La Musicoterapia vive in varie situazioni di disagio

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DR. FRANCO ZARATTINI
Specialista in Neurologia e Psichiatria
e-mail: [email protected]
LA MUSICOTERAPIA VIVE IN VARIE SITUAZIONI DI DISAGIO
PSICHICO
La musica può considerarsi l’arte più antica perché stimolata dalla natura, ricca di
rumori e di suoni, spesso caratterizzati da armoniose melodie , che ricordano il canto
degli uccelli. Appare innegabile che segua l’uomo dalla culla alla tomba, favorendone
il sonno in tenera età ed accompagnandolo con triste sfondo alle sue esequie, mentre
durante la vita le ore di festa, d’amore e di gioia, sono allietate da canti e danze. La
musica consolava l’uomo durante la schiavitù e, se affrancato, ne diventava le ali
della libertà. Tuttavia all’uomo non bastavano le risorse della sua voce, tanto che fin
dall’antichità costruì vari strumenti a fiato, a percussione ed a corda per dare
espressione, attraverso il loro suono, alle proprie emozioni più intime. Appare
innegabile che l’influenza della musica, agendo su alcune malattie fisiche e psichiche
soprattutto, trovi in letteratura non pochi riscontri (12).
Per la cultura occidentale la parola musica deriva dal greco moysa, che significa
musa ed in tale ottica viene valorizzata come arte perfetta, gradevole e ben ordinata,
come se fosse regolata da una logica matematica. Nonostante questi aspetti positivi,
alcuni mancano tuttora del necessario approfondimento, tanto che nel 1877 Darwin
sosteneva che la predisposizione alla musica è tra le più misteriose facoltà di cui
l’uomo è dotato. Questa intuizione non è sbiadita con il passare del tempo e stimola
attualmente più che mai una migliore conoscenza della relazione tra musica e
cervello, tenendo conto delle nuove acquisizioni sulle neuroscienze. Nel manuale di
Neuropsicologia, uscito nel 1991 a cura di Denes e Pizzamiglio, nel capitolo che
tratta la neuropsicologia della musica, ci si imbatte in una affermazione degna di una
risposta quando sarà possibile, perché coloro che sono dotati di capacità musicali
straordinarie, sono da riunire in un gruppo a parte, come Bach, Mozart, Rossini,
Wagner ed altri, fermo restando che, tra tutti i musicisti, Mozart rimane il genio
musicale assoluto, sul quale nonostante gli studi e le biografie di scrittori autorevoli
molto rimane ancora da scoprire, se mai si potrà (2).
Fra i popoli primitivi i guaritori ricorrevano alla musica nel dare consigli ai medici di
allora. Tuttavia il salto di qualità della musica come arte terapeutica, che le ha
permesso di raggiungere un autentico significato, è ravvisabile nell’opera di Orfeo
(1350 a. C) , mitico personaggio della Tracia. Egli lodava da acuto osservatore
l’armonia cosmica , che avrebbe dovuto illuminare la mente umana, suo tramite,
mentre cantava suonando con una lira d’oro. Stando alla tradizione orale questo
cantante guaritore, ammansiva gli animali feroci, da paragonare alle passioni umane e
con la forza della sua musica incantatrice muoveva metaforicamente le rocce per dire
che arrivava nel fondo del cuore dei pazienti più refrattari per curarli (11). Pure
Davide con l’arpa o con la lira sedava le crisi di furore di re Saul (5). Orfeo anticipò
gli orientamenti medico-scientifici futuri, alcuni secoli prima del fiorire della cultura
greca. Dalle feste dionisiache trassero origine le famose tragedie greche, nelle cui
trame si sviluppavano i miti, come nella Medea di Euripide, ripresa in epoca
imperiale romana da Seneca e trasformata in opera lirica da Cherubini nel 1797 per
spiegare le funeste conseguenze del trauma narcisistico (4). Medea tradita nella
passione per l’abbandono di Giasone, condottiero degli Argonauti, che amava, uccise
i propri figli. Il suo ruolo è stato insuperabilmente rivissuto negli anni sessanta del
secolo scorso dal soprano drammatico Maria Callas. Nella tragica vicenda era venuta
meno l’integrità spirituale e somatica di quei mitici personaggi, travolti dalla
disintegrazione dei rapporti umani.
