Dr. Antonello Inglese Docente Università dell'Aquila Dipartimento Medicina e Chirurgia Sistemi Informativi e base di dati Amministratore sistemi Informativi Art.93 c.c. formalità preliminari, pubblicazione on-line. Il mutamento del contesto normativo, l'introduzione dei formati elettronici, la pubblicazione on-line sull'albo pretorio degli atti e provvedimenti, l'obbligo della conservazione legale sostitutiva e la dematerializzazione degli atti amministrativi ha profondamente modificato tutto il processo amministrativo, della produzione, pubblicazione e successiva conservazione degli atti pubblici. La pubblicazione è la fase del procedimento di formazione del matrimonio che precede il matrimonio: la sua funzione è quella di portare a conoscenza dei terzi l'intenzione degli sposi di contrarre matrimonio e di consentire alle persone legittimate di fare eventuale opposizione al matrimonio. L'istituto fu introdotto per il matrimonio canonico dal Concilio di Trento con il decreto Tametsi (è il decreto canonico che ha regolato la forma del matrimonio fino all'emanazione del Codice di diritto canonico (1917). Fu emanato l' 11 novembre del 1563 durante la XXIV sessione del Concilio e costituisce il primo dei dieci capitoli del decreto De reformatione matrimonii), soprattutto in connessione con i matrimoni clandestini. La pubblicazione deve essere richiesta da entrambi gli sposi all'ufficiale di stato civile del comune in cui uno degli sposi ha residenza e ha luogo nei comuni di residenza degli sposi. La richiesta deve contenere nome e cognome, data e luogo di nascita, cittadinanza, luogo di residenza, l'assenza di impedimenti matrimoniali e se gli sposi hanno già contratto precedente matrimonio. La pubblicazione deve rimanere affissa per 8 giorni. Dopo di che devono passare almeno altri 4 giorni per celebrare il matrimonio e non più di 180 giorni. Quindi, concretamente, il matrimonio potrà essere celebrato dal 13º al 180º giorno dalla data di pubblicazione, se il matrimonio non viene celebrato in questo arco di tempo, la pubblicazione si considera decaduta, come se non avvenuta ed occorre rinnovarla. Il Viminale con riferimento alle pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del cognome - ha ribadito una cosa apparentemente ovvia, ma completamente disattesa dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni pubbliche e dalle soluzioni informatiche adottate in assenza di regole tecniche: le forme della pubblicità legale devono mantenersi distinte da quelle inerenti alla redazione dei documenti e vanno garantite nella loro autenticità, integrità e contestualizzazione. Questo approfondimento deriva dal fatto inconfutabile che la pubblicazione all’albo on-line richiede modalità identiche alla pubblicazione cartacea quindi si deve realizzare un processo informatico che realizzi un processo che garantisca l'autenticità dell'atto attraverso l’utilizzo della firma digitale. Ma, nella vita quotidiana dei nostri comuni italiani, queste prescrizioni vengono osservate? E se vengono disattese - come risulta, empiricamente, nella maggior parte dei casi - quali sono le relative conseguenze giuridiche? In linea generale, l’art. 93 c.c. afferma che la celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell’ufficiale di stato civile. Sembrerebbe che il matrimonio senza le relative pubblicazioni non possa essere celebrato. In realtà, la mancanza delle pubblicazioni non costituisce elemento invalidante del matrimonio o ipotesi di nullità dello stesso, bensì rappresenta una mera irregolarità suscettibile di sanzioni amministrative sia per gli sposi che per l’ufficiale dello stato civile. Nel caso che ci interessa, ossia la pubblicazione sull’albo on line, neppure la mancanza della firma digitale che attesti la sottoscrizione del, quand’anche invalidasse l’intero procedimento di pubblicazione, non renderebbe il matrimonio viziato o nullo e, dunque, si tradurrebbe in una mera irregolarità sanzionata dal punto di vista amministrativo. Il vero problema, però, non è costituito dalle conseguenze giuridiche della mancanza della firma digitale nella pubblicazione degli atti sull’albo on line, bensì dai rischi che tale pubblicazione comporta ove non supportata da tale strumento tecnologico elevato dalla normativa a “sigillo” dei documenti informatici. La pubblicazione on line di documenti, contenenti anche dati personali dei cittadini, da parte dei comuni non può essere lasciata in balia delle iniziative estemporanee dell’impiegato