5.7 Trasporto, distribuzione e accumulo di energia elettrica 5.7.1 Introduzione Rispetto ad altre forme di energia, quella elettrica presenta il vantaggio di trasformarsi in energia meccanica, termica e luminosa, con rendimento elevatissimo e di consentire applicazioni come quelle informatiche e di telecomunicazione; ha anche il vantaggio di poter essere utilizzata a distanze molto elevate dai centri di produzione. Ciò spiega perché, a partire dagli ultimi decenni del 19° secolo, gli sviluppi dell’elettrotecnica hanno consentito un’accelerazione formidabile di tutti i settori dell’industria, trovando altresì sbocchi crescenti nei consumi civili. A fronte di questi innegabili vantaggi, l’energia elettrica presenta l’handicap di una trascurabile attitudine all’immagazzinamento; in altre parole non è possibile, se non in termini modesti, parlare di energia potenziale elettrica come si parla di energia potenziale chimica (capacità dei combustibili fossili di sviluppare calore), di energia potenziale nucleare o di energia potenziale idraulica (capacità di grandi masse d’acqua di produrre lavoro per variazione di quota). Di seguito vengono illustrate le possibilità limitate di accumulo di energia elettrica (o del suo ‘stoccaggio’) sotto forme diverse di energia. Vengono quindi illustrati gli sviluppi delle prime linee elettriche che hanno consentito l’utilizzazione a distanza dell’energia prodotta in apposite centrali e sono posti in evidenza i limiti di affidabilità delle singole linee e la conseguente necessità di interconnessione, che ha portato allo sviluppo di reti elettriche di trasmissione con linee in continua (con applicazioni specifiche) e linee in alternata, di uso più corrente. La realizzazione di reti elettriche di trasmissione, le più importanti in America Settentrionale e in Europa, pone problemi di protezione da rischi diversi, aggravati dai processi di liberalizzazione, che possono anche provocare fenomeni di black-out. L’energia elettrica perviene ai singoli utenti tramite reti di distribuzione, VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ collegate alle reti di trasmissione e configurate secondo schemi via via più evoluti. 5.7.2 Accumulo di energia elettrica Sistemi di accumulo Le modalità di generazione e di utilizzazione dell’energia elettrica rendono particolarmente importanti le diverse possibilità di immagazzinamento. Proprio per le caratteristiche dei sistemi elettrici, le tecnologie di accumulo differiscono fra loro a seconda dello scopo cui sono destinate: sopperire entro frazioni di secondo alle variazioni o alle interruzioni di erogazione dell’energia elettrica (power quality); assicurare la continuità del servizio, per esempio quando si passa da un generatore elettrico a un altro (bridging power); adeguare la fornitura elettrica alla domanda da parte degli utenti (energy management). Dopo quasi due secoli di ricerca e sviluppo l’energia elettrica continua però a essere immagazzinabile soltanto su scala relativamente modesta, anche se sono in vista innovazioni molto promettenti. Unica eccezione sono gli impianti di pompaggio costituiti da un serbatoio a quota più elevata, dove nelle ore notturne (durante le quali l’energia ha un basso prezzo) utilizzando l’energia elettrica prodotta da una centrale termica viene pompata l’acqua contenuta in un serbatoio a quota più bassa, mentre nelle ore diurne l’acqua è fatta ridiscendere a valle, dove genera energia elettrica nelle ore di punta, quando il suo valore è massimo. Si tratta di una soluzione vantaggiosa sotto il profilo economico, nella quale l’immagazzinamento avviene sotto forma potenziale idraulica; la soluzione è comunque penalizzante dal punto di vista energetico, in quanto l’energia utile prodotta è il 65-70% di quella impiegata. Naturalmente l’operazione è tanto più redditizia quanto minore è in proporzione il costo dell’energia elettrica utilizzata per il pompaggio: la convenienza è massima nel caso di 515 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI impianti nucleari, notevole utilizzando impianti alimentati da carbone, molto minore in impianti con cicli combinati o in centrali alimentate con olio combustibile. È altresì ovvio che impianti di pompaggio possono essere realizzati solo là dove l’orografia lo consente; sotto questo profilo l’Italia è notevolmente avvantaggiata, anche se non dispone di molti impianti termici con bassi costi proporzionali di produzione. Gli impianti di pompaggio in esercizio hanno, in totale, una potenza lorda installata di circa 4.000 MW. Altre due modalità di accumulo, sempre con conversione in altra forma di energia (la compressione d’aria in cavità sotterranee e i volani), sono scarsamente applicate su larga scala; la prima ha consentito accumuli fino a poco meno di 300 MW, ma è molto limitata nel suo sviluppo dalla disponibilità di cavità naturali adatte. Le prospettive di immagazzinare energia elettrica in magneti superconduttori, per quanto molto promettenti, incontrano ostacoli nei valori troppo bassi delle temperature a cui possono operare. È infatti possibile accumulare energia elettrica in magneti nella lega niobio-titanio, che diventa superconduttrice a 2-4 K (temperature a cui l’elio è liquido); le ricerche dell’ultimo ventennio su materiali superconduttori a temperature più elevate, comunque inferiori a 100 K (circa ⫺200 °C), non consentono però al momento realizzazioni su scala significativa; sarà quindi necessario un ulteriore impegno in ricerca e sviluppo. Batterie elettrochimiche La forma più diffusa di accumulo dell’energia elettrica rimane ancora quella elettrochimica (accumulatori o batterie elettriche). Uno dei principali vantaggi di questa soluzione è costituito dai tempi di risposta: si può in pratica affermare che la domanda di energia elettrica viene soddisfatta in tempo reale. Tuttavia le batterie hanno una efficienza (in termini di capacità di accumulo e di capacità di ricarica) decrescente con il numero di cicli carica/scarica. Anche in questo caso, inoltre, la capacità di accumulo è alquanto limitata: nelle consuete batterie al piombo non supera 50 Wh/kg, ma anche soluzioni più avanzate non consentono di innalzare di molto questo valore (tab. 1). Tali limiti hanno finora reso difficile, a parte utilizzi marginali, la diffusione di veicoli elettrici; solo di recente stanno avvicinandosi a condizioni di lancio commerciale su larga scala i veicoli a due ruote (scooter elettrici). Anche l’efficienza e il numero di cicli (scarica/ricarica) praticabili influenzano la convenienza economica delle diverse soluzioni e i campi di applicazione. Le batterie a elettrolita fluido, attualmente in stadio dimostrativo/precommerciale, sembrano avere prospettive promettenti, in quanto sono in grado di immagazzinare un notevole quantitativo di energia aumentando la quantità di elettrolita nel serbatoio; ciò consente di disaccoppiare potenza ed energia, così da rispondere rapidamente a cambiamenti di carico sulla rete. Le 516 tab. 1. Caratteristiche di alcune batterie elettriche (Semadeni, 2004) Tipo Capacità di accumulo (Wh/kg) al piombo 20-50 nichel-cadmio 20-55 nichel-idruri metallici 50-80 litio-ossidi metallici ⬃100 seguenti tecnologie, in particolare, sono in fase avanzata di sviluppo: • VRB (Vanadium Redox Battery), che ha il vantaggio di funzionare a basse temperature, di non contenere metalli pesanti quali piombo, nichel, zinco, cadmio; e i cui rendimenti sono superiori all’80%; • PSB (Polysulfide Bromide Battery), basata su una reazione elettrochimica reversibile fra due elettroliti (bromuro di sodio e polisolfuro di sodio), che già consente realizzazioni in grado di erogare circa un centinaio di MWh con potenze della decina di MW e rendimenti del 75%. In prospettiva miglioramenti significativi possono venire dalle ricerche sui nanotubi multi-wall, capaci di ospitare molecole di titanato di litio, che possono aumentare di 10-100 volte il numero di cicli carica/scarica. Materiali e