Scusi lei lo
sa……?
(le domande più
frequenti dei
bambini)
….Come si raccolgono le farfalle
I principali strumenti in uso sono i seguenti:
1) un retino con diametro di 30-40 cm. Al quale è
fissato un sacco di tulle verde lungo circa 1 metro;
2) buste di cellofan ove riporre le farfalle diurne;
3) una bottiglia di vetro a collo largo chiusa da un
tappo di sughero attraversato da un tubicino di vetro
che si sporga verso l’interno della bottiglia;
4) cotone idrofilo ed etere acetico.
Il fondo della bottiglia va coperto con il cotone
imbevuto d’etere, che serve ad uccidere rapidamente
le farfalle.
5) scatola in legno a fondo morbido per le farfalle
notturne;
6) pinze a presa morbida con punte piatte e ricurve.
FARFALLE DIURNE:
le farfalle diurne
vanno catturate quando si posano sui fiori ad ali unite
per evitare di danneggiarne la parte più bella. Una volta
intrappolate nel retino si introduce la bottiglia e si ha
cura di farvi entrare la farfalla. Si chiude rapidamente
la bottiglia con il tappo di sughero e si attende la morte
dell’individuo. A quel punto si afferra la farfalla con le
pinze e la si ripone nella busta di cellofan.
ÂFARFALLE
NOTTURNE:
per
catturare le farfalle notturne occorre portarsi in
prossimità della luce o, se si abita in campagna, basta
accendere una luce ed aprire la finestra. Queste
farfalle, una volta introdotte nel retino, non vanno
riposte in buste ma infilate, a livello del torace, con un
ago entomologico o con uno spillo sul fondo di una
scatola a fondo nero e morbido.
Per molte specie, soprattutto se di modeste
dimensioni, è conveniente raccogliere i
bruchi e lasciare che compiano la
metamorfosi.
I
bruchi
vanno mantenuti in scatole
metalliche con coperchio forato per lasciare
circolare l’aria. Per evitare poi che il bruco si
dia alla fuga basta stendere sul foro un velo
di tulle che permetta l’ingresso dell’aria
senza consentire l’uscita del bruco. Entro la
scatola metallica occorre poi introdurre le
foglie di cui il bruco si nutre con una certa
regolarità avendo cura di approvvigionare la
larva di foglie fresche e di acqua. Se la
metamorfosi avviene nel terreno occorrerà
predisporre, sul fondo della gabbietta, uno
strato
di
sabbia
affinché
avvenga
l’impupamento.
La preparazione delle
farfalle catturate
avviene mediante “ stenditoi” comunemente
venduti. La farfalla va spillata ( vanno bene
gli spilli di misura 1, 2, 3) a livello del torace
avendo cura di far fuoriuscire lo spillo a
livello del secondo paio di zampe. Le ali
vengono fissate allo stenditoio fino a
quando il corpo non sia sceso entro la
fenditura fra le due assicelle. A quel punto
vengono spillate anche le ali. Lo stenditoio
serve al disseccamento degli esemplari e il
tempo richiesto varia da specie a specie.
Una volta essiccate, le farfalle vanno
riposte in scatole entomologiche che sono in
vendita comunemente. Ogni esemplare deve
portare, quando sia ora di riporlo, un
cartellino che rechi il nome scientifico
dell’animale, la data e il luogo di raccolta.
Per ulteriori informazioni
si vedano anche:
P. Zangheri, il naturalista esploratore, raccoglitore,
preparatore .Hoepli, Milano 1981;
Higgins, Riley, farfalle d’Italia e d’Europa, Rizzoli,
Milano 1983
Ancillotto, Grollo, nel mondo delle farfalle. I bruchi,
Mondatori, Milano 1970.
www.comuneguardiasanframondi.it
www.aisn.it
www.funsci.it
www.butterflyarc.it
www.ibc.regione.emilia-romagna.it
www.thai.it
QUANTO VIVE
UNA FARFALLA?
DA QUALCHE GIORNO A 2
SETTIMANE.
CI
SONO
LE
ECCEZIONI
COME
GLI
ELICONINI,
LE
FARFALLE
MONARCA E QUELLE CHE SI
NUTRONO DI FRUTTA CHE
VIVONO OLTRE IL MESE. CI
SONO SPECIE ITALIANE CHE
VIVONO MOLTO A LUNGO COME
LA CEDRONELLA, UNA CAVOLAIA
CHE PU0’ VIVERE OLTRE UN
ANNO.
COSA SUCCEDE
SE SI TOCCANO
LE ALI?
