23 Settembre 2013 RASSEGNA STAMPA 23 Settembre 2013 25 NOVEMBRE 2014 Sede Milano – Corso Italia 22 Sede Trieste – Via Fabio Filzi 21/1 INDICE DAL MERCATO ASSICURATIVO IVASS, PUBBLICATI I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI COMPARATORI INDAGINE SUI COMPARATORI: L’IVASS RISCONTRA DIVERSI PROFILI DI CRITICITA’ PER I CONSUMATORI IVASS BACCHETTA I SITI COMPARATIVI RISPARMIO GESTITO CONSOB ALLE POSTE “PRATICHE SCORRETTE NEI SERVIZI FINANZIARI CORREZIONI URGENTI” I REGOLAMENTI DI BANKITALIA E I FONDI «ALTERNATIVI» PREVIDENZA E DINTORNI PREVIDENZA COMPLEMENTARE: IN CERCA DI UN PROGETTO DI WELFARE DAL MERCATO ASSICURATIVO IVASS, PUBBLICATI I RISULTATI DELL’INDAGINE SUI COMPARATORI Dalle verifiche sono emerse diverse criticità per i consumatori. L’Istituto ha richiesto agli intermediari che gestiscono i siti di comparazione una serie di correttivi da adottare entro il 31 gennaio 2015 Sono stati pubblicati sul sito dell’IVASS i risultati della “Indagine sui siti comparativi nel mercato assicurativo italiano”, finalizzata a verificare il livello di correttezza e trasparenza delle informazioni e delle quotazioni fornite dai siti di comparazione. L’indagine – che ha riguardato 6 siti comparativi: Chiarezza.it, Comparameglio.it, Facile.it, Segugio.it, 6Sicuro.it e Supermoney.it. – ha preso spunto dalla forte diffusione della comparazione on line di prodotti assicurativi nel settore Rcauto (circa 12,9 milioni di preventivi effettuati nel 2013 attraverso 6 siti operanti in Italia). Dalle verifiche sono emersi diversi profili di criticità per i consumatori: i siti comparano solo (o prevalentemente) i prodotti di poche imprese con cui hanno concluso accordi e da cui percepiscono provvigioni in relazione a ciascun contratto stipulato attraverso di essi il numero delle compagnie pubblicizzate è in genere superiore a quello delle imprese effettivamente confrontate la comparazione è basata esclusivamente sul prezzo e non tiene conto delle diverse caratteristiche dei prodotti in termini di massimali, franchigie, rivalse ed esclusioni. Ciò comporta il confronto di prodotti disomogenei e non sempre adeguati alle esigenze assicurative dei consumatori, rischio amplificato dalla diffusa pratica dell’abbinamento automatico di coperture accessorie non richieste dall’utente i siti fanno largo uso di messaggi pubblicitari formulati in modo da ingenerare nei consumatori il convincimento di poter ottenere notevoli risparmi (“fino a 500 euro”) e di acquistare il “miglior prodotto” o di rivolgersi alla “migliore impresa”. Non indicano tuttavia i criteri di valutazione dei prodotti e delle imprese né le basi di calcolo del risparmio promesso. Per rimuovere tali criticità IVASS è intervenuto sugli intermediari assicurativi che gestiscono i siti comparativi oggetto della indagine chiedendo di adottare specifiche misure correttive entro il 31 gennaio 2015 così sintetizzabili: indicare in home page l’elenco delle imprese di assicurazione con cui sussistono accordi di partnership ai fini della comparazione e indicare chiaramente che il servizio di comparazione è soggetto a remunerazione da parte di tali imprese; indicare nell’output di comparazione, per ciascuna polizza, le provvigioni corrisposte dall’impresa in caso di conclusione del contratto; dare chiara indicazione della quota di mercato comparata; garantire che il numero delle imprese pubblicizzate ai fini del confronto corrisponda a quello delle imprese effettivamente comparate. In caso di mancata quotazione di una o più imprese, ne deve essere data spiegazione e le quotazioni mancanti vanno comunque fornite in un momento successivo al consumatore; adottare un processo di rilevazione delle esigenze assicurative del cliente e di quotazione tale da esporre un ranking in cui siano presenti solo prodotti rispondenti alle esigenze manifestate dal cliente; non basare la comparazione solo sul prezzo, ma anche sulle caratteristiche “chiave” della polizza, presentando queste ultime secondo uno standard uniforme, in modo da agevolare il confronto tra le diverse offerte; evitare forme di abbinamento forzato delle coperture accessorie alla r.c. auto e meccanismi di opt out a carico del consumatore; modificare la procedura di raccolta del consenso privacy e di altre “liberatorie”; rivedere i messaggi pubblicitari in linea con la normativa vigente in materia di pubblicità ingannevole. Nel frattempo l’IVASS offre 5 consigli chiave ai consumatori per dare il giusto peso alle comparazioni: I siti comparano solo (o prevalentemente) i prodotti di poche imprese con cui hannostipulato accordi e da cui percepiscono provvigioni in relazione a ciascun contratto stipulato; Il numero delle imprese comparate è di molto inferiore al numero complessivo delle imprese – 68 – che operano nel ramo r.c. auto. L’unico sito, non commerciale, che oggicompara tutte le imprese è quello pubblico gestito dall’IVASS e dal MISE (www.tuopreventivatore.it). I siti fanno largo uso di messaggi pubblicitari formulati in modo da ingenerare nei consumatori il convincimento di poter ottenere notevoli risparmi (“fino a 500 euro”) e diacquistare il “miglior prodotto”. Spesso dichiarano di confrontare le “migliori” imprese o i “migliori” prodotti. Non indicano tuttavia i criteri di valutazione delle imprese e dei prodotti né le basi di calcolo del risparmio promesso. La polizza più economica può non essere la più adeguata alle proprie esigenze assicurative. La comparazione è oggi basata esclusivamente sul prezzo della polizza e non tiene conto delle condizioni contrattuali, ad esempio