22/03/2013 Si limita a studiare il nesso causale tra una determinata esposizione e l’insorgenza della malattia (tassi di incidenza, prevalenza, mortalità) → rassegnarci ad attendere la malattia? I risultati ottenuti non tengono conto della interazione tra gene/ambiente Spesso la stima dell’esposizione è affidata alle risposte di un questionario (ed è quindi difficile verificarne la veridicità) Sono complessi e dispendiosi da condurre se l’esposizione monitorata è di lieve entità o se la malattia non è abbastanza frequente 1 22/03/2013 Circa 20 anni fa è stato proposto un nuovo approccio epidemiologico che risulta in un connubio tra il disegno epidemiologico classico ed alcune tecniche di biologia molecolare Inizialmente il principale campo d’azione dell’epidemiologia molecolare sono state le malattie neoplastiche Attualmente l’epidemiologia molecolare viene applicata anche nell’ambito delle malattie infettive Nell’ambito delle malattie cronico-degenerative gli scopi principali sono: migliorare la stima dell’esposizione identificare sottogruppi a più elevato rischio identificare marcatori intermedi nel decorso della malattia che consentano l’evidenziazione precocemente degli effetti di una esposizione Esposizione esterna cancro 2 22/03/2013 La parte visibile dell’iceberg è l’oggetto di studio dell’epidemiologia tradizionale (morbosità o mortalità per determinate malattie) La parte invisibile è oggetto di studio della epidemiologia molecolare L’impostazione di uno studio di epidemiologia molecolare è del tutto paragonabile a quella di uno studio di epidemiologia tradizionale L’end-point che viene valutato non è più la malattia conclamata (tassi di incidenza o prevalenza) o l’esito della malattia stessa (tassi di mortalità), ma uno o più biomarcatori BIOMARCATORE indicatore che consente di rilevare un evento in un sistema biologico (sia esso di carattere molecolare, biochimico, genetico, immunologico) che possa influenzare o predire l’insorgenza o l’evoluzione di una malattia 3 22/03/2013 Per una corretta stima del rischio i biomarcatori andrebbero dosati nel tessuto dell’organo bersaglio Generalmente il prelievo di tessuto dall’organo bersaglio non risulta agevole per cui è necessario disporre di materiale alternativo Il sangue rappresenta un ottimo tessuto surrogato: facilmente disponibile occupa un ruolo centrale nella diffusione di agenti esogeni ad organi e tessuti Non solo il sangue viene utilizzato come substrato per il dosaggio di biomarcatori urine e feci (molti xenobiotici, dopo metabolizzazione vengono escreti con le urine) cellule delle vie aeree e della mucosa del cavo orale saliva, sudore, lacrime, espettorati unghie e capelli (che possono immagazzinare metalli pesanti nel corso del tempo) 4 22/03/2013 Generalmente i biomarcatori vengono classificati in 3 grandi categorie, biomarcatori di: 1. esposizione (dose interna + dose biologica efficace) 2. effetti biologici precoci 3. suscettibilità genetica individuale Indicano la quantità reale di uno xenobiotico assorbito dall’organismo in un determinato tempo Possono essere costituiti dall’agente esogeno stesso oppure da un prodotto del suo metabolismo o, ancora, dall’attività specifica dell’agente allo studio Esempi di biomarcatori di dose interna: concentrazione urinaria di aflatossina B1, indicatore di esposizione alimentare a tale composto concentrazione urinaria di 1-idrossipirene indicatore di esposizione a IPA cotinina, metabolita della nicotina del fumo di tabacco tioeteri urinari mutagenicità urinaria o fecale (Salmonella/microsomi test) 5 22/03/2013 Yoxall VR, Bishop J, Ioannides C. Effect of black tea intake on the excretion of mutagens in the urine of volunteers taking a beef meal. