Stagione 2015-2016
Sala Grande
dal 30 ottobre all’8 novembre 2015
I Persiani a Caporetto
da I Persiani di Eschilo
traduzione, adattamento e regia Roberto Cavosi
con Anna Maria Guarnieri, Luciano Virgilio, Marco Gambino,
Pierluigi Corallo, Matteo Francomano
scene e costumi Daniela Cernigliaro
musiche Marco Betta
produzione Teatro Biondo Palermo
Nel novembre del 2015 ricorrono i cento anni del coinvolgimento dell’Italia
nella Prima Guerra Mondiale. Una guerra terribile, che ha lasciato ferite
indelebili non solo nei vinti. Una guerra che è diventata simbolo di tutte le
guerre. Un mito, una tragedia. In tutto l’Occidente I Persiani sono forse
l’opera più esaustiva e profonda riguardo alla guerra, oltretutto vista dal
punto di vista degli sconfitti. Un’ottica inaudita se pensiamo che Eschilo
militava fra i vincitori. Ma il grande insegnamento è proprio questo: nelle
guerre non esistono né vincitori né vinti, la guerra stessa è una sconfitta. Lo
spettacolo I Persiani a Caporetto racconta esattamente questo: la sconfitta. E
Caporetto è per noi infatti simbolo di disfatta, di disastro.
L’intera vicenda è ambientata in una cucina dei primi del ’900 ed è vista
attraverso gli occhi di una Cuoca e di un Maggiordomo. Due personaggi che,
sostituendosi al Coro, diventano i veri protagonisti della “Storia”. Due esseri
indifesi di fronte alla catastrofe, di fronte a una Regina\Stato così incapace di
guardare al futuro da essere anch’essa un fantasma tra i caduti del suo stesso
esercito. La trasposizione di Eschilo nella Grande Guerra diventa così
emblema di tutte le nostre paure e del nostro implorante smarrimento.
dal 20 al 29 novembre 2015
Still Life
drammaturgia ricci/forte
regia Stefano Ricci
con Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Fabio Gomiero,
Liliana Laera, Francesco Scolletta
movimenti Marco Angelilli
direzione tecnica Davide Confetto
assistente alla regia Claudia Salvatore
una produzione ricci/forte realizzata con il sostegno del Teatro di Roma
Il bullismo omofobico, la discriminazione, il mobbing psicologico che
spinge all’auto annientamento, sono i temi di Still Life.
Un contributo di ricci/forte, l’ensemble più dirompenti della scena teatrale
contemporanea, per combattere la discriminazione identitaria, un “omaggio”
per ricordare l’adolescente romano, uno dei tantissimi, che si è tolto la vita
impiccandosi con la sua sciarpa rosa. Una vertigine per illustrare un germe
che si annida ovunque, ma che proprio nei licei scolastici, in quell’età in cui
ogni futuro sembra possibile, stabilisce il suo paradosso smascherando i
perimetri del gregge che diventeremo.
Metti un’età dell’uomo, l’adolescenza, quando cominci a formare un’identità
ma hai bisogno di stabilire una rete sociale. Metti la Fantasia, che ti
attraversa da sempre e vorresti abitarla come la più intima delle tue stanze.
Metti l’ignoranza degli altri, il timore del differente, l’angoscia bovina che
non ci sia un ordine preciso sulla Terra. Metti un colore, il rosa, da sempre
sinonimo falso di femminilità. Metti lo sconforto, quando sei solo. Metti
tutto insieme e il risultato sarà l’Olocausto.
dall’11 al 20 dicembre 2015
Verso Medea
Spettacolo-concerto
da Euripide
testo e regia Emma Dante
con Elena Borgogni, Carmine Maringola, Salvatore D’Onofrio,
Sandro Maria Campagna, Roberto Galbo, Davide Celona
musiche e canti Fratelli Mancuso
luci Marcello D’Agostino
produzione Compagnia Sud Costa Occidentale
«Medea compie un viaggio che è un’opera d’amore: la sua natura si plasma e
si nutre della sua sofferenza. Sceglie la colpa! La sua storia, la sua indole, lo
esigono. Medea è una barbara che non riconosce altra autorità se non quella
del proprio istinto, per questo si attacca disperatamente al concetto di libertà.
