Cosmogonia
Iniziando lo studio dell’astronomia, si definisce cosmogonia lo studio della struttura e
dell’evoluzione dell’universo.
L’universo contiene diversi gradi di organizzazione dei corpi celesti: partendo dal livello più basso
individuiamo i sistemi solari; successivamente gli ammassi locali costituiscono un
interconnessione tra sistemi solari che si influenzano vicendevolmente. Le galassie costituiscono il
livello massimo di organizzazione e comprendono miliardi di stelle, costituite da una regione
centrale più densa e da regioni periferiche.
Sfera Celeste (vedi pag 31)
Moto apparente della sfera celeste
Osservando la sfera celeste, nelle diverse stagioni dell’anno, le costellazioni visibili cambiano
posizione, come se la sfera celeste compiesse un moto.
Il Sole varia la sua posizione a seconda dei periodi dell’anno: la sua declinazione varia da +23°27’ a
-23°27’. Questo è dovuto alla rivoluzione terrestre e all’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al
piano equatoriale (27°21’). Questa inclinazione fa si che ci sia la successione delle stagioni.
Inoltre il Sole si sposta ogni mese nella volta celeste di un angolo di 30°, variando la sua ascensione
retta e accumulando circa 4 minuti di ritardo al giorno.
Astrofisica
Con il termine astrofisica si intende lo studio delle stelle attraverso le informazioni che possiamo
ottenere da esse.
A causa della grandissima distanza che ci separa dalle stelle (oltre al Sole, la stella più vicina a noi è
Alpha Centauri che dista 4,3 anni luce), non è possibile una indagine “ravvicinata” con esse: la
maggior parte delle informazioni che possiamo ottenere sono date dallo spettro delle radiazioni
elettromagnetiche emesse che giungono fino alla nostra atmosfera (spettroscopia).
Una radiazione elettromagnetica è composta da varie lunghezze d’onda che vanno a costituire lo
spettro della radiazione.
I parametri con cui misuriamo una radiazione sono la frequenza (ν) e la lunghezza d’onda (λ).
Queste grandezze sono inversamente proporzionali e il loro prodotto è una costante. Facendo
riferimento alla luce, il prodotto tra la frequenza e la lunghezza d’onda della radiazione è la velocità
della luce:
c = ν λ = 3*105 Km/s
Inoltre ad una minor lunghezza d’onda (e quindi ad una maggior frequenza) è associata una
maggior quantità di energia, secondo l’equazione:
E=hν
h = 6,63*10-34 J s (costante di Planck)
Volendo esaminare lo spettro della luce, troviamo (in ordine crescente di energia): onde radio,
micro-onde, infrarossi, entrando poi nello spettro visibile (insieme di lunghezze d’onda visibili
all’occhio umano, cioè dai 400 ai 700 nm), rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto,
uscendo di nuovo dallo spettro visibile, raggi ultravioletti, raggi X, raggi γ.
Il fenomeno fisico che ci permette di studiare lo spettro della luce è la rifrazione, ovvero il
cambiamento di direzione da parte di un fascio luminoso nel passaggio da un mezzo ad un altro con
diversa densità o indice di rifrazione. L’angolo di rifrazione sarà tanto maggiore quanto minore è il
valore della lunghezza d’onda.
In laboratorio lo studio di uno spettro avviene facendo passare un fascio di luce bianca in un prisma,
in modo da ottenere tutte le lunghezze d’onda che compongono la radiazione, e raccogliendo tali
lunghezze su uno schermo.
Possiamo distinguere tre tipi di spettro:
-
-
Spettro continuo: spettro che contiene tutte le lunghezze d’onda che compongono la
radiazione.
Spettro discontinuo (o a righe): spettro formato da una serie di bande colorate su uno
sfondo scuro. Queste bande corrispondono alle lunghezze d’onda che compongono la
radiazione e sono il riflesso della sua composizione atomica, ovvero della disposizione degli
elettroni nei diversi livelli e sottolivelli energetici. Questi elettroni passando ad un livello
energetico più basso (dopo essere stati “promossi” avendo assorbito energia) cedono la
stessa quantità di energia precedentemente assorbita sotto forma di radiazione.
Spettro di assorbimento: spettro caratterizzato dalla mancanza di alcune determinate
lunghezze d’onda identificabili con bande di colore scuro. Questo tipo di spettro,
complementare ad uno spettro a bande, è solitamente generato dalle onde elettromagnetiche
provenienti dalle stell e a causa della presenza sulla superficie stellare di gas che assorbono
determinate lunghezze d’onda che quindi non possono giungere fino a noi. Grazie a questi
spettri possiamo capire la composizione delle stelle.
