• - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN FISICA
BUSCEMI MARIO
CARATTERIZZAZIONE DI AVALANCHE PHOTO DIODES
PER IL CALORIMETRO ELETTROMAGNETICO DI ALICE
ELABORATO FINALE
RELATORI:
CHIAR.MO PROF. F. RIGGI
DOTT.ssa P. LA ROCCA
ANNO ACCADEMICO 2007/2008
Indice
pag.
1. Il calorimetro elettromagnetico di ALICE
1.1 Introduzione
2
1.2 La fisica dei calorimetri elettromagnetici
2
1.3 L’EMCal di ALICE
6
2. I fotorivelatori
2.1 I fotodiodi
8
2.2 Gli APD
10
2.2.1 Struttura degli APD
11
2.2.2 Proprietà degli APD
12
3. Caratterizzazione degli APD
3.1 Introduzione
16
3.2 Apparato sperimentale per la caratterizzazione degli APD
16
3.2.1 Gli APD da caratterizzare
16
3.2.2 Misure preliminari
18
3.2.2.1 Verifica dell’uniformità della superficie degli APD
18
3.2.2.2 Controllo della temperatura
19
3.2.3 Sistema di acquisizione dati
19
3.3 Procedure per la caratterizzazione degli APD
20
4. Conclusioni
24
Riferimenti bibliografici
26
1
1. Il calorimetro elettromagnetico di ALICE
1.1 Introduzione
ALICE (A Large Ion Collider Experiment) è uno degli esperimenti collocati presso
il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra.
ALICE consiste in un ampio apparato di sistemi di rivelazione per adroni, leptoni e
fotoni, e servirà per studiare le collisioni Pb-Pb ad alta energia che avverranno nel
collider, per investigare il comportamento della materia nucleare in condizioni
estreme, e per ricavare informazioni sulla transizione di fase tra materia confinata e
plasma di quark e gluoni (QGP).
Uno dei temi di interesse per la fisica degli ioni pesanti ad alta energia è lo studio
dei jet. L’interazione e la perdita di energia nella materia da parte di partoni
altamente energetici fornisce una sonda tomografica del materiale generato nelle
collisioni nucleari (jet quenching) [1].
Per accrescere le capacità dell’apparato di ricostruzione dei jet, e dei fotoni ed
elettroni di grande impulso, sarà installato un calorimetro elettromagnetico
(EMCal) che consente il triggering sui jet ad alta energia e la misurazione delle
componenti neutre dello stesso.
In seguito descriveremo la struttura dell’EMCal; in particolare ci soffermeremo sul
tipo di rivelatori usati, gli APD (Avalanche Photo Diode), e analizzeremo la
procedura seguita per la loro caratterizzazione.
1.2 La fisica dei calorimetri elettromagnetici
Un calorimetro elettromagnetico è un rivelatore di particelle che misura l'energia
delle particelle che interagiscono per via elettromagnetica con la materia.
Le particelle altamente energetiche entrando in un calorimetro interagiscono con la
materia in prevalenza attraverso i due seguenti processi fisici:
Bremsstrahlung:
e  e  
Produzione di coppie:
(1.1)
  e  e
2
(1.2)
Questi fenomeni portano alla formazione di nuove particelle, il cosiddetto sciame
elettromagnetico, formato da fotoni, elettroni e positroni, e si ripetono fino a che
l’energia delle particelle secondarie non è più sufficiente per creare nuove
particelle, cosicché gli elettroni interagiscono solo per ionizzazione e i fotoni per
effetto fotoelettrico e Compton.
Figura 1.1: Sezione d’urto dei processi indotti da e± (sinistra)
e γ (destra) in funzione dell’energia.
Come detto, gli elettroni che attraversano la materia perdono energia per
ionizzazione e per bremsstrahlung. Quest’ultimo processo consiste
nell’irraggiamento di radiazione elettromagnetica a causa del moto accelerato
dell’elettrone. Le due perdite sono profondamente diverse in energia. In genere,
sopra una certa energia, detta critica, predominano le perdite per bremsstrahlung, al
di sotto, quelle per ionizzazione. Questa energia è data in modo approssimato da:
[2]
EC 
560
MeV
Z
(1.3)
Nel caso in cui il mezzo assorbente sia il piombo l’energia critica assume il valore
di 6,9 MeV: elettroni con energia superiore a questo valore emetteranno dunque
quasi esclusivamente per irraggiamento.
