La Natura
Chirico
secondo
de
a cura di Achille Bonito Oliva
9 aprile – 11 luglio 2010
Lontana dalla classica retrospettiva, la mostra a cura di Achille Bonito
Oliva, pone in evidenza lo sguardo sul naturale del grande maestro
italiano e quell’iconografia investita da interferenze concettuali che ne
trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento
psicologico, misterioso e surreale, strettamente riconducibile all’etimo
stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale).
Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile
famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove rimane suggestionato
dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer,
Giorgio de Chirico dipinge L’enigma di un pomeriggio d’autunno a
Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a
Parigi e a Ferrara.L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne
a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a
far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera
produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi
neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale
di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de
Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi
mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata nell’allucinazione
urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o
come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire.
A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009, Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare un
importante omaggio al grande maestro italiano fondatore della Metafisica, movimento culturale tra i più significativi e
fecondi
di
tutto
il
Novecento
che
proprio
nel
2010
compie
un
secolo.
Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove
rimane suggestionato dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, Giorgio de Chirico dipinge
L’enigma di un pomeriggio d’autunno a Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a Parigi e a
Ferrara. L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di
un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi
simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale di avvicinarsi alla sua
arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea
di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come
apparizione
poetica
nelle
celebri “vite silenti”, sia
quando
è
trasfigurata
nell’allucinazione urbana delle
Piazze d’Italia o rinnegata
nelle algide geometrie dei
manichini. La Natura, intesa
come Cosmos ordinato o come
Caos, è di per sé indecifrabile e
chiede al pittore una possibile
soluzione all’enigma del suo
apparire.
Curata da Achille Bonito Oliva,
tra i più noti critici d’arte, la
rassegna prenderà in esame
circa 120 dipinti provenienti
dalle più importanti collezioni
pubbliche e private, e si
articolerà in sette sezioni
tematiche distinte, distribuite in
un itinerario ricco e suggestivo
nelle
gallerie
ai
lati
della
monumentale
Rotonda
di
Palazzo
delle
Esposizioni.
Nel centenario della Metafisica ed in coda alle celebrazioni dechirichiane del 2008 - 2009, il Palazzo delle Esposizioni
di Roma dedica a Giorgio De Chirico una mostra dal titolo "La Natura secondo De Chirico".
L'esposizione non è la classica retrospettiva. Infatti l'intento di Achille Bonito Oliva, che ne è il curatore, è quello di
mettere a fuoco il rapporto dell'arte di de Chirico con la categoria fisica e filosofica del naturale. Un rapporto che, pur
risolto in modi di volta in volta diversi ed originali, sottende l'intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti
fino
alle
regressioni
neometafisiche
degli
ultimi
anni.
In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni naturalistiche ma genera piuttosto un'incessante
attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il
pittore suggerisca - attraverso l'evocazione poetica - una possibile soluzione all'enigma del suo apparire; ed è questo, in
fondo, l'inesausto compito che Giorgio de Chirico si assume per tutti i lunghi anni della sua storia d'artista.
La mostra comprenderà circa cento dipinti articolati in sette sezioni da distribuire, in un percorso concettuale ricco e
suggestivo, nelle sette sale ad aula situate ai lati della Rotonda, perno degli spazi espositivi di Palazzo delle Esposizioni.
In esposizione, fino all'11 luglio, circa 140 dipinti articolati in 7
sezioni (Natura del mito, Natura dell'ombra, Natura da camera,
Anti-natura, Natura delle cose, Natura aperta, Natura viva),
distribuite nelle 7 gallerie ad aula distribuite ai lati della
Rotonda, cuore degli spazi espositivi del Palazzo.
L'esposizione presenta una rassegna di opere provenienti da
musei d'arte contemporanea di tutto il mondo (Moma, Tate,
Muse'e d'Art Moderne de Paris, Osaka Museum of Modern Art,
Galleria nazionale di Arte Moderna, Mart-Museo d'Arte
Contemporanea di Trento e Rovereto) e da collezioni private,
integrandole con una serie di capolavori appartenenti alla
Fondazione Giorgio e Isa de Chirico.
Sono circa cento i dipinti esposti e sono divisi in sette diverse
sezioni:
1.
Natura del mito
2.
Natura dell’ombra
3.
Natura da camera
4.
Anti-natura
5.
Natura delle cose
6.
Natura aperta
7.
Natura viva
A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009 e in corrispondenza del centenario della Metafisica,
Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare al grande maestro italiano una importante mostra curata da Achille
Bonito Oliva. Concepita come occasione di un nuovo slancio critico ed ermeneutico piuttosto che come una tradizionale
retrospettiva, la mostra è costruita su una base tematica e intende mettere a fuoco il rapporto dell’arte di de Chirico con
la categoria fisica e filosofica del naturale; un rapporto che – pur risolto in modi di volta in volta diversi ed originali sottende l’intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti fino alle regressioni neometafisiche degli ultimi
anni. Nell’arte di de Chirico l’iconografia del naturale trascende se stessa, perennemente investita da interferenze
concettuali che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale,
strettamente riconducibile all’etimo stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale). Che sia ricondotta
a un’armonia primigenia (come nei paesaggi mitologici) o esaltata come apparizione poetica (nelle celebri “vite
silenti”), trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie plastiche dei
manichini e degli automi, l’Idea di Natura rimane per l’artista un riferimento poetico costante, anche quando
problematico, paradossale o, appunto, silente. In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni
naturalistiche ma genera piuttosto un’incessante attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o
come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il pittore suggerisca - attraverso l’evocazione poetica - una possibile
soluzione all’enigma del suo apparire; ed è questo, in fondo, l’inesausto compito che Giorgio de Chirico si assume per
tutti i lunghi anni della sua storia d’artista. La mostra comprenderà circa cento dipinti articolati in sette sezioni da
distribuire, in un percorso concettuale ricco e suggestivo, nelle sette sale ad aula situate ai lati della Rotonda, perno
degli spazi espositivi di Palazzo delle Esposizioni.
Natura del mito "Il lontano e fresco soffio della mitologia, gl'immensi mascheroni delle divinità olimpiche che
guardano senza vedere di là dagli orizzonti e dalle costruzioni degli uomini, con quello sguardo dolcemente ed
ineffabilmente losco, con lo sguardo di chi sa che non c'è nulla da sapere" Giorgio de Chirico
In questa prima sezione, vengono accostati quei dipinti in cui la Natura, trasfigurata in chiave mitica, è intesa come
scenario di archetipi universali. Le figure evocate nei dipinti di questa sezione, siano mitologiche (I Centauri; Apollo;
Minerva; Esculapio; Orfeo; Arianna), bibliche (Il figliol prodigo) o storico-leggendarie (Lucrezia) sono trasformate in
simboli della cultura intesa come grande forza civilizzatrice, vittoriosa sul disordine apparente della natura.