massimali di garanzia, franchigie, diritti di rivalsa, esclusioni e limitazioni della copertura. Risultano comparati prodotti con clausole diverse come, ad esempio, la c.d. “guida esclusiva” (che limita la guida ad un solo conducente) o la c.d. “guida libera” (che non ha questa limitazione). Occorre valutare attentamente se le polizze presentate dal sito sono adatte alle proprie esigenze. E’ pratica diffusa dei siti abbinare alla garanzia r.c. auto coperture accessorie non richieste dal consumatore, costringendolo a deselezionarle in un momento successivo. Ciò può essere motivato dal fatto che le imprese di assicurazione partner in genere riconoscono ai siti, in caso di abbinamento, ulteriori provvigioni. Intermedia Channel INDAGINE SUI COMPARATORI: L’IVASS RISCONTRA DIVERSI PROFILI DI CRITICITA’ PER I CONSUMATORI L’istituto di vigilanza ha reso noti i risultati dell’indagine avviata alla fine del 2013 e solleva dubbi su conflitti di interesse, criteri utilizzati per la comparazione, abbinamento di coperture accessorie alla Rc auto, consenso privacy, trasparenza delle informazioni sui siti e persino sui messaggi pubblicitari. Gli operatori avranno tempo fino al 31 gennaio 2015 per adeguarsi alle misure imposte dall’Ivass. Sono numerosi e svariati i profili di criticità per i consumatori emersi dalle verifiche effettuate dall’Ivass, che oggi ha reso noti i risultati della indagine sui siti comparativi nel mercato assicurativo italiano. Una indagine finalizzata, appunto, a verificare il livello di correttezza e trasparenza delle informazioni e delle quotazioni fornite dai siti di comparazione. In particolare, le criticità sottolineate dall’Ivass riguardano: Conflitti di interesse - I siti comparano solo (o prevalentemente) le imprese con cui hanno stipulato accordi di partnership e da cui percepiscono provvigioni. E di tale conflitto di interesse non viene data chiara informativa. Copertura di mercato e indicazione del numero di imprese comparate – L’indicazione della “copertura di mercato”, intesa come quota delle imprese comparate rispetto al totale, è assente; in più viene pubblicizzato un numero di imprese comparate (in genere 18) spesso superiore a quello effettivo. Criteri di comparazione – La comparazione si basa esclusivamente sul prezzo; non sono oggetto di comparazione i contenuti della polizza (massimali, franchigie, rivalse, esclusioni…); ciò determina il rischio che al cliente non sia offerto un prodotto adeguato rispetto alle proprie esigenze assicurative e inoltre che sia effettuata una comparazione di prodotti disomogenei. È stata poi rilevata una variabilità ingiustificata degli output di comparazione (instabilità numerica) e l’assenza di motivazioni in caso di mancanza di quotazione di alcune imprese. Infine, l’assenza di quotazioni per alcuni profili particolarmente sfavorevoli (età, zona territoriale) lascia ritenere che vi possano essere politiche di selezione dei rischi, forse anche concordate con le imprese partner. Abbinamento delle coperture accessorie alla rc auto – È emerso il forzato abbinamento di garanzie accessorie, anche in assenza di richiesta del consumatore, come probabile conseguenza delle politiche remunerative (i siti percepiscono provvigioni maggiori in caso di abbinamento); per eliminare le coperture il consumatore deve usare il meccanismo di deselezione (opt out). Messaggi pubblicitari – Sono presenti messaggi pubblicitari del tipo “risparmia fino a 500 euro” o “compara i migliori prodotti o le migliori imprese”, che non risultano fondati su elementi verificabili o non forniscono indicazione sui criteri di valutazione. Consenso privacy e altre liberatorie – È stata rilevata l’acquisizione automatica mediante unico click di una pluralità di consensi per il trattamento dei dati rilevanti per la privacy, per l’utilizzo degli stessi per finalità pubblicitarie o commerciali e per presa visione dell’informativa precontrattuale prevista dalla normativa assicurativa; ciò indebolisce il livello di consapevolezza del consumatori sui consensi resi. Trasparenza delle informazioni sui siti – Le informazioni relative al sito, al suo ruolo e all’attività svolta non sono facilmente reperibili e non adeguatamente evidenziate. Non risulta di immediata percezione la natura commerciale dell’attività svolta e l’assetto proprietario del sito; non sono indicate le modalità per presentare reclami. L’INDAGINE - L’indagine ha preso spunto dalla forte diffusione della comparazione on line di prodotti assicurativi nel settore Rc auto (circa 12,9 milioni di preventivi effettuati nel 2013 attraverso 6 siti operanti in Italia e in particolare Chiarezza.it, Comparameglio.it, Facile.it, Segugio.it, 6Sicuro.it e Supermoney.it). Ivass ha tenuto conto delle indicazioni contenute nel Report on Good Practices on Comparison Websites pubblicato dall’Autorità Europea di Vigilanza delle Assicurazioni e dei Fondi Pensioni (Eiopa)nel gennaio 2014, per promuovere a livello europeo l’adozione da parte dei siti comparativi di condotte che garantiscano la correttezza della comparazione e la trasparenza delle informazioni rese al pubblico. L’indagine è stata condotta attraverso «una preliminare ricognizione sul web dei siti operanti in Italia; accessi ai siti da parte di funzionari Ivass che si sono finti cittadini interessati all’acquisto di una polizza Rc auto; richieste di dati e informazioni aggiuntive ai soggetti coinvolti; incontri con i gestori dei siti e con le imprese assicurative oggetto di prevalente comparazione, nonché con alcune associazioni di categoria di