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Storia dell’Architettura
ECLETTISMO STORICO
Una fase della storia dell’architettura del ‘800, in cui coesistono stili diversi e
tutti facenti capo a differenti periodi storici precedenti.
Condizioni storico-sociali
Liberismo, l’industrialismo, il positivismo, la rivoluzione tecnologica,il marxismo.
Il liberismo, nato dalla rivoluzione francese, si affermò come traduzione politica, sociale ed economica dell’individualismo; ogni attività di scambio doveva
svolgersi senza alcuna interferenza, secondo le leggi dell’utilità individuale ed
il gioco spontaneo della domanda e dell’offerta. Intanto grazie al positivismo
(solo la conoscenza sperimentale dei fatti è valida) si ebbe un notevole sviluppo
tecnologico che rivoluzionò i processi lavorativi: l’industrialismo. Il costo dei
nuovi macchinari ed impianti insostenibile dagli artigiani e una nuova organizzazione del lavoro portarono al capitalismo (tutto è lecito, utile purché si venda). Quando dalla competizione a livello nazionale si passa alla conquista dei
mercati esteri, il regime capitalistico impone allo stato il conflitto con altri stati produttori e la politica coloniale. La classe che fece propria l’ideologia del
capitalismo industriale fu quella della borghesia.
L’altra protagonista della rivoluzione industriale è la classe del proletariato. La
classe operaia ottenne solo alla fine ‘800 il riconoscimento del sindacato, cosicché per oltre un secolo i lavoratori non ebbero alcun organismo che ne tutelasse
i diritti e consentisse loro un potere contrattuale. Il liberismo si risolveva a tutto vantaggio della classe padronale.
Nasce il socialismo scientifico dopo una serie di formulazioni, proposte e riforme dovute al cosiddetto socialismo utopistico. Per il Marxismo l’operaio produce valore in eccesso rispetto alla sua paga e questo plusvalore viene assorbito
dal capitalista a proprio esclusivo vantaggio. Da questo sfruttamento deriva la
lotta di classe.
Bisogna fare cenno alla situazione inglese, la nazione che per prima visse
l’esperienza della civiltà industriale. Dalla seconda metà del Settecento al 1830
(rivoluzione industriale) la popolazione inglese passa da sei milioni e mezzo a
quattordici milioni di abitanti. All’incremento demografico si associa una diversa distribuzione degli abitanti sul territorio, legata all’utilizzazione in campo
produttivo di alcune invenzioni tecnologiche tra cui la macchina a vapore utilizzata in campo minerario, siderurgico e tessile. Il nuovo velocizzato ritmo produttivo, la necessità di incrementare gli scambi e i trasporti sollecitarono il rinnovamento della rete di comunicazione.
La città risulta il nodo più favorevole in cui si intrecciano le attività produttive,
quelle di scambio e quello economico-direzionali. I motivi che attraggono nella
città la gente dalla campagna sono d’ordine economico (salario), tecnico (igieCorso di Teoria e Applicazione di Geometria Descrittiva 1
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ne e assistenza) e ricreativo. Questi vantaggi si accompagnano ad una notevole
contropartita. La città non regge alle spinte dei mutamenti e dell’ingente immigrazione, è il luogo dove più forte si verifica lo scontro di classe, diventa essa
stessa con le sue aree fabbricabili e suoi edifici oggetto di mercificazione capitalistica. Gli enti pubblici cedono ai privati la proprietà delle are edificabili,
perdendo ogni possibilità di controllo urbanistico. Nel periodo della rivoluzione
industriale (1760-1830) si manifestano i maggiori disagi: le case fatiscenti e
malsane del centro vengono occupate dagli immigrati con condizioni di abitabilità inumane e non era diversa la situazione nelle nuove case in periferia.
Il problema delle abitazioni popolari divenne il nodo centrale della città ottocentesca. Gli elevati indici di affollamento, le carenze igieniche, la carenza di
acqua e soprattutto il problema dello smaltimento delle acque nere sono cause
di epidemie pestilenziali. Queste peraltro vanno ricordate come i soli fatti capaci di smuovere lo stato e gli enti pubblici.
Tra le caratteristiche della prima città industriale, va ricordata la mancata distinzione fra le diverse funzioni urbane: industrie e filande si installarono laddove volevano, senza regole, creando dannose conseguenze alle abitazioni vicine, al traffico e all’inquinamento idrico e atmosferico.
Dopo accurate inchieste sulle condizioni igienico-abitative, tra profondi travagli
politici (conflitto tra interesse pubblico e interesse privato) si emanano alcune
leggi sulla salute pubblica e successivamente leggi relative all’esproprio di beni
privati dichiarati di pubblica utilità, mettendo in crisi l’ideologia liberista.
Gli utopisti, poiché il punto nodale per garantire a tutti migliori condizioni di
vita era il superamento tra il diritto privato e il diritto pubblico, avanzarono
proposte attuabili solo con un’organizzazione economica-sociale diversa da
quella del loro tempo. Ebbero il merito di prevedere che i disagi urbanistici sarebbero stati insolubili senza una trasformazione economica della società.
Owen, ex operaio, in Scozia presso la sua azienda sin dal 1816 aumenta il salario, diminuisce la giornata lavorativa a 10 ore, assegna agli operai abitazioni
decorose e promuove una serie di attività tendenti ad elevare l’istruzione dei
dipendenti. Inoltre non abbandonò il lavoro della campagna, e sfruttò nell’agricoltura le nuove tecnologie. realizzò un vero e proprio piano urbanistico relativo ad una serie di comunità semi-rurali di 500-1500 abitanti.
Ma la logica del sistema liberistico era inattaccabile: queste comunità tentate
prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti ebbero vita breve. Esse incentivarono
però una serie di riforme. Furono le prime attuazioni del movimento cooperativo, contribuirono ad originare le Trade Unions e tra l’altro produssero le prime
scuole d’obbligo e soprattutto le scuole materne.
Contemporanea è la teoria economica-urbanistica di Fourier: comunità operaia
governata da rigide norme di vita collettiva, economicamente basata sul tipo di
una società per azioni i cui dividendi sarebbero stati commisurati alle capacità
lavorative. L’attuazione urbanistica è il Falansterio, una sorta di moderno albergo per 1680 abitanti, provvisto di locali e servizi comuni, quali cucine, lavanderie, impianti centralizzati.
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L’utopico edificio di Fournier venne realizzato, con le opportune modifiche, da
Godin. Il Familisterio si differenziava per avere tradizionali alloggi familiari. Il
successo di questo esperimento, cooperativo, è la diretta dipendenza del nucleo residenziale dalla fabbrica. Siamo già in presenza del fenomeno delle
Company Towns, ossia nuclei di case operaie realizzate nei pressi di importanti
impianti industriali.
Marxismo. Engels, occupandosi del problema delle case dei lavoratori, critica
negativamente tutti i tentativi fino a quel tempo avviati. Egli considera quella
delle abitazioni una fra le tante contraddizioni del sistema capitalistico, insolubile finché vige tale regime. Considera il futuro assetto urbanistico come una
semplice conseguenza della rivoluzione economica a cui deve tendere il movimento operaio: in questo modo la critica marxista si estranea per lungo tempo
dalla vicenda urbanistica.
Scrive Engels: già i primi socialisti utopisti (Owen, Fournier) avevano visto correttamente la questione, nei loro schemi della società modello l’antitesi tra
città e campagna non esisteva più, era prevista una distribuzione uniforme della popolazione su tutto il territorio, un coordinamento tra produzione agricola e
produzione industriale, un miglioramento della rete di comunicazioni... l’utopia
sta nel non aver capito che le riforme urbanistiche non si potevano attuare persistendo i limiti del sistema capitalistico.
Il Marxismo, nelle sue varie articolazioni, come concezione antagonista del capitalismo, come forza rappresentativa del movimento operaio, si è sempre posto come parametro di riferimento di tutta la moderna cultura urbanistica come
del resto di tutta la storia contemporanea. Laddove manca questa forza, che
vale talvolta anche solo come energia frenante, mancano anche quella serie di
iniziative riformiste che contrastano il sistema liberistico, è il caso americano.
L’architettura dell’ingegneria
La rivoluzione industriale, il processo tecnologico non potevano non incidere
direttamente nel campo delle costruzioni. Anche qui, come in ogni altro campo,
si ebbero due categorie di prodotti, quelli tradizionali ma realizzati con le nuove tecnologie, e quelli del tutto nuovi perché attuabili solo grazie alle nuove
tecnologie. L’architettura dell’ingegneria è la più distante dai revivals tuttavia
non é del tutto immune da esse.
L’architettura dell’ingegneria ebbe tre grandi campi di applicazione, quello dei
ponti di ferro, quello delle grandi coperture in ferro e vetro, quello degli edifici
multipiano a scheletro metallico. Se il principio della costruzione a scheletro è
un’invenzione prevalentemente tecnica il campo delle coperture in ferro-vetro
rappresenta la più tipica espressione dell’architettura dell’ingegneria ottocentesca. Si afferma e sviluppa con le grandi serre, i mercati coperti, i grandi magazzini, le stazioni ferroviarie e le esposizioni universali.
