione di dominio assoluto,
è responsabile. Le ricerche etologiche e fisiologiche evidenziano che l’animale ha
delle esigenze, esprime tramite il proprio comportamento delle preferenze, delle
motivazioni, che è soggetto a stress, paura, ansia, malessere e sofferenza. Tutto
questo, sul piano etico e civile, ha un valore che la bioetica animale non può non
invitare a considerare, nella valutazione del benessere e nell’attuazione delle scelte
operative nella gestione della vita animale (Cfr., sul tema, G. Bono, B. de Mori,
“Animali e qualità della vita: riflessioni oltre il benessere” selected paper su
“Veterinary Research Communications”, 2005).
Il riferimento al concetto di qualità sembra così utile per dare voce, su un terreno
comune ad entrambe gli sguardi prospettici che si uniscono nel dialogo, sia alle
istanze delle produzioni e dei consumi che alle istanze della vita animale.
Sul versante della vita animale, invita a ripensare, in qualche modo, il significato del
nostro rapporto con i viventi non umani, ancor oggi ‘schizofrenicamente’ irrigidito tra i
due estremi della reificazione e dell’antropomorfizzazione, alla ricerca di un equilibrio
che si attui tramite un investimento sul benessere animale in termini di valore
aggiunto, un valore che non può che richiamarsi al senso del nostro vivere civile,
attuando le nostre scelte nel rispetto del vivente di cui facciamo uso.
Sul versante della qualità delle produzioni e, quindi, dei consumi, quell’investimento
in termini di valore aggiunto può tradursi direttamente – e non solo indirettamente in un miglioramento, da una parte, delle capacità gestionali e di profitto, con
vantaggi, per gli allevatori ad esempio, sulla gestione degli allevamenti e delle attività
correlate, dall’altra, della qualità della vita umana, con vantaggi, per il consumatore
ad esempio, sulla salubrità dei prodotti di origine animale, sulla diminuzione dei
rischi per la salute, sul miglioramento della dieta alimentare.
Soprattutto, però, ciò che Il riferimento bioetico al concetto di qualità della vita
animale offre, è una sfida ineludibile al nostro senso di civiltà, dato che, se non
esiste mediazione possibile sulla sofferenza degli esseri viventi, come ribadito dalle
più elementari leggi anti-crudeltà, allora diviene un dovere operare le nostre scelte di
consumo e di impiego della vita animale nella consapevolezza di questa sfida e nel
rispetto del senso del nostro vivere civile.