intermediari e con alcune compagnie che operano attraverso i canali tradizionali». LE MISURE IMPOSTE DALL’IVASS – A conclusione dell’indagine, l’Ivass ha evidenziato diversi elementi di criticità in termini di trasparenza e correttezza, con un gap significativo rispetto alle Good Practices individuate a livello europeo. L’istituto di vigilanza ha chiesto di rimuovere le criticità rilevate intervenendo sugli intermediari assicurativi che gestiscono i siti comparativi oggetto della indagine «chiedendo di adottare specifiche misure correttive entro il 31 gennaio 2015». Nel dettaglio, i principali interventi richiesti riguardano: - - - - - L’indicazione in home page dell’elenco delle imprese di assicurazione con cui sussistono accordi di partnership ai fini della comparazione e indicare chiaramente che il servizio di comparazione è soggetto a remunerazione da parte di tali imprese; L’indicazione nell’output di comparazione, per ciascuna polizza, delle provvigioni corrisposte dall’impresa in caso di conclusione del contratto; L’indicazione chiara della quota di mercato comparata; Garantire che il numero delle imprese pubblicizzate ai fini del confronto corrisponda a quello delle imprese effettivamente comparate. In caso di mancata quotazione di una o più imprese, ne deve essere data spiegazione e le quotazioni mancanti vanno comunque fornite in un momento successivo al consumatore; L’adozione di un processo di rilevazione delle esigenze assicurative del cliente e di quotazione tale da esporre un ranking in cui siano presenti solo prodotti rispondenti alle esigenze manifestate dal cliente; Non basare la comparazione solo sul prezzo, ma anche sulle caratteristiche “chiave” della polizza, presentando queste ultime secondo uno standard uniforme, in modo da agevolare il confronto tra le diverse offerte; Evitare forme di abbinamento forzato delle coperture accessorie alla Rc auto e meccanismi di opt out a carico del consumatore; La modifica della procedura di raccolta del consenso privacy e di altre “liberatorie”; La revisione dei messaggi pubblicitari in linea con la normativa vigente in materia di pubblicità ingannevole. Tutto Intermediari L’IVASS ACCENDE UN FARO SUI COMPARATORI RC AUTO L’Ivass accende un faro sui comparatori: l’Istituto di vigilanza sul settore ha reso noti i risultati di un’indagine sui siti comparativi nel mercato assicurativo italiano, finalizzata a “verificare il livello di correttezza e trasparenza delle informazio ni e delle quotazioni fornite”. Secondo l’Istituto, se ben utilizzato questo strumento può produrre significativi vantaggi per i consumatori e la concorrenzialità nella rc auto, che rappresenta il loro principale terreno di attività; esistono però alcune aree critiche su cui bisogna intervenire. L’indagine ha preso spunto dalla forte diffusione della comparazione on line di polizze rc auto, con oltre 13,2 milioni di preventivi effettuati nel 2013, mentre i nuovi contratti stipulati attraverso questo canale sono circa 550mila, il 5% dei preventivi stessi. L’analisi ha riguardato sei siti comparativi: www.chiarezza.it, www.comparameglio.it, www.facile.it, www.segugio.it, www -6sicuro.it, www.supermoney.it. La maggior parte di essi opera principalmente nella rc auto e compara spesso anche prodotti di natura non assicurativa, come mutui, prestiti e telefonia. Il ruolo svolto dal sito consiste nell’orientare l’utente fornendogli una graduatoria di prezzi rispetto alla polizza; nella comparazione fra coperture di compagnie dirette (che operano per telefonano o su Internet), una volta scelto il prodotto l’utente viene reindirizzato al sito dell’impresa assicurativa, dove può perfezionare l’acquisto. Nel caso (più raro) d’imprese tradizionali, il cliente è inviato a presentarsi all’agenzia più vicina per la conclusione del contratto. Le aree critiche. L’indagine dell’Ivass ha evidenziato tre aree critiche nell’attività dei comparatori, il primo dei quali riguarda le situazioni di conflitto d’interesse. Secondo l’Ivass, infatti, i siti comparano solo (o prevalentemente) le imprese con cui hanno stipulato accordi di partnership e da cui percepiscono provvigioni in relazione a ciascun contratto stipulato. Le informazioni presenti sui siti “non consentono un’immediata percezione di tale conflitto d’interesse”. La comparazione on line riguarda prevalentemente le compagnie dirette, che rappresentano circa il 10% della rc auto. Un altro appunto dell’Ivass riguarda il modello di comparazione (che si basa esclusivamente sul pre zzo e non tiene conto dei contenuti delle polizze come massimali, franchigie, esclusioni e rivalse), l’assenza d’indicazioni sulla quota di mercato delle imprese comparate rispetto al totale, la pubblicizzazione di un numero d’imprese confrontate inferiore rispetto a quello effettivo e infine l’assenza di preventivi per alcuni profili di consumatori particolarmente sfavorevoli per età o zone territoriali, come i giovani o alcune città del Sud. L’ultima area critica riguarda infine la trasparenza: secondo l’indagine, “le informazioni fornite con riferimento ai siti non consentono al consumatore di avere un’immediata percezione della natura commerciale dell’attività svolta, del tipo di servizio prestato, dell’assetto proprietario del gestore del sito da cui possono derivare conflitti d’interesse e, infine, dei soggetti cui indirizzare eventuali reclami”. Non vengono fornite indicazioni sulla data di aggiornamento delle informazioni pubblicate, in alcuni casi vengono abbinate a quella obbligatoria di rc auto altre garanzie accessorie non richieste