che, vuoi perché privo degli strumenti informatici necessari, vuoi perché sprovvisto delle relative competenze tecniche, ritiene sufficientemente “sicuro” pubblicare, ad esempio le c.d. copie informatiche “semplici", ovvero quelle ottenute scansionando l’originale analogico ed esposte sul web in formato pdf. Tali pubblicazioni non danno contezza né della conformità della copia pubblicata al suo originale, né della sua immodificabilità, né del suo valore giuridico e probatorio. La circolare del Ministro dell’Interno ha dato importanti istruzioni per la corretta pubblicazione degli atti di matrimonio e delle istanze volte ad ottenere il cambio del nome e del cognome. Le conclusioni a cui essa giunge sono estensibili a tutti gli atti che i comuni devono pubblicare sull’albo pretorio on line e non solo i comuni ma tutte le Pubbliche Amministrazioni, soprattutto in ragione del fatto che la mancanza della firma digitale anche per atti diversi da quelli oggetto di analisi può condurre a conseguenze di gran lunga più gravi di quelle previste codicisticamente per l’irregolarità nella pubblicazione degli atti di matrimonio: la mancanza di protezione dei dati pubblicati e, soprattutto l’impossibilità di garantire l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità di quanto pubblicato on line. La validità del matrimonio, in realtà, non viene intaccata né dall’inosservanza delle norme sulla pubblicazione, che può dar luogo solo ad irregolarità suscettibili di sanzioni amministrative, né dalla violazione di quelle sulla trascrizione nei registri dello stato civile, la quale ha natura certificativa e di pubblicità e non costitutiva. L’art. 134 c.c., infatti, prevede la punizione con un’ammenda, oggi sanzione amministrativa, che va da 41 euro a 206 euro. Il Ministero dell’Interno – con la Circolare n. 13 del 21 Aprile 2011 – seppur con riferimento alle sole pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del cognome, ha chiarito che i documenti pubblicati all’albo online devono essere firmati con firma digitale, in quanto solo con essa è possibile attestare la conformità legale del documento informatico a quello cartaceo originale. L’intervento del Ministero segue quello precedentemente effettuato – con la Circolare n. 1 del 5 gennaio 2011 – dalla Direzione Centrale per i Servizi Demografici che aveva precisato che le suddette pubblicazioni dovessero “avvenire solo ed esclusivamente nei siti informatici di ciascun comune». L’esigenza di chiarimenti era stata dettata dalla necessità di evitare che l’avviso, sia di pubblicazioni di matrimonio e sia del sunto delle domande di cambiamento del nome e del cognome, fosse lasciata ad iniziative “estemporanee” nel perdurare dell’assenza di regole giuridiche e tecniche. E’ importante ricordare a proposito che, in caso di inosservanza degli obblighi di pubblicazione, ai sensi dell’art. 99 del Codice Civile, la cerimonia di matrimonio non potrebbe essere celebrata, e qualora questa avvenisse ugualmente, il matrimonio non sarebbe nullo né annullabile, ma a carico degli sposi e dell’ufficiale di stato civile potrebbe, come detto, essere comminata una sanzione amministrativa che va da 41 a 206 euro. La firma digitale, secondo la Circolare del 21 aprile, ha dunque lo scopo di attestare “la conformità di quanto pubblicato con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica e l’inalterabilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conservazione nel tempo dei documenti pubblicati”. Infatti, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs.82/2005 Codice dell’Amm.ne Digitale (d’ora in poi C.A.D.) i documenti informatici sottoscritti con firma elettronica qualificata o con firma digitale, hanno l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice Civile. Invece, il documento informatico, privo di firma digitale, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio in quanto assimilabile ad una riproduzione meccanica ai sensi dell’art. 2712 del Codice Civile. Di conseguenza, per realizzare gli adempimenti per la pubblicazione online dall’art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in vigore dal 1° gennaio 2011), qualora il documento originale fosse cartaceo, la copia immagine destinata alla pubblicazione dovrà essere firmata digitalmente ai sensi degli artt. 22 e 23-ter del C.A.D. Le Pubbliche Amministrazioni italiane ancora non rispettano la normativa in tema di diritto di accesso e albo online e da una recente indagine ANORC emergono alcune