Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Università degli studi di Padova Dipartimento di Scienze Chimiche Corso di Laurea Triennale in Chimica Industriale Laboratorio di Chimica Fisica (Anno Accademico 2016-2017) Pagina 1 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 1. Sistemi Elettrochimici I sistemi elettrochimici sono costituiti da conduttori di prima e seconda specie collegati “in serie” e, in particolare, da due conduttori di prima specie (generalmente metallici) e almeno un conduttore di seconda specie (generalmente soluzioni elettrolitiche). I sistemi elettrochimici si distinguono in base alla capacità di fornire energia o di assorbire energia. Definiamo quindi come: Pila: un sistema in cui una reazione chimica spontanea genera energia elettrica; Cella elettrolitica: un sistema in cui un generatore di energia elettrica induce una reazione chimica non spontanea U=Utilizzatore G=Generatore Per convenzione si scrive sempre la pila con l’elettrodo positivo a destra e quello negativo a sinistra. In una pila, all’elettrodo positivo ha luogo la riduzione (catodo) e a quello negativo l’ossidazione (anodo). Nelle celle elettrolitiche il segno degli elettrodi è invertito rispetto a quello delle pile: l’anodo (a cui avviene l’ossidazione) è l’elettrodo positivo e il catodo (a cui avviene la riduzione) è quello negativo Se abbiamo a disposizione per esempio i tre semielementi (1) Cu2+/Cu E° = +0.341 (2) Zn2+/Zn E° = -0.763 (3) Ag+/Ag E° = +0.799 possiamo ottenere 3 accoppiamenti diversi in cui un semielemento può assumere la funzione di anodo o di catodo in base al potenziale dell'altro semielemento. Si nota che, mentre il semielemento Zn2+/Zn, che possiede E° più basso, funziona, in questi esempi, sempre da anodo, il semielemento Cu2+/Cu funge da catodo nel primo caso e da anodo nel terzo. Se la differenza fosse negativa, occorrerebbe invertire le posizioni, in modo che sia sempre l'anodo a sinistra e il catodo a destra. Pagina 2 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Sia nella cella elettrolitica sia nella galvanica, i cationi si muovono sempre dall'anodo verso il catodo, gli anioni viceversa, o per reagire sull'elettrodo o, quantomeno, per equilibrare la densità di cariche positive e negative nella soluzione. 1.1. Conduttori elettrici I conduttori elettrici si differenziano a seconda di come le cariche elettriche si muovono all’interno di essi: conduttori elettronici o di I specie, per i quali le uniche cariche elettriche in grado di muoversi sono gli elettroni (appartengono a questa specie i metalli, i semiconduttori e composti del carbonio come la grafite, il glassy carbon, il diamante opportunamente drogato, ma anche alcuni materiali polimerici); conduttori ionici o di II specie, nei quali le cariche elettriche mobili sono gli ioni, generalmente sia positivi che negativi (appartengono a questa specie le soluzioni elettrolitiche, i cristalli ionici, gli elettroliti fusi, in particolare i cosiddetti liquidi ionici, gli elettroliti polimerici). 1.1.1. Conduttori elettronici Le proprietà dei conduttori elettronici sono descritte dalla teoria delle bande. I livelli energetici di atomi isolati hanno valori ben definiti e gli elettroni riempiono i livelli più bassi in accordo con le leggi della quantomeccanica. Quando gli atomi non sono più isolati, ma aggregati tra loro, vi è un’interazione tra gli orbitali atomici dei singoli atomi, con formazione di orbitali molecolari e di nuovi livelli energetici, differenti da quelli degli atomi isolati. Quando l’insieme di atomi aggregati giunge a formare un reticolo cristallino, i livelli energetici originati dagli orbitali molecolari si combinano in bande energetiche di ampiezza finita, all’interno delle quali sono collocati un numero molto grande di orbitali, i cui livelli energetici sono naturalmente discreti, ma il salto energetico tra un orbitale e l’altro è estremamente piccolo, dato il grandissimo numero di orbitali confinati in un intervallo di energia limitato. Pagina 3 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Le bande sono tra loro separate da un salto energetico (gap) che non contiene livelli energetici. Ogni singolo livello energetico in una certa banda può contenere al massimo due elettroni. I conduttori elettronici, come ad esempio i metalli, mettono in comune gli elettroni di valenza per la costituzione del reticolo cristallino. Gli orbitali atomici che ospitano gli elettroni di valenza danno origine a due bande: la banda di valenza, costituita dagli orbitali ad energia minore, la banda di conduzione, costituita dagli orbitali molecolari ad energia maggiore. Il numero di elettroni di valenza può essere inferiore a quello che può essere ospitato nell’insieme degli orbitali della banda di valenza, per cui la banda è occupata solo parzialmente. Anche quando la banda di valenza fosse completamente piena, essa risulta comunque parzialmente sovrapposta alla banda di conduzione vuota. In questa situazione gli elettroni della banda di valenza sono estremamente “mobili”, perché hanno a disposizione un numero elevatissimo di orbitali nella stessa banda, ai quali possono accedere liberamente, dato che il salto energetico tra un orbitale ed un altro è largamente inferiore all’energia cinetica kBT (kB = costante di Boltzman). Nei materiali non metallici i livelli energetici della banda a più bassa energia sono completamente occupati e quelli della banda a energia superiore sono completamente vuoti, ma tra le due bande vi è un ampio intervallo energetico. Per trasferire un elettrone dal livello energetico più alto della banda inferiore completamente piena (banda di valenza) a quello più basso della banda superiore completamente vuota (banda di conduzione) occorre un’elevata quantità di energia (band gap) rispetto all’energia cinetica kBT. Per tale motivo gli elettroni non sono in grado di passare da una banda all’altra; d’altra parte, essendo tutti occupati gli orbitali della banda di valenza, gli elettroni non sono in grado di muoversi attraverso il materiale perché sono confinati nel proprio orbitale: la sostanza viene definita isolante. Taluni materiali presentano una differenza energetica relativamente piccola tra la banda di valenza piena e quella