Natura dell'ombra"Il paesaggio, chiuso nell'arcata del portico, come nel quadrato o nel rettangolo della finestra,
acquista maggiore valore metafisico, poiché si solidifica e viene isolato dallo spazio che lo circonda. L'architettura
completa la natura. Fu questo un progresso dell'intelletto umano nel campo delle scoperte metafisiche." Giorgio de
Chirico
Lo spazio urbano, nella pittura di de Chirico, è determinato - con uguale peso - tanto dai volumi architettonici
raffigurati, quanto dalle ombre rigide e irreali che presenze architettoniche esterne all'inquadratura proiettano sul suolo,
raffigurato come puro piano geometrico. L'artista si fa anticipatore di audaci sperimentazioni costruttive, straordinario
architetto di città allucinate e assurde. L'architettura inventata di de Chirico definisce anche uno spazio dell'assenza, un
luogo puramente mentale in cui la Natura è relegata in un 'altrove' metafisico che non si rivela mai.
Natura da camera "La mia camera è un bellissimo vascello ove posso fare viaggi avventurosi degni di un esploratore
testardo." Giorgio de Chirico
Anche lo spazio ovvio di una stanza offre nuove possibili visioni. In questa sezione appare quello speciale cortocircuito
che l'artista provoca nello sguardo dello spettatore, mescolando le carte tra lo spazio naturale e quello costruito.
Presenze inanimate ma famigliari della vita quotidiana, quali poltrone e armadi, sono dislocati sotto il cielo aperto in
scenari naturali mitici e primordiali dove sorgono come apparizioni dalle valenze quasi sacre. All'inverso, in altre
composizioni, rocce, alberi, corsi d'acqua vengono addomesticati ad absurdum dentro una stanza, generando vertigine
psicologica e senso di straniamento.
Anti-natura "Sopprimere completamente l'uomo quale guida o come
mezzo per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la
pittura, una volta per tutte dall'antropomorfismo che soffoca la scultura.
Vedere ogni cosa, anche l'uomo, nella sua qualità di cosa. " Giorgio de
Chirico
Qui l'ambivalenza tra naturale e artificiale si sposta da strutture inanimate
alla figura umana. Prodotto di un mondo segnato dalla corsa tecnologica,
anche il corpo dell'uomo tende a diventare un oggetto dall'identità
problematica, oscillante, un organismo intermedio, la cui ambiguità è
rivelata dall'artista attraverso i suoi celebri automi: manichini, pensatori,
archeologi ovvero entità anti-naturali che ci parlano del nostro modo di
essere al mondo, della nostra natura ibrida di macchine pensanti e
senzienti.
Natura delle cose "Ma noi che conosciamo i segni dell'alfabeto
metafisico sappiamo quali gioie e quali dolori si racchiudono entro un
portico, l'angolo di una strada o ancora in una stanza, sulla superficie di
un tavolo, tra i fianchi di una scatola (...). La coscienza assoluta dello
spazio che deve occupare un oggetto in un quadro e dello spazio che
divide gli oggetti tra loro stabilisce una nuova astronomia delle cose"
Giorgio de Chirico
Le Duo, 1914-15 Olio su tela New York, The Museum of
Modern Art. Lascito James Thrall Soby, 1979
Proseguiamo con gli Interni Metafisici in una sorta di progressiva "discesa all'interno" entro scatole cinesi di stanze
nelle stanze, quadri nei quadri, in una successione potenzialmente infinita che riflette gli enigmi delle cose e il mistero
dello spazio e del tempo. Elaborati assemblaggi geometrici assurgono al valore di totem contemporanei: trofei,
marchingegni,
giocattoli
di
cui
Giorgio
de
Chirico
è
mirabile
inventore.
Natura aperta "Una volta (...) mi trovavo in una casa ove il pavimento era stato molto lucidato con la cera. Guardai
un signore che camminava davanti a me e le di cui gambe riflettevano nel pavimento. Ebbi l'impressione che egli
potesse affondare in quel pavimento, come in una piscina, che vi potesse muoversi e anche nuotare. Così immaginai
delle strane piscine con uomini immersi in quella specie di acqua-parquet, che stavano fermi, e si muovevano, ed a
volte si fermavano per conversare con altri uomini che stavano fuori della piscina pavimento."
Giorgio de Chirico
"Natura aperta", ovvero squadernata nei suoi elementi primordiali. I materiali costitutivi della natura e le regole che li
governano sono smontati, riorganizzati e rifondati attraverso l'arte di de Chirico. Trasformando l'acqua in acquaparquet, i Bagni misteriosi pongono l'attenzione sul mistero dell'elemento fisico. Mentre il Sole sul cavalletto, 1973,
canta la misura dell'Universo e la metamorfosi dell'energia, La Surprise, 1914, rimodella gli elementi primari della
realtà: aria, fuoco, terra e acqua in una nuova 'ricetta' della materia del mondo.
Natura viva"Questo desiderio di essere vicino alla natura è evidentemente provocato nell'uomo da ricordi (...). Forse
questi ricordi risalgono a quei tempi oscuri in cui l'uomo, quasi animale, era più felice nella sua vita primitiva,
completamente legata alla natura. Oppure i suoi ricordi risalgono ancora più lontano e l'uomo rammenta oscuramente
il Paradiso Terrestre, ch'egli ha perduto (...). O forse ancora il presentimento di un paradiso futuro spinge l'uomo verso
la natura (...) che si presenta allo spirito dell'uomo, a traverso presentimenti o ricordi, buona, bella, perfetta,
misericordiosa." Giorgio de Chirico
In quest'ultima sezione, viene affrontato un tema caro a de Chirico, quello dell'arte che 'vivifica' - in senso letterale - la
natura. Il genere pittorico tradizionalmente noto come "natura morta" viene ripreso e, nel mutare di nome in "vita
silente" si carica della vitalità primigenia della natura, che restituisce in quanto forza creatrice.
La vita interna dell'oggetto, la sua vita silente, magnificata dall'artista, si risveglia ed entrando in relazione dinamica con
il paesaggio in cui è inserita, diventa soglia tra mondo reale e mondo metafisico.
“Ogni volta che un artista si è proposto
di mettersi in rapporto con il mondo non
per riprodurre fedelmente le sue
apparenze, ma per interpretarlo e
reinventarlo,
eccedendo
nella
razionalità fino a sfiorare il suo esatto
contrario, ha sempre assunto un
atteggiamento metafisico. De Chirico è
stato il primo a capirlo fino in fondo”.
