LA PUBBLICITA`

annuncio pubblicitario
LA PUBBLICITA’
I PRODOTTI PARLANO
Considerate un fuoristrada 4x4: è un macchinone ingombrante, largo, alto, scomodo da salirci,
scomodo da starci, rumoroso, rude, ma che resiste ad ogni prova ed è ideale
sulle piste del deserto, per guadare fiumi, attraversare savane, superare
pendenze da capogiro.
Non è strano il fatto che ne siano piene le strade di città? Non è curioso
vedere così spesso al volante di questi macchinoni deliziose signore
perfettamente truccate e sportivamente eleganti che accompagnano il loro bimbo all’asilo? O
bancari che vanno in ufficio?
Un’automobile (veicolo a motore a quattro ruote adibito al trasporto su strada di un numero
limitato di persone) è indispensabile per spostarsi, ed esistono talmente tante marche e modelli di
auto molto più adeguate per la città che c’è solo l’imbarazzo della scelta: perché scegliere un tipo
di macchina così letteralmente “fuori luogo”, sproporzionata, specialistica, eccessiva (e costosa)?
Non sarà che il fuoristrada è qualcosa di più che un mezzo di trasporto?
Per esempio: un segno, un simbolo di successo, una manifestazione di sicurezza e magari anche
di spavalderia, una dichiarazione di benessere economico, un distintivo di appartenenza a un
gruppo elitario?
Oppure non sarà che il fuoristrada potrebbe essere una dichiarazione di non integrazione, di
rifiuto del grigiore della vita quotidiana, di rifugio nel sogno, e magari anche una forma di
regressione? (“Sì, mi vedete in piazza San Babila, ma sono qui per caso: come si capisce, io
normalmente sto fra Marrakech e Khenifra, a studiare le abitudini sessuali dei macachi del
Medio Atlante”; “Sì, ogni tanto devo stare in banca, ma il mio vero posto, sapete, è lassù sulle
montagne, dove salta il camoscio e tuona la valanga”).
Ma se è così, e se un prodotto è un bene che soddisfa i bisogni dei consumatori, come vedremo,
che tipo di bisogno soddisfa un fuoristrada? Solo quello del trasporto? Sembrerebbe proprio di
no, c’è dell’altro, e in dosi abbondanti.
Considerate un paio di jeans. Si tratta, obiettivamente parlando, di brache dure, ruvide, scomode,
troppo fredde d’inverno e troppo calde d’estate, dotate di doppie cuciture, rinforzi e rivetti
assolutamente superflui per chi non faccia il cercatore d’oro e abbia il problema di non perdere le
pepite per strada; del tutto inadatti quando non si va a cavallo, ma si passa da un sedile a una
sedia a una poltrona, con l’intermezzo di leggère e comode passeggiate di trasferimento e
rilassamento.
Eppure, guardando il panorama dei giovani dalla vita in giù, si vede blu.
Le alternative sarebbero moltissime, naturalmente, e la funzione di “coprirsi” sarebbe molto
meglio assicurata da altre soluzioni: ma la scelta preponderante nei giovani è questa. Come mai?
Non sarà perché i jeans, più che dei capi di vestiario, sono un segno, un simbolo di adolescenza,
libertà, disinvoltura, naturalezza; una dichiarazione di indipendenza, una manifestazione di
pensiero e di un certo atteggiamento verso la vita; un segnale di appartenenza ad una categoria e
anche il lasciapassare per entrarci?
Facciamo la riprova: cosa pensereste vedendo – qui dalle nostre parti e non nel far west – un
novantenne curvo, con bastone, che cammina piano piano per la strada con addosso dei jeans a
sigaretta? Al minimo che è eccentrico e stravagante, più probabilmente che è fuori di testa.
Anche lui ha un paio di gambe e un sedere da coprire: ma qualcosa non va.
Quello che non va è che le due cose (bisnonno e jeans) non vanno d’accordo. Ma non vanno
d’accordo non tanto sul piano tecnico, delle prestazioni, della funzione; bensì sul piano
dell’immagine. L’idea che abbiamo del prodotto jeans è troppo lontana dall’idea del bisnonno.
Anche se il prodotto è materiale, si caratterizza su un piano immateriale, su un certo non so che
di difficile da definire, ma facile da percepire.
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LA PUBBLICITA’
Per dirvi che tutti i prodotti, ma proprio tutti, hanno un’immagine al di là e al di sopra della loro
materialità e della loro funzione pratica: hanno un’anima propria, un loro significato, un valore
simbolico, da cui si può essere attratti o respinti; significano qualcosa in più e oltre.
