Fumetti: spunti per una riflessione antropologica
di Moreno Tiziani
L'albo a fumetti racchiude una storia per immagini. Sembrerebbe un'affermazione ovvia, quasi
banale, se non fosse per i termini con cui è formulata. "Storia" e "immagini" sono due parole
evocative che racchiudono diversi orizzonti di lettura. L'antropologo considera innanzitutto che
le storie e le immagini sono prodotti della cultura umana, nate con le prime manifestazioni di
coscienza. Non ci soffermiamo sui tempi e le modalità di evoluzione del pensiero simbolico,
cosa su cui si discute e probabilmente si discuterà sempre, ma sui suoi sviluppi.
L‘uomo a un certo punto ha sentito il bisogno di narrare le vicende umane, e quindi la sua
umanità, il suo "essere" umano, attraverso il racconto di ciò che accadeva e di ciò che andava
fatto per avere successo nella caccia, nella pesca e nelle altre attività della vita quotidiana.
L'evoluzione cerebrale permise inoltre di raccontare, tra le altre cose, ciò che sarebbe
accaduto, o forse che non sarebbe accaduto mai: l'uomo acquistò la capacità di "immaginare"
al di là della realtà concreta, creando "storie".
Ma narrare attorno a un fuoco non era sufficiente: al fine di conservare le storie per le
generazioni future, o ingraziarsi gli dei attraverso segni tangibili di devozione, l'uomo cominciò
a dipingere e scolpire. L'"immaginazione" diede vita alle "immagini". Di queste prime
espressioni artistiche ci rimangono numerose testimonianze: le grotte di Lascaux e Altamira
sono gli esempi forse più eclatanti.
In quelle pitture rupestri è racchiuso un mondo lontano nel tempo, le cui storie sono narrate
per immagini. E le storie narrate per immagini, come si è detto, sono anche fumetti.
Non c'è accordo sulla nascita del fumetto. Sebbene ufficialmente sia nato con il famoso "Yellow
Kid", alla fine del XIX secolo, è fuor di dubbio che già nell'antichità fossero presenti
manifestazioni assimilabili a una forma di "protofumetto".
Che le vignette siano disegnate su carta, dipinte sulle pareti di caverne o di tombe egizie, o
con i byte della rete, vi è sempre il bisogno, da parte dell'Autore, di raccontare una storia che
gli nasce dentro. In ogni vignetta è inscritto il modo di vedere dell'Autore, il suo rapporto con il
mondo, filtrato dal tratto della matita che, oltre a dar vita a personaggi e definire fondali,
diventa strumento della cultura del disegnatore, capace di far emergere gli archetipi e le
tradizioni del suo substrato culturale. Questi si riflettono nell'arredamento di una stanza, nella
decorazione di un vaso o nell'abbigliamento, oppure ancora nel carattere dei personaggi: la
vignetta è un microcosmo con cui interpretare la cultura dell'Autore.
Stupisce come un dialogo inserito nello stesso contesto sia interpretabile da Autori di paesi
diversi in modo diverso. Tuttavia è il segno di come l'uomo si sia adattato, anche
culturalmente, agli ambienti naturali che ha incontrato durante le sue migrazioni. Esistono però
delle eccezioni: la caricatura e la vignetta satirica, nelle loro componenti generali, sono
interpretabili da diverse culture nello stesso modo, grazie alla grafica che diventa una sorta di
codice transculturale tradotto in immagine. Quando però la satira ha per oggetto aspetti
specifici della cultura dell'Autore, il "codice" perde la sua connotazione transculturale
assumendo una valenza esclusivamente interculturale.
Senza entrare troppo nello specifico, per molti antropologi la cultura umana nasce
primariamente da necessità biologiche. Da questo punto di vista sono molto interessanti i
fumetti ambientati nella preistoria, quel periodo cioè in cui la cultura non è ancora
un'infrastruttura della biologia umana, ma ancora deve svilupparsi come tale con le sue prime
manifestazioni.
Come non ricordare "Rahan", di André Cheret e Roger Lecureux? Si tratta forse del fumetto
ambientato nella preistoria più conosciuto: un ragazzo che esplora un mondo giovane,
attraverso la ragione propria di Homo sapiens. Non è l'unico esempio di fumetto
"antropologicamente" ben congegnato: "Les croniques de la nuit des temps", di André Houot, è
un meraviglioso esempio della collaborazione tra disegnatore, archeologi e antropologi,
interpellati espressamente per la realizzazione della strisce, sebbene ora sia datato per la
progressione degli studi di paleoantropologia. Tavole che, al di là delle storie che tessono,
raggiungono nel tratto e nella rappresentazione scientifica un connubio veramente riuscito.
A questo punto è comunque d'obbligo una piccola parentesi circa le rappresentazioni di
ominidi, e più in generale dei nostri antenati, da parte di disegnatori e fumettisti. Tali
rappresentazioni non sono spesso condivise dagli studiosi, se non nei loro tratti generali:
ricostruire l'aspetto dei nostri progenitori, a partire da ritrovamenti a volte assai scarsi, è
difficile, e a volte, accanto a intuizioni basate su dati scientifici, vengono veicolate attraverso le
immagini stesse idee non corrette.
