MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DIREZIONE GENERALE PER L’ISTRUZIONE CLASSICA SCIENTIFICA E MAGISTRALE ASSOCIAZIONE PER L’INSEGNAMENTO DELLA FISICA Scuola di formazione per insegnanti di Fisica USO DEL LABORATORIO E INSEGNAMENTO DELLA FISICA Gruppo 2 Coordinamento generale: Luigi Catalano, Giuseppe Marucci, Carla Romagnino Liceo Classico “B. Russell” – Roma – 1999 Copyright Ministero della Pubblica Istruzione Edizione febbraio 1999. Tutti i diritti riservati. Il materiale non può essere riprodotto in alcuna forma, anche parzialmente, senza l’esplicita autorizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione. Il materiale è frutto del lavoro di produzione-revisione nell’ambito del seminario “Uso del laboratorio nell’insegnamento della Fisica”, svoltosi presso il Liceo Classico Sperimentale “B. Russell” di Roma dal 15 al 18 aprile 1998. La redazione è stata curata dall’Isp. Giuseppe Marucci, dalla Prof.ssa Annalia Gallo e dal Prof. Antonino Di Giorgio Editing, impaginazione e riproduzione: GARAMOND Editoria e Formazione – P. Sallustio 3, 00187 Roma. Tel. 06/488.21.10 PRESENTAZIONE MATERIALI PER LA FORMAZIONE ALL’USO DEL LABORATORIO DI FISICA a cura di Luigi Catalano, Giuseppe Marucci, Carla Romagnino MATERIALI PER LA FORMAZIONE ALL’USO DEL LABORATORIO DI FISICA L’intesa firmata nel Marzo 1996 tra il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Associazione per l’Insegnamento della Fisica ha costituito un evento fecondo per la scuola italiana per l’insegnamento della fisica. Nel 96/97 è stato realizzato un monitoraggio sull’insegnamento della fisica negli indirizzi sperimentali dei licei e degli istituti magistrali, che ha visto impegnate le sezioni AIF e che ha dato come risultato un rapporto, pubblicato sul numero 25 dei «Quaderni della Dirclassica», diffuso attraverso le scuole polo e attraverso la rivista «La Fisica nella Scuola». Nel Luglio-Agosto ‘97, è stata organizzata una scuola estiva all’Aquila, che ha costituito un riferimento utile a ripensare la formazione sull’uso del laboratorio nell’insegnamento della Fisica. La scuola, attivata in modalità sperimentale, ha coinvolto un gruppo ristretto di 40 insegnanti, selezionati sulla base di una graduatoria nazionale. È stato positivo il fatto che i corsisti, nel questionario finale, hanno indicato, in alta percentuale, di voler poter disporre di “materiali strutturati con assistenza tutoriale”. È questa, d’altronde, la linea politica sull’aggiornamento voluta dal Ministro: diffondere materiali prodotti e validati nei seminari nazionali, con l’assistenza di tutor opportunamente formati. Al fine di venir incontro a queste esigenze, il Comitato paritetico MPI-AIF ha deliberato all’unanimità di centrare l’azione futura dell’intesa sulla produzione di un Pacchetto formativo sull’uso del laboratorio nell’insegnamento della fisica. Il pacchetto verrà costruito gradualmente, a partire dai materiali prodotti dagli insegnanti nei lavori di classe, revisionati e validati in seminari nazionali di produzione, a cui saranno invitati insegnanti ed esperti. Uno di questi seminari si è tenuto in Aprile ‘98 presso il L.C. “Russell” di Roma ed ha portato alla rielaborazione e successiva messa a punto di materiali sotto forma di dispense di lavoro. Ciò al fine di raggiungere i seguenti obiettivi, condivisi dall’AIF e dal MPI: valorizzare le risorse umane provenienti dal mondo della scuola ed opportunamente formate; valorizzare le competenze esterne, in particolare degli esperti universitari (delle Università di Udine, Padova, Roma, L’Aquila): la loro presenza nella scuola estiva, durante il lavoro delle scuole, nel seminario di produzione, ne sono concreta testimonianza. Il pacchetto si propone di arrivare alla messa a punto di materiale strutturato che partendo dai risultati di sperimentazioni nelle classi, sia oggetto di rielaborazione e di omogeneizzazione, in vista di un’utilizzazione in corsi di formazione rivolti ad insegnanti di fisica, centrati sull’uso del laboratorio. A conclusione della scuola estiva ‘97, infatti, circa la metà dei corsisti partecipanti si sono impegnati a lavorare nelle classi, a documentare le loro esperienze, a produrre materiali strutturati, utili ad altri insegnanti in sede di formazione propria o spendibili in attività di classe. Le scuole impegnate in questa attività sono state dotate dalla Dirclassica del MPI di un finanziamento speciale per incrementare o aggiornare le attrezzature e gli apparecchi di laboratorio. Il materiale che segue, raccolto sotto forma di dispense, è stato oggetto di ulteriori revisioni, durate alcuni mesi, da parte dei coordinatori dei gruppi Proff.: Paolo Brandolin, Annalia Gallo, Annamaria Mancini, Maria Carla Mazzadi Maccario e dei referenti degli stessi Proff.: Isabella Soletta, Alessandra Mossenta, Marcantonio Mangiagli, Ottavia Foà. Il lavoro redazionale delle dispense è stato curato dall’ispettore Giuseppe Marucci, dalla Prof.ssa Annalia Gallo e dal Prof. Antonino Di Giorgio. Al materiale cartaceo è abbinato un CD-Rom che contiene, oltre tutti i testi, anche disegni immagini e suoni che ovviamente non potevano essere contenuti nelle dispense. La redazione del CD-Rom è stata curata dall’Isp. Marucci e dal Prof. Di Giorgio; il CD-Rom raccoglie, oltre ai detti materiali, anche esperienze esemplificative di lavoro di classe. Tutto il materiale, ovvero le quattro dispense ed il CD-Rom, costituisce un’edizione provvisoria, utilizzabile nelle future scuole di formazione ed in situazioni di seminari di produzione. Alle esperienze didattiche sono stati abbinati degli interventi teorici elaborati dai Proff.: Umberto Buontempo, Francesco Dalla Valle, Marisa Michelini, Giacomo Torzo. I temi, ad accentuato carattere esemplificativo-metodologico affrontati nelle quattro dispense, sono: 1) 2) 3) 4) effettuare una misura: la misura di “g”; relazione tra fenomeno reale e idealizzazione scolastica; un percorso in laboratorio: temperatura e calore; il progetto aperto: analisi critica della fattibilità di un percorso progettuale aperto nella scuola. Le indicazioni didattiche non vogliono essere ricette da seguire, ma tracce metodologiche che possono crescere con il contributo di altri insegnanti di tutti gli ordini di scuola. In esse le diverse tipologie di approccio al laboratorio dovrebbero evidenziarsi in trasparenza. Abbiamo messo un primo mattone, già frutto del circolo virtuoso formazione-sperimentazioneproduzione-formazione, che il MPI vuole attivare da tempo, anche per soddisfare una domanda formativa di qualità di un numero elevato di insegnanti di fisica. La collaborazione MPI-AIF, che si avvia alla fine del primo ciclo triennale, a nostro parere ha dato risposta a tutto questo. I Coordinatori Dott. Luigi Catalano – MPI Isp. Giuseppe Marucci – MPI Prof.ssa Carla Romagnino – AIF 6 2 GRUPPO INDICE PAOLO BRANDOLIN (a cura di), Relazione tra fenomeno reale e idealizzazione scolastica ……………………………………………………………………….. 11 GRUPPO 2 (a cura di), Dal fenomeno all’astrazione: l’attrito. Prima proposta di percorso………………………………….………………………….…...…… 13 GRUPPO 2 (a cura di), Dal fenomeno all’astrazione: l’attrito. Seconda proposta di percorso……………………………………………………….………..... 