Trasporto, distribuzione e accumulo di energia elettrica

5.7
Trasporto, distribuzione e accumulo
di energia elettrica
5.7.1 Introduzione
Rispetto ad altre forme di energia, quella elettrica presenta il vantaggio di trasformarsi in energia meccanica,
termica e luminosa, con rendimento elevatissimo e di
consentire applicazioni come quelle informatiche e di
telecomunicazione; ha anche il vantaggio di poter essere utilizzata a distanze molto elevate dai centri di produzione. Ciò spiega perché, a partire dagli ultimi decenni del 19° secolo, gli sviluppi dell’elettrotecnica hanno
consentito un’accelerazione formidabile di tutti i settori dell’industria, trovando altresì sbocchi crescenti nei
consumi civili.
A fronte di questi innegabili vantaggi, l’energia elettrica presenta l’handicap di una trascurabile attitudine
all’immagazzinamento; in altre parole non è possibile,
se non in termini modesti, parlare di energia potenziale
elettrica come si parla di energia potenziale chimica
(capacità dei combustibili fossili di sviluppare calore),
di energia potenziale nucleare o di energia potenziale
idraulica (capacità di grandi masse d’acqua di produrre
lavoro per variazione di quota).
Di seguito vengono illustrate le possibilità limitate
di accumulo di energia elettrica (o del suo ‘stoccaggio’)
sotto forme diverse di energia. Vengono quindi illustrati gli sviluppi delle prime linee elettriche che hanno consentito l’utilizzazione a distanza dell’energia prodotta
in apposite centrali e sono posti in evidenza i limiti di
affidabilità delle singole linee e la conseguente necessità di interconnessione, che ha portato allo sviluppo di
reti elettriche di trasmissione con linee in continua (con
applicazioni specifiche) e linee in alternata, di uso più
corrente. La realizzazione di reti elettriche di trasmissione, le più importanti in America Settentrionale e in
Europa, pone problemi di protezione da rischi diversi, aggravati dai processi di liberalizzazione, che possono anche provocare fenomeni di black-out. L’energia elettrica perviene ai singoli utenti tramite reti di distribuzione,
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
collegate alle reti di trasmissione e configurate secondo
schemi via via più evoluti.
5.7.2 Accumulo di energia elettrica
Sistemi di accumulo
Le modalità di generazione e di utilizzazione dell’energia elettrica rendono particolarmente importanti le
diverse possibilità di immagazzinamento. Proprio per le
caratteristiche dei sistemi elettrici, le tecnologie di accumulo differiscono fra loro a seconda dello scopo cui sono
destinate: sopperire entro frazioni di secondo alle variazioni o alle interruzioni di erogazione dell’energia elettrica (power quality); assicurare la continuità del servizio,
per esempio quando si passa da un generatore elettrico a
un altro (bridging power); adeguare la fornitura elettrica
alla domanda da parte degli utenti (energy management).
Dopo quasi due secoli di ricerca e sviluppo l’energia elettrica continua però a essere immagazzinabile soltanto su scala relativamente modesta, anche se sono in
vista innovazioni molto promettenti. Unica eccezione
sono gli impianti di pompaggio costituiti da un serbatoio a quota più elevata, dove nelle ore notturne (durante le quali l’energia ha un basso prezzo) utilizzando l’energia elettrica prodotta da una centrale termica viene
pompata l’acqua contenuta in un serbatoio a quota più
bassa, mentre nelle ore diurne l’acqua è fatta ridiscendere a valle, dove genera energia elettrica nelle ore di
punta, quando il suo valore è massimo. Si tratta di una
soluzione vantaggiosa sotto il profilo economico, nella
quale l’immagazzinamento avviene sotto forma potenziale idraulica; la soluzione è comunque penalizzante
dal punto di vista energetico, in quanto l’energia utile
prodotta è il 65-70% di quella impiegata. Naturalmente l’operazione è tanto più redditizia quanto minore è in
proporzione il costo dell’energia elettrica utilizzata per
il pompaggio: la convenienza è massima nel caso di
515
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
impianti nucleari, notevole utilizzando impianti alimentati da carbone, molto minore in impianti con cicli combinati o in centrali alimentate con olio combustibile. È
altresì ovvio che impianti di pompaggio possono essere
realizzati solo là dove l’orografia lo consente; sotto questo profilo l’Italia è notevolmente avvantaggiata, anche
se non dispone di molti impianti termici con bassi costi
proporzionali di produzione. Gli impianti di pompaggio
in esercizio hanno, in totale, una potenza lorda installata di circa 4.000 MW.
Altre due modalità di accumulo, sempre con conversione in altra forma di energia (la compressione d’aria in
cavità sotterranee e i volani), sono scarsamente applicate su larga scala; la prima ha consentito accumuli fino a
poco meno di 300 MW, ma è molto limitata nel suo sviluppo dalla disponibilità di cavità naturali adatte.
Le prospettive di immagazzinare energia elettrica in
magneti superconduttori, per quanto molto promettenti,
incontrano ostacoli nei valori troppo bassi delle temperature a cui possono operare. È infatti possibile accumulare energia elettrica in magneti nella lega niobio-titanio,
che diventa superconduttrice a 2-4 K (temperature a cui
l’elio è liquido); le ricerche dell’ultimo ventennio su materiali superconduttori a temperature più elevate, comunque
inferiori a 100 K (circa ⫺200 °C), non consentono però
al momento realizzazioni su scala significativa; sarà quindi necessario un ulteriore impegno in ricerca e sviluppo.
Batterie elettrochimiche
La forma più diffusa di accumulo dell’energia elettrica rimane ancora quella elettrochimica (accumulatori o batterie elettriche). Uno dei principali vantaggi di
questa soluzione è costituito dai tempi di risposta: si può
in pratica affermare che la domanda di energia elettrica
viene soddisfatta in tempo reale. Tuttavia le batterie hanno
una efficienza (in termini di capacità di accumulo e di
capacità di ricarica) decrescente con il numero di cicli
carica/scarica. Anche in questo caso, inoltre, la capacità
di accumulo è alquanto limitata: nelle consuete batterie
al piombo non supera 50 Wh/kg, ma anche soluzioni più
avanzate non consentono di innalzare di molto questo
valore (tab. 1). Tali limiti hanno finora reso difficile, a
parte utilizzi marginali, la diffusione di veicoli elettrici;
solo di recente stanno avvicinandosi a condizioni di lancio commerciale su larga scala i veicoli a due ruote (scooter elettrici). Anche l’efficienza e il numero di cicli (scarica/ricarica) praticabili influenzano la convenienza economica delle diverse soluzioni e i campi di applicazione.
Le batterie a elettrolita fluido, attualmente in stadio
dimostrativo/precommerciale, sembrano avere prospettive promettenti, in quanto sono in grado di immagazzinare un notevole quantitativo di energia aumentando
la quantità di elettrolita nel serbatoio; ciò consente di
disaccoppiare potenza ed energia, così da rispondere rapidamente a cambiamenti di carico sulla rete. Le
516
tab. 1. Caratteristiche di alcune batterie elettriche
(Semadeni, 2004)
Tipo
Capacità di accumulo
(Wh/kg)
al piombo
20-50
nichel-cadmio
20-55
nichel-idruri metallici
50-80
litio-ossidi metallici
⬃100
seguenti tecnologie, in particolare, sono in fase avanzata di sviluppo:
• VRB (Vanadium Redox Battery), che ha il vantaggio
di funzionare a basse temperature, di non contenere
metalli pesanti quali piombo, nichel, zinco, cadmio;
e i cui rendimenti sono superiori all’80%;
• PSB (Polysulfide Bromide Battery), basata su una
reazione elettrochimica reversibile fra due elettroliti (bromuro di sodio e polisolfuro di sodio), che già
consente realizzazioni in grado di erogare circa un
centinaio di MWh con potenze della decina di MW
e rendimenti del 75%.
