Il segmento 2 dei virus influenzali tipo A codifica per due proteine PB1 e PB1-F2. La proteina PB1F2 è considerata uno dei principali fattori di virulenza dei virus influenzali perché agisce sui mitocondri inducendo l’apoptosi della cellula infetta, in particolare dei macrofagi, e determina quindi il rallentamento e la riduzione della risposta immunitaria specifica. L’induzione dell’apoptosi cellulare dipende principalmente dalla localizzazione mitocondriale della PB1-F2, la quale è legata sia alla presenza della MTS (Mitochondrial Targeting Sequence) a livello C terminale che all’espressione di almeno 57-62 aa della proteina. La maggior parte dei virus influenzali possiede una proteina PB1-F2 completa di 87-90 aa (virus pandemici del 1918, 1957 e 1968), tuttavia in alcuni ceppi si esprime troncata a diversi livelli nell’estremità C terminale (virus H1N1/09 pandemici con 11 aa) o addirittura manca totalmente. Lavori sperimentali realizzati su modelli murini, hanno rilevato che l’aminoacido presente in posizione 66 riveste notevole importanza per la virulenza. La singola mutazione da asparagina a serina (N66S) è stata correlata ad un aumento di virulenza ed, in particolare, a più alti livelli di replicazione virale nei polmoni. Questa mutazione è stata riscontrata nei virus pandemici H1N1 (1918), H2N2 (1957) e H3N2 (1968) ed anche nel virus aviare H5N1 di alta patogenicità (1997). Allo scopo di approfondire le caratteristiche della PB1-F2 nei virus influenzali suini (SIV), sono state analizzate le sequenze proteiche della PB1-F2 di 15 ceppi SIV H1N2 e 4 H1N1 isolati in Italia dal 1998 al 2010 e confrontate con quelle di virus influenzali suini, umani e aviari depositate in genBank. L’analisi proteica ha rilevato che 16 su 19 ceppi possiedono una PB1-F2 completa di 90 aa. I restanti tre ceppi riguardano un ceppo H1N1 ed un ceppo H1N2, entrambi isolati nel 98, che esprimono una proteina di 63 aa ed un ceppo H1N2 del 2006 che ne esprime una di 57 aa. In quest’ultimo caso, la riduzione della dimensione della proteina potrebbe compromettere la localizzazione mitocondriale e la conseguente induzione dell’apoptosi cellulare. Dal confronto delle sequenze proteiche si rileva inoltre la presenza della mutazione N66S in 6 dei 15 ceppi H1N2 italiani. Questa mutazione è stata evidenziata molto raramente nei virus influenzali suini, infatti risulta presente in solo tre (A/sw/England/WVL7/92 H1N1, A/sw/Spain/39139/02 H3N2, A/sw/Sweden/9706/10 H1N2) delle oltre 100 sequenze di ceppi, sia europei che americani, confrontate in questo studio. Al contrario, la presenza della Serina in posizione 66 sembra essere particolarmente frequente negli H1N2 italiani recenti, essendo rilevata in tutti i ceppi isolati nel 2009-2010 tranne uno. A differenza della sporadicità osservata fino ad oggi per i SIV, la mutazione N66S sembrerebbe essersi stabilizzata nei ceppi H1N2 italiani recenti, tuttavia sono in corso ulteriori studi per valutarne la diffusione negli isolati del 2011