25 PARTE II RELAZIONE TRA FENOMENO REALE E IDEALIZZAZIONE SCOLASTICA RELAZIONE TRA FENOMENO REALE E IDEALIZZAZIONE SCOLASTICA Paolo Brandolin* COORDINAMENTO DEL GRUPPO E DELLA DISPENSA: Prof. Paolo Brandolin COMPONENTI DEL GRUPPO: Proff. Francesca Del Vecchio, Franco Fasano, Alessandra Mossenta, Aurora Polidori, Silvia Sclavi I cinque docenti che hanno partecipato al gruppo di lavoro, tenuto presso il Liceo “Russell” di Roma hanno progettato il materiale conclusivo, basandosi, almeno in parte, sul lavoro svolto in classe dopo la scuola estiva di fisica del Gran Sasso. TEMA ASSEGNATO AL GRUPPO: Relazione tra fenomeno reale e idealizzazione scolastica (1. Fenomeni sporchi misura; 2. Principi della fisica come passaggio al limite) Schema di percorso dalla percezione dell’attrito alla sua misura. Importanza pratica del fenomeno e implicazioni concettuali di base OBIETTIVI: Il lavoro contiene due proposte sull’attrito La prima con i seguenti obiettivi: schema di percorso dalla percezione dell’attrito e sua misura alla formulazione del primo e secondo principio della dinamica. importanza pratica dell’attrito e implicazioni concettuali di base. La seconda, con gli obiettivi che seguono: Introdurre gli allievi all’uso delle nuove tecnologie nel campo della raccolta e dell’analisi dei dati. Far acquisire conoscenze disciplinari specifiche nei settori della Cinematica e soprattutto della Dinamica. Le conoscenze riguardano in particolare la forza d’attrito e le prime due leggi della dinamica. Rendere gli allievi consapevoli del percorso di induzione che conduce dall’osservazione dell’esperienza sensibile nella sua molteplicità di casi alla formulazione di leggi generali. L’importanza di tale percorso è fondamentale in quanto tali leggi sono solo apparentemente estranee ai fenomeni di cui si ha esperienza quotidiana mentre in realtà sono in grado di fornirne descrizioni adeguate e dettagliate e di condurre ad un livello di comprensione dei meccanismi naturali molto approfondito. La relazione a cura della Prof.ssa Del Vecchio, che illustra il lavoro fatto con gli allievi sui moti bidimensionali è inserita nel CD-Rom. * Liceo Scientifico Statale “A. Canova” – Treviso Dal fenomeno all’astrazione: l’attrito Prima proposta di percorso Problema: relazione tra fenomeno reale e idealizzazione scolastica Obiettivi: schema di percorso dalla percezione dell’attrito e sua misura alla formulazione del primo e secondo principio della dinamica. importanza pratica dell’attrito e implicazioni concettuali di base. Finalità: pervenire a leggi generali e formalizzarle matematicamente per descrivere adeguatamente il fenomeno ed estendere le proprie conoscenze. riconoscere l’importanza del ruolo delle tecnologie nell’acquisizione di conoscenze (relativamente alla possibilità d’uso di apparecchiature on-line). Percorso: Attrito statico e introduzione all’attrito dinamico radente Studio della cinematica dei moti rettilinei (eventuale) Esperienza di Galileo su attrito dinamico radente. Esperienze sulla rotaia Passaggio di astrazione al limite e primo principio della dinamica Secondo principio della dinamica (consigliato l’uso dell’on-line) Ritorno all’attrito dinamico radente: problema della sua misurazione Altri tipi di attrito meccanico: a) riconoscimento che è presente attrito anche nei moti di rotolamento di ruote; b) attrito viscoso (ad esempio: moto di palline o bolle d’aria in tubi trasparenti pieni di fluidi molto viscosi) 8) Applicazioni a situazioni più complesse con passaggio dal concetto di attrito al concetto di energia: a) Moti armonici smorzati b) Bilanci energetici in presenza di attrito c) Produzione di calore per attrito e primo principio della termodinamica 9) Riflessione con la classe sul lavoro svolto e sulle conoscenze acquisite e inoltre: a) Cenni all’attrito come forza di aderenza che consente l’avanzamento b) Implicazioni tecnologiche degli attriti: vantaggi/svantaggi (ricerca guidata) c) Attrito, dissipazioni energetiche e irreversibilità dei fenomeni meccanici reali (freccia del tempo) 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta Attrito statico e introduzione all’attrito dinamico radente – riferimenti alle esperienze dei ragazzi Prerequisiti: teoria della misura e degli errori manipolazione e lettura di tabelle di dati, costruzione e lettura di grafici catalogazione delle relazioni di proporzionalità tra grandezze tanto in forma grafica che analitica legge Hooke sulla deformazione di una molla e uso del dinamometro conoscenza della forza di trazione-spinta esercitata con le mani concetto di forza peso Obiettivi: caratterizzazione qualitativa e quantitativa dell’attrito statico riconoscimento dell’andamento della forza d’attrito durante tutto il processo, in particolare nella fase statica. Descrizione del lavoro: studio del comportamento dei diversi oggetti tirati da un peso fino alla loro messa in moto attraverso un filmato si rallenta il movimento per introdurre l’attrito dinamico radente. Materiali e strumenti di misura: un blocchetto di legno verniciato, a forma di parallelepipedo, con un gancio inserito in una delle facce, in dotazione al laboratorio (utilizzato per lo studio degli attriti); una basetta di metallo da inserire sotto il blocchetto, sempre della dotazione del laboratorio; due spugnette da cucina, con una delle facce rivestite di materiale abrasivo, della stessa forma del blocchetto; una delle spugne era stata attrezzata con un gancio fatto con del fil di ferro; un pezzo di panno; una bilancia da cucina (portata 2000 g, sensibilità 2 g); una carrucola installata su uno dei banconi; una bottiglia di plastica tagliata per formare un secchiello e con due fori sotto il taglio per farci passare uno spago; spago da cucina, per collegare la bottiglia agli oggetti trainati; contenitore con acqua; dischi di massa nota; nastro adesivo. Svolgimento dell’attività e percorso concettuale Inizialmente vengono pesati sulla bilancia il blocchetto, la lastrina di alluminio e le spugne, le cui masse risultano molto differenti fra loro. Nella prima fase è utilizzato il blocchetto di legno lucidato con il gancetto, collocato, come piano, su un banco di laboratorio. Il blocchetto viene tirato da una bottiglia di plastica tagliata a metà, dentro cui può essere versata dell’acqua; uno spago la collega, tramite una carrucola, al blocchetto. GRUPPO 2 13 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta Questo è il percorso concettuale attraverso cui sono condotti gli allievi: richiamando l’esperienza fatta in prima, quella con l’acqua che riempiva il recipiente, si fa notare che il riempimento con flusso costante produce un livello (e quindi un volume) crescente linearmente; il peso del tutto cresce quindi linearmente. La bottiglia con l’acqua sta tirando il blocchetto, ma potrebbe tirare, anziché il blocchetto, la molla, sostituendo i pesetti: quindi, concettualmente, pesetti appesi alla molla e bottiglia svolgono la stessa funzione; la molla, però, può essere tirata pure dalla mano. Quindi la funzione della bottiglia con l’acqua è la stessa della mano che tira, cioè quella di esercitare una forza; a questo punto si collega il concetto intuitivo di forza come azione esercitata dalla mano con quello di forza come peso della bottiglia di acqua. I pesetti ci danno informazioni in più rispetto alla mano, dato che è stampato sopra il loro peso (non appare ancora che si tratta di altro, dato che non è stata affrontata la distinzione massa – peso); la bottiglia di acqua può darci la stessa informazione, perché è sufficiente pesare su una bilancia il sistema bottiglia + acqua + spago e abbiamo l’equivalente dei pesetti (per convincere dell’equivalenza è sufficiente porre i pesetti sulla bilancia, e questa dà i valori stampigliati sopra); ha però il vantaggio di variare con continuità, mentre i pesetti presentano valori discreti. Nota: Gli allievi accettano il fatto che il ruolo della bottiglia, così come quello dei pesetti e quello della mano, è di esercitare una forza e identificano senza difficoltà la forza esercitata dalla bottiglia con il suo peso. L’osservazione è relativa alla rilevazione del peso della bottiglia quando il blocchetto si muove. Al variare delle condizioni si può osservare come esso cambi. Per prima cosa viene chiesto agli allievi di prevedere cosa accadrà quando il blocchetto verrà tirato; la risposta è che esso si muoverà, secondo un’idea derivata dall’esperienza comune ma anche in accordo col comportamento visto per le molle. Viene allora versata dell’acqua nella bottiglia, e quindi il blocchetto è tirato, ma non si muove. A questo punto si pone il primo problema: perché, anche se il blocchetto viene tirato, non si sposta? La spiegazione di questo comportamento viene così formulata: "Dato che il blocchetto pesa, la forza in grado di trascinarlo deve essere pari al peso del blocco". L’idea pare