“Significa” si può anche rendere con “vuol dire”: ecco, gli oggetti vogliono dire, cioè parlano,
“comunicano”.
La maggior parte dei nostri modi di comportarci – e quindi anche di scegliere, acquistare – ha un
carattere di auto-espressione, è tesa a manifestare la nostra personalità (qual è o quale vorremmo
che fosse).
Nella nostra società, è allora molto spesso l’immagine dei prodotti che viene scelta e adottata da
chi compra, non tanto il prodotto materiale che ci sta dentro.
Attenzione attenzione!
E’ proprio su questi piani che opera prevalentemente la comunicazione pubblicitaria e le altre
tecniche di comunicazione aziendale.
Definizione di pubblicità (o advertising)
E’ la tecnica con cui un emittente a ciò interessato, direttamente o tramite un’agenzia di
pubblicità, presenta, diffonde e promuove idee, beni o servizi con qualsiasi mezzo di
comunicazione di massa, a pagamento, e identificandosi chiaramente.
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LA PUBBLICITA’
BREVE STORIA DELLA PUBBLICITÀ
Lungo le vie di Pompei si vedono ancora le insegne dei negozi dipinte sui muri e anche veri e
propri “manifesti elettorali” – sempre dipinti. Era evidentemente un fatto comune a tutte le città
dell’Antica Roma.
L’uso delle insegne figurate si protrarrà attraverso tutto il Medio Evo. Un altro modo classico per
comunicare era il banditore: una persona che per mestiere, e su incarico di un autorità o anche di
privati, girava per città e contrade con una tromba e un tamburo (per attirare la gente e
raccoglierla intorno a sé) e proclamava ad alta voce il messaggio.
Già nel 1477 – solo 27 anni dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg –
l’editore William Caxton fa affiggere nelle chiese un avviso che reclamizza un calendario delle
festività da lui pubblicato.
A metà del ‘600 iniziò la pubblicità sulla stampa: nella Gazette a Parigi appare un primo
annuncio pubblicitario (di un medico), poi a Londra il Public Adviser presenta un’inserzione per
il lancio di un prodotto nuovo (1657): “In Bartolomew Lane, dietro la Vecchia Borsa, è in
vendita, sia la mattina che alle tre del pomeriggio, quella bevanda chiamata caffè che è una
bevanda molto sana e medicamentosa, e che possiede molte eccellenti virtù: chiude la bocca
dello stomaco, diminuisce l’acidità, aumenta il calore interno, aiuta la digestione, rallegra lo
spirito, rende il cuore più gaio, è utile contro la congiuntivite, la tosse, il raffreddore , i
reumatismi, gli esaurimenti, il mal di testa, la idropisia, la gotta, lo scorbuto, la scrofola e molti
altri malanni”.
In Italia le prime Gazzette appaiono fra il 1630 e il 1650, ma sono ancora bollettini di governo
mentre la Gazzetta di Mantova (1670) e la Gazzetta di Parma (1735) sono quasi dei giornali
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moderni. Solo nell’’800 questi fogli acquisteranno frequenza quotidiana, ma è sempre una
stampa a carattere regionale o addirittura locale, a diffusione modesta e con pochi mezzi, per cui
la raccolta e la gestione della pubblicità sarebbe stata antieconomica. Nel 1863 nasce la Manzoni
e altre società per la raccolta della pubblicità; queste organizzazioni raccolgono le inserzioni per
più giornali contemporaneamente, assicurando a ciascuno un flusso certo di denaro e sempre
crescente. Da questo viene lo sviluppo della stampa quotidiana e periodica da fine ‘800 ad oggi.
Queste agenzie si occupano esclusivamente della compravendita degli spazi pubblicitari e non di
quello che ci viene messo dentro. Alla fine dell’’800, in USA, qualcuna di queste agenzie pensa
di offrire un servizio completo assumendo scrittori e artisti che allestiscono messaggi
pubblicitari. Così nasce la moderna agenzia di pubblicità.
Un altro curioso sistema per fare pubblicità nell’’800 era l’uomo sandwich (pag. 2): un tipo che
passeggiava per la città portando davanti e dietro, collegati da due bretelle, dei grandi cartelli con
un messaggio.
Il manifesto
Nell’’800 l’annuncio pubblicitario appare con sempre maggiore regolarità sui giornali, ma un
altro mezzo si impone all’attenzione, sia per il suo grande utilizzo, sia per l’eccezionale qualità
di tante creazioni: il manifesto.
