Ernesto De Martino (Napoli, 1908 - Roma 1965) Ernesto De Martino (1908-1965) rientra nel ristretto novero dei pensatori che negli anni del secondo dopoguerra hanno saputo imprimere una svolta decisiva alla cultura umanistica europea. Professore ordinario di Storia delle religioni presso l'Università di Cagliari a partire dal 1959, è autore di opere profondamente innovative che hanno suscitato un ampio interesse non disgiunto da vivaci reazioni polemiche e che, come è destino dei classici del pensiero, continuano ancora oggi ad alimentare il dibattito intellettuale. Vanno segnalati, in particolare, titoli celebri quali: Il mondo magico (1948); Morte e pianto rituale (1958, premio Viareggio); Sud e Magia (1959); La terra del rimorso (1961); Furore Simbolo Valore (1962); La fine del mondo (1977, postumo). Il fattore che accomuna la produzione scientifica di De Martino - la quale si muove nei settori contigui dell'etnologia, della storia delle religioni, dell'antropologia, delle tradizioni popolari , che compongono il quadro variegato delle nuove scienze dell'uomo- risiede nella complessità dell'impianto teorico sostenuto da un solido disegno metodologico, caratterizzato dal confronto interculturale. Pur restando criticamente ancorato all'eredità dello storicismo crociano, De Martino non si è mai sottratto al confronto dialettico con le maggiori correnti di pensiero del nostro tempo: ciò gli ha consentito di divenire un acuto interprete (e persino un precursore) delle esigenze, dei processi di cambiamento, delle inquietudini che attraversano il mondo contemporaneo. Da qui la fertile ricchezza concettuale delle sue opere, difficilmente etichettabili secondo gli schemi consueti; da qui la loro intatta capacità di provocazione e il loro fascino intellettuale. 1 I 15 anni al Virgilio di Ernesto de Martino, il più famoso etnologo italiano, esponente più illustre dell’antropologia culturale del ‘900. Fondamentali i suoi studi sul ruolo della magia nelle società primitive. Il prof. de Martino, ordinario di storia e filosofia, fu trasferito al Virgilio dal 1° ottobre 1943, proveniente dal Liceo scientifico Vallisneri di Luca. Il suo arrivo a Roma dalla Toscana fu reso difficile dalla guerra, e per molti mesi il professore non potè raggiungere la capitale e fu utilizzato presso il Liceo Torricelli di Faenza, nelle cui vicinanze era sfollato. Finita la guerra, le difficoltà di trovare un alloggio adeguato per la sua famiglia, la moglie Anna Macchiaro, insegnante di storia dell'arte, e le due figlie Lia e Nera, costrinsero de Martino a chiedere di essere utilizzato nell'anno scolastico 1946/47 presso il Provveditorato di Bari, città in cui vivevano parenti in grado di ospitarlo. Negli anni seguenti, tornata la situazione normale, de Martino andò a vivere a Monteverde, in via Caterina Fieschi,1. I coniugi de Martino insegnavano entrambi al Virgilio, ma i guai non erano ancora finiti, perchè Ernesto, la cui salute era stata messa a dura prova dalle vicende belliche, nel '50 venne ricoverato al Forlanini per "infezione tubercolare polmonare".Operato con buoni risultati, ottenne la riduzione dell'orario di insegnamento a12 ore ed ebbe frequenti distacchi presso istituzioni come l'Accademia dei Lincei o la Biblioteca di studi storici di via Caetani. Già noto come etnologo, quando nel 1958 con la sua opera "Morte e pianto rituale nel mondo antico" vinse il il Premio Viareggio, divenne una caso letterario nazionale oltre che scientifico. De Martino rimase nella nostra scuola fino al 1959, anno in cui ottenne la cattedra all'Università di Cagliari. Morì nel 1965; la moglie rimase in servizio al Virgilio fino al 1972, anno in cui andò in pensione. La vita [ Sintesi da: VITTORIO LANTERNARI, in: Dizionario Biografico degli Italiani, ed. Enciclopedia Treccani, vol. XXXVIII, 1990,pp. 584 - 588]. Nato a Napoli il 1 dicembre 1908 , de Martino si laureò nel 1932 con una tesi in storia delle religioni che lo introdusse nella cerchia di B. Croce, da cui assorbì l'indirizzo storicista che difenderà fino all'ultimo, ampliandone l'applicazione a settori come la storia delle religioni e l'etnologia fin dal suo primo libro, Naturalismo e storicismo nell'etnologia (Bari 1941), che segnò l'inizio di una metodica riflessione critica nel campo delle teorie etnologiche . Particolare impegno egli pose fin dalla prima fase della sua attività di studioso nell'affrontare i fenomeni di magia, a ciò spinto anche da un suo preliminare interesse psicologico. Ne Il mondo magico (Torino 1948) - primo volume della collana di studi religiosi, etnologici e psicologici diretta da C. Pavese e poi dallo stesso de Martino - egli legava i problemi d'interpretazione dei mondi culturali "primitivi" di livello etnologico, con i problemi d'interpretazione riguardanti la realtà dei poteri