E’
MEGLIO
NON
TOCCARLE
PERCHE’ SI PU0’ TOGLIERE LA
POLVERINA (MICROSQUAME) CHE
LE RICOPRE E SOPRATTUTTO
PERCHE’ SI PUO’ DANNEGGIARE LA
STRUTTURA DELL’ALA CHE E’
MOLTO DELICATA E LA FARFALLA
NON POTREBBE PIU’ VOLARE.
PERCHE’ CI SONO
FARFALLE CON LE
ALI STROPICCIATE O
ROVINATE?
CON
UN
PO’
DI
ESPERIENZA,
CONTANDO LE SDENTELLATURE, LE
ABRASIONI E OSSERVANDONE LA
LUCENTEZZA E I COLORI SI PUO’
DETERMINARE L’ETA’ DI UNA FARFALLA.
ECCO QUINDI CHE GLI ESEMPLARI PIU’
ROVINATI, NON SONO ALTRO CHE I
PIU’ VECCHI, COSA CHE DIFFICILMENTE
SI PUO’ OSSERVARE IN MODO COSI’
CONSISTENTE
IN
NATURA,
IN
QUANTO
QUESTI
VENGONO
PIU’
FACILMENTE PREDATI.
CHI MANGIA LE
FARFALLE?
LE FARFALLE SONO ESSERI
FONDAMENTALI NELLE CATENE
ALIMENTARI. IN TUTTI I LORO
STADI
DI
SVILUPPO
SONO
PREDATE DA MIRIADI DI SPECIE
ANIMALI E, A VOLTE, ANCHE
VEGETALI (PIANTE CARNIVORE). I
MAGGIORI
PREDATORI
VERTEBRATI SONO GLI UCCELLI, I
RETTILI E QUINDI PIPISTRELLI E
PICCOLI MAMMIFERI, MA NON
MANCANO ANFIBI, PESCI, ECC…
QUANTE UOVA
DEPONE UNA
FARFALLA?
IL NUMERO VARIA DA SPECIE
A SPECIE E VA DALLE
QUARANTA UOVA A QUALCHE
CENTINAIO FINO A UN
MIGLIAIO.
QUESTE VENGONO DEPOSTE
TUTTE INSIEME, A GRUPPI O
SINGOLE DA 1 A 10 AL
GIORNO.
PERCHE’ ALCUNE
PIANTE HANNO LE
FOGLIE
MANGIATE?
LE FARFALLE DEPONGONO LE UOVA
SU ALCUNE PIANTE COME BANANI,
PASSIFLORE, ASCLEPIAS, LIMONI,
ECC.,
QUANDO
I
BRUCHI
RAGGIUNGONO L’ULTIMO STADIO DI
SVILUPPO MANGIANO BEN IL 90%
DEL TOTALE INGERITO IN TUTTA LA
LORO CRESCITA E QUINDI SONO IN
GRADO DI DEFOGLIARE INTERE
PARTI DI PIANTE.
PERCHE’ MOLTE
GRANDI FARFALLE
NON VOLANO O
STANNO APPESE
VICINO A DEI
BOZZOLI?
SI TRATTA DI FALENE CHE DI RADO
VOLANO DI GIORNO IN QUANTO
SONO ATTIVE DI NOTTE. QUESTA
SPECIE, PRIMA DI VOLARE, FANNO
VIBRARE A LUNGO LE ALI PER
SCALDARE I MUSCOLI DEL VOLO.
Perché alcune farfalle hanno le ali
iridescenti?
I colori delle livree degli animali sono
determinati da fattori chimici, come la
presenza di particolari pigmenti, o fisicostrutturali, cioè dipendono dalla struttura
anatomica delle ali negli insetti, delle piume
penne negli uccelli e delle scaglie nei pesci.
Talvolta, poi, i due fattori agiscono insieme.
Colori come il rosso, l'arancione e il giallo,
per esempio, sono dovuti alla presenza di
pigmenti detti lipocromi. Colori come il nero,
il grigio e il marrone , sono dati da un altro
pigmento, la melanina. Nel caso delle
bellissime farfalle sudamericane del genere
Morpho, invece, lo splendido colore azzurroblu iridescente delle ali è dato da un
meccanismo fisico-strutturale e dipende
dalla disposizione delle sottilissime scaglie
che le ricoprono. Le scaglie sono disposte in
strati sottilissimi, multipli e intervallati da
sottili pellicole di aria o acqua.
Succede che quando, la luce bianca passa da
uno strato all'altro, le diverse lunghezze
d'onda
che
la
compongono
e
che
corrispondono ai diversi colori dello spettro,
si comportano in modo e differente. In parte
vengono riflesse, in parte penetrano nello
strato subendo una deviazione prima di
essere riflesse quando incontrano lo strato
successivo. Il risultato è che alcune
lunghezze d'onda, e quindi alcuni colori,
rimbalzano verso i nostri occhi mentre altre
scompaiono. In particolare, un colore
scompare se l'onda riflessa incontra quella in
arrivo in modo che, in ogni punto, la loro
somma si annulli. Nelle Morpho le lamelle sono
disposte obliquamente: appaiono cosi solo i
colori blu e azzurro, oppure nero. I colori che
vediamo, infatti, cambiano anche a seconda
dell'angolo da cui guardiamo.