La resa di stampa sui giornali era molto scadente, gli annunci erano realizzati in modo grezzo e
ammassati in pagine speciali, e inoltre mancava il colore. La stampa litografica dei manifesti
permetteva invece, oltre al colore, una resa ottima. Il manifesto diventava così un mezzo
primario di comunicazione di massa, per presentare non solo esposizioni, spettacoli, iniziative,
ma per proporre le merci che la rivoluzione industriale sfornava.
Veri e propri artisti si dedicano alla realizzazione di manifesti, nell’’800 fino ai primi decenni del
‘900. Dal secondo dopoguerra la mano passa dagli artisti alle agenzie. L’affissione diventa una
componente del media mix, le scelte sono riferite alla copy strategy di una campagna, se ne
interessano i creativi dell’agenzia e, soprattutto, predomina un nuovo strumento: la fotografia.
Inizio ‘900
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LA PUBBLICITA’
Anni ‘30
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LA PUBBLICITA’
Anni ‘30
E’ agli inizi del ‘900 che si decide come chiamare questa disciplina con il termine di pubblicità.
Non è stato semplice: fino a quel momento si era sempre parlato di réclame, alla francese. I
termini dell’epoca via via proposti erano: grida, richiamo, richiama, clamanza (derivato di
clamore!).
Negli anni ’30 e ’40 si diffonde la radio. C’è una trasmissione a puntate
seguitissima, una divertente caricatura dei Quattro Moschettieri: è
sponsorizzata dalla Perugina-Buitoni e a essa è collegata una serie di
figurine inserite nei prodotti, la cui raccolta scatena l’entusiasmo del
Paese.
Nel 1954 nasce in Italia la televisione: tre anni più tardi va in onda il
primo Carosello: è la soluzione italiana di compromesso per inserire la
pubblicità in un mezzo per il quale si paga il canone.
Si tratta infatti di uno spettacolo di due minuti, programmato solo alla fine del telegiornale della
sera, che non deve assolutamente presentare il prodotto pubblicizzato, ma essere fatto di uno
sketch, divertente, di fantasia e deve anche cambiare di volta in volta, per non stancare i
telespettatori; solo al suo termine sono concessi 15” di codino pubblicitario: una specie di
sponsorizzazione dello spettacolino.
Anni ‘50
Anni ‘60
Negli anni ’70 tutto cambia, tutto viene messo in discussione. Il modello di consumo portato
dalla nuova società urbana e industriale entra in crisi, è contestato: rivolta degli studenti, nascita
del femminismo, crisi energetica, recessione economica, aumento della conflittualità sindacale
mettono in discussione una concezione della vita che cominciava ad imporsi.
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LA PUBBLICITA’
La pubblicità (come i consumi) è rifiutata e demonizzata come manipolatrice delle coscienze e
alinatrice; di conseguenza i modi della comunicazione si fanno meno trionfalistici e iperbolici, si
batte la strada dell’understatement – la pubblicità cioè diventa più sommessa, allusiva,
autoironica, - e della “dimostrazione” del valore concreto dell’offerta.
Negli anni ’80 tutto cambia ancora una volta, il clima socio-culturale si evolve verso il
cosiddetto riflusso: l’impegno sociale si affievolisce, emerge l’interesse verso se stessi e la
famiglia, la soddisfazione di piaceri grandi e piccoli guida i comportamenti, rinasce la
considerazione verso il consumo. Una dimostrazione eloquente di questo cambiamento è il
settore della moda, dove ora gli stilisti imperano e i prodotti non si vendono se non sono griffati,
cioè vistosamente firmati dal creatore. Ne deriva naturalmente la piena assoluzione della
pubblicità, anche per merito di un suo rilancio in grande stile. Da questo momento si comincia a
parlare apertamente di pubblicità su quotidiani e periodici, nascono rubriche fisse di commenti
della creatività dei messaggi, i creativi cominciano ad essere considerati divi. Chi aveva tanto
osteggiato la pubblicità dimostra ora verso di essa l’entusiasmo del convertito.
E’ il boom della pubblicità. La sponsorizzazione (sportiva, culturale, sociale) si impone come
tecnica di comunicazione di grande rilevanza. Il caro vecchio Carosello va in pensione, arrivano
i normali spot, ci adeguiamo al resto del mondo. Nasce l’Auditel, voluta dalle associazioni delle
varie categorie di pubblicitari e dalle emittenti. E’ creata per rilevare in modo continuativo e
oggettivo i dati dell’ascolto televisivo.
Dagli anni ’90 va meglio delineandosi la tendenza all’individualismo che ha caratterizzato gli
anni ’80: il consumatore tende all’individualità e personalità delle proprie scelte e fa quelle che
meglio soddisfano la sua personalità. Meno peso alle griffes, maggiori esigenze dai prodotti,
maggiore attenzione, maturità e autonomia nella scelta. Alla pubblicità si richiede di essere
almeno gradevole e divertente oltre che utile nella segnalazione delle opportunità.