di conduzione vuota, per cui è possibile eccitare facilmente alcuni elettroni e trasferirli quindi dalla banda piena a quella vuota. In questa situazione si liberano degli orbitali nella banda di valenza, che consentono una certa mobilità agli altri elettroni e, d’altra parte, gli elettroni finiti nella banda di conduzione sono diventati mobili, data la grande disponibilità di orbitali vuoti in quella banda: la sostanza in questo caso viene definita semiconduttore Pagina 4 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 L’energia cinetica è quantizzata per cui gli elettroni sono distribuiti su un numero adeguato di livelli di energia , secondo la legge di distribuzione di Fermi-Dirac (che vale per i fermioni, cioè particelle soggette al principio di esclusione), ( )= 1 1 + exp[( − )/ ] dove F è l’energia del cosiddetto livello Fermi, che rappresenta sostanzialmente il livello con probabilità di occupazione pari a 0.5, mentre a 0 K rappresenta il massimo livello che può essere occupato dagli elettroni (HOMO). Il livello Fermi viene considerato il livello energetico al quale si trovano gli elettroni che sono coinvolti nei processi di trasferimento da e verso un metallo e costituisce quindi lo stato standard degli elettroni. 1.1.2. Soluzioni elettrolitiche Nelle soluzioni liquide il componente maggioritario è detto solvente. Non tutti i solventi sono uguali, ma possono essere classificati in due grandi famiglie: quelli ionici e quelli molecolari. I primi sono essenzialmente costituiti da specie completamente dissociate in ioni (es. sali fusi), sia in forma monoatomica sia in forma poliatomica, e presentano elevata conducibilità elettrica. Ovviamente in questo caso le forze coesive che realizzano lo stato liquido sono dovute alle forti interazioni coulombiane tra gli ioni di carica opposta. I solventi molecolari sono costituiti da molecole; le forze coesive sono hanno diverse origini: legami a ponte (di idrogeno, di alogeno, ecc.), interazioni dipolo-dipolo o di tipo van der Waals. Questi solventi si comportano quasi come isolanti, hanno cioè una conducibilità elettrica molto ridotta, che è dovuta a una possibile dissociazione ionica (legata generalmente a processi di scambio protonico). Anche i liquidi molecolari, come quelli ionici, non sono completamente amorfi, ma mantengono in parte la struttura originaria della forma cristallina dello stato solido da cui derivano. In particolare l’acqua a temperatura ambiente è costituita per il 70% di aggregati di circa 50 molecole con struttura simile a quella del ghiaccio, mentre il restante 30% è costituito da molecole sostanzialmente singole. Una soluzione elettrolitica è formata da un solvente molecolare e dagli ioni in esso disciolti. In questo caso la conducibilità elettrica raggiunge valori anche elevati (pur sempre largamente inferiori a quelli dei conduttori elettronici di tipo metallico), grazie alla buona mobilità degli ioni. La formazione di una soluzione elettrolitica avviene quindi per dissoluzione di un elettrolita in un solvente molecolare. Esistono peraltro due tipi di elettroliti: gli elettroliti ionofori e gli elettroliti ionogeni. Gli elettroliti ionofori sono i cristalli ionici, cioè quelle sostanze che sono costituite da ioni già nel loro stato naturale (generalmente lo stato solido, anche se esistono diversi tipi di cristalli ionici liquidi a temperatura ambiente). Si tratta ad esempio di sali, ossidi, idrossidi, per i quali la struttura cristallina è costituita da ioni di carica opposta tenuti assieme dalle forti interazioni coulombiane. Gli elettroliti ionogeni sono invece sostanze costituite da molecole neutre che producono ioni (ovviamente almeno due, di carica opposta per il bilancio di carica) attraverso una reazione chimica con il solvente nel quale vengono disciolti (in generale si tratta di una reazione acido-base, cioè di scambio protonico). Ad Pagina 5 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 esempio, NaCl è un elettrolita ionoforo, poiché allo stato naturale (solido) è costituito da ioni Na + e Cl–, che si separano quando viene sciolto in un adeguato solvente; viceversa HCl è un elettrolita ionogeno, poiché allo stato naturale (gassoso) è costituito da molecole, ma una volta sciolto in acqua produce ioni H3O+ e Cl– per reazione acido-base. 1.2. Interfasi e differenza di potenziale Quando abbiamo due fasi a contatto, la regione interfasale risulta elettrificata. Se consideriamo un punto dello spazio all’interno di una fase, immediatamente vicino all’interfaccia, ed un punto all’interno dell’altra fase, anch’esso vicino all’interfaccia, avremo una differenza di potenziale elettrico, dovuta alla elettrificazione interfasale, che viene quantificata dal (differenza di potenziale interno o di Galvani), esprimibile come somma dei due contributi: (differenza di potenziale esterno o di Volta), dovuta agli eccessi di cariche elettriche che si accumulano nella regione interfasale, e (differenza di potenziale superficiale), dovuta alla presenza dei due strati dipolari superficiali (effetti a corto raggio degli ioni adsorbiti sulla superficie e delle molecole di solvente orientate). L’elettrificazione interfasale riveste un’importanza enorme per tutti i fenomeni elettrochimici, che coinvolgono una varietà di situazioni estremamente vasta: dai processi biologici, in particolare quelli di membrana alle elettrosintesi, dal funzionamento del sistema nervoso alla produzione di energia. Naturalmente la struttura delle interfasi elettrificate ha attratto l’attenzione degli elettrochimici, a partire dal caso più eclatante dell’interfaccia tra un metallo (nel quale ci sono elettroni liberi) ed una soluzione elettrolitica (nella quale ci sono ioni liberi). Il primo modello di interfase elettrificata si deve a Helmholtz, che immaginò di avere i due eccessi di carica disposti su due piani paralleli: uno è la superficie del metallo (sulla quale sono concentrate le cariche in eccesso del metallo) e l’altro è un piano parallelo, luogo dei centri degli ioni in eccesso presenti dalla parte della soluzione elettrolitica. Il modello è molto semplice, ma abbastanza aderente alla realtà e in grado di rappresentare la situazione, almeno in prima approssimazione, in molte