Segreti d’amore
Un lampo lungo, due
brevi, una pausa e poi una nuova
sequenza, il tutto con un ordine
ben determinato: sono i messaggi
luminosi delle lucciole, messaggi
d’amore
indispensabili
per
ritrovarsi,
accoppiarsi
e
permettere il perdurare della
specie.
Ogni specie di lucciola ha un
codice segreto: ogni femmina usa
una sequenza diversa per attirare
il suo maschio e ogni maschio le
risponde
con
una
sequenza
altrettanto segreta.
Gli inganni luminosi
delle lucciole
Le femmine del genere Photorius
hanno
imparato,
nel
corso
dell’evoluzione, ad imitare i codici di
femmine di altre specie e attirano i
loro maschi con l’inganno. Quando
questi arrivano, ad attenderli c'è una
sorpresa:
anziché
trovare
una
promessa di matrimonio trovano un
insetto che aspetta il pasto.
Viene ora spontaneo domandarsi
cosa accade ai maschi del genere
Photorius, come fanno a trovare le
loro femmine se queste parlano
un’altra lingua?
Bhé, come si dice Dio li fa e poi li
accoppia….. I maschi del genere
Photorius rispondono al falso richiamo
con altrettanta falsità, fingendo cioè,
di essere la preda tanto attesa.
Raggiunta la femmina in volo,
cambiano
segnale
facendosi
riconoscersi come partners sessuali.
Il gioco è però assai pericoloso
perché non è detto che la femmina sia
sensibile alle parole d’amore. In molti
casi, infatti, il maschio è comunque
divorato. In altri la femmina lo
riconosce, decide di concedersi e poi,
terminato l’accoppiamento, divora il
maschio….dopotutto
una
futura
mamma ha bisogno di molta energia e
non è ragionevole lasciarsi sfuggire un
buon pasto.
QUALI SONO GLI ANIMALI
CHE PUNGONO?
ZECCA: trafigge la pelle con un’appendice buccale detta ROSTRO.
La puntura è indolore e l’obiettivo è raggiungere un capillare sanguigno
da cui prelevare il sangue. Le Zecche possono trasmettere malattie
gravi come il morbo di Lyme. Per estrarle dalla pelle occorre
ubriacarle con un pochino di spirito, in modo da far loro allentare il
morso. Si afferra quindi il corpo con una pinzetta e, senza
schiacciarlo, si tira verso l’alto. Occorre essere sicuri di aver estratto
la testa perché rimanendo nella pelle può provocare infezioni.
ZANZARE: La zanzara più diffusa in
Italia è la Culex pipiens, la cui puntura è
praticamente indolore. Di solito le
zanzare banchettano sull’uomo di notte
ma negli ultimi tempi esiste un’eccezione
rappresentata dalla zanzara Tigre. In
questo caso la puntura è dolorosa e le
zanzare hanno abitudini diurne.
TAFANO:
la femmina si nutre di
sangue e la puntura, inflitta con uno
stiletto corneo, causa un dolore intenso
ma breve. Ad essa è collegata la
formazione di un gonfiore localizzato
che in medicina prende il nome di
POMFO. I Tafani sono molto ostinati ed
individuata
una
vittima
possono
infliggerle più di una puntura.
SCORPIONE:
in Italia è diffusa
la specie Euscorpius italicus la cui
puntura può provocare un dolore
localizzato accompagnato da gonfiore,
aumento della temperatura nella parte
lesa e rossore. Nei casi più estremi si
parla di eritema.
MEDUSA:
le cellule che provocano
dolore sono collocate nei tentacoli e si
chiamano cnidoblasti. La puntura
avviene per contatto perché le
cnidocisti
sono
dotate
di
un
meccanismo a molla. Nel Mediterraneo
è diffusa la specie Pelagica noctiluca
che causa dolore ma non è pericolosa.
TARANTOLA:
la
Tarantola è comune anche in
Italia e la sua puntura provoca
arrossamento e dolore ma
risulta innocuo. Più pericoloso
è il morso della Malmignatta
che è parente della vedova
nera.
SCOLOPENDRA:
la specie
più diffusa nel nostro paese è la
Scolopendra cingolata. Il suo
morso è molto doloroso e il
dolore permane fino a 48 ore.