Per lei è rassicurante pensare di essere libera, di poter scegliere il proprio
destino, di poterlo fare e disfare con le proprie mani. La sua appartenenza a
un gruppo familiare o di classe o di nazione o di religione limita la sua
presunta libertà, perché Medea si sente straniera ovunque. La sua vera
tragedia consiste proprio nella difficoltà di mantenere coscienti le sue
pulsioni primitive, lottando disperatamente perché non si trasformino mai in
regole da rispettare. La diversità di Medea da cui comincerò per avviare
l’indagine sui suoi pluriomicidi, ha a che fare col travaglio del parto, con la
sua fertilità devastante e rigogliosa, con la sua innata capacità di generare e
di perpetuare la specie in un paese abitato soltanto da un popolo maschile
inadatto a contenere e a sviluppare il seme. Immagino dei vicoli in cui alcuni
uomini camminano di notte mezzo addormentati e sognano pance gravide,
vagiti di neonati, corredi di figli annunciati. Si sente un urlo e poi il silenzio.
Il travaglio è in atto: Medea sgrava la sua tragedia». Emma Dante
dal 15 al 24 gennaio 2016
Kean, passione e seduzione
di Michele Perriera
regia Lollo Franco e Jean Laurent Sasportes
con Lollo Franco
scene Lollo Franco
musiche Marco Betta
luci Giuseppe Calabrò
costumi Dora Argento
produzione Teatro Biondo Palermo
Kean, passione e seduzione segue l’intreccio del Kean di Dumas, che assume
come vero e proprio mito. Michele Perriera (che approda al palcoscenico del
Biondo con un suo testo storico, e con il suo storico interprete) di questo
mito reinventa la prospettiva mentale e il linguaggio stesso, senza perdere
tuttavia quel profumo ottocentesco che ne è, in un certo senso, l’impronta
genetica. La macchina teatrale di Dumas è anche pretesto per dare un
accento schiettamente discorsivo e favolistico ai nostri interrogativi sul
teatro, in una prospettiva che trascenda il teatro stesso, fino a mettere in
scena il sempre più ambiguo rapporto fra esistenza e rappresentazione. Del
resto questo Kean non ha più al centro la relazione fra un io titanico e una
società ingrata, ma piuttosto quella di un io dilaniato fra l’Apparenza e
l’introvabile Essenza. In questo orizzonte l’io, più che vincere o perdere,
svanisce negli stessi meandri delle sue contraddizioni e nella stessa
effervescenza dei suoi umori, lasciando di se nient’altro che un inebriante
profumo. Circondato dagli incubi della propria inessenzialità, il nostro Kean
oscilla fra colpa e riscatto, paura e avventura, arroganza e povertà, tedio e
amore. Fra seduzione e passione.
Kean, passione e seduzione aspira ad essere una favola onirica e tiene molto
alla sua dimensione allegorica. I personaggi sono chiaroscuri dell’esistenza e
della rappresentazione: il vero e il falso, l’innocenza e il vizio, il coraggio e
la viltà, il bello e il brutto si compongono e si dissolvono in loro, come
immagini di un caleidoscopio.
dal 29 gennaio al 7 febbraio 2016
Servo per due
di Richard Bean
tratto da Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni
tradotto e adattato da Pierfrancesco Favino, Paolo Sassanelli,
Marit Nissen, Simonetta Solder
regia Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli
con Pierfrancesco Favino
e gli attori del Gruppo Danny Rose
elaborazioni musicali dell’Orchestra Musica da Ripostiglio
musicisti Luca Pirozzi, Luca Giacomelli,
Raffaele Toninelli, Emanuele Pellegrini
scene Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Cesare Accetta
coreografie Fabrizio Angelini
produzione Gli Ipocriti
con la partecipazione della Fondazione Teatro della Pergola
Rimini, anni Trenta: Pippo, moderno Arlecchino, ha appena perso il lavoro e
si ritrova depresso e senza soldi. Disperato, comincia a cercare un nuovo
mestiere e dopo vari tentativi accetta di lavorare contemporaneamente alle
dipendenze di due diversi padroni, trovando così non solo il modo di
raddoppiare il suo salario e i suoi pasti, ma anche di passare da una sorpresa
all’altra. Pierfrancesco Favino propone un’originale rivisitazione di un
classico come Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni, nella versione
inglese di Richard Bean. Uno spettacolo in linea con l’idea portante del
Nuovo Teatro Biondo: rileggere i classici non tanto attualizzandoli, ma
esponendoli a una luce diversa, a nuovo punto di vista. Una vera e propria
commedia musicale, movimentata ed esilarante, interpretata da un’affiatata
compagnia di attori e musicisti. Servo per due è un fuoco di fila di battute e
colpi di scena, inframmezzati dall’esecuzione dal vivo di celebri brani
d’epoca. Nella Rimini felliniana, che fa da sfondo agli equilibrismi del
protagonista e della sua compagnia, risuonano e danno spettacolo Maramao,
Il pinguino innamorato, Un sassolino nella scarpa ed altri celebri motivi.