In prospettiva miglioramenti significativi possono
venire dalle ricerche sui nanotubi multi-wall, capaci di
ospitare molecole di titanato di litio, che possono aumentare di 10-100 volte il numero di cicli carica/scarica.
Materiali e film nanostrutturati potrebbero consentire anche la realizzazione di supercapacitori, condensatori elettrici di elevatissima capacità, in grado di immagazzinare energia con una densità di un ordine di grandezza superiore a quella delle batterie.
Produzione e consumo
Attualmente, con l’eccezione dell’accumulo per pompaggio, l’energia elettrica è dunque immagazzinabile solo
per applicazioni di piccola scala, di cui la più importante e diffusa è quella a bordo dei normali autoveicoli, mentre sta crescendo quella – su scala più modesta – in dispositivi elettronici (telefoni cellulari, computer portatili,
ecc.). Quando sono in gioco potenze molto elevate, l’assenza di adeguati sistemi di accumulo obbliga di fatto a
cercare un equilibrio istantaneo fra domanda e offerta di
energia elettrica, che richiede una ridondanza della seconda, realizzata in parte attraverso una sovracapacità produttiva e in parte attraverso reti di interconnessione.
Oggi è tale l’abitudine alla presenza di reti elettriche
che è difficile immaginare un mondo che ne sia privo.
Va però ricordato che i primi impianti di generazione
elettrica furono costruiti per utenze singole (uno dei primi
casi fu una fabbrica per la nichelatura dei metalli). La
corrispondenza biunivoca fra utenza e impianto di produzione non richiedeva pertanto una rete di distribuzione
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
dell’energia prodotta che non fosse quella interna all’utilizzatore. La situazione non mutò sostanzialmente nemmeno quando si fece strada l’idea di vendere l’energia
elettrica a utenze diversificate, come avvenne, per esempio, con il primo impianto italiano di Edison (nel 1883,
in via di Santa Radegonda, a Milano), in grado di sostituire i beccucci a gas con lampade elettriche per l’illuminazione del Teatro alla Scala e di utenze limitrofe.
5.7.3 I primi passi
Dalle linee alle reti
Lo sviluppo e la diversificazione della domanda di energia elettrica misero rapidamente in luce i limiti entro i quali
l’energia stessa poteva essere accumulata e la non accettabilità degli inconvenienti derivanti dai fuori servizio (allora più frequenti di oggi) nel caso di asservimento isolato
fra un impianto di generazione e una singola utenza. Di
qui la spinta allo sviluppo di reti di distribuzione locali e
successivamente di reti di trasmissione a distanza. Il passaggio dalle prime, caratterizzate da tensioni relativamente basse, alle seconde, a tensioni molto più elevate per limitare le perdite di energia, fu abbastanza precoce in situazioni, come quella italiana, dove condizioni specifiche,
quali la dipendenza dall’estero per il carbone, spinsero a
perseguire per la generazione la via delle centrali idroelettriche, localizzabili laddove vi fosse disponibilità di risorse idriche, cioè spesso lontano dal baricentro delle utenze.
Per questo motivo l’ultimo decennio del 19° secolo
vide la nascente industria elettrica italiana conquistare
posizioni di avanguardia nel trasporto a distanza dell’energia prodotta. Per il trasporto verso Milano dell’energia della centrale di Paderno di Edison, entrata in esercizio nel 1898, venne realizzata una linea a 13.500 V,
lunga quasi 13 km: un record, per l’epoca, rispetto ai
6.000 V della linea Tivoli-Roma e di quella di Heidelberg in Germania (Maiocchi, 1992).
La richiesta crescente di energia elettrica diede inoltre luogo, nei primi anni del 20° secolo, a un’altra innovazione radicale: la costruzione di serbatoi artificiali per
lo sfruttamento dei bacini idrici alpini. Già nel 1906 l’Azienda Elettrica Municipale di Milano acquistava una
concessione in Valtellina per costruirvi una centrale di
13,5 MW, la cui energia veniva trasportata a Milano con
una linea a 65.000 V lunga 150 km (Zorzoli, 1997).
la trasmissione a 220 kV, un livello di tensione ancora
molto diffuso. Lo sviluppo del sistema elettrico americano avviene essenzialmente nei primi trenta anni del
20° secolo, senza sostanziale pianificazione centrale, ma
per iniziativa di diverse aziende private verticalmente
integrate. Nascono così le Investor Owned Utilities (IOU),
in parte supportate da finanziamenti statali, che hanno
il monopolio del servizio sull’area elettrificata. Alcune
zone del paese vengono invece elettrificate direttamente dal governo federale tramite enti appositamente costituiti: i più importanti sono la Tennessee Valley Authority
(TVA), che opera nell’omonimo stato, e la Bonneville
Power Administration (BPA), attiva nel Nord-Ovest; entrambi gli enti posseggono significative porzioni della
rete di trasmissione. Altre imprese locali si sviluppano
sotto forma di aziende comunali e di cooperative; salvo
rare eccezioni, queste imprese non sono proprietarie di
reti di trasmissione, ma solo di distribuzione.
L’Europa non è da meno. Nel 1930, per esempio, sono
già in esercizio circa 7.000 km di linee di trasmissione in
Italia e 4.000 km in Francia. Negli otto anni successivi si
verifica un raddoppio in Francia e un incremento del 60%
in Italia (tab. 2). Tuttavia, almeno per quanto concerne
l’Europa occidentale, solo nel secondo dopoguerra si realizzano una reale integrazione delle reti nazionali e l’interconnessione fra reti di diversi paesi (v. par. 5.7.6).
Progressi notevoli si verificano anche negli Stati Uniti e più in generale in America Settentrionale, che per
successivi sviluppi portano alla situazione odierna (v.
par. 5.7.5). Altrove le interconnessioni sono meno estese, anche se sono previsti notevoli sviluppi in Asia (APEC,
2000) e in Australia.
5.7.4 Tipi di reti di trasmissione
e problemi connessi
La trasmissione può avvenire in corrente alternata o in
corrente continua (HVDC, High Voltage Direct Current).
tab. 2. Chilometri di linee di trasmissione
ad alta tensione nel 1938 (Millward, 2004)
Francia
Italia
Regno Unito
220 kV
2.062
505
0
Interconnessioni nazionali e internazionali
120-150 kV
5.325
11.263
4.818
Nel 1901 viene realizzata la prima interconnessione
internazionale fra il Canada e la città di Buffalo, negli
Stati Uniti; una seconda, fra Stati Uniti e Messico, entra
in funzione nel 1905. Tuttavia il primo boom nella trasmissione a distanza si ha soltanto nel decennio successivo alla Prima Guerra Mondiale, soprattutto dopo che
negli Stati Uniti viene messa a punto la tecnologia per
⬍120 kV
1.325
0
2.227
Totale
8.712
11.768
7.045
km/1.000.000
abitanti
207
267
152
km/1.000 km2
16
38
30
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
Tensione
517
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
La prima modalità è quella utilizzata più largamente nelle
reti; la seconda è usata in situazioni più specifiche.
totale CA
totale CC
Trasmissione in corrente continua
518
distanza di equivalenza
investimento
La trasmissione in continua generalmente rappresenta un ‘tampone’ fra due reti in alternata: all’estremo di ciascuna delle due reti una stazione di conversione esegue,
mediante rettificatori, la conversione da corrente alternata a corrente continua; quest’ultima viene poi trasmessa
lungo una linea di connessione fino all’estremo dell’altra
rete, dove un’altra stazione di conversione, mediante inverter, la riconverte in alternata. Sia rettificatori sia inverter
utilizzano tiristori, componenti a semiconduttore a stato
solido simili ai diodi. La trasmissione in continua è caratterizzata da minori perdite elettriche, in quanto non si
verificano né l’effetto corona né le perdite di potenza reattiva tipiche della trasmissione in alternata.