Il fatto veramente nuovo di questa architettura sta nell’aver conformato una
spazialità interna totalmente nuova. Quando la conformazione interna si maniCorso di Teoria e Applicazione di Geometria Descrittiva 3
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festa anche all’esterno non è più lecito parlare di architettura dell’ingegneria,
ma di un architettura che ha fatto proprie alcune modalità della scienza e della
tecnica delle costruzioni.
Le poetiche dell’eclettismo Storico
Alla base dei principali revivals architettonici sta la storiografia e la teorizzazione di alcuni stili dell’arte del passato. Come scrive Argan, teorizzare un periodo storico significa trasporlo dall’ordine delle cose a quello delle idee, costituirlo a modello.
Neoclassicismo, Neogotico e Neoromanico riducibile ad una fusione dei precedenti.
Il Neoclassicismo è la prima incarnazione architettonica ed artistica dell’Illuminismo. Esso si afferma quale reazione al Barocco. Conseguenza diretta delle
campagne archeologiche. Il punto più dibattuto riguarda la componente ideologica di questo movimento. Indubbiamente essa comporta un rinnovato impegno
civile e morale al pari di tutti i fenomeni sorti dell’illuminismo.
Il Neoclassicismo, inteso come stile-codice linguistico dell’architettura non ha
una propria ideologia, ma si è rivelato un linguaggio disponibile ad ogni richiesta della committenza. Winckelmann propone l’arte degli antichi come modello
da imitare. È l’architettura Neoclassica che sperimenta i nuovi materiali e rivaluta sul piano estetico, la ricerca tecnico-scientifica degli ingegneri. Gli ingegneri quando si è trattato di calare i loro calcoli in una conformazione spaziale
non hanno trovato altri principi che quelli del classicisti: simmetria, centralità,
senso chiuso e bloccato degli organismi.
Ridimensionato il valore innovativo, va ricordato che il moderno classicismo si
sviluppa in perfetta continuità con la produzione precedente, basti pensare che
nella stessa età barocca la produzione architettonica più diffusa internazionalmente non segue i modelli del Borromini o di Guerini, bensì quello francese di
Versailles che viene appunto definito classicismo barocco. Il Neoclassicismo non
segna una svolta nell’architettura moderna.
Il Neogotico riflette i tempi nuovi, critica la società industriale. Anche il Neogotico nel suo paese d’origine, l’Inghilterra, mostra una continuità con la tradizione in quanto forme medievali persistettero fino all’ottocento. Tuttavia le
motivazioni del Gothic revival sono prevalentemente ideologiche, sono
un’esplicita presa di posizione contro la cultura e il gusto contemporaneo. In
Inghilterra ebbe matrici letterarie e archeologiche ispirate alla tradizione e al
gusto romantico (metà del 1700).
Pugin (1812-1852), architetto, partiva dall’assunto che non fosse lecito rifare le
forme gotiche senza rivivere e riproporre il loro originario contenuto religioso.
polemizzando coi neoclassici, afferma che l’architettura gotica era da preferire
a quella greco-romana, così come il cristianesimo era migliore della religione
pagana. Il valore dell’architettura sta nell’espressione della sua struttura e non
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nel suo mascheramento con decorazioni (concetto ripreso successivamente sia
da Ruskin che da Morris). Pugin considerava la struttura sociale medievale come
un modello in base alla quale si doveva riformare la società (socialismo cristiano).
Ruskin (1819-1900) si occupò di tutto dalla poesia alla pittura, dall’artigianato
alle scienze naturali, dall’architettura alla polemica politico-sociale. Da Pugin
eredita la profonda avversione per la civiltà industriale e il modello medievale
ma perde il sostegno religioso alle sue idee. La poetica neogotica, grazie all’eclettismo di Ruskin e alla sua vena polemica, raggiunse una vasta diffusione
popolare.
Nel campo architettonico il pensiero ruskiniano presenta le sue maggiori contraddizioni. Inaccettabile è la sua teoria del restauro, per cui gli edifici del passato non andrebbero restaurati ma lasciati allo stato di ruderi, polemica contro
i restauri di ripristino stilistico effettuati da Violet Le Duc.
Ruskin esprime il concetto, già anticipato dai marxisti, che non è possibile modificare alcun settore della vita, arte compresa, se non si modificano in pari
tempo tutti gli altri, stabilendo così la necessità di integrare tutti i problemi
che si intendono risolvere. Fra tutte le arti, l’architettura è la più indicativa e
deve essere appresa da tutti, perché tocca gli interessi di tutti.
Un’altra felice intuizione, ripresa successivamente da Morris, è quella per cui il
lavoro deve produrre gioia in chi lo compie: in ciò sta il grande divario tra il
proletariato ottocentesco e l’artigiano medievale.
L’azione di William Morris (1834-1896) si svolse in vari campi, dall’arte alla
politica: l’esperienza in architettura (arreda la Casa Rossa di Webb, costruisce
la propria abitazione), la partecipazione al movimento Preraffaelliti, apre una
ditta produttrice di mobili, tessuti ed elementi di arredo, apre una officina tipografica, promuove dal 1888 delle esposizioni di Arts and Crafts, dizione rimasta a denotare l’intero movimento generato da Morris.
Se il sostegno ideologico di Pugin è il cattolicesimo e quello di Ruskin l’estetismo, l’opera di Morris trova il suo più coerente sbocco nel socialismo. Parte dalla considerazione di Ruskin che l’arte è l’espressione della gioia nel lavoro e
poiché quasi tutti gli uomini vivono del proprio lavoro è un danno sociale meccanizzarlo, togliere ad esso ogni umana partecipazione. L’arte non è un fatto
estetico ma un sostegno alla vita. Morris estende l’idea dell’arte non solo all’architettura, pittura e scultura ma a alle forme e i colori di tutti gli oggetti
d’uso, la sistemazione dei campi, la rete stradale, l’amministrazione della città.
L’incarnazione di questo unitario principio è l’architettura che rappresenta l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre, in
vista delle necessità umane. L’arte e l’architettura diventano un problema eminentemente politico. grazie al socialismo capì che le negatività della produzione industriale non stavano tanto negli strumenti di produzione, quanto nel
modo in cui erano gestiti: il liberismo, la legge del massimo profitto non le
macchine.
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Auspicando il cambiamento di funzione nell’uso delle macchine, Morris inizia
quel tentativo di qualificazione del prodotto industriale che costituisce un fondamento del Movimento Moderno.
Morris riconoscendo l’irreversibilità del processo in atto, rimane un oppositore
del liberismo industriale. Nella sua opera è distinguibile una previsione a lungo
termine (la rivoluzione sociale, la nascita di un’arte radicalmente diversa) e
un’applicazione immediata (la polemica riformatrice, la fondazione delle Arts
and Crafts). Un duplice aspetto, rivoluzionario e riformistico.
Morris ipotizzò che settore manifatturiero andava per primo riformato richiamando su di esso l’interesse degli artisti migliori del tempo, essendo il settore
dove era maggiore sia il numero degli addetti che il numero dei consumatori
poteva agire potenzialmente in tutta la sfera sociale. La riforma dell’architettura e dell’urbanistica sarebbero stata una logica conseguenza. Il movimento
delle Arts and Crafts oltre a produrre un rinnovamento delle arti applicate determinò un rinnovamento edilizio e perfino una svolta urbanistica.
Alle Arts and Crafts viene associata l’opera di Howard e la fondazione della Città-Giardino, che può considerarsi un caposaldo della moderna cultura urbanistica. Howard parte dal contrasto creatosi tra città industriale e campagna, giungendo alla conclusione che è possibile unire gli aspetti positivi di entrambe in
un particolare tipo di insediamento che definisce città-giardino. Questa è una
comunità di 30.000 abitanti, un’unità autosufficiente in quanto l’attività industriale che si svolge ed il terreno agricolo che si coltiva sono proporzionati ai
residenti. L’intera proprietà dell’area è intestata una società senza profitto che
cede i suoli in locazione a tempo limitato, mentre gli impianti produttivi sono di
municipalizzate o cooperative. Letchworth (1902) fu la prima città-giardino realizzata, molti altri insediamenti la seguirono più o meno fedelmente. L’idea di
città-giardino dà inizio alla tendenza urbanistica che, ripresa da Geddes, Mumford e altri, auspica un ridimensionamento delle metropoli a vantaggio di insediamenti autosufficienti, disposti in un più vasto territorio regionale.
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LE OPERE DELL’ECLETTISMO STORICO
Il Crystal Palace
Il “Palazzo di Cristallo”, che ospitò la prima Esposizione Universale tenutasi a
Londra nel 1851, è uno dei primi esempi in cui la struttura costruttiva assume
interamente valenza architettonica. Introduce una nuova tipologia edilizia,
quella dei grandi impianti espositivi ed è costruito sui principi della modularità.
Le Grandi esposizioni, nate nello spirito dell’Illuminismo, avevano intenti conoscitivi e propagandistici del progresso sociale e tecnologico, stimolavano il
commercio e gli scambi. E proprio al fatto che l’Inghilterra non poneva limitazioni al commercio con l’estero, a cui ricorrevano altri paesi per proteggere le
loro industrie, si deve il carattere internazionale dell’Esposizione di Londra.
Paxton, un giardiniere costruttore di serre, presentò il suo progetto con una
irregolare procedura, venne ammesso all’appalto-concorso quale variante di un
banale edificio progettato dal comitato promotore. L’opera venne realizzata
nell’eccezionale tempo di soli nove mesi.
