Pubblicato su Psichiatria Danubina volume 27, Suppl.1, pp 336-338, 2015: “Can Violence Cause Eating Disorder?” Consultabile su pubmed Dott.ssa Maria Rosaria Juli Psicologo Clinico – Psicoterapeuta - Specialista in Disturbi del Comportamento Alimentare I Disturbi del Comportamento Alimentare, possibile causa di violenza subita? Abstract Origine e decorso dei Disturbi dell’Alimentazione e della nutrizione hanno eziopatogenesi multifattoriale e pertanto vanno considerati fattori psicologici, evolutivi, biologici e socio–culturali (M.R., Juli 2012). Tra i fattori psicologici focalizzeremo l’attenzione sulla violenza subita (in qualsiasi forma) ed in particolare sulle conseguenze più o meno gravi che comporta nella donna. Recenti studi dimostrano che le donne si ammalano più degli uomini, sia di depressione che di disturbi alimentari, con un rapporto di 2:1; tale differenza ha inizio nell’adolescenza e si protrae per tutto il corso della vita (Niolu C., Ambrosio A., Siracusano A. 2010). La causa di questa differenza rimane tuttavia poco chiara. Molti studi concordano che le ragazze in adolescenza hanno sentimenti negativi più frequenti e di durata maggiore dopo eventi di vita stressanti e difficili (abuso, violenza). Ciò determina una maggiore esposizione a sviluppare un sintomo che si consoliderà in disturbo alimentare e/o depressione. Il cibo, da sempre, ha assunto un significato simbolico ed una speciale carica emotiva di calore, rifugio, identificazione. Mangiare vuol dire incorporare, assimilare, anche in senso ideale, le caratteristiche proprie degli alimenti che diventano parte dell'individuo. Per questi significati attribuiti al cibo, spesso si assiste, a seguito di abusi o violenza subita, ad un comportamento “anomalo” con esso: si manipola, si rifiuta, si consuma voracemente, si elimina, fino a stare male, malissimo. Le ricerche confermano che il 30% di pazienti a cui è stata effettuata una diagnosi di Disturbo dell’Alimentazione, soprattutto con diagnosi di Bulimia, presentano nella loro storia un episodio di abuso sessuale in età infantile, che sottaciuto e rimosso può portare in età adolescenziale allo scatenarsi di una patologia che trova nel corpo il suo teatro espressivo (S. Mencarelli, 2008). A fare da “collaboratore” alla possibilità di sviluppare una patologia sono l’età della paziente al momento dell’abuso ed il suo protrarsi nel tempo. I successivi effetti psicologici possono includere sintomi dissociativi e disturbi dell’Alimentazione E’ noto, a clinici e non, che la violenza subita (in qualsiasi forma) comporti delle conseguenze più o meno gravi nella donna. Alcuni studi dimostrano che le donne si ammalano più degli uomini, ad esempio di depressione e di disturbi alimentari, con un rapporto di 2:1; tale differenza ha inizio nell’adolescenza e si protrae per tutto il corso della vita (Niolu C., Ambrosio A., Siracusano A. 2010), con particolari picchi nella gravidanza, nel postpartum, nella premenopausa o appunto a seguito di violenza subita. La causa di questa differenza rimane tuttavia poco chiara. Sono stati ipotizzati diversi fattori che potrebbero essere alla base di questa maggiore prevalenza: ad esempio la diversità nella struttura cerebrale (Stevens JS.,Hamann S.2012), differenze nelle strategie di coping, nella vulnerabilità personale (Yoo KL. et al2012), nella frequenza di esposizione e nella qualità degli eventi stressanti; in particolare, tra questi fattori, sono stati considerati eventi di vita stressanti di separazione o di perdita traumatica (passati o recenti), tra cui la perdita di un amore, abuso sessuale, difficoltà in una relazione affettiva, l’assistenza ai bambini ed ai genitori anziani, difficoltà economiche, violenza subita (spesso domestica). Ma allora perché le donne si ammalano più degli uomini? Alcuni studi dimostrano come le ragazze in adolescenza hanno sentimenti negativi più frequenti e di durata maggiore dopo eventi di vita stressanti e difficili (abuso, violenza), suggerendo che hanno una maggiore esposizione a sviluppare un sintomo che si consoliderà in disturbo alimentare e/o depressione. Uno studio (Calvete et al. 2005) effettuato su 856 adolescenti (491 femmine e 365 maschi) ha rilevato, che le ragazze tendono a dubitare di se stesse, delle proprie capacità di risolvere i problemi e ritenere i loro problemi maggiormente irrisolvibili più di quanto facciano i ragazzi. Tendono anche ad aver bisogno di maggior grado di approvazione e di successo per sentirsi più sicure