condizioni sperimentali. Da questo Pagina 6 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 modello la regione interfasale prese il nome di doppio strato elettrico che, anche se la situazione è alquanto più complessa, rimane la denominazione tuttora utilizzata per esprimere una interfase elettrificata. Quando metto a contatto due fasi differenti come nel caso in cui immergo una lamina di rame in una soluzione di solfato di rame, tra le due fasi a contatto si può avere trasferimento di elettroni, i quali però non esistono liberi in soluzione ma vengono scambiati tra le specie che danno luogo ad una semireazione: Cu 2 + (aq) + 2 e Cu (s) Zn 2 + (aq) + 2 e Zn (s) All’interfaccia solido/liquido la differente velocità del trasferimento di carica comporta l’instaurarsi di una differenza di potenziale elettrico (differenza di potenziale interno o di Galvani). All’interno di ciascuna fase il potenziale rimane costante, è solo ed esclusivamente all’interfase che ho una variazione del potenziale. La d.d.p. interfasale metallo - soluzione modifica le due velocità di trasferimento elettronico fino ad equilibrarle portando il sistema ad uno stato di equilibrio dinamico. Il potenziale della singola interfaccia non è però misurabile in quanto la misura dello stesso implica la creazione di nuove interfacce (puntale strumento-metallo e puntale strumento soluzione e quindi in generale avrei una pila). Pertanto ciò che è realmente misurabile è una differenza di potenziale e non un singolo potenziale interfasale. ΔΦ = Φ − Φ d. d. p = (Φ ) − (Φ ) . . = (Φ ) = (ΔΦ) − Φ − (Φ ) − Φ − (ΔΦ) Altro discorso invece all’interfase tra due soluzioni poste a diretto contatto, aventi differente composizione e /o concentrazione. In questo caso si crea una d.d.p. denominata potenziale di giunzione liquido – liquido o anche potenziale interliquido. Tale d.d.p. nasce dalla diversa velocità di diffusione dei cationi e degli anioni attraverso l’interfaccia. La diffusione è il fenomeno di trasporto di materia associato all’esistenza di gradienti di concentrazione (attività). Se ad esempio consideriamo due soluzioni contenenti l’elettrolita diversa attività a1 e a2 separate da un setto poroso. Se a2 > a1; Pagina 7 di 27 e con diffondono dalla soluzione 2 alla Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 soluzione 1. Se ha maggiore mobilità di il maggiore flusso dei cationi attraverso l’interfaccia di separazione crea un eccesso di cariche positive dalla parte della soluzione 1 ed un eccesso di cariche negative dalla parte della soluzione 2. Tali eccessi di carica rallentano i cationi ed accelerano gli anioni, fino ad equilibrare i due flussi. Tra i due limiti estremi della zona diffusiva si instaura una d.d.p. dovuta agli eccessi di cariche e che è legata alla differente attività dell’elettrolita nelle due soluzioni ed alla diversa mobilità degli ioni che lo compongono In presenza di soluzioni diverse (S1, S2) a contatto tra loro attraverso ad esempio un setto poroso la f.e.m, cioè la d.d.p. in condizioni di equilibrio cioè quando non ho passaggio di corrente, dovrà tener conto anche dei così detti potenziali di giunzione inter-liquido Δint. . . . = (ΔΦ) − (ΔΦ) f .e.m. (Φ) catodo . (Φ) anodo . (Φ) int . (Φ) int . (Φ s1 ) catodo . (Φ s2 ) anodo Se posso considerare che Δint = 0 ad esempio quando ho che la soluzione è unica o è trascurabile (ΔΦint 0) ad esempio per l’utilizzo di un ponte salino, è opportuno considerare un elettrodo come riferimento attribuendogli arbitrariamente un potenziale interfasale nullo e utilizzarlo come riferimento per la determinazione del potenziale di altri elettrodi attraverso la misura della f.e.m. della pila costituita dall’elettrodo a potenziale incognito e quello di riferimento. Ciò comporta l’impiego dei potenziali elettrodici E al posto della quantità Δ Φ Φ cat Φ anod Φ cat 0 E ΔΦ anod Φ rif 0 L’elettrodo scelto come riferimento è quello ad idrogeno che per convenzione ha appunto potenziale zero a tutte le temperature, il che significa rGo = 0 e rSo = 0. L’elettrodo ad idrogeno è costituito da una lamina o una retina di platino immerso in una soluzione ad attività unitaria di H+ e alla pressione di un bar di H2. La Pagina 8 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 superficie spugnosa del platino adsorbe l'idrogeno gassoso; quindi tra l’idrogeno adsorbito all’elettrodo e gli ioni H+ della soluzione si stabilisce così l'equilibrio: 2H+(aq) + 2e ⇄ H2(g) Pt | H 2 ( g , p 1bar ) | HCl( aq, a EH / H 2 H 1) aH RT ln F ( f H 2 )1/ 2 Dove f coincide con la fugacità di H2 che per pressioni non troppo elevate coincide con la pressione del gas stesso. In questo modo è stato possibile stilare una serie di potenziali elettrodici standard (25°C) detta serie elettrochimica nella quale le coppie redox più ossidanti rispetto all’idrogeno assumono valori di E0 positivi, mentre coppie redox più riducenti assumono valori di E0 negativi. 1.3. Leggi di Faraday All’interfaccia solido liquido avvengono i processi elettrochimici di riduzione al catodo e di ossidazione all’anodo; entrambi questi processi sono descritti dalle leggi di Faraday: 1 - la quantità di sostanza chimica prodotta o consumata dalla corrente è proporzionale alla quantità di elettricità (carica, Q) che attraversa il sistema. = 2 - le quantità di differenti sostanze, trasformate dalla stessa quantità di carica, sono proporzionali al peso equivalente (PE) delle rispettive sostanze. = Dove rappresenta il numero di moli, il numero di cariche mentre che è appunto la costante di Faraday è una costante rappresenta la carica necessaria per trasformare 1 grammo equivalente di sostanza. F = N Ae = 6.022521023 1.6021031019 = 96485 C/mol Pagina 9 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 1.4. Equazione di Nernst. In pratica i semielementi definiti da coppie redox i cui potenziali standard sono elencati dalla serie elettrochimica non vengono sfruttate in condizioni standard, cioè a 298 K e ad attività unitarie (concentrazioni 1M), ma in condizioni quanto mai varie per concentrazione e temperatura. In condizioni differenti da quelle standard, il potenziale effettivo di un elettrodo è funzione, oltre che della natura chimica del materiale che costituisce l'elettrodo, anche della