Settembre
Musica
Milano
Teatro Ringhiera
Sabato 6.IX.14
ore 17
Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
04_ 21 settembre 2014
Ottava edizione
Ta-pum, suoni e parole
della Grande Guerra
Fanfara della
Brigata Alpina Taurinense
Maresciallo Marco Calandri
direttore
Luca Occelli voce recitante
°
2
Ta-pum, suoni e parole della Grande Guerra
Giovanni Gaeta (arr. Marco Calandri)
La leggenda del Piave
Armando Diaz
Bollettino della Vittoria (lettura)
Rievocazione della Battaglia del 1915
con estratti da Am Isonzo di Alice Schalek (lettura)
Anonimo (arr. Marco Calandri)
Montenero
Lettere dal fronte (lettura)
Anonimo (arr. Fulvio Creux)
Addio mia bella, addio
Marco Calandri
estratti da I lumi di un Mondo Nuovo
Lettere dal fronte (lettura)
Nino Rota (arr. Marco Calandri)
La Grande Guerra
Lettere dal fronte (lettura)
Columbro Arona (arr. Fulvio Creux)
Le campane di San Giusto
Ernest Hemingway
estratti da Addio alle armi (lettura)
Mario Nascimbene (arr. Paolo Mazza)
Addio alle armi
Paolo Monelli
Le scarpe al sole (lettura)
Lettere dal fronte (lettura)
Davide Boario
Oltre l’Apocalisse
Carlo Salsa
Trincee (lettura)
Fulvio Creux
Echi di trincea
Carlo Emilio Gadda
Estratti da Giornale di Guerra e di Prigionia (lettura)
Giuseppe Ungaretti
Fratelli
S. Martino del Carso
Soldati (letture)
Goffredo Mameli/Michele Novaro
Il Canto degli italiani
Fanfara della Brigata Alpina Taurinense
Maresciallo Capo Marco Calandri, direttore
Luca Occelli, voce recitante
La durata del concerto è di 60 minuti circa
Ta-pum, suoni e parole della Grande Guerra
«Addio, mia bella, addio / l’armata se ne va». È il febbraio del 1859 quando
sul Lago Maggiore, dal ponte del vapore che ha imbarcato i soldati del re
Vittorio Emanuele II ormai prossimi a muovere guerra all’Austria, si alza
quel coro. Al canto dei piemontesi, dei lombardi, dei liguri, dei toscani e
degli emiliani, dei veneti e dei siciliani, fa eco il rullare dei tamburi della
Guardia Nazionale di Pallanza. Antonio Fogazzaro lo racconta mirabilmente
nelle ultime pagine di Piccolo mondo antico, uno dei romanzi più struggenti
della letteratura italiana, consacrando il testo dell’avvocato fiorentino Carlo
Alberto Bosi a colonna sonora del Risorgimento. Scritta in pochi minuti, al
tavolino di un caffè, per onorare i volontari toscani del 1848, Addio, mia
bella, addio, che in verità s’intitolava Il volontario parte per la guerra dell’indipendenza, ebbe una larga diffusione.
Così come un grande successo riscosse La bella Gigogin, in particolare tra
i Mille di Garibaldi. C’è in proposito una testimonianza precisa di Giuseppe
Cesare Abba, volontario e memorialista garibaldino. Nel suo libro Da Quarto
al Volturno ricorda che durante la marcia delle camicie rosse verso Palermo,
a un certo punto, Garibaldi «all’improvviso comparve sulla strada e gridò con
voce sonora: Avanti, ragazzi, non c’è tempo da perdere». A «quelle parole, tutti i Mille saltarono su come un uomo solo e ricomposero le file, e ripigliarono
la faticosa marcia, e il lieto ritornello ‘Daghela avanti un passo / delizia del
mio cuore’, al quale una quarantina di voci toscane intrecciava allegramente
il ritornello livornese: ‘Bravo, bimbo bravo, / trallalera, lallera, lera’, mentre
Bixio, bestemmiando in tutti i dialetti d’Italia tornava di galoppo in testa alla
sua compagnia». Era stata suonata al Teatro Carcano di Milano dalla Banda
Civica, nella sera di Capodanno del 1859. Composta su un testo di anonimo
da Paolo Giorza, morto in miseria negli Stati Uniti dove sarebbe emigrato,
quella notte venne replicata più volte per volontà del pubblico entusiasta e
poi cantata da una folla enorme, alle quattro del mattino successivo, sotto le
finestre del palazzo del viceré austriaco.