rispetto ai ragazzi. Più del 70% delle ragazze che presentavano i primi sintomi hanno sperimentato una difficoltà o un evento stressante nella vita (nella maggior parte dei casi era violenza) rispetto al 14% dei ragazzi (Cyranowsky et al. 2000). E’ evidente che se i sintomi sorgono in adolescenza, una accurata diagnosi e presa in carico favorisce una prognosi migliore nella vita adulta. Quando il life event colpisce la donna durante il ciclo della vita, spesso assistiamo all’emergere di un sintomo o di più sintomi che hanno maggiore espressione nel corpo; il disturbo sul corpo, pertanto, si va ad instaurare là dove la sofferenza psichica va a minare l'integrità fisica, e più è forte la difesa e la rimozione della sofferenza psichica, più è grave e profondo l'attacco al corpo. A livello individuale, fin dall'età neonatale, l'alimentazione ha un ruolo fondamentale nella sopravvivenza e nell'instaurare validi rapporti col mondo esterno. La soddisfazione dei bisogni alimentari è l'occasione per la madre, d'insegnare il piacere al figlio. Attraverso la relazione alimentare vengono sperimentate le prime esperienze di soddisfazione, di frustrazione, di piacere e di dispiacere. Si stabiliscono così le preferenze alimentari che assumono significato di scelte morali, di adesione a valori e modelli, diventano attributi di identità di individui e gruppi. L'affettività correlata alle prime esperienze alimentari può influire sul comportamento alimentare, assai più delle caratteristiche organolettiche dell'alimento. Il cibo, da sempre, ha assunto un significato simbolico ed una speciale carica emotiva di calore, rifugio, identificazione. Mangiare vuol dire incorporare, assimilare, anche in senso ideale, le caratteristiche proprie degli alimenti che diventano parte dell'individuo. Proprio per questi significati attribuiti al cibo, spesso o addirittura nella stragrande maggioranza dei casi si assiste, a seguito di abusi o violenza subita ad un comportamento “anomalo” con il cibo; dal un lato il vuoto che il life event ha lasciato, quindi la voglia di riempirlo per dimenticarlo (BED), di rimetterlo (BN) per allontanare il dolore dal proprio corpo, dall’altra il rifiuto estremo di qualsiasi cosa ti mantenga in vita (Anoressia Nervosa) e della vita stessa. In una percentuale del 30% di pazienti a cui è stata effettuata una diagnosi di DCA, soprattutto con diagnosi di Bulimia, si riscontra nella storia della paziente un episodio di abuso sessuale in età infantile, che sottaciuto e rimosso può portare in età adolescenziale allo scatenarsi di una patologia che trova nel corpo il suo teatro espressivo (S. Mencarelli, 2008). Già negli anni Novanta alcuni studi dimostravano il nesso tra DCA ed Abuso. La maggior parte dei pazienti che a causa di un abuso affettivo o sessuale hanno sviluppato un DCA, nella maggior parte dei casi una Bulimia Nervosa, perché cercano con il corpo di espiare il peccato. Ovvero con il vomito cerca di allontanarsi dalla sensazione di vuoto e con il lavarsi in maniera ossessiva, mima l’abuso. In questo caso è difficile mantenere una affettività stabile nelle relazioni interpersonali. In tal caso può accadere che la struttura di personalità di questi soggetti viri da passivo - aggressivo all’istrionico all’antisociale. Nelle anoressiche restrittive che hanno subito abuso la lettura è: “visto che sono stata abusata e l’atto sessuale è un piacere mi tolgo il piacere e quindi non mangio”. E’ consigliabile nella raccolta anamnestica differenziare se la paziente ha subito molestie o abuso sessuale; se ciò avviene in età pre – puberale o puberale l’episodio di abuso tende a cristallizzarsi nella mente, il ricordo è più importante rispetto all’accaduto reale. Bisogna tenere presente inoltre, che visto l’atteggiamento manipolatorio del disturbo, potrebbe focalizzarsi su un “evento abusivo” per trovare necessariamente una causa (sono dinamiche inconsapevoli). Il DCA infatti non evolve solo a seguito di violenza subita, l’esordio ha cause multifattoriali, spesso esso si inserisce in soggetti con bassa autostima nucleare, fragilità emotiva, difficoltà di problem solving. Dal punto di vista clinico bisogna fare attenzione all’insorgenza del sintomo senza dimenticare le caratteristiche di personalità, solo così riusciamo a capire su che cosa dobbiamo intervenire. E’ stato dimostrano come alcune manifestazioni alimentari patologiche siano associate a caratteristiche di personalità, sintomatologia in Asse I e qualità della vita riconducibili