L’intuizione di Orfeo convinse anche Pitagora, che con il suo insegnamento,
influenzò notevolmente le teorie di Platone, di Aristotele e degli altri filosofi della
antica Grecia. Grazie a loro la musica si era ritagliata una parte importante
nell’educazione, nelle relazioni interpersonali, nelle cerimonie religiose e pubbliche.
Era considerata inoltre indispensabile per il mantenimento della salute fisica e
psichica dell’individuo, oltreché per la terapia delle malattie funzionali (9). Pure nella
antica Roma i disturbi mentali venivano curati con il canto . Dall’ottavo secolo in poi
dopo Cristo anche la medicina araba non rimase estranea da questo insegnamento. I
suoi cultori principali furono Razes (850-923), Avicenna (980-1037), Averroè (11261198) i quali dopo aver fatto tesoro delle conoscenze in ambito medico da Ippocrate a
Galeno ed avere preso una posizione favorevole nei confronti della musica,
trasferirono entrambe all’occidente, ricordando per dovere, che negli ospedali
psichiatrici,
attivati prima
di quelli europei, si faceva molto ricorso alla
musicoterapia (1) . Proseguendo questa tendenza Franz Liszt, all’apice del suo
successo mondano e musicale, quando si trovava
a Parigi, andava spesso alla
Salpetrière per interessare le pazienti psicotiche alla musica ed a farle suonare. Pure
Franz Anton Mesmer accompagnava le sedute di ipnosi suonando l’armonica con le
pazienti suggestionabili.
In questa visuale di straordinaria importanza è stato lo sviluppo culturale della
musica dal 1600 in poi in Europa , suggellato dall’arrivo di Mozart genio musicale
assoluto e riconosciuto come tale da un autorevole contemporaneo come Haydn,
citato da Stendhal nella “vita di Mozart” biografia importante, che ne ha precedute
molte altre negli anni a venire (11). Secondo lo scrittore romantico francese Mozart
aveva una grande autostima già nella fanciullezza ed apprezzava assai le persone
musicalmente competenti, mentre non era interessato ad intrattenersi con i curiosi
non intenditori. Stendhal era affascinato dalle grandi opere liriche della maturità di
Mozart, come il Don Giovanni, dramma giocoso e poi il Flauto Magico, dramma
eroicomico, scritto in tedesco per il popolo viennese, nel quale il gran Sacerdote
Sarastro è custode dei misteri orfici degli antichi egizi, che si richiamavano alla
tradizione del mitico Orfeo.
Dopo la biografia di Mozart non poteva mancare “Il Cervello di Mozart”, di Bernard
Lechevalier (7) docente universitario di neurologia, ma pure musicista, che ci
ricorda quanto fosse straordinaria la memoria musicale di Mozart all’età di 14 anni, il
quale recandosi a Roma con il padre per i riti della settimana santa, andò nella
Cappella Sistina, per ascoltare il Miserere di Gregorio Allegri per 9 voci soliste, di
cui per ordine del Pontefice Urbano VIII, ne era stata negata la divulgazione. Il
giovane Mozart, ritornato nel suo alloggio, riscrisse quella musica senza errori,
avendola memorizzata
perfettamente. La riflessione su questo fatto induce ad
esaminare intelligenza, personalità, contesto sociale e familiare di Mozart aprendo la
strada alla neuropsicologia della musica al punto da richiamare l’interesse su come
meglio conoscere alcune abilità del cervello umano, in precedenza studiate solo se
ammalato.
