Scusi lei lo sa……? (le domande più frequenti dei bambini) ….Come si raccolgono le farfalle I principali strumenti in uso sono i seguenti: 1) un retino con diametro di 30-40 cm. Al quale è fissato un sacco di tulle verde lungo circa 1 metro; 2) buste di cellofan ove riporre le farfalle diurne; 3) una bottiglia di vetro a collo largo chiusa da un tappo di sughero attraversato da un tubicino di vetro che si sporga verso l’interno della bottiglia; 4) cotone idrofilo ed etere acetico. Il fondo della bottiglia va coperto con il cotone imbevuto d’etere, che serve ad uccidere rapidamente le farfalle. 5) scatola in legno a fondo morbido per le farfalle notturne; 6) pinze a presa morbida con punte piatte e ricurve. FARFALLE DIURNE: le farfalle diurne vanno catturate quando si posano sui fiori ad ali unite per evitare di danneggiarne la parte più bella. Una volta intrappolate nel retino si introduce la bottiglia e si ha cura di farvi entrare la farfalla. Si chiude rapidamente la bottiglia con il tappo di sughero e si attende la morte dell’individuo. A quel punto si afferra la farfalla con le pinze e la si ripone nella busta di cellofan. ÂFARFALLE NOTTURNE: per catturare le farfalle notturne occorre portarsi in prossimità della luce o, se si abita in campagna, basta accendere una luce ed aprire la finestra. Queste farfalle, una volta introdotte nel retino, non vanno riposte in buste ma infilate, a livello del torace, con un ago entomologico o con uno spillo sul fondo di una scatola a fondo nero e morbido. Per molte specie, soprattutto se di modeste dimensioni, è conveniente raccogliere i bruchi e lasciare che compiano la metamorfosi. I bruchi vanno mantenuti in scatole metalliche con coperchio forato per lasciare circolare l’aria. Per evitare poi che il bruco si dia alla fuga basta stendere sul foro un velo di tulle che permetta l’ingresso dell’aria senza consentire l’uscita del bruco. Entro la scatola metallica occorre poi introdurre le foglie di cui il bruco si nutre con una certa regolarità avendo cura di approvvigionare la larva di foglie fresche e di acqua. Se la metamorfosi avviene nel terreno occorrerà predisporre, sul fondo della gabbietta, uno strato di sabbia affinché avvenga l’impupamento. La preparazione delle farfalle catturate avviene mediante “ stenditoi” comunemente venduti. La farfalla va spillata ( vanno bene gli spilli di misura 1, 2, 3) a livello del torace avendo cura di far fuoriuscire lo spillo a livello del secondo paio di zampe. Le ali vengono fissate allo stenditoio fino a quando il corpo non sia sceso entro la fenditura fra le due assicelle. A quel punto vengono spillate anche le ali. Lo stenditoio serve al disseccamento degli esemplari e il tempo richiesto varia da specie a specie. Una volta essiccate, le farfalle vanno riposte in scatole entomologiche che sono in vendita comunemente. Ogni esemplare deve portare, quando sia ora di riporlo, un cartellino che rechi il nome scientifico dell’animale, la data e il luogo di raccolta. Per ulteriori informazioni si vedano anche: P. Zangheri, il naturalista esploratore, raccoglitore, preparatore .Hoepli, Milano 1981; Higgins, Riley, farfalle d’Italia e d’Europa, Rizzoli, Milano 1983 Ancillotto, Grollo, nel mondo delle farfalle. I bruchi, Mondatori, Milano 1970. www.comuneguardiasanframondi.it www.aisn.it www.funsci.it www.butterflyarc.it www.ibc.regione.emilia-romagna.it www.thai.it QUANTO VIVE UNA FARFALLA? DA QUALCHE GIORNO A 2 SETTIMANE. CI SONO LE ECCEZIONI COME GLI ELICONINI, LE FARFALLE MONARCA E QUELLE CHE SI NUTRONO DI FRUTTA CHE VIVONO OLTRE IL MESE. CI SONO SPECIE ITALIANE CHE VIVONO MOLTO A LUNGO COME LA CEDRONELLA, UNA CAVOLAIA CHE PU0’ VIVERE OLTRE UN ANNO. COSA SUCCEDE SE SI TOCCANO LE ALI? E’ MEGLIO NON TOCCARLE PERCHE’ SI PU0’ TOGLIERE LA POLVERINA (MICROSQUAME) CHE LE RICOPRE E SOPRATTUTTO PERCHE’ SI PUO’ DANNEGGIARE LA STRUTTURA DELL’ALA CHE E’ MOLTO DELICATA E LA FARFALLA NON POTREBBE PIU’ VOLARE. PERCHE’ CI SONO FARFALLE CON LE ALI STROPICCIATE O ROVINATE? CON UN PO’ DI ESPERIENZA, CONTANDO LE SDENTELLATURE, LE