La trasmissione in continua può avvenire secondo
uno schema monopolare, quando i due terminali di conversione sono collegati da un unico conduttore, utilizzando la terra per il ritorno della corrente, oppure mediante schema bipolare (due conduttori, il che consente di
trasmettere potenza quando uno dei conduttori è fuori
servizio). La tecnologia è preferita nel caso di:
• collegamento di due sistemi in alternata non sincronizzati;
• trasmissione a grande distanza di notevoli quantitativi di energia, quando la soluzione in alternata diventa non economica; essa risulta in particolare molto
promettente per la valorizzazione del gas naturale
estraibile in aree molto distanti dai potenziali utenti; si utilizza il gas in loco per generare energia elettrica, in quanto i costi della trasmissione elettrica in
continuo sono inferiori a quelli del trasporto tramite
gasdotto (gas-to-wire);
• collegamenti sottomarini superiori a 50 km (per esempio, fra Svezia e Germania e fra Grecia e Italia); i
cavi sottomarini hanno infatti un’elevata capacità,
che in caso di trasmissione in alternata provoca alte
perdite in potenza reattiva e perdite dielettriche, perfino nel caso di lunghezze relativamente modeste;
inoltre, a parità di energia veicolata, la tensione, in
questo caso costante, è inferiore alla tensione massima dell’equivalente linea in alternata, la quale determina lo spessore dell’isolamento e la distanza fra i
conduttori. Di conseguenza, a parità di area disponibile, le reti in continua trasmettono più energia; il
costo dei rettificatori e degli inverter è però elevato
e su distanze non troppo alte rende la trasmissione in
continua non competitiva (fig. 1).
In tempi recenti si sono verificate due importanti
innovazioni tecnologiche per le reti HVDC: per quanto
riguarda la conversione, lo sviluppo di un nuovo semiconduttore, l’Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT),
in grado di gestire potenze superiori a quelle sostenibili
linea CC
stazioni di
conversione CC
linea CA
distanza
sottostazioni di trasformazione
fig. 1. Investimenti richiesti in funzione della distanza.
dai componenti tradizionali; per quanto riguarda la trasmissione, la messa a punto del processo di produzione
di cavi estrusi leggeri, cioè in grado di trasferire maggiore potenza a pari peso.
Trasmissione in corrente alternata
La trasmissione in corrente alternata utilizza reti essenzialmente costituite da: a) tre linee (terna), di norma
aeree; b) sottostazioni di trasformazione; c) sistemi di
rifasamento del carico; d) interruttori; e) sistemi di regolazione e controllo.
I conduttori sono in rame nelle linee a bassa tensione e in quelle passate a media tensione, mentre nelle
nuove linee a media tensione e nelle linee ad alta e ad
altissima tensione sono in alluminio o in lega di alluminio (fig. 2). Le linee di trasmissione sono di norma aeree
perché nettamente meno costose dei cavi; con l’altissima tensione in caso di lunghi tratti cablati si aggiungono anche problemi tecnici. Per contro i cavi, a differenza delle linee aeree, non sono esposti alle intemperie (fulmini, tempeste, nevicate) che possono compromettere il
corretto funzionamento degli impianti di trasmissione.
Nelle linee aeree i guasti sono localizzabili molto più
rapidamente e le riparazioni sono più semplici. Per le
linee aeree ad altissima tensione si utilizzano piloni a
traliccio in acciaio: quanto maggiori sono la tensione e
la distanza tra i piloni, tanto più alti sono i tralicci; per
le linee ad alta tensione si utilizzano invece piloni di calcestruzzo. I cavi sono connessi ai piloni mediante isolatori in porcellana, vetro o materia sintetica, la cui superficie presenta una struttura ad alette; più elevata è la tensione, più lunghi sono gli isolatori.
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
Per mantenere la frequenza il più possibile vicina al
valore nominale, un certo numero di impianti di generazione opera in modo da variare automaticamente la
propria potenza in risposta alle oscillazioni della frequenza; se i cambiamenti della frequenza superano un
valore predefinito (tipicamente ⫾2,5 Hz), i generatori
elettrici vengono automaticamente distaccati dalla rete
per proteggere alcuni componenti dell’impianto (per
esempio, le palette delle turbine non possono sopportare in sicurezza velocità di rotazione significativamente
superiori a quella nominale). Analogamente, quando su
una linea si superano determinati livelli di carico, questa viene disconnessa per evitare ulteriori danni.
Protezione delle reti elettriche
fig. 2. Conduttore di linea ad altissima tensione
(Archivio iconografico IEI).
Sottostazioni di trasformazione si trovano presso tutti
gli impianti di generazione e utilizzano grandi trasformatori di potenza per innalzare la tensione ai valori richiesti per la trasmissione a distanza mediante terne di linee.
Analoghe sottostazioni, localizzate lungo la rete, riducono la tensione ai valori richiesti per il suo utilizzo.
In alternata le reti sono interconnesse in modo sincrono, realizzabile solo se tutte le reti operano sempre
alla stessa frequenza e si assistono vicendevolmente per
conservare l’equilibrio fra domanda e offerta ogni volta
che un evento qualsiasi lo perturbi.
Una rete elettrica è caratterizzata in definitiva da:
• limiti di carico: il carico massimo che le linee possono trasmettere è limitato dalle relative caratteristiche tecniche. In periodi di elevata domanda le linee
tendono a surriscaldarsi e quindi a dilatarsi abbassandosi; al limite si può arrivare alla rottura termica
dei cavi;
• regolazione in frequenza del carico: l’equilibrio continuo fra domanda e offerta, necessario per evitare
gravi malfunzionamenti del sistema, viene mantenuto evitando che la frequenza vari significativamente
rispetto al valore nominale (50 Hz in Europa, 60 Hz
in America Settentrionale);
• flusso ottimale: la trasmissione fra generazione e utenza ha luogo lungo il tragitto che ha impedenza minima, non lungo quello più corto o meno utilizzato;
• distribuzione razionale dei punti di generazione: gli
impianti di generazione devono essere localizzati in
modo equilibrato all’interno della rete, sia per compensare le cadute di tensione sia per rendere disponibile la potenza reattiva necessaria per mantenere
costante la tensione del sistema.
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
I sistemi di protezione dei singoli componenti del
sistema elettrico possono innescare dinamiche a volte
incontrollabili. Per esempio, il fuori servizio di una linea
molto importante, mentre protegge la rete stessa da un
sovraccarico, può provocare sovraccarichi altrove o deviazioni inaccettabili dei valori di tensione o di frequenza
da quelli nominali; in tal caso, sempre al fine di protezione, altri componenti (generatori, linee) possono essere messi fuori servizio, creando ulteriori squilibri nelle
restanti parti del sistema, che a loro volta vengono disconnesse. In tal modo si può arrivare addirittura al collasso
complessivo, noto come black-out.
Le caratteristiche dei sistemi elettrici interconnessi
sono dunque tali che qualsiasi evento è in grado di diffondersi molto rapidamente nell’intero sistema, provocando una serie di eventi in cascata, che possono deteriorarne le prestazioni fino al fuori servizio di una sua parte
significativa o, nei casi estremi, dell’intero sistema. Quando il sistema non funziona nello stato normale (nessun
componente sovraccaricato e margini di riserva nella
generazione e nella trasmissione sufficienti a fare fronte a disturbi ragionevolmente probabili) può passare, se
non vengono soddisfatti i margini di riserva previsti, a
uno stato normale vulnerabile, da cui in caso di perturbazione sufficientemente severa può scivolare a condizioni di emergenza. Per tornare alle condizioni normali
i gestori delle reti dispongono di un piano di difesa che
prevede una serie di azioni di riequilibrio (un tipico intervento è la riduzione del carico alimentato). Se le azioni
non sono attuate tempestivamente o risultano inefficaci, si può arrivare al vero e proprio black-out.