3
Si definisce lunghezza di radiazione per bremsstrahlung, X0, la distanza percorsa
dall’elettrone dopo la quale la sua energia diminuisce di un fattore 1/e, solo per
effetto dell’irraggiamento:
E(x)  E 0 e
 x

 X
0





(1.4)
La lunghezza di radiazione per bremsstrahlung dipende dal numero atomico del
materiale in cui avviene il processo, e nel caso del Piombo assume il valore di 0,56
cm.
Per quanto riguarda i fotoni, la soglia per la produzione di coppie è fissata a 1,022
MeV, ossia la massa a riposo della coppia elettrone-positrone, e come si vede nel
grafico rappresentante la sezione d’urto del fenomeno (Figura 1.1), già con energie
dell’ordine di 10 MeV questo processo diventa dominante rispetto a quelli in
competizione con esso.
Come per gli elettroni, anche per i fotoni può essere studiato l’assorbimento nella
materia per creazione di coppie:
I(x)  I 0 e
 7x

 9X
0





(1.5)
Si può così definire il libero cammino medio dei fotoni per questo processo, dato
da:
X PP 
9
X0
7
(1.6)
Tipicamente i calorimetri sono divisi trasversalmente per acquisire informazioni
sulla direzione delle particelle, e naturalmente per misurarne l'energia, mentre una
segmentazione longitudinale può fornire informazioni riguardanti il tipo di
particella, basandosi sullo sviluppo longitudinale dello sciame che provoca.
L'energia può essere misurata interamente, richiedendo il totale contenimento dello
sciame di particelle, in uno spessore che va dalle 15 alle 25 lunghezze di
radiazione.
4
Nei calorimetri elettromagnetici a campionamento il materiale che produce lo
sciame è distinto dal materiale che misura l'energia depositata. Tipicamente i due
materiali si alternano. Un vantaggio di questo metodo è che i materiali usati
possono essere ottimizzati per il loro obiettivo: per esempio, si usa un materiale
con un alto numero atomico per produrre lo sciame, essendo la sezione d’urto per
produzione di coppie proporzionale a Z2, e si usa invece del materiale scintillatore
per misurare l’energia depositata.
Figura 1.2: Sviluppo dello sciame elettromagnetico all’interno di un calorimetro campionamento.
La risoluzione in energia di un calorimetro elettromagnetico può essere scritta
come somma quadratica di tre termini:

E
a

E
b
c
E
(1.7)
ove il termine “a” dipende dalle fluttuazioni statistiche dovute alle caratteristiche
del rivelatore, il termine costante “b” tiene conto degli errori sistematici come la
dispersione dello sciame o la precisione nella calibrazione, mentre il termine “c” è
il risultante del rumore totale dell’elettronica.
5
1.3 L’EMCal di ALICE
Il design dell’EMCal (Figura 1.3) è stato progettato per permettere di essere
integrato con i rivelatori già esistenti in ALICE e con il relativo magnete. L’EMCal
sarà installato dentro il magnete solenoidale di ALICE, e coprirà una regione di
110° in azimuth e ± 0,7 unità in pseudorapidità [1].
Figura 1.3: Vista complessiva dell’EMCal di ALICE.
Il più piccolo elemento dell’EMCal è una torre, costituita da 77 strati alternati di
piombo (1,44 mm) e scintillatore, polystyrene (1,76 mm), con una dimensione
frontale di 6x6 cm2, e contenente 20,1 lunghezze di radiazione.
L’intero calorimetro consta in 12672 torri, raggruppate in 3168 moduli, contenenti
ognuno 4 torri, e in 12 supermoduli.
6
Figura 1.4: Vista di un modulo e di un supermodulo.
La luce UV di scintillazione prodotta in ogni torre è raccolta da 36 fibre ottiche che
attraversano longitudinalmente la torre. Ogni fibra termina nello strato alluminato
della faccia anteriore del modulo ed è integrata in un gruppo di 36 fibre collegate ai
fotosensori posti sul retro del modulo, gli APD. Ogni APD è connesso ad un
preamplificatore di carica e fornisce un segnale proporzionale all’energia
depositata su ogni torre.
Figura1.5: Un modulo costituito da 4 torri, con le fibre ottiche collegate agli APD.