ABRASIONI E OSSERVANDONE LA LUCENTEZZA E I COLORI SI PUO’ DETERMINARE L’ETA’ DI UNA FARFALLA. ECCO QUINDI CHE GLI ESEMPLARI PIU’ ROVINATI, NON SONO ALTRO CHE I PIU’ VECCHI, COSA CHE DIFFICILMENTE SI PUO’ OSSERVARE IN MODO COSI’ CONSISTENTE IN NATURA, IN QUANTO QUESTI VENGONO PIU’ FACILMENTE PREDATI. CHI MANGIA LE FARFALLE? LE FARFALLE SONO ESSERI FONDAMENTALI NELLE CATENE ALIMENTARI. IN TUTTI I LORO STADI DI SVILUPPO SONO PREDATE DA MIRIADI DI SPECIE ANIMALI E, A VOLTE, ANCHE VEGETALI (PIANTE CARNIVORE). I MAGGIORI PREDATORI VERTEBRATI SONO GLI UCCELLI, I RETTILI E QUINDI PIPISTRELLI E PICCOLI MAMMIFERI, MA NON MANCANO ANFIBI, PESCI, ECC… QUANTE UOVA DEPONE UNA FARFALLA? IL NUMERO VARIA DA SPECIE A SPECIE E VA DALLE QUARANTA UOVA A QUALCHE CENTINAIO FINO A UN MIGLIAIO. QUESTE VENGONO DEPOSTE TUTTE INSIEME, A GRUPPI O SINGOLE DA 1 A 10 AL GIORNO. PERCHE’ ALCUNE PIANTE HANNO LE FOGLIE MANGIATE? LE FARFALLE DEPONGONO LE UOVA SU ALCUNE PIANTE COME BANANI, PASSIFLORE, ASCLEPIAS, LIMONI, ECC., QUANDO I BRUCHI RAGGIUNGONO L’ULTIMO STADIO DI SVILUPPO MANGIANO BEN IL 90% DEL TOTALE INGERITO IN TUTTA LA LORO CRESCITA E QUINDI SONO IN GRADO DI DEFOGLIARE INTERE PARTI DI PIANTE. PERCHE’ MOLTE GRANDI FARFALLE NON VOLANO O STANNO APPESE VICINO A DEI BOZZOLI? SI TRATTA DI FALENE CHE DI RADO VOLANO DI GIORNO IN QUANTO SONO ATTIVE DI NOTTE. QUESTA SPECIE, PRIMA DI VOLARE, FANNO VIBRARE A LUNGO LE ALI PER SCALDARE I MUSCOLI DEL VOLO. Perché alcune farfalle hanno le ali iridescenti? I colori delle livree degli animali sono determinati da fattori chimici, come la presenza di particolari pigmenti, o fisicostrutturali, cioè dipendono dalla struttura anatomica delle ali negli insetti, delle piume penne negli uccelli e delle scaglie nei pesci. Talvolta, poi, i due fattori agiscono insieme. Colori come il rosso, l'arancione e il giallo, per esempio, sono dovuti alla presenza di pigmenti detti lipocromi. Colori come il nero, il grigio e il marrone , sono dati da un altro pigmento, la melanina. Nel caso delle bellissime farfalle sudamericane del genere Morpho, invece, lo splendido colore azzurroblu iridescente delle ali è dato da un meccanismo fisico-strutturale e dipende dalla disposizione delle sottilissime scaglie che le ricoprono. Le scaglie sono disposte in strati sottilissimi, multipli e intervallati da sottili pellicole di aria o acqua. Succede che quando, la luce bianca passa da uno strato all'altro, le diverse lunghezze d'onda che la compongono e che corrispondono ai diversi colori dello spettro, si comportano in modo e differente. In parte vengono riflesse, in parte penetrano nello strato subendo una deviazione prima di essere riflesse quando incontrano lo strato successivo. Il risultato è che alcune lunghezze d'onda, e quindi alcuni colori, rimbalzano verso i nostri occhi mentre altre scompaiono. In particolare, un colore scompare se l'onda riflessa incontra quella in arrivo in modo che, in ogni punto, la loro somma si annulli. Nelle Morpho le lamelle sono disposte obliquamente: appaiono cosi solo i colori blu e azzurro, oppure nero. I colori che vediamo, infatti, cambiano anche a seconda dell'angolo da cui guardiamo. Segreti d’amore Un lampo lungo, due brevi, una pausa e poi una nuova sequenza, il tutto con un ordine ben determinato: sono i messaggi luminosi delle lucciole, messaggi d’amore indispensabili per ritrovarsi, accoppiarsi e permettere il perdurare della specie. Ogni specie di lucciola ha un codice segreto: ogni femmina usa una sequenza diversa per attirare il suo maschio e ogni maschio le risponde con una sequenza altrettanto segreta. Gli inganni luminosi delle lucciole Le femmine del genere Photorius hanno imparato, nel corso dell’evoluzione, ad imitare i codici di femmine di altre specie e attirano i loro maschi con l’inganno. Quando questi arrivano, ad attenderli c'è una sorpresa: anziché trovare una promessa di matrimonio trovano un insetto che aspetta il pasto. Viene ora spontaneo domandarsi cosa accade ai maschi del genere Photorius, come fanno a trovare le loro femmine se queste parlano