trovare conferma nel fatto che, aggiungendo acqua, si riesce a far muovere il blocco. Tuttavia l’acqua necessaria non è pari al peso del blocco. Viene allora attaccata al blocco (massa 142 gr) una spugna da cucina (massa 8 gr) e si ripete l’esperienza: la quantità d’acqua è sensibilmente maggiore (circa il 40%) e quindi la prima ipotesi deve essere senza dubbio cambiata. Nasce l’idea che un ruolo importante venga giocato dalla superficie e che possa essere importante la sua area. Cambiata l’area d’appoggio la previsione è che adesso la forza necessaria per muovere l’oggetto sia inferiore, ma l’idea non è confermata dall’esperienza. Si può ancora provare con la spugnetta con il contatto col piano sulla parte abrasiva: ancora richiesta di previsioni (diverse), ancora l’esperienza che dice che dalla parte liscia è più difficile spostare il tutto. Si studia poi un sistema spugna – spugna: una delle due spugne viene attrezzata con un gancio per il traino; sopra viene collocato il blocchetto, per avere le stesse condizioni viste in precedenza; la spugna è posta con la parta liscia a contatto con la parte liscia di una seconda spugna. Trascinando, col solito sistema, la spugnetta si vede che ... si sposta tutto (l’attrito della parte abrasiva a contatto col piano è inferiore a quello spugna-spugna): è necessario bloccare la spugna sottostante per impedirle di muoversi. Il valore trovato è circa 5 volte superiore a quello del contatto spugna – formica. A questo punto è chiaro che il valore di forza di distacco trovato non dipende dall’area delle superfici ma dalla loro natura, e in un modo interrelazionale: importano entrambe le superfici e non una delle due, in un modo che non privilegia il liscio rispetto al ruvido (parte liscia e parte abrasiva della spugnetta). In seguito si videoregistra una delle prove (legno su formica), durante il percorso dallo stacco alla fine del bancone (la bottiglia tocca il fondo del secchio sopra cui è posta per essere svuotata). Poi si eseguono ancora misure: al blocco viene aggiunto l’alluminio (44 gr) (in verità questa parte non è venuta affatto bene), mentre in seguito viene cambiato il piano: legno su panno (un 14 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta pezzo di panno tenuto ben teso), legno su cartoncino ruvido (il dorso di un blocco note). In conclusione vengono fatte misure aumentando la massa del blocco con dischetti di massa nota (50 gr ciascuno). Per quasi ogni situazione si effettuano almeno cinque prove, per avere un minimo di statistica. In effetti si tratta proprio di pochi valori, ma un numero maggiore di prove avrebbe fatto scemare rapidamente l’attenzione. In alcuni casi i valori ottenuti sono abbastanza vicini tra loro, in altri per nulla: la causa di queste oscillazioni potrebbe risiedere o nella non orizzontalità del tavolo (e i blocchetti non erano collocati sempre sullo stesso punto preciso) o nelle perturbazioni prodotte appoggiandosi ad esso. Fase di discussione Dalla discussione delle esperienze si arriva a determinare che c’è una seconda forza oltre a quella, visibile, della bottiglia: l’attrito. Per arrivare a questo punto si utilizza pure l’analogia con il tiro alla fune, richiamando il fatto che la fune, tirata, non si muove perché c’è una seconda forza, uguale e opposta. Si riscontra che il concetto di attrito è già posseduto, sebbene in modo grossolano, dagli alunni; si richiamano situazioni note agli allievi in cui essi lo riconoscono. Durante la discussione seguente emergono alcuni punti riassuntivi: La forza d’attrito ostacola il movimento dei corpi; è una forza di contatto (c’è solo se i due corpi sono a contatto); dipende dal tipo di superfici; non dipende dall’area delle superfici; esiste sia quando l’oggetto è fermo (dato che il corpo, tirato, non si muove) sia quando è in movimento, visto che le condizioni del contatto tra le superfici continuano a sussistere; l’attrito statico cresce (sempre uguale alla forza con cui tiro l’oggetto) ma fino a un valore massimo oltre il quale, non potendo aumentare, non è in grado di contrastare la forza della bottiglia; l’attrito dinamico radente è minore di quello statico (valore massimo), dato che i blocchetti, appena cominciano a muoversi (e in alcuni casi dopo aver versato poche gocce d’acqua in più rispetto a quando non lo fanno) non si arrestano, senza risentire di irregolarità del piano che fanno variare anche in modo sensibile le misure al distacco. A questo punto è possibile un’analisi della dipendenza dell’attrito dal peso per giungere alla relazione di proporzionalità diretta tra la forza premente e l’attrito statico massimo e alla determinazione del coefficiente di attrito. È poi possibile individuare esperienze analoghe su un piano inclinato ad angoli variabili, per accertarsi del fatto che la proporzionalità è rispetto alla forza premente e non al peso; queste esperienze possono essere qualitative o quantitative a seconda delle situazioni. Lo studio del moto La parte conclusiva comprende l’osservazione e lo studio del moto rallentato, con una tecnica suggerita dal professor Giorgio Häusermann (del Centro Formazione Insegnanti di Bellinzona): il filmato con il blocchetto che scivola sul tavolo viene fatto scorrere, con l’aiuto di un videoregistratore, fotogramma per fotogramma. Su un foglio di plastica messo sopra lo schermo si segnano dei punti a intervalli regolari (il numero di fotogrammi dipende dal videoregistratore e dallo schermo a disposizione: sarebbe auspicabile possedere uno schermo di grandi dimensioni) corrispondenti alla posizione dell’astina posta sopra il blocchetto. Si misura poi la distanza tra i punti, notando innanzitutto che non si tratta di un moto rettilineo uniforme, ma di un moto “accelerato”. GRUPPO 2 15 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta A questo punto si aprono due possibili percorsi didattici. Qualora la cinematica non sia già stata trattata, nasce l’esigenza di descrivere il movimento; si tratteranno allora brevemente i moti rettilinei, con particolare attenzione ai concetti di velocità ed accelerazione, partendo proprio dalle misure effettuate. b) Qualora la cinematica sia già nota, si prosegue (in tal caso essa viene inserita come prerequisito). a) Per indagare meglio la relazione tra le forze applicate al blocchetto ed il suo moto, emergono due esigenze. Da una parte è necessario utilizzare un piano perfettamente orizzontale (le irregolarità del moto possono anche dipendere da salite e discese del piano). Dall’altra si osserva che non si è ancora in grado di misurare la forza di attrito, pertanto è opportuno eliminarla temporaneamente per analizzare il comportamento del blocchetto sottoposto all’azione di una sola forza che si sa misurare. L’attrito viene riconosciuto come fonte di disturbo per uno studio quantitativo del sistema . Esperienza di Galileo su attrito dinamico radente Prerequisiti: cinematica dei moti rettilinei caratterizzazione quantitativa dell’attrito statico consapevolezza dell’esistenza di una forza di attrito anche nel movimento Obiettivi: caratterizzazione qualitativa dell’attrito dinamico radente in assenza di forze traenti, attraverso gli spazi di arresto consapevolezza della necessità di reperire nuovi strumenti e metodi per uno studio quantitativo dell’attrito dinamico radente riconoscimento del ruolo della forza di attrito come causa dell’arresto dei corpi Descrizione del lavoro: Uso di un piano inclinato per dare al blocchetto una velocità iniziale riproducibile, sempre nelle stesse condizioni. L’esperimento viene eseguito sul piano orizzontale senza forze traenti, avendo cura di usare come piani gli stessi materiali usati nella fase precedente, e lo stesso blocchetto di legno. Si deve aver cura di proporre le prove ordinate in modo che gli spazi di arresto risultino ordinati in ordine crescente Classificazione degli spazi di arresto in relazione ai diversi materiali usati sul piano orizzontale: lo spazio è maggiore per i materiali che, nell’esperienza precedente, risultano avere un coefficiente