7
2. I fotorivelatori
I fotorivelatori sono dispositivi in grado di trasformare un segnale di luce in entrata
in un segnale elettrico in uscita. Nell’ambito della rivelazione delle radiazioni
questi dispositivi sono usati come complemento degli scintillatori: infatti il
materiale scintillatore al passaggio di una radiazione emette un segnale luminoso
che viene raccolto dal fotorivelatore.
I dispositivi per la fotorivelazione attualmente in uso sono quelli a vuoto (i
fotomoltiplicatori), e quelli a semiconduttore. Questi ultimi hanno sui
fotomoltiplicatori l’importante vantaggio di poter essere usati in presenza di campi
magnetici, come accadrà nel caso dei fotorivelatori dell’EMCal.
2.1 I fotodiodi
La struttura base di un fotorivelatore a semiconduttore è l’accoppiamento di due
zone dello stesso materiale drogate con materiali diversi, la cosiddetta giunzione pn [3].
Figura 2.1: Struttura di un fotodiodo.
Questo accoppiamento provoca un moto di diffusione di elettroni e lacune dovuto
alla differenza della loro concentrazione, che si somma a quello dovuto
all’agitazione termica. Nei pressi della giunzione si avrà un forte ricongiungimento
di lacune ed elettroni con conseguente scomparsa di entrambi i portatori e
formazione di atomi neutri, la cosiddetta zona di svuotamento, all’interno della
quale si instaura un campo elettrico.
8
Se al fotodiodo viene applicata una tensione inversa la zona di svuotamento si
allarga e con essa cresce il valore del campo elettrico al suo interno:
E
V V
eNW
 eN i
2
4
(2.1)
ε = costante dielettrica del materiale
N = concentrazione del drogante
W = larghezza della zona svuotata
Vi = tensione intrinseca
V = tensione inversa applicata
Se un fotone incidente sul fotodiodo ha energia superiore al GAP tra banda di
valenza e di conduzione, esso può provocare un salto dell’elettrone alla banda di
conduzione, creando così una coppia elettrone-lacuna. Se ciò accade nella zona di
svuotamento, l’elettrone e la lacuna vengono separate dal campo elettrico,
generando in questo modo una corrente.
Aumentando la tensione inversa applicata al fotodiodo, portandola a valori
prossimi a quelli di rottura, se ne accresce il campo elettrico interno, e, se questo è
abbastanza intenso, le cariche mobili generate dai fotoni incidenti acquisiscono
un’energia cinetica tale che gli permette di creare ulteriori coppie elettrone-lacuna,
dando vita al fenomeno della valanga, con un’amplificazione della corrente
inversa.
Figura 2.2: Caratteristica I/V di un diodo.
Il fenomeno della valanga nei normali fotodiodi non può comunque essere
utilizzato per amplificare il segnale di corrente da misurare, mentre, come vedremo
nel paragrafo 2.2, la possibilità di sfruttarlo rappresenta la caratteristica principale
degli APD.
9
Le caratteristiche generali di un fotodiodo sono la sua efficienza quantica interna
ηi, che esprime la frazione di coppie generate nel blocchetto rispetto ai fotoni che
vi passano, l’efficienza quantica totale ηt, definita come rapporto tra numero di
cariche effettivamente utili alla fotoconduzione ed il numero di fotoni incidenti, e
la responsività R, definita come rapporto tra la corrente prodotta e la potenza
luminosa incidente.
Nel caso in cui si possono trascurare gli effetti di ricombinazione nelle zone non
svuotate la responsività dipende solo dal materiale e dalla lunghezza d’onda del
fotone incidente.
Altro parametro importante è il rumore del fotodiodo, questo è dovuto alla raccolta
di segnali spuri e alla corrente di buio causata dalla generazione termica di coppie
elettrone-lacuna.
2.2 Gli APD
Il problema principale dei fotodiodi è la scarsa responsività, che resta dell’ordine
dell’A/W, mentre per realizzare sistemi di rivelazione efficienti si ha interesse a
sfruttare al massimo la potenza ottica trasmessa facendo incidere sul fotorivelatore
ricevente la minima potenza prevista per avere le prestazioni richieste del sistema.
Tuttavia in tali condizioni la corrente di fotorivelazione ottenuta con i fotodiodi PN è molto piccola e richiede una forte amplificazione. L’amplificazione elettrica di
segnali così deboli può indurre un peggioramento delle prestazioni dell’apparato di
misura a causa del rumore introdotto nei primi stadi di amplificazione. Per questo
si preferisce usare dispositivi che posseggono un guadagno intrinseco nell’azione
di fotorivelazione stessa. Questi dispositivi producono più di una coppia di
portatori per ogni fotone incidente sulla superficie attiva. Uno di questi dispositivi
è il fotodiodo a valanga, o APD (Avalache Photo Diode).