un’altra lingua? Bhé, come si dice Dio li fa e poi li accoppia….. I maschi del genere Photorius rispondono al falso richiamo con altrettanta falsità, fingendo cioè, di essere la preda tanto attesa. Raggiunta la femmina in volo, cambiano segnale facendosi riconoscersi come partners sessuali. Il gioco è però assai pericoloso perché non è detto che la femmina sia sensibile alle parole d’amore. In molti casi, infatti, il maschio è comunque divorato. In altri la femmina lo riconosce, decide di concedersi e poi, terminato l’accoppiamento, divora il maschio….dopotutto una futura mamma ha bisogno di molta energia e non è ragionevole lasciarsi sfuggire un buon pasto. QUALI SONO GLI ANIMALI CHE PUNGONO? ZECCA: trafigge la pelle con un’appendice buccale detta ROSTRO. La puntura è indolore e l’obiettivo è raggiungere un capillare sanguigno da cui prelevare il sangue. Le Zecche possono trasmettere malattie gravi come il morbo di Lyme. Per estrarle dalla pelle occorre ubriacarle con un pochino di spirito, in modo da far loro allentare il morso. Si afferra quindi il corpo con una pinzetta e, senza schiacciarlo, si tira verso l’alto. Occorre essere sicuri di aver estratto la testa perché rimanendo nella pelle può provocare infezioni. ZANZARE: La zanzara più diffusa in Italia è la Culex pipiens, la cui puntura è praticamente indolore. Di solito le zanzare banchettano sull’uomo di notte ma negli ultimi tempi esiste un’eccezione rappresentata dalla zanzara Tigre. In questo caso la puntura è dolorosa e le zanzare hanno abitudini diurne. TAFANO: la femmina si nutre di sangue e la puntura, inflitta con uno stiletto corneo, causa un dolore intenso ma breve. Ad essa è collegata la formazione di un gonfiore localizzato che in medicina prende il nome di POMFO. I Tafani sono molto ostinati ed individuata una vittima possono infliggerle più di una puntura. SCORPIONE: in Italia è diffusa la specie Euscorpius italicus la cui puntura può provocare un dolore localizzato accompagnato da gonfiore, aumento della temperatura nella parte lesa e rossore. Nei casi più estremi si parla di eritema. MEDUSA: le cellule che provocano dolore sono collocate nei tentacoli e si chiamano cnidoblasti. La puntura avviene per contatto perché le cnidocisti sono dotate di un meccanismo a molla. Nel Mediterraneo è diffusa la specie Pelagica noctiluca che causa dolore ma non è pericolosa. TARANTOLA: la Tarantola è comune anche in Italia e la sua puntura provoca arrossamento e dolore ma risulta innocuo. Più pericoloso è il morso della Malmignatta che è parente della vedova nera. SCOLOPENDRA: la specie più diffusa nel nostro paese è la Scolopendra cingolata. Il suo morso è molto doloroso e il dolore permane fino a 48 ore. TRACINA: si annida nei fondali sabbiosi in prossimità della riva e punge con le spine velenifere situate sul dorso. Il dolore è acutissimo ma scompare immergendo la parte lesa in acqua bollente per trenta minuti. Quali malattie possono trasmettere? Dagli insetti ai pesci, dalle meduse ai ragni, la vita all’aria aperta, soprattutto d’estate, ci espone ad incontri “ravvicinati” con animali dotati d’armi di difesa potentissime. La domanda più comune è perché ci pungono? Per rispondere occorre distinguere due casi: a volte la puntura è il frutto di un incontro accidentale e si tratta di una difesa come accade per le api; altre volte, come nel caso delle zanzare, la puntura rispecchia una necessità alimentare; le femmine gravide delle zanzare , infatti, abbisognano di sangue per maturare le uova. È bene ricordare che le punture di insetti, pesci e meduse non rappresentano, nelle nostre zone, reali pericoli. La più parte delle volte comportano arrossamento, piccoli dolori e fastidi esse diventano pericolose solo per chi è allergico. Purtroppo non si può dire la medesima cosa per i “pungiglioni” tropicali ai quali sono legate numerose malattie. Facciamo qualche esempio: MALARIA: causata dai protozoi del genere Plasmodium è trasmessa dalla zanzara Anopheles; DENGUE: d’origine virale è trasmessa dalla zanzara Aedes aegypti è diffusa