Il suo impianto è fortemente longitudinale, fu costruito con l’uso di elementi
modulari piccoli, smontabili e recuperabili. L’impianto planimetrico presentava
un modulo quadrato di circa sette metri. La copertura dell’edificio appariva
esternamente piana, ma in realtà era una successione di piccoli tetti a due falde; tale accorgimento consentiva il displuvio delle acque che venivano incanalate dentro i pilastri cavi di ghisa, i quali oltre alla funzione statica avevano anche quella di pluviali. Il carattere schematico e lineare di questo enorme involucro in ferro e vetro era variato dalla copertura curvilinea del transetto, una
grande volta a botte sorretta da ampie centine in legno. All’interno l’intera
configurazione spaziale era affidata al gioco degli incastri tra travi e pilastri.
Valenza spaziale: qualunque stile di allestimento era possibile, assoluta flessibilità. In sostanza il Crystal Palace non era altro che un grande contenitore trasparente, capace di ospitare al suo interno alberi e macchine, opere artistiche
e manufatti industriali.
I muri laterali sono troppo lontani per essere abbracciati da un solo sguardo.
Invece di correre da un muro all’altro, l’occhio spazia in una prospettiva senza
fine, che svanisce all’orizzonte. Non ci sono piani reali o virtuali (ombre) che ci
permettano di stimare le distanze.
Il suo “significato” era tutto nel suo spazio interno, l’involucro esterno non ha
più praticamente spessore, si è ridotto ad un piano trasparente, manca di una
vera e propria facciata.
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La Scuola di Chicago
Pochi o addirittura nessun edificio di grande interesse architettonico fu realizzato nel periodo 1850-1880.
Garnier costruisce nel 1874 l’Opéra di Parigi (neoclassicismo barocco). Il fenomeno più significativo di quegli anni fu la trasformazione delle grandi città: Parigi (Napoleone III e Haussmann), Bruxelles, Vienna, Barcellona... Insomma la
seconda metà dell’ottocento fu la stagione dell’urbanistica, vi fu una grande
sperimentazione tecnico-costruttiva, si elevò il livello dell’edilizia ma non quello dell’architettura. Per trovare edifici che, pur nell’ambito dell’eclettismo storico, rappresentino una svolta nella storia dell’architettura, bisogna trasferirsi
negli Stati Uniti all’inizio del 1880 con la “Scuola di Chicago”. S’intende con
tale espressione l’insieme delle opere che ricostruirono il centro direzionale di
questa città distrutto da un incendio nel 1871.
Tra il 1880 e il 1900 nacque il centro degli affari della città, il Loop, caratterizzato da grandi edifici per uffici, alberghi, grandi magazzini, pubblici locali...
talvolta concentrati in uno steso stabile. L’alto prezzo delle aree fabbricabili fu
la causa che determinò la nascita del grattacielo, tipo edilizio in un primo tempo realizzato come torre di pietre e poi a scheletro metallico. Esso consentiva il
minimo ingombro di strutture, la massima utilizzazione degli spazi interni, flessibilità funzionale, massima luminosità e soprattutto il massimo sfruttamento
del suolo edificabile (maggior profitto).
Al di là di ogni conquista tecnologica, tipologica, a Chicago la cultura architettonica gioca un ruolo secondario, chi determina le scelte è il committente: il
sistema liberista applicato al settore edilizio ed urbanistico. Il realismo commerciale di un gruppo di imprenditori, libero com’è da ogni remora, ha qui la
possibilità di realizzare ciò che in Europa sarebbe stato impedito da vincoli ambientali e da conflitti di classe.
Nessuna delle opere della “Scuola di Chicago” è un caposaldo dell’architettura.
L’iniziatore fu Jenney. Gli edifici realizzati li possiamo suddividere in due filoni che definiremo strutturalistico e neoromanico.
Il “Reliance Building” iniziato nel 1890 da Burnham e Root, alto 15 piani è il più
significativo delle fabbriche di Chicago e può considerarsi il punto d’arrivo della
corrente strutturistica.
Della corrente neoromanica ispirata a Richardson e Sullivan fa parte “Auditorium Building” (Sullivan e Adler - 1889), un altro degli immobili più significativi
del periodo anche per la sua polifunzionalità. Nel “Carson Pirie Scott Departement Store” ad eccezione del raccordo curvilineo d’angolo è espresso chiaramente il programma di Sullivan: integrare una nitida struttura ortogonale di
facciata con un sistema decorativo.
L’Esposizione Colombiana del 1893 segna la fine delle spinte innovative e il ritorno ai modelli accademici provenienti dal vecchio continente. Dopo il 1893
quella che resiste è la corrente strutturistica, la sola che si addiceva alle ragioni tecniche ed economiche della committenza.
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Borsa di Amsterdam
L’opera che sembra concludere l’eclettismo storico è la “Borsa di Amsterdam”
che Berlage costruì nel 1903. Quest’opera neoromanica fu realizzata negli anni
in cui l’Art Nouveau aveva decretato la fine di ogni revival.
Ogni lato dell’edificio è un muro privo di sporgenze o rientranze e questa rasata
parete si articola solo in altezza. Solo grazie al digradare delle coperture si
scorge tutta la varietà della volumetria interna. Al di sopra del muro perimetrale, è un ricco gioco di prismi rettangolari, triangolari, piramidali che fanno pensare ad una cittadella medioevale recintata da mura turrite. Questa tecnica dei
muri rasati, ispirata forse al taglio dei diamanti, rende le facciate uno specchio
degli spazi interni, e in pari tempo, il tentativo di armonizzarsi con le case allineate lungo i canali. All’interno gli spazi sono organizzati intorno ad un grande
spazio centrale, spazio interno che vale come un esterno: come una piazza medioevale circondata da portici e da logge.
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ART NOUVEAU
L’origine dell’Art Nouveau è stata indicata in una serie di circostanze concomitanti tra le quali il Gothic revival, il movimento dell’Arts and Crafts, la costruzione in ferro, l’influenza dei pittori preraffaelliti, la moda degli oggetti orientali (Liberty ne fu uno dei maggiori importatori) e il gusto a nuove tecniche particolari come quelle della curvatura del legno (Thonet).
L’Art Nouveau non fu solo uno stile architettonico ma condizionò tutto il costume di un’epoca, va vista come il risultato di una lunga evoluzione di problemi
culturali e di moti del gusto che per tutto l’ottocento miravano a costruire un
nuovo stile.
Caratteri invarianti
Nonostante le diverse interpretazioni, dovute ai vari ambienti in cui sorse, l’Art
Nouveau fu uno stile internazionale. Che fosse internazionale era nella logica
del sistema capitalistico, negli ideali e negli interessi di quei paesi industrialmente più sviluppati che avevano tratto i maggiori vantaggi dalla liberalizzazione degli scambi, dal superamento di un certo tipo di nazionalismo. D’altro canto, anche il proletariato e gli intellettuali che ne avevano assunto la guida capirono che avrebbero tratto maggior forza dall’unione internazionale.
Problema politico-sociale. È stato osservato che esso fu espressione di una cultura di classe, anzi si è visto nell’estetismo dell’Art Nouveau il tentativo di
comporre il conflitto di classe, la “bellezza” ed il basso costo dei manufatti dovevano compensare le più pressanti esigenze del proletariato. Considerare le
rivendicazioni del proletariato appagate dal “bello” dei prodotti liberty significa attribuirgli una ingenuità che come classe non ebbe mai. È vero che il nuovo
stile presentò connotazioni di progressivo ottimismo, di gioia di vivere, di gusto
per lo spendere ed il consumare; legittime necessità di ogni società in via di
sviluppo. Se l’Art Nouveau fu lo stile dei quartieri signorili e dei villini borghesi
fu anche lo stile dei grandi magazzini, delle metropolitane e delle case del popolo.
Il secondo aspetto invariante dell’Art Nouveau fu quello di un completo distacco dalle forme del passato. L’accettazione della moderna tecnologia, anzi la
volontà di piegarla al nuovo gusto. Certo, non mancarono, a seconda degli artisti, ora un richiamo al medioevo (Mackintosh, Gaudì) ora uno al classicismo
(Wagner, Olbrich, Hoffmann) ma questi richiami, peraltro completamente trasfigurati, non erano frutto di scelte eclettiche, bensì derivanti dalla tradizione
e dalla formazione di questi architetti.
La considerazione per tutti i settori, dall’abbigliamento alla grafica, dalle arti
figurative al teatro, dalla pubblicità all’arredamento, dall’architettura all’urbanistica realizza quell’ideale unificazione tra arti maggiori e arti minori delle
Arts and Crafts di Morris.
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L’Art Nouveau fissa il principio della qualità del prodotto industriale. L’intuizione del “bello” si attua nel momento creativo piuttosto che nel processo esecutivo. Importanza al momento progettuale. I grandi artisti sono troppo impegnati
in esperienze varie per condurre una ricerca lunga e paziente sulla progettazione di un prodotto, pertanto l’Art Nouveau rimase ad un livello di produzione
artigianale.
Le altre invarianti in architettura sono: l’accentuazione lineare, l’uso del ferro,
l’adozione congiunta di ferro e muratura, la tendenza ad usare più materiale in
uno stesso edificio (pietra, mattoni, vetro, ceramica, legno), la varietà dei colori.