TRACINA:
si
annida
nei
fondali sabbiosi in prossimità
della riva e punge con le spine
velenifere situate sul dorso. Il
dolore è acutissimo ma scompare
immergendo la parte lesa in
acqua bollente per trenta minuti.
Quali malattie possono
trasmettere?
Dagli insetti ai pesci, dalle meduse ai
ragni, la vita all’aria aperta, soprattutto
d’estate,
ci
espone
ad
incontri
“ravvicinati” con animali dotati d’armi di
difesa potentissime. La domanda più
comune è perché ci pungono? Per
rispondere occorre distinguere due casi:
a volte la puntura è il frutto di un
incontro accidentale e si tratta di una
difesa come accade per le api; altre
volte, come nel caso delle zanzare, la
puntura
rispecchia
una
necessità
alimentare; le femmine gravide delle
zanzare , infatti, abbisognano di sangue
per maturare le uova.
È bene ricordare che le
punture di insetti, pesci e
meduse non rappresentano,
nelle nostre zone, reali
pericoli. La più parte delle
volte
comportano
arrossamento, piccoli dolori e
fastidi
esse
diventano
pericolose solo per chi è
allergico. Purtroppo non si può
dire la medesima cosa per i
“pungiglioni” tropicali ai quali
sono
legate
numerose
malattie.
Facciamo qualche esempio:
MALARIA: causata dai protozoi del
genere Plasmodium è trasmessa dalla
zanzara Anopheles;
DENGUE: d’origine virale è trasmessa
dalla zanzara Aedes aegypti è diffusa
in sud America, nell’Africa sub
Sahariana, in India, in Indovina e in
tutto il sud est asiatico;
FEBBRE GIALLA: causata da un virus
del genere Togaviridae è trasmessa da
varie specie di zanzare;
ENCEFALITE GIAPPONESE: provocata
da un virus è trasmessa da zanzare del
genere Culex. Presente anche in Italia
si cura con un vaccino.
MALATTIA DEL SONNO (africana) è
trasmessa dalla mosca Tse-tse.
È vero che
l’ape dopo
averci punto
muore?
Quando un’ape ci punge, compie un atto di difesa estrema.
Infatti al pungiglione resta attaccata una parte dell’intestino
dell’animale che firma così la sua condanna a morte. Il
pungiglione si può definire come una siringa uncinata in grado
di ancorarsi ai tessuti e di emettere veleno per dieci minuti. Il
pungiglione è collegato ad una pompa del veleno che continua a
contrarsi anche dopo essersi staccata dal corpo dell’insetto ed
è per questo che occorre rimuoverlo il più presto possibile
senza schiacciarne mai l’estremità libera. Il veleno prodotto
dall’ape è un cocktail di almeno 40 sostanze diverse.
Per ulteriori
informazioni si
vedano anche:
www.portalemedico.it
www.automedicazione.it
www.amicopediatra.it
www.farmasalute.it
www.meie.it
www.lapelle.it
Come fanno le
vespe a
riconoscersi?
Fino a poco tempo fa gli Entomologi erano concordi
nell’asserire che gli Insetti si riconoscono tramite
l’emissione di segnali odorosi e che, attraverso
l’emissione di sostanze diverse, si realizza una sorta
di comunicazione fra gli individui. Così i ferormoni
comunicano la disponibilità all’accoppiamento, i
segnali d’allarme avvertono di un imminente pericolo
ecc. ecc. Oggi, grazie ad una scoperta effettuata da
una studiosa americana, si è giunti alla conclusione
che la comunicazione fra Insetti, con particolare
attenzione per le Vespe che erano oggetto di studio,
non si realizza unicamente attraverso i segnali
odorosi sembra infatti, che le Vespe siano in grado
di riconoscersi a vista. Elisabeth Tibbets, della
Cornell University, lo ha scoperto fotografando il
capo di numerose vespe. Dalle fotografie si
evidenzia che ogni vespa è dotata di una fisionomia
ben definita prodotta da una serie di segni presenti
sulla “faccia” e sull’addome .
A conferma di questa ipotesi la scienziata
americana ha cambiato i connotati ad
alcuni esemplari che, tornati all’alveare,
sono stati scacciati come nemici. In
pratica la professoressa Tibbets ha
catturato e addormentato alcune vespe
fuoriuscite dall’alveare per andare a
bottinare pollini e néttari e ha disegnato
sulla “faccia” e sull’addome segni aggiuntivi
dopodiché ha liberato le vespe e ha atteso
la risposta. Giunte al loro alveare, le
malcapitate, sono state prima aggredite
poi nuovamente ammesse all’entrata. Pare
infatti, che alla fisionomia sia legato un
trenta per cento del riconoscimento
mentre, il restante settanta per cento, sia
da imputarsi all’odore.