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2004 Dec;13(12):2196-202. Salmonella/microsomi test (Test di Ames) I ceppi di Salmonella sviluppati da Ames sono tutti auxotrofi per l’istidina, in seguito ad una mutazione introdotta nell’operone che codifica per questo aminoacido Il campione che si sta analizzando, se mutageno potrà determinare una mutazione (reversione) nel gene compromesso permettendo così al batterio di risintetizzare l'aminoacido essenziale (e quindi di svilupparsi anche su terreni privi di istidina) Sono a disposizione dello sperimentatore numerosi ceppi di S. typhimurium auxotrofi per l’istidina in seguito a mutazione di tipo diverso: TA98 – mutazione frame-shift TA100 – sostituzione di una coppia di basi 6 22/03/2013 Oltre a questa mutazione, per aumentare la sensibilità ai mutageni nei ceppi di S. typhimurium usati, sono state introdotte altre tre mutazioni: rfa, interessa il lipopolisaccaride della parete cellulare, e conferisce ai batteri una maggiore permeabilità verso numerose sostanze esogene UVrB, riguarda i sistemi di riparazione per escissione del DNA che intervengono in fase pre-replicativa. Bloccando questi ultimi, i ceppi batterici presentano una maggiore frequenza di inducibilità di mutazione introduzione nella cellula batterica di un particolare plasmide, il pkM101, che contiene, oltre alla resistenza per l’ampicillina, dei geni codificanti per sistemi di riparo del DNA error-prone (tipo il sistema SOS) in fase post-replicativa. Questo sistema di riparo, che sembra venga attivato solo dopo saturazione degli enzimi “privi di errore”, non è accurato e le polimerasi riparatrici producono sequenze aberranti di DNA, con il risultato di dare origine a nuove mutazioni 7 22/03/2013 Il test così condotto il test non permette di evidenziare i procancerogeni in quanto, per esercitare la loro attività oncogena queste sostanze necessitano dell'attivazione metabolica che avviene nel fegato di organismi superiori Per sopperire a questa lacuna, il test di Ames è stato modificato, introducendo nel medium di coltura delle salmonelle "reporter" un estratto di enzimi microsomali epatici, responsabili dell'attivazione di molti procancenrogeni 8 22/03/2013 Misurano la quantità di composto esogeno assorbito o dei suoi metaboliti che hanno interagito con macromolecole critiche nel processo cancerogenetico (DNA) o con molecole surrogato (come l’albumina o l’emoglobina) causando alterazioni reversibili Tra i marcatori di dose biologica efficace maggiormente utilizzati vi sono addotti al DNA addotti alle proteine danno al DNA 9 22/03/2013 La parola addotto deriva dalla traduzione dell’inglese di “adduct”, acronimo di addiction product = prodotto di addizione covalente La reazione di molecole cancerogene con il DNA può portare alla formazione di un legame covalente tra il composto genotossico elettrofilo ed i siti nucleofili del DNA • Molti studi hanno confermato che la formazione di addotti al DNA è un evento necessario, ma non sufficiente per lo sviluppo di tumori da cancerogeni chimici Studi condotti su modelli animali hanno dimostrato che molti cancerogeni chimici formano indifferentemente addotti sia con il DNA che con le proteine plasmatiche Gli addotti alle proteine presentano un emivita decisamente più lunga: non vengono rimossi dall’azione di enzimi di riparo emivita dell’emoglobina è di 4 mesi, per cui studiando gli addotti a tale molecola è possibile valutare esposizioni cumulative che si siano verificate nell’arco di questo tempo 10 22/03/2013 Danno al DNA: Test della cometa Biomarcatore aspecifico ma estremamente sensibile Viene valutato utilizzando il test della cometa condotto in condizioni alcaline su linfociti di sangue periferico Principali lesioni evidenziabili con il test della cometa: Single-Strand Breaks (SSB) Double -Strand Breaks (DSB) Siti Alcali-Labili (SAL) Pirimidine ossidate (EndoIII) Purine ossidate (FPG) Cellula inclusa nel gel di agarosio Membrana cellulare Ci t opl a s ma Membrana nucleare Nucleo Strato protettivo di gel LMA 0,7% A) Measur e Strato di gel LMA 0,7% con incluse le cellule Edit Fr ozen Live Vetrino da microscopio pretrattato con NMA 1% B) Delete Head Le ngth 21 .97 Tail % intensity 1 8.53 Tail Moment 3.16 Lisi della membrana cellulare e nucleare C) Idrolisi alcalina delle proteine e dell’RNA; “denaturazione” del DNA D) _ + Migrazione elettroforetica dei frammenti di DNA nelle maglie del gel 1 cell score d Tail Leng th 47.60 Total Are a 63 9.3 6 To tal Intensity 4 7647 7.11 x50 (Olio immersion e) He ad % intensity 8 1.47 Me an Grey Level 6 9.98 Ima ge is frozen Tail Lenght (TL): lunghezza della coda (µm), misurata dal centro della testa Tail Intensity (TI): percentuale di fluorescenza (e quindi di DNA) migrata nella coda della cometa Tail Moment (TM): calcolato attraverso un algoritmo che tiene conto sia della fluorescenza che della lunghezza della coda della cometa 11 22/03/2013 Varie situazioni che possono