a tipologie specifiche di funzionamento globale (M.R., Juli 2012). Spesso il DCA diventa una soluzione alla violenza subita ma poco dopo si trasforma in disfunzione, in terapia è importante parlare della violenza ed aiutare la paziente nell’elaborazione di ciò che ha subito. Solo in seguito è preferibile intervenire sulla patologia alimentare per arginare l’emotività espressa al fine di discernere il DCA dall’Abuso. I soggetti affetti da DCA ed Abuso Sessuale hanno maggiore possibilità di sviluppare disturbi psichiatrici di natura ossessiva o fobica rispetto ai soggetti non abusati; i soggetti invece abusati con “Addiction” (percorse fisiche ripetute) risultano invece più depresse (a causa della violazione dello spazio peri personale dell’individualità). Questo spiegherebbe la presenza dei rituali cioè il soggetto può lavarsi fino a cinquanta volte al giorno, il rituale funge da difesa, ci si difende dal vissuto corporeo che si fa avanti perché nei DCA il corpo è il palcoscenico della mente ecco perché è definito come: “Atto comunicativo mancato”: esprimo con il corpo ciò che non riesco a verbalizzare; se non riesco a verbalizzare un bisogno lo mimo in maniera arcaica con il cibo. Il comportamento autodistruttivo, ad esempio l’autolesionismo, è il predittore più importante sia per l’Abuso Sessuale o Fisico sia per i DCA, in particolare è stata dimostrata una forte correlazione tra abuso di sostanze Bulimia Nervosa e grave storia di Abuso Sessuale. L’autolesionismo è parte integrante del DCA perché ha a che fare con il piacere, oltre ad avere un aspetto punitivo; esso ripristina il concetto fondamentale dell’l’integrità psichica: provo piacere quando mi faccio del male. Nelle bambine sotto i 12 anni sessualmente abusate, spesso si verifica la cronicità dei DCA connessi ad atti impulsivi (condotte antisociali, iperattività) e successivamente con abuso di sostanze. I fattori di mediazione tra DCA e Abuso è l’età della paziente al momento dell’abuso e la durata dell’abuso con i suoi successivi effetti psicologici inclusi i sintomi dissociativi e il disturbo del comportamento alimentare. Una conseguenza a lungo termine di un abuso preadolescenziale è un disturbo dell’attaccamento (attaccamento atipico accaduto in una fase adolescenziale per lungo tempo) che con l’abuso appunto è stato intaccato; inoltre potrebbe verificarsi, nelle adolescenti una scelta di genere difensiva e non intenzionale, l’omosessualità, per cui la paziente decide che la figura rassicurante è la donna perciò decide di concedersi il piacere nell’attaccamento e nella relazionalità con la figura femminile elidendo completamente l’uomo. Dal punto di vista clinico è consigliabile modificare il comportamento sul piano cognitivo. Quando l’abuso è stato effettuato da un parente maschio il sintomo che si farà strada sarà il BED (Binge Eating Disorder) o Vomiting: perché queste due modalità rappresentano un anestetico per dimenticare, associate a senso di colpa, bassa autostima, credenze negative: “mi merito il DCA”, “ho fatto qualcosa di sbagliato”. Nei Disturbi del Comportamento Alimentare, il corpo si trasforma in una prigione, vedendo ridursi sempre più gli spazi e le modalità di espressione e di relazione con il sé e con il mondo. Accade che il corpo, a seguito di ciò che ha subito, cessa di essere un veicolo di emozioni, di creatività, di comunicazione, di vita e si incastri in un sentiero, più spesso un cunicolo, che porta in un’unica, immodificabile direzione: è la strada dell’ossessione che percorsa all’interno di un mezzo (il corpo) monadico non lascia intravedere e trasparire (P., Bianchini 2008). Per tornare a percepire altro e ricostruire la relazione con il mondo è necessario “affacciarsi”, a volte fermarsi, provare a mettere un piede fuori da sé ed esplorare altre modalità, altre vie, facendo un passo- anche solo uno- in un’altra direzione. I Disturbi del Comportamento Alimentare costituiscono oggi una delle emergenze sanitarie più preoccupanti dell’emisfero occidentale. La diffusione della patologia ha una rapidità ed una rilevanza sconcertanti, non si ha alcun altro esempio di malattia psichiatrica con una simile propagazione e con le caratteristiche di una vera epidemia sociale (Gordon, 1990). Si tratta del primo fenomeno di malattia globalizzata, legata a ciò che comunemente viene definito come modernità, che si espande a macchia d’olio in concomitanza al diffondersi di modelli, stili di vita, cultura del corpo. E’ stato affermato più volte che