di attrito statico minore Ricerca di materiali ancora migliori…fino all’uso di una rotaia (eventualmente a cuscino d’aria). Ripetizione dell’esperienza con apparecchiatura on-line per ottenere dati di velocità e accelerazione Confronto con i valori della forza di attrito 16 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta Passaggio di astrazione al limite Prerequisiti: consapevolezza, ricavata dall’esperienza precedente, che lo spazio di arresto e il tipo di moto sono in relazione con i coefficienti di attrito statico dei materiali Obiettivi: Formulazione finale del principio d’inerzia Descrizione del lavoro: Discussione aperta con la classe attraverso passi successivi che parte dai prerequisiti per estrapolare il limite per attrito nullo: lo spazio di arresto è infinito e il moto è uniforme. Osservazioni: cosa succede se invece viene applicata una forza (che sia facilmente misurabile, quindi non di attrito)? (Questa domanda è finalizzata ad aprire la successiva tappa d’indagine) Secondo principio della dinamica Obiettivi: L’espressione della legge che lega forza ed accelerazione Descrizione del lavoro: L’uso del metodo on-line permette di indagare e concludere velocemente. Ritorno all’attrito dinamico radente: problema della sua misurazione Obiettivi: Caratterizzazione quantitativa dell’attrito dinamico radente Descrizione del lavoro: Ripetizione della fase dinamica nell’esperienza n. 1 Misurazione con metodi on-line delle accelerazioni Determinazione della forza totale agente Determinazione della forza di attrito dinamico radente GRUPPO 2 17 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta Moti armonici smorzati Il moto armonico semplice Scopo principale del lavoro è l’introduzione della seconda legge della dinamica in modo alternativo utilizzando un moto armonico invece che uno uniformemente accelerato. Inoltre applicando il principio di composizione dei moti indipendenti è possibile introdurre il moto circolare. Premesse Il lavoro si è articolato in diverse fasi, susseguitesi e ripetute in ordine sparso : proposta di sviluppo dell’insegnante; discussione guidata; esperimento di scoperta/misura/verifica; elaborazione dati; congettura e previsione ulteriore; esempi ed esercizi domestici; stesura di relazione individuale dettagliata sul lavoro svolto. Prerequisiti Conoscenza delle proprietà delle forze e della legge dell’elasticità Studio della cinematica. Saper utilizzare un foglio elettronico. Metodi di derivazione approssimata con le differenze finite e di Eulero (nel caso il lavoro venga proposto al triennio). Materiali e strumenti di misura Rotaia a cuscino d’aria. Sistema oscillante formato da un carrello agganciato a varie molle da entrambi i lati. Bilancia elettronica. Sistema acquisizione dati di cinematica “on–line”. Calcolatore collegato al sistema “on-line” su cui usare il software di gestione e dotato inoltre di foglio elettronico. Videoproiettore collegato al calcolatore. A rigore non sarebbe necessario un sistema “on-line” per l’acquisizione dei dati: sarebbe sufficiente un sistema marcatempo, per esempio a getto di inchiostro su striscia di carta. Schema del lavoro 1) Studio dei grafici posizione , velocità, accelerazione del moto : a) b) riconoscimento della periodicità; riconoscimento della proporzionalità accelerazione-posizione a/x . 1) Studio della dipendenza del periodo T : a) b) 18 2 GRUPPO dall’ampiezza delle oscillazioni ; dalla massa oscillante m ; Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta c) riassunto della dipendenza di T da m e da K . 1) Studio della dipendenza del periodo T dal rapporto a/x . 2) Confronto tra il rapporto a/x e quello K/m e determinazione della seconda legge della dinamica. 3) Eventuale composizione di moti armonici in direzioni perpendicolari e riconoscimento del moto circolare uniforme. Bilanci energetici in presenza di attrito Nota: in questa fase si deve operare un progressivo passaggio di attenzione dal concetto di attrito al concetto di energia. Nelle esperienze di seguito riportate tale passaggio è già dato per scontato, come pure la conoscenza delle varie forme di energia meccanica e termica. L’anello di congiunzione è da costruire. Conservazione dell’energia totale Prerequisiti: conoscenza, almeno a livello intuitivo, del concetto di energia riconoscimento che l’energia si presenta in varie forme, in particolare cinetica, potenziale e termica Obiettivi : Constatazione sperimentale della conservazione dell’energia totale Materiale : 2 bottiglie di plastica da due litri vuote ; 3 dinamometri ; 1 filo di spago da 1,50 m ; 4 litri di acqua . Esecuzione dell’esperienza Unire le due bottiglie con uno spago e pesarle con il dinamometro. Riempire d’acqua le due bottiglie e pesarle nuovamente. Prendere in mano lo spago a cui sono appese le bottiglie e lasciare scorrere lo spago tra le mani mentre le bottiglie scendono verso terra : mentre le bottiglie scendono, il filo e le mani si surriscaldano a causa dell’attrito e lo sperimentatore percepisce una forte sensazione di calore. Analisi qualitativa dell’esperimento Le energie in gioco sono la cinetica, la potenziale e la termica. Gradualmente, a causa del movimento, l’energia potenziale si trasforma in parte in energia cinetica e in parte in energia termica. L’aumento di temperatura riscontrata dallo sperimentatore , è dovuto alla velocità con cui si muovono le molecole della pelle delle dita e del filo : l’energia interna delle dita e del filo è aumentata mentre l’energia potenziale delle bottiglie è diminuita. Complessivamente l’energia totale del sistema pertanto si conserva. GRUPPO 2 19 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta Considerazioni teoriche Tutti i corpi sono fatti di molecole e quando essi si urtano o si strofinano le loro molecole vengono messe in movimento. L’energia meccanica non “scompare” come sembra ma si trasferisce nelle molecole in questione. L’energia interna del corpo a causa degli attriti e degli urti aumenta manifestandosi sotto forma di incremento di temperatura. Trasformazione dell’energia in calore per attrito Premesse Per l’esecuzione dell’esperienza descritta si fa esplicito riferimento alla pubblicazione del Prof. Dalla Valle “Trasformazione dell’energia in calore per attrito”. Prerequisiti Seguendo il percorso didattico illustrato nella succitata pubblicazione devono essere già stati eseguite esperienze di misura di : temperature ; quantità di calore. Strumentazione L’apparecchio è composto da un’asta che sorregge un dispositivo, di capacità termica nota Ct ,che ruotando sviluppa calore per attrito con un blocco di legno , al cui interno può essere inserito un termometro con sensibilità di un decimo di grado. Un secondo termometro, della stessa sensibilità, è posto alla stessa altezza del primo ma al di fuori del dispositivo mobile : esso permette di tenere sotto controllo la temperatura dell’ambiente in cui si opera. Il dispositivo è messo in rotazione dalla caduta di una massa nota vincolata ad un filo che si arrotola su una carrucola di ottone. Metodo operativo Il metodo operativo consiste nel misurare inizialmente la temperatura all’esterno Ta (temperatura dell’ambiente) e all’interno Ti della parte mobile e poi nel lasciare libera di cadere, da una prefissata altezza h , la massa nota m : in questa fase bisogna avere cura di regolare l’attrito fra le parti mobili, tramite una apposita manopola, in modo che la massa discenda molto lentamente (durata della discesa fra i dieci e i trenta secondi) per poter considerare circa nulla la velocità con la quale la massa giunge a terra adagiandosi sull’apposito piano di gommapiuma (dal quale vanno sempre misurate le altezze di caduta). A questo punto si misura la temperatura finale Tf raggiunta all’interno della parte mobile e si calcola la variazione di temperatura T = Tf – Ti subita da essa nel corso della discesa in esame e si può quindi calcolare la quantità di calore Q = Ct T . Per poter ripetere la misura è necessario raffreddare la parte mobile tenendo a contatto della