alterare i livelli di danno al DNA rilevati dal test della cometa: sesso età anagrafica dei soggetti allo studio dieta attività fisica eventuali infezioni in atto esposizione ad inquinanti ambientali espressione di alcuni geni polimorfici Particolari attenzioni vanno riservate anche per quanto riguarda le modalità di raccolta e trasporto dei campioni Rappresentano alterazioni irreversibili, funzionali o strutturali, a carico del genoma Vengono distinti in: biomarcatori citogenetici alterazioni in “reporter genes” 12 22/03/2013 L'analisi citogenetica consiste nello studio del numero e della struttura dei cromosomi (cariotipo) presenti nelle cellule dell'organismo umano I biomarcatori citogenetici possono essere rilevati con: analisi in metafase aberrazioni cromosomiche analisi in interfase frequenza della formazione di micronuclei Storicamente le AC sono state il primo indicatore di questa classe ad essere utilizzato per monitorare esposizioni a supposti cancerogeni (uno dei primi studi è stato condotto sopravvissuti al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki) AC stabili o instabili in relazione alla capacità di persistere o meno nella progenie cellulare 13 22/03/2013 Risultano dalla rottura di interi cromosomi e dal successivo riarrangiamento di questi in forme abnormi Test del micronucleo I MN si formano, durante l’anafase della mitosi, dalla condensazione di frammenti di cromosomi acentrici o da cromosomi interi che non vengono incorporati nei nuclei principali delle cellule figlie Si ritrovano nelle cellule in interfase come corpuscoli intracitoplasmatici liberi I MN possono generarsi attraverso vari meccanismi, riconducibili essenzialmente: all’azione di agenti clastogeni, che causano rotture cromosomiche dirette a disfunzioni del fuso mitotico, che possono essere generate da agenti aneuploidizzanti alla combinazione di entrambi i meccanismi 14 22/03/2013 Criteri di selezione per le cellule da analizzare con il test del micronucleo le cellule devono essere binucleate i due nuclei devono essere all'incirca delle stesse dimensioni, della stessa intensità di colorazione e avere la membrana intatta il bordo del citoplasma (o membrana della cellula binucleata) deve essere intatto e chiaramente distinto dal bordo citoplasmatico della cellula adiacente il diametro dei MN nei linfociti umani generalmente varia tra 1/16 a 1/3 del diametro medio dei nuclei principali i MN hanno generalmente un'intensità di colore simile ai nuclei principali, ma occasionalmente la colorazione può essere più intensa 15 22/03/2013 Variante del test del MN: ibridazione in situ fluorescente (FISH) il principio su cui si basa l'ibridazione in situ è quello per cui una qualunque sequenza di DNA è capace di legarsi alla sua sequenza complementare in un DNA denaturato. se la sequenza “probe” viene opportunamente marcata renderà evidenziabile la sequenza complementare la FISH con sonde marcate con fluorocromi per le sequenze centromeriche comuni a tutti i cromosomi umani (sonde pancentromeriche), applicata al test del micronucleo, consente di valutare se i micronuclei contengono interi cromosomi oppure frammenti acentrici, e dunque permette di rilevare l'eventuale prevalenza di eventi di tipo clastogeno (micronuclei centromeronegativi) o aneuploidogeno (micronuclei centromero-positivi) 16 22/03/2013 http://cancerres.aacrjournals.org/cgi/reprint/58/18/4117 http://carcin.oxfordjournals.org/cgi/reprint/28/3/625 17 22/03/2013 Mutazioni in geni correlati all’insorgenza di tumori mutazioni poco diffuse nella popolazione (frequenza <1%) altamente correlati all’evento clinico (penetranza elevata) geni deputati al controllo del differenziamento e del ciclo cellulare Polimorfismi metabolici mutazioni molto diffuse nella popolazione (frequenza 1-50%) scarsamente correlati all’evento clinico (penetranza bassa) geni che codificano per la produzione di enzimi del metabolismo delle sostanze cancerogene popolazione polimorfica popolazione normale 18 22/03/2013 Codificano per proteine coinvolte nella regolazione e nell’induzione del ciclo cellulare, quali: fattori di crescita (FGF3, FGF4) fattori di trascrizione (JUN, FOS, MYC) protein chinasi (ABL-1, FES, RET) recettori di membrana per fattori di crescita (ERBB2, CSF1R) proteine deputate alla trasduzione del segnale (BRAF) I proto-oncogeni