10
2.2.1 Struttura degli APD
L’APD è un fotodiodo polarizzato inversamente con una tensione appena inferiore
a quella di rottura, che sfrutta il fenomeno della valanga per aumentare la
responsività. La corrente ricavata dai contatti ohmici è, infatti, molto più alta della
corrente primaria dei fotoelettroni generati dalla luce incidente [3,4].
Nella figura 2.3 è mostrato un esempio di struttura di APD:
Figura 2.3: Struttura dell’APD Hamamatsu S8148.
Il fotone entrando nell’APD giunge in uno strato ad elevato drogaggio p+.
L’elettrone prodotto nelle collisioni tra fotone e atomo, giunto nella zona p, viene
trascinato dal campo elettrico e portato nella regione n; nell’attraversare la
giunzione, l’elettrone aumenta la sua energia grazie all’intenso campo elettrico ivi
presente, ed innesca la valanga. La carica prodotta attraversa la zona di deriva n composta da semiconduttore poco drogato, per essere poi raccolta nella regione n +,
che precede il contatto ohmico.
11
2.2.2 Proprietà degli APD
I parametri più importanti che contraddistinguono gli APD sono il guadagno M,
l’efficienza quantica totale ηt, l’excess noise factor F, la corrente di buio IB, e la
capacità C.
Il guadagno di un’APD può essere definito come:
I - IB
(2.2)
IF
dove I è la corrente di uscita erogata dall’APD, IF è la corrente dovuta ai
fotoelettroni prima della loro moltiplicazione, e IB è la corrente di buio.
M
Se si considera che IB deve essere piccola rispetto ad I, il guadagno può essere
scritto più semplicemente come:
M
I
IF
(2.3)
Il guadagno è funzione della tensione inversa di alimentazione applicata. Per valori
bassi di tensione di alimentazione, il campo elettrico alla giunzione p-n è ancora
troppo debole per la moltiplicazione delle cariche e la regione di svuotamento non
è ancora completata. Incrementando la tensione si allarga la regione di
svuotamento, aumenta il campo elettrico ed il guadagno ha un andamento
crescente.
Una buona equazione per approssimare l’andamento del guadagno è data dalla 2.4.
M
1
 V 
1- 

BV


c
(2.4)
dove V è la tensione inversa di alimentazione, BV è la tensione di rottura, e c è un
coefficiente che dipende dalla struttura del mezzo e dal materiale usato.
12
Il guadagno inoltre dipende dalla temperatura a cui lavora l’APD. Infatti, con la
temperatura diminuisce il libero cammino medio dei portatori di carica liberi e
quindi si hanno interazioni in uno spazio più piccolo. Così l’energia cinetica che
una carica acquista tra due urti successivi non è più sufficiente a produrre coppie
con la stessa probabilità di prima.
Quando aumenta la temperatura bisogna allargare la zona di svuotamento perché il
fenomeno della valanga avvenga. Infatti, anche se il libero cammino medio è
minore, aumenta il numero medio di urti e quindi aumenta nuovamente la
probabilità di creare coppie. L’allargamento della zona di svuotamento è ottenuto
aumentando la tensione inversa. Quindi con la temperatura aumenta la tensione di
rottura e diminuisce il guadagno.
Il materiale della finestra trasparente concorre a determinare la risposta spettrale
dell’APD. Infatti esso ha una riflettività Rifl(λ) che è il rapporto fra i fotoni che
vengono riflessi e quelli incidenti di una data lunghezza d’onda. Quelli che passano
all’interno del fotodiodo sono pari ad una frazione 1-Rifl di quelli incidenti.
L’efficienza quantica totale è:
 t  M1 - R ifl  i
e la responsività è:
R  M1 - R ifl 
e i
h
(2.5)
(2.6)
La responsività nell’APD dipende anche da M e cioè, oltre che dalle caratteristiche
del materiale, anche dalla tensione applicata e dalla temperatura.