Pertanto il progredire delle ricerche sulla neuropsicologia cognitiva permette,
usufruendo delle tecniche di neuroimaging funzionale, di comprendere come i
soggetti sani percepiscano, ricordino ed interpretino la musica in connessione con il
vissuto affettivo e simbolico. Il cattedratico francese
sopracitato ritiene che la
memoria musicale, sia una qualità mnemonica specifica, al pari di quella olfattiva,
poiché musica e memoria fanno un binomio inscindibile, proprio come tempo e
memoria. Questa funzione psichica elementare, nella suddivisione comunemente
accettata, prevede la memoria del passato e la memoria recente, alle quali alcuni
ricercatori ne hanno aggiunto una terza, denominata, registro sensoriale. Si tratta di
un contenitore dell’informazione, trattenuta per pochi centesimi di secondo, prima di
venire integrata nella memoria recente. Non poteva mancare la working memory
(memoria di lavoro), introdotta nel 1974 da Braddely e Hitch, che consentirebbe la
contemporanea presenza del registro sensoriale e della memoria del passato per il
mantenimento e la manipolazione dell’informazione, che si attiverebbe nell’ascolto
della musica. In questo passaggio viene percepita la qualità musicale dei suoni,
rispetto a molti altri esistenti in natura, la loro ritmicità coerente con il tempo
musicale, intervallo fra due suoni di differente altezza, che si susseguono creando la
melodia. Questa esperienza appare in grado di lasciare una traccia nella mente di chi
ascolta ed apprezza, per cui si deve parlare di memoria emotiva-affettiva, che attiene
all’abilità di riconoscere un motivo musicale già sentito in precedenza, anche se in
quel frangente il livello di coscienza era subliminale. Tuttavia solo udire non basta,
perché ascoltare è una abilità soggettiva ed è la chiave dell’apprendimento, del
linguaggio e dell’identità personale. Vale la pena ricordare quello che scriveva
Michel de Montaigne: “tutto è stato detto, ma siccome nessuno ascolta, occorre
sempre ricominciare”.
Per ovviare a tale verità ci soccorre la memoria procedurale la quale, altro non è, che
la memoria di repertorio, che prevede tre sottogruppi:
cinestesica, collegata al
ricordo dei movimenti necessari per suonare uno strumento, melodica con la quale
vengono ricordate le arie o le canzoni, grafica relativa alla notazione visiva dello
spartito. Comunque la memoria di repertorio, non concerne solo la memoria
procedurale, ma anche la memoria semantica, in quanto è accettato che essa possa
contenere esperienze relazionabili con la nostra biografia (3).
A questo punto torna utile ricordare lo studio fatto da Rauscher e coll. nel 1993, con
cui avrebbero dimostrato, che l’ascolto per dieci minuti della sonata per due
pianoforti di Mozart K 448 da parte di un gruppo di soggetti normali, ne migliorasse
di molto le capacità di ragionamento spaziale, denominato “ effetto Mozart “, non
confermato da successivi studi, anche se la discussione rimane ancora aperta (10).
Invece hanno trovato un sicuro consenso i sorprendenti risultati raggiunti registrando
l’attività elettrica cerebrale in soggetti, sofferenti di epilessia focale o generalizzata,
dopo aver ascoltato la sonata K448 di Mozart (6). Infatti si è notato un decremento
non trascurabile dell’attività elettrica encefalica di tipo convulsivo, confermato anche
da una recente osservazione su pazienti epilettici refrattari alla terapia (7), oltreché
nei gravi casi di epilessia infantile, detta sindrome di Lennox- Gastaut , che hanno
ottenuto un miglioramento nel controllo degli attacchi in seguito all’ascolto della nota
sonata di Mozart (8).
Per chiarezza ricordo che un pianoforte durante la sonata, emette un suono di 400 Hz
(un Hertz corrisponde ad 1 impulso al secondo), mentre l’altro produce un suono di
410 Hz. La differenza di 10 Hz viene percepita solo dal nostro encefalo in quanto
tale frequenza non è compresa nel ventaglio dello spettro sonoro. Si ipotizza che
l’encefalo entri in risonanza con il ritmo di 10 HZ (onde alfa), che corrisponde allo
stato psico-fisico del rilassamento, calma e tranquillità e della coscienza vigile. I
livelli della nostra coscienza dipendono dalla costante attività elettrochimica
dell’encefalo, rilevabile registrando le onde elettromagnetiche con apparecchi digitali
adatti. La loro frequenza, calcolata in cicli per secondo o Hertz (Hz), cambia in
relazione al tipo di impegno dell’encefalo di ogni soggetto. Ad esempio se una
persona sta studiando come risolvere un problema, l’attività elettrica del suo encefalo
corrisponde al ritmo beta (o di allarme ), mentre se viene esposta per un certo tempo
alla stimolazione con un ritmo alfa (o di rilassamento), è possibile che la prima
frequenza cambi per sincronizzarsi, con la seconda, mutando conseguentemente
anche la sua precedente condizione.