magici in generale. Una svolta decisiva nell'esistenza e nell'attività del de Martino 2 fu determinata dalla sua esperienza di militante nei partiti della Sinistra e dal proprio impegno ideologico-sociale. Dal 1945 divenne segretario di federazione del Partito socialista (PSIUP poi PSI), nell'Italia meridionale: a Bari, Molfetta, Lecce. Nel 1950 egli aderì al Partito comunista italiano. Il contatto diretto con i contadini del Sud, e con i problemi del Meridione, impresse un marchio originale sulla personalità dello studioso, che in quell'esperienza ricevette lo stimolo a muoversi verso un'etnologia o antropologia fatta di ricerche sul terreno. Da allora fu spinto ad assumere come problema centrale della propria ricerca l'analisi del folklore religioso nella cultura contadina del Sud. Oggetto della sua investigazione particolarmente furono: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania (Sud e magia, Milano 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania (Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958 che ebbe il Premio Viareggio 1958); il tarantismo del Salento (La terra del rimorso, Milano 1961). Libero docente di storia all'Università di Roma, divenne professore di ruolo di etnologia e distoria delle religioni nella facoltà di lettere dell'università di Cagliari dal dicembre 1959, al periodo meridionalista successe un periodo di approfondimenti e sviluppi problematici. Lì de Martino da un lato scoprì e pose in questione una serie di manifestazioni religiose o parareligiose di tipo extraufficiale nel cuore della società borghese occidentale Per la complessità poliedrica dell'approccio del de Martino allo studio dell'uomo, per la forte tensione etico-sociale-ideologica che permea i suoi scritti, per l'efficacia scandagliatrice delle sue analisi, per la soggettività fascinosa del suo linguaggio - per cui la sua opera si impone anche per il suo valore letterario - la sua produzione si pone al di sopra delle specializzazioni accademiche più o meno settoriali, e pare destinata a riscuotere risonanze durevoli nell'ambito di molteplici discipline, dei più vari orientamenti di studio che hanno a che fare con il problema dell'uomo e di tutti coloro che a tale problema rivolgono un personale e sensibile interesse. De Martino morì a Roma il 9 maggio 1965. Ernesto De Martino Sud e magia. Introduzione di Umberto Galimberti Milano, Feltrinelli, 2004 Volti induriti e bruciati dal sole, figure di uomini e donne posseduti da forze occulte al pari di statue sacre, luoghi di culto, “abitini” e ex-voto raccolti nell’inserto fotografico del volume restituiscono corpo alle centinaia di contadini lucani avvicinati da De Martino nel corso delle indagini sul campo condotte in Basilicata sul finire degli anni ’50. Dopo un quarto di secolo, Umberto Galimberti ne sottolinea l’attualità nella densa e incisiva introduzione che apre l’edizione apparsa nel 2001 nei saggi della collana Universale Economica Feltrinelli, ora alla quarta ristampa. Pubblicata nel 1959 come seconda parte della trilogia dedicata alla descrizione dei riti magico-religiosi nelle regioni meridionali – Morte e pianto rituale nel mondo antico apparso un anno prima e La terra del rimorso del 1961 – l’opera propone un’interpretazione della sfera magica che, superando i confini dell’indagine territoriale, esamina le reazioni degli individui di fronte al negativo che irrompe nella storia. La dimensione magica, come del resto la mitologia e la religione, offrono agli uomini un rifugio sicuro ponendosi, come ordine superiore e metastorico, al riparo dai pericoli prodotti dal divenire storico. Secondo Galimberti nell’interpretazione demartiniana la protezione magica assolve ad una duplice funzione: da un lato garantisce un orizzonte rappresentativo stabile capace di assorbire la negatività del negativo e dall’altro relativizza il processo di destorificazione del divenire. In tal modo si delinea un «quadro mitico di forze magiche, di fascinazioni e possessioni, di fatture e di esorcismi, che istituzionalizza la figura di operatori magici specializzati» (p. 96). 