carrucola metallica la punta sagomata che fuoriesce da una piccola bottiglia termica riempita preventivamente di acqua e ghiaccio : si raccomanda di non toccare con la punta metallica la parte in legno dell’apparecchiatura in quanto la condensa che si forma su tale punta potrebbe inumidire il legno alterandone le caratteristiche. Per riavvolgere il filo sbloccare la carrucola , operando con l’apposita vite a farfalla, e , limitando il più possibile il contatto tra le mani dell’operatore e la carrucola (per non riscaldarla aumentando ulteriormente i tempi di raffreddamento, già abbastanza lunghi), 20 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – prima proposta cercare di fare in modo che gli strati di filo si sovrappongano ordinatamente affinché nel successivo svolgimento non si creino intralci: Una volta terminata l’operazione di riavvolgimento, bloccare nuovamente la carrucola : in generale, prima di effettuare qualsiasi misurazione, accertarsi che essa sia bloccata. Si consiglia di effettuare le esperienze partendo da una temperatura iniziale interna Ti inferiore di circa un grado alla temperatura ambiente in modo che le dispersioni di calore che avvengono durante l’esperienza, nella quale si raggiungono temperature finali superiori a quella dell’ambiente, si possano considerare bilanciate nei due sensi. Schema del lavoro 1) Studio della dipendenza del calore sviluppato a) dalla massa; b) dall’altezza di caduta. 2) Studio della proporzionalità diretta tra calore sviluppato Q e prodotto mh con calcolo della costante di proporzionalità. Dipendenza del calore sviluppato dalla massa Fissare un’altezza h (si suggerisce intorno ai 160 cm ) dal piano di gommapiuma, far variare la massa per stabilire la proporzionalità quantità di calore Q – massa m ossia la costanza del rapporto Q/m . Si suggerisce di eseguire per ogni massa almeno tre discese , calcolando per ciascuna di esse il rapporto Q/m per poi calcolare il valore medio (Q/m) e di utilizzare tali valori medi sia per eseguire la verifica della costanza del rapporto Q/m che , in un secondo momento, per ricavare i dati necessari per l’esperienza relativa allo studio della proporzionalità diretta tra Q ed mh calcolando il valore Q/mh come (Q/m)/h : Dipendenza del calore sviluppato dall’altezza di caduta Fissare una massa m (si suggerisce m = 3 Kg oppure m = 4 Kg ) e variare l’altezza h dalla quale la si lascia cadere (si suggeriscono, per h, variazioni di venti o di venticinque centimetri ) per stabilire la proporzionalità tra Q e h, ossia la costanza del rapporto Q/h . Anche in questo caso si suggerisce di eseguire almeno due , tre discese per ciascuna altezza h calcolando poi il valore medio (Q/h) dei valori ottenuti per i rapporti Q/h . Analogamente all’esperienza di cui al punto 1) si suggerisce di utilizzare i valori medi (Q/h) sia per eseguire la verifica della costanza del rapporto Q/h che , in un secondo momento, per ricavare i dati per l’esperienza relativa allo studio della proporzionalità diretta tra Q e mh calcolando il valore Q/mh questa volta come (Q/h)/m : Studio della proporzionalità diretta fra calore sviluppato Q e prodotto mh Dall’esame dei risultati delle esperienze di cui ai precedenti punti 1.a) e 1.b) sulla proporzionalità tra Q e m e tra Q e h , si deduce la proporzionalità tra Q ed il prodotto mh e dal calcolo del valore medio dei rapporti Q/mh (ricavati in precedenza o calcolati adesso per la prima volta dai dati delle esperienze 1.a) e 1.b) ) si ottiene il valore della costante di proporzionalità: se si è avuto cura di utilizzare le unità di misura del S. I. tale costante ha un valore numerico di circa 9,8 ossia uguale a quello noto di g accelerazione di gravità. GRUPPO 2 21 Dal fenomeno all’astrazione: l’attrito Seconda proposta di percorso Abstract: A partire da singole e scollegate relazioni inerenti attività didattiche realizzate da alcuni insegnanti, lavori privi di punti di contatto significativi, è stato prodotto il presente fascicolo che raccoglie degli spunti là presenti. Il lavoro è costituito da un percorso destinato ai primi anni di studio della Fisica (spesso, quindi, al biennio superiore) e tratta di Dinamica (con una scelta opzionale anche per la Cinematica), includendo come tappa “intermedia” fondamentale la formulazione della seconda legge di Newton. La differenza rispetto a percorsi più tradizionali consiste nel mettere in primo piano, con una trattazione piuttosto approfondita, la forza d’attrito e sviluppare le prime due leggi della Dinamica a partire dai problemi che la determinazione quantitativa di tale forza solleva. Gli obiettivi di questo lavoro sono di tre livelli: riguardano non solo i contenuti disciplinari ma anche le loro tecniche che conducono alla loro acquisizione ed una riflessione sul metodo che porta dal fenomeno all’astrazione. Obiettivi del lavoro Attraverso il percorso qui sviluppato l’insegnante si propone di: 1. 2. 3. Introdurre gli allievi all’uso delle nuove tecnologie nel campo della raccolta e dell’analisi dei dati. Far acquisire conoscenze disciplinari specifiche nei settori della Cinematica e soprattutto della Dinamica. Le conoscenze riguardano in particolare la forza d’attrito e le prime due leggi della dinamica. Rendere gli allievi consapevoli del percorso di induzione che conduce dall’osservazione dell’esperienza sensibile nella sua molteplicità di casi alla formulazione di leggi generali. L’importanza di tale percorso è fondamentale in quanto tali leggi sono solo apparentemente estranee ai fenomeni di cui si ha esperienza quotidiana mentre in realtà sono in grado di fornire descrizioni adeguate e dettagliate e di condurre ad un livello di comprensione dei meccanismi naturali molto approfondito. Cenni alle idee spontanee che i ragazzi potrebbero avere relativamente al moto e all’attrito È possibile che i ragazzi abbiano delle idee errate, relativamente ai meccanismi che regolano il fenomeno di trazione di un oggetto (in quiete e in moto), casi particolari di preconoscenze sui fenomeni dinamici da loro indotte in modo inconsapevole dalle molte esperienze empiriche nel corso degli anni. Una delle idee che i ragazzi potrebbero avere è quella per cui “per spostare un corpo è necessario tirare tanto quanto pesa il corpo, vincendo in questo modo il suo peso”, in cui una certa concezione di equilibrio viene applicata indiscriminatamente all’unica forza nota già a livello elementare: il peso. Altra idea è quella per cui “più tiro più velocemente si muove il corpo”, ovvero una relazione di proporzionalità diretta tra forza e velocità che risulta essere una delle Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta convinzioni più dure da modificare sul moto dei corpi, persistendo a livello inconscio e riemergendo anche quando la trattazione della dinamica dovrebbe averla corretta. Il modello interpretativo per un fenomeno come il trascinamento di un oggetto che emerge dalle idee sul moto sopra riportate è di questo tipo: “quando tiro o spingo un oggetto questo non si muove immediatamente, ma solo dopo che la forza applicata raggiunge il valore del peso dell’oggetto stesso. Una volta messo in movimento, l’oggetto avrà un moto uniforme se gli viene applicata una forza, altrimenti si fermerà”. Prerequisiti Prima di affrontare il percorso illustrato si richiede che gli allievi siano in possesso di alcuni prerequisiti, sotto elencati: Capacità di riportare dati sui grafici e di ricavarne leggi. Possesso del concetto intuitivo di forza e collegamento a una sua definizione operativa (e alla sua misura mediante il dinamometro), a partire dallo studio della deformazione della molla (esperienza sulla legge di Hooke). Conoscenza intuitiva del concetto di equilibrio di forze uguali in modulo e di verso opposto attraverso immagini del tipo del tiro alla fune. Cinematica dei moti rettilinei (Opzionale). Descrizione del Percorso Fase 1: Osservazione del fenomeno di trazione di un oggetto Obiettivo: Percepire la presenza di una forza nel processo di trazione di un oggetto, sia durante la fase statica sia durante il moto. Attività: 1. Un blocchetto, posto su un piano orizzontale, viene tirato dagli allievi con la mano, prima leggermente, poi sempre più, fino a farlo muovere a velocità costante. Conviene cercare una superficie e un blocchetto che rendano evidente soprattutto la fase statica, eventualmente con un blocco pesante. Si può allacciare un filo al blocchetto (tramite un gancio fissato al blocco stesso) e far tirare il filo. Si fa osservare che tirare il blocco è come tirare la molla e dunque chi trascina il blocco esercita una forza. 