L`ALTERNATIVA DEL DONO NELLA SOCIETÀ DELL`UTILITARISMO

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L'ALTERNATIVA DEL DONO NELLA SOCIETÀ DELL'UTILITARISMO
Mario Cedrini
Università del Piemonte Orientale
Il dono è uno dei temi portanti della riflessione antropologica, filosofica e sociologica del
Novecento, ed è destinato a restare al centro dell’attenzione di tali discipline anche nel
nuovo secolo. Forse paradossalmente, è quello che appare come il suo ridotto spazio nel
mondo dell'utile, per utilizzare il titolo del libro postumo di Alfredo Salsano (2009, Bollati
Boringhieri), il suo ridotto spazio nella società dell'utilitarismo generalizzato, a rendere il
dono una categoria interpretativa di primaria importanza per il mondo contemporaneo.
Le riflessioni di Marcel Mauss, lo studioso che nel 1925 pubblicò il famoso Saggio sul dono,
sono oggi oggetto della riscoperta attuata dal Movimento Anti-Utilitarista nelle Scienze
Sociali (MAUSS), che per tramite dei contributi pubblicati sulla sua rivista, la Revue du
Mauss, ha reso il dono una possibile alternativa alle tradizionali spiegazioni della
convivenza sociale, ovvero l’individualismo (largamente dominante), che ricorre
all’interesse personale come spiegazione omnicomprensiva del nostro stare in società,
secondo le logiche della razionalità strumentale, e l’olismo, ovvero la tendenza (oggi
minoritaria) a spiegare la società a partire dalla società stessa, e cioè dalle norme sociali
che s’impongono, di fatto, agli individui. L’alternativa del dono è quella di pensare la
società a partire dalle interrelazioni tra gli individui che la compongono, dotando così di
autonomia il concetto di legame sociale, del quale il dono – una prestazione effettuata
senza garanzia di ritorno – è veicolo primario (cfr. Caillé, L’antropologia filosofica del dono,
Bollati Boringhieri 1998).
Per pensare il dono nella società moderna, occorre necessariamente andare oltre Mauss,
ma con Mauss stesso (cfr. Godbout, Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri 2001): ovvero
insistere su quello strano mix di obbligo e libertà che già lo stesso Mauss riteneva
costitutivo del dono, ponendo però l’accento più sulla seconda che sul primo: il dono
moderno è in primo luogo esperienza di libertà, tanto per il donatore quanto per il
donatario, che pure è soggetto, come già aveva intuito Mauss, all’obbligo del ricevere e a
quello del ricambiare. Ma una società utilitaristica, rispetto a quelle studiate da Mauss,
dissocia l’utile dal gratuito (cosicché ciò che è utile non può essere, per definizione,
gratuito, poiché la nozione di utilità è connessa a quella di scarsità) e sembra rendere il
dono impossibile, se non nella socialità primaria: se nel dono vi è ritorno, ciò lo rende
“economico”; se non vi è ritorno, è perché il dono è inutile o assolutamente puro – del tipo
di quello fatto dagli dei agli uomini –. In entrambi i casi, il dono, e con esso la sua funzione
di veicolo del legame sociale, scompare). In questo senso, pensare il dono in una società
moderna significa cogliere il senso di ciò che circola anziché unicamente le cose che
circolano (cfr. Godbout, Ciò che circola tra noi, Vita&Pensiero, 2007); significa pensare il
dono come apertura, apertura verso il legame sociale, verso nuovi mondi possibili. Il dono
diviene, in altre parole, alternativa, in primis di pensiero, all'oblio del legame sociale. Ma
in una società utilitaristica, è anche necessario fare i conti con l’utilitarismo stesso: ciò che
le versioni meno estreme della corrente utilitaristica, come quella del filosofo Peter Singer
(cfr. One World, Einaudi 2003), permettono di fare, e cioè di trovare un terreno comune sul
quale fare emergere, con urgenza, la questione del dono come possibile strumento di
condivisione di un destino planetario, nonché come alternativa alla razionalità
strumentale e, tanto più ai tempi della crisi, ai suoi fallimenti.
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