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LA PUBBLICITA’
LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA: IL MESSAGGIO
La percezione
Attenzione selettiva
Assicurare l’attenzione non è facile perché ognuno di noi è sottoposto quotidianamente a dosi
massicce di messaggi da cui deve riuscire a difendersi.
Esistono automatismi di difesa dall’eccesso di attacchi di messaggi, costituiti da filtri d’ingresso.
Questi filtri naturali sono capaci di scegliere o lasciar passare l’informazione che riveste
interesse per un certo soggetto e di scartare le altre. Questo fenomeno si chiama attenzione
selettiva e consiste proprio nella capacità di percepire e ricordare soprattutto quello che interessa.
Il fenomeno dell’attenzione selettiva si manifesta anche in presenza di interessi momentanei e
non duraturi: quando ho bisogno di comprare un orologio o un’automobile, il filtro d’ingresso
darà il via libera a tutto quello che concerne questi argomenti. Come quando un soggetto ha
bisogno di un paio di scarpe e si ferma automaticamente alle vetrine di tutti i negozi di calzature
analizzando modelli e prezzi – e invece, una volta fatto l’acquisto non le guarda più con la stessa
attenzione. Ne deriva che un messaggio deve avere una grande forza, oppure deve essere
realizzato con grande abilità e furbizia per riuscire a superare lo scudo di difesa di chi si vuol
colpire, anche se a priori non è particolarmente interessato alla nostra offerta, e far nascere
l’interesse. La ragion d’essere quindi della creatività in comunicazione è quella di riuscire a
superare lo sbarramento difensivo.
Dissonanza cognitiva
Quando qualcuno è esposto a un’informazione dissonante rispetto alle sue convinzioni, ne sarà
fortemente disturbato; cercherà di evitare la percezione stessa dell’informazione, o di
minimizzarla, o di screditarla attribuendole scarsa credibilità, o scarsa affidabilità a chi la
trasferisce. Pensiamo a informazioni sulla pericolosità del fumo per un fumatore incallito o la
necessità vitale della ginnastica, movimento, marcia, bicicletta per un sedentario cronico.
Per superare le resistenze occorre che la comunicazione dissonante con le convinzioni del
destinatario sia al massimo grado forte e autorevole – per esempio con l’impiego di testimonial
credibili; occorre che l’obiettivo sia realistico, ragionevole, raggiungibile; occorre che l’azione
sia lunga e costante (Gutta cavat lapidem cioè la goccia scava la pietra lentamente ma
inesorabilmente).
LA VALIDITÀ DEL MESSAGGIO
Come essere ragionevolmente sicuri che un messaggio funzionerà? Non basta infatti parlare ed
essere sentiti per essere efficaci: occorre anche che chi sente reagisca nel modo voluto (si faccia
un’idea, cambi idea, si comporti in un certo modo …) questo è un interrogativo preoccupante per
chi investe e per chi realizza il messaggio.
Il modello AIDA
Se un messaggio non canta l’AIDA non vale niente, sono soldi buttati. AIDA è l’acronimo di:
A
attenzione
I
interesse
D
desiderio
A
azione
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Sono queste in sequenza le reazioni che deve suscitare e scatenare la comunicazione per essere
efficace. Gli addetti ai lavori non potranno dichiararsi soddisfatti se non hanno la ragionevole
sicurezza che la loro soluzione risponda a tutti questi requisiti.
A
Bisogna che il messaggio attiri l’attenzione. Dalle ricerche risulta che ogni giorno un individuo è
esposto a un numero di messaggi che va dai 300 ai 600; di questi ne percepisce effettivamente un
numero che va da 30 a 80; e di questi, non più di 10 hanno una concreta possibilità di influenzare
il consumatore. In questo quadro è chiaro che l’impatto di un messaggio deve essere non solo
buono, ma eccezionale. A patto però che, contestualmente, anche tutti gli altri requisiti
dell’AIDA siano soddisfatti (vedi divisa insanguinata della pubblicità Benetton, poi ritirata)
I
Non basta fermare l’attenzione, bisogna mantenerla: riuscire a farsi leggere, anche nelle parole
scritte in piccolo, farsi guardare e riguardare. E’ chiaro che chi non è nemmeno lontanamente
interessato ad un certo tipo di offerta è un acquirente imprendibile. Ma il messaggio si rivolge a
quanti hanno deciso di acquistare quell’oggetto, a quanti sono orientati verso questa decisione e a
quanti vorrebbero, non possono ora, ma vogliono farsi delle idee e a quanti si limitano a sognare.