Insieme al Canto degli Italiani di Goffredo Mameli, il futuro inno nazionale che Michele Novaro musicò a Torino, e all’Inno a Giuseppe Garibaldi
di Luigi Mercantini e Alessio Olivieri, forse il più amato fino agli inizi del
Novecento, Addio, mia bella, addio e La bella Gigogin inaugurano la canzone
patriottica italiana. Pur avendo visto irrompere sulla scena i ceti popolari,
almeno sul fronte dei garibaldini e dei mazziniani, il Risorgimento fu tuttavia
essenzialmente un’opera di minoranze; e dopo la proclamazione dell’Unità
venne subito lacerato, e tradito nei suoi valori, dalla frattura fra il Nord e
il Sud dell’Italia, culminata nella lunga guerra al brigantaggio. L’Italia era
stata fatta, per dirla con le parole di Massimo d’Azeglio, ma non gli Italiani.
Pertanto non potevano nascere quelli che lo storico Mario Isnenghi definisce,
a proposito dell’inno A Tripoli, i canti che «devono riuscire a mobilitare i
popoli». Non si era arrivati, insomma, se non parzialmente con il melodramma verdiano e con certe arie di carattere regionale, alla «canzone che
sanno tutti», ossia la canzone, per citare Emilio Franzina, un altro storico,
che veicola un «sentimento nazionale diffuso». Tutto ciò potrà avvenire, in
parte, con l’affermarsi dei canti politici e di protesta, da quelli anarchici a
quelli socialisti, quindi con le guerre nazionali: la campagna di Libia, intanto,
e soprattutto la Grande Guerra, che sancirà la mobilitazione (e la carneficina)
di massa. Sarà però una canzone d’amore, ’O Surdato ’nnamurato di Cannio
e Califano, proprio nel 1915, a ottenere per primo uno straordinario successo
in tutto il Paese, unificando i cuori e le nostalgie. Nel 1859, del resto, a dare
il tono alla guerra risorgimentale era stata La bella Gigogin: un motivo non
espressamente di guerra, anzi d’amore, ma interpretato dalla gente per via
di quel ritornello, quel «Daghela avanti un passo», come un esplicito invito a
Vittorio Emanuele II a dichiarare guerra all’Austria.
3
In ogni caso è sul Carso, sull’Adamello, sull’Ortigara, rammenta Franzina,
che la nazione reale «sarà forzata ad autoriconoscersi, man mano, nei motivi
più marziali, patriottici e plebiscitari de Le Campane di San Giusto di Drovetti
e Arona (1915), de La leggenda del Piave di E. A. Mario e de La Canzone del
Grappa di Meneghetti e De Bono», entrambi risalenti al 1918 e scritti dopo la
disfatta di Caporetto, perciò collegati chiaramente ‘all’estrema difesa’ della
patria. I canti di guerra, a quel punto, «si daranno naturalmente numerosi
e godranno di qui in avanti, specie nelle note versioni alpine e di bivacco»,
da Bandiera Nera, a Sul cappello, a Sul ponte di Bassano, «d’una immensa
popolarità», che si manterrà tale nell’altro grande massacro della seconda
guerra mondiale.
Massimo Novelli*
*Massimo Novelli è nato a Torino nel 1955. Scrittore e giornalista del quotidiano
«la Repubblica», ha lavorato anche a «L’Ora» di Palermo e a «Il mondo». È autore di
diverse opere di storia e di biografie letterarie, occupandosi soprattutto di fatti e personaggi della Resistenza e del Risorgimento democratico e garibaldino e riscoprendo
scrittori dimenticati come Guido Seborga ed Ezio Taddei. Tra i suoi libri: L’uomo di
Bordighera. Indagine su Guido Seborga (Spoon River, 2003); Corbari, Iris e gli altri.
Un racconto della Resistenza (Spoon River, 2003); Un certo Ezio Taddei, livornese. Lo
scrittore dei poveri (Spoon River, 2004); La furibonda anarchia (Araba Fenice, 2007);
La cambiale dei Mille e altre storie del Risorgimento (Interlinea, 2011); I fantasmi dei
Savoia. Avventurieri, femmes fatales, esuli, esploratori, patrioti (Spoon River, 2012);
Gli avvelenatori del duca di Savoia. Cronache scellerate del 1600 (Araba Fenice, 2013).