All’interno l’Art Nouveau modella gli spazi con un arredamento e degli oggetti
dalla rigorosa unità stilistica. All’esterno tende a fondere l’architettura alla natura, la casa al giardino. Se l’architettura dell’ingegneria aveva risolto il rapporto con la natura sfruttando la trasparenza delle sue strutture, l’Art Nouveau
instaura un rapporto ancor più stretto con la natura: l’organicità di questa ispira la stessa conformazione architettonica.
Einfühlung e astrazione
L’estetica dell’einfühlung nacque per rispondere alla domanda sul perché gli
uomini sono attratti o respinti dalle forme d’arte e di natura.
Le linee verticali, orizzontali, oblique, le forme geometriche piane e solide, le
illusioni ottiche ed i colori si associano ad analoghe sensazioni preesistenti in
noi, come il senso di calma, equilibrio, movimento...
L’architetto Van de Velde ne diede un’interpretazione che rese l’einfühlung
uno dei principali sostegni teorici all’Art Nouveau. La linea è una forza che agisce in modo simile alle forze naturali elementari, le stesse forze che in natura
sono presenti nel vento, nel fuoco, nell’aria. Van de Velde non solo stabilisce un
rapporto di azione e reazione ritrovabili tanto in natura che nel calcolo statico,
ma anche, con un procedimento per immagini, spiega quel gusto sinuoso della
linea “a colpo di frusta”, tipico dell’Art Nouveau, riferendolo all’andamento
delle forze naturali. E ciò che più conta, la linea trae forza dall’energia di chi la
tracciata (gesto).
Ispirazione organica ma non naturalistica.
Nell’Art Nouveau sono distinguibili due linee di gusto, due famiglie morfologiche: l’una caratterizzata dalle forme concavo-convesse (Horta, Van de Velde,
Gaudì), l’altra impostata prevalentemente su forme dal rigore geometrico (Wagner, Mackintosh, il primo Wright). È lecito associare anche la seconda tendenza
all’einfühlung? Worriger afferma che esisterebbe nell’uomo un’esigenza psicologica che lo spinge verso l’organico e un’opposta esigenza, sempre di tipo psicologico, che lo spinge verso la perfezione matematica, le forme regolari,
l’astrazione.
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la tendenza all’astrazione si troverebbe nell’uomo primitivo esposto ed indifeso
nei confronti della realtà fenomenica, che riesce a percepire ma difficilmente a
modificare. La creazione artistica per lui sarebbe l’evasione dal caotico mondo
percettivo e arrivare a immagini concettuali e controllate, rientranti nel dominio dell’astrazione geometrica. La tendenza opposta, quella organica, si troverebbe più tardi nell’arte classica. In una cultura dove l’individuo è divenuto capace di controllare l’arbitrarietà della natura al punto di godersela, di immedesimarvisi. Riconoscendo all’organicità e all’astrazione una comune matrice psicologica appare evidente che esse furono, in un certo senso intercambiabili; si
ebbero opere che, pur essendo nella linea organica, presentavano un significato
geometrico, razionale, funzionalista ed opere che, totalmente geometrico-astratte, ebbero un significato organico come nel caso del primo Wright.
Le varianti dell’Art Nouveau
Belgio
In Belgio, dove nacque l’Art Nouveau,c’era un ambiente particolarmente favorevole al rinnovamento figurativo: un clima di progressismo, di rinnovamento,
di ottimismo, un industria leggera attenta al movimento dell’Arts and Crafts e
numerose mostre di pittori impressionisti e post-impessionisti. In un ambiente
così attivo emergono due artisti, Horta (1861-1947) e Van de Velde (18631957).
Il primo, a cui si deve l’invenzione dell’Art Nouveau, realizzò numerose case
unifamiliari (Casa Tassel...) e gli edifici pubblici quali la Casa del Popolo (sede
del partito socialista belga) e i magazzini “A l’Innovation”. I committenti di
Horta sono grandi professionisti, industriali e scienziati.
Van de Velde è l’artista colto, interessato ai problemi teorici, alla diffusione del
nuovo stile, all’insegnamento e indirizza ogni suo sforzo, almeno all’inizio, al
settore delle arti decorative ed industriali.
L’Art Nouveau in Belgio può considerarsi non una variante, ma modello, rispetto
al quale le altre produzioni nazionali si pongono appunto come variazioni.
Scozia
Mackintosh (1868-1928) da un lato eredita la tradizione delle Arts and Crafts e
dall’altro elabora un suo originale apporto al nuovo stile nella Scuola d’Arte di
Glasgow: una progressiva riduzione alla geometria delle fluenze lineari. Gli oggetti minuti, le decorazioni pittoriche ed architettoniche sono caratterizzate da
un linearismo che man mano si passa dai mobili all’architettura lascia il posto al
gusto dei piani, dei volumi e del loro incastro geometrico. Lo spazio interno dell’architettura e gli oggetti che esso contiene appartengono al dominio della liCorso di Teoria e Applicazione di Geometria Descrittiva 12
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Storia dell’Architettura
nea e del colore, mentre lo spazio esterno appartiene al dominio del rigore volumetrico, dei piani ad incastro, della chiara uniformità coloristica degli intonaci. Una veste esterna scarna e rigorosa riflette solo nella volumetria la ricchezza e la varietà degli interni, perfetta sintesi di organicità ed astrazione.
Spagna
Gaudì (1852-1926) vive tutta l’esperienza culturale contemporanea, dall’eclettismo storico all’Art Nouveau anticipando soluzioni architettoniche e figurative
ancor oggi attuali. Una notevole capacità di costruttore, un forte senso di continuità della storia, uno spiccato uso dei materiali, l’intuizione di alcuni principi
morfologici-costruttivi (arco parabolico) si manifestano nelle sue opere. Per lui
il Modernismo Catalano non si pone come negazione della sua precedente produzione, così come avviene per Horta, Mackintosh, Wagner; proprio questo senso di continuità con la tradizione fu l’apporto di Gaudì all’Art Nouveau.
Che il nuovo stile fosse intenzionalmente comunicativo lo abbiamo già visto,
Gaudì vi aggiunge un acceso simbolismo fatto di motivi zoomorfi, fiabeschi, religiosi... Ma che senso ha questo mondo popolato di animali primitivi, di forme
arcane, di simboli mistici: il senso proprio della dimensione dell’immaginario,
che può essere affiancata da quella razionale ma non sostituita da questa, come veniva riaffermato da Freud. Ed è proprio a questa valenza immaginaria si
deve il fatto che nell’architettura di Gaudì sono ritrovabili anticipazioni di molti
altri momenti e tendenze dell’arte moderna, dall’espressionismo al surrealismo, dal cubismo all’informale.
La sua importanza storica (indipendentemente dalla genialità delle sue invenzioni plastiche) consiste nell’avere concepito la tecnica caposaldo della sua ricerca, una tecnica d’immagine, non scientifica.
Non produce emozioni bensì una sorta di eccitazione crescente e mai soddisfatta. Questa esaltazione collettiva è tutto il fine sociale di Gaudì.
Austria
Qui con il nome di “Secessione” l’Art Nouveau segna una svolta nell’architettura moderna facendo emergere dal nuovo stile tutti gli accenti decorativi per poi
operare una semplificazione che prelude al protorazionalismo. Wagner (18411918) indica il proposito di legare più realisticamente l’architettura alle esigenze del tempo. Quest’appello è tanto più significativo in quanto proviene da un
architetto, affermato professionalmente con opere eclettiche, un’architettura
classicista che rimarrà tale anche quando sostituirà la decorazione eclettica con
quella propria del nuovo stile, influenzato soprattutto dai suoi allievi: Olbrich e
Hoffmann.
Il gruppo della Secessione, costituito prevalentemente da pittori, organizzò mostre con la partecipazione di artisti stranieri tra cui Mackintosch che esercitò
larga influenza sull’ambiente austriaco.
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Olbrich (1869-1908), la sua semplicità volumetrica è compensata dall’inedita
sagoma di alcune aperture, dall’articolazione dei tetti, dalla decorazione pittorica e lineare di ispirazione naturalistica. Egli interviene in ogni settore progettuale dall’architettura all’arredamento, dal disegno dei giardini alla grafica
pubblicitaria.
Hoffmann è l’inventore del cosiddetto “stile 900” precursore del protorazionalismo. Del resto la versione austriaca dell’Art Nouveau passa attraverso tre fasi,
quella classicista, quella decorativa e quella della semplificazione protorazionalistica.
Germania
Qui l’Art Nouveau prende il nome di “Jugenstil” e si manifesta quasi totalmente nelle arti applicate. In Germania la politica di quegli anni fu caratterizzata
prevalentemente dalla concorrenza economica, trasferì la sua organizzazione
militare nella competizione economica con gli altri paesi, rispetto ai quali era
più povera di risorse naturali e tecnologicamente più arretrata. Per compensare
tali svantaggi si cominciò con il riformare ogni ordine e grado della scuola.
Il Movimento Moderno in Germania non nasce da grandi personalità artistiche,
ma nell’ambito di un preciso programma di politica culturale, tra cui numerose
scuole di arte applicata e numerosi musei industriali.