Il guadagno che si ottiene negli APD si paga in termini di rumore perché il
fenomeno è intrinsecamente statistico. Ciò è dovuto al fatto che il coefficiente che
fornisce il numero di elettroni nella corrente in uscita provocati da un unico fotone
assorbito non è una costante ma è una variabile aleatoria per la natura quantistica
dei fenomeni stessi, che assume valori diversi nei differenti eventi di assorbimento
e moltiplicazione. Il coefficiente di moltiplicazione M non è altro che un valore
medio. La componente di rumore che viene così introdotta prende nome di excess
noise factor F (fattore di rumore in eccesso ).
13
Esso influenza la risoluzione dell’APD:
 E 
2
E
2

n2  n
n
2
2

F
n0
(2.7)
dove n è il numero di elettroni raccolti dopo la moltiplicazione, n 0 il numero di
fotoelettroni ed F assume la forma:
F  2 1 - k   kM -
(1 - k)
M
(2.8)
essendo k il rapporto tra il coefficiente di moltiplicazione delle lacune e quello
degli elettroni.
Si vede che lo scopo di avere un piccolo valore di F si raggiunge quando k assume
valori o molto minori o molto maggiori di 1, ossia quando il meccanismo di
moltiplicazione è affidato ad un solo genere di portatori di carica. Nel caso degli
APD al silicio (k ≈ 0,06) i portatori di carica responsabili della moltiplicazione
sono gli elettroni.
Abbiamo visto come un altro fattore che può limitare l’efficienza di un APD è la
corrente di buio.
La corrente di buio è causata dal passaggio dei portatori minoritari attraverso la
giunzione polarizzata inversamente. Negli APD essa ha due componenti principali,
la componente superficiale IS, che può essere limitata praticando delle incisioni
sulla superficie del fotorivelatore, e la corrente prodotta da un fenomeno termico di
generazione di portatori di carica all’interno della zona di svuotamento, I T.
Per un’APD è importante tenere conto della IT generata prima e dentro la regione
di amplificazione, poiché questa componente viene moltiplicata dando luogo al
rumore di moltiplicazione.
La corrente di buio totale è dunque data da:
IB = IS + ITM
14
(2.9)
Figura 2.4: Dipendenza della corrente di buio dalla tensione inversa
per gli APD Hamamatsu.
Un ulteriore vantaggio degli APD sui normali fotodiodi è quello di prevedere
un’ampia zona di deriva (centinaia di micron) che consente di abbassare di molto
la capacità elettrica del rivelatore, così da rendere gli APD molto utili in caso di
applicazioni impulsive e ad alta velocità.
Figura 2.5: Variazione della capacità in funzione della tensione applicata per gli APD Hamamatsu.
15
3. Caratterizzazione degli APD
3.1 Introduzione
Per assicurare una risoluzione ottimale nella misura di energia dello sciame
elettromagnetico, è importante ottenere e mantenere una calibrazione relativa tra
torre e torre migliore dell’1% nell’analisi offline. L’incertezza nella calibrazione
contribuisce al termine costante della risoluzione in energia totale del calorimetro
(1.7) e diventa molto importante ad alte energie.
Inoltre, poiché l’energia depositata nelle torri fornisce le basi per il segnale di
trigger, l’EMCal dovrà lavorare con guadagni degli APD aggiustati per
raggiungere una calibrazione online tra due torri migliore del 5% [1].
Il primo passo fondamentale per il processo di calibrazione dell’EMCal è
un’attenta misura del guadagno di ogni APD in funzione della tensione applicata.
3.2 Apparato sperimentale per la caratterizzazione degli APD
3.2.1 Gli APD da caratterizzare
L’APD che sarà installato nei supermoduli dell’EMCal di ALICE è l’Hamamatsu
S8664-55 (o S8148). Questo ha un’area sensibile di 5x5mm2, bassa corrente di
buio (generalmente 3nA con guadagno 50), ed un’alta efficienza quantica. Questi
APD offrono una resistenza alla radiazione che consente di sostenere 10 anni di
lavoro al LHC. Le caratteristiche principali di questi APD sono riportate nella
Tabella 3.1 [5].
Area attiva
Capacità
Lunghezza d’onda minima
Lunghezza d’onda massima
Picco di assorbimento
Efficienza quantica
5x5 mm2
80 pF
~ 320 nm
~ 1000 nm
585 nm
~ 80% a 476 nm
Tabella 3.1: Proprietà principali dell’APD Hamamatsu S8664-55 (S8148).