Il commento di Vittorio Sgarbi
sull’opera di De Chirico, accompagna
idealmente chi lungo l’allestimento di
sette sale – volte a risolvere i rapporti fra
natura, essere umano e mondo – vuole
visitare la mostra a Palazzo delle
Esposizioni, a Roma dal 9 aprile all’11
luglio, curata da Achille Bonito Oliva.
La Metafisica di De Chirico, infatti,
prescinde la realtà, la dimensione fisica e
temporale, ma anche quella onirica che
rifiuta come componente stessa della realtà. La Metafisica di De Chirico è reinvenzione della realtà, è realtà
immaginifica, ma sempre ancorata allo spazio e alle forme della Natura intesa come spazio umano. Per questo, il
movimento da lui fondato e che proprio quest’anno raggiunge il suo centenario, esprime il rapporto fra l’uomo del suo
tempo e contesto nel quale è immerso senza perdersi in una dimensione irreale. Gli spunti per la realizzazione delle
opere vengono a De Chirico osservando
la realtà, cercandola. L’aneddoto
dell’uomo che cammina nel lucido
parquet riflettendo la sua immagine,
conduce De Chirico a una serie di tele
raffiguranti la scomposizione dell’uomo
scontornato per immergersi nella natura
dell’acqua trasfigurata, gelida fonte di
non vita.
Per questo, tutto in De Chirico è
enigmatico. Le raffigurazioni devono
essere ricostruite e chi vuole cercare la
realtà nella sua trasformazione non ha
scampo per la comprensione. Questo è
uno dei motivi per i quali De Chirico è il pittore della solitudine. La sua visione della realtà è intimista, ma allo stesso
tempo da condividere perché offre all’uomo del suo tempo, manichino e maschera, una visione pensata e ragionata del
mondo, vista da piazze di un’Italia trasformata, in una Natura che prende elementi dell’antica Grecia, della modernità di
un treno, della geometria di un palazzo tutto frullato insieme in una armonica visione di una contemporaneità senza
tempo.
Sebbene il suo linguaggio sia frutto di una possente impalcatura filosofico-simbolica, Giorgio De Chirico ha trovato
moti tratti caratteristici della sua pittura nel rapporto con la natura. Una mostra che inaugura venerdì 9 aprile al Palazzo
delle Esposizioni di Roma, propone una riscoperta trasversale dell’opera del maestro, a partire proprio dallo slancio
vitale messo in campo dall’artista nell’affrontare la categoria fisica e filosofica del naturale.
La Natura secondo de Chirico, curata da Achille Bonito Oliva, propone circa 120 opere del maestro nato in Grecia da
una nobile famiglia italiana e cresciuto a
Monaco nel pieno della pittura simbolista
e del pensiero di Nietzsche e
Schopenhauer.
La
nascita
della
Metafisica, nel 1910 a Firenze, conduce
De Chirico ad esplorare e rispettare il
mistero della vita, l’enigmaticità del
reale. “La Natura, intesa come Cosmos
ordinato o come Caos, è di per sé
indecifrabile e chiede al pittore una
possibile soluzione all’enigma del suo
apparire”.
Concepita come occasione di un nuovo
slancio critico ed ermeneutico piuttosto
che come una tradizionale retrospettiva,
la mostra è costruita su una base tematica e intende mettere a fuoco il rapporto dell’arte di de Chirico con la categoria
fisica e filosofica del naturale; un rapporto che – pur risolto in modi di volta in volta diversi ed originali - sottende
l’intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti fino alle regressioni neometafisiche degli ultimi anni.
Nell’arte di de Chirico l’iconografia del naturale trascende se stessa, perennemente investita da interferenze concettuali
che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale,
strettamente riconducibile all’etimo stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale).
Che sia ricondotta a un’armonia primigenia (come nei paesaggi mitologici) o esaltata come apparizione poetica (nelle
celebri “vite silenti”), trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie
plastiche dei manichini e degli automi, l’Idea di Natura rimane per l’artista un riferimento poetico costante, anche
quando problematico, paradossale o, appunto, silente.
In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni naturalistiche ma genera piuttosto un’incessante
attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il
pittore suggerisca - attraverso l’evocazione poetica - una
possibile soluzione all’enigma del suo apparire; ed è
questo, in fondo, l’inesausto compito che Giorgio de
Chirico si assume per tutti i lunghi anni della sua storia
d’artista.
Il
filosofo
ed
il
poeta
De
Chirico
riesce
con
pochi
schizzi
a cogliere la stratificazione dell’ambiente circostante. Questi tratti
sono presenti fin dai primi lavori, eseguiti attorno al 1910 e ne
contraddistingueranno
la
carriera
artistica.
Per l’artista il disegno è impronta del pensiero, un genere con
dignità pari se non superiore al dipinto, a questa arte divina è
dedicata l’esposizione, la mostra, curata da Elena Pontiggia con
l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, si apre con uno
straordinario gruppo di disegni metafisici concessi per l’occasione
dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e prosegue con tutti i più importanti lavori provenienti dalla
Fondazione Giorgio e Isa de Chirico: una raffinata collezione che comprende tra l’altro i Ritratti di Rissa, i Nudi antichi
(1926), il gruppo dei Gladiatori, Hebdomeros del 1928 e la
suggestiva serie dei Mobili nella valle e dei Bagni misteriosi
degli anni Trenta.
Sono esposti inoltre, sempre dalla collezione della Fondazione
Giorgio e Isa de Chirico, i disegni realisti degli anni quaranta,
tra cui l’impressionante Autoritratto come Cristo sul Calvario
e l’inaspettata, affettuosa serie di schizzi coi cani di famiglia.
Le incisioni per L’Apocalisse del 1941 e le carte del periodo
neometafisico degli anni sessanta e settanta completano il
percorso espositivo, che si chiude con una sezione riservata ai
disegni (scene, costumi, figurini) per il teatro. Ad integrazione
della sezione teatrale sono anche presentati i bellissimi
costumi per Pulcinella del 1931 e Protée del 1938,
recentemente acquisiti dalla Fondazione e mai esposti prima.
Museo Carlo Bilotti all’Aranciera di Villa Borghese fino al 19
aprile 2009.
Scriveva il critico francese Alain Jouffroy nel 1978, l’anno in
cui si spense, il 20 dicembre, ad oltre novant’anni, l’inventore
della pittura metafisica: “Giorgio de Chirico è oggi, a
novant’anni, il pittore glorioso più solitario e meno compreso
del mondo”. Ora, a più di trent’anni di distanza, Giorgio de Chirico è ancora, per molti versi, il pittore meno compreso
del mondo, ma è sempre più glorioso, glorioso e trionfante, trionfante su tutti coloro che lo avevano avversato in Italia e
fuori d’Italia sin dall’inizio della sua attività artistica. Ne è una riprova schiacciante la mostra che è stata inaugurata il 9
aprile, con il titolo “La Natura secondo de Chirico”, il quale fa notare nel suo scritto in catalogo (Federico Motta
Editore) che l’idea di Natura per l’inventore della pittura metafisica “va presa nel senso più lato possibile”.