possono essere attivati ad oncogeni in seguito a mutazioni puntiformi, riarrangiamenti cromosomici ed inserzione virale In seguito alla loro attivazione si può avere: overproduzione di fattori di crescita incremento dei segnali di divisione cellulare Mutazioni nella sequenza nucleotidica di questi geni risultano in una attivazione enzimatica che mantiene la cellula in un perenne stato proliferativo ed in una inibizione della apoptosi Presentano un fenotipo dominante: basta che sia attivata una sola copia dell’oncogene per produrre effetti cancerogenetici Sono necessarie più di una mutazione a carico dello stesso gene 19 22/03/2013 Geni (APC, BRCA1, BRCA2, MEN1, NF1, RB1, TP53) altamente conservati Codificano per proteine di membrana, citoplasmatiche, nucleari che inibiscono la crescita e la divisione cellulare Mutazioni in geni oncosoppressori presentano a livello cellulare un fenotipo recessivo: per avere il fenotipo tumorale devono essere mutate entrambe le copie del gene Il gene TP53 codifica per la proteina p53 che svolge un ruolo centrale nella inibizione della crescita di cellule con danni al DNA, per cui la perdita di tale attività a seguito di mutazioni nel gene TP53 causa la promozione della proliferazione di cellule con genoma alterato Le donne portatrici di una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA-2 presentano il 50% di possibilità di trasmettere la mutazione stessa alla prole Il test per la ricerca delle mutazioni di BRCA-1 e BRCA-2 viene eseguito sul DNA dei linfociti Il risultato viene ottenuto nell’arco di quattro-sei settimane Il costo si aggira intorno ai 2500 dollari per il primo componente della famiglia, intorno ai 300 dollari per gli altri componenti, una volta evidenziata la mutazione 20 22/03/2013 Molti geni che codificano per gli enzimi coinvolti nel metabolismo degli xenobiotici o per gli enzimi deputati alla riparazione del DNA sono polimorfici Esistono nella popolazione in diverse forme alleliche dello stesso gene A varianti alleliche corrispondono attività enzimatiche diverse Metabolita attivato Fase I funzionalizzazione Sostanza Fase II coniugazione esogena Fase II coniugazione Derivato idrosolubile 21 22/03/2013 Enzimi di Fase I In generale portano all'introduzione di gruppi funzionali, che forniscono i siti per Ia coniugazione con unità fortemente polari, catalizzata dagli enzimi di fase II Si tratta per la maggior parte di reazioni di ossidazione, catalizzate da diverse classi di enzimi: monoossigenasi citocromo P450-dipendenti (CYP) monoossigenasi flavina-adenina-dinucleotide dipendenti (FMO) monoamminoossidasi (MAO) cicloossigenasi (COX) Enzimi di Fase II Le reazioni di fase II comportano in generale un aumento dell'idrofilicità degli xenobiotici e l'inattivazione delle loro proprietà biologiche, anche se non sempre Le principali reazioni sono le reazioni di coniugazione o di sintesi in cui intervengono: le glutatione-S-trasferasi (GST) le N-acetiltrasferasi (NAT) le UDP-glucuronosiltrasferasi (UGT) 22 22/03/2013 Dal sequenziamento del DNA del genoma umano è risultato che sono più di 115 i gene coinvolti nella sintesi di proteine addette ai sistemi di riparazione del DNA, alcuni polimorfismi nelle proteine codificate sono stati individuati ma, probabilmente molti altri sono ancora sconosciuti Sono ancora poche le indagini di epidemiologia molecolare che hanno incluso nel proprio protocollo sperimentale lo studio di un polimorfismo nei geni codificanti per i sistemi di riparo, tra questi, è stato messo in evidenza che una variante allelica al gene XRCC1, che codifica per una proteina deputata al riparo (base excision repair) di danni al DNA indotti da radiazioni è associata con un incremento di biomarcatori di effetto biologico precoce in soggetti fumatori Polimorfismi metabolici: combinazioni favorevoli / sfavorevoli Esempio: - Iperattivatore - Lento eliminatore 23 22/03/2013 Lo studio dei loci genetici codificanti può essere realizzato applicando tecniche di PCR su qualsiasi tessuto biologico senza esporre il soggetto ad alcuna indagine invasiva Inventata da Kary Mullis negli anni ‘80 (premio Nobel 1993) Serve per ottenere una grande quantità di una specifica sequenza di DNA in vitro Può amplificare un tratto di DNA per più di 1 milione di volte Non è una tecnica quantitativa PCR Parte di DNA con possibile