Si ricorda, al riguardo, che nel corso del 2003 il sistema elettrico italiano ha subito un significativo distacco
di utenze dalla rete il 26 giugno e un prolungato blackout, iniziato nella notte del 28 settembre e conclusosi del
tutto solo nel tardo pomeriggio dello stesso giorno. Senza
entrare in una dettagliata analisi dei due eventi (Autorità
per l’energia elettrica e il gas, 2003, 2004), va osservato come il primo sia stato determinato dalla scarsità della
potenza disponibile a fronte della domanda provocata
519
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
dall’aumentato ricorso a condizionatori d’aria, generato da un’ondata eccezionale di calore; il secondo è stato
invece determinato da una eccessiva dipendenza dall’importazione di energia, per cui un’interruzione delle
forniture dalla Svizzera, non tempestivamente segnalata dal gestore della rete di quel paese, non è stata da parte
italiana fronteggiata con i necessari alleggerimenti del
carico e l’altrettanto necessario mantenimento in servizio degli impianti di generazione.
Per limitare per quanto possibile funzionamenti anomali, la maggior parte delle reti elettriche di trasmissione è progettata per esercitare, con un certo grado di ridondanza, la cosiddetta sicurezza N-1: la ‘perdita’ di un qualsiasi elemento della rete (linea, sottostazione o centrale)
non comporta l’interruzione del servizio; non appena un
elemento della rete viene perso, gli operatori del sistema elettrico devono eseguire manovre per riportare il
sistema in ridondanza. La fig. 3 mette in evidenza che la
sicurezza N-1 può essere attuata in via sia preventiva sia
correttiva; nel primo caso il sistema può gestire un’emergenza continuando a funzionare in condizioni di sicurezza per un periodo indefinito, purché non si verifichi
un’altra emergenza. Nel secondo viene consentita qualche deroga ai vincoli fissati per il corretto funzionamento
del sistema, purché le condizioni di sicurezza siano ripristinate entro un periodo di tempo di norma predeterminato (un valore tipico può essere 20 minuti). In entrambi i casi, se si verifica la successiva perdita di un ulteriore elemento (situazione N-2), la continuazione del
servizio non è più garantita. La debolezza principale
del criterio N-1 consiste nel fatto che non esegue un’analisi probabilistica degli stati esaminati, né considera
le dimensioni degli effetti in caso di inadeguatezza. Inoltre trascura la possibilità di emergenze multiple, indipendentemente dalla loro probabilità di occorrenza
(Garcés, 2004). Di conseguenza oggi si introducono anche
ipotesi di emergenze multiple, attraverso indici di affidabilità, sia per i singoli punti di generazione e per i singoli componenti del sistema, sia per il sistema nel suo
fig. 3. Modalità
di funzionamento
della sicurezza N-1.
complesso, con simulazioni di transitori complessi effettuate grazie ad appositi software.
5.7.5 La rete nordamericana
Ubicazione delle interconnessioni
Sulla base degli sviluppi descritti nel par. 5.7.3, la rete
di trasmissione nordamericana è attualmente costituita
da quattro diverse interconnessioni fra loro non sincrone
(fig. 4): interconnessione orientale (Eastern Interconnection); interconnessione occidentale (Western Interconnection); interconnessione del Texas (Texas Interconnection); interconnessione del Quebec (Quebec Interconnection).
L’interconnessione orientale comprende essenzialmente tutti gli stati a est delle Montagne Rocciose e una
parte sostanziale del Canada; quella occidentale tutti gli
stati a ovest delle Montagne Rocciose, le province canadesi di British Columbia e Alberta e una piccola porzione di rete messicana; quella del Texas coincide con
buona parte dell’omonimo stato; quella del Quebec è
un’interconnessione a sé stante, con notevole capacità
di trasporto di energia elettrica verso quella orientale per
mezzo di collegamenti in corrente continua.
Fra le tre prime grandi interconnessioni è possibile qualche limitato scambio di energia tramite alcuni collegamenti
in corrente continua. La scarsa densità di carico e i diversi standard di funzionamento delle reti (essenzialmente i
criteri di protezione) fanno sì che la sincronizzazione dei
tre sistemi sia sempre stata considerata antieconomica.
All’interno delle diverse interconnessioni esistono
‘colli di bottiglia’ (come del resto nell’interconnessione
europea), che hanno in particolare influenza sui differenziali nei costi di generazione fra sub-aree di una medesima interconnessione.
Le reti di trasmissione negli Stati Uniti hanno tensioni di esercizio comprese fra 230 e 765 kV, con la maggior parte delle linee a 230 kV (tab. 3).
criterio di sicurezza N-1
preventivo
correttivo
azioni dell’operatore
nel paese dove si è
verificata l’emergenza
azioni dell’operatore
fuori dal paese dove si è
verificata l’emergenza
azioni
da concordare
tra gli operatori
520
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
interconnessione occidentale
interconnessione orientale
interconnessione del Texas
interconnessione del Quebec
fig. 4. Le interconnessioni nordamericane.
Aree di servizio
Lo sviluppo e la successiva integrazione del sistema
elettrico nordamericano, con la conseguente interconnessione delle reti di trasmissione e di distribuzione, hanno
posto il problema del coordinamento fra le diverse aree
di servizio. Tale coordinamento, però, avviene in modo
decentrato tramite accordi fra i singoli operatori: ciascuna azienda costruisce impianti di generazione interconnessi alla propria area di servizio e parte dell’energia viene
scambiata con le aziende confinanti attraverso scambi
bilaterali e pagamento di tariffe di trasporto sulle reti di
trasmissione di proprietà delle altre aziende. Programmazione, controllo e dispacciamento (organizzazione automatizzata) del sistema sono pertanto definiti tramite accordi negoziati tra le parti interessate e lo sviluppo delle diverse aree di servizio avviene senza una pianificazione
centralizzata. Spesso il territorio di un’azienda non ha
nessuna relazione con un confine amministrativo: alcuni
stati si avvalgono della presenza di più aziende, mentre
talvolta una stessa impresa serve territori di più stati.
Il governo federale, attraverso la Federal Energy Regulatory Commission (FERC), esercita un limitato con-
tab. 3. Consistenza in miglia della rete di trasmissione
statunitense (DOE, 2002)
1990
1999
2004 (stima)
230 kV
70.511
76.762
79.177
345 kV
47.948
49.250
51.682
500 kV
23.958
26.038
26.620
765 kV
2.428
2.453
2.585
Totale
144.845
154.503
160.064
Tensione
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
trollo sul sistema di trasmissione, come previsto dal Federal Power Act del 1935. Il controllo consiste in: a) regolazione dei prezzi all’ingrosso e dei servizi di trasmissione per le transazioni all’ingrosso; b) approvazione delle vendite e dei leasing di attività di trasmissione;
c) approvazione delle fusioni e delle acquisizioni tra
aziende private; d ) giurisdizione sul commercio di elettricità fra stati.
La FERC non ha pertanto giurisdizione sul governo
della rete; in particolare non ha potere di indirizzo o pianificazione e ancor meno di gestione. Nella maggior
parte del paese, dove il mercato elettrico non è ancora
liberalizzato ma si basa essenzialmente su aziende private che eserciscono il sistema in regime di monopolio
naturale sotto la regolamentazione dei singoli stati in cui
operano, la FERC ha giurisdizione sul prezzo di vendita all’ingrosso fra diverse aziende. Dove viceversa esiste un mercato liberalizzato (buona parte della costa
orientale e Texas), la FERC regolamenta solo le tariffe
di trasmissione (vettoriamento, trasporto, riserva rotante, regolazione, ecc.). In alcuni mercati anche il prezzo
di questi servizi è però determinato da negoziazioni fra
le parti.