Divisa in sette zezioni, la mostra si dispiega dagli anni Dieci (la “Lotta dei Centauri” è del 1909), agli anni Trenta, per
ben 140 quadri, da “Le temple fatal” (1914) a “Le muse inquietanti”(1925), da “I bagni misteriosi”( 1935-36) a “Piazza
d’Italia con fontana”(1954), da “Interno metafisico con
paesaggio romantico”(1968) a “Spettacolo misterioso”
(1971).
Non mancano, ovviamente, le nature morte, che Giorgio e
Isa de Chirico preferivano chiamare “nature silenti”. JeanPaul Sartre diceva che Giacometti era l’unico pittore
moderno che avesse dipinto il vuoto, ma de Chirico aveva
dipinto non solo il vuoto, ma anche il silenzio, al quale
aveva dedicato due quadri, “La torre del silenzio”(1937) e
“La Musa del silenzio”(1973). Negli ultimi due anni erano
state dedicate a de Chirico tre mostre, due di quadri a Roma
e Parigi e una di disegni a Roma, ma quella in corso al
Palazzo delle Esposizioni è la più imponente e la più
affascinante, fors’anche di quelle che gli erano state
organizzate nel passato, sia quando era in vita che dopo la
morte.
Questa mostra dimostra perentoriamente che de Chirico,
come non si stancava di dire, non aveva mai abbandonato la
pittura metafisica, con la quale all’inizio del secolo aveva
conquistato Parigi, la capitale mondiale dell’arte. Segno di
contraddizione dell’epoca, esaltato e misconosciuto,
osannato e denigrato, acclamato e vilipeso, Giorgio de
Chirico era stato dato più volte per morto dai critici, come
diceva egli stesso, ma ogni volta era resuscitato più vivo e
vitale
di
prima.
Non c’è altro caso in tutta la storia dell’arte di un pittore che abbia scritto e detto ciò che pensava, ossia tutto il male
possibile, dei pittori moderni, delle istituzioni ufficiali, dei soprintendenti o dei direttori dei musei, dei critici, persino
dei critici che scrivevano bene di lui o che ne apprezzavano l’opera, e sia uscito non sono indenne ma vittorioso dal
turbine delle polemiche. E’ lunga la lista dei suoi “nemici”: Roberto Longhi, che nel 1919 gli aveva inflitto una
stroncatura micidiale, che avrebbe stroncato la carriera di qualsiasi altro artista; Breton, Eluard, Aragon e compagni, i
quali dopo averlo salutato come un artista nuovo e originale, nel
1926 avevano scritto su “Revolution Surrealiste”, in un numero
listato a lutto e una grande croce nera: “E’ deceduto Giorgio de
Chirico pittore surrealista”; coloro che in Italia, sull’esempio dei
necrofori francesi, lo avevano vivisezionato, facendolo oggetto
d’una operazione di bassa macelleria critica: ottimo il de Chirico
prima del 1917, pessimo il de Chirico dei periodi successivi; Max
Ernst, che aveva trovato la propria strada dopo aver visto su “Valori
Plastici” la riproduzione di tele metafisiche di de Chirico, ma non
aveva esitato a descrivere il suo maestro ancora in piena forma
come “un vecchio debole, completamente asessuato, con guance
cadenti e il pallore di un uomo quasi morto”; Palma Bucarelli e
Giulio Carlo Argan, che lo consideravano un pittore reazionario” e
non gli avevano mai aperto l’accesso alla Galleria Nazionale d’Arte
Moderna, la prima bollata da de Chirico come “la Pentesilea di tutte
le croste e di tutti i crostoni”, il secondo da Marino Mazzacurati con
il motto: “Mi piego ma non mi spiego”. Benché sindaco di Roma,
Giulio Carlo Argan si era astenuto dal partecipare ai funerali di
Giorgio
de
Chirico, che la
critica
internazionale
considera
oggi
uno dei massimi pittori, insieme a Picasso e Matisse, del ventesimo
secolo.
De Chirico fu indicato principalmente come artista metafisico, con la
sua intenzione di generare suggestioni irreali con l’accostamento di
oggetti dissimili, in modo particolare di statue antiche greco-romane,
in uno spazio creato rompendo le comuni regole della prospettiva, con
colori moderni e con associazioni temporali senza alcun legame tra
loro. Questa mostra tende a descrivere l’attività di de Chirico anche
attraverso il disegno che non era per lui un’arte minore, anzi vedeva
in essa un carattere spirituale ed un mezzo per rappresentare qualcosa
oltre la realtà. La realtà infatti non ha, per de Chirico, contorni, e la
determinazione di essi attraverso le linee riesce a donarne l’essenza
spettrale non visibile ad occhio nudo. La linea dunque assume un
carattere mistico, assurgendo l’arte come espressione del divino.
L'enigma d'un pomeriggio d'autunno(FALSO DI BUTI)
La
genesi
della
pittura
metafisica è individuabile nel
quadro di Giorgio de Chirico
L'enigma di un pomeriggio
d'autunno del 1909-1910, citato
dal pittore stesso in un suo
manoscritto parigino del 1912.
Piazza d'Italia con torre rossa, 1934 Olio su tela Rovereto, Mart Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
« ..., dirò ora come ho avuto la rivelazione di un
quadro che ho esposto quest'anno al Salon
d'Automne e che ha per titolo: L'enigma di un
pomeriggio d'autunno. Durante un chiaro
pomeriggio d'autunno ero seduto su una panca
in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Non
era certo la prima volta che vedevo questa
piazza. Ero appena uscito da una lunga e
dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in
uno stato di sensibilità quasi morbosa. La
natura intera, fino al marmo degli edifici e delle
fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo
alla piazza si leva una statua che rappresenta
Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe
la sua opera contro il suo corpo e inclina verso
terra la testa pensosa coronata d'alloro. La
statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha
dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi.
Il sole autunnale, tiepido e senza amore
illuminava la statua e la facciata del tempio.
Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte
quelle cose per la prima volta. E la
composizione del quadro apparve al mio
spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro
rivivo quel momento. Momento che tuttavia è
un enigma per me, perché è inesplicabile.