film nanostrutturati potrebbero consentire anche la realizzazione di supercapacitori, condensatori elettrici di elevatissima capacità, in grado di immagazzinare energia con una densità di un ordine di grandezza superiore a quella delle batterie. Produzione e consumo Attualmente, con l’eccezione dell’accumulo per pompaggio, l’energia elettrica è dunque immagazzinabile solo per applicazioni di piccola scala, di cui la più importante e diffusa è quella a bordo dei normali autoveicoli, mentre sta crescendo quella – su scala più modesta – in dispositivi elettronici (telefoni cellulari, computer portatili, ecc.). Quando sono in gioco potenze molto elevate, l’assenza di adeguati sistemi di accumulo obbliga di fatto a cercare un equilibrio istantaneo fra domanda e offerta di energia elettrica, che richiede una ridondanza della seconda, realizzata in parte attraverso una sovracapacità produttiva e in parte attraverso reti di interconnessione. Oggi è tale l’abitudine alla presenza di reti elettriche che è difficile immaginare un mondo che ne sia privo. Va però ricordato che i primi impianti di generazione elettrica furono costruiti per utenze singole (uno dei primi casi fu una fabbrica per la nichelatura dei metalli). La corrispondenza biunivoca fra utenza e impianto di produzione non richiedeva pertanto una rete di distribuzione ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA dell’energia prodotta che non fosse quella interna all’utilizzatore. La situazione non mutò sostanzialmente nemmeno quando si fece strada l’idea di vendere l’energia elettrica a utenze diversificate, come avvenne, per esempio, con il primo impianto italiano di Edison (nel 1883, in via di Santa Radegonda, a Milano), in grado di sostituire i beccucci a gas con lampade elettriche per l’illuminazione del Teatro alla Scala e di utenze limitrofe. 5.7.3 I primi passi Dalle linee alle reti Lo sviluppo e la diversificazione della domanda di energia elettrica misero rapidamente in luce i limiti entro i quali l’energia stessa poteva essere accumulata e la non accettabilità degli inconvenienti derivanti dai fuori servizio (allora più frequenti di oggi) nel caso di asservimento isolato fra un impianto di generazione e una singola utenza. Di qui la spinta allo sviluppo di reti di distribuzione locali e successivamente di reti di trasmissione a distanza. Il passaggio dalle prime, caratterizzate da tensioni relativamente basse, alle seconde, a tensioni molto più elevate per limitare le perdite di energia, fu abbastanza precoce in situazioni, come quella italiana, dove condizioni specifiche, quali la dipendenza dall’estero per il carbone, spinsero a perseguire per la generazione la via delle centrali idroelettriche, localizzabili laddove vi fosse disponibilità di risorse idriche, cioè spesso lontano dal baricentro delle utenze. Per questo motivo l’ultimo decennio del 19° secolo vide la nascente industria elettrica italiana conquistare posizioni di avanguardia nel trasporto a distanza dell’energia prodotta. Per il trasporto verso Milano dell’energia della centrale di Paderno di Edison, entrata in esercizio nel 1898, venne realizzata una linea a 13.500 V, lunga quasi 13 km: un record, per l’epoca, rispetto ai 6.000 V della linea Tivoli-Roma e di quella di Heidelberg in Germania (Maiocchi, 1992). La richiesta crescente di energia elettrica diede inoltre luogo, nei primi anni del 20° secolo, a un’altra innovazione radicale: la costruzione di serbatoi artificiali per lo sfruttamento dei bacini idrici alpini. Già nel 1906 l’Azienda Elettrica Municipale di Milano acquistava una concessione in Valtellina per costruirvi una centrale di 13,5 MW, la cui energia veniva trasportata a Milano con una linea a 65.000 V lunga 150 km (Zorzoli, 1997). la trasmissione a 220 kV, un livello di tensione ancora molto diffuso. Lo sviluppo del sistema elettrico americano avviene essenzialmente nei primi trenta anni del 20° secolo, senza sostanziale pianificazione centrale, ma per iniziativa di diverse aziende private verticalmente integrate. Nascono così le Investor Owned Utilities (IOU), in parte supportate da finanziamenti statali, che hanno il monopolio del servizio sull’area elettrificata. Alcune zone del paese vengono invece elettrificate direttamente dal governo federale tramite enti appositamente costituiti: i più importanti sono la Tennessee Valley Authority (TVA), che opera nell’omonimo stato, e la Bonneville Power Administration (BPA), attiva nel Nord-Ovest; entrambi gli enti posseggono significative porzioni della rete di trasmissione. Altre imprese locali si sviluppano sotto forma di aziende comunali e di cooperative; salvo rare eccezioni, queste imprese non sono proprietarie di reti di trasmissione, ma solo di distribuzione. L’Europa non è da meno. Nel 1930, per esempio, sono già in esercizio circa 7.000 km di linee di trasmissione in Italia e 4.000 km in Francia. Negli otto anni successivi si verifica un raddoppio in Francia e un incremento del 60% in Italia (tab. 2). Tuttavia, almeno per quanto concerne l’Europa occidentale, solo nel secondo dopoguerra si realizzano una reale integrazione delle reti nazionali e l’interconnessione fra reti di diversi paesi (v. par. 5.7.6). Progressi notevoli si verificano anche negli Stati Uniti e più in generale in America Settentrionale, che per successivi sviluppi portano alla situazione odierna (v. par. 5.7.5). Altrove le interconnessioni sono meno estese, anche se sono previsti notevoli sviluppi in Asia (APEC, 2000) e in Australia. 5.7.4 Tipi di reti di trasmissione e problemi connessi La trasmissione può avvenire in corrente alternata o in corrente continua (HVDC, High Voltage Direct Current). tab. 2. Chilometri di linee di trasmissione ad alta tensione nel 1938 (Millward, 2004) Francia Italia Regno Unito 220 kV 2.062 505 0 Interconnessioni nazionali e internazionali 120-150 kV 5.325 11.263 4.818 Nel 1901 viene realizzata la prima interconnessione internazionale fra il Canada e la città di Buffalo, negli Stati Uniti; una seconda, fra Stati Uniti e Messico, entra in funzione nel 1905. Tuttavia il primo boom nella trasmissione a distanza si ha soltanto nel decennio successivo alla Prima Guerra Mondiale, soprattutto dopo che negli Stati Uniti viene messa a punto la tecnologia per ⬍120 kV 1.325 0 2.227 Totale 8.712 11.768 7.045 km/1.000.000 abitanti 207 267 152 km/1.000 km2 16 38 30 VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ Tensione 517 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI La prima modalità è quella utilizzata più largamente nelle reti; la seconda è usata in situazioni più specifiche. totale CA totale CC Trasmissione in corrente continua 518 distanza di equivalenza investimento La trasmissione in continua generalmente rappresenta un ‘tampone’ fra due reti in alternata: all’estremo di ciascuna delle due reti una stazione di conversione esegue, mediante rettificatori, la conversione da corrente alternata a corrente continua; quest’ultima viene poi trasmessa lungo una linea di connessione fino all’estremo dell’altra rete, dove un’altra stazione di conversione, mediante inverter, la riconverte in alternata. Sia rettificatori sia inverter utilizzano tiristori, componenti a semiconduttore a stato solido simili ai diodi. La trasmissione in continua è caratterizzata da minori perdite elettriche, in quanto non si verificano né l’effetto corona né le perdite di potenza reattiva tipiche della trasmissione in alternata. La trasmissione in continua può avvenire secondo uno schema monopolare, quando i due terminali di conversione sono collegati da un unico conduttore, utilizzando la terra per il ritorno della corrente, oppure mediante schema bipolare (due conduttori, il che consente di trasmettere potenza quando uno dei conduttori è fuori servizio). La tecnologia è preferita nel caso di: • collegamento di due sistemi in alternata non sincronizzati; • trasmissione a grande distanza di notevoli quantitativi di energia, quando la soluzione