lacune, in alcuni casi sono state presentate delle interrogazioni. Gli Albi on line delle PA italiane sono pubblicati in modo serio e affidabile e, soprattutto, in linea con le esigenze della legge? Sembrerebbe di no nella maggioranza dei casi, anche alla luce della recente indagine di ANORC, e infatti arrivano le prime interrogazioni e i primi dubbi… e prima o poi arriveranno anche le prime sentenze. C’è da dire quindi che, nonostante il momento non sia propizio – il Governo ha in questi giorni annunciato con la nuova Legge di Stabilità tagli del 50% alle spese del settore ICT per la pubblica amministrazione - appare doverosa una riflessione sulle procedure e in particolare su quelle di pubblicazione on line, a garanzia della trasparenza della macchina burocratica e della tutela dei diritti dei cittadini. La normativa in materia di documentazione amministrativa obbliga già da tempo le pubbliche amministrazione a favorire una maggiore efficienza delle procedure e l’accesso telematico ai documenti e ai dati pubblici prodotti dalla PA. Se con la legge 241/1990 in materia di procedimento amministrativo è stato sancito per i cittadini il diritto di prendere visione e di estrarre copia dei documenti le cui finalità siano considerate rilevanti per il pubblico, l’articolo 32 della Legge 69/2009 ha poi incentivato il progressivo superamento della forma cartacea imponendo agli enti pubblici di pubblicare sui propri siti istituzionali gli atti e i provvedimenti amministrativi, allo scopo di garantire il rispetto degli obblighi di pubblicità legale. Per giungere al D.gls 33/2013 che ha dettato le norme per la trasparenza amministrativa, obbligando tutte le Pubbliche Amministrazioni a strutturare un apposito spazio web ove rendere visibili i contenuti dell'intera vita amministrativa, stabilendo altresì la pubblicazione della documentazione in formato accessibile e conforme agli originali. Le finalità sottese erano e sono quelle di consentire una maggiore efficienza dei servizi snellendo procedure burocratiche, per facilitare la fruizione e il reperimento della documentazione da parte del cittadino richiedente, il quale dovrebbe così essere messo nella condizione di monitorare l’iter procedimentale e interagire con l’amministrazione comodamente da remoto. Uno degli strumenti con i quali gli enti locali sono tenuti a espletare tale servizio è la pubblicazione dei documenti nell’albo pretorio - che da luogo fisico di affissione è divenuto una sezione dedicata della pagina del sito istituzionale - secondo tempistiche e con requisiti formali precisi. AgID ha predisposto nel 2011 un Vademecum sulle modalità di pubblicazione all’Albo sottolineando come tale procedura richieda una pianificazione preventiva delle attività in termini di modalità di pubblicazione, accesso ed eventuale acquisizione, tempi di pubblicazione, trattamento dei dati, archiviazione dei documenti, con l’ausilio di personale addetto e figure responsabili in possesso di specifiche competenze. Attraverso un’interfaccia - che dovrebbe essere intuitiva e facile da usare - il cittadino può così consultare, ad esempio, bandi di gara, avvisi, provvedimenti, pubblicazioni di matrimonio, i cui tempi di pubblicazione sono disciplinati dai singoli statuti e regolamenti locali e fissati generalmente nei quindici giorni successivi alla data di pubblicazione. Il legislatore, consapevole del valore e delle conseguenze giuridiche che comporta tale procedura, che deve conformarsi ai termini di avvio e conclusione del procedimento amministrativo, si è preoccupato di emanare uno specifico DPCM (26 aprile 2011) sulla pubblicazione di bandi, avvisi e bilanci e di “ogni atto e provvedimento concernente procedure ad evidenza pubblica”. In particolare, il documento pubblicato nell’Albo conclude o avvia un procedimento amministrativo e il rischio di nullità dell’atto dev’essere perciò assolutamente prevenuto. Affinché sia possibile ritenere l’atto autentico e integro e ne sia garantita l’immodificabilità, è assolutamente necessaria l’apposizione della firma digitale del Responsabile del procedimento di pubblicazione – capace così di attestare con certezza la provenienza e la conformità del documento all’originale, sigillandolo appunto con l’unico strumento consentito dalla normativa primaria (ai sensi dell’art. 24 comma 2 del Codice dell’amministrazione digitale) - e l’utilizzo di un formato idoneo anche all’archiviazione e alla conservazione del documento nel lungo periodo. Nonostante