Perciò mi piace chiamare enigma anche l'opera
che ne deriva. »
I bagni misteriosi II, 1935-36 Olio su tela
collezione privata (per cortesia della Galleria
dello Scudo, Verona)
A Parigi i fratelli de Chirico entrano in contatto
con gli esponenti delle avanguardie artistiche
del novecento e con le loro opere del 1912,
1913 e 1914 contribuiscono ad anticipare la
crisi che avrebbe condotto all'enorme
cambiamento di clima intellettuale ed estetico
che prese corpo durante la prima guerra
mondiale.
I bagni misteriosi I, 1935 Olio su tela collezione
privata (per cortesia della Galleria dello Scudo,
Verona)
Con il suo modo di dipingere De Chirico aprì la
strada a tutti quei movimenti che costituiscono la
parte più interessante e vitale dell’esperienza
artistica europea tra le due guerre, dal Dadaismo al
Surrealismo,
dal
Realismo
Magico
al
Neoromanticismo, dando un taglio netto alle
prospettive di ricerca ormai esaurite del Cubismo e
delle avanguardie formali. L’allestimento – a cura
di Achille Bonito Oliva, tra i più noti critici d’arte
– presenta una rassegna di circa 140 dipinti
provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private e
articolati in 7 sezioni (Natura del mito, Natura dell’ombra, Natura da
camera, Anti-natura, Natura delle cose, Natura aperta, Natura viva),
distribuite in un itinerario ricco e suggestivo nelle gallerie ai lati della
monumentale rotonda, cuore degli spazi espositivi del palazzo. Pur
riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino
agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre
un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento
su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura,
sia quando viene idealizzata (vedi i paesaggi mitologici) sia quando è
trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata
nelle algide geometrie dei manichini. “La Natura secondo de
Chirico“, piuttosto che una retrospettiva, vuole essere l’occasione per
un nuovo slancio critico, per una rilettura dell’opera di un grande
maestro del Novecento attraverso un tema centrale della sua poetica.
Per comprendere meglio questo artista non sarebbe male anche una
visita alla sua Fondazione, che si trova sempre a Roma, e che nel
1998, a vent’anni dalla sua scomparsa, ha aperto l’abitazione romana
del pittore, in Piazza di Spagna, nel seicentesco Palazzotto dei
Borgognoni, come Casa Museo. (Nicole Montanari)
De Chirico esplora le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera
produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre
un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul
mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata
come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata
nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come
Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo
apparire.
Pictor Maximus. Così amava definirsi Giorgio de Chirico (1888-1978) uno dei massimi artisti italiani del ventesimo
secolo e appassionato sostenitore di un´arte che si collega idealmente con la tradizione dei maestri del nostro
Rinascimento, come Raffaello o Tiziano. Protagonisti di una pittura dalla quale scaturisce «quel senso di vibrazione e di
vita interna della materia pittorica - afferma De Chirico - che rende il quadro curioso e bello». Una vibrazione che il
pictor maximus riconosceva al suo maestro, il tedesco Arnold Böcklin primo modello per i capolavori metafisici del
giovane De Chirico. Tele legate ad un´idea dell´arte che non nasce dalle novità delle avanguardie o dall´energia
rivoluzionaria dei futuristi, bensì dal silenzioso rispetto per i miti classici, celebrati nelle sale dei musei, dove si
custodiscono i segreti di un´arte senza tempo. Che viene tradita dagli impressionisti, giudicati da de Chirico «colpevoli
di usare cattivi colori e cattive tele, pennelli non lavati e tavolozze non raschiate».
Così, a trent´anni dalla sua morte, l´avventura dell´artista viene ricostruita grazie alla mostra de Chirico e il museo, che
si inaugura oggi alla Galleria Nazionale d´Arte Moderna (catalogo Electa). Promossa dalla GNAM in collaborazione
con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e curata da Mario Ursino, la
mostra riunisce un centinaio di opere (tra dipinti e disegni) che
documentano il rapporto tra il pittore e l´arte del passato, lungo un
itinerario suddiviso in sei sezioni. Un percorso complesso e sfaccettato,
che si apre con le opere legate alla mitologia classica, come Lotta dei
centauri (1909), una tela giovanile ispirata direttamente ad un´opera di
Böcklin, o Gli archeologi (1927), seguita da un gruppo di opere più tarde.
Nella sezione successiva de Chirico si cimenta nel copiare Michelangelo,
Tiziano e Guido Reni, ma anche Franz Hals, Fragonard e Watteau,
mentre più interessante risulta la parte dedicata alla grande pittura.
Aperta dall´intenso Ritratto della madre (1911), accompagnato dalla serie
degli autoritratti , si conclude con due nature morte ed alcune vedute
veneziane, tra le quali spicca il Capriccio Veneziano alla maniera di
Veronese (1951), mai esposto a Roma. Originali e inaspettate le tele
dedicate a Rubens, un altro maestro molto amato da de Chirico, mentre
nella ricca sezione delle opere su carta spiccano i disegni per le
illustrazioni di Siepe a Nord Ovest, un testo di Massimo Bontempelli
pubblicato nel 1922 sulla rivista Valori Plastici. Come ha scritto
Maurizio Calvesi , «De Chirico è l´unico artista del Novecento che abbia
considerato il museo come luogo ispiratore della propria arte». Una
posizione originale che questa mostra rende in maniera precisa e puntuale
Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco, 1970,
olio su tela
Insieme a nomi come Carlo Carrà e Giorgio
Morandi, de Chirico ha dato vita a questo
stile che si inserisce tra i grandi movimenti
di avanguardia italiani.
La corrente metafisica però non segue un
percorso comune, ma ogni artista la
reinterpreta secondo una scelta personale
che pone l’accento su soggetti che ritornano
in modo quasi ossessivo.
In de Chirico è chiarissimo l’amore per
l’arte classica che emerge nelle opere in
resti di colonne e capitelli, o in templi greci
e romani collocati in un’ ambientazione
immaginaria e priva di significato.
Altra caratteristica è la forte componente
onirica di matrice surrealista che sembra
bloccare l’immagine sulla tela, in cui spazio
e tempo sono due concetti che non trovano
collocazione
Giorgio de Chirico nasce il 10 luglio 1888 a Volos, in Grecia, da Gemma Cervetto, nobildonna genovese, ed Evaristo,
ingegnere impegnato nella costruzione della linea ferroviaria Atene-Salonicco. Nel 1891 nasce il fratello Andrea, che
assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore. Trasferitosi con
la famiglia ad Atene nel 1899, dal 1903 al 1906, frequenta il corso di disegno della
sezione Belle Arti presso il Politecnico sotto la guida del professor Jacobidis, docente
dell'Accademia di Monaco. Qui si esercita nella copia in bianco e nero di calchi di
sculture greche e romane. Interrompe gli studi a causa della morte del padre (1905) e
della conseguente decisione della madre di lasciare la Grecia. Alla fine dell'agosto del
1906 la famiglia de Chirico (madre, Giorgio e il fratello Andrea) e' in Italia
soggiornando a Firenze e, poi a Venezia e Milano, e visitando musei e gallerie d'arte.