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Telegramma del generale Diaz a Giovanni Gaeta
«Stimatissimo Maestro Gaeta, Lei ha giovato alla riscossa nazionale più di quanto avessi
potuto fare io stesso. La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!»
Bollettino della Vittoria
Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12
La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S. M. il Re, duce supremo,
l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede
incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte
cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una ceco-slovacca ed un
reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita.
La fulminea e arditissima avanzata del xxix Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie
della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte a occidente dalle truppe della vii
armata e a oriente da quelle della i, vi e iv, ha determinato ieri lo sfacelo totale del fronte
avversario. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della xii, della viii, della x armata e delle
divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.
Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta iii
armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che
mai aveva perdute.
L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita
resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di
materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato
finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno
di cinquemila cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza
speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.
Il capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Diaz
Rievocazione della Battaglia del 1915
con estratti da Am Isonzo di Alice Schalek
Novantanove anni fa gli Alpini del Terzo Reggimento conquistano con un brillante colpo di
mano il Monte Nero, in uno degli episodi più famosi della Grande Guerra.
Nella notte senza luna tra il 15 e il 16 Giugno del 1915, sei compagnie dei battaglioni alpini
Susa ed Exilles ne assaltano la vetta. La conquista del Monte Nero rientra nei primi piani
del Regio Esercito per il raggiungimento della linea dell’Isonzo ed è un’operazione che viene
affidata agli alpini del iv corpo d’armata.
Gli ordini son chiari: arrampicarsi, stare sotto, non perdere un solo passo per non perdere
contatto, silenzio assoluto, non tossire, non chiamarsi neppure sottovoce e attenzione a
non smuovere sassi.
La manovra avviene su due fianchi: mentre gli Alpini del Susa iniziano la salita della
cresta nord, tre compagnie dell’Exilles attaccano il versante meridionale, approfittando
del buio e della nebbia, dopo tre ore di marcia e scalate giungono in prossimità dei primi
trinceramenti austriaci e partono all’assalto della cima.
Gli Alpini alle 3:30 si avvicinano silenziosamente alle posizioni austriache. Alle 4:45 dopo aspri
combattimenti alla baionetta, travolgono ogni resistenza e piantano il tricolore sulla vetta.
Nel 1916 la giornalista viennese Alice Schalek – una delle prime donne corrispondenti
dal fronte – è inviata di guerra sull’Isonzo e lì raccoglie, tra i soldati austro-ungarici,
testimonianze sull’impresa del Monte Nero, tutte concordi nel rendere onore alle penne
nere italiane.
Narra infatti la Schalek: «Gli alpini avevano superato in arrampicata notturna la parete del
Monte Nero di duemila metri di dislivello, [...] completamente equipaggiati e in piena vista
vennero su senza sentiero [...]. Quando si parla di questo brillante attacco, che nella nostra
storia della guerra viene registrato apertamente come un successo del nemico, ognuno
aggiunge in fretta: è stato un capolavoro, giù il cappello davanti gli Alpini».
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Lettera dal fronte del Tenente Carlo Mazzucchi del 210° Reggimento di Fanteria
Caduto sul Carso il 16 giugno 1917
Carmela,
gli esami sono finiti e naturalmente superati. Non ho chiesto e non chiedo la licenza
perché sembra prossima l’azione e non vorrei che si credesse ch’io rifugga dal primo
combattimento. Anzi io lo desidero, questo primo battesimo di sangue, e rinuncio alla
licenza.
Pur avendo finito il corso, continuiamo ancora distruzione, anzi ora è peggio di prima,
perché s’inizia l’istruzione alle cinque e mezza ed io, non volendo disturbare il mio
attendente, e dall’altra parte non volendo mancare alla puntualità, non vado a letto la
notte. Vado a casa tardi, poi leggo, fumo, scrivo, oppure sto alla finestra ad osservare gli
scoppi delle granate sul Carso o i fasci luminosissimi di proiettori austriaci, o, come è
avvenuto in queste due ultime sere, ammirare l’incursione degli aeroplani austriaci che
hanno lasciato cadere una trentina di bombe mentre numerose batterie antiaeree facevano
un fuoco d’inferno per impedirne l’avanzata in territorio italiano. Nelle ore calde, poi,
schiaccio un pisolino.