Sono le persone in queste condizioni che devono essere prese per mano attraverso testo e
immagini, dicendo loro le cose giuste, prevedendo le loro domande e rispondendo alle loro
esigenze, dicendo qualcosa che incuriosisca e intrighi.
Non è un lavoro facile: occorre immedesimarsi nel potenziale acquirente che ne presuppone la
conoscenza approfondita fino a tracciarne l’identikit.
D
Suscitare il desiderio è quasi la conclusione naturale: si persegue sia nei modi sia nei contenuti
della comunicazione. Qui è prevalente l’elemento formale che si coniuga con il concetto di
empatia e cioè la capacità di un messaggio di coinvolgere emotivamente il destinatario e portarlo
da un piano razionale a un piano emotivo.
Perciò non basta che l’annuncio dica “questo prodotto è fatto per te”, ma occorre che il
destinatario pensi “questo prodotto è proprio fatto per me”.
Non è un compito semplice.
A
Un messaggio pubblicitario, per essere efficace, deve infine riuscire a indurre a fare qualcosa: di
solito, nella pubblicità commerciale, questo qualcosa è la decisione di acquistare il prodotto, ma
può essere anche aderire ad un’idea, a un movimento; o a cambiare idea su qualcosa, correggere
l’immagine che se ne ha; o assumere certi comportamenti, o evitarne altri.
Quali contenuti
Il messaggio non deve essere una scatola vuota ma deve trasmettere dei concetti.
Concetti coerenti con le scelte di marketing: se il prodotto è uno stereo rivoluzionario e
avanzatissimo è piuttosto chiaro che è sul piano tecnico che dobbiamo puntare, e non sul fatto
che è elegante, luccicante, arreda la casa …
La promessa deve essere significativa: cioè importante, tale da far pensare, e poi agire. La
promessa è l’anima di un annuncio pubblicitario. Si tenga presente però che non è detto che un
messaggio contenga sempre una promessa esplicita. Si comunica in tanti modi: con il contenuto
delle immagini, lo stile della foto, il lettering, l’impaginazione, se si tratta di un annuncio; in
tanti modi di più se si tratta di uno spot. L’importante è che la promessa venga fuori e che sia
consistente.
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LA PUBBLICITA’
Giustificare la promessa: non basta promettere, bisogna anche dare delle prove di quello che si
afferma. Molto spesso i tentativi sono inefficaci o grotteschi; di fronte a un consumatore sempre
più evoluto e smaliziato, la cui intelligenza è tenuta troppo spesso in poco conto. Giustificare la
promessa è un’ottima e convincente cosa, ma quando è praticabile.
Promettere vantaggi reali, attinenti al prodotto. Una confezione di succo di frutta in brik
richiudibile può conquistare igienisti, escursionisti e vacanzieri con la promessa di
trasportabilità, lunga durata, sfruttamento integrale del contenuto, sicurezza. Meno convincente
la promessa di comodità d’uso per aprire un barattolo di fagioli borlotti in cucina, che è ovvia e
scontata (l’importante è: saranno buoni i fagioli?).
-
-
Gli obiettivi della comunicazione in linea con le strategie di marketing
accrescere la notorietà di marca presso un certo segmento di popolazione (target): se dalle
ricerche risulta che il ricordo spontaneo della nostra marca è in flessione rispetto alla
concorrenza è chiaro che dobbiamo fare qualcosa per riequilibrare la situazione.
Aumentare le occasioni di consumo: proponiamo nuovi modi di uso del prodotto.
Aumentare le quantità acquistate da chi già acquista
Ampliare la stagionalità del consumo.
Aumentare la fedeltà d’acquisto del prodotto.
Attirare una nuova generazione di consumatori: es: il chewing gum che non si attacca alla
dentiera.
Trasformare uno svantaggio in un vantaggio: un sapone a scarso potere detergente “ma è
fatto apposta per la pelle delicata dei bambini!”
Attirare la fiducia dei distributori: organizzare iniziative che li aiutino a vendere meglio.
Stimolare l’interesse dei rivenditori: con un’azione incentivante.
Allettare i consumatori con vantaggi aggiuntivi: un concorso a premi.
Creare simpatia e considerazione a marca e prodotto: una sponsorizzazione ben comunicata.
IL PROCESSO CREATIVO
Per affrontare il loro lavoro i creativi hanno bisogno di una strategia: indispensabile per metterli
in condizione di scatenare la vena ideativa su un argomento preciso, essenziale per la marca o il
prodotto, significativo per il consumatore, distintivo rispetto alla concorrenza.
- qual è il target?
