Il bel parlare della lingua: che ci illumini in merito. Noi, piú modestamente, consigliamo agli amanti del bel parlare e del bello scrivere – per non sbagliare – di non scomodare questo nobile aggettivo in locuzioni assolute tipo ‘previo avviso’ e simili. Discorso pressoché identico per quanto attiene all’aggettivo ‘salvo’. Questo vocabolo – che è un aggettivo, ripetiamo – adoperato in costruzione assoluta è forma ellittica e sta per a condizione che sia salvo. Va da sé, dunque, che deve prendere il genere e il numero del sostantivo che lo segue. In base a questa ‘legge linguistica’ occorre dire – per tornare all’esempio sopra citato - [fatte] salve [le] eccezioni previste dalla legge perché è la forma ellittica di [a condizione che siano] salve [le] eccezioni. Pedanteria? No, a nostro modo di vedere: uso corretto della lingua di Dante. PORTA PAZIENZA? NO, ABBI PAZIENZA Il verbo “portare” significa – se consultiamo un qualsivoglia vocabolario – “reggere”, “trasportare”, “indossare”, “recare”, “tenere” e simili. Molto spesso, però, per “contaminazione del francese”, si usa come verbo ‘tuttofare’ in luogo di verbi piú appropriati quali, per esempio, “avere”, “sentire”, “dimostrare”, “serbare”, “prestare”, “indurre”: portare odio, portare rispetto, portare pazienza. In buona lingua italiana si dirà: serbare odio, mostrare rispetto, avere pazienza. Si sentono e si leggono anche frasi tipo “portare avanti una rivendicazione”, “portare avanti un discorso”, “portare avanti una lotta”, “portare una strategia” e simili. Sono frasi, queste, non errate ma prive di buon gusto. Il nostro idioma è ricco di altri verbi piú appropriati e piú incisivi atti a esprimere il medesimo concetto, ovviamente caso per caso. Vediamone qualcuno: sviluppare, promuovere, proporre, sostenere, condurre ecc. Nelle frasi su riportate diremo meglio, quindi: sviluppare (non portare avanti) un discorso; seguire (non portare) una strategia; condurre (non portare) una lotta. IN QUALITÀ DI... Il linguaggio burocratico (che, ricordiamolo, “non fa la lingua”) ci ha abituati a frasi del tipo “in qualità di…”, “nella qualità di…” ecc. In molte lettere di assunzione si può, infatti, leggere: «Siamo lieti di comunicarle che dal giorno (…) Lei sarà alle dipendenze della nostra Società in qualità di…». È un’espressione, questa, da evitare se si vuole scrivere e parlare in buona lingua italiana. “Qualità”, in casi del genere, si può sostituire con “come”, “con l’incarico di”, “con il grado di” e simili: sarà assunto con l’incarico di segretario. È, altresì, da evitare – sempre che si voglia parlare e scrivere bene – l’espressione “di qualità” nel significato di “buona, ottima qualità”: è un libro di qualità; uno spettacolo di qualità. A questo proposito il linguista Rigutini – non l’illustre sconosciuto, estensore di queste noterelle – fa notare che si tratta del solito francesismo: dare un senso determinato a parole che hanno bisogno di una determinazione; una qualità può essere anche cattiva, mediocre e pessima oltre che buona. Oggi tale locuzione è largamente adoperata tanto che nell’uso comune si sente dire “stoffa di qualità” volendo significare “stoffa di buona, ottima qualità”. Gli amatori del bel parlare e del bello scrivere aborriscano da questo gallicismo. La qualità di qualcosa deve sempre essere seguita dalla sua determinazione: buona, ottima, cattiva, pessima, mediocre e via dicendo. STOMACANTE E STOMACHEVOLE Si presti attenzione all'uso corretto di questi due aggettivi, anche se sono l'uno sinonimo dell'altro: il primo si adopera, preferibilmente, in senso proprio, il secondo in senso figurato. Nell'uso, tuttavia, prevale il secondo anche in senso proprio*. Consigliamo, però, a coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere di fare dei distinguo, appunto: quel panino era proprio stomacante; la persona che mi hai presentato ha un modo di fare stomachevole. -----* Una rapida ricerca con Google ha dato, infatti, 15.200 occorrenze per stomacante e 78.300 per stomachevole. PS. A proposito di "distinguo", c'è anche il plurale "distingui", di uso molto raro (ma non per questo errato), come fa notare il Dizionario di Ortografia e di Pronunzia. Nuove direzioni • n. 18 novembre-dicembre 2013 61