Perché le api costruiscono l’alveare
con tante piccole celle esagonali?
Il meccanismo che spinge api e vespe a scegliere
proprio l'esagono per dare forma alle celle dei
loro alveari non è noto. Gli studiosi suppongono
che questi insetti lo preferiscano perché ne
«conoscono» i vantaggi. In geometria, infatti,
solo tre figure consentono di suddividere una
superficie piana in tante porzioni equivalenti di
forma regolare senza lasciare buchi: il triangolo
equilatero, l’esagono e il quadrato. Nella
costruzione delle celle dell’alveare l’esagono
consente, rispetto alle altre due figure, un
miglior sfruttamento dello spazio e una maggior
comodità nello svolgimento delle mansioni di ogni
insetto.
C'è da aggiungere, inoltre, che gli alveari delle api sono molto
più complessi di quelli delle vespe. Se queste si limitano a
costruire un solo strato dì celle esagonale, le api realizzano un
vero e proprio labirinto di favi: alcuni destinati ad allevare gli
esemplari maschi, altri funzionanti da culla per le operaie, altri
da deposito per le provviste nei periodi di fioritura
abbondante. La perfezione dell'architettura del lavoro «a
esagoni» è stata studiata da zoologi e matematici, e
apprezzata al punto che, nel XVIII° secolo, lo zoologo RenéAntoine de Réaumur propose l"alveolo esagonale come unità di
misura per il sistema metrico decimale, che si stava
affermando proprio in quel periodo.
I record della migrazione è detenuto dagli
uccelli nei quali il fenomeno migratorio è
presente nella metà delle specie conosciute. La
medaglia d’oro spetta alla piccola sterna coda
lunga o artica (Sterna paradisea) che nidifica
lungo le coste dell’America settentrionale per
svernare nelle zone antartiche con un percorso
lungo, tra andata e ritorno, 40.000 chilometri.
Tra i mammiferi vanno menzionate le lunghe
migrazioni, in cerca di nuovi pascoli, dei grandi
erbivori africani, nella foto, come gli gnu
(Connochaetes taurinus), e nord americani come
i caribù (Rangifer tarandus).
Quale
animale
compie
la
migrazione
più lunga?
Il record tra i mammiferi, spetta però alla balena
grigia (Eschrichtius robustus) che viaggia dallo
stretto Bering alla Bassa California , per andare a
riprodursi. Anche tra i rettili abbiamo grandi
migratori, per esempio la tartaruga marina liuto
(Dermochelys coriacea), che copre oltre 5.000
chilometri dalla Guiana francese al nord America,
o la tartaruga verde (Chelonia mydas), che al
momento della riproduzione parte dal Brasile per
raggiungere l'isola di Ascensione in pieno Oceano
Atlantico, lontana oltre 2.300 km. Persino molti
insetti migrano: milioni di farfalle monarca
(Danaus plexippus) volano ogni anno per ben 4.500
km dal Canada al Messico.
Qual è il
mammifero
marino che
arriva più in
profondità?
Per capacità di immersione e resistenza, il
record è del capodoglio, che può scendere
fino a 3000 metri rimanendo in apnea per
oltre un'ora. Questo mammifero riesce a
rimanere sott’acqua tanto a lungo grazie a
un'enorme
capacità
di
risparmiare
ossigeno. Quando è in superficie all'animale
basta una sola respirazione per riempire
completamente d'aria i suoi polmoni che,
durante la discesa, per effetto della
pressione, si riducono a piccolissime cavità.
L’ossigeno viene quindi distribuito nel
sangue e nei muscoli, dove si lega
rispettivamente all'emoglobina e alla
mioglobina.
Queste
due
proteine,
grandissime riserve di ossigeno, nei cetacei
sono otto volte superiori che nei
mammiferi terrestri, il che consente
lunghe pause tra due respirazioni. Inoltre,
in immersione, il cuore del capodoglio può
arrivare a battere anche solo sei volte al
minuto.
Perché il guscio delle conchiglie è
ruvido fuori e liscio dentro?
Ciò non è sempre vero: nelle conchiglie che appartengono
alla famiglia dei conidi per esempio entrambe le parti sono
della lisce. La differenza tra la struttura interna e quella
esterna delle conchiglie dipende dal modo in cui i molluschi
costruiscono il guscio. Quest' ultimo si forma grazie alla
secrezione prodotta dalle ghiandole presenti sul mantello
del mollusco stesso, il quale assorbe il calcio disciolto
nell'acqua e nel terreno circostante. Le ghiandole
trasformano il calcio in carbonato di calcio ( il costituente
principale del guscio) che cristallizza in due forme: la
calcite e l’aragonite. La struttura della conchiglia è data
proprio dalla natura e dal tipo di aggregazione dei cristalli
che variano a seconda secrezione effettuata dal mantello:
dove questa è minore, il guscio rimane sottile e liscio
anche all'esterno; dove è maggiore si ispessisce e crea le
cosiddette sculture. Queste ultime sono regolari o
irregolari a seconda che la secrezione di calcare sia
costante o incostante.