Distanze astronomiche
In astronomia esistono varie unità di misura per le distanze. All’interno del sistema solare siamo
soliti utilizzare l’unità astronomica U.A. che corrisponde alla distanza media tra la Terra e il Sole,
ovvero 150 milioni di km.
Per distanze maggiori viene utilizzato l’anno luce, ovvero la distanza che la luce compie in un
anno, e il parsec (Pc), ovvero la distanza alla quale si deve trovare un astro perché si abbia un
angolo di parallasse di 1’’.
La parallasse è lo spostamento di un corpo visto davanti ad uno sfondo apparentemente fermo
durante un’osservazione.
Questo fenomeno si verifica a causa del moto della Terra su un orbita ellittica, anche se poco
schiacciata. La parallasse dipende dalla posizione che prende l’astro quando è osservato all’afelio o
al perielio.
L’angolo di parallasse p è metà dell’angolo formato dalle due posizioni apparenti.
Già ai tempi di Aristotele si cercò di calcolare l’ampiezza di questo angolo non riuscendovi a causa
dei mezzi limitati: questo portò all’errata deduzione che la Terra fosse immobile.
L’ordine di grandezza per gli angoli di parallasse è il secondo di grado.
1
(in pc)
d
p
1pc = 3,26 anni luce = 206.265 U.A.
Possiamo dimostrare con una semplice proporzione l’equazione fornita:
(360 x 60 x 60 )' 'U . A.
d
P : (360 x 60 x 60 )' '  U . A. : 2d →
2p
(vedi schema allegato per immagine)
→
d
1
p
Caratteristiche di una stella
La luminosità di una stella è l’energia radiante emessa dalla superficie. Questa grandezza si
distingue in luminosità apparente e assoluta. La prima è quella che riusciamo a percepire dalla
nostra posizione di osservatori; la seconda corrisponde appieno alla definizione data.
E’ possibile misurare la luminosità apparente di una stella con strumenti chiamati fotometri che
captano le radiazioni emesse.
Approssimativamente non è possibile dire quale stella sia più luminosa se non ne conosciamo la
distanza.
La luminosità dipende dalla temperatura superficiale e dalla superficie.
I valori di luminosità di una stella sono espressi dalla magnitudine. Per fare ciò viene utilizzata
ancor’oggi la scala di Ipparco, antico astronomo greco che per primo misurò la luminosità di alcune
stelle.
Questa è una scala inversamente proporzionale: tanto maggiore è la luminosità di una stella, tanto
minore sarà il valore di magnitudine. Inoltre tra un grado e l’altro corre un intervallo di 2,5.
Viene definita magnitudine assoluta, la luminosità che una stella avrebbe se fosse portata alla
distanza di 10 pc.
Per calcolare qualitativamente la luminosità di una stella esiste il metodo delle cefeidi, stelle la cui
luminosità varia ciclicamente di giorno in giorno. Tanto più lungo è il ciclo di luminosità di una
stella, tanto maggiore sarà il valore di magnitudine assoluta.
Tramite una relazione matematica che lega magnitudine assoluta e relativa in funzione della
distanza, calcolando con uno spettro la magnitudine relativa, possiamo risalire alla distanza
dell’astro.
Classi spettrali (vedi pag 110 – 111)
Effetto Doppler
Il fenomeno fisico dell’effetto Doppler è visibile anche su alcuni spettri e ci fornisce informazioni
sul movimento degli astri rispetto alla Terra.
Questo effetto consiste nello spostamento di alcune righe dello spettro, corrispondenti ad una data
lunghezza d’onda, verso il rosso (red-shift) nel caso in cui il corpo considerato si stia allontanando,
e verso il blu (blue-shift) nel caso in cui si stia avvicinando. Notiamo inoltre che la quantificazione
dello spostamento delle lunghezze d’onda è direttamente proporzionale alle velocità di
avvicinamento o allontanamento.
Forze che regolando la struttura della materia
Nello studio della struttura della materia dobbiamo soffermarci su alcune tipologie di forza.
La forza nucleare forte è una forza particolarmente intensa che agisce su piccolissime distanze e
riguarda le particelle costituenti il nucleo di un atomo (nucleoni). Questa forza riesce a vincere la
forza repulsiva che si sviluppa tra cariche delle stesso segno garantendo stabilità al nucleo. Questo è
il motivo per cui non possono esistere elementi stabili con elevato numero atomico, cioè perché
aumentando le dimensioni, aumenterebbe il campo d’azione della forza nucleare forte, perdendo
d’intensità nelle regioni più periferiche e non riuscendo quindi a contrastare la forza repulsiva.