2. Tra la mano e il blocco viene poi inserito un dinamometro, che può fornire dei dati: si rileva una forza sia a blocco fermo sia a blocco in movimento. Le due misure indicano caratteristiche diverse per le forze osservate (forza crescente nella fase statica, forza costante in quella dinamica) e risposte diverse (quiete prima, moto poi) per l’oggetto su cui esse agiscono. Un modo più raffinato di osservare l’evoluzione del sistema consiste nell’usare un sensore di forza: si inserisce il sensore di forza tra la mano e il blocco e si misura la forza sul blocco (è anche possibile usare il sensore stesso come blocco oppure montarlo su quest’ultimo con alcuni sensori di forza si può fare). Dal momento che l’uso dei sensori come strumenti di misura non è stato inserito nei prerequisiti, si rende necessaria una digressione per illustrare ai ragazzi questo ulteriore strumento, fissando l’attenzione sulle possibilità da esso offerte: permette infatti di registrare l’evoluzione temporale del fenomeno osservato; poiché prende dati a frequenza, ad esempio, di 24 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta 5 (solo?) Hz, consente la descrizione temporale di fenomeni rapidamente variabili e quindi può dare informazioni accurate sulla fase di distacco anche quando avviene in modo molto brusco. Le figure rappresentano le possibili configurazioni del sensore e del blocchetto. Le figure 1 e 3 si riferiscono al possibile uso del sensore come blocchetto, le figure 2 e 4 hanno il sensore posizionato sul blocco. Il sensore misura la forza con cui viene tirato o spinto attraverso il suo gancio; quindi, nel caso di fig. 1 e 2 misura la forza della mano, nel caso di fig. 3 e 4 misura la tensione del filo. In condizioni statiche o di velocità costante tale misura fornisce indirettamente il valore della forza d’attrito, perché uguale alla trazione della mano. Conclusioni: Da queste tre attività dovrebbe soprattutto emergere che quando si esercita una forza su un oggetto si viene a creare una seconda forza, di cui si può fare esperienza sensoriale (che consiste nel sentire con la mano una certa resistenza) ma che è pure possibile misurare. Nota: Non è affatto detto che per i ragazzi sia chiaro a cosa si riferiscano le misure ottenute. Si percepisce una resistenza, ma ciò che si misura, cos’è? La forza con cui si tira la mano o la resistenza? Non si ritiene di affrontare il problema (che pure esiste) in questa fase più che altro di osservazione. Emerge comunque a questo punto una prima domanda “che cosa produce la forza misurata F?”. Fase 2: Studio delle caratteristiche della forza di cui si è evidenziata l’esistenza Obiettivo: Si pone ora l’attenzione sulla forza di cui si è appena avuta percezione, per individuarne origine e caratteristiche. Attività: 1. Alla mano si sostituisce un peso variabile (che potrebbe essere costituito da una bottiglia di plastica con acqua) che, grazie all’utilizzo di una carrucola, trascina il blocco. Ciò consente di misurare con una bilancia la forza che traina ed inoltre di variarne l’intensità molto gradualmente. In alternativa si possono usare dei pesetti. Nota:. Se i ragazzi non ne avessero ancora consapevolezza sarà indispensabile farli riflettere sul fatto che anche il peso è una forza. È sufficiente a tal fine mostrare che anch’essa è in grado di allungare una molla esattamente come la trazione manuale. Si nota subito che le cose non migliorano affatto. Infatti il blocchetto si muove in modo diverso: dapprima rimane a lungo fermo, poi all’improvviso “scappa via”....... Se è già stata trattata la Cinematica è subito possibile lo studio del moto del blocchetto: emerge che si tratta di un moto accelerato. Questo studio pùò essere fatto usando un sensore di moto, che registra dati di posizione e li elabora per fornire evoluzioni temporali in termini di velocità e di accelerazioni. Un sistema meno raffinato, elementare, ma forse più vicino alle abilità dei ragazzi può essere quello di filmare il moto e passarlo alla moviola per “rallentarlo” e prendere così dati di spazio a intervalli regolari: per questa attività è necessario un percorso non brevissimo (e quindi un banco lungo dove eseguire l’esperienza), una cinepresa, un videoregistratore dotato di moviola (se poi è noto l’intervallo temporale dei “fermo immagine” potrebbero calcolare pure dati di velocità), un televisore con uno schermo di dimensioni abbastanza grandi. Un altro accorgimento è quello di creare un contrasto tra il punto che si sceglie come indicatore della posizione del blocco e lo sfondo, per essere facilitati nella rilevazione delle posizioni del blocco sul filmato. Se la Cinematica non è stata già trattata questa fase può essere momentaneamente lasciata in sospeso. 2. Si osserva ora cosa accade se si diminuisce sempre di più il peso trainante. Vi sono due possibilità: il blocchetto sta fermo (caso a) oppure schizza via (caso b). GRUPPO 2 25 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta Si presentano quindi due strade che andranno affrontate separatamente a) studiare in dettaglio la fase statica; b) studiare la fase dinamica. Analisi della Fase Statica (caso a): Per interpretare la situazione statica è possibile far ricorso a un’analogia tra la situazione presente e quanto si osserva nel gioco del tiro alla fune: si può ipotizzare che se il peso tira e il blocchetto non si muove evidentemente tira pure il blocco con una forza di uguale intensità ma in senso opposto, la differenza sostanziale è che ora, anziché essere presenti “visibilmente” due forze come è nel tiro alla fune, sembra che ne agisca una sola: la forza misurata. Questa difficoltà può essere superata suggerendo ai ragazzi un’analogia con una “variante” del gioco della fune: una delle squadre del tiro alla fune è nascosta dentro un box, così da far loro ammettere che possa esistere una forza anche se non viene vista da un osservatore esterno. Conclusioni: A questo punto gli allievi dovrebbero essere consapevoli della presenza di una forza che “risponde”, con uguale intensità, a quella applicata dall’esterno: la forza di attrito statico, e del suo andamento crescente al crescere della forza esterna stessa, fino a un valore limite. Dovrebbe essere chiaro pure che una misura della forza di trazione costituisce una valutazione di quella d’attrito statico. Si rende necessaria un’indagine per caratterizzare la forza di attrito appena individuata. Inserto 1: Indagine sull’Attrito Statico Si indaga l’attrito statico (intendendo con questa espressione il valore massimo della forza d’attrito statico ovvero di primo distacco), modificando di volta in volta una sola variabile per comprendere i fattori che l’influenzano: 1. mantenendo costante il peso del blocco si varia l’area della superficie di contatto, per rilevare uguali forze d’attrito. Per fare ciò basta usare un blocchetto a forma di parallelepipedo; 2. lasciando invariata l’area della superficie si variano i materiali di contatto, per riscontrare forze d’attrito diverse. Per questa fase possono essere usate spugnette con un lato più abrasivo di quello opposto o blocchetti incollati i diversi materiali su ciascuna delle sue facce uguali; è il caso di variare pure la superficie del piano (cartoncino, panno, spugna...); 3. lasciando invariate tutte le altre caratteristiche viene aumentato soltanto il peso del blocchetto, per individuare il ruolo della forza perpendicolare alla superficie (che per ora è il peso). A questo fine è