Perché i
pipistrelli
stanno appesi a
testa in giù tutto
il giorno?
Innanzitutto, perché questa è per loro la posizione più
rilassante, tanto che a testa in giù ci passano tutto i
periodo del letargo, si accoppiano e allattano i piccoli.
Le modifiche subite per essere in grado di volare
fanno si che quando si trovano a testa in giù il corpo
sia in stato di riposo e la circolazione sia rallentata.
Non fanno infatti alcuno sforzo per rimanere ancorati
al sostegno, poiché a permettergli di mantenere
questa posizione non sono i muscoli, che restano
rilassati, bensì i tendini, sui quali il peso del corpo
esercita una pressione che li porta a serrare le dita
attorno al sostegno stesso, in un riflesso condizionato.
Per alcune specie, poi, incapaci di alzarsi in volo da
terra questa è la posizione più adatta per poter
spiccare il volo. Le ali di questi pipistrelli non riescono
a produrre energia sufficienza per alzarsi e le zampe
non sono articolate in modo da consentir loro di
spingersi verso l’alto. Quando perciò si tratta di
volare, si gettano nel vuoto senza bisogno di sforzi.
Anche i pesci bevono?
I pesci marini, come anche i vertebrati terrestri, sono
ipotonici rispetto all'acqua di mare, ossia possiedono
una concentrazione di sali disciolti nei liquidi corporei
inferiore a quella marina. Ciò induce il pesce marino a
perdere acqua verso l'ambiente esterno, a causa di un
processo chiamato osmosi, che tende a creare un
equilibrio tra l'ambiente interno e quello esterno. Per
cercare di ridurre questa continua disidratazione, i
pesci “bevono” acqua di mare. Fanno eccezione gli
elasmobranchi, ossia squali e razze, che, con una
concentrazione interna pressoché uguale a quella
esterna, non hanno difficoltà a mantenere l'equilibrio
salino senza bere. I pesci di acqua dolce hanno il
problema opposto: possedendo una concentrazione
interna dei sali superiore alla concentrazione dei sali
disciolti nell'acqua, hanno quindi una tendenza
naturale ad assorbire acqua tramite la pelle e le
branchie e per questo non hanno bisogno di bere.
Quanto vive una formica?
La longevità di una formica dipende dal ruolo che ha
nel formicaio dove vige una rigida separazione tra chi
lavora e chi si riproduce. Una formica operaia vive
infatti in media 6-12 settimane, che vengono
interamente trascorse servizio al della colonia cui
appartiene. Una regina, invece, può vivere diversi anni,
occupandosi esclusivamente degli accoppia menti e
della cura delle uova. In alcune specie, sono state
osservate regine di quasi trent'anni di età. La
questione della longevità è di grande interesse per i
biologi, che non hanno ancora trovato i meccanismi che
spiegano i diversi ritmi di invecchiamento degli animali:
alcuni li attribuiscono alle differenze nel metabolismo.
Gli evoluzionisti invece danno maggiore importanza ai
meccanismi della selezione naturale, secondo i quali gli
animali meno esposti ai pericoli tendono a invecchiare
più lentamente. La longevità delle ben protette
"regine" rispetto alle "operaie“ darebbe ragione ai
secondi.
Tutte le formiche costruiscono un
formicaio?
Ection burchelli (vivono nelle foreste tropicali, dal
Messico al Paraguay ).
Alcune specie sono nomadi e non
costruiscono
nessun
tipo
di
formicaio. È il caso delle formiche
combattenti. Non hanno nido, sono
nomadi, razziatrici, e alternano i
periodi di bivacco a quelli stazionari.
Costruiscono accampamenti con i
propri corpi tenuti insieme dalle
unghie uncinate dei tarsi. Almeno
500 mila operaie formano reti
intrecciate, a strati sovrapposti,
alzando
una
struttura
quasi
cilindrica, che ha il diametro di un
metro circa e diventa un giaciglio
per la grossa regina madre e le
larve.
Come vedono i cani e i gatti?