in alternata diventa non economica; essa risulta in particolare molto promettente per la valorizzazione del gas naturale estraibile in aree molto distanti dai potenziali utenti; si utilizza il gas in loco per generare energia elettrica, in quanto i costi della trasmissione elettrica in continuo sono inferiori a quelli del trasporto tramite gasdotto (gas-to-wire); • collegamenti sottomarini superiori a 50 km (per esempio, fra Svezia e Germania e fra Grecia e Italia); i cavi sottomarini hanno infatti un’elevata capacità, che in caso di trasmissione in alternata provoca alte perdite in potenza reattiva e perdite dielettriche, perfino nel caso di lunghezze relativamente modeste; inoltre, a parità di energia veicolata, la tensione, in questo caso costante, è inferiore alla tensione massima dell’equivalente linea in alternata, la quale determina lo spessore dell’isolamento e la distanza fra i conduttori. Di conseguenza, a parità di area disponibile, le reti in continua trasmettono più energia; il costo dei rettificatori e degli inverter è però elevato e su distanze non troppo alte rende la trasmissione in continua non competitiva (fig. 1). In tempi recenti si sono verificate due importanti innovazioni tecnologiche per le reti HVDC: per quanto riguarda la conversione, lo sviluppo di un nuovo semiconduttore, l’Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT), in grado di gestire potenze superiori a quelle sostenibili linea CC stazioni di conversione CC linea CA distanza sottostazioni di trasformazione fig. 1. Investimenti richiesti in funzione della distanza. dai componenti tradizionali; per quanto riguarda la trasmissione, la messa a punto del processo di produzione di cavi estrusi leggeri, cioè in grado di trasferire maggiore potenza a pari peso. Trasmissione in corrente alternata La trasmissione in corrente alternata utilizza reti essenzialmente costituite da: a) tre linee (terna), di norma aeree; b) sottostazioni di trasformazione; c) sistemi di rifasamento del carico; d) interruttori; e) sistemi di regolazione e controllo. I conduttori sono in rame nelle linee a bassa tensione e in quelle passate a media tensione, mentre nelle nuove linee a media tensione e nelle linee ad alta e ad altissima tensione sono in alluminio o in lega di alluminio (fig. 2). Le linee di trasmissione sono di norma aeree perché nettamente meno costose dei cavi; con l’altissima tensione in caso di lunghi tratti cablati si aggiungono anche problemi tecnici. Per contro i cavi, a differenza delle linee aeree, non sono esposti alle intemperie (fulmini, tempeste, nevicate) che possono compromettere il corretto funzionamento degli impianti di trasmissione. Nelle linee aeree i guasti sono localizzabili molto più rapidamente e le riparazioni sono più semplici. Per le linee aeree ad altissima tensione si utilizzano piloni a traliccio in acciaio: quanto maggiori sono la tensione e la distanza tra i piloni, tanto più alti sono i tralicci; per le linee ad alta tensione si utilizzano invece piloni di calcestruzzo. I cavi sono connessi ai piloni mediante isolatori in porcellana, vetro o materia sintetica, la cui superficie presenta una struttura ad alette; più elevata è la tensione, più lunghi sono gli isolatori. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA Per mantenere la frequenza il più possibile vicina al valore nominale, un certo numero di impianti di generazione opera in modo da variare automaticamente la propria potenza in risposta alle oscillazioni della frequenza; se i cambiamenti della frequenza superano un valore predefinito (tipicamente ⫾2,5 Hz), i generatori elettrici vengono automaticamente distaccati dalla rete per proteggere alcuni componenti dell’impianto (per esempio, le palette delle turbine non possono sopportare in sicurezza velocità di rotazione significativamente superiori a quella nominale). Analogamente, quando su una linea si superano determinati livelli di carico, questa viene disconnessa per evitare ulteriori danni. Protezione delle reti elettriche fig. 2. Conduttore di linea ad altissima tensione (Archivio iconografico IEI). Sottostazioni di trasformazione si trovano presso tutti gli impianti di generazione e utilizzano grandi trasformatori di potenza per innalzare la tensione ai valori richiesti per la trasmissione a distanza mediante terne di linee. Analoghe sottostazioni, localizzate lungo la rete, riducono la tensione ai valori richiesti per il suo utilizzo. In alternata le reti sono interconnesse in modo sincrono, realizzabile solo se tutte le reti operano sempre alla stessa frequenza e si assistono vicendevolmente per conservare l’equilibrio fra domanda e offerta ogni volta che un evento qualsiasi lo perturbi. Una rete elettrica è caratterizzata in definitiva da: • limiti di carico: il carico massimo che le linee possono trasmettere è limitato dalle relative caratteristiche tecniche. In periodi di elevata domanda le linee tendono a surriscaldarsi e quindi a dilatarsi abbassandosi; al limite si può arrivare alla rottura termica dei cavi; • regolazione in frequenza del carico: l’equilibrio continuo fra domanda e offerta, necessario per evitare gravi malfunzionamenti del sistema, viene mantenuto evitando che la frequenza vari significativamente rispetto al valore nominale (50 Hz in Europa, 60 Hz in America Settentrionale); • flusso ottimale: la trasmissione fra generazione e utenza ha luogo lungo il tragitto che ha impedenza minima, non lungo quello più corto o meno utilizzato; • distribuzione razionale dei punti di generazione: gli impianti di generazione devono essere localizzati in modo equilibrato all’interno della rete, sia per compensare le cadute di tensione sia per rendere disponibile la potenza reattiva necessaria per mantenere costante la tensione del sistema. VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ I sistemi di protezione dei singoli componenti del sistema elettrico possono innescare dinamiche a volte incontrollabili. Per esempio, il fuori servizio di una linea molto importante, mentre protegge la rete stessa da un sovraccarico, può provocare sovraccarichi altrove o deviazioni inaccettabili dei valori di tensione o di frequenza da quelli nominali; in tal caso, sempre al fine di protezione, altri componenti (generatori, linee) possono essere messi fuori servizio, creando ulteriori squilibri nelle restanti parti del sistema, che a loro volta vengono disconnesse. In tal modo si può arrivare addirittura al collasso complessivo, noto come black-out. Le caratteristiche dei sistemi elettrici interconnessi sono dunque tali che qualsiasi evento è in grado di diffondersi molto rapidamente nell’intero sistema, provocando una serie di eventi in cascata, che possono deteriorarne le prestazioni fino al fuori servizio di una sua parte significativa o, nei casi estremi, dell’intero sistema. Quando il sistema non funziona nello stato normale (nessun componente sovraccaricato e margini di riserva nella generazione e nella trasmissione sufficienti a fare fronte a disturbi ragionevolmente probabili) può passare, se non vengono soddisfatti i margini di riserva previsti, a uno stato normale vulnerabile, da cui in caso di perturbazione sufficientemente severa può scivolare a condizioni di emergenza. Per tornare alle condizioni normali i gestori delle reti dispongono di un piano di difesa che prevede una serie di azioni di riequilibrio (un tipico intervento è la riduzione del carico alimentato). Se le azioni non sono attuate tempestivamente o risultano inefficaci, si può arrivare al vero e proprio black-out. Si ricorda, al riguardo, che nel corso del 2003 il sistema elettrico italiano ha subito un significativo distacco di utenze dalla rete il 26 giugno e un prolungato blackout, iniziato nella notte del 28 settembre e conclusosi del tutto solo nel tardo pomeriggio dello stesso giorno. Senza entrare in una dettagliata analisi dei due eventi (Autorità per l’energia elettrica e il gas, 2003, 2004), va osservato come il primo