La forza elettromagnetica è la forza che riguarda le cariche ed è di tipo attrattivo/repulsivo ed essa
ha un campo d’azione che diminuisce col quadrato della distanza, come afferma l’equazione di
Coulomb.
La forza gravitazionale è la forza meno intensa ma di natura additiva, aumentando
proporzionalmente col prodotto delle masse coinvolte, superando quindi di intensità le altre
tipologie di forza.
La forza nucleare debole è esercitata tra le particelle subatomiche coinvolte in processi di
decadimento nucleare.
Le stelle sono un perfetto equilibrio tra la forza gravitazionale che tende a far collassare tutta la
massa nel nucleo e la forza determinata dalle alte temperature che tende a far espandere i materia
intorno al nucleo.
L’energia liberata determina un’espansione negli involucri via via più superficiali (pressioni
radiative) che controbilancia l’azione collassante della forza gravitazionale.
Processo evolutivo delle stelle
Le stelle hanno origine dalle nebulose, ovvero ammassi di materia interstellare con densità
leggermente superiore a quella del vuoto interstellare (1000 particelle per cm3). Queste nebulose
possono raggiungere alcuni milioni di anni luce di diametro.
Tra queste particelle comincia ad agire la forza gravitazionale che causa un addensamento e quindi
un incremento della massa e quindi della forza stessa. Parte dell’energia potenziale gravitazionale si
converte in calore che innesca un progressivo aumento di temperatura e si ha da parte della protostella un’emissione di lunghezze d’onda nella fascia dell’infrarosso.
Il periodo di crescita costituisce la fase pre-stellare la cui durata dipende dalla massa della
nebulosa (fase pre-stellare del sole - 30 milioni di anni).
Questa crescita ha un punto critico alla temperatura di 10.000K quando, anche a causa delle elevate
pressioni, si innesca un processo di fusione nucleare di nuclei di idrogeno in nuclei di elio.
La fusione avviene solo se la temperatura (e quindi la pressione) è così elevata così da avere un
energia cinetica da vincere le forze repulsive e far fondere nuclei.
E’ opportuno parlare di nuclei invece che di atomi perché la materia sulle stelle è allo stato di
plasma, ovvero un aggregato di nuclei intorno al quale orbitano elettroni svincolati dai singoli
nuclei.
Secondo l’equazione di Einstein (E = mc2) la soma delle masse dei singoli nuclei non sarà uguale
alla massa del nucleo ottenuto dalla fusione: si avrà quindi un difetto di massa. Lo 0,7% della massa
sarà convertito in energia. Volendo fare un esempio, il sole brucia 500 milioni di tonnellate di
idrogeno al secondo, di cui 4 milioni sono convertiti in energia pura.
Il processo di fusione avviato in tutte le stelle è il seguente:
411H 24 He  2e   2  
dove e+ sono positroni e ν neutrini emessi.
Possiamo avere vari cicli di fusione nucleare: protone-protone (vedi pagina 107), che avviene
solitamente nelle stelle con più piccole dimensioni; carbonio-azoto-ossigeno nelle stelle più grandi
poiché richiede temperature elevate fino ai 20.000.000 K.
La fase in cui tutte le stelle bruciano idrogeno viene detta sequenza principale.
Con l’innesco delle reazioni di fusione nucleare la stella aumenta le proprie dimensioni poiché
l’energia liberata, detta pressione radiativa, fa sì che si abbia un incremento della temperatura e
quindi l’espansione delle regioni circostanti il nucleo, vincendo così il primato iniziale della forza
gravitazionale.
L’evoluzione successiva alla sequenza principale varia da stella a stella e dipende soprattutto dal
parametro della massa.

Se la stella ha massa iniziale pari a circa 0,5s (si consideri s come la massa solare),
terminato l’idrogeno, aumenta la temperatura che non permette però l’innesco di nuovi
processi di fusione, la massa subisce un collasso e si ha la formazione di una nana bianca di
dimensioni pari a quelle della Terra e densità molto elevata (1t per cm3).
In questa fase la materia si trova allo stato degenere, che si differenzia dallo stato di plasma
poiché gli elettroni devono stare a contatto con il nucleo a causa dell’intensa forza
gravitazionale. La forza del collasso è trattenuta dalle forze repulsive coulumbiane.