temperatura e della concentrazione degli ioni nella soluzione. In questo caso i potenziali dei semielementi possono essere ricavati dalla legge di Nernst: = + Dove: è il potenziale di elettrodico assunto nelle particolari condizioni di temperatura e concentrazione, è potenziale standard della coppia ossidato – ridotto, : 8,3145 J/(mol⋅K) (costante dei gas), : temperatura assoluta espressa in K, è il numero di elettroni scambiati nella semireazione Ox + ne → Red, : 96485 coulomb/mol (costante di Faraday) : indica il prodotto delle 'attivita' di tutte le specie che compaiono nella semireazione dalla parte della forma ossidata, elevate al loro coefficiente stechiometrico; : indica il prodotto delle 'attivita' di tutte le specie che compaiono nella semireazione dalla parte della forma ridotta, elevate al loro coefficiente stechiometrico Nella forma semplificata l’equazione di Nernst diventa: = + . [ ] [ ] Questa si ottiene passando da logaritmo naturale a logaritmo decimale (lnA = 2.303logA), considerando T=298 K (25°C) e tenendo conto che le attività possono essere approssimate con le concentrazioni in mol/L Ad esempio se consideriamo la semireazione Cu 2 + (aq) + 2 e Cu (s) = 0.341 + . [ = 0.341 ] Dove si considera, unitaria l'attività di Cu metallico, non essendo disciolto nella soluzione. Se adesso consideriamo entrambe le semireazioni componenti una pila e la reazione globale nella, Pagina 10 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 → +2 +2 → _____________________ + → + L’equazione di Nernst che esprime la reazione globale sarà: = Nel caso in cui [ ]=[ ] = 1 = − / + / . [ ] il tutto si riduce: − / = 0.3419 + −0.7618 = 1.1037V Il valore così ricavato corrisponde proprio alla forza elettromotrice abbreviata f.e.m della pila, in questo caso una pila Daniell. Se le concentrazioni differiscono tra loro o non sono unitarie dobbiamo applicare l'equazione di Nernst per calcolare i potenziali non standard e procedere nello stesso modo. = = − / − / + / [ . ] ] . [ . = 1.1037 + ⁄ . = 1.1332 L’equazione di Nernst descrive l’equilibrio di una reazione redox, se consideriamo due semireazioni e la reazione globale di un caso del tutto generale: → + + → _____________________ + ⇋ + All'equilibrio si avrà: = / = / / + . / [ ] [ ] = la reazione globale è descritta dalla costante di equilibrio Pagina 11 di 27 + [ ] . + / = / / [ ] [ ] . [ ] / + . [ ] [ ] Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 = [ ] ∙[ ] ] ∙[ ] ∙ ≈[ ∙ Da cui si ricava che 0= − / + / / = . / . Questa espressione ci consente il calcolo teorico della costante di equilibrio della reazioni redox (a 298K), noti i potenziali standard e il numero totale di elettroni scambiati nella reazione. Dalla reazione si capisce che quanto più differiscono i potenziali standard tanto più il valore della costante di equilibrio e molto grande o molto piccolo. 1.5. Tipi di elettrodo e loro potenziale Gli elettrodi sono classificati in base al tipo di processo redox che “governa” il potenziale elettrodico. Naturalmente il potenziale elettrodico è dato dall’equazione di Nernst relativa al processo redox che avviene, a condizioni che il processo avvenga in modo reversibile e che l’elettrodo sia in condizioni di equilibrio. Ciò significa che il trasferimento elettronico (TE) può avvenire in entrambi i versi (dal conduttore elettronico a quello ionico e viceversa) con una velocità abbastanza elevata (reversibilità elettrochimica significa appunto questo: TE in entrambi i versi con elevata velocità) e, in condizioni di equilibrio, non si ha alcun trasferimento elettronico netto attraverso l’interfaccia. In molti casi il conduttore elettronico è un metallo che partecipa al predetto processo redox che governa il potenziale elettrodico. 1.5.1. Elettrodi Di I Specie Il processo redox in questo tipo di elettrodi è del tipo + ⇄ ( ) si tratta di un elettrodo costituito da un metallo M immerso in una soluzione che contiene i suoi ioni Mn+, cioè un sale costituito dal catione Mn+ e da un qualche anione, che è ininfluente dal punto di vista elettrochimico. In questo caso il metallo M svolge il ruolo di conduttore elettronico, cioè di serbatoio di elettroni (che possono andare e venire dal relativo livello Fermi), ma è anche la forma ridotta della coppia redox, cioè partecipa al TE. Un elettrodo di I specie viene indicato con il seguente schema: M | Mn+(aq, c = ) Pagina 12 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 L’equazione di Nernst per un tale elettrodo è immediata: = + / Normalmente il metallo M utilizzato è puro, per cui si trova nel proprio stato termodinamico standard (che è definito proprio in questo modo: l’elemento puro nel proprio stato naturale alla T in esame). Ciò significa che aM = 1, per cui l’equazione di Nernst viene espressa normalmente in forma semplificata = ( + / ) Naturalmente, se il metallo M non fosse puro (ad esempio una sua lega) aM < 1, per cui il suo valore andrebbe inserito nell’equazione di Nernst. Esistono molti esempi di elettrodi di I specie. Ad esempio un filo di Cu in una soluzione di solfato di rame CuSO4, un filo di Ag in una soluzione di nitrato di argento AgNO 3, una lamina di Cd in una soluzione di cloruro di cadmio CdCl2, ecc.. In tutti questi casi, se si usa il metallo puro, l’espressione dell’equazione di Nernst è quella semplificata, dato che l’attività della forma ridotta, cioè del metallo, è sempre unitaria. Viceversa, se si usasse una lega, bisognerà utilizzare l’equazione completa. Ad esempio, se si utilizzasse una lamina di ottone (lega Cu-Zn) immersa in una soluzione di cloruro di rame CuCl2 (o solfato di rame, dato che l’anione è ininfluente), il processo redox sarebbe. +2 ⇄ ( ) e l’equazione di Nernst corrispondente = / + 2 ( ) 1.5.2. Elettrodi di II Specie Un elettrodo di II specie è costituito da un metallo (che ha sempre il doppio ruolo, di conduttore elettronico e di specie ridotta del processo redox), in presenza di un suo sale poco solubile, che, essendo poco solubile, è presente come solido indisciolto, a contatto con una soluzione che contiene un sale solubile (quindi sciolto, con una definita concentrazione) formato dallo stesso anione del sale insolubile e da un altro catione, che è ininfluente. Uno degli esempi più noti è l’elettrodo ad argento-argento cloruro Ag/AgCl Ag | AgCl(s) | Cl–(aq, c = ) dove AgCl(s) vuol dire del cloruro di argento solido e Cl– significa una soluzione di un qualche cloruro, ad esempio cloruro di potassio o di sodio, KCl o NaCl. Pagina 13 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Il processo redox in questo tipo di elettrodi è ancora del tipo + ⇄ ( ) cioè, il trasferimento elettronico coinvolge anche in questo caso il metallo elettrodico e gli ioni metallici in soluzione. Pertanto, per l’elettrodo in esame avremo + = / ⇄ ( ) + ovviamente, se si usa un filo o una lamina di Ag puro (altrimenti si dovrà tenere conto della minore attività dell’Ag, se si usasse una lega). In questo caso però, l’attività dell’Ag+ non è indipendente, cioè non può essere fissata arbitrariamente, ma dipende dall’attività degli ioni Cl– attraverso il prodotto di solubilità di AgCl. + ⇄ ( ) K PS aAg aCl per cui, nell’equazione di Nernst si può sostituire aAg+ con KPS/aCl-, per cui si ha: o E EAg /Ag RT K PS RT RT 1 o ln EAg /Ag ln K PS ln F aCl F F aCl o E EAgCl/Ag, Cl RT 1 ln F aCl o o EAgCl/Ag, EAg Cl /Ag RT ln K PS F Come si vede dall’espressione finale dell’equazione di Nernst, il potenziale elettrodico dipende dalla attività (concentrazione) del cloruro, per cui si usa dire che questo elettrodo è “reversibile” ai cloruri. L’equazione finale riconduce al processo redox complessivo di questo elettrodo, come tutti gli elettrodi di II specie: Ag+ + e AgCl(s) AgCl(s) + e Ag(s) Ag+ + Cl– Ag(s) + Cl– da cui si capisce che l’espressione su scritta per l’equazione di Nernst è valida assumendo che aAgCl e aAg siano entrambe unitarie, cioè i due solidi siano puri. Altrimenti Pagina 14 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 o E EAgCl/Ag,Cl aAgCl RT ln F aAg aCl Un modo, largamente utilizzato, per realizzare un tale elettrodo consiste nel prendere un filo di Ag (puro), ricoprirlo di AgCl solido, che si può fare facilmente per via elettrochimica (elettrolizzando il filo in una soluzione di HCl). Una volta ricoperto l’argento di uno strato di AgCl, si introduce in una soluzione di cloruri e l’elettrodo è costituito. Si può anche prendere la soluzione di cloruri, versarvi una punta di spatola di AgCl (polvere bianca), che sostanzialmente non si scioglie, per cui si deposita sul fondo, e introducendo il filo di Ag. Naturalmente, il primo metodo realizza un contatto più intimo tra le specie chimiche coinvolte, per cui è largamente preferito. Gli elettrodi di seconda specie sono molto stabili e altamente reversibili, per cui costituiscono delle ottime interfacce impolarizzabili. Per tale motivo vengono usati come elettrodi di riferimento nelle misure sperimentali. Oltre all’elettrodo ad argento/argento cloruro, l’altro elettrodo di riferimento largamente utilizzato è l’elettrodo a calomelano. Il calomelano è il cloruro mercuroso Hg2Cl2 (il catione è dimero Hg22+) Hg22+ + 2e 2Hg(liq) Hg22+ + 2Cl– Hg2Cl2(s) 2Hg(liq) + 2Cl– Hg2Cl2(s) + 2e o E EHg 2 Cl 2 /Hg, Cl RT 1 ln F aCl la cui equazione di Nernst può essere ricavata con il solito procedimento o E EHg 2 /Hg 2 o EHg 2 /Hg 2 RT RT K PS o ln aHg 2 EHg ln 2 2F 2F a 2 2 2 /Hg Cl RT RT 1 RT 1 o ln K PS ln EHg ln 2F F aCl F aCl 2 Cl 2 /Hg, Cl o EHg 2 Cl 2 /Hg, Cl o EHg 2 /Hg 2 RT ln K PS 2F Sia per l’elettrodo a calomelano che per quello Ag/AgCl, si utilizza per la soluzione di cloruri il KCl. Quasi sempre si utilizza una soluzione satura di KCl, cioè in presenza di un eccesso di KCl, il che garantisce che la concentrazione e, quindi, l’attività degli ioni Cl– rimangano costanti nel tempo, per cui anche il potenziale elettrodico è costante, come si richiede per un buon riferimento. 1.5.3. Elettrodi redox Pagina 15 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Naturalmente esistono anche molti casi di elettrodi per i quali il conduttore elettronico svolge solo il compito di serbatoio di elettroni, mentre le specie chimiche che partecipano al processo redox sono presenti nel conduttore ionico (soluzione elettrolitica o altro). In questo caso, il conduttore elettronico deve essere assolutamente inerte dal punto di vista chimico, rispetto a tutte le specie coinvolte nel processo redox. Per tale motivo, si usa molto spesso il Pt, che è tra i metalli più inerti, oppure conduttori a base di carbonio (glassy carbon o grafite). Ad esempio, una soluzione che contenga ioni ferrici Fe3+ e ioni ferrosi Fe2+ (potrebbe essere una soluzione di solfato ferrico Fe2(SO4)3 e solfato ferroso FeSO4) nella quale si introduca un filo di platino costituisce un elettrodo che viene schematizzato nel modo seguente Pt | Fe3+(aq, c = ), Fe2+(aq, c = ) per il quale il processo redox è + ⇄ da cui si vede che il Pt non partecipa al processo redox. Il potenziale elettrodico è dato, come sempre, dall’equazione di Nernst o E EFe 3 /Fe 2 RT aFe 3 ln F aFe 2 Ci sono due aspetti che richiedono di essere chiariti. Il primo riguarda l’espressione dell’equazione di Nernst. Per il generico processo redox + ⇄ l’equazione di Nernst è: o E EOx/R RT aOx ln nF aR dove però, aOx e aR rappresentano rispettivamente le attività di tutte le specie che costituiscono la forma ossidata e la forma ridotta della coppia redox, ciascuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico. Ad esempio, considerando il processo redox di riduzione del permanganato MnO4– a manganese Mn2+ MnO4– + 8H+ 5e Mn2+ + 4H2O la relativa equazione di Nernst risulta o E EMnO /Mn 2 4 Pagina 16 di 27 aMnO RT ln 5F a 4 Mn 2 8 aH a 4 H 2 O o EMnO /Mn 2 4 RT ln 5F aMnO 4 8 aH aMn 2 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 dove, in particolare, aH2O si può considerare praticamente unitaria, dato che il solvente è quasi puro (soluzioni diluite). Il secondo aspetto riguarda la cosiddetta convenzione dei segni per il potenziale elettrodico. L’impostazione che abbiamo seguito nel descrivere gli elettrodi corrisponde alla “convenzione IUPAC” (IUPAC = International Union of Pure and Applied Chemistry), storicamente nota come “convenzione europea, indicata brevemente come “zinco-meno/rame-più”. Anche se la comunità scientifica internazionale ha adottato la convenzione europea, sopravvive, soprattutto in qualche testo americano, l’atra convenzione, che è, appunto, la “convenzione americana”, indicata brevemente come “zinco-più/rame-meno”. Come si capisce, le due convenzioni danno il segno esattamente opposto ai valori del potenziale elettrodico, mentre il valore è lo stesso. Questa differenza di segno dipende dal modo in cui si scrive il processo redox ed il relativo rG. Per la convenzione IUPAC, come abbiamo sempre scritto, abbiamo: + ⇄ l’equazione di Nernst è: o E EOx/R RT aOx G ln r nF aR nF dove rG è la variazione di energia libera del processo di riduzione (per tale motivo, si parla anche di serie dei potenziali di riduzione). Conseguentemente, la differenza di potenziale interfacciale è definita = M – S. TIPO COSTITUZIONE Esempio 1° specie un metallo immerso in una soluzione di un suo sale solubile lamina Cu immerso in soluzione CuSO4 2° specie un metallo immerso in una soluzione di un suo sale poco solubile lamina Ag immerso in soluzione AgCl/KCl e ricoperto di AgCl un metallo inerte immerso in una soluzione contenente una coppia redox lamina Pt immerso in una soluzione interessata dalla semireazione 3° redox Fe3+ +1e-→ Fe2+ Pagina 17 di 27 Esempio di calcolo del potenziale a 298 K = + 0.059 2 = + 0.059 1 = + 0.059 1 [ ] [ [ [ ] ] ] Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 1.6. Convenzioni per descrivere una pila Per una pila si scrive, in una stessa riga, tutte le specie presenti, specificandone lo stato fisico (solido, liquido, gas, soluzione) e le condizioni (pressione, concentrazione) Pt(s) H2 (g, 1 bar) HCl(aq, 0.1 M) , KCl(aq, 0.2 M) AgCl(s) Ag(s) Si pongono i conduttori di prima specie agli estremi, con il catodo a dx e l’anodo a sx, riportando in sequenza le specie coinvolte nei rispettivi processi elettrodici, separando specie presenti nella stessa fase mediante virgole. La presenza di una separazione tra due fasi (interfaccia) si indica con una barra verticale. se sono presenti due soluzioni elettrolitiche, la loro separazione mediante setto poroso viene indicata anch’essa con una barra o, in alternativa, con tre punti in verticale. Zn ZnSO (s) 4 (aq, 0.1 M) CuSO 4 (aq, 0.05 M) Cu (s) Ag(s) AgBr(s) KBr(aq, 0.1 M) ⋮ KCl(aq, 0.1 M) Hg2Cl2 (s) Hg(l) Ag(s) AgBr(s) KBr(aq, 0.1 M) KCl(aq, 0.1 M) Hg2Cl2 (s) Hg(l) l’eventuale presenza di un ponte salino viene indicata con una doppia barra Zn(s) ZnSO4 (aq, 0.1 M) CuSO4 (aq, 0.05 M) Cu(s) AgBr(s) e Hg2Cl2(s) indicano la presenza di tali sali in fase solida, e ciò significa che le soluzioni con cui sono a contatto sono sature. Il processo chimico globale della pila va scritto nel senso in cui procede spontaneamente, considerando quindi che all’elettrodo di dx deve avvenire la riduzione e a quello di sx l’ossidazione. Per le tre pile sopra riportate si scriverà quindi AgCl(s) ½H2 (g)Ag(s) HCl(aq) 2Ag(s) 2KBr(aq) Hg2Cl2 (s)2AgBr(s) 2Hg(l) 2KCl(aq) CuSO4 (aq) Zn(s) Cu(s) ZnSO4 (aq) Considerando che alcune specie sono presenti in forma dissociata, si può anche scrivere: AgCl(s) ½H2 (g)Ag(s) H(aq) Cl(aq) 2Ag(s) 2Br(aq) Hg2Cl2 (s)2AgBr(s) 2Hg(l) 2Cl(aq) Cu(aq) Zn(s) Cu(s) Zn(aq) Pagina 18 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 2. Determinazione dei G, H e S di pile e del potenziale standard della coppia Fe(CN)63-\ Fe(CN)64- da misure di f.e.m. 2.1. Termodinamica delle Pile Una pila è un sistema termodinamico chiuso, in grado di scambiare energia sotto forma di calore (q), lavoro di volume (wvol) e lavoro elettrico (wel). Per un’analisi termodinamica della pila la trasformazione di energia chimica in elettrica deve avvenire in modo reversibile. In pratica la pila è reversibile se si verificano queste tre condizioni: bilanciando la pila con una sorgente di potenziale opposta ad E non deve aver luogo la reazione chimica e la corrente elettrica si riduce a zero; se la differenza di potenziale esterna viene abbassata di un infinitesimo la pila produce una piccola corrente; se la differenza di potenziale esterna viene alzata di un infinitesimo la pila produce la stessa intensità di corrente, ma di segno contrario. Se consideriamo una pila sottoposta a una pressione esterna costante pest, e a contatto con una riserva termica (termostato) alla temperatura T, applicando il primo principio della termodinamica a un processo infinitesimo di scarica spontanea della pila possiamo scrivere, per quanto riguarda la sua variazione di energia interna: = + = + + dove dq rappresenta il calore scambiato con il termostato (negativo nel caso sia ceduto dalla pila). Se supponiamo ora che tale processo di scarica venga condotto in modo completamente reversibile, allora si avrà che: il lavoro elettrico fatto dalla pila (e quindi negativo) nel passaggio della carica positiva dQ dall’elettrodo a potenziale più alto (catodo) a quello a potenziale più basso (anodo) è esprimibile come EdQ, con il termine che indica la differenza di potenziale tra catodo e anodo. Questo è possibile perché la scarica è fatta avvenire opponendo alla pila una differenza di potenziale più piccola della forza elettromotrice E di una quantità infinitesima. il lavoro di volume che accompagna il processo di scarica (negativo in caso di espansione) risulta pari a pdV, in quanto, per avere la reversibilità del processo meccanico di espansione o compressione che accompagna la scarica, la pressione del sistema deve differire da quella esterna di una quantità infinitesima; Pagina 19 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 il calore scambiato è pari a TdS, per definizione stessa di entropia, dove dS è la variazione di entropia associata al processo infinitesimo di scarica e T è la temperatura del sistema, la quale deve differire da quella del termostato solamente di una quantità infinitesima affinché anche lo scambio di calore sia reversibile. = − − Tenendo conto delle definizioni di entalpia (H U pV), e di energia libera di Gibbs (G H TS), l’espressione del bilancio energetico per la pila si trasforma nella relazione: =− la quale indica che, a temperatura e pressione costanti, il lavoro elettrico ottenibile dal sistema in condizioni di reversibilità (lavoro massimo non di volume) è pari alla variazione di energia libera del processo. La carica infinitesima dQ che attraversa il sistema è a sua volta legata ai processi faradici che hanno luogo ai due elettrodi, e quindi alla reazione globale di pila. Se esprimiamo tale reazione come: 0 ni Si i dove Si rappresentano i simboli delle varie specie chimiche coinvolte nella reazione di pila (sia reagenti che prodotti), e ni i relativi coefficienti stechiometrici, considerati quindi con segno positivo per i prodotti e negativo per i reagenti, allora il legame tra le variazioni dei numeri di moli (ni ) delle specie chimiche interessate al processo risulta espresso dall’insieme di relazioni: = dove con = ⋯….