sia stato determinato dalla scarsità della potenza disponibile a fronte della domanda provocata 519 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI dall’aumentato ricorso a condizionatori d’aria, generato da un’ondata eccezionale di calore; il secondo è stato invece determinato da una eccessiva dipendenza dall’importazione di energia, per cui un’interruzione delle forniture dalla Svizzera, non tempestivamente segnalata dal gestore della rete di quel paese, non è stata da parte italiana fronteggiata con i necessari alleggerimenti del carico e l’altrettanto necessario mantenimento in servizio degli impianti di generazione. Per limitare per quanto possibile funzionamenti anomali, la maggior parte delle reti elettriche di trasmissione è progettata per esercitare, con un certo grado di ridondanza, la cosiddetta sicurezza N-1: la ‘perdita’ di un qualsiasi elemento della rete (linea, sottostazione o centrale) non comporta l’interruzione del servizio; non appena un elemento della rete viene perso, gli operatori del sistema elettrico devono eseguire manovre per riportare il sistema in ridondanza. La fig. 3 mette in evidenza che la sicurezza N-1 può essere attuata in via sia preventiva sia correttiva; nel primo caso il sistema può gestire un’emergenza continuando a funzionare in condizioni di sicurezza per un periodo indefinito, purché non si verifichi un’altra emergenza. Nel secondo viene consentita qualche deroga ai vincoli fissati per il corretto funzionamento del sistema, purché le condizioni di sicurezza siano ripristinate entro un periodo di tempo di norma predeterminato (un valore tipico può essere 20 minuti). In entrambi i casi, se si verifica la successiva perdita di un ulteriore elemento (situazione N-2), la continuazione del servizio non è più garantita. La debolezza principale del criterio N-1 consiste nel fatto che non esegue un’analisi probabilistica degli stati esaminati, né considera le dimensioni degli effetti in caso di inadeguatezza. Inoltre trascura la possibilità di emergenze multiple, indipendentemente dalla loro probabilità di occorrenza (Garcés, 2004). Di conseguenza oggi si introducono anche ipotesi di emergenze multiple, attraverso indici di affidabilità, sia per i singoli punti di generazione e per i singoli componenti del sistema, sia per il sistema nel suo fig. 3. Modalità di funzionamento della sicurezza N-1. complesso, con simulazioni di transitori complessi effettuate grazie ad appositi software. 5.7.5 La rete nordamericana Ubicazione delle interconnessioni Sulla base degli sviluppi descritti nel par. 5.7.3, la rete di trasmissione nordamericana è attualmente costituita da quattro diverse interconnessioni fra loro non sincrone (fig. 4): interconnessione orientale (Eastern Interconnection); interconnessione occidentale (Western Interconnection); interconnessione del Texas (Texas Interconnection); interconnessione del Quebec (Quebec Interconnection). L’interconnessione orientale comprende essenzialmente tutti gli stati a est delle Montagne Rocciose e una parte sostanziale del Canada; quella occidentale tutti gli stati a ovest delle Montagne Rocciose, le province canadesi di British Columbia e Alberta e una piccola porzione di rete messicana; quella del Texas coincide con buona parte dell’omonimo stato; quella del Quebec è un’interconnessione a sé stante, con notevole capacità di trasporto di energia elettrica verso quella orientale per mezzo di collegamenti in corrente continua. Fra le tre prime grandi interconnessioni è possibile qualche limitato scambio di energia tramite alcuni collegamenti in corrente continua. La scarsa densità di carico e i diversi standard di funzionamento delle reti (essenzialmente i criteri di protezione) fanno sì che la sincronizzazione dei tre sistemi sia sempre stata considerata antieconomica. All’interno delle diverse interconnessioni esistono ‘colli di bottiglia’ (come del resto nell’interconnessione europea), che hanno in particolare influenza sui differenziali nei costi di generazione fra sub-aree di una medesima interconnessione. Le reti di trasmissione negli Stati Uniti hanno tensioni di esercizio comprese fra 230 e 765 kV, con la maggior parte delle linee a 230 kV (tab. 3). criterio di sicurezza N-1 preventivo correttivo azioni dell’operatore nel paese dove si è verificata l’emergenza azioni dell’operatore fuori dal paese dove si è verificata l’emergenza azioni da concordare tra gli operatori 520 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA interconnessione occidentale interconnessione orientale interconnessione del Texas interconnessione del Quebec fig. 4. Le interconnessioni nordamericane. Aree di servizio Lo sviluppo e la successiva integrazione del sistema elettrico nordamericano, con la conseguente interconnessione delle reti di trasmissione e di distribuzione, hanno posto il problema del coordinamento fra le diverse aree di servizio. Tale coordinamento, però, avviene in modo decentrato tramite accordi fra i singoli operatori: ciascuna azienda costruisce impianti di generazione interconnessi alla propria area di servizio e parte dell’energia viene scambiata con le aziende confinanti attraverso scambi bilaterali e pagamento di tariffe di trasporto sulle reti di trasmissione di proprietà delle altre aziende. Programmazione, controllo e dispacciamento (organizzazione automatizzata) del sistema sono pertanto definiti tramite accordi negoziati tra le parti interessate e lo sviluppo delle diverse aree di servizio avviene senza una pianificazione centralizzata. Spesso il territorio di un’azienda non ha nessuna relazione con un confine amministrativo: alcuni stati si avvalgono della presenza di più aziende, mentre talvolta una stessa impresa serve territori di più stati. Il governo federale, attraverso la Federal Energy Regulatory Commission (FERC), esercita un limitato con- tab. 3. Consistenza in miglia della rete di trasmissione statunitense (DOE, 2002) 1990 1999 2004 (stima) 230 kV 70.511 76.762 79.177 345 kV 47.948 49.250 51.682 500 kV 23.958 26.038 26.620 765 kV 2.428 2.453 2.585 Totale 144.845 154.503 160.064 Tensione VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ trollo sul sistema di trasmissione, come previsto dal Federal Power Act del 1935. Il controllo consiste in: a) regolazione dei prezzi all’ingrosso e dei servizi di trasmissione per le transazioni all’ingrosso; b) approvazione delle vendite e dei leasing di attività di trasmissione; c) approvazione delle fusioni e delle acquisizioni tra aziende private; d ) giurisdizione sul commercio di elettricità fra stati. La FERC non ha pertanto giurisdizione sul governo della rete; in particolare non ha potere di indirizzo o pianificazione e ancor meno di gestione. Nella maggior parte del paese, dove il mercato elettrico non è ancora liberalizzato ma si basa essenzialmente su aziende private che eserciscono il sistema in regime di monopolio naturale sotto la regolamentazione dei singoli stati in cui operano, la FERC ha giurisdizione sul prezzo di vendita all’ingrosso fra diverse aziende. Dove viceversa esiste un mercato liberalizzato (buona parte della costa orientale e Texas), la FERC regolamenta solo le tariffe di trasmissione (vettoriamento, trasporto, riserva rotante, regolazione, ecc.). In alcuni mercati anche il prezzo di questi servizi è però determinato da negoziazioni fra le parti. Dopo il grave black-out del 1965, nel Nord-Est degli Stati Uniti si è cercato di supplire all’assenza di una pianificazione centralizzata e di un’armonizzazione nella progettazione e nella gestione delle reti delle diverse aziende con la creazione del North American Electric Reliability Council (NERC). Si tratta di un organismo non-profit partecipato su base volontaria dai diversi operatori del sistema elettrico (generatori, aziende verticalmente integrate, società di trasmissione e distribuzione e ora anche generatori indipendenti, grandi clienti, traders), cui è affidata la definizione di standard, non