- qual è il benefit? Che beneficio può ricavare il nostro target scegliendo il nostro prodotto?
- qual è la reason why? Perché il nostro prodotto è in grado di offrire un certo beneficio?
- Quale potrà essere la supporting evidence? E cioè la dimostrazione coerente di quanto viene
affermato nella reason why?
- Quale deve essere il tono di voce? Il linguaggio, l’atmosfera, il tono appunto che la
comunicazione dovrà adottare per essere efficace sul target e coerente con l’immagine del
prodotto o della marca?
Se queste cose saranno ben definite, i creativi sapranno cosa devono fare per andare dritti allo
scopo: seguiranno una strada ferrata, rigida e precisa. Se queste indicazioni mancano, il creativo
è gettato in alto mare.
LA STRUTTURA DELL’ANNUNCIO
Quale che sia la dimensione dell’annuncio, la sua tipica struttura è la seguente:
Headline (lo slogan che contiene la promessa di base del messaggio)
E’ la parte più evidente della componente verbale dell’annuncio; ma non è detto che raffinate
scelte creative e grafiche suggeriscano di realizzare la headline in corpi molto piccoli: tipici i
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LA PUBBLICITA’
casi di gioielli, diamanti, cose preziose, per le quali alzare troppo il tono di voce sarebbe
considerato volgare e squalificante.
Body copy (il testo che accompagna il messaggio e ne esplica le intenzioni)
Che sia lungo o corto, l’importante è che sia ben leggibile anche tipograficamente. Si tenga
presente anche che la lunghezza delle righe (giustezza) segue un criterio logico: se è molto lunga
facciamo fare uno sforzo a chi legge, gli facciamo venire il torcicollo e gli rendiamo difficile
ritrovare l’inizio della riga successiva; per contro, se usiamo una giustezza troppo corta
costringiamo chi legge a uno zig zag irritante per la lettura. Per regolarsi è bene stare su una
misura che va da una colonna ad un massimo di due di un quotidiano.
Marchio/logo
La firma di chi pubblica l’annuncio appare di solito in fondo alla pagina, e preferibilmente a
destra, perché è l’ultimo posto su cui l’occhio si posa. Come succede in una lettera del resto.
Naturalmente non è scritto nella
Bibbia e uno può fare ciò che
preferisce, anche partire da in
cima alla pagina con il logo, basta
che ci sia una ragione plausibile.
C’è chi sostiene che inserire il
nome del prodotto pubblicizzato
già nella head sia efficace.
Payoff (la frase che racchiude
sinteticamente la missione e la
filosofia del prodotto/marca)
Dovrebbe avere un rilievo
tipografico (cioè un peso) non
troppo modesto, per essere notato;
ma non esagerato, per non
mortificare il marchio/logo che
firma l’annuncio. E’ necessario
fare attenzione al lettering e alla
continuità delle scelte dei caratteri:
evitare il pericolo di fare di un
annuncio un campionario di
caratteri.
Visual (immagine o altro segno grafico)
Può essere una fotografia. o un’illustrazione, o un grafismo, o anche solo del testo: c’è
comunque una porzione, solitamente non indifferente, della superficie dell’annuncio che non
“parla” ma che “mostra”. Tecnicamente parlando, occorrerà che il tipo di segno di questa parte
visuale sia adatto alla riproduzione sul mezzo a cui è destinata. Malgrado il progressivo
miglioramento qualitativo dei sistemi di stampa dei quotidiani, per esempio, anche se in buona
parte stanno aprendosi anche al colore, sarebbe illusione aspettarsi riproduzioni di delicate
sfumature, ecc. Occorre essere realistici e non forzare i mezzi a soluzioni che non gli sono
naturali.
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LA PUBBLICITA’
Rough
E’ il primo bozzetto: poco più di uno schizzo che esprime l’idea di massima. E’ quasi sempre in
bianco e nero e indica le posizioni dei vari elementi.
Layout
E’ il progetto disegnato in modo completo, a colori, che dà l’esatta intenzione di tutto l’impianto.
Script (per lo spot televisivo)
E’ il breve racconto, la spiegazione di quello che succede nello spot, e serve per una prima
valutazione della sua validità.
Sceneggiatura
Dello script prescelto si fa la sceneggiatura. Si tratta di un foglio diviso verticalmente in due
porzioni: in una (sx) viene scritto quello che si vede; nell’altra (dx) e in corrispondenza, quello
che si sente (parlato, rumori, musica).
Questo documento permette di capire di cosa si tratta e se la cosa può funzionare.
Storyboard (passo successivo alla sceneggiatura scelta)
E’ una successione di disegni che compongono le diverse scene (frames) di una sequenza,
completati dal relativo testo.
LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA
Per campagna pubblicitaria s’intende l’insieme di azioni pubblicitarie che ha il compito di creare
messaggi persuasivi, secondo un piano prestabilito di diffusione nei mass media, allo scopo di
stimolare il consumo di un determinato bene materiale o immateriale.
Distinguiamo vari tipi di campagne pubblicitarie:
- campagna di lancio: è organizzata per la presentazione di un nuovo prodotto, posto per la
prima volta sul mercato:
- campagna di prestigio: ha lo scopo di elevare l’immagine del prodotto presso i consumatori.
Quando l’obiettivo dell’immagine dell’impresa è preponderante, la campagna viene chiamata
istituzionale;
- campagna di sostegno: è quella decisa per far fronte a determinate situazioni di mercato
cedente o quando è necessario fronteggiare tempestivamente la concorrenza;
- campagna di ricordo: serve a mantenere un certo livello di presenze sul mercato, favorendo
la fedeltà dei consumatori alla marca;
- campagna pilota: è una campagna limitata, anche temporaneamente, con la quale si saggia
l’efficacia del testo e del messaggio prima di dare il via alla campagna vera e propria;
- campagna collettiva: è quella effettuata da imprese concorrenti che si accordano per
pubblicizzare e stimolare l’uso del prodotto in generale, prescindendo dalle singole marche.
Come nasce una campagna pubblicitaria
Il briefing o brief
In tutti i casi l’impresa utente tramite il direttore di produzione (product manager), deve fornire
all’Agenzia di pubblicità (tramite l’account) che organizza la campagna, tutta una serie di
informazioni: il brief, un documento di fondamentale importanza che contiene:
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LA PUBBLICITA’
-
il nome del prodotto;
la sua confezione e il prezzo;
il consumatore a cui è rivolto, le modalità d’acquisto, le modalità di consumo;
la concorrenza;
vi è inoltre contenuta la promessa (consumer benefit) rivolta al consumatore e il vantaggio
che egli ricava dal prodotto, tramite l’immagine, la musica, il racconto, stimolando la fantasia
e la creatività
La strategia
Una volta acquisiti gli elementi e studiato il problema, si elabora una strategia di comunicazione,
contenente, a grandi linee, quello che sarà più conveniente fare per raggiungere il risultato:
tradurre gli obiettivi di marketing in obiettivi di comunicazione, definire i contenuti del
messaggio, individuare il target (il pubblico interessabile), scegliere il “tono di voce” da usare –
lo stile: gridato?, suadente?, informativo?, serio?, divertente?, tecnico? ecc.
L’ideazione
A questo punto ogni componente del team di realizzazione può affinare e avanzare nel suo
compito. Il gruppo di lavoro è coordinato dal direttore creativo che, tenendo conto delle
indicazioni del Responsabile dei mezzi in merito al budget disponibile, guiderà alla realizzazione
del progetto la coppia creativa (l’Art Director che cura l’immagine e il Copywriter per i testi) e
infine il reparto grafici per la realizzazione materiale.
IL LINGUAGGIO PUBBLICITARIO
La conoscenza del linguaggio, delle suggestioni e dei generi utilizzati nella pubblicità è
essenziale per garantire l’efficacia di qualsiasi messaggio pubblicitario.
Il Linguaggio pubblicitario deve suggestionare, colpire, attirare, far scattare nella mente
piacevoli associazioni. Per questo esso presenta caratteristiche particolari:
espressioni in lingua straniera: vengono utilizzate molto spesso. In particolare, l’inglese è molto
usato per i prodotti destinati ai giovani, mentre il francese si usa molto per reclamizzare profumi
e prodotti di bellezza;
neologismi: sono parole nuove, strane e bizzarre, inventate apposta per attirare l’attenzione dei
consumatori.
metafore: artifici tipici del linguaggio poetico e letterario, le similitudini, le metafore, le iperbole,
le metonimie, sono tutti artifici molto usati.
La similitudine propone un confronto esplicito fra due elementi;
la metafora accosta in modo imprevedibile due termini, lasciando implicito il loro legame;
l’iperbole si fonda nella esagerazione di un concetto oltre i limiti del vero;
la metonimia consiste nell’uso del contenente per il contenuto (ne bevo un bicchiere), dell’autore
per l’opera (ho comprato un Ricasso).
giochi di parole: l’uso di parole a doppio senso, il riferimento a modi di dire o proverbi sono
accorgimenti molto frequenti che stimolano la curiosità del consumatore.
regole grammaticali: vengono spesso stravolte anche compiendo deliberatamente degli errori.