In autunno si trasferiscono a Monaco di Baviera, dove il giovane Giorgio frequenta per
circa due anni l'Accademia di Belle Arti, formando la propria personalità d'artista sui
testi pittorici di Bocklin e Klinger e sugli scritti filosofici di Schopenhauer, Nietzsche e
Weininger. Nel 1908 trascorre quattro mesi in Italia, dove sono ritornati la madre ed il
fratello Andrea che segue studi musicali. Dipinge le sue prime tele sotto l'influenza di
Bocklin (ll Centauro ferito, La battaglia tra Opliti e Centauri, etc.).
1910. Andrea parte per Parigi, mentre Giorgio raggiunge la madre a Firenze, dove
rimane per circa un anno. Egli stesso ha scritto che allora il suo periodo bockliniano
era terminato, e iniziava a dipingere soggetti ove cercava di tradurre quel sentimento
misterioso e potente scoperto nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d'autunno, il pomeriggio nelle
città italiane. In effetti quadri come Enigma di un pomeriggio d'autunno, L'enigma dell'oracolo e, anche, il ritratto del
fratello, datato 1910, fondano le citazioni di Bocklin in un'atmosfera che prelude alle piu' tarde Piazze d'Italia.
1911. Raggiunge, con la madre, il fratello Andrea a Parigi, dove rimarrà fino al 1915. Durante il viaggio si fermano
qualche giorno a Torino, dove era la casa in cui si era manifestata la follia di Nietzsche, e l' ambiente architettonico
della città, come già quello di Monaco e quello di Firenze, esercita una profonda suggestione dell'immaginario di de
Chirico. Il 14 luglio arrivano a Parigi. Qui la sua pittura, che finora ha elaborato le suggestioni dei pittori tedeschi da lui
amati, si sviluppa in linguaggio autonomo. Dalla nostalgia dell'Italia e dal concetto di Stimmung ("L'atmosfera del
senso
morale")
nasceranno
le
ulteriori
prove
metafisiche.
1912. Su consiglio di Apollinaire e dietro segnalazione di Pierre Laprade, partecipa al Salon d'Automne esponendo tre
tele: una Piazza d'Italia, un Autoritratto e L'enigma dell'oracolo, che ottengono un buon successo di critica.
1913. All'inizio dell'anno e' presente con tre opere al Salon des Indipendants e poi, con quattro opere, nuovamente al
Salon d'Automne. Apollinaire parla dei "paesaggi metafisici" di de Chirico in articoli pubblicati in "Les Soirees de
Paris". Incontra Pi casso, Derain, Brancusi, Braque, Leger, e si immerge nello studio di Schopenhauer.
1914. Espone tre opere al Salon des Indipendents. Frequenta l'ambiente artistico e letterario dell'Ecole de Paris con il
fratello che e' musicista molto apprezzato, e viene riconosciuta l'assoluta originalità ella sua visione, immune da ogni
influsso del le tendenze artistiche dominanti. Dipinge il ritratto di Apollinaire, noto come L'homme-cible. Ardengo
Soffici scrive di lui su "Lacerba". Attraverso Apollinaire, conosce Paul Guillaume, giovane mercante che si interessa
della sua opera. Nell'abbondante produzione di questi anni de Chirico inventa ed elabora con straordinaria fantasia temi
di misteriosa magia poetica: visioni architettoniche, piazze d'Italia, statue solitarie, oggetti assurdamente avvicinate di
inquietanti
manichini.
Realizza
le
sue
prime
nature
morte.
1915. In estate viene richiamato in Italia per lo scoppio della guerra. Passa la visita a Firenze e viene destinato al 27
reggimento di fanteria di stanza a Ferrara. Riconosciuto il suo cattivo stato di salute, può svolgere un lavoro ausiliario e
continuare
a
dipingere.
1916-17. L'impressione prodotta dall'ambiente urbano ed architettonico della città di Ferrara e' fondamentale per lo
sviluppo della sua visione. Qui dipinge capolavori come Le muse inquietanti, Ettore e Andromaca, 11 Trovatore e una
serie di interni metafisici. L'influenza del suo mondo poetico è determinante per l'opera di Carlo Carrà, suo compagno
all'Ospedale militare dal gennaio alla primavera del 1917. Oltre a Savinio, pure soldato nella stessa città, partecipa a
frequenti discussioni artistiche anche Filippo de Pisis. Insieme danno vita alla breve stagione della "pittura metafisica".
1918-19. Nell'inverno viene trasferito a Roma, dove alloggia con la madre al Park Hotel. Dipinge, fra l'altro, il doppio
ritratto suo e della madre. Frequenta i musei d'arte antica, in particolare quello di Villa Borghese, dove copia Lorenzo
Lotto, ed ha la grande rivelazione della grande pittura davanti a un quadro di Tiziano. Collabora alla rivista di Mario
Broglio "Valori Plastici" con articoli di notevole interesse teorico. Frequenta i letterati e gli artisti facenti capo alla
rivista "La Ronda". Dopo aver partecipato con Carrà ad una mostra nelle sale del giornale "L'Epoca", organizza una
personale nella Galleria di via Condotti di proprietà dei fratelli Bragaglia con opere del periodo metafisico di Ferrara.
Per l'occasione scrive Noi metafisici e "Valori Plastici" pubblica un volume in cui sono riprodotte dodici sue opere
commentate da giudizi critici di illustri scrittori ed artisti, tra i quali Apollinaire, Blanche, Carra', Papini, Raynal e
Soffici. Andre' Breton recensisce entusiasticamente l a mostra sulle pagine di "Litterature" ed entra in contatto
epistolare
con
de
Chirico.
1920-23. De Chirico divide il suo tempo tra Roma,Firenze e Milano. Collabora con la rivista "La Ronda", sulla quale
pubblica l'articolo intitolato Classicismo pittorico, in cui esprime la sua ammirazione per Ingres e si dichiara fedele al
disegno quale fondamento della grande arte classica. Nella sua pittura, infatti, si fa sempre piu' sentire una originale e
romantica interpretazione della classicità e un interesse per la tecnica degli antichi Maestri rinascimentali. Il pittore
russo Nicola Locoff lo inizia ai segreti della tempera grassa verniciata. Nel 1922 scrive una significativa lettera a Breton
sull'importanza del "mestiere" per un pittore e sui segreti della tecnica. Dipinge le serie delle Ville romane, dei figliol
prodigo, degli Argonauti e realizza una nuovo gruppo di nature morte. Rielabora, all'interno del nuovo spirito e della
nuova tecnica, motivi metafisici degli anni precedenti. Espone a Berlino in una mostra organizzata da "Valori Plastici".