dal 12 al 21 febbraio 2016
Spirito allegro
di Noel Coward
regia Fabio Grossi
con Leo Gullotta, Betti Pedrazzi,
Rita Abela, Federica Bern, Chiara Cavalieri,
Valentina Gristina, Sergio Mascherpa
scene Ezio Antonelli
costumi Luigi Perego
luci Umile Vanieri
musiche Germano Mazzocchetti
produzione Diana Or.I.S.
Una delle commedie più divertenti e popolari del Novecento – per oltre
cinquant’anni ininterrottamente in scena nel West End londinese – rivive in
una messa in scena originale e fantasiosa. Tra sedute spiritiche e dispettosi
fantasmi, Leo Gullotta, nei panni di uno scrittore in cerca di spunti per il suo
nuovo romanzo, si destreggia dinanzi allo spettro della prima moglie (che lo
vorrebbe defunto per riabbracciarlo) e all’attuale compagna in carne e ossa.
Espedienti scenici, più aderenti all’auditorio di oggi che alla penna di
Coward, rappresenteranno con inventiva il soprannaturale, in una messa in
scena scattante e piena di ritmo.
dal 4 al 13 marzo 2016
Minetti
Ritratto di un artista da vecchio
di Thomas Bernhard
regia Roberto Andò
con Roberto Herlitzka
scene Gianni Carluccio
produzione Teatro Biondo Palermo
Dopo Kean, assieme a Kean, un’altra riflessione sull’Attore, colto nella sua
piena maturità. Bernhard Minetti (1905-1998) è stato uno dei più grandi
attori di teatro del Novecento. Lo scrittore Thomas Bernhard, che lo ha avuto
come interprete di molti dei suoi testi, ne ha scritto uno apposta per lui, nel
quale l’attore, ormai anziano e solitario, trascorre una notte di capodanno in
attesa di andare in scena per l’ultima volta nel ruolo di Re Lear.
In un inarrestabile flusso di coscienza, Minetti riflette sulla propria vita e sul
senso del teatro, senza risparmiare giudizi caustici e impietosi su una società
istupidita e un teatro svuotato di senso. Il tragico epilogo assume il
significato di un estremo atto di ribellione.
In questa nuova messa in scena, Roberto Andò affida il ruolo di Minetti al
grande attore italiano Roberto Herlitzka.
dal 15 al 24 marzo 2016
Dipartita finale
di Franco Branciaroli
regia Franco Branciaroli
con (in ordine anagrafico)
Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Franco Branciarioli, Maurizio Donadoni
e con Sebastiano Bottari
scene Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia / Teatro de Gli Incamminati
Ancora un classico del Novecento, variato per l’occasione. Dopo
l’apprezzata edizione di Finale di partita del 2006, Franco Branciaroli firma
un testo ascrivibile alla stessa atmosfera dell’assurdo. Dipartita finale è la
storia di tre clochard – Pol, Pot e il Supino – comicamente alle prese con le
questioni ultime cui li costringe Totò, travestimento della morte.
Oltre allo stesso Branciaroli, che interpreta quest’ultimo ruolo, in scena c’è
un cast esemplare: Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai e Maurizio Donadoni,
presentati in locandina in ordine anagrafico.
Il fine metafisico, quello di un mondo affossato nell’assenza di valori, che
affida la propria longevità alla scienza, in assenza di una fede
nell’immortalità, è perseguito con strumenti irresistibilmente divertenti.
«È una parodia – spiega Branciaroli – un western, un gioco da ubriachi sulla
condizione umana dei nostri tempi, con tre barboni che giacciono in una
baracca sulle rive di un fiume, forse il Tevere, e con la morte, nei panni di
Totò menagramo, che li va a trovare impugnando la falce». Il finale, a
sorpresa, è lieto per tre quarti.
dal 15 al 24 aprile 2016
La dodicesima notte
di William Shakespeare
traduzione Patrizia Cavalli
regia Carlo Cecchi
con Carlo Cecchi, Remo Stella, Giuliano Scarpinato, Rino Marino, Eugenia
Costantini, Davide Giordano, Federico Brugnone, Barbara Ronchi, Daniela
Piperno, Vincenzo Ferrera, Loris Fabiani, Dario Iubatti
musiche Nicola Piovani
scena Sergio Tramonti
costumi Nanà Cecchi
disegno luci Paolo Manti
produzione Marche Teatro – Teatro Stabile Pubblico
in collaborazione con Estate Teatrale Veronese
Carlo Cecchi torna a Shakespeare, e a Palermo, per misurarsi con La
dodicesima notte, una commedia corale fondata sugli equivoci, sugli scambi
di identità e di genere. Il testo shakespeariano, esaltato dalla traduzione della
poetessa Patrizia Cavalli, dalle musiche di Nicola Piovani e dai sontuosi
costumi di Nanà Cecchi, permette ancora una volta al regista, anche
interprete nelle vesti di Malvolio, di orchestrare un gioco attoriale
straordinario, lavorando sulla stilizzazione e sull’essenza dei personaggi
attraverso quella maestria che ha fatto di lui il più moderno tra i grandi
registi-interpreti del teatro italiano.
«Malgrado la sua funzione comica – spiega Cecchi – il plot della commedia
ha uno svolgimento più amaro: la follia che la percorre, come in un
carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capo
espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che
aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte. Shakespeare
è il Teatro assoluto. Un’attualità che va al di là dell’attualità. È talmente
universale Shakespeare, che quasi miracolosamente diventa sempre,
immediatamente, Teatro».
dal 6 al 15 maggio 2016
Horcynus
Transito e ricongiungimento
da Stefano D’Arrigo
regia Claudio Collovà
con Vincenzo Pirrotta, Manuela Mandracchia, Giovanni Calcagno
drammaturgia Claudio Collovà e Dario Tomasello
scene e costumi Enzo Venezia
musiche Giuseppe Rizzo
video Alessandra Pescetta
produzione Teatro Biondo Palermo
Horcynus Orca narra il ritorno dalla guerra di ‘Ndrja Cambrìa, nocchiero
della fu Regia Marina italiana. È un Nostos, proprio come nell’Odissea e
nell’Ulysses di James Joyce, al quale viene spesso accostato. Come
quest’ultima è un’opera di grandioso respiro epico e lirico, che racchiude in
una azione di pochi giorni e in uno spazio compreso tra l’estremità della
Calabria e la Sicilia una materia di immenso potenziale mitico e simbolico e
insieme di straordinaria evidenza realistica. Lo spettacolo intende riproporre
la combinazione di simbiosi tra il realismo e il visionario, tra la concretezza
e il pittorico più immaginifico. È una ricerca del regista Claudio Collovà
sugli scrittori del ’900, con la particolarità, questa volta, di essere ambientata
in Sicilia.
Molti studiosi hanno indagato la scrittura di D’Arrigo ponendo l’accento
sulle sue linee stilistiche fondamentali e hanno riconosciuto il respiro epico
eccezionale e la straordinarietà dell’opera. Un’opera, vastissima, della quale
Horcynus racconta due episodi centrali, isolandoli dal contesto e legandoli
insieme: quello di Ciccina Circé, la madremaga che traghetterà Cambrìa
verso il suo paese sullo stretto, mare che nel 1943 per ordine delle autorità
inglesi nessuno poteva solcare; e quello con Caitanello, il padre, a lungo
cercato, uno dei vecchi pescatori che sulla linea dei due mari, tra Scilla e
Cariddi.