Dopo il grave black-out del 1965, nel Nord-Est degli
Stati Uniti si è cercato di supplire all’assenza di una pianificazione centralizzata e di un’armonizzazione nella
progettazione e nella gestione delle reti delle diverse
aziende con la creazione del North American Electric
Reliability Council (NERC). Si tratta di un organismo
non-profit partecipato su base volontaria dai diversi operatori del sistema elettrico (generatori, aziende verticalmente integrate, società di trasmissione e distribuzione
e ora anche generatori indipendenti, grandi clienti, traders), cui è affidata la definizione di standard, non obbligatori, per l’affidabilità della rete, la pianificazione e il
coordinamento del sistema elettrico nazionale. Il NERC
è suddiviso in dieci organizzazioni regionali (fig. 5).
A partire dalla metà degli anni Novanta, alcune porzioni del sistema elettrico sono state liberalizzate, essenzialmente sotto la spinta di alcuni stati della costa orientale e della California. Le liberalizzazioni hanno favorito la nascita di alcuni operatori indipendenti della rete
(ISO, Independent System Operator) che, pur non avendone la proprietà, gestiscono il dispacciamento degli
impianti in modo centralizzato e indipendente dalle diverse aziende, come condizione necessaria allo sviluppo di
un mercato competitivo.
Situazione e prospettive
Negli ultimi dieci anni il sistema elettrico americano
ha visto una notevole crescita nella capacità di generazione di energia elettrica, anche per effetto della parziale liberalizzazione e della conseguente esplosione del fenomeno
dei merchant generator; tale capacità non è stata però
accompagnata da un pari sviluppo della rete. Oltre tutto i
521
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
fig. 5. Le dieci
organizzazioni regionali
del NERC.
NPCC
MAPP
WSCC
MAIN
ECAR
M A AC
SPP
SERC
E R C OT
FRCC
interconnessione occidentale
interconnessione orientale
interconnessione del Texas
- East Central Area Reliability
coordination agreement
E R C OT Electric Reliability
Council Of Texas
F R C C - Florida Reliability
Coordinating Council
M A AC - Mid-Atlantic Area Council
M A I N - Mid-America Interconnected
Network
ECAR
nuovi impianti di generazione sono stati costruiti dove maggiori erano le facilitazioni (zone meno soggette a vincoli
ambientali e/o vicino a grandi gasdotti), senza quasi nessuna attenzione al resto del sistema elettrico; per di più gli
scambi commerciali di energia non rispondono ai criteri
di ottimizzazione tecnica con cui la rete era stata progettata, che prevedevano il ricorso prevalente a generatori ubicati in prossimità della domanda. Ne conseguono frequenti
congestioni sulla rete, con detrimento, oltre che dell’economicità del dispacciamento, anche della sua affidabilità.
La crescita della domanda e gli investimenti in nuovi
impianti di generazione non sono stati infine accompagnati da investimenti in nuovi impianti di trasmissione.
Poiché il sistema di trasmissione oggi in uso non era stato
progettato per soddisfare l’attuale domanda, le congestioni quotidiane aumentano i costi dell’elettricità per i
clienti finali e accrescono il rischio di black-out (DOE,
2002). Ne consegue uno stato di degrado della rete, come
si evince dalla fig. 6, che mostra l’andamento degli investimenti per la trasmissione elettrica negli Stati Uniti.
5.7.6 Le reti europee
Diversamente dagli Stati Uniti, nel secondo dopoguerra
le società elettriche europee si sono mosse con notevole
tempestività al fine di integrare le proprie reti elettriche.
522
M A P P - Mid-Continent Area
Power Pool
Northeast
Power
NPCC
Coordinating Council
S E R C - Southeastern Electric
Reliability Council
- Southwest Power Pool
SPP
W S C C - Western Systems
Coordinating Council
Già nel 1951 venne fondata l’UCPTE (Union for the Coordination of the Production and Transmission of Electricity), in seguito denominata UCTE (Union for the Coordination of the Transmission of Electricity), in quanto
finalizzata all’integrazione dei sistemi di trasmissione.
Costituita inizialmente da otto paesi, nel 2005 l’UCTE
conta le aziende elettriche di ventidue stati (Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica
Ceca, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia e Montenegro, Slovacchia, Slovenia, Spagna,
Svizzera,), in cui vivono complessivamente circa 450 milioni di abitanti. Le aziende sono fra loro interconnesse in
modo sincrono, per consentire una regolazione integrata;
la produzione totale è di circa 2.300 milioni di MWh/a.
L’esercizio di un sistema come l’UCTE richiede una
stretta collaborazione fra le diverse aree sulla base di
regole comuni, che vengono costantemente aggiornate.
Questo obiettivo è realizzato grazie a un complesso sistema di regolazione, di cui sono responsabili le aree di
controllo nelle quali è suddivisa l’UCTE. La singola
area di controllo è generalmente di dimensione nazionale, anche se esistono casi di più aree di controllo che
hanno creato un subsistema in grado di essere esercito
in modo indipendente in situazioni di emergenza (per
esempio, il CENTREL fra Germania e Svizzera). Tre
centri di coordinamento, situati presso Brauweiler (RWE,
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
degli investimenti
nella rete
di trasmissione statunitense;
come riferimento
si usano dollari costanti,
riportati al valore
del dollaro nel 1999
(Hirst e Kirby, 2001).
investimenti nella trasmissione (miliardi $ 1999/anno)
fig. 6. Andamento
5
4
⫺117 milioni $/anno
3
2
1
0
1975
1980
1985
1990
1995
2000
anno
Germania), Laufenburg (ETRANS, operatore indipendente della rete svizzera) e Belgrado, intervengono sulla
base delle differenze fra valori previsti e valori effettivi dei flussi di potenza scambiati fra le diverse aree
(UCTE, 2004).
Il sistema di trasmissione dell’UCTE è composto
da linee con tensioni comprese fra 110 e 400 kV e da
sottostazioni che le connettono alle reti di distribuzione. Circa 100.000 km hanno tensioni di 380/400 kV,
altri 110.000 km sono invece a 220-300 kV, a cui si
Fig. 7. Stato
delle interconnessioni
europee.
ISLANDA
IS
UCTE
NORTEL
UKTSDA
ATSOI
ETSD
stati membri UE D
FINLANDIA
FIN
NORVEGIA
NO
RUSSIA
SVEZIA
S
ESTONIA
EE
IRLANDA
IRL
GRAN
BRETAGNA
UK
LETTONIA
LV
DK
DANIMARCA
PAESI
BASSI
BIELORUSSIA
BY
NL
L
LIECH.
CH
SVIZZERA
A
AUSTRIA
SI
UNGHERIA
HU
SLOVENIA
CROAZIA
HR
PORTOGALLO
P
E
SPAGNA
ANDORRA
MONACO
SAN MARINO
I
ITALIA
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
DZ
TN
MALTA
MT
MOLDAVIA
MD
ROMANIA
RO
BOSNIA ED
BIH
ERZEGOVINA
SCG
SERBIA
MONTENEGRO
G
AR
AR
BULGARIA
BG
MK
MACEDONIA
AL
ALBANIA
GRECIA
EL
MA
UCRAINA
UA
REP.
CECA
CZ
SLOVACCHIA
SK
LUSSEMBURGO
FRANCIA
F
POLONIA
PL
GERMANIA
D
B
BELGIO
RU
LITUANIA
LT
TURCHIA
TR
SYR
CIPRO
CY
IL
523
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
aggiungono 4.500 km di cavi interrati. La tendenza è
verso la sostituzione delle tratte a 220-300 kV a favore
di linee con tensioni superiori. Ciascuna azienda partecipante al sistema ha normalmente diversi collegamenti con le reti di trasmissione delle imprese limitrofe.
All’interno di ogni area un centro di controllo sovrintende all’insieme delle operazioni che si svolgono nell’area stessa e coordina le proprie attività con quelle delle aree confinanti, soprattutto per quanto concerne la
programmazione e il trasferimento di potenza elettrica da
un’area all’altra. Nel sistema UCTE la regolazione della
frequenza è ripartita fra tutti i generatori elettrici attivi
nel sistema, che sono fra loro sincronizzati. In tal modo
si riduce l’impegno richiesto alle singole aree di controllo
e, di conseguenza, l’entità della riserva di potenza.