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Storia dell’Architettura
Le opere dell’Art Nouveau
La Casa Tassel
Il primo edificio rispondente al nuovo stile fu questa casa unifamiliare costruita
da Victor Horta nel 1893. Essa si inserisce in un lotto stretto e profondo fra due
muri ciechi. La struttura è a scheletro metallico ed è caratterizzata da una forte dinamicità dello spazio interno in contrasto con la superficie angusta del lotto.
Sono presenti in facciata molti elementi inconsueti quali le superfici ondulate,
le piattabande metalliche in vista, il particolare disegno delle balaustre. Tuttavia dominano ancora i tradizionali conci di pietra. All’interno l’Art Nouveau si
manifesta con maggiore rilievo. Qui un nuovo senso unitario lega gli elementi
statici a quelli visivi come nella scala principale con struttura completamente a
vista. L’articolazione concavo-convessa informa tanto il volume della scala e
per esso l’invaso spaziale quanto le linee che la strutturano e perfino la decorazione del mosaico pavimentale.
La prima realizzazione architettonica dove la nuova tecnica del ferro trova un
proprio significato espressivo.
La Maison du Peuple
Questo edificio pubblico realizzato da Horta doveva assolvere, in conformità
allo spirito socialista, a tre funzioni: una politico-sindacale, una commerciale e
una ricreativa. La forma planimetrica era totalmente condizionata dal lotto, a
tale vincolo si univa quello dell’allineamento stradale: la parte concava completava l’ovale di una piazza.
La sala del caffè presentava una particolare caratteristica, si avvicinava più ad
un ambiente esterno che ad un interno, le stesse lampade ricordavano quelle
stradali. Un locale realmente popolare, un luogo di ristoro e di riunione, adattabile all’occorrenza, allo svolgersi di un comizio. L’auditorium occupava gli
ultimi due piani dell’edificio, anche qui come nel resto dell’edificio la conformazione percettiva era affidata più ad elementi lineari (montanti, mensole,
ringhiere...) che alla bidimensionalità delle pareti.
La Scuola d’Arte di Glasgow
Costruita da Mackintosh nel 1888 e successivamente ampliata nel 1907. L’edificio presenta uno schema planimetrico molto lineare, non presenta alcuna simmetria, caratteristica costante delle opere di Mackintosh. La facciata è definita
dalle grandi vetrate delle aule-studio che si aprono su un continuo paramento di
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pietra, dal corpo centrale ricco di elementi plastici. Il coronamento dell’edificio è affidato ad un cornicione a lastre fortemente aggettante che oltre a denunciare l’ispirazione medioevale, prelude anche a quegli incastri volumetrici
che in altre opere di Mackintosh anticipano la tematica neoplastica.
La Hill House
Nel 1902 Mackintosh realizza questa grande residenza unifamiliare. I tre piani
sono collegati da una scala a chiocciola visibile all’esterno, mentre un’altra
grande scala serve i due piani principali della casa. Il prospetto ad ovest presenta un’ampia parete sagomata in alto secondo l’andamento del tetto, camino
e bow-window sono fusi in un’unica conformazione plastica. Sul fronte a sud, il
maggior numero di aperture non toglie la prevalenza dei pieni sui vuoti.
A parte la presenza di elementi decorativi Art Nouveau, le originali soluzioni
angolari, uno dei primi esempi di scomposizione del volume in una serie di piani, anticipano la corrente neoplastica.
Se l’esterno appartiene al dominio del rigore volumetrico, dei piani ad incastro,
della chiara uniformità coloristica degli intonaci, il suo interno appartiene al
dominio della linea, del colore, del gioco di quadrettature.
La Casa Milà
Costruita a Barcellona tra il 1905 e il 1910, è delle opere di Gaudì quella che si
lega meglio al linguaggio europeo, pur se caratterizzata dall’elevato valore
espressivo.
Alta cinque piani, in pianta presenta due grandi cortili, tre gruppi di scale che
servono quattro appartamenti per piano (ma il numero di questi può variare data la grande flessibilità distributiva). Sia in pianta che nelle fronti domina un
organico andamento di linee concavo-convesse. Non deve essere considerata
un’opera unicamente ispirata al motivo simbolico-religioso o a quello simboliconaturalistico, in quanto i simboli e il mimetismo naturalistico sono ampiamente
trasfigurati da Gaudì dalle esigenze architettoniche.
Per la dinamicità delle fronti, l’ampiezza delle aperture e la stessa fluidità dell’immagine, la Casa Milà si direbbe costruita sfruttando le proprietà del cemento armato. Viceversa la costruzione si regge su pilastri realizzati da grossi blocchi di calcare e su travi in ferro, materiali sollecitati fortemente data la complessità formale della fabbrica.
Quale copertura poteva concludere un’immagine plastica così tormentata di
sporgenze e rientranze? Gaudì decide di far terminare il muro di facciata senza
alcun coronamento prolungandolo al di sopra del piano del terrazzo; in tal
modo è una linea concava-convessa che conclude la facciata, ma non basta:
questa linea per essere espressivamente efficace deve stagliarsi contro qualcoCorso di Teoria e Applicazione di Geometria Descrittiva 16
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sa e questo è il corpo dell’abbaino, a sua volta terminante con un’altra linea
ondulata dalla quale emerge il fantastico gioco delle torrette e dei comignoli.
La Casa della Secessione
Costruita da Olbrich a Vienna nel 1898 contiene molte caratteristiche della versione austriaca dell’Art Nouveau: l’ispirazione classicistica, la tendenza ad una
riduzione decorativa.
L’edificio, che aveva la duplice funzione di ospitare la sede del gruppo degli
artisti della secessione e di padiglione per le esposizioni, presenta una pianta
bloccata, quasi a croce greca ottenuta dall’incastro di quattro rettangoli, ed è
inserito in un lotto triangolare.
Svolge un gioco di astratti volumi tipico della corrente astratto-geometrica dell’Art Nouveau, è accostabile al “Tempio Unitario” a Oak Park costruito da
Wright nel 1906. I pregi dell’edificio relativi alla parte destinata a galleria
d’esposizione sono la copertura con i suoi alti lucernari e lo studio di pareti
mobili. Mai erano stati meglio risolti i particolari problemi posti da un padiglione per esposizione. gli interni erano stati ideati a pareti mobili, così che ogni
più piccola porzione di spazio poteva essere utilizzata nel modo più adatto e
secondo la luce desiderata.
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PROTORAZIONALISMO
Dal 1910 all’inizio della prima guerra mondiale. Si distingue dall’Art Nouveau,
col quale talvolta si svolse in continuità e talaltra in opposizione, per la forte
riduzione geometrica. Ne accolse tuttavia la problematica socio-culturale sviluppandola nel settore delle arti applicate (è ora che nasce il vero e proprio
industrial design), nella tecnologia edilizia, nell’urbanistica. Non fu in grado di
assorbire l’apporto delle avanguardie figurative, specialmente quelle cubiste e
post-cubiste che trasformarono la rappresentazione dello spazio. Ingloba personalità assai dissimili. Nel Protorazionalismo, e spesso nelle opere dello stesso
architetto, coesistono due atteggiamenti che possiamo definire moderno e antimoderno.
Le invarianti del Protorazionalismo
L’assenza di “genio” si può riscontrare in quasi tutti i suoi maggiori protagonisti
Hoffmann, Loos, Perret, Garnier, Beherens in quanto la principale invariante di
questo stile non fu quella dell’arte emergente, ma dell’artisticità diffusa.
Diffuso è un nuovo interesse verso la tecnica, il Protorazionalismo, che coincide
peraltro con la diffusione del cemento-armato, sfrutta proprio le possibilità dei
materiali per raggiungere il suo programma semplificatorio e della massima
economia, quella dell’economia è un’altra invariante dello stile.
Loos con le sue opere e i suoi scritti è l’emblema della semplificazione e dell’economia delle forme. La lotta allo spreco e al superfluo acquista per lui un
accento morale ed una precisa volontà sociale, ma quello che muove questo
aristocratico architetto è in primo luogo una scelta di natura estetica (semplice
è bello). Nello scritto “Ornamento e stile” del 1908, tra le numerose tesi moralistiche e nel suo considerare selvaggi coloro che si attardano sulla parte decorativa dell’architettura a scapito di quella funzionale e sociale, emergono i motivi principali della sua polemica: “Poiché l’ornamento non è più organicamente
connesso con la nostra cultura, non è più neppure l’espressione della nostra
cultura”.
Un’altra caratteristica invariante è il passaggio dai motivi concavo-convessi alla
morfologia geometrica facente capo all’astrazione. Al geometrismo espresso
nelle opere di Mackintosh, del primo Wright, il Protorazionalismo aggiunge di
suo l’adesione alla geometria dei prodotti meccanici, standardizzati, modulari.
Questo stile se combatte l’ornamento dell’Art Nouveau al tempo stesso non riesce a sostituirlo, tranne qualche eccezione, che con un ritorno al classicismo.
Non trovarono alcun codice se non quello degli impianti bloccati, delle simmetrie bilaterali.
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Le varianti del Protorazionalismo
Nella Secessione viennese abbiamo notato una naturale evoluzione verso il Protorazionalismo, e alcune opere di Wagner e la maggior parte di quelle di
Hoffmann possono considerarsi protorazionaliste.