Cani e gatti non vedono il mondo come noi. La
percezione dei colori non è assente come si credeva:
questi animali hanno scarsa percezione dei verdi e dei
rossi, mentre i colori a cui sono più sensibili sono giallo.
e viola. Il gatto, inoltre, vede i colori molto più
attenuati e sfocati di come li vediamo noi. Per quanto
riguarda l'acutezza visiva, gli uomini, sono più dotati. La
capacità di distinguere dettagli separati e di mettere a
fuoco che è, rispetto a quella umana, ridotta del 50% e
dell'80% nei gatti. Punto forte a loro vantaggio è la
capacità di percepire il movimento: riescono a
individuare un oggetto che si muove anche a 900 m di
distanza. Inoltre grazie a una speciale membrana sulla
retina, il "tapetum lucidum", che funziona come un
catarifrangente, riescono a vedere anche in condizioni
di scarsa luminosità.
Dove vanno i grilli d’inverno?
I grilli e altri insetti passano l'inverno
sepolti nei primi strati del terreno, dove la
temperatura è più mite. Molti insetti
invece, trascorrono l'inverno in uno stadio
immaturo , a volte protetti da involucri che
li riparano dal freddo: è il caso delle uova
della mantide religiosa. Altre volte si
difendono passando l'inverno come pupe o
come larve, ed è il caso rispettivamente,
del baco da seta e della cicala. Particolare
il fatto che alcuni insetti, come diversi
bruchi, riescano ad evitare il congelamento
producendo una sostanza, il glicerolo, che
è un efficace antigelo naturale. Rari invece
sono i fenomeni migratori: il più famoso è
quello della farfalla della monarca, che
compie un volo di migliaia di km in cerca
del caldo.
Esistono davvero le lacrime di
coccodrillo?
Nella tradizione popolare il detto "lacrime di tutto, di coccodrillo" viene
usato per indicare una persona che, dopo aver commesso un'azione
riprovevole, (tardivo, come appunto il coccodrillo, che dopo aver ingerito
una preda, si pentirebbe averla uccisa) versa le famose lacrime. Ovvio che
nel caso dell'animale le lacrime, che effettivamente sgorgano dal suo
condotto lacrimale non hanno nulla a che fare con quelle che noi
consideriamo espressione di sofferenza o commozione. Versare lacrime ha,
infatti, diverse funzioni e, nel coccodrillo, in due particolari casi risultano
di fondamentale importanza. Prima di tutto servono a tener pulito l'occhio
e a lubrificare il movimento della membrana nittitante, una membrana
trasparente intermedia presente nell'occhio del rettile, che si chiude
quando si immerge ma che gli consente al tempo stesso di vedere
abbastanza bene anche sott'acqua. La seconda funzione è quella di
eliminare l'eccesso di sali dall'organismo che, specialmente nel coccodrillo
marino, è dovuto all'alimentazione. Ecco come nasce la convinzione popolare
secondo la quale il coccodrillo "piange" dopo aver mangiato.
È vero che il colore del pelo dei
gatti è in relazione al loro carattere?
Sì, ed è anche possibile alterare alcuni
aspetti del comportamento dei gatti come
paura e aggressività incrociando esemplari
il cui mantello abbia determinati colori;
Questo avviene perché la melanina, il
pigmento che determina la colorazione dei
gatti, condivide un prodotto intermedio
con la produzione di melatonina, un ormone
fondamentale
nella
regolazione
del
comportamento nei mammiferi. Dunque
ogni variabile di colorazione determina
modalità differenti nella produzione di
questo ormone. Si tratta di una
connessione accidentale relativa all'azione
di diversi geni che viene chiamata effetto
pleiotropico e che viene studiata
attentamente
per
le
innumerevoli
applicazioni che potrebbe avere nel campo
della medicina umana.
Qual è l’organismo più piccolo al
mondo?
I micoplasmi, una particolare
specie di batteri, sono il più
piccolo organismo libero vivente
sulla Terra, con un diametro di
circa
100
nanometri
(un
decimillesimo di millimetro). Gli
appartenenti a questa specie sono
spesso parassiti (il più conosciuto
dei
quali
è
il
Mycoplasma
pneumonite -nella foto-) in grado
di
causare
gravi
malattie
nell’apparato
respiratorio
dei
mammiferi ed in particolare dei
bovini. Esistono diverse teorie che
spiegano perché dimensioni minori
siano incompatibili con la vita.
Le cellule sono fatte di particelle i cui atomi sono
soggetti alle fluttuazioni termiche e quantistiche,
descritte dalle costanti fondamentali di Boltzmànn e di
Planck. Applicando tali costanti alla cellula intesa come
sistema fisico sembra che qualunque essere vivente
abbia la necessità di avere una struttura fatta da
almeno un milione di particelle elementari (cioè atomi e
molecole) della stessa natura dell'ambiente nel quale si
trova. Un numero minore di particelle non sarebbe
infatti in grado di mantenere un equilibrio chimico
interno in un ambiente circostante considerato
variabile. ”Impacchettando” un milione di particelle
elementari si ricava una dimensione lineare minima per
gli esseri viventi di circa 100 nanometri, cosa che
conferma il record di miniaturizzazione detenuto da
Mycoplasma.