Poiché interconnessioni sincrone sottomarine non sono
tecnicamente fattibili quando la distanza supera circa 50 km,
i sistemi di trasmissione del Regno Unito (UKTSOA), dell’Irlanda (ATSOI) e dei paesi scandinavi (NORDEL) sono
costretti a operare in modo autonomo e il loro collegamento all’UCTE avviene in asincrono; con l’Est europeo
(ETSO) il collegamento è invece in continua (fig. 7).
Lo sviluppo di un sistema elettrico europeo tramite
l’UCTE venne inizialmente concepito con la finalità
principale di migliorarne l’affidabilità. All’interno di
questa logica gli interscambi fra aree di controllo limitrofe servivano a realizzare un riequilibrio fra aree con
un deficit (contingente o strutturale) di potenza rispetto
alla domanda e aree nella situazione opposta. Una prima
significativa eccezione si è verificata nei primi anni Ottanta, quando in Italia l’Enel decise di importare in modo
stabile e contrattualizzato energia elettrica dalla Francia
e dalla Svizzera sulla base di convenienze economiche.
Anche se la liberalizzazione del mercato elettrico europeo ha provocato scelte analoghe in altri paesi, l’Italia
rimane l’unica nazione con un’importazione netta stabilmente superiore al 10%.
5.7.7 I problemi posti
dalle liberalizzazioni
Cause dei problemi
Si è già fatto cenno alle problematiche poste dai processi di liberalizzazione nelle reti americane (v. par. 5.7.5).
Gli attuali sistemi elettrici sono infatti il risultato di un’evoluzione tecnica e gestionale avvenuta in presenza di
imprese per la maggior parte integrate verticalmente (dalla
produzione di energia elettrica alla vendita ai clienti finali) all’interno di una determinata area. Di conseguenza i
sistemi sono stai progettati, realizzati e gestiti in modo
da garantire riserve adeguate di potenza, capacità sufficiente delle linee, minimizzazione dei costi di esercizio.
In altri termini essi sono stati concepiti per trasportare l’energia secondo criteri di ottimizzazione tecnica
524
(localizzazione degli impianti, criteri di dispacciamento), per cui possono facilmente rivelarsi sottodimensionati in presenza di un regime di mercato nel quale la
potenza non viene più dispacciata in modo da ottimizzarne il flusso entro il sistema, ma secondo priorità decise principalmente dalle convenienze economiche, che
possono determinare scambi massicci e non pianificabili tra aree del sistema con costi marginali diversi.
All’interno di configurazioni degli impianti di generazione e delle linee di trasmissione non ottimizzate a
tal fine si verifica quindi un consistente incremento delle
congestioni e della conseguente probabilità di fuori servizio parziali o totali del sistema stesso, come è avvenuto più volte negli ultimi anni (v. par. 5.7.8). Per esempio, nelle aree liberalizzate degli Stati Uniti fra il 1999
e il 2002 le transazioni commerciali sono aumentate del
400% e le congestioni in rete del 300% (Owens, 2003).
Possibili rimedi
Le risposte che si stanno dando ai crescenti disservizi sono di diversa natura. Le due principali riguardano il potenziamento delle linee di trasmissione e lo sviluppo della generazione distribuita.
Il perseguimento del primo obiettivo, ovvero il potenziamento delle linee di trasmissione, viene di norma
sostenuto dalle Autorità di regolazione mediante incrementi delle tariffe riconosciute, sufficienti a creare l’incentivo economico per nuovi investimenti. La realizzazione di nuove linee di trasmissione o il potenziamento
di quelle esistenti incontrano tuttavia vari ostacoli.
Il più rilevante è connesso ai possibili danni alla
salute umana derivanti dall’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dalle linee elettriche, soprattutto quelle ad alta e altissima tensione. In base al principio di precauzione, la normativa considera anche
situazioni nelle quali il nesso causale fra esposizione
e danno non è ancora stabilito e, oltre al limite di esposizione (valore di tali campi che non può mai essere
superato ai fini della tutela della salute), definisce,
come misura cautelare ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine, anche un valore di attenzione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi ove sia prevista una presenza umana prolungata.
Oltre all’impatto ambientale, per gli impianti di trasmissione ha particolare rilevanza quello territoriale,
inteso sia come occupazione di territorio, sia come impatto visivo. Tale problematica ha suscitato in diverse occasioni dissensi e proteste da parte delle popolazioni interessate, soprattutto nelle zone a elevata densità demografica.
Il secondo obiettivo, la generazione distribuita, ha il
duplice scopo di ridurre il ricorso allo sviluppo delle
linee di trasmissione e di svincolarsi, per quanto possibile, dai malfunzionamenti del sistema elettrico; a partire
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
dagli Stati Uniti, si è andato diffondendo il ricorso a piccoli impianti di generazione, spesso basati su innovazioni tecnologiche (le microturbine oggi, le celle a combustibile domani), asserviti a utenze specifiche (per esempio, ospedali, centri commerciali, grandi condomini) e
con limitato interscambio di energia con la locale rete di
distribuzione (Zorzoli, 2005).
Accanto agli ulteriori vantaggi di poter operare agevolmente in cogenerazione (la quantità di calore recuperabile è spesso coerente con la domanda termica locale) e di risparmiare gli oneri di trasmissione e in parte
di distribuzione, la crescita della generazione distribuita oltre un certo livello porrà però nuovi problemi alla
regolazione delle reti di distribuzione. La generazione
distribuita altera infatti una delle premesse su cui si è
tradizionalmente basato il progetto delle reti di distribuzione: il flusso monodirezionale dell’energia dalla
rete di trasmissione a quella di distribuzione, e da questa agli utenti. In altri termini, le reti di distribuzione
sono state concepite per servire essenzialmente carichi
passivi (i consumatori) e dispongono pertanto di sistemi di regolazione e controllo progettati ed eserciti a tal
fine. L’inserimento, del tutto casuale dal punto di vista
territoriale, di un numero elevato di punti di generazione, il cui funzionamento risponde alle esigenze delle
utenze specifiche a essi asservite, non è pertanto programmabile e potrebbe portare a situazioni di degrado
della qualità dell’energia erogata e dell’affidabilità del
sistema, che gli attuali sistemi di regolazione e controllo
non sarebbero in grado di gestire. Si possono, per esempio, determinare improvvise richieste di carico per il
fuori servizio di un impianto di microgenerazione, che
vanno risolte con potenziamenti delle linee di distribuzione e/o mediante l’introduzione di ulteriori sistemi di
protezione (New York State Energy Planning Board,
2000). In diversi centri sono pertanto in corso attività
di ricerca e sviluppo finalizzate alla soluzione di questa nuova problematica, sia per quanto riguarda gli aspetti di natura tecnica, sia per definire modalità praticabili circa l’allocazione dei costi aggiuntivi ai generatori
distribuiti.
5.7.8 Esame di un tipico caso
di blackout
Stati Uniti, 14 agosto 2003
Un esempio tipico della dinamica di un fuori servizio globale e prolungato è rappresentato da quanto è
avvenuto negli Stati Uniti il 14 agosto 2003, quando si
è verificato un black-out che ha coinvolto circa 50 milioni di persone e 61.800 MW di carico elettrico negli stati
dell’Ohio, Michigan, Pennsylvania, New York, Vermont,
Massachusetts, Connecticut, New Jersey e nella provincia canadese dell’Ontario.
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
Il rapporto finale sul black-out redatto dalla commissione d’inchiesta Stati Uniti-Canada ha valutato fra
4 e 10 miliardi di dollari USA i danni economici per i
soli Stati Uniti. Nel mese di agosto il PIL canadese è
sceso dello 0,7%, in buona parte a causa dei 18,9 milioni di ore-uomo lavorative perse per il black-out (Canada-US Power System Outage Task Force, 2004).