ogni epoca storica tende a privilegiare una determinata malattia (la tisi nell’Ottocento, la sifilide nel Settecento) che tende a diventare l’immagine metaforica di una determinata società, di un determinato mondo. Non c’è dubbio che il disturbo del comportamento alimentare si presta a rappresentare perfettamente questa nostra epoca, per i suoi legami con l’identità corporea, con il cibo, amico e nemico, abbondanza e mancanza nello stesso tempo, con l’ossessiva, con la sofisticata capacità di evolvere e mimetizzarsi che ricorda quella dei virus. (Dalla Ragione, 2008). I DCA sono aumentati ma si sono anche modificati dando vita a forme nuove e complesse, il manuale Diagnostico e statistico delle patologie mentali (DSM V) suddivide in Bulimia Nervosa, Anoressia Nervosa, Binge Eating e Disturbi non Altrimenti Specificati; oggi assistiamo all’insorgere della Bulimia Multicompulsiva, Disturbo da abbuffata compulsiva, l’Ortoressia e le condotte ad essi associati come autolesionismo, tossicomanie, disturbi della condotta, disturbi della personalità. Non bisogna, a tal proposito, dimenticare la presenza di fattori facilitanti, ad esempio le pressioni sociali, che agiscono attraverso messaggi contraddittori sul ruolo della donna comunemente filtrati dai mass-media e dagli imperativi sociali subliminali: la si vorrebbe votata ai valori della famiglia e della casa (come la donna di ieri), ma le vengono richieste, oltre alle doti di tipo più tradizionale, anche i caratteri dell’autonomia e dell’indipendenza - competitività, tipicamente maschili. Questo primo livello contribuisce a creare un autentico disagio psicologico in soggetti vulnerabili, che viene amplificato dalla preferenza, questa volta più evidente, per l’immagine della donna magra e scattante, super attiva (wonder woman). Perché la magrezza sia divenuta un ideale culturale dominante nel ventesimo secolo è oggetto di discussione; per il sesso femminile, l’anoressica incarna in modo estremo, una battaglia psicologica tipica della situazione attuale delle donne, una situazione in cui l’azione congiunta di fattori sociali, economici e psicologici diversi ha prodotto una generazione di donne che si considerano piene di difetti, si vergognano delle proprie esigenze e non si sentono autorizzate ad esistere, se non a condizione di trasformare se stesse in persone nuove e degne (cioè senza esigenze, senza bisogni, senza corpo). L’anoressia rappresenta uno degli estremi di un continuum sul quale oggi si trovano tutte le donne, in quanto tutte più o meno vulnerabili alle esigenze della costruzione culturale della femminilità, per cui la cultura ha un ruolo importante nel produrli. Ne sono conferma di ciò due aspetti singolari dei disturbi del comportamento alimentare: in primo luogo essi sono più frequenti nella popolazione femminile (circa il 90% delle persone che ne soffrono è composto da ragazze o donne); in secondo luogo, i DCA rappresentano un fenomeno culturalmente e storicamente situato nelle società industriali, sindromi cosiddette “ culture bound”. E' per ciò che viene enfatizzato il valore di una prevenzione, di una attenta individuazione delle situazioni a rischio e di una precocità della diagnosi all'esordio del disturbo per intraprendere un intervento corretto multidisciplinare integrato fin dall'inizio (L. Juli,2010). L'integrazione di più specialisti nella presa in carico e gestione di queste pazienti rimane la forma di intervento d'elezione. L'intervento quindi non deve essere incentrato sull'alimentazione, ma deve spostare l'interesse sulla problematica psicologica e relazionale di cui è semplice espressione. Bibliografia Bianchini P., Dalla Ragione L. Il Vaso di Pandora, Cesvol, 2008. Calvete E., Cardenoso O. Gender differences in cognitive vulnerability to depression and behavior problems in adolescents. Abnorm Child Psychol, 2005. Gordon AR., Anoressia e bulimia, anatomia di una epidemia sociale, Cortina, 1990. Juli L., I Nuovi Disturbi del Comportamento Alimentare, 2010. Juli M.R. Analisi multi strumentale dei disturbi alimentari: Anoressia e Bulimia a confront, Psichiatria Danubia, 2011. Niolu C., Ambrosio A., Siracusano A., La Depressione nel Ciclo vitale Femminile, NOO§, 2010. Stevens JS, Hamann S. Sex differences in brain activation to emoziona stimuli:a meta- analysis of neuroimaging studies. Neuropsychologia, 2012. Yoon KL., Maltby J., Joormann J. A pathway from neuroticism to depression: examining the roleof emotionregulation.Anxiety Stress Coping, 2012.