in sud America, nell’Africa sub Sahariana, in India, in Indovina e in tutto il sud est asiatico; FEBBRE GIALLA: causata da un virus del genere Togaviridae è trasmessa da varie specie di zanzare; ENCEFALITE GIAPPONESE: provocata da un virus è trasmessa da zanzare del genere Culex. Presente anche in Italia si cura con un vaccino. MALATTIA DEL SONNO (africana) è trasmessa dalla mosca Tse-tse. È vero che l’ape dopo averci punto muore? Quando un’ape ci punge, compie un atto di difesa estrema. Infatti al pungiglione resta attaccata una parte dell’intestino dell’animale che firma così la sua condanna a morte. Il pungiglione si può definire come una siringa uncinata in grado di ancorarsi ai tessuti e di emettere veleno per dieci minuti. Il pungiglione è collegato ad una pompa del veleno che continua a contrarsi anche dopo essersi staccata dal corpo dell’insetto ed è per questo che occorre rimuoverlo il più presto possibile senza schiacciarne mai l’estremità libera. Il veleno prodotto dall’ape è un cocktail di almeno 40 sostanze diverse. Per ulteriori informazioni si vedano anche: www.portalemedico.it www.automedicazione.it www.amicopediatra.it www.farmasalute.it www.meie.it www.lapelle.it Come fanno le vespe a riconoscersi? Fino a poco tempo fa gli Entomologi erano concordi nell’asserire che gli Insetti si riconoscono tramite l’emissione di segnali odorosi e che, attraverso l’emissione di sostanze diverse, si realizza una sorta di comunicazione fra gli individui. Così i ferormoni comunicano la disponibilità all’accoppiamento, i segnali d’allarme avvertono di un imminente pericolo ecc. ecc. Oggi, grazie ad una scoperta effettuata da una studiosa americana, si è giunti alla conclusione che la comunicazione fra Insetti, con particolare attenzione per le Vespe che erano oggetto di studio, non si realizza unicamente attraverso i segnali odorosi sembra infatti, che le Vespe siano in grado di riconoscersi a vista. Elisabeth Tibbets, della Cornell University, lo ha scoperto fotografando il capo di numerose vespe. Dalle fotografie si evidenzia che ogni vespa è dotata di una fisionomia ben definita prodotta da una serie di segni presenti sulla “faccia” e sull’addome . A conferma di questa ipotesi la scienziata americana ha cambiato i connotati ad alcuni esemplari che, tornati all’alveare, sono stati scacciati come nemici. In pratica la professoressa Tibbets ha catturato e addormentato alcune vespe fuoriuscite dall’alveare per andare a bottinare pollini e néttari e ha disegnato sulla “faccia” e sull’addome segni aggiuntivi dopodiché ha liberato le vespe e ha atteso la risposta. Giunte al loro alveare, le malcapitate, sono state prima aggredite poi nuovamente ammesse all’entrata. Pare infatti, che alla fisionomia sia legato un trenta per cento del riconoscimento mentre, il restante settanta per cento, sia da imputarsi all’odore. Perché le api costruiscono l’alveare con tante piccole celle esagonali? Il meccanismo che spinge api e vespe a scegliere proprio l'esagono per dare forma alle celle dei loro alveari non è noto. Gli studiosi suppongono che questi insetti lo preferiscano perché ne «conoscono» i vantaggi. In geometria, infatti, solo tre figure consentono di suddividere una superficie piana in tante porzioni equivalenti di forma regolare senza lasciare buchi: il triangolo equilatero, l’esagono e il quadrato. Nella costruzione delle celle dell’alveare l’esagono consente, rispetto alle altre due figure, un miglior sfruttamento dello spazio e una maggior comodità nello svolgimento delle mansioni di ogni insetto. C'è da aggiungere, inoltre, che gli alveari delle api sono molto più complessi di quelli delle vespe. Se queste si limitano a costruire un solo strato dì celle esagonale, le api realizzano un vero e proprio labirinto di favi: alcuni destinati ad allevare gli esemplari maschi, altri funzionanti da culla per le operaie, altri da deposito per le provviste nei periodi di fioritura abbondante. La perfezione dell'architettura del lavoro «a esagoni» è stata studiata da zoologi e matematici, e apprezzata al