61 della lingua: che ci illumini in merito. Noi, piú

Il bel parlare
della lingua: che ci illumini in merito. Noi, piú
modestamente, consigliamo agli amanti del bel
parlare e del bello scrivere – per non sbagliare
– di non scomodare questo nobile aggettivo in
locuzioni assolute tipo ‘previo avviso’ e simili.
Discorso pressoché identico per quanto attiene
all’aggettivo ‘salvo’. Questo vocabolo – che è un
aggettivo, ripetiamo – adoperato in costruzione
assoluta è forma ellittica e sta per a condizione
che sia salvo. Va da sé, dunque, che deve prendere
il genere e il numero del sostantivo che lo segue.
In base a questa ‘legge linguistica’ occorre dire
– per tornare all’esempio sopra citato - [fatte]
salve [le] eccezioni previste dalla legge perché è
la forma ellittica di [a condizione che siano] salve
[le] eccezioni. Pedanteria? No, a nostro modo di
vedere: uso corretto della lingua di Dante.
PORTA PAZIENZA? NO, ABBI PAZIENZA
Il verbo “portare” significa – se consultiamo
un qualsivoglia vocabolario – “reggere”,
“trasportare”, “indossare”, “recare”, “tenere” e
simili. Molto spesso, però, per “contaminazione
del francese”, si usa come verbo ‘tuttofare’ in
luogo di verbi piú appropriati quali, per esempio,
“avere”, “sentire”, “dimostrare”, “serbare”,
“prestare”, “indurre”: portare odio, portare
rispetto, portare pazienza. In buona lingua
italiana si dirà: serbare odio, mostrare rispetto,
avere pazienza. Si sentono e si leggono anche
frasi tipo “portare avanti una rivendicazione”,
“portare avanti un discorso”, “portare avanti
una lotta”, “portare una strategia” e simili.
Sono frasi, queste, non errate ma prive di buon
gusto. Il nostro idioma è ricco di altri verbi
piú appropriati e piú incisivi atti a esprimere il
medesimo concetto, ovviamente caso per caso.
Vediamone qualcuno: sviluppare, promuovere,
proporre, sostenere, condurre ecc. Nelle frasi su
riportate diremo meglio, quindi: sviluppare (non
portare avanti) un discorso; seguire (non portare)
una strategia; condurre (non portare) una lotta.
IN QUALITÀ DI...
Il linguaggio burocratico (che, ricordiamolo,
“non fa la lingua”) ci ha abituati a frasi del
tipo “in qualità di…”, “nella qualità di…” ecc.
In molte lettere di assunzione si può, infatti,
leggere: «Siamo lieti di comunicarle che dal
giorno (…) Lei sarà alle dipendenze della nostra
Società in qualità di…». È un’espressione, questa,
da evitare se si vuole scrivere e parlare in buona
lingua italiana. “Qualità”, in casi del genere, si
può sostituire con “come”, “con l’incarico di”,
“con il grado di” e simili: sarà assunto con
l’incarico di segretario. È, altresì, da evitare –
sempre che si voglia parlare e scrivere bene
– l’espressione “di qualità” nel significato di
“buona, ottima qualità”: è un libro di qualità;
uno spettacolo di qualità. A questo proposito il
linguista Rigutini – non l’illustre sconosciuto,
estensore di queste noterelle – fa notare che
si tratta del solito francesismo: dare un senso
determinato a parole che hanno bisogno di una
determinazione; una qualità può essere anche
cattiva, mediocre e pessima oltre che buona.
Oggi tale locuzione è largamente adoperata
tanto che nell’uso comune si sente dire “stoffa
di qualità” volendo significare “stoffa di buona,
ottima qualità”. Gli amatori del bel parlare e del
bello scrivere aborriscano da questo gallicismo.
La qualità di qualcosa deve sempre essere
seguita dalla sua determinazione: buona, ottima,
cattiva, pessima, mediocre e via dicendo.
STOMACANTE E STOMACHEVOLE
Si presti attenzione all'uso corretto di questi
due aggettivi, anche se sono l'uno sinonimo
dell'altro: il primo si adopera, preferibilmente,
in senso proprio, il secondo in senso figurato.
Nell'uso, tuttavia, prevale il secondo anche in
senso proprio*. Consigliamo, però, a coloro che
amano il bel parlare e il bello scrivere di fare
dei distinguo, appunto: quel panino era proprio
stomacante; la persona che mi hai presentato ha
un modo di fare stomachevole.
-----* Una rapida ricerca con Google ha dato, infatti,
15.200 occorrenze per stomacante e 78.300 per
stomachevole.
PS. A proposito di "distinguo", c'è anche il
plurale "distingui", di uso molto raro (ma non
per questo errato), come fa notare il Dizionario
di Ortografia e di Pronunzia.
Nuove direzioni • n. 18 novembre-dicembre 2013
61