obbligatori, per l’affidabilità della rete, la pianificazione e il coordinamento del sistema elettrico nazionale. Il NERC è suddiviso in dieci organizzazioni regionali (fig. 5). A partire dalla metà degli anni Novanta, alcune porzioni del sistema elettrico sono state liberalizzate, essenzialmente sotto la spinta di alcuni stati della costa orientale e della California. Le liberalizzazioni hanno favorito la nascita di alcuni operatori indipendenti della rete (ISO, Independent System Operator) che, pur non avendone la proprietà, gestiscono il dispacciamento degli impianti in modo centralizzato e indipendente dalle diverse aziende, come condizione necessaria allo sviluppo di un mercato competitivo. Situazione e prospettive Negli ultimi dieci anni il sistema elettrico americano ha visto una notevole crescita nella capacità di generazione di energia elettrica, anche per effetto della parziale liberalizzazione e della conseguente esplosione del fenomeno dei merchant generator; tale capacità non è stata però accompagnata da un pari sviluppo della rete. Oltre tutto i 521 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI fig. 5. Le dieci organizzazioni regionali del NERC. NPCC MAPP WSCC MAIN ECAR M A AC SPP SERC E R C OT FRCC interconnessione occidentale interconnessione orientale interconnessione del Texas - East Central Area Reliability coordination agreement E R C OT Electric Reliability Council Of Texas F R C C - Florida Reliability Coordinating Council M A AC - Mid-Atlantic Area Council M A I N - Mid-America Interconnected Network ECAR nuovi impianti di generazione sono stati costruiti dove maggiori erano le facilitazioni (zone meno soggette a vincoli ambientali e/o vicino a grandi gasdotti), senza quasi nessuna attenzione al resto del sistema elettrico; per di più gli scambi commerciali di energia non rispondono ai criteri di ottimizzazione tecnica con cui la rete era stata progettata, che prevedevano il ricorso prevalente a generatori ubicati in prossimità della domanda. Ne conseguono frequenti congestioni sulla rete, con detrimento, oltre che dell’economicità del dispacciamento, anche della sua affidabilità. La crescita della domanda e gli investimenti in nuovi impianti di generazione non sono stati infine accompagnati da investimenti in nuovi impianti di trasmissione. Poiché il sistema di trasmissione oggi in uso non era stato progettato per soddisfare l’attuale domanda, le congestioni quotidiane aumentano i costi dell’elettricità per i clienti finali e accrescono il rischio di black-out (DOE, 2002). Ne consegue uno stato di degrado della rete, come si evince dalla fig. 6, che mostra l’andamento degli investimenti per la trasmissione elettrica negli Stati Uniti. 5.7.6 Le reti europee Diversamente dagli Stati Uniti, nel secondo dopoguerra le società elettriche europee si sono mosse con notevole tempestività al fine di integrare le proprie reti elettriche. 522 M A P P - Mid-Continent Area Power Pool Northeast Power NPCC Coordinating Council S E R C - Southeastern Electric Reliability Council - Southwest Power Pool SPP W S C C - Western Systems Coordinating Council Già nel 1951 venne fondata l’UCPTE (Union for the Coordination of the Production and Transmission of Electricity), in seguito denominata UCTE (Union for the Coordination of the Transmission of Electricity), in quanto finalizzata all’integrazione dei sistemi di trasmissione. Costituita inizialmente da otto paesi, nel 2005 l’UCTE conta le aziende elettriche di ventidue stati (Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia e Montenegro, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera,), in cui vivono complessivamente circa 450 milioni di abitanti. Le aziende sono fra loro interconnesse in modo sincrono, per consentire una regolazione integrata; la produzione totale è di circa 2.300 milioni di MWh/a. L’esercizio di un sistema come l’UCTE richiede una stretta collaborazione fra le diverse aree sulla base di regole comuni, che vengono costantemente aggiornate. Questo obiettivo è realizzato grazie a un complesso sistema di regolazione, di cui sono responsabili le aree di controllo nelle quali è suddivisa l’UCTE. La singola area di controllo è generalmente di dimensione nazionale, anche se esistono casi di più aree di controllo che hanno creato un subsistema in grado di essere esercito in modo indipendente in situazioni di emergenza (per esempio, il CENTREL fra Germania e Svizzera). Tre centri di coordinamento, situati presso Brauweiler (RWE, ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA degli investimenti nella rete di trasmissione statunitense; come riferimento si usano dollari costanti, riportati al valore del dollaro nel 1999 (Hirst e Kirby, 2001). investimenti nella trasmissione (miliardi $ 1999/anno) fig. 6. Andamento 5 4 ⫺117 milioni $/anno 3 2 1 0 1975 1980 1985 1990 1995 2000 anno Germania), Laufenburg (ETRANS, operatore indipendente della rete svizzera) e Belgrado, intervengono sulla base delle differenze fra valori previsti e valori effettivi dei flussi di potenza scambiati fra le diverse aree (UCTE, 2004). Il sistema di trasmissione dell’UCTE è composto da linee con tensioni comprese fra 110 e 400 kV e da sottostazioni che le connettono alle reti di distribuzione. Circa 100.000 km hanno tensioni di 380/400 kV, altri 110.000 km sono invece a 220-300 kV, a cui si Fig. 7. Stato delle interconnessioni europee. ISLANDA IS UCTE NORTEL UKTSDA ATSOI ETSD stati membri UE D FINLANDIA FIN NORVEGIA NO RUSSIA SVEZIA S ESTONIA EE IRLANDA IRL GRAN BRETAGNA UK LETTONIA LV DK DANIMARCA PAESI BASSI BIELORUSSIA BY NL L LIECH. CH SVIZZERA A AUSTRIA SI UNGHERIA HU SLOVENIA CROAZIA HR PORTOGALLO P E SPAGNA ANDORRA MONACO SAN MARINO I ITALIA VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ DZ TN MALTA MT MOLDAVIA MD ROMANIA RO BOSNIA ED BIH ERZEGOVINA SCG SERBIA MONTENEGRO G AR AR BULGARIA BG MK MACEDONIA AL ALBANIA GRECIA EL MA UCRAINA UA REP. CECA CZ SLOVACCHIA SK LUSSEMBURGO FRANCIA F POLONIA PL GERMANIA D B BELGIO RU LITUANIA LT TURCHIA TR SYR CIPRO CY IL 523 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI aggiungono 4.500 km di cavi interrati. La tendenza è verso la sostituzione delle tratte a 220-300 kV a favore di linee con tensioni superiori. Ciascuna azienda partecipante al sistema ha normalmente diversi collegamenti con le reti di trasmissione delle imprese limitrofe. All’interno di ogni area un centro di controllo sovrintende all’insieme delle operazioni che si svolgono nell’area stessa e coordina le proprie attività con quelle delle aree confinanti, soprattutto per quanto concerne la programmazione e il trasferimento di potenza elettrica da un’area all’altra. Nel sistema UCTE la regolazione della frequenza è ripartita fra tutti i generatori elettrici attivi nel sistema, che sono fra loro sincronizzati. In tal modo si riduce l’impegno richiesto alle singole aree di controllo e, di conseguenza, l’entità della riserva di potenza. Poiché interconnessioni sincrone sottomarine non sono tecnicamente fattibili quando la distanza supera circa 50 km, i sistemi di trasmissione del Regno Unito (UKTSOA), dell’Irlanda (ATSOI) e dei paesi scandinavi (NORDEL) sono costretti a operare in modo autonomo e il loro collegamento all’UCTE avviene in asincrono; con l’Est europeo (ETSO) il collegamento è invece in continua (fig. 7). Lo sviluppo di un sistema elettrico europeo tramite l’UCTE venne inizialmente concepito con la finalità principale di migliorarne l’affidabilità. All’interno di questa logica gli interscambi fra aree di controllo limitrofe servivano a realizzare un riequilibrio fra aree con un deficit (contingente o strutturale) di potenza rispetto alla domanda e aree nella situazione opposta. Una prima significativa eccezione si è verificata nei primi anni Ottanta, quando in Italia l’Enel decise di importare in modo stabile e contrattualizzato energia elettrica dalla Francia e dalla Svizzera sulla base di convenienze economiche. Anche se la liberalizzazione del mercato elettrico europeo ha provocato scelte analoghe in altri paesi, l’Italia rimane l’unica nazione con un’importazione netta stabilmente superiore al 10%. 