che il consumatore deve poi escludere in fase di acquisto della polizza sul sito dell’impresa. E, infine, vengono utilizzati “messaggi pubblicitari formulati in modo tale da ingenerare nell’utente un convincimento impro prio circa la possibilità di ottenere risparmi o acquistare il miglior prodotto”. Sul piano della trasparenza e della correttezza, l’indagine (che può essere consultata sul sito www.ivass.it) ha evidenziato un significativo divario verso le migliori pratic he a livello europeo: l’Ivass ha chiesto si sei siti comparativi di adottare, entro il 31 gennaio 2015, specifiche iniziative per rimuovere i profili di criticità rilevati. IO MI ASSICURO IVASS BACCHETTA I SITI COMPARATIVI I siti che mettono a confronto le polizze assicurative si stanno facendo strada tra gli automobilisti italiani desiderosi di risparmiare sulla copertura Rc Auto. Ma questi operatori ieri sono finiti nel mirino dell'Ivass, l'authority di controllo sulle assicurazioni, che ha rilevato più di qualche problema nella loro attività, come informazioni poco trasparenti fornite agli utenti della rete e rischi di conflitti d'interesse. Oltre al fatto che secondo l'autorità presieduta da Salvatore Rossi i modelli di comparazione sono basati per lo più sul prezzo, senza tenere conto delle altre caratteristiche delle polizze, come l'esistenza della franchigia o il limite massimo di copertura. Nell'indagine realizzata dall'Ivass ci sono tutti i sei comparatori esistenti in Italia. Un mercato che sembra far gola anche a società estere: chiarezza.it (fa capo alla francese Chiarezza Sas), comparameglio.it (marchio dell'inglese Daina Finance ltd), facile.it (rilevato fondo di private equity inglese Oakley Capital). Poi ci sono segugio.it (cercassicurazioni.it srl), 6sicuro.it (la cui quota di maggioranza è dell'imprenditore e manager Edoardo Loewenthal), e supermoney.it (Iamb srl). L'Ivass ha svolto l'indagine sul campo, con incontri e richieste di informazioni agli operatori ma anche con funzionari che si sono finti cittadini interessati all'acquisto di una polizza Rc Auto. La conclusione è stata che i siti di comparazione rappresentano «uno strumento che, se ben orientato, può produrre significativi vantaggi per i consumatori e per la concorrenzialità del mercato», si legge nel documento Ivass. Ma servono interventi urgenti, e l'authority ha chiesto agli operatori di allinearsi in appena due mesi, entro il 31 gennaio dell'anno prossimo. Nove correttivi «volti a superare le criticità rilevate». Come per esempio indicare nella home page del comparatore «l'elenco delle assicurazioni o degli intermediari con cui sussistono accordi di partnership» oltre a dover specificare che il servizio di comparazione offerto è soggetto a remunerazione da parte delle imprese assicurative; per ciascuna polizza dovranno poi essere indicate le provvigioni corrisposte dall'impresa in caso di conclusione del contratto e bisognerà specificare anche la quota di mercato comparata, garantendo allo stesso tempo che il numero di imprese pubblicizzate ai fini del confronto sul sito corrisponda a quello delle imprese effettivamente comparate. Secondo le rilevazioni Ivass delle 68 imprese, italiane ed estere, operanti in Italia nel ramo Rc Auto i siti comparano solo sei compagnie dirette. Anzi, emerge un altro fenomeno. La distribuzione tramite aggregatori sta diventando il modo più frequente per le compagnie web di reperire clienti. Ma per quel portafoglio le assicurazioni pagano commissioni ai siti di comparazione, allontanandosi da un modello di vendita diretta, privo di costi di intermediazione MF LA POLIZZA NON È D’OBBLIGO Nubifragi e altre calamità naturali che stanno flagellando la Penisola spingono a chiedersi se ci siano delle reponsabilità (del sindaco o del prefetto, della Protezione civile e anche dell’amministratore di condominio) e se ci sia, per il professionista, l’obbligo di assicurare l’edificio a tutela delle parti comuni e di compiere tutti quegli atti conservativi e quelle azioni a tutela della sicurezza del condominio. Nonostante il comune convincimento che l’amministratore sia tenuto per legge ad assicurare l’immobile a lui affidato, la normativa nulla prevede al riguardo. In particolare, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sezione III, n. 15872 del 6 luglio 2010, confortata dalla Cassazione civile 8233 del 3 aprile 1997 e 15735 del 13 agosto 2004) ha affermato che «l’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione». La Corte aggiunge che l’articolo 1130, n. 4 del Codice civile obbliga l’amministratore a eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, intendendo con ciò riferirsi ai soli atti materiali (riparazione dei muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia della integrità dell’edificio. Tra questi atti non si può far rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma, avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato. Il Governo, dopo averci provato invano con il Dl 59/2012, che prevedeva l’obbligo di estendere la garanzia assicurativa anche alle calamità naturali, consentendo uno sgravio fiscale (ma questa parte non fu convertita in legge), ora sta effettuando studi per introdurre l’obbligatorietà dell’assicurazione sui fabbricati in caso di calamità naturali, senza che questo comporti, come invece oggi accade nelle zone a rischio, un eccessivo aumento dei premi assicurativi per il privato. Ma che cosa succede all’amministratore quando il fabbricato viene colpito da un evento climatico estremo? La Cassazione, con ordinanza 3767 del 