La commissione d’inchiesta ha individuato tre tipologie di eventi alla base del black-out: eventi di rete, eventi computer ed eventi umani. Nella zona interessata dal
black-out il 14 agosto è una giornata calda ma nella norma,
con una domanda di energia elettrica moderatamente elevata per soddisfare il condizionamento degli edifici; la
potenza utilizzata, destinata a compressori azionati da
motori elettrici, è fortemente reattiva. Pertanto mentre i
carichi attivi rientrano nella norma, quelli reattivi sono
decisamente elevati (una domanda eccessiva di energia
reattiva è associata a notevoli cali, con possibili instabilità, della tensione nei nodi della rete elettrica).
L’evento iniziale si verifica alle ore 12,15, quando
un dato di input non accurato rende inefficace il sistema
computerizzato dell’operatore della rete del Midwest
(Midwest-ISO) che stima lo stato della rete (evento
computer). Un altro incidente del tutto indipendente, il
fuori servizio alle 13,31 dell’unità 5 della centrale di
Eastlake, peggiora ulteriormente i livelli di tensione nell’area di Cleveland e Akron (Ohio). A seguito della perdita dell’unità Eastlake 5, i carichi sulle linee elettriche
aumentano notevolmente (maggior import di energia
nella zona per sopperire alla mancata generazione locale), ma ancora entro i limiti di esercizio della rete gestita dal Midwest-ISO.
Alle 14,02 un’importante linea di trasmissione gestita da un altro operatore si apre per un guasto causato dal
contatto con un albero (evento di rete). A causa dell’evento computer che ha provocato il non corretto funzionamento del sistema di stima dello stato della rete, il
Midwest-ISO non è in grado di valutare le nuove condizioni in cui si trova la rete e non è quindi in condizione
di eseguire le analisi necessarie, fra l’altro, a stabilire se
essa sia esercita in condizioni di sicurezza (contingency
analysis). Di conseguenza fino alle 15,34 (a causa dell’evento computer verificatosi alle 12,15) non è in grado
di realizzare il fatto che, a seguito del fuori servizio dell’unità 5 della centrale di Eastlake, la rete non può sopportare la perdita di una delle principali linee di trasmissione della sua area (in altri termini, il sistema si
trova già nello stato N-1, mentre i sistemi di calcolo del
Midwest-ISO indicano agli operatori uno stato N, cioè
la normalità).
Alle 13,13 il turnista di FirstEnergy (l’azienda che
opera nella zona di Cleveland) inizia a preoccuparsi per
il livello di tensione eccessivamente basso e chiede, come
previsto dai manuali operativi, alle centrali interconnesse di aumentare la produzione di energia reattiva per
525
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
sostenere la tensione. Poiché le centrali sono già al limite di produzione di potenza reattiva, solo se l’operatore
chiedesse di ridurre la potenza attiva generata sarebbe
possibile generare più potenza reattiva; l’operatore però
non lo fa (evento umano). Tuttavia, se il Midwest-ISO
fosse in grado di eseguire una contingency analysis corretta, non si arriverebe a questo errore umano.
Ad aggravare la situazione, alle 14,14 gli operatori
della sala controllo di FirstEnergy perdono gli allarmi
visivi e acustici che li avvertono quando lo stato di un elemento del sistema di supervisione e controllo cambia condizione passando da accettabile a problematica. Nei 40
minuti successivi il sistema di controllo e supervisione
di FirstEnergy perde diversi controlli remoti, il server
primario e il server di backup. I tecnici informatici di
FirstEnergy ne sono al corrente ma, mentre stanno lavorando alla risoluzione del problema, una carenza di comunicazione interna fa sì che per oltre un’ora nessuno in sala
controllo si accorga di essere, almeno in parte, ‘accecato’: senza saperlo, gli operatori della sala controllo continuano a osservare uno stato della rete non aggiornato,
in quanto gli allarmi non indicano alcuna anomalia.
La fase successiva coinvolge il fuori servizio di tre fra
le principali linee di trasmissione a 345 kV di FirstEnergy.
Nessuna delle tre linee opera in regime di sovraccarico,
ma il loro carico cresce a causa della potenza proveniente
dall’esterno che deve supplire alla perdita dell’unità 5
della centrale di Eastlake; le linee, riscaldandosi, si avvicinano al terreno, il ché non dovrebbe dar luogo a problemi, perché le linee sono progettate per garantire che
al massimo carico la distanza da terra sia ancora sufficiente a garantirne l’isolamento; ciò è vero a patto che
le aziende elettriche provvedano periodicamente alla
potatura della vegetazione sottostante. Purtroppo, per
risparmiare, questa operazione non viene effettuata da
anni e pertanto le tre linee, entrate in contatto con gli
alberi, si aprono (una situazione analoga ha determinato l’innesco del black-out italiano del 28 settembre 2003).
Per dare un’idea dello stato in cui si trova la vegetazione, basti pensare che la prima linea ha toccato un albero solo al 44% del carico di emergenza (carico al quale
il franco minimo rispetto a terra, con alberi adeguatamente potati, è ancora rispettato), causando un aumento
di carico su una seconda linea, che è saltata all’88% del
carico di emergenza; la terza linea si è comportata un po’
meglio, continuando a funzionare fino al 92% del carico di emergenza. Durante questa fase, benché avvertito
telefonicamente dagli operatori delle reti vicine, il personale della sala controllo di FirstEnergy continua a credere ai propri monitor, che indicano una rete in buono
stato, dove le tre linee non risultano saltate.
A questo punto, attorno alle 16, inizia la fase finale:
si verifica il collasso del sistema con perdita totale del
servizio; a seguito della perdita delle tre linee principali
a 345 kV, la rete di sub-trasmissione va in sovraccarico e
526
in rapida successione diciotto linee a 138 kV finiscono
fuori servizio, tutte in modo analogo alle linee a 345 kV
e cioè per contatto a terra prima del raggiungimento del
carico di emergenza, anche in questo caso a causa di un’inadeguata potatura della vegetazione. La perdita di queste linee lascia al buio un’utenza di circa 600 MW nella
zona di Akron. Ormai il sistema non si può più salvare:
con un effetto a catena il black-out si propaga verso il
Nord-Est e il Canada e a ciò contribuiscono relais difettosi e mancanza di relais di protezione per alcuni fenomeni non considerati nella progettazione e nell’esercizio di rete.
Come evitare un nuovo evento
Le raccomandazioni (46 raccomandazioni specifiche, raggruppate in quattro aree generali) della commissione d’inchiesta per evitare un nuovo evento di queste dimensioni mettono in evidenza problematiche valide erga omnes.
Le quattro aree generali sono: a) standard di affidabilità; b) mantenimento dell’affidabilità; c) implementazione degli standard di affidabilità; d ) sicurezza.
Per gli standard di affidabilità la commissione di inchiesta raccomanda che il sistema elettrico nordamericano
aderisca ai più elevati standard in materia, nettamente
superiori agli attuali. In caso di conflitti fra economicità
di gestione e affidabilità, la seconda deve prevalere.
Per il mantenimento dell’affidabilità la commissione riconosce che si tratta di pratica costosa; le autorità
di regolamentazione dovrebbero pertanto mettere le imprese elettriche nelle condizioni di recuperare le spese anche
mediante aumenti tariffari. Nella maggior parte dei casi
alle aziende elettriche statunitensi viene riconosciuto in
tariffa un ritorno sugli investimenti, molto più elevato
che in Italia, ma senza alcun recupero delle spese di esercizio; pertanto attività come la potatura degli alberi, che
non possono essere contabilizzate a investimento, rappresentano un costo non recuperabile nelle bollette.
Per quanto concerne l’implementazione degli standard di affidabilità, la commissione raccomanda l’adozione di standard obbligatori (oggi gli standard NERC
sono solo suggerimenti, non obblighi) e di un sistema di
multe e penalità per chi non rispetti tali obblighi.