Hoffmann realizza nel 1903 il “Sanatorio di Pukersdorf” che possiamo considerare, privo com’è di concessioni decorative, come il primo edificio protorazionalista.
Nel 1905 Hoffmann inizia la costruzione del suo capolavoro, il “Palazzo Stoclet”
a Bruxelles. Quest’opera per alcune concessioni decorative riflette ancora
istanze Art Nouveau ma per la sua inedita conformazione spaziale e per il suo
rigore stilistico rispecchia anche molte esigenze del Protorazionalismo. Può essere considerato come il punto di passaggio tra i due stili. L’architettura di
Hoffmann ha bisogno di un costante supporto extra-architettonico, quando viene a mancare il contributo di Klimt, Hoffmann ricade nel classicismo.
Diverso è il contributo di Loos che teorizzò un’architettura autonoma e pura.
egli non realizzò mai edifici di valore, ma rimane nella storia dell’architettura
contemporanea come esempio di grande rigore e coerenza sia a livello teorico
che operativo. Tra le sue opere più famose troviamo “Casa Steiner”.
Due gli assunti fondamentali di Loos:
- lotta ad ogni forma di decorazione per realizzare un’economia che abbiamo
definito estetica e per una sociale avversione allo spreco;
-tendenza a dimostrare l’indipendenza dell’architettura dalle altre forme d’arte figurativa, puntando al suo specifico spaziale, alle proprietà insite nei materiali: le venature dei marmi, le fibre del legno, il colore.
Principio “Raumplan”: gli ambienti ampi richiedono un’altezza maggiore degli
ambienti contigui aventi pianta più piccola; ne consegue che in sezione non è
possibile coprire con un solo solaio invasi ad altezza diversa; così Loos incastra
verticalmente uno sull’altro gli ambienti a quota diversa. Ne deriva un’economia spaziale (ciascun volume è grande quanto basta alla sua funzione) e una
notevole varietà nella conformazione degli spazi interni. Sulle facciate, questi
incastri sono denunciati dalle aperture disposte in maniera non simmetrica.
Oltre al divario tra spazi interni (articolati) e quelli esterni (mero involucro) le
opere di Loos non riescono a sottrarsi al gusto Neoclassico, un esempio è il progetto con cui partecipa al concorso della “Chicago Tribune” del 1923, un grattacielo a forma di colonna dorica: forse anche un gesto polemico, ironico, ispirato dai suoi amici dadaisti.
Alle spalle di Perret e Garnier sta l’architettura dell’ingegneria ottocentesca e
l’invenzione del cemento armato.
Per Perret (1874-1954) è l’architettura ad adeguarsi alla struttura del cemento
armato, viene utilizzato (per motivi economici e di calcolo strutturale) in strutCorso di Teoria e Applicazione di Geometria Descrittiva 19
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ture non dissimili da quelle utilizzate con ferro e legno. La disposizione planimetrica dei pilastri gli consente il massimo sfruttamento e la maggior flessibilità degli spazi interni, la messa in evidenza sulla facciata della struttura portante gli consente di caratterizzare anche figurativamente le sue fabbriche. Perret
a contrario di Loos non abbandona la decorazione. Nel suo capolavoro “Casa di
Rue Franklin” a Parigi del 1903 i tamponamenti sono realizzati con pannelli in
ceramica a motivi floreali.
Uno dei suoi maggiori apporti al moderno linguaggio architettonico è quello di
aver chiarito la relazione tra elementi portanti ed elementi portati.
Garnier (1869-1948) fornisce un’altra versione del Protorazionalismo, quella per
cui ogni opera architettonica s’inquadra in un programma urbanistico. Nel 1901
Garnier elabora un grande progetto urbanistico ed edilizio: “La città industriale
per 35.000 abitanti”. La globale visione di questo progetto, curato in ogni dettaglio da Garnier è accompagnato da un regolamentazione edilizia. Pertanto
può essere considerato il modello dell’urbanistica razionalista per la sua rigorosa funzionalità, zonizzazione e lottizzazione.
Il contributo tedesco al Protorazionalismo non si limita all’opera di Behrens.
Questo stile coincide con gli anni del decollo della cultura architettonica tedesca, ossia del paese che assumerà la leadership del Movimento Moderno.
L’organizzazione militare nel campo della produzione industriale, l’istituzione
di numerose scuole di arte applicata, l’appoggio dello stato alle manifestazioni
artistico-produttive, le lotte sociali, la costituzione di una sorta di proletariato
della cultura, la crisi dello Jugendstil, la nascita dell’espressionismo, l’apertura
verso i linguaggi stranieri, l’importazione del modello inglese in architettura e
nelle arti applicate... sono tutti elementi che hanno favorito lo sviluppo tedesco.
Per Behrens (1868-1940) fu fondamentale il rapporto con la committenza. Al
suo esordio lavora per un mecenate occupandosi prevalentemente di arti decorative e arredamento, il suo secondo committente è l’AEG che rappresenta per
lui il grande incontro con il design e l’architettura per i grandi impianti industriali, il terzo committente fu il Comune socialista di Vienna per il quale si impegna nell’edilizia popolare.
Dell’AEG curerà la forma di ogni prodotto, dalle lampade ai radiatori, dall’arredamento delle filiali alla grafica pubblicitaria. Nel 1909 inizia con la “Turbinenfabrik” dell’AEG a Berlino ad operare nel settore dell’edilizia industriale.
Nel Protorazionalismo tedesco quasi tutte le tematiche di fondo socio-culturali
e politiche del Razionalismo vengono anticipate.
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Le opere del Protorazionalismo
Casa di Rue Franklin
Nel 1903 Perret realizza questo fabbricato per abitazioni alto otto piani inserito
tra i muri ciechi di due edifici contigui. Non v’era possibilità di luce diretta se
non dalla strada, Perret disegna allora una pianta ad U e nella parte centrale
arretrata incastra due balconi a 45 gradi aumentando così la superficie di prospetto.
Il piano tipo, oltre alla scala e ai servizi, presenta cinque vani principali. I locali
grazie alla libera distribuzione dei pilastri e all’uso di tramezzi, possono anche
mutare di forma e di numero. L’architetto realizza così una pianta libera pur
nella ristrettezza dello spazio a disposizione. Perret svuota il pianterreno da
ogni chiusura muraria, continua il prospetto per cinque piani, arretrando gradualmente gli altri attici. È la prima opera in cemento-armato dove la presenza
degli elementi strutturali serve anche a scandire un ritmo lineare. Va infine segnalata la grande parete vetrata (un’anticipazione del vetro-cemento) illuminante la scala sul prospetto secondario.
Casa Steiner
Costruita da Loos nel 1910. Tutto sembra nascere dalla volontà di superare un
regolamento edilizio che imponeva alla facciata principale verso la strada di
essere poco più alta di un piano. Loos sfrutta il dislivello fra la strada e il giardino, ossia ricavando su quest’ultimo un’altezza di quattro piani e raccordando
la copertura di essi con quella dell’unico piano concesso sulla strada mediante
un grande tetto curvo.
L’articolazione degli ambienti interni si basava sull’accostamento di ambienti
grandi e piccoli, cui s’incastravano superiormente ambienti piccoli e grandi in
modo da ottenere una varietà dello spazio interno pur conservando un unitario
piano di copertura. Questo contrasta notevolmente con la facciata aperta sul
giardini tutta ordinata e composta nella sua classicistica nudità. Le aperture si
differenziano ad ogni piano, ma non tanto da interrompere l’allineamento orizzontale e la simmetria dell’intera composizione.
La fabbrica di turbine AEG di Berlino
Nel 1909 Behrens costruisce un grande capannone affiancato da un corpo di
fabbrica a due ordini con copertura piana. La struttura metallica è visibile all’esterno solo per quanto concerne i montanti disposti tra ampie vetrate. Sulle
fronti di testa la struttura, pur essendo invisibile, determina la forma dei pro-
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spetti, Behrens realizza un frontone che non è triangolare ma ha appunto il profilo superiore formato da una spezzata.
L’intento di Behrens non è quello di affidare il carattere dell’opera unicamente
alle sue valenze costruttive e funzionali, sono senz’altro presenti anche delle
scelte estetiche. I critici hanno parlato di quest’opera come la sintesi tra un
tempio greco e un’officina.
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L’avanguardia figurativa
Il fenomeno dell’arte di avanguardia è tra i più tipici della cultura contemporanea, anticipa quasi tutti gli aspetti, le crisi e le contraddizioni del nostro secolo. Movimento artistico che sperimenta forme e temi in anticipo rispetto alla
produzione corrente, al codice in atto.
L’avanguardia cosiddetta storica va dall’inizio del secolo alla seconda guerra
mondiale, ne fanno parte personaggi di tutte le arti da Apollinaire a Majakowskji, da Tzara a Picasso, Da Boccioni a Joyce.
Fra le tante contraddizioni dell’avanguardia vi è quella di una duplice esigenza:
da un lato si vuole un’arte pura, fondata sui propri mezzi e dall’altro si alimenta continuamente l’intenzione di un’arte sociale (parallelismo fra avanguardia e
sinistra politica).
L’interesse per tutti i settori artistici e con questi alla “vita” determina che
l’avanguardia diventi una vera e propria ideologia. Numerose sono le ambiguità,
le incertezze, gli errori dell’avanguardia come del resto nella cultura contemporanea.