Vale la pena spiegare sinteticamente il riferimento di alcune frequenze dell’attività
elettrica dell’encefalo:
 delta da 0,5 a 4 Hz: solitamente associate ad un forte rilassamento oppure al
sonno profondo,
 theta da 4 a 8 Hz: genericamente accomunate al primo stadio del sonno, ma
anche espressione sia della meditazione profonda , sia della creatività e delle
attitudini artistiche,
 alfa da 8 a 11 Hz: riferite ad uno stato di coscienza vigile, ma rilassata. Si
registrano in chi è in meditazione, yoga,
 beta da 14 a 30 Hz: attribuite alla concentrazione sulle nostre fondamentali
attività di sopravvivenza, di inquadramento, di cernite e di valutazione sulle
sollecitazioni proveniente dal contesto esistenziale.
Queste osservazioni non hanno ancora titolo per vantare una efficacia terapeutica, in
quanto preliminari, benché i soggetti che hanno fruito di tale esposizione,
riconoscono di avere ottenuto un rilassamento dello stato psicofisico e riduzione
dell’ansia. Proprio per questi effetti un certo tipo di musica viene impiegato anche per
alleviare il dolore, ma non in alternativa alla assunzione dei farmaci, perché dal suo
ascolto si potrà trarne una maggiore serenità. In sintesi la musicoterapia attualmente,
benché impiegata in diversi ambiti come sostegno riabilitativo nella pratica
psicofarmacologica e psicoterapeutica, non ha ancora sviluppato tutte le sue
potenzialità, perché non dispone di uno statuto scientifico e metodologico, necessari
per farla entrare senza riserve in una modalità terapeutica efficace e riconosciuta (5 ).
Dr. Franco Zarattini
Bibliografia
1) Ammar S. 1965 En souvenir de la médicine arabe. Tunis
2) Basso A. 1991 La neuropsicologia della musica. In (a cura di) Denes G.
Pizzamiglio L. Manuale di neuropsicologia. Normalità e Patologia dei processi
cognitivi.
3) Carnevale S. Ferrarese D. Bellella D. Orlandelli E. Musica e psiche: dal genio
di Mozart alla relazione d’ ascolto. Psichiatri Oggi n. 2 Roma 2008
4) Cherubini L. 1971 Medea Guida all’Opera. Volume I Mondadori A. ed.
pag. 125 -132.
5) Giannelli A. 2000 I linguaggi pittorico e musicale nel dialogo con la follia: è
arte terapia?. Atti della giornata di studio su i colori della mente. Marsilio ed.
Milano, pag. 21 -25.
6) Hughes J.R. 2001 The Mozart effect. Epilepsy Behav, 2(5) pag. 396 -417
7) Lechevalier B. 2006 Il Cervello di Mozart. Bollati Boringhieri, Torino
8) Lahiri N. Duncan J.S. 2007 The Mozart effect: encore. Epilepsy Behav.
11:1,152-153.
9) Meinecke B. 1948 Music and medicine in classic antiquity. In: Music and
Medicine, D. M. Schullian and Schoen ed. New York pag. 47-95
10) Rauscher F.H. Shaw G.L. Ky K.N. Music and spatial task performance.
Nature 1993 pag. 365-611
11) Schipkowensky
N.1965 Iatrogenie oder befreiende Psycotherapie.
Scheideweg jeden Arztes. Leipzig, Hirzel.
12) Stendhal 1998 Vita di Mozart. Passigli ed. Firenze
Pubblicato sulla rivista trimestrale PSICHIATRI OGGI del mese di settembre
2013
Questo articolo può essere riprodotto in quanto esente da copyrigth.
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