Questa è l’ultima mia lettera che ti mando da Campolongo; forse sarà proprio anche
l’ultima. Appena al Reggimento ti scriverò ancora, ed in quella ti darò l’ultimo addio, o mia
Carmela, cercherò di darti la parte migliore del mio cuore, espressa nelle più dolci, nelle
più care parole.
Io sto bene, e la sera mi diverto con tutti gli altri ufficiali, cantando e ridendo per le strade.
Sono gli ultimi canti, le ultime risa. Addio Carmela, stai sempre bene, voglimi tanto bene,
ricordami.
Ti mando un bacio lungo, caldo, affettuosissimo.
Tuo Carlo
Lettera dal fronte del Sottotenente di Fanteria Aldo Ravasini
Caduto su S. Michele il 25 ottobre 1915
Dal vano della mia fossa s’apre vasto e sconsolato, tutto vallette e valloni circolari che
appaiono quali anfiteatri in rovina, un paesaggio triste che sembra fatto per un cimitero.
Gli eventi umani hanno pensato a renderlo effettivamente tale, e qua e là, composta da
una tarda e rustica pietà, sorge una misera croce. Qualche alberello isolato si profila sulla
solitudine levando al cielo in un atto di sconforto le povere fronde inaridite e stroncate
dal soffio caldo di qualche granata. La guerra ha lasciato qui tutti i suoi segni. In questo
luogo, tutte le distruzioni sono passate. Il suolo è sconvolto, bruciacchiato dalle tempeste di
acciaio e di piombo che i duelli delle artiglierie vi hanno scaglionato: ogni passo è una buca
e un frammento di granata, e un seminato di pietre e di schegge. Qualche cadavere che la
putrefazione ha impedito di seppellire, rimane irrigidito negli atteggiamenti più strani della
morte, mentre un vespaio immondo di mosche lubriche diforma l’ultima veste.
Qualche volo basso di rondini solca come una gramaglia questo disperso paesaggio dove
nulla più resta se non l’opera dell’insidia umana.
Un trinceramento lontano e abbandonato chiude l’orizzonte come un bastione antico in
rovina, e accresce con la sua tinta cupa questo aspetto sconsolato che stringe l’animo come
uno sgomento. Anche il cielo è triste, se pure è sereno. Il sole avvolge le cose di una luce
grigia, incerta, falsa.
Ho vent’anni oggi (oh, mamma, mamma mia!) e non avresti certo pensato, mamma,
vent’anni or sono, che come oggi mi sarei dovuto trovare in questo altopiano che chiamerei
della morte e che resterà sacro alle memorie del nostro popolo. Passo il giorno che segna
il fiore della vita mentre nell’aria è tutta una sinfonia di sibili, e dalla terra s’innalzano con
uno scoppio formidabile immense trombe di terra e di pietre!...
Vicino a me un soldatino della mia città esclama: «Chil t... ed chi todesch, i nem lasson miga
portar el magner, i continued a strombasser ed col pass chi...»
Infatti, la corvée del rancio non può funzionare perché non si fida, dicono i napoletani, a
salire.
(Pam! Pam! Pum! Tra! Pra! Pah!)
«Fermala con la man, veh! Fag vent col bonet!» sono le solite esclamazioni, vedendo che gli
uomini del rancio arrivano, fra una selva di granate, di piena corsa.
Nel pericolo v’è sempre il lato comico! «Ien senza creanza chi todesch!» gridano correndo
i portatori del rancio.
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Quando tuona il nostro cannone è come se tu sentissi battere un’immensa gran cassa di
colpi di un ciclopico ariete spinto da un motore elettrico. Quando invece romba l’artiglieria
nemica, è come se nell’aria passassero delle ruote gigantesche, invisibili, vertiginose, è
come se passasse una locomotiva in corsa. I nostri soldati l’accompagnano con questa
esclamazione: «Senta v’è che rodei! Senta là che anguria!» Quando poi passa qualche
frammento tu odi come il ronzio spaventoso di qualche insetto gigantesco e i miei ragazzi
dicono «Senta là che galavròn!»
Lettera dal fronte del Sottotenente dei Bersaglieri Renato Charlet, irredento
«...ho appena vent’anni e ne ho già provate più di uno di 80. Una famiglia dispersa come la
nostra ne garantisco non si trova in tutto il mondo. Il 24 febbraio 1915 dovetti abbandonare
la mia città natale (Trieste) perché chiamato sotto le armi austriache. Io, puro sangue latino,
dopo aver combattuto da quando son nato per la libertà, mi decisi a prendere il volo, come
fu. Siamo italiani e non conosciamo il sacrificio. Nulla è più bello della libertà, ciò che a me
e a tutti i miei fratelli e amici manca».
da Addio alle armi di Ernest Hemingway
Aveva i capelli meravigliosamente belli e a volte stavo sdraiato a guardarla mentre si faceva
le trecce nella luce che entrava dalla finestra aperta e splendevano perfino nella notte come
a volte splende l’acqua poco prima che sia giorno [...]
«Sai bene che non amo che te. Non dovrebbe importarti se qualcuno mi ha amata».
«Invece m’importa».
«Non dovresti essere geloso di qualcuno che è morto, mentre tu hai tutto» [...]
Se la gente porta tanto coraggio in questo mondo, il mondo deve ucciderla per spezzarla,
così naturalmente la uccide. Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti
spezzati. Ma quelli che non spezza li uccide. Uccide imparzialmente i molto buoni e i molto
gentili e i molto coraggiosi. Se non siete fra questi potete essere certi che ucciderà anche
voi, ma non avrà una particolare premura [...]
«Le piacerebbe vivere dopo la morte?»
«Dipenderebbe dalla vita. Questa vita è molto divertente. Mi piacerebbe vivere per sempre».
«Lei è saggio».
«No. È il grande inganno: la saggezza dei vecchi. Non diventano saggi. Diventano attenti».
da Le scarpe al sole di Paolo Monelli
Allarme notturno. Parto con il plotone speciale per rinforzo alla compagnia di fanteria che
sta sopra Roncegno. Il plotone speciale raccoglie quei pochi soldati che non sono in licenza:
al resto della compagnia hanno dato il rompete le righe tutto in una volta. Ed è formato da
cuochi calzolai attendenti scribi portaferiti conducenti, vecchiotti al di la dei trentacinque,
brontoloni ed esigenti come tutte le cariche speciali quando gli si fa mettere da parte la
specialità. «Andemo, putei», per canzonarli. «Andemo volontari» risponde Forlin, che ha la
più bella pancia fra gli zappatori. E ci avviamo sotto la pioggia dirotta, nelle tenebre fonde,
verso gli avamposti.
Lettera dal fronte di combattente ignoto
Mamma carissima, pochi minuti prima di andare all’assalto ti invio il mio pensiero
affettuosissimo.
Un fuoco infernale di artiglieria e di bombarde sconvolge nel momento che ti scrivo tutto
il terreno intorno a noi...
Non avevo mai visto tanta rovina.
È terribile, sembra che tutto debba essere inghiottito da un’immensa fornace.
Eppure, col tuo aiuto, coll’aiuto di Dio, da te fervidamente pregato, il mio animo è sereno.
Farò il mio dovere fino all’ultimo.
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da Trincee di Carlo Salsa
«Ecco com’è la linea». Si accinge a spiegarmi tracciando con un mozzicone di matita,
ripescato nel fondo di una tasca, dei ghirigori vacillanti su un ritaglio di cartuccia umidiccia.
Ecco qua. Primo plotone, in questa trincea sopraffina che, invece di essere parallela, è
normale alla linea austriaca: non è che un vecchio camminamento nemico conquistato in
qualche modo. «Tutto quanto il primo plotone insalsicciato in questo budello profondo un
metro; guai a chi, durante il giorno si permette di allungare uno stinco. Qua, spazio netto,
battuto da fucili puntati durante tutta la notte. Poi, buca del comando di compagnia. A
destra, altra zona scoperta trattata come l’altra. Di là fino a noi, tale d’appostamento e
qualche breve tratto di scavo, protetto da pochi sacchetti a terra e da molti morti che ci
fanno da riparo. Bisogna farci lo stomaco, ai morti: vedrai, domani, alla luce del sole. Senti
che tanfo? (Oh, alla sera – io non so il perché comincia a salire, alla sera – questo lezzo ci
ammorba e ci sgomenta. Orribile! Oh! Orribile!) Ebbene, anche qui, sotto questi sacchetti,
c’è una carcassa di ungherese, conficcata nel fango. Che devo fare? Toglierla? Impossibile.