5.7.7 I problemi posti dalle liberalizzazioni Cause dei problemi Si è già fatto cenno alle problematiche poste dai processi di liberalizzazione nelle reti americane (v. par. 5.7.5). Gli attuali sistemi elettrici sono infatti il risultato di un’evoluzione tecnica e gestionale avvenuta in presenza di imprese per la maggior parte integrate verticalmente (dalla produzione di energia elettrica alla vendita ai clienti finali) all’interno di una determinata area. Di conseguenza i sistemi sono stai progettati, realizzati e gestiti in modo da garantire riserve adeguate di potenza, capacità sufficiente delle linee, minimizzazione dei costi di esercizio. In altri termini essi sono stati concepiti per trasportare l’energia secondo criteri di ottimizzazione tecnica 524 (localizzazione degli impianti, criteri di dispacciamento), per cui possono facilmente rivelarsi sottodimensionati in presenza di un regime di mercato nel quale la potenza non viene più dispacciata in modo da ottimizzarne il flusso entro il sistema, ma secondo priorità decise principalmente dalle convenienze economiche, che possono determinare scambi massicci e non pianificabili tra aree del sistema con costi marginali diversi. All’interno di configurazioni degli impianti di generazione e delle linee di trasmissione non ottimizzate a tal fine si verifica quindi un consistente incremento delle congestioni e della conseguente probabilità di fuori servizio parziali o totali del sistema stesso, come è avvenuto più volte negli ultimi anni (v. par. 5.7.8). Per esempio, nelle aree liberalizzate degli Stati Uniti fra il 1999 e il 2002 le transazioni commerciali sono aumentate del 400% e le congestioni in rete del 300% (Owens, 2003). Possibili rimedi Le risposte che si stanno dando ai crescenti disservizi sono di diversa natura. Le due principali riguardano il potenziamento delle linee di trasmissione e lo sviluppo della generazione distribuita. Il perseguimento del primo obiettivo, ovvero il potenziamento delle linee di trasmissione, viene di norma sostenuto dalle Autorità di regolazione mediante incrementi delle tariffe riconosciute, sufficienti a creare l’incentivo economico per nuovi investimenti. La realizzazione di nuove linee di trasmissione o il potenziamento di quelle esistenti incontrano tuttavia vari ostacoli. Il più rilevante è connesso ai possibili danni alla salute umana derivanti dall’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dalle linee elettriche, soprattutto quelle ad alta e altissima tensione. In base al principio di precauzione, la normativa considera anche situazioni nelle quali il nesso causale fra esposizione e danno non è ancora stabilito e, oltre al limite di esposizione (valore di tali campi che non può mai essere superato ai fini della tutela della salute), definisce, come misura cautelare ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine, anche un valore di attenzione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi ove sia prevista una presenza umana prolungata. Oltre all’impatto ambientale, per gli impianti di trasmissione ha particolare rilevanza quello territoriale, inteso sia come occupazione di territorio, sia come impatto visivo. Tale problematica ha suscitato in diverse occasioni dissensi e proteste da parte delle popolazioni interessate, soprattutto nelle zone a elevata densità demografica. Il secondo obiettivo, la generazione distribuita, ha il duplice scopo di ridurre il ricorso allo sviluppo delle linee di trasmissione e di svincolarsi, per quanto possibile, dai malfunzionamenti del sistema elettrico; a partire ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA dagli Stati Uniti, si è andato diffondendo il ricorso a piccoli impianti di generazione, spesso basati su innovazioni tecnologiche (le microturbine oggi, le celle a combustibile domani), asserviti a utenze specifiche (per esempio, ospedali, centri commerciali, grandi condomini) e con limitato interscambio di energia con la locale rete di distribuzione (Zorzoli, 2005). Accanto agli ulteriori vantaggi di poter operare agevolmente in cogenerazione (la quantità di calore recuperabile è spesso coerente con la domanda termica locale) e di risparmiare gli oneri di trasmissione e in parte di distribuzione, la crescita della generazione distribuita oltre un certo livello porrà però nuovi problemi alla regolazione delle reti di distribuzione. La generazione distribuita altera infatti una delle premesse su cui si è tradizionalmente basato il progetto delle reti di distribuzione: il flusso monodirezionale dell’energia dalla rete di trasmissione a quella di distribuzione, e da questa agli utenti. In altri termini, le reti di distribuzione sono state concepite per servire essenzialmente carichi passivi (i consumatori) e dispongono pertanto di sistemi di regolazione e controllo progettati ed eserciti a tal fine. L’inserimento, del tutto casuale dal punto di vista territoriale, di un numero elevato di punti di generazione, il cui funzionamento risponde alle esigenze delle utenze specifiche a essi asservite, non è pertanto programmabile e potrebbe portare a situazioni di degrado della qualità dell’energia erogata e dell’affidabilità del sistema, che gli attuali sistemi di regolazione e controllo non sarebbero in grado di gestire. Si possono, per esempio, determinare improvvise richieste di carico per il fuori servizio di un impianto di microgenerazione, che vanno risolte con potenziamenti delle linee di distribuzione e/o mediante l’introduzione di ulteriori sistemi di protezione (New York State Energy Planning Board, 2000). In diversi centri sono pertanto in corso attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla soluzione di questa nuova problematica, sia per quanto riguarda gli aspetti di natura tecnica, sia per definire modalità praticabili circa l’allocazione dei costi aggiuntivi ai generatori distribuiti. 5.7.8 Esame di un tipico caso di blackout Stati Uniti, 14 agosto 2003 Un esempio tipico della dinamica di un fuori servizio globale e prolungato è rappresentato da quanto è avvenuto negli Stati Uniti il 14 agosto 2003, quando si è verificato un black-out che ha coinvolto circa 50 milioni di persone e 61.800 MW di carico elettrico negli stati dell’Ohio, Michigan, Pennsylvania, New York, Vermont, Massachusetts, Connecticut, New Jersey e nella provincia canadese dell’Ontario. VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ Il rapporto finale sul black-out redatto dalla commissione d’inchiesta Stati Uniti-Canada ha valutato fra 4 e 10 miliardi di dollari USA i danni economici per i soli Stati Uniti. Nel mese di agosto il PIL canadese è sceso dello 0,7%, in buona parte a causa dei 18,9 milioni di ore-uomo lavorative perse per il black-out (Canada-US Power System Outage Task Force, 2004). La commissione d’inchiesta ha individuato tre tipologie di eventi alla base del black-out: eventi di rete, eventi computer ed eventi umani. Nella zona interessata dal black-out il 14 agosto è una giornata calda ma nella norma, con una domanda di energia elettrica moderatamente elevata per soddisfare il condizionamento degli edifici; la potenza utilizzata, destinata a compressori azionati da motori elettrici, è fortemente reattiva. Pertanto mentre i carichi attivi rientrano nella norma, quelli reattivi sono decisamente elevati (una domanda eccessiva di energia reattiva è associata a notevoli cali, con possibili instabilità, della tensione nei nodi della rete elettrica). L’evento iniziale si verifica alle ore 12,15, quando un dato di input non accurato rende inefficace il sistema computerizzato dell’operatore della rete del Midwest (Midwest-ISO) che stima lo stato della rete (evento computer). Un altro incidente del tutto indipendente, il fuori servizio alle 13,31 dell’unità 5 della centrale di Eastlake, peggiora