= = si è indicato il termine comune dei rapporti dni /ni . Tale termine serve quindi a rappresentare il decorso infinitesimo della reazione, al pari di ciascun dni , in modo però non legato a una particolare specie che prende parte al processo, per cui la grandezza viene indicata come grado di avanzamento della reazione. La carica dQ può quindi essere messa in relazione, sulla base delle leggi di Faraday, oltre che con i singoli dni , con la quantità , considerando che: = dove z rappresenta il valore comune del numero di elettroni scambiati nelle due semireazioni che compongono la reazione globale di pila, in corrispondenza di una variazione unitaria del grado di avanzamento, cioè in corrispondenza della variazione di n1 moli della specie S1, di n2 moli della specie S2, e così via. Si ottiene così l’espressione: =− Pagina 20 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 definendo il rapporto =Δ che rappresenta quindi la variazione di energia libera associata a una variazione unitaria del grado di avanzamento della reazione di pila, si ottiene infine la relazione: Δ =− Tenendo conto della relazione fondamentale della termodinamica relativa all’energia libera di Gibbs: =− a T e p costanti e considerando che = = +∑ + si ottiene: ∑ =∑ Δ ovvero che lega quindi la variazione di energia libera ai potenziali chimici delle specie coinvolte nel processo. Sulla base dell’espressione Δ =− e tenuto conto che in generale vale la relazione: =− , e quindi ∆ ∆ =− , si ottiene inoltre: Δ per cui, essendo ∆ = , = ∆ + ∆ si avrà: Δ =− + , 2.2. Procedura sperimentale L’esperienza si divide in due parti; nella prima parte gli studenti dovranno seguire la variazione della f.e.m. di tre pile presenti in laboratorio al variare della temperatura, mentre nel secondo caso gli studenti dovranno costruire una pila e determinarne la variazione della f.e.m a seguito della variazione delle concentrazioni dei reagenti in un ramo della pila stessa. 2.2.1. Parte 1: f.e.m al variare della temperatura. In laboratorio sono presenti 3 differenti pile, che sono state precedentemente assemblate in quanto comportano l’utilizzo di amalgama di metalli, la cui preparazione necessita tempo e una certa esperienza nell’utilizzo del mercurio. Le pile sono: Pagina 21 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 1. Pt|Cd(Hg)(l)|CdCl2 (aq. 0.1M) ||CdCl2 (aq. 0.1M) |AgCl (s)|Ag(s) 2. Pt|Zn(Hg)(l)|ZnSO4 (aq. 0.1M)||ZnSO4 (aq. 0.1M)|Hg2SO4 (s)|Hg(s)|Pt 3. Pt|Zn(Hg)(l)|ZnSO4 (aq. 0.1M) ||ZnSO4 (aq. 0.1M)|PbSO4 (s)|Pb(Hg)(l)|Pt Le pile sono reattori a forma di H con due rami per il comparto anodico e catodico separati da un setto poroso che evita il rimescolamento delle soluzioni. Ogni ramo è costituito da una soluzione elettrolitica, da un elettrodo metallico (metallo o amalgama) e da un connettore elettrico. Si può notare che laddove si utilizza un’amalgama di un metallo viene utilizzato un elettrodo di Pt come contatto elettrico, in quanto il platino stesso non dà amalgama con il mercurio. L’utilizzo delle amalgame è reso necessario dal fatto che i processi di trasferimento elettronico risultano più veloci che non con i rispettivi metalli, questo comporta una maggiore velocità nel raggiungimento dell’equilibrio. Quindi avrò che i potenziali standard anche se di poco saranno diversi tra metalli puri e metalli in amalgama ad esempio +2 +2 ⇄ ⇄ + ( )+ = 0.3588 = 0.3505 Figura 1: pila disponibile in laboratorio e annesso bagno termostatico Mentre per determinare il valore di Δ ad una particolare temperatura ( ) è sufficiente effettuare la misura della f.e.m. della pila, E , a tale temperatura, per determinare le quantità Δ e Δ è invece necessario effettuare misure di E in un intervallo di temperatura contenente quella considerata. Gli studenti troveranno le pile immerse in un bagno termostatico alla temperatura di circa 16°C; ogni gruppo dovrà scegliere una postazione a cui corrisponde una sola pila. Per ogni postazione è presente anche un multimetro digitale e due cavetti. Come prima cosa lo studente dovrà riconoscere in base alla serie elettrochimica quale dei due rami della pila funge da catodo e quale da anodo e collegare quindi i due poli al multimetro in maniera che la f.e.m risultante abbia il segno atteso. Il multimetro dovrà essere settato in maniera che solo l’ultima cifra significativa abbia una certa variabilità. La prima lettura può essere effettuata immediatamente in quanto il Pagina 22 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 sistema è già all’equilibrio; lo studente dovrà annotare con cura la temperatura effettiva del bagno Tp con relativa incertezza e 10 misure ripetute per la f.e.m. Effettuata la prima misura, lo studente dovrà settare il bagno termostatico alla temperatura successiva e quindi dopo aver concesso al sistema di raggiungere la condizione di equilibrio (10-15 min) si effettuerà una seconda lettura. Le rilevazioni di Tp e f.e.m. dovranno essere effettuate in un range di temperature 15-50°C. Lo studente è libero di scegliere i T, tuttavia si consiglia di variare la temperatura di 4-5° per volta in maniera da avere almeno 8 punti per l’elaborazione finale. In fase di elaborazione si dovranno determinare i valori medi delle f.e.m a ciascuna temperatura con la relativa incertezza e riportare i dati in un grafico in cui i valori di f.e.m. sono la variabile dipendente mentre i valori di temperatura assoluta Tp saranno la variabile indipendente (Figura 2). b a Figura 2: plot f.e.m. vs T per due diverse tipologie di pile. Per quanto riguarda la forma analitica della funzione ( ) questa può avere andamento lineare (Figura 2a) o quadratico (Figura b). Un andamento lineare si ottiene quando le capacità termiche di reagenti e prodotti non sono molto diverse tra loro. In