punto che, nel XVIII° secolo, lo zoologo RenéAntoine de Réaumur propose l"alveolo esagonale come unità di misura per il sistema metrico decimale, che si stava affermando proprio in quel periodo. I record della migrazione è detenuto dagli uccelli nei quali il fenomeno migratorio è presente nella metà delle specie conosciute. La medaglia d’oro spetta alla piccola sterna coda lunga o artica (Sterna paradisea) che nidifica lungo le coste dell’America settentrionale per svernare nelle zone antartiche con un percorso lungo, tra andata e ritorno, 40.000 chilometri. Tra i mammiferi vanno menzionate le lunghe migrazioni, in cerca di nuovi pascoli, dei grandi erbivori africani, nella foto, come gli gnu (Connochaetes taurinus), e nord americani come i caribù (Rangifer tarandus). Quale animale compie la migrazione più lunga? Il record tra i mammiferi, spetta però alla balena grigia (Eschrichtius robustus) che viaggia dallo stretto Bering alla Bassa California , per andare a riprodursi. Anche tra i rettili abbiamo grandi migratori, per esempio la tartaruga marina liuto (Dermochelys coriacea), che copre oltre 5.000 chilometri dalla Guiana francese al nord America, o la tartaruga verde (Chelonia mydas), che al momento della riproduzione parte dal Brasile per raggiungere l'isola di Ascensione in pieno Oceano Atlantico, lontana oltre 2.300 km. Persino molti insetti migrano: milioni di farfalle monarca (Danaus plexippus) volano ogni anno per ben 4.500 km dal Canada al Messico. Qual è il mammifero marino che arriva più in profondità? Per capacità di immersione e resistenza, il record è del capodoglio, che può scendere fino a 3000 metri rimanendo in apnea per oltre un'ora. Questo mammifero riesce a rimanere sott’acqua tanto a lungo grazie a un'enorme capacità di risparmiare ossigeno. Quando è in superficie all'animale basta una sola respirazione per riempire completamente d'aria i suoi polmoni che, durante la discesa, per effetto della pressione, si riducono a piccolissime cavità. L’ossigeno viene quindi distribuito nel sangue e nei muscoli, dove si lega rispettivamente all'emoglobina e alla mioglobina. Queste due proteine, grandissime riserve di ossigeno, nei cetacei sono otto volte superiori che nei mammiferi terrestri, il che consente lunghe pause tra due respirazioni. Inoltre, in immersione, il cuore del capodoglio può arrivare a battere anche solo sei volte al minuto. Perché il guscio delle conchiglie è ruvido fuori e liscio dentro? Ciò non è sempre vero: nelle conchiglie che appartengono alla famiglia dei conidi per esempio entrambe le parti sono della lisce. La differenza tra la struttura interna e quella esterna delle conchiglie dipende dal modo in cui i molluschi costruiscono il guscio. Quest' ultimo si forma grazie alla secrezione prodotta dalle ghiandole presenti sul mantello del mollusco stesso, il quale assorbe il calcio disciolto nell'acqua e nel terreno circostante. Le ghiandole trasformano il calcio in carbonato di calcio ( il costituente principale del guscio) che cristallizza in due forme: la calcite e l’aragonite. La struttura della conchiglia è data proprio dalla natura e dal tipo di aggregazione dei cristalli che variano a seconda secrezione effettuata dal mantello: dove questa è minore, il guscio rimane sottile e liscio anche all'esterno; dove è maggiore si ispessisce e crea le cosiddette sculture. Queste ultime sono regolari o irregolari a seconda che la secrezione di calcare sia costante o incostante. Perché i pipistrelli stanno appesi a testa in giù tutto il giorno? Innanzitutto, perché questa è per loro la posizione più rilassante, tanto che a testa in giù ci passano tutto i periodo del letargo, si accoppiano e allattano i piccoli. Le modifiche subite per essere in grado di volare fanno si che quando si trovano a testa in giù il corpo sia in stato di riposo e la circolazione sia rallentata. Non fanno infatti alcuno sforzo per rimanere ancorati al sostegno, poiché a permettergli di mantenere questa posizione non sono i muscoli, che restano rilassati, bensì i tendini, sui quali il peso del corpo esercita una pressione che li porta a serrare le dita attorno al sostegno stesso, in un riflesso condizionato. Per alcune specie, poi, incapaci di alzarsi in volo da terra questa è la posizione più adatta per poter spiccare il volo. Le ali di questi pipistrelli non riescono a produrre energia sufficienza per alzarsi e le zampe non sono articolate in modo da consentir loro di spingersi verso l’alto. Quando perciò si tratta di volare, si gettano nel vuoto senza bisogno di sforzi. Anche i pesci bevono? I pesci marini, come anche i vertebrati terrestri, sono ipotonici rispetto all'acqua di mare, ossia possiedono una concentrazione di sali disciolti nei liquidi corporei inferiore a quella marina. Ciò induce il pesce marino a perdere acqua verso l'ambiente esterno, a causa di un processo chiamato osmosi, che tende a creare un equilibrio tra l'ambiente interno e quello esterno. Per cercare di ridurre questa continua disidratazione, i pesci “bevono” acqua di mare. Fanno eccezione gli elasmobranchi, ossia squali e razze, che, con una concentrazione interna pressoché uguale a quella esterna, non hanno difficoltà a mantenere l'equilibrio salino senza bere. I pesci di acqua dolce hanno il problema opposto: possedendo una concentrazione interna dei sali superiore alla concentrazione dei sali disciolti nell'acqua, hanno quindi una tendenza naturale ad assorbire acqua tramite la pelle e le branchie e per questo non hanno bisogno di bere. Quanto vive una formica? La longevità di una formica dipende dal ruolo che ha nel formicaio dove vige una rigida separazione tra chi lavora e chi si riproduce. Una formica operaia vive infatti in media 6-12 settimane, che vengono interamente trascorse servizio al della colonia cui appartiene. Una regina, invece, può vivere diversi anni, occupandosi esclusivamente degli accoppia menti e della cura delle uova. In alcune specie, sono state osservate regine di quasi trent'anni di età. La questione della longevità è di grande interesse per i biologi, che non hanno ancora trovato i meccanismi che spiegano i diversi ritmi di invecchiamento degli animali: alcuni li attribuiscono alle differenze nel metabolismo. Gli evoluzionisti invece danno maggiore importanza ai meccanismi della selezione naturale, secondo i quali gli animali meno esposti ai pericoli tendono a invecchiare più lentamente. La longevità delle ben protette "regine" rispetto alle "operaie“ darebbe ragione ai secondi. Tutte le formiche costruiscono un formicaio? Ection burchelli (vivono nelle foreste tropicali, dal Messico al Paraguay ). Alcune specie sono nomadi e non costruiscono nessun tipo di formicaio. È il caso delle formiche combattenti. Non hanno nido, sono nomadi, razziatrici, e alternano i periodi di bivacco a quelli stazionari. Costruiscono accampamenti con i propri corpi tenuti insieme dalle unghie uncinate dei tarsi. Almeno 500 mila operaie formano reti intrecciate, a strati sovrapposti, alzando una struttura quasi cilindrica, che ha il diametro di un metro circa e diventa un giaciglio per la grossa regina madre e le larve. Come vedono i cani e i gatti? Cani e gatti non vedono il mondo come noi. La percezione dei colori non è assente come si credeva: questi animali hanno scarsa percezione dei verdi e dei rossi, mentre i colori a cui sono più sensibili sono giallo. e viola. Il gatto, inoltre, vede i colori molto più attenuati e sfocati di come li vediamo noi. Per quanto riguarda l'acutezza visiva, gli uomini, sono più dotati. La capacità di distinguere dettagli separati e di mettere a fuoco che è, rispetto a quella umana, ridotta del 50% e dell'80% nei gatti. Punto forte a loro vantaggio è la capacità di percepire il movimento: riescono a individuare un oggetto che si muove anche a 900 m di distanza. Inoltre grazie a una speciale membrana sulla retina, il "tapetum lucidum", che funziona come un catarifrangente, riescono a vedere anche in condizioni di scarsa luminosità. Dove vanno i grilli d’inverno? I grilli e altri insetti passano l'inverno sepolti nei primi strati del terreno, dove la temperatura è più mite. Molti insetti invece, trascorrono l'inverno in uno stadio immaturo , a volte protetti da involucri che li riparano dal freddo: è il caso delle uova della mantide religiosa. Altre volte si difendono passando l'inverno come pupe o come larve, ed è il caso rispettivamente, del baco da seta e della cicala. Particolare il fatto che alcuni insetti, come diversi bruchi, riescano ad evitare il congelamento producendo una sostanza, il glicerolo, che è un efficace antigelo naturale. Rari invece sono i fenomeni migratori: il più famoso è quello della farfalla della monarca, che compie un volo di migliaia di km in cerca del caldo. Esistono davvero le lacrime di coccodrillo? Nella tradizione popolare il detto "lacrime di tutto, di coccodrillo" viene usato per indicare una persona che, dopo aver commesso un'azione riprovevole, (tardivo, come appunto il coccodrillo, che dopo aver ingerito una preda, si pentirebbe averla uccisa) versa le famose lacrime. Ovvio che nel caso dell'animale le lacrime, che effettivamente sgorgano dal suo condotto lacrimale non hanno nulla a che fare con quelle che noi consideriamo espressione di sofferenza o commozione. Versare lacrime ha, infatti, diverse funzioni e, nel coccodrillo, in due particolari casi risultano di fondamentale importanza. Prima di tutto servono a tener pulito l'occhio e a lubrificare il movimento della membrana nittitante, una membrana trasparente intermedia presente nell'occhio del rettile, che si chiude quando si immerge ma che gli consente al tempo stesso di vedere abbastanza bene anche sott'acqua. La seconda funzione è quella di eliminare l'eccesso di sali dall'organismo che, specialmente nel coccodrillo marino, è dovuto all'alimentazione. Ecco come nasce la convinzione popolare secondo la quale il coccodrillo "piange" dopo aver mangiato. È vero che il colore del pelo dei gatti è in relazione al loro carattere? Sì, ed è anche possibile alterare alcuni aspetti del comportamento dei gatti come paura e aggressività incrociando esemplari il cui mantello abbia determinati colori; Questo avviene perché la melanina, il pigmento che determina la colorazione dei gatti, condivide un prodotto intermedio con la produzione di melatonina, un ormone fondamentale nella regolazione del comportamento nei mammiferi. Dunque ogni variabile di colorazione determina modalità differenti nella produzione di questo ormone. Si tratta di una connessione accidentale relativa all'azione di diversi geni che viene chiamata effetto pleiotropico e che viene studiata attentamente per le innumerevoli applicazioni che potrebbe avere nel campo della medicina umana. Qual è l’organismo più piccolo al mondo? I micoplasmi, una particolare specie di batteri, sono il più piccolo organismo libero vivente sulla Terra, con un diametro di circa 100 nanometri (un decimillesimo di millimetro). Gli appartenenti a questa specie sono spesso parassiti (il più conosciuto dei quali è il Mycoplasma pneumonite -nella foto-) in grado di causare gravi malattie nell’apparato respiratorio dei mammiferi ed in particolare dei bovini. Esistono diverse teorie che spiegano perché dimensioni minori siano incompatibili con la vita. Le cellule sono fatte di particelle i cui atomi sono soggetti alle fluttuazioni termiche e quantistiche, descritte dalle costanti fondamentali di Boltzmànn e di Planck. Applicando tali costanti alla cellula intesa come sistema fisico sembra che qualunque essere vivente abbia la necessità di avere una struttura fatta da almeno un milione di particelle elementari (cioè atomi e molecole) della stessa natura dell'ambiente nel quale si trova. Un numero minore di particelle non sarebbe infatti in grado di mantenere un equilibrio chimico interno in un ambiente circostante considerato variabile. ”Impacchettando” un milione di particelle elementari si ricava una dimensione lineare minima per gli esseri viventi di circa 100 nanometri, cosa che conferma il record di miniaturizzazione detenuto da Mycoplasma. Qual è l’animale più rumoroso del mondo? Si tratta della balenottera