i processi di produzione e pubblicazione documentale siano disgiunti - anche se la pubblicazione in formato elettronico dovrebbe logicamente presupporre che il documento originale sia nativo digitale – le strategie tecnologiche utilizzate a garanzia della legalità dei due processi dovrebbero essere le stesse. Ma quello che invece spesso succede – anche secondo quanto emerso dalla già citata indagine sui siti della PA, condotta dall’ANORC - è di trovarsi a visualizzare nell’Albo una copia informatica di un documento analogico (quindi acquisita con un semplice processo di scansione), magari nel formato proprietario e ormai superato .doc e/o pdf immagine e comunque entrambi sprovvisti della firma digitale del pubblico ufficiale che ne attesti la conformità all’originale. Inoltre, per quanto attiene ai certificati di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del cognome, il legislatore è stato particolarmente esplicito circa la necessità di sottoscrizione digitale del documento, affermando, inoltre, che il procedimento di pubblicazione è diretto a dare “pubblica conoscenza e pieno valore legale, agli atti e provvedimenti indicati per legge, anche quando formati da terzi, attestando nel contempo la conformità di quanto pubblicato con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica, e l’inalterabilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conservazione nel tempo dei documenti pubblicati”. In ultimo, non è possibile ignorare le disposizioni del Garante privacy in materia, che confermano l’opportunità della firma digitale per la contestualizzazione dell’atto pubblicato on line, imponendo anche per questa delicata attività di pubblicazione telematica un trattamento dei dati personali che sia “pertinente, completo e non eccedente” rispetto alle finalità che si perseguono e che garantisca anche il diritto all’oblio dei dati, in modo tale che essi non possano essere più rintracciati attraverso i motori di ricerca una volta scaduti i tempi di pubblicazione all’Albo. Tutto questo lo si sta facendo? O si continua a confondere la pubblicazione nell’Albo con le ragioni (che hanno presupposti e finalità completamente diversi) della trasparenza contenute nel D. Lgs. 33/2013? Il rischio,si ribadisce, è l’inesistenza giuridica di ciò che si pubblica senza rispettare le precise regole imposte dalla normativa (oltre la possibilità di effettuare illeciti trattamenti di dati personali). L’obiettivo a cui tendere è sicuramente quello della produzione di documenti nativi digitali, che possano quindi essere acquisiti, distribuiti e gestiti dai vari uffici in modo automatizzato e accuratamente archiviati e resi accessibili agli utenti in modalità elettronica. I riferimenti normativi sono molteplici e precisi, ma scarsi sono invece gli investimenti economici destinati all’acquisizione di idonei strumenti informatici e all’inclusione nell’organico della PA di personale specializzato. Senza tali presupposti non è possibile avviare un processo di cambiamento in grado di incidere in maniera significativa sulla qualità dei servizi offerti (ormai obbligatoriamente) on line e capace di disincentivare così gli sprechi e velocizzare i tempi di espletamento delle pratiche amministrative. Stiano tranquilli gli sposi, se la celebrazione del matrimonio ha avuto luogo senza che sia stata preceduta della pubblicazione, il matrimonio è valido ma irregolare e sia gli sposi che l'ufficiale di stato civile sono esposti al pagamento di un'ammenda, Art. 134. Omissione di pubblicazione Sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €. 41 a €. 206 gli sposi e l'ufficiale dello stato civile che hanno celebrato il matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione. Così non è per gli altri documenti, il documento pubblicato nell’Albo (Deliberazione, determina, ecc.), conclude o avvia un procedimento amministrativo e il rischio di nullità dell’atto dev’essere perciò assolutamente prevenuto. Affinché sia possibile ritenere l’atto autentico e integro e ne sia garantita l’immodificabilità, è assolutamente necessaria l’apposizione della firma digitale del Responsabile del procedimento di pubblicazione. Così come è indispensabile adottare i formati elettronici previsti dalla normativa, che garantiscano la necessaria accessibilità, usabilità e riutilizzo del dato, cosa doverosa peraltro per agevolare la successiva archiviazione sostitutiva dei dati nei repository destinati alla conservazione della documentazione amministrativa.