generale le capacità termiche vengono espresse come: , = , Poiché Δ = ∑ = , Se si può supporre che ∆ ∑ = ∆ sia abbastanza piccolo da poter ritenere Δ praticamente costante allora in questo caso la funzione assume una forma del tipo ( )= + e la pendenza = , rappresenta il coefficiente termico della f.e.m. stessa ed è indipendente dalla temperatura. La pendenza della Pagina 23 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 retta E (T ) può assumere un valore positivo o negativo a seconda della tipologia di pila. Se l’andamento di E contro T non risultasse lineare (Figura 2b), ma presentasse una significativa curvatura anche in un ristretto intervallo di temperature, Δ non può essere ritenuto costante; in tal caso, il coefficiente di temperatura della pila deve essere determinato come pendenza della retta tangente alla curva rappresentativa della funzione ( ) in corrispondenza del particolare valore di temperatura considerato. In questo caso sarà necessario applicare la regressione supponendo che l’equazione che soddisfa i dati sia di tipo parabolico: ( )= + + = +2 ed il coefficiente termico della pila sarà dato da , Quindi i valori di = , Δ e Δ dovranno essere riportati con le rispettive incertezze. Inoltre poiché , è di conseguenza possibile ottenere anche il valore della costante di equilibrio del processo globale; anche questa dovrà essere riportata con l’opportuna incertezza. Si raccomanda che tutti i dati e le elaborazioni vengano riportati con il corretto numero di cifre significative e le rispettive incertezze, il procedimento utilizzato per la propagazione degli errori dovrà essere riportato in appendice alla relazione in modo che sia chiaro al docente come lo studente sia arrivato a tale risultato. 2.2.2. Parte 2: f.e.m al variare della concentrazione. La prima parte dell’esperienza non comporta un impegno attivo dello studente nella preparazione della pila, questo comporta tempi di attesa nei quali lo studente potrà preparare le soluzioni per costruire una pila del tipo Pt|Hg(l)|Hg2Cl2(s)|Cl(sat) ||KNO3 (l, 0.5M) || Fe(CN)64-( KNO3, 0.5M), Fe(CN)63- ( KNO3, 0.5M) |Pt Il ramo anodico della pila corrisponde ad un elettrodo di riferimento SCE commerciale che lo studente troverà in laboratorio già assemblato, mentre il ramo catodico della pila è costituito da un elettrodo redox immerso in una soluzione a rapporto variabile della coppia redox ( ) / ( ) Figura . Gli studenti in laboratorio avranno a disposizione per ogni work station la seguente strumentazione: Multimetro digitale utilizzato in concomitanza con la prima parte della misura Staffa e pinza porta cella Cella elettrochimica ad H dota di rubinetto per lo scarico Elettrodo di riferimento Matraccio da 100 mL, 2 matracci da 50 mL, 7 matracci da 25 mL, pippetta tarata da 10, 5 ed 1 mL,. Pagina 24 di 27 ( ) ( ) ( ) , elettrodo redox di Pt, Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 Becker per raccolta reflui e lavaggi, salviettine morbide per pulizia elettrodi reagenti KNO3, K3Fe(III)(CN)6, K4Fe(II)(CN)63H2O, acqua bidistillata propipetta, imbutino, pesafiltri Figura 3: cella ad H con sistema di scarico e cella ad H con elettrodo SCE. Si preparano tre matracci “madre” 100 mL 0.25 M KNO3 – 2.53 g 50 mL 0.05 M K3Fe(CN)6 – 0.8231 g 50 mL 0.05 M K4Fe(CN)63H2O – 1.055 g Dalle soluzioni madre si prepareranno le successive soluzioni di misura in 7 matracci così composti (sono sufficienti una pipetta da 10, una da 5 e una da 0.5 mL) N KNO3 mL K3Fe(III)(CN)6 mL K4FeII(CN)63H2O mL 1 2 3 4 5 6 7 10 10 10 10 10 10 10 0.2 0.5 1.5 2.5 3.5 4.5 4.8 4.8 4.5 3.5 2.5 1.5 0.5 0.2 Preparare tutte le soluzioni, riempire il comparto anodico con circa 20 mL di soluzione di KNO3 e inserire l’elettrodo di riferimento SCE (il setto deve essere almeno in parte bagnato dalla soluzione!). Il comparto catodico provvisto di rubinetto di scarico va riempito con la soluzione 1 contenete la soluzione redox e quindi si inserisce l’elettrodo di platino. Preparata la pila ci connetterà il multimitro con la corretta polarità in maniera da ottenere una f.e.m. con il corretto segno. Si dovrà attendere un breve tempo che la cella vada Pagina 25 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 all’equilibrio e quindi si procede alla lettura della misura. Si dovranno effettuare 5 rilevazioni. Successivamente si dovrà svuotare la semicella catodica e lavare accuratamente l’elettrodo di Pt e la semicella stessa con acqua bidistillata il tutto senza rimuovere la pila dal suo sotegno. Si avvina con qualche mL della soluzione 2 (non più di 2-3 mL), e poi si procede alla nuova misura. È importante controllare la temperatura dell’ambiente alla quale vengono effettuate le misure in quanto il sistema non è termostatato. Se non si lavora in velocità, dopo un po’ della soluzione catodica può diffondere nel comparto anodico. Non è un grave problema in quando l’elettrodo di riferimento è in un setto diviso, tuttavia ci possono essere delle derive nel dato (a causa della diversa mobilità dei due ioni), quindi è bene registrare la misura in non più di un minuto. Il valore medio dei dati di f.e.m. così registrati per ogni rapporto [Fe(CN)63-]/[Fe(CN)64-] devono essere portati in grafico come in Figura contro il logQ dove = [Fe(CN) ] [Fe(CN) ] Si dovrà osservare un andamento lineare che può essere interpolato con una funzione del tipo ( )= + ∙ Questa equazione ha la stessa forma dell’equazione di Nernst: = + 2.303 log [Fe(CN) ] [Fe(CN) ] Si dovrà quindi determinare il valore di , che corrisponde al potenziale standard della coppia Fe(CN)62+/Fe(CN)63+ quando = 1 e calcolare il suo valore rispetto all’elettrodo standard ad idrogeno (NHE). Sapendo che =− determinare anche l’energia libera standard di reazione. Pagina 26 di 27 Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017 E vs SCE (V) 0.25 0.20 0.15 0.10 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 logQ Figura 4: andamento della E vs logQ. Quindi i valori di e dovranno essere riportati con il corretto numero di cifre significative ed incertezze. Il procedimento utilizzato per la propagazione degli errori dovrà essere riportato in appendice alla relazione in modo che sia chiaro al docente come lo studente sia arrivato a tale risultato. Pagina 27 di 27