Infine per la sicurezza la commissione d’inchiesta
sottolinea quanto sotto questo profilo il sistema elettrico
sia critico e, sebbene il black-out non sia stato causato da
atti volontari (attentati), molto deve essere fatto per rendere il sistema stesso meno esposto ad atti di terrorismo.
5.7.9 Le reti di distribuzione
Alle reti di trasmissione sono collegate le reti di distribuzione, che forniscono l’energia elettrica agli utenti finali a una tensione variabile a seconda del tipo di utilizzo.
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
TRASPORTO, DISTRIBUZIONE E ACCUMULO DI ENERGIA ELETTRICA
Di norma al suo interno la rete di distribuzione è articolata in tre sottosistemi: il primo è la rete AT (Alta Tensione), che garantisce la distribuzione primaria dell’energia elettrica; il secondo è la rete MT (Media Tensione); il terzo è la rete BT (Bassa Tensione), che alimenta
fra l’altro tutta l’utenza domestica.
Le reti di distribuzione seguono schemi molto diversificati, in funzione sia dell’evoluzione del paese in cui
sono impiantate, sia dei problemi specifici che si devono risolvere.
Le reti ad alta tensione
Inizialmente in tutto il mondo le reti di distribuzione
si sono sviluppate secondo lo schema della cosiddetta
rete radiale, in cui le linee si dipartono a raggiera da un
unico punto di alimentazione. Tale rete è la più semplice e anche la più economica, in quanto gli utenti sono
alimentati per una sola via, ma è caratterizzata da un
modesto grado di continuità nell’alimentazione dell’utenza; in particolare un guasto nella parte a tensione più
elevata mette fuori servizio tutti gli utenti, ma anche un’interruzione a livello di rete MT ha conseguenze rilevanti.
Oggi questa soluzione nei paesi più sviluppati è utilizzata soltanto in zone a bassa densità di carico, rurali
o montane; altrove vengono adottate soluzioni più sofisticate. Le reti AT normalmente sono a doppia alimentazione, cioè partono da una sottostazione di trasformazione, in cui l’energia viene abbassata dalla tensione della
rete di trasmissione a quella della rete di distribuzione
AT, e terminano in una seconda analoga sottostazione.
Sul loro percorso si trovano un certo numero di cabine
primarie, dove la tensione viene abbassata a livello MT.
Ovunque è possibile, le linee sono aeree; fanno eccezione le zone di forte urbanizzazione, dove l’energia elettrica viene convogliata in cavi sotterranei.
Le reti a media tensione
Da ogni cabina primaria partono le linee della rete di
distribuzione MT, che può avere soluzioni diverse in funzione delle esigenze del carico e della conformazione
del territorio da servire. Normalmente si prevede che
ogni linea parta da una cabina primaria e alimenti lungo
il suo percorso diverse cabine secondarie (dove la tensione viene abbassata a livello BT), per poi richiudersi
in un’altra cabina primaria. Lungo il percorso esiste un
punto di sezionamento, in modo che l’energia elettrica
possa raggiungere un determinato sito da una sola cabina primaria, con l’altra pronta a entrare in funzione in
caso di guasto.
In alcune zone degli Stati Uniti la rete MT può avere
una configurazione a maglie: ogni linea viene alimentata contemporaneamente da almeno due cabine primarie
che, con opportune protezioni (la cui complessità ne
rende poco conveniente l’uso), riduce le interruzioni
all’utenza.
VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ
Le reti a bassa tensione
Anche lo schema della rete BT può essere radiale, a
doppia alimentazione e a maglie, ma l’esercizio è quasi
sempre radiale. In considerazione della ridotta potenza
distribuita (da 100 a 600 kW) nella maggior parte dei
casi non si ritiene conveniente garantirne la rialimentabilità, per cui gli schemi ad anello e a maglie sono riservati esclusivamente ai centri urbani (dove la distribuzione avviene mediante cavi interrati, che rendono lunghi i tempi necessari per eventuali riparazioni).
I cavi interrati presentano però un problema per quanto riguarda il costo. Essi non possono infatti essere ‘nudi’,
come avviene nelle linee aeree, ma richiedono un appropriato isolamento per evitare trasferimenti di energia al
terreno; ciò comporta altresì una diminuzione nella capacità di trasporto dovuta alle perdite resistive e dielettriche
e agli effetti capacitivi. Vanno infine messi in conto i maggiori costi per lo scavo, la messa in opera e la successiva
ricopertura; attraverso continue innovazioni si cerca di
ridurre tali costi, in modo da rendere sia economicamente sia ambientalmente accettabile la posa sottoterra dei
cavi, che comunque nei centri abitati è obbligatoria.
Sviluppi attuali
Gli sviluppi nelle linee di trasmissione e distribuzione, grazie alla crescita tendenziale della tensione
media, comportano una riduzione delle perdite.
Nella distribuzione l’innovazione più recente riguarda l’estensione del telecontrollo dalle reti AT a quelle
MT e BT, nelle quali il telecontrollo può fornire le
seguenti prestazioni: a) aggiornamento in tempo reale
dello stato di connessione della rete al variare della posizione degli organi di manovra (interruttori, sezionatori); b) sezionamento automatico dei tronchi di rete MT
affetti da guasto e rialimentazione automatica di quelli
‘sani’; c) identificazione automatica delle linee BT affette da guasto; d ) esecuzione a distanza di comandi sugli
organi di manovra della rete MT, per prevenire eventuali situazioni di sovraccarico o per consentire le attività di manutenzione; e) applicazione di strategie avanzate per il controllo della tensione e dell’energia reattiva; f ) effettuazione di bilanci energetici relativi ai
trasformatori di distribuzione, in modo da tenere sotto
controllo le perdite di rete; g) applicazione di misure
selettive per l’alleggerimento del carico in situazioni di
emergenza.
Anche nel caso del telecontrollo di reti di distribuzione MT e BT, i costi maggiori del sistema sono più che
compensati dalla riduzione dei costi della manodopera.
L’altra grande innovazione nella rete di distribuzione BT consiste nell’introduzione del contatore elettronico, con il quale in Italia l’Enel ha modificato la gestione della rete BT tramite l’installazione di apparati di trasmissione dati, che usano sia la rete BT stessa sia i
tradizionali canali di trasmissione dati per consentire il
527
GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI
dialogo fra i contatori elettronici e i sistemi centrali di
controllo e gestione della clientela.
La telegestione dell’utenza, consente fra l’altro: a) la
telelettura dei dati di consumo secondo un calendario
predefinito, al fine di evitare l’accesso ai contatori, difficile e costoso quando si tratta di quelli dell’utenza
domestica, e le fatture di acconto, basate su consumi stimati fra due letture consecutive, con successivi conguagli; b) l’applicazione di tariffe multiorarie, estese a tutta
l’utenza; c) l’apertura telecomandata dell’interruttore,
quando la potenza prelevata supera il valore consentito
contrattualmente; d ) la telemodificazione del valore di
cui sopra a ogni variazione contrattuale, oppure per ridurre al minimo vitale quella consentita a utenti morosi; e) la
diagnostica del contatore, anche al fine di mettere in luce
tentativi di furto di energia; f ) la determinazione di indicatori della qualità del servizio, come per esempio numero e durata delle interruzioni.
Il sistema di telegestione è basato su contatori elettronici dotati, oltre che di capacità di elaborazione ai fini
tariffari e di distacco in caso di violazione della potenza contrattuale, anche di un apparato di trasmissione dati,
il quale utilizza la stessa rete elettrica BT come rete di
telecomunicazione bidirezionale. In altri paesi, quali per
esempio gli Stati Uniti, la comunicazione avviene solo
via radio dal contatore verso un veicolo, che passa per
le strade e raccoglie le letture.
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eventuali responsabilità delle interruzioni del servizio
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dell’attività conoscitiva in ordine alla interruzione del
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Giovanni Battista Zorzoli
Consulente scientifico
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI