BIODIVERSITA’ E SOSTENIBILITA’
DOVE NASCE
ORONATURALE
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Lo Jalapao
Lo Jalapao è una regione protetta del Tocantins, uno stato brasiliano di recentissima
costituzione, situato al confine tra la foresta amazzonica e la savana costiera.
Conosciuto come “deserto das aguas”, il deserto delle acque, in quanto unisce
all’ambiente tipico della savana una grande ricchezza di acque, lo Jalapao ha una
popolazione di circa 70.000 persone, con una rilevante presenza di indios (Xerente,
Krao, Karajà), in costante crescita.
Lo scenario naturale di questa regione è di una ricchezza incomparabile; ancora
poco conosciuta, presenta delle potenzialità turistiche enormi: dune, fiumi, cascate,
laghi, spiagge, grotte, fanghi e idromassaggi naturali, fauna e flora uniche al
mondo.
Il Capim Dourado
In questo ricchissimo scenario naturale, si inserisce la presenza di una pianta unica al
mondo, il capim dourado.
Questa pianta, il cui nome scientifico è syngonanthus nitens, brilla come l’oro, e
rappresenta la grande risorsa economica di questa regione; studi scientifici
effettuati, hanno rivelato che questa brillantezza unica deriva dalla presenza di
flavonoidi, che assorbono lo spettro di luce azzurra, violetta e ultravioletta.
Cresce nei campi umidi dello Jalapao (ma anche, marginalmente, in altri stati del
Brasile), costeggiati da boschi costituiti principalmente da palme di buriti (mauritia
flexuosa).
E’ una pianta perenne, appartenente alla famiglia delle Eriocaulaceae; presenta alla
base una rosetta di 3-4 cm di larghezza, e un’asta che serve a sostenere al suo apice
i fiori.
Ciascuna piantina produce una media di due aste per anno, anche se alcune arrivano
a produrne una decina; i fiori, molto piccoli, generano dei frutti secchi, ciascuno
contenente 2-3 semi, della grandezza di un millimetro circa.
La raccolta sostenibile
La raccolta (“colheta”) del capim dourado avviene in maniera sostenibile, cercando
di salvaguardare il territorio e la pianta stessa, con lo scopo di generare rendite per
la popolazione e gli indio e al tempo stesso conservare l’ambiente.
Essa avviene durante il mese di settembre, quando le aste e i semi sono già maturi:
esiste una legge statale (“Lei do Capim” Portaria Naturatins 362/2007). che stabilisce
come giorno di inizio della raccolta il 20 di settembre; questo proprio per tutelare e
garantire la riproduzione della specie.
Inoltre le aste mantengono la loro brillantezza solo cogliendole in questo periodo
dell’anno.
La legge ha anche fissato altre due regole, che chi effettua la “colheta” deve
rispettare (oltre a quella fondamentale del rispetto delle date): una attenzione
particolare a non estirpare l’intera piantina (che potrà così vivere e produrre aste
per molti anni), e la recissione della testa dell’asta, qualora essa sia ancora presente,
spargendo i semi sul terreno (in maniera da garantire che la maggioranza dei semi
finisca sul campo, permettendone la riproduzione).
La stessa legge proibisce la vendita delle aste di capim dourado fuori dal territorio
del Tocantins, favorendo in questo modo l’artigianato locale: il capim è e resta una
esclusiva del Tocantins, degli indio e della popolazione intera di questo stato.
Produttività - Qualità - Tutela dell’ambiente
L’artigianato del capim dourado in origine era svolto solo dagli indio Xerente, e
serviva per creare manufatti di utilizzo per la casa.
Attorno al 1930 questa arte di intrecciare il capim fu trasmessa dagli indio ad alcune
famiglie del villaggio di Mumbuca, nello Jalapao; da lì si estese poi per tutto il
Tocantins, divenendo conosciuto in tutto il Brasile e nel mondo.
Una importanza fondamentale è data dalla qualità del lavoro degli artigiani. In
primo luogo la conoscenza della pianta del capim dourado, saperla distinguere da
piante analoghe, ma che non possiedono la sua particolare brillantezza. In secondo
luogo, una tecnica di intreccio sempre più di qualità; una educazione degli artigiani
e degli indio al lavoro, a lavorare insieme, e sempre meglio.
Dal settembre 2011 il capim ha avuto il riconoscimento di Indicazione Geografica.
L’artigianato del capim dourado, praticato in una forma sostenibile, genera una
rendita per molte persone, e non solo per alcuni; e allo stesso tempo contribuisce
alla protezione del territorio: le sue bio-diversità (di piante e di animali, di corsi
d’acqua); la ricchezza culturale di un popolo e la salvaguardia degli indio.
Il buriti
Il buriti è una palma, e rappresenta l’altra grande risorsa dello Jalapao, essendo
anche strettamente legata all’artigianato del capim dourado.
Essa è anche conosciuta col nome di miriti; il suo nome scientifico è mauritia
flexuosa, fa parte della famiglia delle arecaceae e raggiunge i 30 metri di altezza.
Di questa palma si usa tutto, tanto che è soprannominata “arvore da vida” (albero
della vita): con le foglie si fanno cesti e vassoi, con il midollo delle foglie giocattoli e
mobili, e i frutti sono ricchissimi di vitamine.
Questa pianta è anche una indicatrice certa di presenza di acqua; i suoi frutti,
oltre che nutrire una quantità innumerevole di animali e uccelli, sono usati in
cosmesi e come coloranti naturali.
Buriti e capim: una storia comune
L’artigianato del capim dourado usa tradizionalmente per l’intreccio il filo (“fita”) di
buriti; esso viene ricavato dalle foglie giovani (“olho”) della palma di buriti, le quali
vengono tagliate, estraendo da esse la fibra vegetale, che poi viene fatta seccare al
sole per alcune ore.
Esistono delle norme di tutela ambientale, atte a garantire la sopravvivenza delle
piante stesse.
1) Recidere una sola di queste foglie giovani per pianta; ogni palma produce
infatti tre foglie giovani l’anno: reciderne più di una potrebbe causare alla
lunga la morte della pianta stessa.
2) Verificare la presenza di eventuali tagli già effettuati sulla pianta; nel caso,
passare a un’altra pianta.
3) Scegliere piante che abbiano il maggior numero possibile di foglie verdi.
4) Scegliere campi (“vereda”) per la raccolta delle foglie i più lontani possibili
dalle zone in cui si dimora, per non “sovraccaricare” la raccolta sulle “veredas”
più vicine.
5) Piantare i semi di buriti nella “vereda” più prossima a casa; ripopolando in
questo modo questa pianta straordinaria.
Tutto questo oltre a garantire la vita stessa della pianta, garantisce una migliore
qualità delle materie prime: un filo di buriti più resistente e più lungo: una
sostenibilità che si sposa con qualità e redditività.
Una educazione al lavoro
In varie regioni del Cerrado (la regione bioclimatica di cui fa parte anche lo Jalapao),
è ricorrente l’uso del fuoco, per ripulire i campi e rinvigorire le piante.
E’ stato sperimentato che dove non si bruciano i campi per diversi anni, quasi non
esistono aste di capim dourado; ma appena si dà fuoco, queste tendono a rinascere.
E’ dunque necessaria una educazione degli artigiani e degli indio a un controllo del
territorio, a una matura responsabilità: bruciare in continuazione i campi,
porterebbe a un disequilibrio dell’ambiente stesso.
Inoltre, il fuoco deve essere ben controllato, affidato a persone esperte (vigili del
fuoco), effettuato in orari di minor calore e in posizione di controvento.
Da tutto ciò, emerge l’importanza di una organizzazione da parte degli artigiani,
costituendo comunità e associazioni atte a migliorare il metodo di lavoro.
Migliorare le infrastrutture (strade, elettricità, ecc.), conseguire finanziamenti,
facilitare l’acquisto delle materie prime e degli strumenti di lavoro, educare gli
artigiani a migliorare sempre la qualità del loro lavoro; il lavoro in un gruppo
organizzato, può generare maggiori rendite, un miglior controllo qualitativo, in
definitiva una miglior qualità di vita per gli indio e per le popolazioni locali.
Sostenibilità: per poter crescere insieme, tutti
Tutelare le popolazioni indio, attraverso il loro lavoro e nel rispetto della loro
cultura, imparando gli uni dagli altri reciprocamente.
Alimentare un indotto già esistente, diffondendo e facendo conoscere prodotti
frutto della maestria di un artigianato semplice, fatto di abilità e pazienza, di
attrezzature rudimentali e fantasiose, spesso realizzate con materiali donati dalla
natura, che sfruttati consapevolmente, non stravolgano i cicli dettati dalla natura
stessa.
L’esito di tutto ciò, è l’incentivazione di una produzione di qualità e fruibile per
tutti, e non solo per pochi: sostenere il lavoro sul proprio territorio, là dove uno
vive, migliorando la qualità della propria vita.
L’associazione oronaturale vuole avvicinarsi con molta umiltà a questa missione,
non come protagonista, ma come portavoce etico e responsabile; con il desiderio di
poter divulgare la nobile arte lavorativa di genti che spesso rinunciano alle basilari
necessità, ma non smettono di lottare per la propria esistenza, insegnandoci spesso
valori ormai quasi estinti tra di noi, quali la dignità, il rispetto e la gioia di vivere.
Un design che si origina dalla natura
Partire dalla natura, per giungere all’eleganza e alla moda: questo il percorso di
oronaturale.
Capim dourado e pietre semi-preziose, in un connubio di arte e raffinatezza, di
tradizione e innovazione. E il placcato oro 18k, a impreziosirne e rafforzarne la
leggiadra struttura.
Creazioni di design, dove il lavoro degli artigiani del capim si fonde con le creazioni e
l’estro delle artiste di oronaturale.
E dove la confezione stessa è un’opera d’arte: realizzata in legno di miriti a mano,
con interno in raso, e con sovraimpressioni a fuoco.