Ci dormo sù».
da Giornale di Guerra e di Prigionia di Carlo Emilio Gadda
Mi par d’essere a Milano, mi par d’essere tra i miei cari, o nello stesso loro animo,
nell’intimo del loro sentire; mi pare di esser loro, in altre parole.
E di leggere la prima notizia della disfatta di Tolmino: e di leggere le seconde notizie, non
più temperate da speranza.
«Avanzano, li hanno lasciati passare.
I nostri figli, i nostri fratelli li hanno lasciati passare.
Ed erano pur ieri pieni di fede e di vita.
Ma, dunque, anche il loro vantato coraggio non è nulla, di fronte ai tedeschi; si piegano
come bambini, si terrorizzano al solo apparire dell’elmetto nemico.
Che sarà di noi, delle nostre case, delle nostre persone, della nostra vita?»
Giuseppe Ungaretti
Fratelli
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
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San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Marco Calandri, direttore
Il Maresciallo capo Marco Calandri dal 2009 dirige la Fanfara della Brigata
Alpina Taurinense, in cui precedentemente ha ricoperto il ruolo di primo
trombone svolgendo attività solistica e didattica. Ha fatto parte della Banda
Nazionale dell’Esercito. Collabora con numerose bande musicali, orchestre
di fiati, orchestre sinfoniche e formazioni cameristiche italiane di rilievo.
Laureato a pieni voti in trombone ed euphonium presso il Conservatorio di
Novara, si è perfezionato con i più noti trombonisti mondiali frequentando
la School of Music presso l’Indiana University di Bloomington. Attualmente
studia direzione e strumentazione per orchestra di fiati ed è laureando presso
la Royal School of Music di Londra.
Luca Occelli, voce recitante
Luca Occelli è nato a Cuneo nel 1971, dove dopo aver studiato all’Accademia Teatrale Giovanni Toselli diretta da Chiara Giordanengo e Michele
Viale, ha frequentato la Scuola del Teatro Stabile di Torino, diretta da Luca
Ronconi, diplomandosi nell’anno scolastico 1994/1995. Ha in seguito lavorato con Gruppo della Rocca, Teatro Popolare di Roma, Compagnia Stabile
del Teatro Alfieri, Academia Montis Regalis, Assemblea Teatro, Compagnia
Santibriganti. Ha collaborato inoltre con il musicista Franco Olivero e con il
musicista-drammaturgo Orlando Manfredi.
9
Fanfara della Brigata Alpina Taurinense
Costituita nel 1965 a Torino, la Fanfara della Brigata Alpina Taurinense è
attualmente costituita da 34 musicisti di professione diretti dal Maresciallo
Capo Marco Calandri. Il suo repertorio comprende – oltre a musiche militari di ordinanza – anche brani sinfonici e leggeri. Si è esibita al Festival
internazionale di musica militare di Modena e in numerose occasioni ha
suonato al Teatro Regio e al Conservatorio di Torino, all’Auditorium Rai
Arturo Toscanini e all’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto. La Fanfara
partecipa regolarmente alla sfilata del 2 giugno a Roma, nel giorno della
Festa della Repubblica, e alle Adunate nazionali degli Alpini. Nel 2006 ha
suonato all’inaugurazione e alla chiusura delle Olimpiadi Invernali di Torino.
Per le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia ha preparato un programma
di musiche risorgimentali che è stato presentato in numerose città italiane e
al festival MITO SettembreMusica. Ha all’attivo due registrazioni edite e prodotte dalla casa editrice M. Boario di Torino: Legend del 2006 e Voli d’Aquila
che vede la collaborazione di Cecilia Gasdia e Ricky Tognazzi.