polimorfismo 24 22/03/2013 Alla amplificazione può seguire il trattamento con enzimi di restrizione I prodotti di amplificazione vengono evidenziati attraverso elettroforesi su gel di agarosio o di acrilammide e successiva colorazione 268bp (-globina) 300bp 200bp 215bp (GSTM1) 25 22/03/2013 Nuove tecniche di biologia molecolare offrono la possibilità di sviluppare una nuova serie di biomarcatori per valutare il rischio genotossico Particolarmente attraenti sono tecniche come il cDNA microarray (insieme di sequenze di DNA a elica singola immobilizzate su una superificie solida) per lo studio dei profili di espressione genica tale analisi consente di quantificare contemporaneamente centinaia o migliaia di mRNA presenti in un determinato campione mediante un unico esperimento GENOMA Trascrizione mRNA GENOMICA TRANSCRIPTOMICA Tradotto PEPTIDE “Splicing” PROTEINA PROTEOMICA Struttura/Attività FENOTIPO METABOLOMICA 26 22/03/2013 Procedimento: si estrae l’RNA da un campione test che vogliamo esaminare si retrotrascrive l’mRNA in cDNA marcandolo con composti fluorescenti si procede allo stesso modo con un campione di riferimento marcandolo con un fluorocromo differente i due campioni vengono posizionati sul microarray si lasciano ibridare con le sonde si verifica il profilo dell’espressione genica del test rispetto al controllo Microarray 27 22/03/2013 I metodi classici per la ricerca di microrganismi richiedono l’isolamento di colture pure seguito da test che analizzano alcune caratteristiche fenotipiche, quali i caratteri biochimici e morfologici I metodi classici presentano a volte alcuni inconvenienti: possono necessitare di complesse manipolazioni nella preparazione del campione possono richiedere grandi quantità di campione possono richiedere di tempi lunghi per ottenere una risposta evidenziano solo quella frazione dei microrganismi che sono in grado di svilupparsi sui comuni terreni di coltura utilizzati Si stanno mettendo a punto numerosi metodi molecolari in grado di: ridurre i tempi di analisi semplificare l’iter diagnostico rendere più sicura l’identificazione stabile con certezza l’appartenenza o meno di ceppi diversi allo stesso clone 28 22/03/2013 In generale i metodi prevedono: l’estrazione del DNA dai campioni in studio la digestione del DNA con 1 o più enzimi di restrizione, che generano centinaia di frammenti (il numero è in relazione all’enzima di restrizione utilizzato che può essere a “taglio frequente” o a “taglio non frequente”) la separazione dei frammenti attraverso elettroforesi Poiché ceppi dello stesso clone contengono sequenze di DNA praticamente identiche, ugualmente identici saranno i siti di restrizione, e alla elettroforesi forniranno profili di migrazione sovrapponibili Le varie tecniche generano un fingerprinting molecolare che assume le sembianze di un codice a barre, il numero delle quali dipende dal tipo di tecnica utilizzata L'identificazione di un isolato batterico ignoto avviene mediante confronto con il codice a barre ottenuto con uno o più ceppi tipo 29 22/03/2013 Premessa Molti studi di epidemiologia classica hanno indicato che una larga percentuale di neoplasie sia il risultato della interazione di diversi fattori di rischio ambientali Un comportamento alimentare corretto (consumo di frutta fresca e verdure) potrebbe ridurre il rischio genotossico Alti livelli di addotti al DNA potrebbe essere predittivi di un maggiore rischio di sviluppo di una neoplasia Polimorfismi sfavorevoli potrebbero aumentare il rischio Metodi dello studio Soggetti 330 soggetti randomizzati tra i reclutati in Italia dallo studio EPIC (European Prospective Investigation on Cancer and Nutrition) stratificati per età, sesso ed area geografica di provenienza (Nord, Centro e Sud Italia) Questionario per abitudini alimentari e stile di vita Consenso informato Prelievo ematico addotti al DNA polimorfismi a GSTM1,GSTT1, CYP1A1 MspI, NAT2 e MTHFR dosaggio plasmatico di micronutrienti 30 22/03/2013 31 22/03/2013 32 22/03/2013 Conclusioni Il danno al DNA può essere modulato sia da fattori genetici che ambientali e nutrizionali Micronutrienti ad attività antiossidante sono associati ad una ridotta frequenza di addotti al DNA Successivi studi sono necessari per verificare gli effetti degli antiossidanti sul danno al DNA in associazione a polimorfismi genetici 33