I generi
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LA PUBBLICITA’
Lo stile e la forma di comunicazione in un messaggio pubblicitario dipendono dal prodotto, dai
consumatori a cui si rivolge, dal budget disponibile, dai gusti e dalle mode del momento. A
seconda dello stile e della forma si possono distinguere diversi generi di messaggi:
comico: si basa sull’uso di frasi umoristiche, situazioni divertenti e personaggi buffi. E’ destinato
soprattutto ad un pubblico giovane;
teaser (prossimamente, indovinello): è un genere piuttosto nuovo; compare un annuncio
misterioso che crea curiosità e rimanda a una seconda parte del messaggio, che compare poi a
distanza di tempo (nelle affissioni) o dopo qualche pagina (sui giornali);
informativo: si danno informazioni complete e dettagliate sulle caratteristiche del prodotto. Sssi
usa per i prodotti ad alta tecnologia e ad alto costo (auto, hi-fi, pc…);
scene di vita: si mostrano scene di famiglia, momenti di lavoro, di vita scolastica, di gioco con
gli amici, situazioni di vita quotidiana comuni a moltissime persone. Il messaggio è che il
prodotto rende più piacevoli questi momenti;
testimonial: sono i messaggi nei quali un personaggio famoso si fa garante del prodotto;
emozione: il messaggio associa il prodotto a una particolare emozione-sentimento del
consumatore;
dimostrazione: è usata tipicamente per i detersivi e per i prodotti per la casa; si organizza una
vera e propria prova che dimostri l’efficacia del prodotto;
buona causa – no profit: sono quei messaggi che non mirano a vendere un certo prodotto o
servizio, ma piuttosto a promuovere comportamenti sani e socialmente utili. Per esempio, le
campagne informative contro la droga, per la prevenzione dell’AIDS, contro il fumo, per la
sicurezza stradale, ecc.
le suggestioni
In genere il messaggio pubblicitario più che sull’informazione fonda la sua efficacia sulla
capacità di suggestionare il consumatore:
il successo economico: “se usi questo prodotto entrerai a far parte di un mondo di VIP, avrai
ricchezza, successo, bellezza…”
il personaggio famoso: se quel personaggio usa quel prodotto, anch’io, usandolo, diventerò come
lui;
il mito americano: belli gli USA, vero? Dinamismo, alta tecnologia, grandi spazi, avventura,
libertà…. “usa questo prodotto e ti porterai anche tu a casa un pezzetto d’America”;
il ritorno alla natura: “chi usa questo prodotto vive in un ambiente incontaminato, senza traffico
né inquinamento. Usalo anche tu e con la mente ti ritroverai nella stessa atmosfera”;
l’amore: vuoi essere amato? “Usa questo prodotto e nessuno potrà resistere al tuo fascino”;
l’avventura: la tua vita è faticosa, piatta, banale? “Usa questo prodotto e darai una svolta
avventurosa alla tua esistenza”.
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LA PUBBLICITA’
Alcune espressioni divenute famose
- digestimola
- Scattosa, risparmiosa, …
- Metti un tigre nel motore
- Ullallà, è una cuccagna: è un prodotto Alemagna
- Vecchia Romagna etichetta nera, il brandy che crea un’atmosfera
- Ava, come lava!
- Brrrrrancamenta
- Vespizzatevi
- Baleno, e lavoro meno
- Il metano ti dà una mano
- Petrus, l’amarissimo che fa benissimo
- O così o Pomì
- Chi beve birra campa cent’anni
- Birra, e sai cosa bevi
- Il signore sì che se ne intende! (brandy Stock)
- La banana dieci e lode
- Più lo mandi giù, più ti tira su
- Già fatto?
- Fatti, non parole (Rex)
- Così bianco che più bianco non si può (Dash)
- Contro il logorio della vita moderna
- Chiaro? Limpido? Recoaro!
- Liscia? Gassata? O Ferrarelle?
- Chi sono io, Babbo Natale?!
- Meditate gente, meditate!
- Sanbitter c’est plus facile
- Nuovo ? No, lavato con Perlana. Passaparola!
- Kraft. Cose buone dal mondo
- Polo. Il buco con la menta intorno
- Golia Bianca titilla la papilla
- Dove c’è Barilla c’è casa
- Il gusto pieno della vita
- Il telefono. La tua voce
- Mi ami? Ma quanto mi ami?
- Le mogli che amano i mariti li cambiano spesso (abiti per uomo)
- Leggi la natura (Airone)
- Diadora lavora molto nel tempo libero (uno che fa jogging)
- Quando viaggio per lavoro amo restare a letto (vagons lit)
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LA PUBBLICITA’
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