18 febbraio 2014, esprimendosi in un caso in cui il responsabile poteva essere considerato il Comune, ha ritenuto che la responsabilità oggettiva per le cose in custodia in base all’articolo 2015 del Codice civile, che ben può essere attribuita all’amministratore per i beni e gli impianti comuni in condominio, può essere esclusa solamente dal caso fortuito che interrompe il nesso causale tra i beni sottoposti alla sua custodia e il danno lamentato, intendendosi come «caso fortuito» un fatto estraneo, eccezionale e imprevedibile e, quindi, inevitabile. Insomma, la Corte ha individuato il caso fortuito nel nubifragio che colpì il Comune di Acri tra la notte del 27 e 28 novembre 1984, e che comportò l’allagamento del fabbricato che si sarebbe comunque verificato, a prescindere dalla idoneità o meno delle opere poste in essere dall’amministratore a evitare o contenere tale evento. Chiarito questo aspetto, occorre affrontarne un altro. L’amministratore di condominio, in caso di un evento naturale di estrema entità e gravità, può essere ritenuto responsabile penalmente? La responsabilità penale dell’amministratore va ricondotta nell’ambito della disposizione di cui all’articolo 40, secondo comma, del Codice penale, per cui «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Per rispondere del mancato impedimento di un evento, quindi, è necessario che esista un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo. È quindi chiaro che l’amministratore non ha l’obbligo di assicurare il fabbricato, se non su espressa autorizzazione dell’assemblea di condominio e che questi eventi climatici sono considerati casi fortuiti che interrompono il nesso causale nella responsabilità oggettiva dei beni e degli impianti in custodia dell’amministratore. Quindi, anche sotto questo profilo l’amministratore non potrà essere ritenuto responsabile delle conseguenze e dei danni cagionati dall’evento medesimo. IL SOLE 24 ORE. FISCO INGRATO CON LA PREVIDENZA La Ue punta alla creazione del mercato unico del lavoro. Un’eccessiva pressione fiscale si traduce in «concorrenza sleale» L’esistenza di una previdenza privata, autosufficiente, solidale e al passo con i cambiamenti sociali, dipende da alcuni fattori. Non c’è alcun dubbio sul valore collettivo di questo sistema. L’assenza di finanziamenti da parte dello Stato e le politiche di welfare, che oggi valgono circa 530 milioni di euro annui, rappresentano un valore enorme per gli iscritti nel versante della protezione e per la collettività in termini di minori costi. Mentre gli Enti privati e privatizzati mettono in campo una visione di futuro che interessa tutta la vita del professionista, e non solo l’atto di erogazione della prestazione pensionistica, il potere di vigilanza ministeriale, e di altri organi deputati, resta una garanzia della tenuta del Sistema. Il patto che il legislatore ha voluto all’atto della privatizzazione è chiaro e va rinsaldato, evitando di essere attratti in normative destinate alla pubblica amministrazione (bilanci, spending rewiew e molto altro) che non rappresentano un bene comune né in termini di contributo al bilancio pubblico, né in ragione di una maggiore efficienza delle strutture amministrative. Il tema dell’autonomia, vigilata e vagliata nella sostenibilità economica, resta centrale. È di attualità il tema della tassazione delle rendite finanziarie dei patrimoni delle Casse sottoposta al vaglio della legge di Stabilità. Non abbiamo mai fatto dell’aliquota di tassazione (al 20 o al 26 per cento), che comunque resta di gran lunga la più alta d’Europa, un tema ideologico o una richiesta di privilegio. Siamo testardamente convinti che si tratti di un tema sociale, di una scelta di campo: considerare la previdenza come sistema che si sviluppa nei decenni, valore economico per il Paese, soggetto deputato costituzionalmente a creare prestazioni dignitose e commisurate ai versamenti effettivamente effettuati. Autonomia, tassazione, vigilanza sono oggettivamente tessere dello stesso mosaico, di un Paese che ha un’idea di futuro. Non ci sfugge la temperie economica nella quale viviamo. Noi per primi rileviamo redditi in calo mediamente del 30 per cento, giovani impossibilitati ad avviare l’attività professionale, concorrenza estera derivante dalle condizioni di miglior favore di altri Paesi. Se il punto è cercare di stimolare l’economia reale italiana, creare posti di lavoro stabili, riavviare il ciclo degli investimenti, noi abbiamo manifestato la nostra disponibilità da almeno due anni. Investire in modo maggiore, trasparente, secondo le regole di mercato, sull’Italia, non è altro che sposare il bene collettivo con quello delle categorie professionali che ci versano i contributi. Altre nazioni europee lo fanno da tempo, basterebbe questo fatto a farci riflettere. Infine un ragionamento sulle direttrici dell’Unione Europea. La stesura e il riconoscimento delle qualifiche professionali validate nel mercato unico, il completamento del processo di riconoscimento reciproco dei titoli di studio, la generazione della tessera professionale europea che permetterà l’esercizio delle professioni senza limiti burocratici, rappresentano una via di non ritorno già decisa. In questo contesto omogeneità della tassazione, protezione del prodotto intellettuale e fruizione dei fondi strutturali divengono elementi essenziali per non creare una finta concorrenza devastante. Speriamo che alla nostra consapevolezza si associ quella del Governo e del Parlamento, dobbiamo e possiamo essere interpreti delle sfide dei prossimi decenni. Non è