Inoltre, nel 1921 tiene una personale a Milano , presso la Galleria Arte, suscitando scandalo; nel 1922 espone alla
Fiorentina Primaverile e cinquantacinque quadri a Parigi, da Paul Guillaume; nel 1923 alla Biennale romana, visitata da
Paul
Eluard
che
gli
acquista
diversi
dipinti.
1924. Partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia e compie un breve viaggio a Parigi in occasione della messa
in scena al ThÈatre des Champs-ElysÈes del balletto La giara di Pirandello, con musiche di Alfredo Casella, di cui ha
realizzato scene e costumi. Conosce Raissa Gurievitch Krol, un'attrice russa del Teatro degli Undici fondato da
Pirandello,
e
la
sposa
durante
l'anno.
1925. Si stabilisce con Ralssa, che studia archeologia, nella capitale francese, avendo firmato un contratto con la
galleria "L'effort moderne" di Leonce Rosenberg e lavorando assiduamente con il mercante Paul Guillaume. I
Surrealisti, che lo avevano eletto loro maestro, lo dichiarano morto nel 1918 e conducono un vero e proprio
ostruzionismo verso la sua recente produzione. Alcune sue opere metafisiche sono comunque presenti alla prima mostra
del gruppo surrealista alla galleria Pierre ed alcune sue composizioni poetiche del 191 1-13 vengono pubblicate nel n. 5
della
"Revolution
Surrealiste".
1926. Allestisce una personale con trenta dipinti alla Galleria Paul Guillaume di Parigi, presentato dal collezionista di
Filadelfia Albert C. Barnes, che acquisterà molte sue opere. La rottura con il gruppo surrealista sembra definitiva: de
Chirico avversa tutto quanto e' moderno e surrealista e sul n. 7 della "Revolution surrÈaliste" Breton lo definisce un
"genio sprecato". Incomincia ad esporre in Italia e all'estero con il gruppo del Novecento italiano, accumunandolo a
questa tendenza il "desiderio classico" insito nella sua pittura ("Pictor classicus sum").
1927. Altre mostre a Parigi, nuovamente da Paul Guillaume e alla Galleria Jeanne Bucher. Esce la monografia di Roger
Vitrac edita a Parigi da Gallimard. I temi degli Archeologi, dei Cavalli in riva al mare, dei Gladiatori, dei Mobili nella
valle,
dei
Bagni
misteriosi,
ampliano
il
suo
repertorio
poetico.
1928. Prima personale a Londra. Nella collana "Arte moderna" di Vanni Scheiwiler esce a Milano la monografia di
Roger Vitrac. Jean Cocteau pubblica Le MystËre Laic-Essai d'etude indirecte, dedicato alla pittura di de Chirico ed
illustrato da litografie dell'artista. Si tratta della prima analisi in chiave poetica della sua opera dopo quelle di
Apollinaire e di Breton. Intanto la polemica con i Surrealisti raggiunge il suo acme. Quando in febbraio de Chirico
inaugura da Rosenberg una mostra di quadri recenti d'impronta classicheggiante, i Surrealisti allestiscono nella loro
galleria una esposizione intitolata Opere antiche di Giorgio de Chirico, con dipinti metafisici, in buona parte provenienti
dalla collezione personale di Breton. Per l'occasione Louis Aragon scrive nel relativo catalogo una ironica prefazione
dal titolo Le Feuilleton change d'Auteur. In marzo le due mostre vengono inaugurate a Bruxelles. Andre' Breton
pubblica Le Surrealisme et la peinture, esaltando le opere dechirichiane anteriori al 1918 e condannando quelle
successive. L'arte di de Chirico e' comunque riconosciuta dai massimi artisti dadaisti e surrealisti (Ernst, Tanguy,
Magritte, Dali, etc.) quale fonte delle loro ricerche e creazioni. Anche gli artisti tedeschi della "Nuova oggettività", del
"Realismo magico e del Bauhaus ne sono profondamente influenzati. Anche le opere piu' recenti cominciano comunque
ad ottenere favorevoli consensi critici e sono oggetti di studio da parte del critico George Waldemar. De Chirico
pubblica il Piccolo trattato di tecnica pittorica e realizza il frontespizio per la raccolta di poesie di Paul Eluard Defense
de
Savoir.
1929-30. Pubblica in francese il suo romanzo Hebdomeros, le peintre et son genie chez l'ecrivain. A Montecarlo
realizza scenari e costumi per il balletto Le bal di Rietti, messo in scena da Serge Diaghilev. La crisi del 1929 crea una
situazione difficile per il mercato dell'arte e de Chirico decide di ritornare definitivamente in Italia, fissando la propria
dimora a Roma. E' con lui Isabella Pakszwer Far, che, mentre il suo matrimonio era in crisi, ha conosciuto a Parigi
proprio alla vigilia della partenza e che resterà al suo fianco per tutto il resto della vita. Intanto l'artista prosegue la
ricerca avviata sui valori plastici, il preziosismo cromatico e la qualità della materia pittorica. Partecipa a molte mostre
internazionali.
Esce
Calligrammes
di
Apollinaire
illustrato
da
litografie
di
de
Chirico.
1931-32. E' a Milano dove espone con successo alla Galleria Barbaroux. Espone anche a Praga, presentato da Carlo
Carrà, a Bruxelles ed in altri paesi europei. Partecipa alla Biennale di Venezia ed espone a Firenze nella Galleria di
Palazzo
Ferroni,
tenuta
dall'antiquario
Luigi
Bellini.
1933. Realizza scene e costumi per I puritani di Bellini al Maggio Musicale fiorentino ed esegue un grande murale con
la tecnica della tempera all'uovo (in seguito distrutto) per la Triennale di Milano. Espone a Genova con Francesco
Messina.
1934. Rientra a Parigi ed esegue le litografie per Mythologie di Jean Cocteau. Tristan Tzara ed i Surrealisti tentano una
lettura in chiave psicanalitica del dipinto L'enigma di una giornata e la pubblicano sul n. della rivista "Le Surrealisme au
service
de
la
Revolution".