Sviluppare una storia a fumetti e curarne gli aspetti antropologici richiede quindi uno sforzo
notevole all'Autore in misura proporzionale alle sue conoscenze delle problematiche connesse.
Conoscenze che non necessariamente fanno capo a una formazione accademica: l'esperienza
di viaggio di Hugo Pratt si è tradotta in tavole originali in cui spicca uno spirito di osservazione
degno di un etnologo. Popoli e geografie sono resi con tratti semplici e leggeri, che tuttavia
racchiudono una densa matrice antropologica da cui Pratt attinge con risultati a volte
sorprendenti.
Sulla stessa linea, anche se per aspetti e modalità diversi, si pongono le serie di "Martin
Mystère", "Magico Vento" e "Nathan Never", editi da Bonelli: il primo, guarda caso, è laureato
in Antropologia ad Harvard, il secondo si muove in territori intrisi di avventura, certo, ma
anche di sciamanesimo ed etnografia dei Nativi Americani. E in Nathan Never emerge
l'idiosincrasia dell'uomo verso un mondo da lui stesso creato, una civiltà senza più passato che
si sente estranea a un sistema solare sempre più grande.
Se questi sono esempi facilmente riconoscibili, seppur da interpretare tenendo presenti le
caratteristiche dei personaggi, ne esistono altri in cui la connotazione antropologica deve
essere ricercata nel contesto: la postmodernità dei manga giapponesi e della Valentina di
Crepax hanno segnato la nostra civiltà con icone portatrici di uno stile preciso e inconfondibile,
capace per certi versi di modificare i costumi di chi legge.
Un discorso a parte merita XIII, fumetto che può essere preso a esempio per una riflessione
sulla natura dell'uomo come "animale sociale": Stefano Gorla, di Drive Magazine, ha
sottolineato giustamente che "nella storia di XIII, uomo apparentemente solo, emerge anche
un'articolata rete di rapporti famigliari, realizzazione dell'aspirazione dell'uomo alla socialità.
Relazione, identità e memoria. Una triade da saggio di antropologia che regge un fumetto
d'avventura di grande successo."
Le "storie per immagini" sono quindi una finestra verso mondi "altri" che tuttavia sono ancorati
al nostro quotidiano attraverso particolari espressioni che sono mediate dalla cultura del lettore
e quindi "metabolizzate" come sue.
Si intuisce allora l'importanza del fumetto come veicolo di idee, più che come semplice forma
di intrattenimento. Un veicolo che, a differenza di altri mezzi di comunicazione, è "trasversale"
alla cultura del lettore e al suo ceto sociale, ed è capace di cogliere nei tratti di matita le
trasformazioni della società. La produzione di fumetti africana, praticamente sconosciuta in
Occidente, da questo punto di vista è una delle più attente, fondendo la tradizionale arte dei
griot, i cantastorie del villaggio, con una modernità che sembra ingoiare un continente e le sue
tradizioni. Ma anche nello stesso Occidente, Roy Lichtenstein, l'esponente più importante della
Pop Art insieme a Andy Wharol, utilizzava i fumetti per le proprie opere, estrapolando le
singole vignette dal contesto e trasformandole in espressioni estetiche assolute di un modo di
vivere e di pensare.
Il fumetto è una porta accessibile verso l'"altro", al di là di ciò che rappresenta nel nostro
immaginario. E il lettore attento, sensibile alle variabili umane che la matita e la china
disegnano sulla carta, in fondo è un antropologo sul campo.
Le recensioni di fumetti della comunità di Anthropos:
http://www.antrocom.it/modules.php?op=modload&name=News&file=index&catid=&topic=5
La grotta di Lascaux:
http://www.culture.gouv.fr/culture/arcnat/lascaux/en/
La grotta di Altamira:
http://whc.unesco.org/pg.cfm?cid=31&id_site=310
La storia di Yellow Kid:
http://www.ubcfumetti.com/enciclopedia/yellowkid/
Rahan, di André Cheret e Roger Lecureux:
http://www.rahan.org
Hugo Pratt, un etnologo della matita, a cui è stata recentemente dedicata la mostra "Periplo
immaginario":
http://www.fondazionemps.it/hugopratt/
Martin Mystère , il famoso detective dell'impossibile:
http://www.sergiobonellieditore.it/auto/cpers_index?pers=martin
Magico Vento, l'eroe amerindio dell'America del west:
http://www.sergiobonellieditore.it/auto/cpers_index?pers=magico
Nathan Never, l'agente speciale Alfa:
http://www.sergiobonellieditore.it/auto/cpers_index?pers=nathan
Il Pianeta Manga:
http://www.mangaitalia.it/board/portal.php
Il mondo di Crepax, il creatore di Valentina:
http://www.crepax.it/
Lo speciale su XIII, di Jean Van Hamme, a cura di Stefano Gorla:
http://www.drivemagazine.net/fumspeciali/xiii/xiii.html
Il numero speciale di "Afriche" sui fumetti africani:
http://users.libero.it/missioni-africane/index/bd.htm
Roy Lichtenstein:
http://www.lichtensteinfoundation.org/
Moreno Tiziani