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Flauto/Ottavino
Alessia Deana
Eleonora Burdese
Oboe
Elena Miglietta
Fagotto
Paola Sales
Clarinetti
Mercurio Tromba
Igor Cieri
Emanuele Mariani
Ivano Mezzoni
Matteo De Damiano
Giuseppe Termini
Erica Lentini
Cristian Romano
Clarinetto basso
Mariano Usai
Sassofoni
Daniele Colasanto
Alice Geninatti
Dino Gentile
Pietro Silistria
Francesco Nuzzo
Corni
Massimo Bianco
Vincenzo Scarfò
Mario Scafati
Paolino Ippolito
Trombe
Fabio Citro
Emanuele Di Raimondo
Gabriele Gunetti
Andrea Bracco
Tromboni
Savio Ghiani
Riccardo Savoia
Cristian Magaria
Euphonium
Francesco Sacco
Giuseppe d’Arienzo
Tube
Massimiliano Vienco
Gian Marco Martinoli
Basso a corde
Michele Tiseo
Percussioni
Riccardo De Giacomo
Pasquale Vigorito
Marcello Alipede
Filippo Ingoglia
Timpani
Emanuele Giovinazzo
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Settembre
Musica
Torino Milano
Festival
Internazionale
della Musica
04_ 21 settembre 2014
Ottava edizione
La Grande Guerra
Musica, poesia e lettere dal fronte:
per scoprire con la musica le voci
della nostra storia
6.IX Fanfara della Brigata Alpina Taurinense
7.IX Lorna Windsor
Bruno Canino /Antonio Ballista
14.IX Coro della S.A.T.
Società degli Alpinisti Tridentini
Biglietteria MITO in Expo Gate
Online conviene
www.mitosettembremusica.it
MITO_ Milano
# mito14
# cheMITO
Un progetto di
Città di Milano
Città di Torino
Giuliano Pisapia
Sindaco
Presidente del Festival
Piero Fassino
Sindaco
Presidente del Festival
Filippo Del Corno
Assessore alla Cultura
Maurizio Braccialarghe
Assessore alla Cultura,
Turismo e Promozione
Giulia Amato
Direttore Generale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Cultura,
Educazione e Gioventù
Comitato di coordinamento
Presidente
Francesco Micheli
Vicepresidente
Maurizio Braccialarghe
Enzo Restagno
Direttore artistico
Milano
Torino
Giulia Amato
Direttore Generale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Cultura,
Educazione e Gioventù
Francesca Colombo
Segretario generale
Coordinatore artistico
Angela La Rotella
Segretario generale
Claudio Merlo
Responsabile generale
Coordinatore artistico
Associazione per
il Festival Internazionale
della Musica di Milano
Fondatori
Francesco Micheli, Roberto Calasso
Francesca Colombo, Piergaetano Marchetti
Massimo Vitta-Zelman
Comitato di Patronage
Louis Andriessen, Alberto Arbasino, Giovanni Bazoli
George Benjamin, Ilaria Borletti Buitoni, Pierre Boulez
Gillo Dorfles, Umberto Eco, Bruno Ermolli, Inge Feltrinelli
Franz Xaver Ohnesorg, Ermanno Olmi, Sandro Parenzo
Alexander Pereira, Renzo Piano, Arnaldo Pomodoro
Livia Pomodoro, Davide Rampello, Gianfranco Ravasi
Daria Rocca, Franca Sozzani, Umberto Veronesi
Ad memoriam Gae Aulenti, Louis Pereira Leal
Consiglio Direttivo
Francesco Micheli, Presidente
Marco Bassetti, Pierluigi Cerri, Lella Fantoni
Roberta Furcolo, Leo Nahon, Roberto Spada
Collegio dei Revisori
Marco Guerrieri, Eugenio Romita
Marco Giulio Luigi Sabatini
L’organizzazione di
MITO SettembreMusica
Milano
Associazione per
il Festival Internazionale
della Musica di Milano
Francesca Colombo
Segretario generale
e Coordinatore artistico
Stefania Brucini
Responsabile promozione e biglietteria
Carlotta Colombo
Responsabile produzione
Emma De Luca
Referente comunicazione
Federica Michelini
Assistente Segretario generale
e Responsabile partner e sponsor
Luisella Molina
Responsabile organizzazione
Lo Staff del Festival
Segreteria generale
Cristina Calliera, Eleonora Porro e Vincenzo Langella
Comunicazione
Livio Aragona, Irene D’Orazio, Christian Gancitano, Valentina Trovato