ulteriormente i livelli di tensione nell’area di Cleveland e Akron (Ohio). A seguito della perdita dell’unità Eastlake 5, i carichi sulle linee elettriche aumentano notevolmente (maggior import di energia nella zona per sopperire alla mancata generazione locale), ma ancora entro i limiti di esercizio della rete gestita dal Midwest-ISO. Alle 14,02 un’importante linea di trasmissione gestita da un altro operatore si apre per un guasto causato dal contatto con un albero (evento di rete). A causa dell’evento computer che ha provocato il non corretto funzionamento del sistema di stima dello stato della rete, il Midwest-ISO non è in grado di valutare le nuove condizioni in cui si trova la rete e non è quindi in condizione di eseguire le analisi necessarie, fra l’altro, a stabilire se essa sia esercita in condizioni di sicurezza (contingency analysis). Di conseguenza fino alle 15,34 (a causa dell’evento computer verificatosi alle 12,15) non è in grado di realizzare il fatto che, a seguito del fuori servizio dell’unità 5 della centrale di Eastlake, la rete non può sopportare la perdita di una delle principali linee di trasmissione della sua area (in altri termini, il sistema si trova già nello stato N-1, mentre i sistemi di calcolo del Midwest-ISO indicano agli operatori uno stato N, cioè la normalità). Alle 13,13 il turnista di FirstEnergy (l’azienda che opera nella zona di Cleveland) inizia a preoccuparsi per il livello di tensione eccessivamente basso e chiede, come previsto dai manuali operativi, alle centrali interconnesse di aumentare la produzione di energia reattiva per 525 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI sostenere la tensione. Poiché le centrali sono già al limite di produzione di potenza reattiva, solo se l’operatore chiedesse di ridurre la potenza attiva generata sarebbe possibile generare più potenza reattiva; l’operatore però non lo fa (evento umano). Tuttavia, se il Midwest-ISO fosse in grado di eseguire una contingency analysis corretta, non si arriverebe a questo errore umano. Ad aggravare la situazione, alle 14,14 gli operatori della sala controllo di FirstEnergy perdono gli allarmi visivi e acustici che li avvertono quando lo stato di un elemento del sistema di supervisione e controllo cambia condizione passando da accettabile a problematica. Nei 40 minuti successivi il sistema di controllo e supervisione di FirstEnergy perde diversi controlli remoti, il server primario e il server di backup. I tecnici informatici di FirstEnergy ne sono al corrente ma, mentre stanno lavorando alla risoluzione del problema, una carenza di comunicazione interna fa sì che per oltre un’ora nessuno in sala controllo si accorga di essere, almeno in parte, ‘accecato’: senza saperlo, gli operatori della sala controllo continuano a osservare uno stato della rete non aggiornato, in quanto gli allarmi non indicano alcuna anomalia. La fase successiva coinvolge il fuori servizio di tre fra le principali linee di trasmissione a 345 kV di FirstEnergy. Nessuna delle tre linee opera in regime di sovraccarico, ma il loro carico cresce a causa della potenza proveniente dall’esterno che deve supplire alla perdita dell’unità 5 della centrale di Eastlake; le linee, riscaldandosi, si avvicinano al terreno, il ché non dovrebbe dar luogo a problemi, perché le linee sono progettate per garantire che al massimo carico la distanza da terra sia ancora sufficiente a garantirne l’isolamento; ciò è vero a patto che le aziende elettriche provvedano periodicamente alla potatura della vegetazione sottostante. Purtroppo, per risparmiare, questa operazione non viene effettuata da anni e pertanto le tre linee, entrate in contatto con gli alberi, si aprono (una situazione analoga ha determinato l’innesco del black-out italiano del 28 settembre 2003). Per dare un’idea dello stato in cui si trova la vegetazione, basti pensare che la prima linea ha toccato un albero solo al 44% del carico di emergenza (carico al quale il franco minimo rispetto a terra, con alberi adeguatamente potati, è ancora rispettato), causando un aumento di carico su una seconda linea, che è saltata all’88% del carico di emergenza; la terza linea si è comportata un po’ meglio, continuando a funzionare fino al 92% del carico di emergenza. Durante questa fase, benché avvertito telefonicamente dagli operatori delle reti vicine, il personale della sala controllo di FirstEnergy continua a credere ai propri monitor, che indicano una rete in buono stato, dove le tre linee non risultano saltate. A questo punto, attorno alle 16, inizia la fase finale: si verifica il collasso del sistema con perdita totale del servizio; a seguito della perdita delle tre linee principali a 345 kV, la rete di sub-trasmissione va in sovraccarico e 526 in rapida successione diciotto linee a 138 kV finiscono fuori servizio, tutte in modo analogo alle linee a 345 kV e cioè per contatto a terra prima del raggiungimento del carico di emergenza, anche in questo caso a causa di un’inadeguata potatura della vegetazione. La perdita di queste linee lascia al buio un’utenza di circa 600 MW nella zona di Akron. Ormai il sistema non si può più salvare: con un effetto a catena il black-out si propaga verso il Nord-Est e il Canada e a ciò contribuiscono relais difettosi e mancanza di relais di protezione per alcuni fenomeni non considerati nella progettazione e nell’esercizio di rete. Come evitare un nuovo evento Le raccomandazioni (46 raccomandazioni specifiche, raggruppate in quattro aree generali) della commissione d’inchiesta per evitare un nuovo evento di queste dimensioni mettono in evidenza problematiche valide erga omnes. Le quattro aree generali sono: a) standard di affidabilità; b) mantenimento dell’affidabilità; c) implementazione degli standard di affidabilità; d ) sicurezza. Per gli standard di affidabilità la commissione di inchiesta raccomanda che il sistema elettrico nordamericano aderisca ai più elevati standard in materia, nettamente superiori agli attuali. In caso di conflitti fra economicità di gestione e affidabilità, la seconda deve prevalere. Per il mantenimento dell’affidabilità la commissione riconosce che si tratta di pratica costosa; le autorità di regolamentazione dovrebbero pertanto mettere le imprese elettriche nelle condizioni di recuperare le spese anche mediante aumenti tariffari. Nella maggior parte dei casi alle aziende elettriche statunitensi viene riconosciuto in tariffa un ritorno sugli investimenti, molto più elevato che in Italia, ma senza alcun recupero delle spese di esercizio; pertanto attività come la potatura degli alberi, che non possono essere contabilizzate a investimento, rappresentano un costo non recuperabile nelle bollette. Per quanto concerne l’implementazione degli standard di affidabilità, la commissione raccomanda l’adozione di standard obbligatori (oggi gli standard NERC sono solo suggerimenti, non obblighi) e di un sistema di multe e penalità per chi non rispetti tali obblighi. Infine per la sicurezza la commissione d’inchiesta sottolinea quanto sotto questo profilo il sistema elettrico sia critico e, sebbene il black-out non sia stato causato da atti volontari (attentati), molto deve essere fatto per rendere il sistema stesso meno esposto ad atti di terrorismo. 5.7.9 Le reti di distribuzione Alle reti di trasmissione sono collegate le reti di distribuzione, che forniscono l’energia elettrica agli utenti finali a una tensione variabile a seconda del tipo di utilizzo. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA Di norma al suo interno la rete di distribuzione è articolata in tre sottosistemi: il primo è la rete AT (Alta Tensione), che garantisce la distribuzione primaria dell’energia elettrica; il secondo è la rete MT (Media Tensione); il terzo è la rete BT (Bassa Tensione), che alimenta fra l’altro tutta l’utenza domestica. Le reti di distribuzione seguono schemi molto diversificati, in funzione sia dell’evoluzione del paese in cui sono impiantate, sia dei problemi specifici che si devono risolvere. Le reti ad alta tensione Inizialmente in tutto il mondo le reti di distribuzione si sono sviluppate secondo lo schema della cosiddetta rete radiale, in cui le linee si dipartono a raggiera da un unico punto di alimentazione. Tale rete è la più semplice e anche la più economica, in quanto gli utenti sono alimentati per una sola via, ma è caratterizzata da un modesto grado di continuità nell’alimentazione dell’utenza; in particolare un guasto nella parte a tensione più elevata mette fuori servizio tutti gli utenti, ma anche un’interruzione a livello di rete MT ha conseguenze rilevanti. Oggi questa soluzione nei paesi più sviluppati è utilizzata soltanto in zone a bassa densità di carico, rurali o montane; altrove vengono adottate soluzioni più sofisticate. Le reti AT normalmente sono a doppia alimentazione, cioè partono da una sottostazione di trasformazione, in cui l’energia viene abbassata dalla tensione della rete di trasmissione a quella della rete di distribuzione AT, e terminano in una seconda analoga sottostazione. Sul loro percorso si trovano un certo numero di cabine primarie, dove la tensione viene abbassata a livello MT. Ovunque è possibile, le linee sono aeree; fanno eccezione le zone di forte urbanizzazione, dove l’energia elettrica viene convogliata in cavi sotterranei. Le reti a media tensione Da ogni cabina primaria partono le linee della rete di distribuzione MT, che può avere soluzioni diverse in funzione delle esigenze del carico e della conformazione del territorio da servire. Normalmente si prevede che ogni linea parta da una cabina primaria e alimenti lungo il suo percorso diverse cabine secondarie (dove la tensione viene abbassata a livello BT), per poi richiudersi in un’altra cabina primaria. Lungo il percorso esiste un punto di sezionamento, in modo che l’energia elettrica possa raggiungere un determinato sito da una sola cabina primaria, con l’altra pronta a entrare in funzione in caso di guasto. In alcune zone degli Stati Uniti la rete MT può avere una configurazione a maglie: ogni linea viene alimentata contemporaneamente da almeno due cabine primarie che, con opportune protezioni (la cui complessità ne rende poco conveniente l’uso), riduce le interruzioni all’utenza. VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ Le reti a bassa tensione Anche lo schema della rete BT può essere radiale, a doppia alimentazione e a maglie, ma l’esercizio è quasi sempre radiale. In considerazione della ridotta potenza distribuita (da 100 a 600 kW) nella maggior parte dei casi non si ritiene conveniente garantirne la rialimentabilità, per cui gli schemi ad anello e a maglie sono riservati esclusivamente ai centri urbani (dove la distribuzione avviene mediante cavi interrati, che rendono lunghi i tempi necessari per eventuali riparazioni). I cavi interrati presentano però un problema per quanto riguarda il costo. Essi non possono infatti essere ‘nudi’, come avviene nelle linee aeree, ma richiedono un appropriato isolamento per evitare trasferimenti di energia al terreno; ciò comporta altresì una diminuzione nella capacità di trasporto dovuta alle perdite resistive e dielettriche e agli effetti capacitivi. Vanno infine messi in conto i maggiori costi per lo scavo, la messa in opera e la successiva ricopertura; attraverso continue innovazioni si cerca di ridurre tali costi, in modo da rendere sia economicamente sia ambientalmente accettabile la posa sottoterra dei cavi, che comunque nei centri abitati è obbligatoria. Sviluppi attuali Gli sviluppi nelle linee di trasmissione e distribuzione, grazie alla crescita tendenziale della tensione media, comportano una riduzione delle perdite. Nella distribuzione l’innovazione più recente riguarda l’estensione del telecontrollo dalle reti AT a quelle MT e BT, nelle quali il telecontrollo può fornire le seguenti prestazioni: a) aggiornamento in tempo reale dello stato di connessione della rete al variare della posizione degli organi di manovra (interruttori, sezionatori); b) sezionamento automatico dei tronchi di rete MT affetti da guasto e rialimentazione automatica di quelli ‘sani’; c) identificazione automatica delle linee BT affette da guasto; d ) esecuzione a distanza di comandi sugli organi di manovra della rete MT, per prevenire eventuali situazioni di sovraccarico o per consentire le attività di manutenzione; e) applicazione di strategie avanzate per il controllo della tensione e dell’energia reattiva; f ) effettuazione di bilanci energetici relativi ai trasformatori di distribuzione, in modo da tenere sotto controllo le perdite di rete; g) applicazione di misure selettive per l’alleggerimento del carico in situazioni di emergenza. Anche nel caso del telecontrollo di reti di distribuzione MT e BT, i costi maggiori del sistema sono più che compensati dalla riduzione dei costi della manodopera. L’altra grande innovazione nella rete di distribuzione BT consiste nell’introduzione del contatore elettronico, con il quale in Italia l’Enel ha modificato la gestione della rete BT tramite l’installazione di apparati di trasmissione dati, che usano sia la rete BT stessa sia i tradizionali canali di trasmissione dati per consentire il 527 GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI dialogo fra i contatori elettronici e i sistemi centrali di controllo e gestione della clientela. La telegestione dell’utenza, consente fra l’altro: a) la telelettura dei dati di consumo secondo un calendario predefinito, al fine di evitare l’accesso ai contatori, difficile e costoso quando si tratta di quelli dell’utenza domestica, e le fatture di acconto, basate su consumi stimati fra due letture consecutive, con successivi conguagli; b) l’applicazione di tariffe multiorarie, estese a tutta l’utenza; c) l’apertura telecomandata dell’interruttore, quando la potenza prelevata supera il valore consentito contrattualmente; d ) la telemodificazione del valore di cui sopra a ogni variazione contrattuale, oppure per ridurre al minimo vitale quella consentita a utenti morosi; e) la diagnostica del contatore, anche al fine di mettere in luce tentativi di furto di energia; f ) la determinazione di indicatori della qualità del servizio, come per esempio numero e durata delle interruzioni. Il sistema di telegestione è basato su contatori elettronici dotati, oltre che di capacità di elaborazione ai fini tariffari e di distacco in caso di violazione della potenza contrattuale, anche di un apparato di trasmissione dati, il quale utilizza la stessa rete elettrica BT come rete di telecomunicazione bidirezionale. In altri paesi, quali per esempio gli Stati Uniti, la comunicazione avviene solo via radio dal contatore verso un veicolo, che passa per le strade e raccoglie le letture. Bibliografia citata APEC (Asian Pacific Energy research Center) (2000) Power interconnection in the APEC region. Present status and future potentials, Tokyo. Autorità per l’energia elettrica e il gas (2003) Avvio di istruttoria conoscitiva sulle cause, sugli sviluppi e sulle eventuali responsabilità delle interruzioni del servizio elettrico verificatesi in estese zone del paese nel mese di giugno 2003 e su possibili misure urgenti a garanzia degli interessi di utenti e consumatori, 1 Luglio, Delibera n. 72/03. 528 Autorità per l’energia elettrica e il gas (2004) Resoconto dell’attività conoscitiva in ordine alla interruzione del servizio elettrico verificatasi il giorno 28 settembre 2003, 9 Giugno, Delibera n. 83/04, Allegato A. Canada-US Power system outage task force (2004) Blackout in the United States and Canada: causes and recommendations, Final Report, 14 August. DOE (US Department of Energy) (2002) National transmission grid study, Washington (D.C.), DOE. Garcés F.E. (2004) Electric power. Transmission and generation reliability and adequacy, in: Cleveland C. (editor in chief) Encyclopedia of energy, Amsterdam, Elsevier, 6v.; v.II. 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