azzurra, un mammifero marino che detiene anche il record di dimensioni nel mondo animale. Questi mammiferi emettono richiami a bassa frequenza della durata di alcune decine di secondi ripetuti in precise sequenze che possono viaggiare attraverso l'acqua per centinaia di chilometri. L’intensità massima di questi richiami è stata misurata in 188 decibel, un valore esorbitante, maggiore addirittura di quello prodotto dalla partenza di un razzo (180 decibel). A causa delle basse frequenze di emissione (mediamente al di sotto di 25 Hertz), l’orecchio umano non è in grado di captare tali suoni. Meno male, perché quelli di intensità superiore a 120 decibel sono dannosi per il nostro apparato uditivo. Per risolvere il problema vengono utilizzati particolari microfoni sottomarini chiamati idrofoni, in grado di registrare e riprodurre suoni ad una frequenza adatta per il nostro orecchio. Solo i maschi di questa specie emettono i richiami per comunicare la presenza di cibo ad altri esemplari o, durante la stagione degli accoppiamenti, per attirare nella propria zona una compagna. l suoni vengono prodotti spingendo l'aria dalla laringe verso le fosse nasali, situate al di sotto delle corde vocali. Per ascoltare i suoni della balenottera azzurra si può consultare il sito www.newton.rcs.it Come fa il camaleonte a trascinare prede pesanti con la lingua? Un calcolo preciso, un lancio perfetto e il gioco è fatto! camaleonte (Chamaeleo chamaeleon) mostra incredibile abilità nell’usare occhi e lingua per catturare le sue prede. Vediamo come: a) Gli occhi si muovono indipendentemente l’uno dall’altro e, una volta individuata la preda, si sincronizzano per creare una visone binoculare e calcolare, con estrema precisione, distanza e profondità; b) Dopo aver preso la mira il camaleonte fa partire la lingua come una freccia e, in un istante, piomba sulla vittima. Il Il camaleonte è in grado di estroflettere la lingua anche per il doppio della lunghezza del corpo, e di ridurne il diametro anche del 600%. Dopo il contatto con la preda , la lingua viene recuperata, con preda annessa, attaccata per la punta della lingua. La tecnica di caccia è l’agguato. Gli etologi tuttavia hanno ribattezzato la strategia del camaleonte ”siedi e aspetta”. Se vivi sugli alberi, come il camaleonte, devi cercare di ridurre al minimo i tuoi movimenti sia per non farti vedere sia per evitare di cadere. Inoltre devi possedere un meccanismo muscolare estremamente forte e preciso per evitare di far cadere la tua preda dal ramo su cui si trova. Questa strategia non consente pasti frequenti e per questo il camaleonte preferisce prede sostanziose a piccoli pasti. Si ciba per questo di rettili e di piccoli uccelli. Poco prima del contatto sulla lingua si formano due piccole labbra che avvolgono la preda. La formazione di questa specie di ventosa è resa possibile dall’azione di una coppia di piccoli muscoli presenti appunto sulla punta della lingua. Per ulteriori informazioni si vedano anche: www.uia.ac.be/u/aherrel.it (sito dedicato alle tecniche d’agguato dei camaleonti) www.ssarherps.org (società per lo studio di rettili ed anfibi) www.unipv.it (società italiana per lo studio dei rettili) Come fa il boa ad ingoiare le prede intere? La strategia di caccia di molti serpenti non è l’agguato ma consiste nel cercarsi attivamente un buon pasto. La lingua non ha quindi più la funzione di cattura, ma si specializza in organo sensoriale. Il cranio dei serpenti è CINETICO ossia è dotato di ossa mobili. La mandibola dei serpenti non è un pezzo unico, ma è formata da due parti, una destra e una sinistra tenute insieme da un legamento. Anche l’articolazione tra cranio e mandibola è assai mobile. Così i serpenti possono aprire e deformare la bocca in modo impressionante. La lingua non serve a deglutire ma è il cranio che avanza sulla preda aiutato dalle vertebre cervicali. La bocca dei rettili è dotata di armi formidabili. Il morso più potente è quello dell’alligatore che riesce a chiudere le sue fauci con una forza di una tonnellata per centimetro quadrato.