Pura visibilità
Se “Einfühlung” fu l’idea basilare per l’Art Nouveau, il simbolismo, il futurismo, l’espressionismo ed alcune sottocorrenti dell’astrattismo (informale), la
pura visibilità o “Sichtbarkeit” fu la teoria, o meglio il metodo critico-estetico
più adatto per comprendere le tendenze geometriche-costruttive, quali il cubismo, il purismo, il neoplasticismo, il costruttivismo.
La teoria della pura visibilità si deve a Konrad Fiedler (1841-1895) che si propone di studiare le arti figurative indipendentemente da ciò che rappresentano,
di considerare pittura, scultura e architettura per i loro valori formali, per i loro aspetti puramente visivi.
La natura di per sé non dice nulla all’arte: essa sarà conosciuta attraverso
l’opera dell’artista. A questo principio possiamo far risalire il progressivo distacco dall’arte dalla natura. Al posto dell’imitazione si richiede all’arte una
funzione ordinatrice e chiarificatrice, attributi che si possono collegare a quel
carattere di precisione proprio di alcune correnti dell’avanguardia.
Un altro assunto di Fiedler che trovò seguito in molte poetiche dell’avanguardia
è la distinzione del “bello” dall’arte. L’arte non si studia come un oggetto di
piacere estetico, ma come linguaggio al servizio della conoscenza; cosicché tutta una serie di valori che prima si identificavano con la bellezza, l’equilibrio, la
simmetria, la decorazione, i tratti piacevoli delle opere venivano a decadere e
a svalutarsi completamente una volta ammessa un’arte indifferente al piacere.
Potendo al limite essere anche brutta un’opera d’arte, secondo il gusto tradizionale, e non perdere con ciò validità artistica, risultava incrinato non solo il
codice accademico, ma la stessa estetica psicologica, la stessa cultura del
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“Einfühlung”. Il passaggio dall’Art Nouveau all’espressionismo può spiegarsi anche come negazione dell’edonismo dello Jugendstil per esaltare uno “spiacevole” che fosse più espressivo e vitale. Oltre che all’espressionismo il valore relativo della bellezza e la sua distinzione dall’arte preluderanno all’interesse per
l’arte negra, alla scomposizione cubista, alle disimmetrie neoplastiche, al dinamismo spaziale della nuova architettura.
Impressionismo
Un momento del gusto databile tra il 1870 e il 1880. Monet, Manet, Sisley, Degas, Renoir reagirono contro una pittura “storica” e narrativa e proposero
un’arte che si affidasse al solo valore dell’immagine. Un’immagine non più caratterizzata da colori cupi e da patine dorate, non più elaborata nel chiuso degli studi, ma colta all’aria aperta a contatto diretto con la natura. Essi scomponendo i colori secondo minute particelle accostate tentarono di tradurre i colori
in luce.
L’escludere ogni sorta di contenuto segna una rivoluzione rispetto al gusto precedente, ma soprattutto da il via all’autonomia dell’arte. La rappresentazione
della natura già interpretata dagli impressionisti in termini di immagine luminosa, subirà con le altre avanguardie una progressiva trasformazione finché con
l’arte astratta cesserà del tutto; quando l’opera del pittore si sarà liberata da
ogni influenza della natura e si concentrerà sui valori cromatici e compositivi,
sulla logica interna del quadro, essa risulterà assai simile a quella dell’architetto.
Cézanne tende a ridare classicità alla sua arte. Il colore perde in trasparenza e
luminosità, il segno di immediatezza, ma la pittura si consolida in forme chiuse.
A Cézanne occorrono cento sedute per completare un ritratto. Precorre il cubismo, gli oggetti delle nature morte di Cézanne presentano una caratteristica
che sarà tipica del cubismo. Infatti, mentre di solito una rappresentazione pittorica presenta un solo punto di vista, in molte opere di Cézanne ciascun oggetto dipinto segue un suo schema prospettico in modo che la composizione d’insieme risulti formata da tante autonome parti.
Simbolismo
Tra le varie correnti post-impressionistiche, di un certo rilievo per i suoi rapporti con l’architettura, è il movimento simbolista. In pittura segna un ulteriore
distacco dalla natura. Per loro la pittura è idee tradotte in simboli, soggettiva
(in quanto interpretazione della realtà), decorativa.
Fauvismo
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Espressionismo francese nato nel 1905, movimento mirante alla sintesi formacolore. Nelle opere di questi artisti era bandito il disegno, l’immagine era resa
dal semplice accostamento di violente zone di colore primario. È presente nel
fauvismo una duplice componente, ossia uno spiccato senso formale e decorativo da un lato e la tendenza alla deformazione morfologica-coloristica dall’altro,
questo portarono tale corrente ad essere la matrice di altri due importante movimenti: l’espressionismo e il cubismo.
Espressionismo
Nella storia dell’arte contemporanea il complesso fenomeno dell’espressionismo è estensibile in ogni direzione, si può dire che ogni esperienza d’avanguardia sfoci nell’espressionismo e che da esso partono tutte le correnti dell’arte
moderna. Inteso come continuazione dello Jugendstil e incarnazione della cultura popolare tedesca, l’espressionismo può considerarsi come il più assoluto e
romantico soggettivismo.
Nella pittura espressionista cade ogni forma decorativa per dar luogo alla “deformazione” degli oggetti rappresentati al fine di “esprimere” nel modo più
evidente i sentimenti di dolore e di angoscia dell’artista. Van Gogh, Ensor,
Munch, Picasso, Kokoschka, Chagall... è un fenomeno internazionale. Tuttavia
è soprattutto in Germania che esso assume il suo maggiore valore culturale.
I pittori della “Brücke”, gruppo fondato a Dresda nel 1905, al pari dei Fauves,
negano qualunque esperienza pittorica, avanzano l’istanza di un linguaggio figurativo rinnovato ad ogni opera. Si direbbe che gli espressionisti rifiutino la storia; tuttavia il loro riproporre un atteggiamento romantico, il loro richiamo ad
un primitivo spirito popolare tedesco, il loro interesse per l’arte africana, polinesiana ed esotica sono dimostrazioni che la loro ricerca dell’inedito non può
effettuarsi senza confrontarsi con le precedenti esperienze storiche e culturali.
Pertanto non nega la storia, ma afferma il diritto di una libera scelta e deformazione espressiva dei precedenti linguaggi decontestualizzandoli dalle loro
origini culturali.
Cubismo
La nascita del cubismo si fa risalire al quadro di Picasso le “Damigelle di Avignone” del 1907. Costruzioni di immagini secondo una struttura geometrica;
molteplicità e compenetrazione delle figure prodotte dai diversi punti di vista;
rappresentazione della totalità spaziale dell’oggetto (esterno-interno pianta-sezione); simultaneità della visione; fusione oggetto sfondo.
Per quanto con il cubismo si accentui quel distacco dalla natura che abbiamo
visto come una sorta di evoluzione irreversibile nell’arte moderna fino alla seconda guerra mondiale, il cubismo non fu mai un’arte astratta. I cubisti dichiararono di voler dipingere non tanto ciò che vedevano quanto ciò che sapevano
(conoscevano).
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Purismo
Primo dei movimenti derivanti dal cubismo, sorto ad opera di Ozenfant e Le
Corbusier nel 1918. I puristi programmarono una pittura assolutamente obiettiva, i loro quadri eludono ogni significato contenutistico, valgono come obiettive
composizioni di semplici elementi (forme), che si intrecciano con il fondo in una
immagine unitaria priva di emergenze. Singolare produzione pittorica al limite
tra il figurativo e l’astratto, in essa militò Le Corbusier, alcuni suoi quadri puristi hanno la stessa matrice morfologica di molte sue architetture, tanto da
sembrare piante di edifici.
Non fu un grande movimento pittorico ma per la prima volta sancì definitivamente l’alleanza tra arte e produzione industriale.
Futurismo
Contemporaneo al cubismo fu il primo vero e proprio movimento d’avanguardia,
il futurismo, che ne incarnò tutte le caratteristiche: la rottura col passato, il
macchinismo, l’attivismo, l’agonismo, gli atteggiamenti provocatori e dissacranti. Il futurismo nasce con il “Manifesto Futurista” di Marinetti nel 1909.
In pittura il futurismo, partendo dal divisionismo, traduce in forme plastiche e
in colori sgargianti quegli ideali o miti della lotta totale alla tradizione, del dinamismo, del meccanicismo, della simultaneità. Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini ebbero in comune la tendenza a riprodurre nel modo più esplicito il
senso della velocità, mito dei miti. Bandirono qualunque carattere contemplativo, essi spingono l’osservatore al centro dell’immagine, la sua partecipazione
fisiopsichica al racconto che a sua volta è tutta una dirompente battaglia di linee di forza.
L’architettura futurista, stando al Manifesto e ai disegni di Sant’Elia, traduce in
forme e idee architettoniche le premesse generali del movimento: rifiuto di
ogni stile tradizionale, distruzione dell’ambiente preesistente, esaltazione della
produzione meccanica, nuove tipologie edilizie, impiego di nuovi materiali,
precarietà dell’edilizia e suo continuo rinnovamento.
“Noi siamo materialmente e spiritualmente artificiali”
Sant’Elia non si preoccupa della valutazione di questo giudizio da un punto di
vista morale. Anche se questa artificialità è un errore morale, ha il coraggio, in
nome dell’arte, di farsene promotore, mirando così a dare all’arte un nuovo
patrimonio di forme, di linee, di colori.