con Matteo Arena e Federica Brisci, Arianna Lodi, Elena Orazi, Niccolò Paletti
Produzione
Francesco Bollani, Stefano Coppelli, Matteo Milani con Nicola Acquaviva,
Elena Bertolino, Diego Dioguardi, Elena Marta Grava e Michela Lucia Buscema,
Eléonore Létang-Dejoux, Ivana Maiocchi, Eleonora Malliani
Organizzazione
Massimo Nebuloni, Nora Picetti,
Elisabetta Maria Tonin ed Elena Barilli
Promozione e Biglietteria
Alice Boerci, Alberto Raimondo con Annalisa Cataldi,
Alice Lecchi, Victoria Malighetti, Jacopo Eros Molè,
Caterina Novaria, Anisa Spaho ed Elena Saracino
via Dogana, 2
20123 Milano
telefono +39 02 88464725
fax +39 02 88464749
[email protected]
Coordinamento Ufficio Stampa SEC
[email protected]
www.mitosettembremusica.it
Rivedi gli scatti e le immagini del festival
youtube.com/mitosettembremusica
flickr.com/photos /mitosettembremusica
Si ringraziano i tanti, facenti parte delle Istituzioni, dei partner, degli sponsor
e delle organizzazioni musicali e culturali che assieme agli operatori e addetti a teatri,
palazzi e chiese hanno contribuito con passione alla realizzazione del Festival
MITO SettembreMusica
Ottava edizione
Un progetto di
Realizzato da
Con il sostegno di
I Partner del Festival
Sponsor
Media partner
Partner Istituzionale
Partner Istituzionale
Sponsor tecnici
Si ringrazia per l’accoglienza degli artisti
Cioccolateria Artigiana Guido Gobino
Riso Scotti Snack
Acqua Eva
Si ringrazia per le divise dello staff
Aspesi
MITO a Milano è un evento sostenibile grazie a
Con il sostegno di Edison il Festival è il primo evento musicale
in Italia progettato e gestito in maniera sostenibile,
che si sta certificando ISO 20121.
MITO è anche a emissioni zero grazie alla compensazione
delle emissioni di CO 2 attraverso titoli di Garanzia d’Origine Edison
che attestano la produzione di energia da fonti rinnovabili.
In collaborazione con EventiSostenibili.it
I sentieri sonori di MITO
Aimez-vous Brahms?
Focus Furrer/Vacchi
Oltre alle sinfonie, l’integrale pianistica
con i giovani talenti vincitori
di importanti concorsi internazionali
Per conoscere a fondo due tra i maggiori
compositori viventi, l’italiano Fabio Vacchi
e l’austriaco Beat Furrer
dal 8.IX al 18.IX ore 18
Conservatorio di Milano, Sala Puccini
Ciclo pianistico
13.IX ore 17
Piccolo Teatro Studio Melato
mdi ensemble
9.IX ore 17
Teatro Menotti
Trio Talweg
16.IX ore 21
Teatro Dal Verme
Filarmonica ’900
18.IX ore 21
Conservatorio di Milano, Sala Verdi
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
160° Janáček
La Grande Guerra
Alla scoperta del gusto della MittelEuropa
con due appassionati quartetti d’archi,
il visionario Diario di uno scomparso, tre
capolavori per pianoforte e la magistrale
Sinfonietta con la celebre Orchestra
Filarmonica Ceca: per conoscere
uno dei maggiori compositori del ’900
Musica, poesia e lettere dal fronte:
per scoprire con la musica le voci
della nostra storia
10.IX ore 17
Chiesa di Sant’Antonio Abate
Quartetto Energie Nove
16.IX ore 17
Piccolo Teatro Grassi
il Coro di Praga con Ivo Kahánek
Diario di uno scomparso
6.IX ore 17
Teatro Ringhiera
Ta-pum, suoni e parole della Grande Guerra
7.IX ore 17
Auditorium San Fedele
Lorna Windsor e il duo Ballista-Canino
14.IX ore 16
Chiesa Sant’Alessandro
I Canti della Grande Guerra
Coro della S.A.T.
17.IX ore 21
Teatro degli Arcimboldi
Orchestra Filarmonica Ceca
musiche di Janáček, Smetana e Dvořák
18.IX ore 17
Teatro Out Off
Ivo Kahánek
musiche per pianoforte solo
… lo sapevi che i programmi di sala del festival
sono anche on-line?
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