tempo di polemiche, è tempo di risposte che permettano alle nuove generazioni di recuperare il gap di opportunità e risorse che rappresenta la nostra più grave responsabilità. IL SOLE 24 ORE RISPARMIO GESTITO CONSOB ALLE POSTE “PRATICHE SCORRETTE NEI SERVIZI FINANZIARI CORREZIONI URGENTI” Altolà di Consob a Poste Italiane. Un’ispezione durata mesi sul più capillare distributore di prodotti finanziari (13mila sportelli) ha rivelato critiche e irregolarità, e imposto al cda di studiare «dedicate e tempestive iniziative correttive». L’azienda replica che il cda del 16 settembre ha deliberato le prime azioni chieste dalla vigilanza, come profilare la clientela e rimodulare gli incentivi commerciali alla rete. Il programma di lavoro è stato inviato a inizio ottobre in Consob; ma dati i rilievi sono probabili strascichi sanzionatori a breve. Simili critiche e correttivi Consob li chiese nel 2010 alle principali banche italiane, di cui la quotanda pubblica è ormai un temuto rivale. Il procedimento 20638/14 della Divisione intermediari, di una ventina di pagine dell’8 agosto 2014, stigmatizza le pratiche commerciali e distributive 2011-2013, quand’era ad Massimo Sarmi: vendite di prodotti in conflitto di interesse con la rete BancoPosta, strutture commerciali pressate per raccogliere volumi e incentivi legati al budget, forme di marketing scorrette, poche e ottimistiche profilazioni di clienti che permettevano al 74,5% di essi di sottoscrivere strumenti complessi (come le opzioni certificates su sottostanti cartolarizzati). E dire che tra i 32 milioni di clienti del gruppo dovrebbe stare la parte più semplice dei rispar- miatori. I «profili di attenzione» segnalati al cda Poste sono: il conflitto d’interesse tra BancoPosta e la holding Poste spa che stabilisce budget, tipi e volumi degli strumenti da vendere, «senza preventiva analisi di bisogni e caratteristiche dei clienti». L’aver fissato obiettivi «in funzione delle esigenze delle società prodotto, con una gamma di prodotti strutturalmente esigua, ha privato l’investitore di alternative»: nel 2013 il 93% degli investimenti erano polizze vita e fondi comuni, con soli tre bond di terzi riservati a clienti che portavano nuova liquidità. «La centralità degli interessi della società è emersa dal ruolo di Poste spa in vari buyback su bond terzi»: come i tassi fissi di Barclays e Credit Suisse, per cui Poste spa incassava commissioni «rivelando, anziché svolgere il ruolo neutrale asserito nelle lettere ai clienti e alla Consob, un rilevante conflitto d’interessi». Altro problema, «il costante e penetrante controllo delle performance di rete, tramite vari monitoraggi dei risultati e forme di pressione per raggiungere i budget». Un controllo con commenti comparativi e toni pressanti: come nelle mail di Pasquale Marchese, capo Funzione mercato privati: «Forse non mi sono spiegato: vanno fatti i numeri che abbiamo assegnato singolarmente a ognuno di voi come obiettivo trimestrale!». Il correlato metodo di incentivi della rete è fatto «su obiettivi quantitativi di breve, anziché qualitativi e virtuosi», e fa dire a un capo: «Gli uffici che hanno raggiunto l’incentivo si sono fermati, chi sa di non farcela si risparmia per il periodo successivo». Tali consigli spesso producono «disinvestimenti anticipati rispetto alle scadenze durante i nuovi collocamenti », con più costi ai clienti e più commissioni alla società. Ultima doglianza le profilature del rischio cliente, cardine della Mifid. A fine 2013 solo 330mila clienti erano profilati contro 900mila aventi diritto. Tre quarti dei clienti Bancoposta «sono concentrati sui tre livelli più alti di esperienza e conoscenza»: ma le verifiche Consob su alcuni sottoscrittori di polizze index e bond hanno evidenziato che «il 91% clienti con istruzione media inferiore si posiziona nelle tre classi più alte, e oltre l’80% degli ultrasettantenni presenta orizzonte di investimento oltre 7 anni». La Repubblica I REGOLAMENTI DI BANKITALIA E I FONDI «ALTERNATIVI» Sul Corriere di domenica 23, in un articolo intitolato «Rischio caos per le SGR “leggere”, mancano i regolamenti Bankitalia», si getta un allarme che a me pare fuorviante. Sorvolo sulle valutazioni maliziose nei confronti della Banca d’Italia, ma mi preme, per una corretta informazione, rettificare alcune affermazioni non vere contenute in quell’articolo. Non è vero che il termine per il recepimento della Direttiva europea Aifmd (che disciplina i fondi di investimento «alternativi») sia scaduto il 22 luglio scorso: la scadenza è stata da tempo posticipata dal Parlamento al prossimo 31 dicembre. Non è vero che manchino i regolamenti della Banca d’Italia: questi sono pronti e lo sono da tempo; è che le procedure prevedono numerosi passaggi fra Parlamento, governo e varie istituzioni come la Banca d’Italia, la Consob e il Consiglio di Stato; il ministero dell’Economia e delle Finanze sta ora mettendo a punto un decreto predisposto con il contributo di Banca d’Italia e Consob; soltanto dopo l’uscita del decreto queste ultime possono emanare i loro regolamenti. Non è vero che la Banca d’Italia intenda disciplinare la materia in modi pesanti e tali da provocare la fuga all’estero dei malcapitati fondi di venture capital italiani: in mancanza di qualsiasi riferimento, non si capisce da che cosa — o da chi — l’articolista abbia tratto questa convinzione. I commenti degli operatori hanno un ruolo di rilievo nel processo normativo da parte della Banca d’Italia, al fine di evitare svantaggi competitivi al nostro sistema finanziario. Anche su questo