L’artificialità non è un modo di essere ma un modo di vedere, di sentire, di
creare.
L’arte diventa, per Sant’Elia, conoscenza e creazione ad un tempo, poiché non
si può conoscere ciò che si crea né creare ciò che si conosce.
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Storia dell’Architettura
L’architettura non cercherà di farsi piccina per nascondersi fra gli elementi naturalistici di un paesaggio, ma si farà lei nuovo paesaggio. Questa polemica è
diretta agli eclettici, al naturalismo idilliaco di Ruskin, al Liberty di Morris.
Dadaismo
La prima guerra mondiale contribuì a trasformare gli obiettivi dell’avanguardia,
a dare ad essa un nuovo sfondo politico, sociale ed economico, si pensi alle
conseguenze della Rivoluzione Russa e della sconfitta della Germania. Mentre le
nazioni in cui erano nati il cubismo, il futurismo, l’espressionismo erano in
guerra, l’avanguardia si sviluppa nei paesi neutrali, l’Olanda e la Svizzera. Nel
1916 il poeta Tzara, gli scrittori Ball e Huelsenbeck, il pittore-scultore Arp
fondarono il movimento dadaista.
Carattere ironico, demistificatorio, provocatorio. Se sul piano dei contenuti il
movimento Dada rappresenta il momento più negativo dell’avanguardia, rifiutando la parte costruttiva delle avanguardie, sul piano linguistico esso conferì
maggiore libertà e spregiudicatezza alle forme del cubismo e del futurismo.
Neoplasticismo
In Olanda,nel 1917, con la rivista “De Stijl” nasceva il neoplasticismo, tra suoi
esponenti: Mondrian, Van Doesburg, Oud, Rietveld.
Arte astratta, nella quale quel processo di un costante allontanamento dalla
natura si risolve nella completa scomparsa nel quadro di ogni riferimento naturalistico a vantaggio di forme geometriche, organiche o di pura fantasia. Di
quest’ultimo tipo è la prima opera astratta, un acquerello di Kandinsky del
1910, mentre l’astrattismo geometrico nasce con Malevic nel 1913 dipingendo il
famoso “Quadrato nero su fondo bianco”.
Da un lato si riconosce alle forme ed ai colori un proprio potenziale comunicativo, dall’altro si pone in crisi il concetto stesso di rappresentazione.
Le tesi del movimento sono basate sulla lotta all’individualismo; stretta unità
tra pittura, scultura e architettura; valore simbolico delle forme e dei colori; i
pochi elementi linguistici: in pittura le linee si intersecano solo a 90° gradi, i
riquadri risolti in rosso, giallo e blu, in architettura la scomposizione del volume
in piani colorati, l’eliminazione delle bucatura come fori nella parete e la loro
realizzazione nello spazio lasciato libero dall’accostamento di due piani, gli incastri tali da non poter cogliere l’immagine architettonica da un unico punto di
vista, ma percorrendo le varie fronti, ormai assolutamente prive di gerarchie.
È l’architettura l’obiettivo a cui devono tendere tutte le arti figurative.
Suprematismo e Costruttivismo
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Storia dell’Architettura
Di derivazione cubista e futurista furono le prime avanguardie russe: il Raggismo di Larianov e Gontacharova del 1909, ed il cubofuturismo di Majakovskij
del 1912; viceversa completamente autonomi furono il Suprematismo ed il Costruttivismo.
Il Suprematismo di Malevich si basa sulla supremazia della sensibilità pura nelle arti visive rispetto alla rappresentazione naturalistica o espressionistica, sull’arte al servizio di un’idea o di uno scopo. Unificazione delle arti: pittura o architettura, mobile o aeroplano sono generate da uno stesso atteggiamento
creativo.
Tra Suprematismo e Costruttivismo vi sono momenti di convergenza, il comune
approdo all’astrattismo per esempio, e momenti antitetici: alla pura sensazione
plastica di Malevich il Costruttivismo contrappone uno spiccato interesse per la
tecnica, la produzione, l’impegno politico.
Questo mito della costruzione, comprensibile in relazione al significato che assumeva la macchina e la produzione industriale in quel periodo storico, trova il
suo emblema nel “Monumento alla Terza Internazionale” che Tatlin ideò nel
1919. Esso doveva comporsi di tre enormi ambienti di cristallo: un cubo, una
piramide e un cilindro ruotanti con una diversa velocità a seconda delle funzioni
cui erano destinati. Il primo, per i congressi, avrebbe dovuto compiere un giro
intorno a se stesso in un anno; l’ambiente a forma di piramide destinato agli
uffici amministrativi, avrebbe girato in un mese; il più alto adibito all’informazione e alla propaganda, in un giorno. Questo grattacielo semovente sarebbe
stato sostenuto da una colossale struttura in acciaio a forma di spirale.
L’avanguardia architettonica e l’architettura espressiva
Per trovare una corrente, benché estesa anch’essa in ogni campo, avente in
quello architettonico i contrassegni più tipici dell’avanguardia, bisogna rifarsi
all’espressionismo. Un movimento d’idee, di scritti, di disegni, di progetti e di
alcune opere significative che tuttavia, per il solo fatto di essere state realizzate, esulano dall’avanguardia.
L’espressionismo in architettura si attua con un notevole ritardo rispetto a quello dei pittori e solo nella Germania del primo dopoguerra. Il movimento del
“Novembergruppe” del 1918, fortemente politicizzato, a cui aderiscono tra gli
altri Gropius, Mies Van Der Rohe, Mendelsohn. Con l’intento di creare un rinnovato rapporto fra arte e popolo promosse una serie di manifestazioni, concerti, scuole d’arte, inchieste... nelle quali l’avanguardia si fondeva strettamente
con l’azione politica, e l’architettura finiva per essere il punto di convergenza
di quasi tutte le iniziative.
Qui l’espressionismo non esita a fondersi con l’arte astratta ed il più radicale
indirizzo politico. La Novembergruppe si sciolse in seguito alle difficoltà politiche interne. L’atteggiamento culturale è chiaramente espresso dalla satira di
Grosz e dal teatro di Brecht: cinismo e rassegnazione.
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Storia dell’Architettura
Nel 1919 sorge il “Consiglio del lavoro per l’arte”, associazione di architetti,
scultori, pittori e scrittori, che intende portare anche nel mondo artistico
l’esperienza dei consigli degli operai e dei soldati, che vanno sorgendo un po’
dappertutto in Germania sulla base dell’ipotesi rivoluzionaria o della libera associazione socialdemocratica. Animatore è Bruno Taut. Richiamo al lavoro collettivo e un’esplicita esaltazione dell’utopia.
Un’architettura che affondi le sue radici nella “spiritualità” contro l’utilitario;
che si rivolga ad una umanità pacificata e senza classi; che miri all’unificazione
di ogni tipo di lavoro creativo. Gli espressionisti giungono a radicalizzare a tal
punto la loro protesta da rifiutare ogni impegno professionale, riducendo la loro
opera ai disegni e alla teoria.
Se, come abbiamo già osservato, qualunque opera architettonica per essere
realizzata deve necessariamente giungere a compromessi coi regolamenti, con
la politica di una società, la vera e propria avanguardia, che per definizione
programmatica nega tali istituzioni e le combatte, è tale se rimane nell’ambito
di disegni, progetti, teoria. E quella espressionista era tutta una produzione irrealizzabile.
L’espressionismo architettonico sfocia in due strade: nel razionalismo e in una
propria produzione di fabbriche espressioniste.
Quanto allo sfocio nel razionalismo si pensi alla partecipazione di Gropius al
movimento razionalista e al programma e ai primi anni di attività didattica del
Bauhaus, se pensiamo che i leaders della scuola sono gli stessi del Novembergruppe, dobbiamo concludere che tra il cosiddetto utopismo dell’architettura
“fantastica” dell’espressionismo e il razionalismo rigoroso tedesco non v’è contraddizione, ma continuità: esattamente come, nella storia dell’ideologia politica che anima tutta l’architettura moderna, non v’è contraddizione ma continuità tra socialismo “utopistico” e socialismo “scientifico”.
Fabbriche espressionistiche sono: la “Torre Einsten” di Mendelsohn del 1921, i
“Magazzini Schocken” sempre di Mendelsohn del 1926. L’uso del cemento-armato, sfruttando le sue caratteristiche plastiche, l’adozione del vetro ben oltre
le sue proprietà di trasparenza, l’insistenza delle linee concavo-convesse e comunque irregolari, il gusto del dettaglio, l’intenzione di fondere organicamente
l’edificio con il suo contesto, il ricorrente motivo delle finestre a nastro sono
tutte caratteristiche comuni all’architettura espressionistica.
L’espressionismo è una componente permanente dell’architettura moderna,
scompare e riemerge costantemente nelle vicende di ciascun architetto. Nasce
ben prima dei disegni di Mendelsohn: basta pensare a Gaudì. Risorge quando
tutti ne hanno decretato la morte: basti pensare alla “Cappella di Ronchamp”
di Le Corbusier.
Per vincere l’ibernazione razionalista, e il conformismo accademico che ne discende, si ricorre necessariamente all’espressionismo.
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