Qual è l’animale più rumoroso del
mondo?
Si tratta della balenottera azzurra, un mammifero marino
che detiene anche il record di dimensioni nel mondo animale.
Questi mammiferi emettono richiami a bassa frequenza della
durata di alcune decine di secondi ripetuti in precise
sequenze che possono viaggiare attraverso l'acqua per
centinaia di chilometri. L’intensità massima di questi richiami
è stata misurata in 188 decibel, un valore esorbitante,
maggiore addirittura di quello prodotto dalla partenza di un
razzo (180 decibel). A causa delle basse frequenze di
emissione (mediamente al di sotto di 25 Hertz), l’orecchio
umano non è in grado di captare tali suoni. Meno male, perché
quelli di intensità superiore a 120 decibel sono dannosi per il
nostro apparato uditivo. Per risolvere il problema vengono
utilizzati particolari microfoni sottomarini chiamati idrofoni,
in grado di registrare e riprodurre suoni ad una frequenza
adatta per il nostro orecchio. Solo i maschi di questa specie
emettono i richiami per comunicare la presenza di cibo ad
altri esemplari o, durante la stagione degli accoppiamenti, per
attirare nella propria zona una compagna. l suoni vengono
prodotti spingendo l'aria dalla laringe verso le fosse nasali,
situate al di sotto delle corde vocali. Per ascoltare i suoni
della balenottera azzurra si può consultare il sito
www.newton.rcs.it
Come fa il camaleonte a
trascinare prede pesanti con
la lingua?
Un calcolo preciso, un
lancio perfetto e il gioco è
fatto!
camaleonte
(Chamaeleo
chamaeleon)
mostra
incredibile
abilità nell’usare occhi e lingua per
catturare le sue prede. Vediamo
come:
a) Gli
occhi
si
muovono
indipendentemente l’uno dall’altro e,
una volta individuata la preda, si
sincronizzano per creare una visone
binoculare e calcolare, con estrema
precisione, distanza e profondità;
b) Dopo aver preso la mira il
camaleonte fa partire la lingua come
una freccia e, in un istante, piomba
sulla vittima.
Il
Il camaleonte è in grado di estroflettere la lingua
anche per il doppio della lunghezza del corpo, e di
ridurne il diametro anche del 600%. Dopo il
contatto con la preda , la lingua viene recuperata,
con preda annessa, attaccata per la punta della
lingua.
La tecnica di caccia è l’agguato. Gli etologi
tuttavia hanno ribattezzato la strategia del
camaleonte ”siedi e aspetta”. Se vivi sugli alberi,
come il camaleonte, devi cercare di ridurre al
minimo i tuoi movimenti sia per non farti vedere
sia per evitare di cadere. Inoltre devi possedere
un meccanismo muscolare estremamente forte e
preciso per evitare di far cadere la tua preda dal
ramo su cui si trova. Questa strategia non
consente pasti frequenti e per questo il
camaleonte preferisce prede sostanziose a piccoli
pasti. Si ciba per questo di rettili e di piccoli
uccelli.
Poco prima del contatto sulla lingua si formano
due piccole labbra che avvolgono la preda. La
formazione di questa specie di ventosa è resa
possibile dall’azione di una coppia di piccoli
muscoli presenti appunto sulla punta della
lingua.
Per ulteriori informazioni
si vedano anche:
www.uia.ac.be/u/aherrel.it
(sito dedicato alle tecniche d’agguato dei
camaleonti)
www.ssarherps.org
(società per lo studio di rettili ed anfibi)
www.unipv.it
(società italiana per lo studio dei rettili)
Come fa il
boa ad
ingoiare le
prede
intere?
La strategia di caccia di molti serpenti non è l’agguato ma
consiste nel cercarsi attivamente un buon pasto. La lingua
non ha quindi più la funzione di cattura, ma si specializza in
organo sensoriale. Il cranio dei serpenti è CINETICO ossia è
dotato di ossa mobili. La mandibola dei serpenti non è un
pezzo unico, ma è formata da due parti, una destra e una
sinistra tenute insieme da un legamento. Anche
l’articolazione tra cranio e mandibola è assai mobile. Così i
serpenti possono aprire e deformare la bocca in modo
impressionante. La lingua non serve a deglutire ma è il cranio
che avanza sulla preda aiutato dalle vertebre cervicali.
La bocca dei rettili è dotata di armi formidabili. Il morso più
potente è quello dell’alligatore che riesce a chiudere le sue
fauci con una forza di una tonnellata per centimetro
quadrato.