provvedimento il confronto con gli intermediari e con le associazioni di categoria è stato intenso e proficuo. Resta il problema, di cui questa vicenda è esempio e su cui l’articolo giustamente attrae l’attenzione, di una incapacità del nostro Paese di legiferare e di attuare le leggi con tempestività e precisione. Il numero di passaggi previsti dall’ordinamento è eccessivo e compromette gravemente la capacità dell’Italia di svilupparsi e di competere. Ma questo ha poco a che fare con la vicenda evocata nell’articolo e più in generale con la Banca d’Italia. PREVIDENZA E DINTORNI PREVIDENZA COMPLEMENTARE: IN CERCA DI UN PROGETTO DI WELFARE Per uno sviluppo duraturo servono incentivi e una corretta comunicazione. Il Pil negativo condiziona i futuri assegni e corregge al ribasso le previsioni Perché un sistema pensionistico nel suo complesso funzioni in un Paese maturo, occorre che ci sia una precondizione generale e almeno due presupposti fondamentali. Anzitutto occorre che il Governo (o i Governi che si succedono) quindi la politica in generale, abbiano un progetto di welfare; cioè conoscano a fondo la situazione economica, di gettito fiscale e contributivo e demografica attuale e futura con proiezioni almeno a 50 anni (tutti dati assolutamente disponibili). Poi occorrono due presupposti: - incentivi alla previdenza complementare senza i quali è difficile far partire un sistema di welfare complementare sul modello beveridgiano; una costante ed efficace comunicazione e informazione sulla situazione pensionistica di tutti ed in particolare dei giovani post 1996. Senza queste condizioni temiamo che l’intero sistema del welfare nazionale sia a rischio. Gli incentivi Per incentivi intendiamo almeno il ripristino della tassazione sui rendimenti dei fondi all’11% (anche meno se possibile) portando però la stessa sul “maturato” al momento del riscatto del montante finale come avviene per tutto il risparmio gestito. Solo la fantasia di Vincenzo Visco e Giulio Tremonti poteva immaginare di tassare i rendimenti annualmente, con enormi problemi di contabilità e di calcoli fiscali. E infatti dopo qualche tempo si è tornati per tutto il risparmio gestito alla tassazione al momento del riscatto finale delle prestazioni, lasciando però solo i fondi pensione con tassazione annua come se il risparmio previdenziale fosse meno importante di quello meramente finanziario. Per non farsi mancare nulla, anziché eliminare il fenomeno della doppia tassazione sulle pensioni delle Casse dei liberi professionisti si è passati dal 12,5% al 20% e, se passa la legge di stabilità così com’è, si andrà al 26 per cento. Ancora: distrutti quindici anni di sforzi per convincere i lavoratori ad usare il proprio Tfr come “libretto di risparmi” per la loro pensione complementare ed anche per una serie di bisogni tipici della vita. Tfr in busta paga come avevano proposto altri politici di fama in precedenza (tra cui Umberto Bossi e Giulio Tremonti). Ma ancora – anziché favorire le imprese in un momento in cui il credito si è rarefatto – cosa ha pensato il Governo guidato da Romano Prodi? Anziché far partire il decreto 252/05 che con tanti sforzi di tutti (parti sociali comprese) prevedeva libertà di scelta e incentivi per le imprese, Visco, dopo le mirabolanti introduzioni di Irap e equalizzatore (autentici sconquassi sociali) ritenne che se il lavoratore desiderava lasciare il Tfr in azienda ma la stessa occupava più di 50 dipendenti, il Tfr passava all’Inps ma non nelle passività (come accade per le imprese) ma nelle entrate. Potenza della politica! L’informazione Per informazione intendiamo un’azione del Governo che dica la verità sui futuri tassi di sostituzione, cioè sulle pensioni future dei giovani; una busta arancione che serva per immaginare i redditi da pensionato. Secondo i dati governativi forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, le future pensioni in rapporto all’ultima retribuzione, cioè i tassi di sostituzione, paiono più che buoni; si va dal 73 al 79% per i dipendenti e dal 64 al 71% per i lavoratori autonomi. Ma le proiezioni considerano uno sviluppo del Pil reale dell’1,57%, un’inflazione del 2% e una crescita delle retribuzioni individuali reali dell’1,51% (con produttività pari al +1,53% annuo). Ma cosa è successo veramente negli ultimi anni? Nel periodo dal 2008, anno d’inizio della grande crisi economica alla fine del 2014 (proiezione sulla base dei dati di consenso) avremmo dovuto avere una crescita del Pil reale pari al 10,984% (seguendo la formula base della legge Dini che prevede un Pil reale di periodo pari all’1,5%) e ancor di più sulla base delle ipotesi della Ragioneria sopra indicate. Invece la rivalutazione in termini reali dei montanti contributivi è stata pari al -4,541 per cento. Risultato, ad oggi, in termini di rivalutazione dei contributi versati, siamo sotto di circa il 16 per cento. Le cose non vanno meglio sul versante delle retribuzioni individuali che da tempo crescono poco (meno dell’1,51% previsto e a volte si riducono addirittura) e con modestissime prospettive di crescita nei prossimi anni. Il combinato disposto di quanto detto determina due enormi punti di debolezza: - - - i veri tassi di sostituzione dovranno essere rivisti al ribasso di almeno 10 punti percentuali cioè sotto il 70% per i lavoratori dipendenti e sotto il 60% per gli autonomi; i redditi e salari su cui calcolare queste prestazioni saranno bassi e in media, per il grosso dei lavoratori, (secondo i dati dell’agenzia delle Entrate) non oltre i 1.100 euro al mese. Il 60% di 1.100 euro fa 