Una nana bianca è caratterizzata da alte temperature superficiali ma bassa luminosità a causa
della limitata superficie.
Emessa tutta l’energia, si ha un processo di progressivo raffreddamento della stella e la
formazione di una nana nera.

Se la stella ha massa superiore a 0,5s, terminato il processo di fusione dell’idrogeno, si ha
l’innesco di fusioni di elementi più pesanti (elio in carbonio). Si ha quindi emissione di
energia tale che la pressione radiativa aumenta facendo espandere la stella fino a diventare
una gigante rossa (il Sole stesso subirà questa sorte, espandendosi fino all’orbita di Marte).
La struttura di queste stelle è a gusci concentrici: nel nucleo si ha al fusione dell’elio in
carbonio; nel guscio più esterno si ha la fusione di idrogeno in elio precedentemente non
innescata a causa per valori troppo bassi di temperatura e pressione.
Terminati processi di fusione dell’elio si hanno destini diversi a seconda della massa della
stella.

Se 0,5s < m < 2s (considerando m la massa della stella), la stella subisce una contrazione
fino a diventare una nana bianca. Da notare che la massa dispersa durante la fase di
espansione va a costituire le nebulose interplanetarie.

Se 2s < m < 8s, la stella inizia a collassare finché la forza gravitazionale non porta
all’innesco della fusione di elementi più pesanti, fino al ferro. Fusione di elementi più
pesanti non avviene nelle stelle a causa dell’assenza di difetto di massa, ovvero di
produzione di energia.
Durante questa fase di espansione si ha la formazione di una super gigante rossa e viene
persa progressivamente massa. Il colore rosso è dato dalla classe spettrale di
appartenenza, in quanto la vasta superficie causa una diminuzione della temperatura.
Esauriti tutti i combustibili nei vari gusci, la stella collassa e si ha la formazione di una
nana bianca, se mr < 1,44s, o di una stella di neutroni, se mr > 1,44s (considerando mr la
massa residua della stella).
Le nove e le supernove sono stelle che danno origine a violentissime esplosioni aumentando di
milioni di volte le loro luminosità.
Queste stelle sono solitamente associate ad un sistema binario, ovvero ad un sistema di due corpi
che ruotano attorno ad un baricentro comune.
Si ha la formazione di una nova quando una gigante rossa, durante la fase espansiva, emana materia
che viene attratta da una nana bianca posta nelle vicinanze che la assorbe fino ad esplodere.
Le supernove sono stelle che raggiungono valori di massa pari a 8–10s.
L’esplosione di una supernova comporta la liberazione di una quantità immensa di energia e di
materia (il sistema solare si è formato in una nebulosa causata dall’addensamento di materiali
derivati dall’esplosione di una supernova).
Al temine della fase espansiva della supernova, gioca ancora una volta un ruolo fondamentale
nell’evoluzione della stella la massa.

Se 1,44s < mr < 3s, la supernova collassa e si trasforma in una stella di neutroni, corpo
celeste caratterizzato da piccole dimensioni ma così alti valori di pressione e densità (100
milioni di tonnellate per cm3) che le cariche subatomiche si trovano così a stretto contatto da
fondersi e formare quindi solo neutroni.
E’ possibile osservare stelle di neutroni nella costellazione del cancro, e notare l’emissione
continua di onde radio. Questo è spiegato dal fatto che queste stelle ruotano attorno ad un
asse che non coincide con l’asse magnetico: ogni volta che ruotando la stella incontra il
campo magnetico, si ha l’emissione di onde radio. Queste stelle vengono quindi anche
chiamate pulsar.

Se mr > 3s, la supernova si trasforma in un buco nero. Questo corpo celeste è
particolarmente difficile da osservare in quanto, come dice il nome stesso, non emana luce, a
causa del fatto che la sua velocità di fuga è superiore a quella della luce.
E’ possibile vedere se una stella si trasformerà o no in un buco nero dall’equazione:
r
2mr G
c2
dove G è la costante di gravitazione universale, e c la velocità della luce. Se il valore del
raggio r della stella condensata è minore di un dato valore, la supernova si trasformerà in un
buco nero.
Inoltre i buchi neri hanno ridotte dimensioni (raggio di alcuni km) e attraggono e assorbono
tutta la materia che si trova nelle loro vicinanze.
Conosciamo ancora poco sui buchi neri e una delle ipotesi che li riguarda afferma la loro
presenza al centro di ogni galassia, data la più alta concentrazione di materia dell’universo.