1935-45. Dopo che la Quadriennale romana gli aveva dedicato una sala, si reca a New York dove rimane per diciotto
mesi, ospite di Barnes a Merion, nei pressi di Filadelfia. In ottobre presenta una serie di opere datate 1908-1918 presso
la galleria di Pierre Matisse ed ottiene un buon successo di pubblico e critica. Prende po parte alla mostra del Museo of
Modern Art di New York dedicata all'Arte fantastica, Dada e Surrealismo. Nel giugno del 1936 muore sua madre. Dal
1939, anno in cui lavora per il Covent Garden di Londra, al 1942, quando le sue opere presenti nella sala personale della
Biennale veneziana vengono definite "barocche", vive prevalentemente a Milano. Allestisce mostre a Torino, Milano e
Firenze. Dipinge ormai tele naturaliste ed esegue numerosi ritratti . S'interessa alla scultura in terracotta e traduce nella
terza dimensione i suoi personaggi preferiti: Ettore e Andromaca, Archeologi, etc. Illustra l'Apocalisse e si ritrae per la
prima volta con un costume d'epoca alludendo alla continuita' con la tradizione. Nel marzo del 1941 allestisce la sua
prima esposizione di sculture alla galleria Barbaroux di Milano. Trascorre gli anni della guerra tra Milano, Firenze e
Roma, dove poi si stabilisce di nuovo in maniera definitiva. 1945. Esce in italiano l'autobiografia Memorie della mia
vita, cui fa seguito il libro scritto con Isabella Commedia dell'Arte Moderna. La stessa Isabella cambia il titolo dei
dipinti di de Chirico da Natura morta a Vita silente. Nel secondo dopoguerra si fanno pi? frequenti gli impegni
dechirichiani con il teatro lirico: collabora con il Teatro Comunale di Firenze, I'Opera di Roma e il Teatro alla Scala di
Milano;
s'intensifica
in
questo
periodo
anche
l'attività
grafica
dedicata
all'illustrazione.
1946-47. Scoppia uno scandalo: I'artista dichiara falsi i dipinti degli anni '20 e '30 facenti parte della retrospettiva
organizzata preso la gallleria Allard di Parigi. Disegna le scene per il balletto Don Giovanni di Strauss. 1948. La mostra
sulla pittura metafisica allestita alla Biennale di Venezia suscita una forte reazione polemica da parte dell'artista, che
contesta la scelta delle opere e fa causa alla Biennale. E' profondamente infastidito dallo spaventoso numero di opere
false e, soprattutto, dall'atteggiamento della cultura artistica internazionale che tende a "beatificare" il momento
metafisico ai danni dell'ulteriore svolgimento del lavoro, proseguendo cosÏ nella posizione inaugurata dai surrealisti.
1949. Mostra personale di oltre cento quadri alla Royal Society of British Artists di Londra, della quale e' stato eletto
membro nell'anno precedente. Contemporaneamente, la London Gallery espone deliberatamente solo sue opere
metafisiche. Le opere dell'esposizione alla Royal Society saranno in seguito presentate a Venezia in contrapposizione
con quelle selezionate per la rassegna organizzata dalla Biennale. Continua a dipingere contemporaneamente opere di
atmosfera metafisica e di impianto tradizionale. Italo Faldi pubblica 11 primo de Chirico, che Carlo Ludovico
Ragghianti
recensisce
con
un
importante
articolo.
1950. Ancora arrabbiato, de Chirico organizza con la Societý Canottieri Bucintoro di Roma una rassegna di pittori
realisti in chiave anti-Biennale. 1952-54. Muore il fratello Andrea (Alberto Savinio). D'ora in avanti de Chirico porterà
una cravatta nera in segno di lutto. Organizza a Venezia una serie di mostre personali che sono qualificate come
manifestazioni
contro
la
modernità.
Nel
1953
Isabella
termina
il
primo
studio
sull'opera
di
de
Chirico.
1955-60. Mostra del suo periodo metafisico al Museum of Modern Art di New York. Ritorna periodicamente ai suoi
temi metafisici, pur continuando a dipingere nature morte, paesaggi, ritratti ed interni in costante opposizione con le
tendenze dell'arte contemporanea. Partecipa alla Quadriennale di Roma. Viene pubblicata l'importante monografia di
James
Thrall
Soby.
1961.
Espone
alla
Galleria
La
Barcaccia
di
Roma,
presentato
da
Fortunato
Bellonzi.
1964-65. Mostra a Torino alla Galleria Gissi con opere del periodo 1920-30, presentata da Luigi Carluccio. S'interessa
nuovamente di scenografia e comincia a dedicarsi alla pratica della scultura in bronzo che coltiverà per tutta la seconda
metà degli anni '60. I temi trattati appartengono al repertorio mitologico. Piu' tardi queste sculture verranno realizzate
anche argentate e dorate e de Chirico le trasformerà in gioielli. Illustra I promessi sposi di Alessandro Manzoni. La sua
opera
comincia
ad
essere
apprezzata
nella
sua
globalità.
1968. Mostra alla Galleria Jolas di Milano di opere composte su nuovi temi metafisici. Escono due monografie di
Isabella Far. Si dedica in particolare alla litografia e illustra la traduzione di Salvatore Quasimodo di brani dell'Iliade.
1969-1971. Esce il catalogo della sua opera grafica. Per l'occasione la Galleria La Medusa di Roma inaugura una
rassegna della sua produzione grafica recente. Disegna le illustrazioni per Auf der Galerie di Franz Kafka. Viene
allestita la sua prima grande antologica presso le sale di Palazzo Reale a Milano. Si tratta di 180 opere, fra dipinti,
disegni e sculture, datate fra 1909 e 1970. Presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara si apre la mostra I de Chirico di de
Chirico, trasferita l'anno seguente a New York. Viene pubblicato il primo volume del catalogo generale dei suoi dipinti.
1974. Crea le illustrazioni del suo romanzo Hebdomeros. Prende avvio la mostra itinerante De Chirico presenta de
Chirico,
che
verrà
ospitata
presso
i
piu'
importanti
musei
giapponesi.
1975.
Viene
nominato
Accademico
di
Francia
ed
espone
al
Museo
Marmottan.
1976. Ottiene la Croce di Grande Ufficiale delle Repubblica Federale Tedesca. Mostre a Bruxelles, Londra e New York.
1977. Inventa delle nuove illustrazioni per l'Apocalisse, da realizzarsi, questa volta, con la tecnica della litografia a
colori. Mentre la riabilitazione dal punto di vista critico si può dire totale, l'ultimo periodo della sua vita risulta turbato
da una serie di questioni giudiziarie che egli stesso aveva intentato per cercare di arginare il fenomeno dei falsi.
1978. Esposizione di disegni a Roma, l'ultima con l'artista vivente. In occasione dei suoi 90 anni, la galleria Artcurial di
Parigi organizza una rassegna intitolata De Chirico di de Chirico diversa di quella di Ferrara e New York. Muore a
Roma il 20 novembre al termine di una lunga malattia.