660 euro, cioè poco sopra la pensione minima. Inoltre, per coloro che hanno iniziato a lavorare dal gennaio del 1996 non sono più previste né le integrazioni al minimo né le maggiorazioni sociali di cui oggi usufruiscono circa sei milioni di pensionati su 16,5 milioni (oltre il 36%) non contando le pensioni e gli assegni sociali (che restano nella veste di assegno sociale) e le pensioni di guerra. Non è certo una bella prospettiva per i nostri futuri pensionati poveri. Attenzione, quindi: l’assenza di un progetto welfare porta a queste decisioni errate e ondivaghe che se portate avanti possono creare le premesse per una autentica “bomba sociale” che potrebbe scoppiare in un momento in cui le finanze pubbliche saranno sotto pressione e il Paese sarà nel pieno di un pesante invecchiamento della popolazione. - L’aumento della tassazione dei rendimenti dei fondi pensione (che non sono rendite finanziarie, come qualche impreparato membro del Governo ha affermato), produrrà non solo una riduzione significativa (circa l’8%) delle pensioni complementari ma ingenererà una pesante sfiducia tra i lavoratori; e questo rappresenta l’inizio della crisi di sistema. IL SOLE 24 ORE. FONDI PENSIONE, BUONI RENDIMENTI GRAZIE A UNA GESTIONE EFFICIENTE Nel 2013 i fondi pensione negoziali hanno segnato un più 5,4% a fronte di un più 1,7% registrato dal Tfr Un paese che non pensa al proprio futuro, tutelando il risparmio previdenziale dei suoi cittadini, è un paese destinato a fare i conti, domani, con le sue scelte miopi e di corto respiro. Il disegno di legge stabilità che prevede la possibilità di richiedere il Tfr in busta paga e l’innalzamento del livello di imposizione sui rendimenti dei fondi pensione dall’11,5% al 20% dà la cifra dell’idea che questo Governo ha del futuro. La gestione delle risorse dei fondi pensione ha come obiettivo primario l’erogazione di una rendita previdenziale integrativa. I rendimenti positivi conseguiti in questi ultimi anni di crisi dei mercati finanziari testimoniano che i fondi pensione negoziali hanno agito in modo efficace ed efficiente. In relazione alla possibilità data al lavoratore di chiedere il versamento in busta paga del Tfr maturando corre l’obbligo di sollevare alcuni legittimi dubbi sull’utilità, in prospettiva futura, di un simile provvedimento. L’incremento reddituale del Tfr in busta paga appare poco significativo se non addirittura penalizzante per coloro che superano la soglia dei 20.000 euro lordi annui infatti tali somme concorrono al cumulo dei redditi e vengono tassate con aliquota ordinaria. Vi è il rischio, quindi, che un aumento della busta paga limitato porti ad un impoverimento dei futuri pensionati. Il Tfr rappresenta la principale fonte di finanziamento della previdenza complementare ed escludendo il 6,91% della retribuzione versato al Fondo pensione l’accantonamento sarebbe assolutamente insufficiente ad assicurare una copertura di secondo pilastro adeguata alle future esigenze previdenziali. Dal 1998 ad oggi il rendimento medio dei Fondi pensione è stato superiore alla rivalutazione del Tfr. Nel solo 2013 i Fondi pensione negoziali hanno reso il 5,4% a fronte dell’1,7% del Tfr. Valutiamo in maniera fortemente negativa l’innalzamento della tassazione sui fondi pensione (attualmente dell’11,5% e che dovrebbe passare, salvo modifiche dell’ultima ora, al 20 per cento) in quanto penalizza coloro che hanno deciso di aderire alla previdenza complementare sulla base di importanti agevolazioni fiscali. Nell’articolo 44 si prevede altresì che l’imposta complessivamente dovuta dovrà fare riferimento al 2014 disponendo la retroattività dell’imposizione fiscale. Tale impostazione desta preoccupazione per l’impatto negativo che può avere sullo sviluppo della previdenza complementare, a fronte di una assai dubbia capacità di produrre un aumento delle risorse per i consumi e di gettito tributario. L’incertezza derivante dal serrato susseguirsi di norme che rivedono la tassazione dei Fondi pensione sta creando destabilizzazione nel mondo della previdenza complementare. Le decisioni fino ad oggi assunte sembrano, inoltre, essere in netta contraddizione con quanto chiesto dalla Commissione europea che nel Libro Bianco chiedeva agli Stati di «ottimizzare l’efficacia e l’efficienza di imposte ed altri incentivi al risparmio per pensioni private». La norma, infine, lasciando i bond governativi tassati al 12,5% incentiva l’investimento in titoli di Stato ottenendo l’effetto contrario rispetto agli inviti fatti da rappresentanti del Governo di investire maggiormente in strumenti collegati all’economia reale. Al fine di non rendere vani gli sforzi compiuti in questi anni per sviluppare la previdenza complementare in Italia sarebbe opportuno che il Governo riconsiderasse le posizioni fino ad oggi assunte ipotizzando la modifica della proposta relativa al Tfr in busta paga. In merito all’incremento della tassazione, è auspicabile il congelamento dell’innalzamento dell’aliquota applicata ai rendimenti giacché tale intervento potrebbe essere interpretato come un ingiustificato accanimento in spregio al lecito affidamento che i lavoratori hanno posto nelle leggi dello Stato o che, in caso di aumento della tassazione, l’imposizione sia applicata al realizzato anziché sul maturato. Inoltre per favorire una consapevole scelta da parte della platea dei potenziali aderenti ai Fondi pensione è necessaria la predisposizione di una adeguata campagna d’informazione nazionale che preveda il coinvolgimento diretto del Governo e dei Fondi pensione. IL SOLE 24 ORE.