3 La magia, il mito, come exemplum risolutore dell’accadere, la religione, intesa nella sua ritualità come processo iterativo, ed infine la ragione stessa divengono così luogo privilegiato di certezze prodotte dal consenso fornito loro da comunità storicamente determinate. Forte della matrice storicistica coltivata alla scuola di Omodeo e di Croce, De Martino riesce a formulare una risposta sulla presenza del magico nelle società contemporanee di gran lunga più completa di quelle elaborate da Levy-Bruhl e Mauss in nome di un’apparente astoricità del sistema. Il nesso profondo fra magia, storia e metastoria lo induce, infatti, a ritenere ineliminabile tale presenza dalla dimensione esistenziale degli individui. Di basso profilo è la dichiarazione di intenti con cui De Martino presenta gli obiettivi della sua indagine: definire il nesso magia-razionalità così come opera nella vita culturale meridionale, dove "meridionale" non si riferisce solo all’accezione geografica, ma comprende anche la sfera politica e sociale delimitata, secondo una nota espressione dell’autore, «fra l’acqua benedetta e l’acqua salata, fra lo Stato della Chiesa e il mare» (p. 8). In realtà nella parte iniziale del volume sono descritte le pratiche magiche ancora vive in Basilicata per decodificarne la struttura e individuarne la funzione psicologica che ne giustifica la persistenza. In primo luogo la fascinazione, termine che indica la condizione psichica di impedimento o inibizione in cui cade una persona e, al tempo stesso, uno stato di dominazione, la sensazione di essere-agitoda una forza in grado di annullare le facoltà di scelta del soggetto. Se l’azione è compiuta da una figura umana la fascinazione prende la forma del malocchio, suscitato dal potere dello sguardo invidioso, che da influenze più o meno involontarie giunge fino alla fattura «deliberatamente ordita con un cerimoniale definito, e che può essere – ed è allora particolarmente temibile – fattura a morte» (p. 15). La galleria di esempi che le indagini propongono è quanto mai varia: dalla nascita alla morte ogni fase della vita è scandita da tappe ben precise. Filtri d’amore, riti legati alla celebrazione del matrimonio e alla sua consumazione si alternano agli scongiuri e alle pozioni utilizzate per allontanare malesseri e malattie e per propiziare gravidanze, allattamenti ed una sana crescita dei bambini. Un regime arcaico di esistenza spiega il sopravvivere di tali usanze nelle terre lucane, appena lambite dall’incipiente boom economico alla fine degli anni ’50, e nelle quali un ruolo fondamentale è esercitato dal rapporto con la vita religiosa tradizionale e con le forme devozionali intermedie che da tale rapporto scaturiscono. «Così – osserva De Martino – dall’esorcismo extracanonico di stregoni e fattucchiere si passa agli esorcismi del messale, del pontificale, del rituale romano», in un susseguirsi di benedizioni dell’acqua, del sale, del vino, 4 dell’olio, dell’oro, dell’incenso e della mirra fino al rito noto come il de exorcizandis obsessis a daemonio (p. 120). La ricerca delle radici storiche di questi fenomeni spinge l’autore nella seconda parte del volume a risalire alle condizioni sociali e culturali che hanno prodotto una simile storia religiosa nell’Italia meridionale e a individuare l’influenza che dal Rinascimento all’Illuminismo i principali intellettuali hanno esercitato. Dopo aver richiamato alcune celebri pagine dedicate da Campanella alla magia cerimoniale e demonologica, De Martino si spinge a cogliere con tocco leggero ma incisivo i caratteri dell’eroe byroniano, considerato per il suo “satanismo” fra i primi esempi di sensiblerie romantica a cui si deve il processo di umanizzazione e laicizzazione che inserisce il fascino nella cerchia delle passioni umane. Oggetto di particolare attenzione è la trasformazione avvenuta a Napoli nel corso del XVIII secolo del fenomeno della fascinazione in quello di portata ben più ampia della jettatura, che avrebbe varcato i confini del regno per raggiungere in breve tempo una sorprendente notorietà. Sul finire del ‘700, nella città che aveva appena accolto le teorie di Giannone, Vico, Genovesi e Filangieri, un esponente minore della classe forense, Nicola Valletta, diede alle stampe la Cicalata sul fascino, volgarmente detto jettatura, opera destinata a grande fortuna. Riesumata con tono lieve da Croce nel secondo dopoguerra, l’opera viene letta da De Martino in base a parametri rigorosamente antropologici che, al di là della mera finzione letteraria, restituiscono profondo spessore culturale all’operazione compiuta dall’autore nell’ambito della storia del costume e della mentalità meridionale. Il radicarsi del fenomeno della jettatura in alcuni ambienti illuministici napoletani costituisce, all’interno del rapporto fra magia e razionalità, un’ulteriore conferma dei compromessi pratici a cui finì per sottostare la borghesia della capitale, vittima delle arretrate condizioni economiche in cui si trovava ad operare. Non a caso, la lucida analisi svolta da De Martino attraverso pagine più o meno note della storia passata e presente accomunate da situazioni di passività dell’individuo (l’essere-agito-da) si conclude con il richiamo ad una nota pagina della Storia come pensiero e come azione in cui Croce celebra l’ethos dell’opera umana come segno distintivo del vivere civile, rievocando la celebre espressione goethiana «Viva chi vita crea!». E' questa per De Martino la sola via che può portare al riscatto delle genti meridionali. 5