sufficiente aggiungere dei pesetti sul blocco; 4. (Opzionale) usando un piano inclinato si potrebbe individuare la dipendenza della forza d’attrito al distacco dell’angolo a al piano stesso, per chiarire che non c’è una dipendenza banale dal peso ma che viene coinvolta la sua componente normale al piano (la forza premente); 5. per approfondire il legame tra peso e attrito senza introdurre una trattazione a livello elementare delle funzioni trigonometriche è possibile utilizzare il rapporto tra l’altezza (o la base) e la lunghezza del piano inclinato. Nota: Questa fase è nettamente distinta dalle precedenti e più complessa da trattare. Infatti la forza a cui si oppone l’attrito è la componente del peso parallela al piano inclinato, che varia al variare dell’inclinazione del piano stesso. Le forze in gioco sono quindi questa e quella dell’attrito, entrambe variabili con l’angolo d’inclinazione a. La trattazione quantitativa dell’esperienza diventa quindi tutt’altro che semplice e presuppone la conoscenza della tecnica di scomposizione dei vettori e della sua applicazione al caso delle forze e dei moti. Generalmente questi concetti risultano ostici ai ragazzi e non sempre è possibile ammetterli come prerequisiti al lavoro. Solo dopo aver approfondito i punti sopra ricordati potrà essere possibile analizzare correttamente la dipendenza dalla componente normale del peso. È comunque possibile dare un’indicazione qualitativa del problema facendo osservare il comportamento di un libro spinto sulla superficie rugosa di un muro (generalmente le superfici murali delle aule sono proprio di tale tipo), per mostrare che la difficoltà di spostamento dipende dalla pressione esercitata perpendicolarmente alla superficie e non dalla forza peso del 26 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta libro, parallela al muro. Sono adatti libri leggeri, che si spostano con facilità, e pressioni incisive. Se invece si vuole effettuare in dettaglio l’indagine quantitativa si può utilizzare il piano inclinato, aumentandone l’inclinazione fino a quando il blocco comincia a muoversi: a questo punto si uguaglia la componente tangenziale del peso o forza massima d’attrito per calcolare il valore di quest’ultima. Se nelle esperienze con il piano orizzontale sono stati ricavati i coefficienti d’attrito e ammessa la loro invarianza sul piano inclinato (chiaramente, a parità di materiali), dai diversi valori della forza d’attrito si può osservare una discrepanza e pervenire alla legge di dipendenza corretta (che però dovrà essere suggerita). Tutte le indagini (eccetto quella sul piano inclinato) possono essere svolte con la bottiglia d’acqua e la bilancia sia con i sensori di forza (questo secondo modo può fornire pure l’andamento crescente della forza d’attrito statico, ma bisogna fare in modo che la fase di distacco non avvenga troppo presto). Conclusioni: Realizzando le prime tre fasi di questo inserto gli allievi saranno in grado di esprimere la legge che collega forza d’attrito al peso dell’oggetto e riusciranno a calcolare i coefficienti di attrito statico relativi alle diverse situazioni sperimentate con piani orizzontali. Dopo la quarta fase sapranno esplicitare anche la dipendenza fra attrito e forza premente sul piano di scorrimento. Chiusa la fase statica, ci si concentra su quella dinamica. Qualora non sia già stata trattata in precedenza, scaturisce ora l’esigenza di affrontare la Cinematica, che consente di qualificare le varie tipologie di movimento osservate dopo il distacco e riconoscere il moto del blocco come accelerato. In proposito alcuni spunti di lavoro possono essere ripresi dall’inserto sullo studio dei moti bidimensionali allegato al presente lavoro. Quindi si potrà entrare nel vivo della fase dinamica. Analisi della fase dinamica (caso b): Attività: Si inizia inserendo il dinamometro tra il blocco e il filo collegato al peso per rendere manifesta la presenza di una forza, poi si registrano gli andamenti di F(t) e x(t) rispettivamente con i sensori di forza e di posizione. Indagine sull’attrito dinamico: Variando l’area della superficie di contatto, il materiale di cui è composta la superficie, la massa del blocchetto (con un percorso analogo a quello compiuto nella fase statica) sarà possibile vedere quali fattori influenzano il fenomeno. Si consiglia di effettuare misurazioni effettuando la trazione manualmente: in questo modo è abbastanza facile regolare la forza per ottenere un moto rettilineo uniforme (nell’eventualità che si sia scelto di trattare la Cinematica entro questo modulo, l’analisi del moto in condizioni di trazione manuale darà proprio l’occasione di introdurre il moto uniforme). Le rilevazioni di forza e posizione in questo caso rileveranno una situazione dinamica differente dalla precedente. Infatti, mentre usando come forza trainante un pesetto costante il moto dopo la fase di distacco risultava accelerato, ora la forza non risulta più costante ma il moto che ne consegue è uniforme. È dunque necessaria un’ulteriore analisi, analoga a quella fatta con la forza traente costante, per individuare i fattori da cui ora dipende la forza d’attrito che comunque risulterà essere di tipo dinamico. Le esperienze di caratterizzazione dell’attrito dinamico sopra descritte saranno compiute attraverso l’uso dei sensori di forza e di posizione che consentiranno accurate descrizioni quantitative delle caratteristiche dei moti e delle forze in gioco. Nota: In condizioni di velocità costante la tensione del filo misurata dal sensore fornisce proprio il valore della forza d’attrito dinamico, ma i ragazzi, non avendo ancora conoscenza dei principi fondamentali della dinamica, non possono saperlo. GRUPPO 2 27 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta Conclusioni: Come nel moto accelerato, anche in quello uniforme è presente una forza d’attrito dinamico che dipende dalle caratteristiche del sistema ma che ancora non si riesce a misurare. Nulla dice che la misura della forza traente fornisca, come nel caso statico, una misura dell’attrito. A questo punto la situazione è piuttosto complicata e poco chiara, difficile da descrivere e da spiegare, con una serie di fattori non controllabili da parte dei ragazzi. Tante sono le domande che rimangono senza risposta. In particolare: “Cosa determina la differenza fra la situazione di moto accelerato e quella di moto uniforme?”, “Che ruolo giocano la forza di trazione e la forza di attrito nei due casi?”, la forza di attrito dinamico è quantitativamente uguale a quello statico?”. “Nelle due tipologie di moto osservate l’attrito dinamico è uguale?”. Purtroppo il sensore di forza misura solo la forza di trazione e non dice nulla su quella d’attrito. Si rende necessario percorrere una strada diversa in cerca di altre informazioni. A questo punto si propone ai ragazzi di continuare l’indagine eliminando qualcuno dei troppi fattori incogniti in gioco. Ipotizzando che la forza d’attrito si manifesta nella stessa maniera sia quando è la forza costante dei pesetti sia quando questa è sostituita dalla mano, ci si può domandare: questa forza nasce solo in risposta ad una seconda forza trainante oppure è solo una risposta ad uno stato di moto indipendentemente dalle cause che lo hanno provocato? Per rispondere si propone di osservare cosa accade al blocchetto in moto senza forza che lo traini. Fase 3: Eliminazione della forza trainante: esperienza di Galileo Obiettivo: Riconoscere che la forza d’attrito nel caso dinamico è presente anche senza una seconda forza trainante, solo in risposta ad una situazione di movimento. Attività: Per questa esperienza si può utilizzare un piano inclinato per far sì che il blocchetto abbia, al termine del piano, una certa velocità; la misura si riferisce agli spazi di arresto del blocco su materiali diversi posti (in orizzontale) di seguito al piano stesso (attenzione al raccordo fra il piano inclinato e quello orizzontale). I tipi di piano saranno gli stessi utilizzati in precedenza come pure le superfici del blocco. Conclusioni: Al termine dell’esperienza gli allievi saranno consapevoli della presenza di una forza responsabile dell’arresto del blocchetto: la forza d’attrito dinamico. Conosceranno la sua natura di forza contatto, la sua dipendenza qualitativa dalle caratteristiche delle superfici. Saranno inoltre invitati ad ipotizzare una qualche correlazione (per ora solo a livello qualitativo) fra l’azione di tale forza e la decelerazione. Fase 4: Il primo principio della Dinamica Attività: L’esperienza entra nella fase quantitativa: il sensore di moto permette di misurare posizione, velocità e accelerazione del blocco che si arresta. Si esaminano quindi i dati di spazio di arresto, da quelli in cui esso è maggiore a quello in cui risulta minore, usando superfici sempre più lisce; si guida la discussione chiedendo cosa avverrebbe se le superfici di contatto fossero perfettamente lisce, per arrivare al fatto che lo spazio di arresto aumenta, sicché con un altro passaggio al limite si può dedurre che, se non ci fossero attriti, la velocità rimarrebbe costante. Si perviene dunque alla formulazione del Principio d’inerzia. A questo punto si può riconsiderare l’esperienza del blocco trainato a velocità costante per distinguere qui l’azione congiunta di due forze, quella d’attrito e quella del traino che si annullano a vicenda. Ora quindi una misura della forza di traino a velocità costante potrebbe fornire pure una misura della forza d’attrito. Si preferisce però proseguire nello studio dei 28 2 GRUPPO Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta principi della dinamica e calcolare quest’ultima in altra maniera. Infatti ora l’itinerario prevede una indagine approfondita del secondo principio della dinamica, per mostrarne poi una sua applicazione nel calcolo dell’attrito al caso del moto accelerato prodotto con il pesetto trainante. Fase 5: La seconda legge della Dinamica Obiettivi: 1. rendere i ragazzi consapevoli del fatto che un’osservazione superficiale può essere insufficiente ed ingannevole e per comprendere adeguatamente fenomeni è necessario individuare ed eliminare i fattori di disturbo. 2. formulare la seconda legge della Dinamica. Attività: Dopo l’attività precedente rimane comunque il problema di essere in presenza di una forza, quella d’attrito, ancora non controllabile né misurabile: dovrebbe emergere il suo ruolo di elemento di disturbo, che anche storicamente ha prodotto idee errate sulle cause del movimento. Dovrebbe ora nascere la consapevolezza del fatto che uno studio delle cause del movimento in situazione controllata (cioè con forze impresse da noi e misurabili) richiede assenza di attrito. Al fine di controllare il secondo principio è preferibile usare la guida a cuscino d’aria o una guida molto liscia, a basso attrito, per studiare il movimento con forza costante e con forza variabile, ad es. crescente. Le misure, ancora una volta, possono essere compiute con i sensori di forza e di posizione, ma non necessariamente: le esperienze “tradizionali” sono presenti su moltissimi testi, quella con i sensori si trovano nei manuali d’uso degli stessi. Il vantaggio di usare questi ultimi è nella rapidità di esecuzione di un’esperienza di buona qualità. La trattazione della seconda legge della Dinamica comporta anche l’introduzione del concetto di massa inerziale, di cui si esaminano le diverse proprietà (conservatività, additività...). Un possibile percorso di studio sulla proprietà di conservazione della massa inerziale è presentato in un inserto allegato al presente lavoro. Fase 6: Determinazione della forza d’attrito Obiettivi: 1. fornire un esempio dell’utilità della seconda legge della Dinamica, ora impiegato per risolvere il problema della determinazione della forza d’attrito. 2. ottenere una descrizione completa della forza d’attrito. Attività: Si ritorna ora allo studio del moto reale del blocchetto trainato dal pesetto in presenza di attrito. Alla luce del secondo principio si può spiegare il moto accelerato del blocchetto dopo il distacco osservando il grafico della forza rilevata dal sensore in un intorno temporale della fase di primo distacco: si nota che in fase statica l’attrito aumenta al crescere della forza di trazione (si ricorda che nelle prove effettuate in precedenza il peso perdente che tirava il blocco subiva incrementi “minimi”, solo fino al momento di distacco) ma, raggiunta una soglia massima l’equilibrio si rompe. Improvvisamente l’attrito, ora dinamico, diminuisce, la forza peso, che non è più variata, non è più equilibrata da una pari forza opposta. Pertanto in base al secondo principio della Dinamica è del tutto naturale il manifestarsi di un moto accelerato. A questo punto si misurano la massa dei pesetti e quella del blocchetto, la forza trainante (il peso dei pesetti), la tensione del filo (con il sensore). Poi si calcolano l’accelerazione del sistema e quindi la forza d’attrito (si veda anche quanto precisato qui sotto). Nota: durante tutto il lavoro bisogna fare attenzione ad un tranello linguistico: con il termine “forza trainante” è facile intendere talvolta la tensione del filo, talvolta il peso che costituisce la forza di traino del sistema. È bene assegnare nomi differenti per evitare equivoci. GRUPPO 2 29 Dal fenomeno all’astrazione l’attrito – seconda proposta Precisazioni: Vengono di seguito riportate alcune osservazioni sullo schema teorico che sottende l’utilizzo del peso trainante. Analisi teorica: Nota: non avendo trattato con i ragazzi il concetto di “sistema di masse”, di “centro di massa”, ecc., si preferisce effettuare l’analisi delle forze agenti sul blocco (di massa M) e sul pesetto trainante (di massa m) separatamente. Qui di seguito T indica la tensione del filo. P= mg il peso dell’oggetto che traina, con Fa la forza d’attrito. Caso di assenza di attrito: sul blocco di Massa M agisce solo la tensione del filo; l’equazione del moto è T= (con l’asse x orientata verso destra). Sul pesetto, di massa m, agiscono il peso e la tensione: l’equazione è: T-mg = -ma (l’asse y è orientato verso l’alto). Se, ad esempio, elimino T dalle equazioni trovo: mg-ma=Ma, da cui a =mg/(M+m). Presenza di attrito: La prima equazione diventa: T-Fa = Ma, la seconda rimane invariata. Dalla seconda equazione si nota che se a è diversa da 0 la tensione del filo è inferiore a mg, ed è uguale al peso dell’oggetto in caduta solo se il moto è a velocità costante (o nulla). La “nuova” equazione per il moto di M dice che se la velocità è costante o nulla la tensione del filo e la forza d’attrito sono uguali, come già detto in precedenza. Dalle equazioni: T-Fa= Ma e T-mg = -ma eliminando a si trova: Fa=(m+M) T-Mmg)/m. Dalle stesse equazioni, eliminando T, si ottiene: Fa=mg-(M+m) a. Chiaramente bisogna supporre nota la seconda legge della Dinamica. Ricapitolando In condizioni statiche la misura del peso fornisce il valore dell’attrito statico; in condizioni di velocità costante pure (anche tenendo presente che il sensore misura la forza con cui è tirato o spinto il gancio di cui è dotato, quindi, nel nostro caso, misura T); i ragazzi però inizialmente non lo sanno, e, mettere per v=0 il discorso del tiro alla fune può aiutare, nel caso di velocità non nulla siamo nel pieno del problema delle leggi della dinamica. Una volta trattata la seconda legge di Newton si possono riprendere in esame i dati di tensione del filo e quelli di accelerazione per determinare la tensione. Ora i ragazzi sono a conoscenza dei presupposti teorici (i primi due principi della dinamica) per ammettere che, a velocità costante, la somma delle forze deve essere pari a zero e che quindi in questo caso il sensore fornisce una misura della forza d’attrito. Un confronto tra i dati a velocità costante e quelli ricavati dalla relazione fondamentale (F= ma) nel caso di moto accelerato può costituire un ulteriore controllo. Fondamentale è comunque sottolineare la potenza delle leggi generali della meccanica esaminate in itinere, in particolare per la possibilità di applicazione a casi concreti specifici. 30 2 GRUPPO