Questo fotodiodo ha il picco di risposta spettrale alla lunghezza d’onda di 585 nm
mentre il picco di emissione delle fibre ottiche è a 476 nm. A questa lunghezza
d’onda l’APD ha un’efficienza quantica dell’80%.
16
Ogni APD è attaccato direttamente ad un preamplificatore di carica che produce un
segnale di uscita in tensione proporzionale alla carica generata nell’APD. Il
preamplificatore ha una sensibilità di 0,83 V/pC ed un range massimo di 5 pC. Con
una produzione di luce di 4.4 fotoelettroni/MeV il segnale del preamplificatore
copre un range lineare da 0,25 mV a 4,37 V, corrispondenti ad un range di 14 bit
tra 15 e 250 GeV.
Figura 3.1: APD connesso ad un preamplificatore.
17
3.2.2 Misure preliminari
3.2.2.1 Verifica dell’uniformità della superficie degli APD
Gli APD da caratterizzare offrono un’ampia area sensibile di 5x5 mm2, risulta
quindi importante verificare se la risposta del fotosensore risulta essere
indipendente o meno dall’ampiezza e dalla posizione della zona illuminata. Per
fare ciò si è misurato il segnale di uscita dell’APD in tre diverse condizioni, come
mostrato in figura [6].
Figura 3.2: Test sull’uniformità della superficie degli APD.
Nel primo caso (A) una fibra ottica, connessa ad un LED, è stata posta ad 1 mm
dalla superficie dell’APD così da illuminare la sola area centrale. Successivamente
la fibra ottica è stata posta ad una distanza di 10 mm dalla superficie del fotodiodo
(B) così da illuminarne l’intera area. Infine si è misurata la risposta nelle zone
periferiche del fotosensore ponendovi sulla parte centrale un quadrato opaco di
superficie 3x3 mm2 e mantenendo la fibra ottica a 10 mm.
In tutte e tre le configurazioni sono state misurate le risposte e i coefficienti di
guadagno con 16 diversi valori di tensione che vanno da 25 V a 420 V.
I risultati risultano essere molto simili per le prime due configurazioni con una
differenza nel valore del guadagno misurato inferiore all’1%, mentre per quanto
riguarda i risultati ottenuti con la terza configurazione, questi differiscono dai
precedenti per circa il 3%, e ciò è causato dalla piccola ampiezza del segnale.
Possiamo concludere che tutta l’area degli APD produce lo stesso segnale.
18
3.2.2.2 Controllo della temperatura
Abbiamo visto che il guadagno dei fotodiodi a valanga è molto sensibile alla
temperatura. Per questo motivo l’apparato di test include anche un sistema per il
controllo e monitoraggio della temperatura degli APD durante la presa dati [7]. Gli
APD sono posti in contatto con una piattaforma all’interno della quale fluisce un
liquido tenuto a temperatura costante. La temperatura degli APD è continuamente
monitorata con una termocoppia posta sulla loro superficie. Questo sistema
permette un controllo della temperatura con una precisione di 0,1°C.
3.2.3 Sistema di acquisizione dati
Prima di procedere con i test di massa per tutti gli APD che saranno montati nei
supermoduli dell’EMCal, sono state compiute delle misure preliminari con un
apparato capace di testare un solo APD alla volta.
Agli APD giungeva la luce di un LED, e il segnale emesso dal preamplificatore
veniva inviato tramite una transition-card (T-card) ad un oscilloscopio digitale per
la misura e registrazione del segnale, il tutto in condizioni di temperatura
monitorata e controllata.
Per testare gran parte delle migliaia di fotodiodi, necessari per la costruzione dei
supermoduli, è stato sviluppato un sistema più adatto, capace di velocizzare la
procedura e raccogliere i dati per l’analisi offline.
Uno schema del sistema di test è mostrato in figura:
Figura 3.3: Schema dell’apparato sperimentale utilizzato per la caratterizzazione degli APD.
19
Come sorgente di luce è utilizzato un LED blu (Kingbright L7104PCB) altamente
stabile con λ = 470 nm, controllato da un pulse generator esterno con una
frequenza di 100 Hz. Poiché la misura del guadagno richiede solo la misura di
altezze relative di segnali, è stato fatto un attento studio per assicurare un’intensità
stabile della luce del LED nel periodo di misura. Il LED è inserito dentro un
collettore ottico e la sua luce è portata contemporaneamente ai 16 APD posti sulla
piattaforma, tramite delle fibre ottiche del diametro di 1 mm.
Il segnale di uscita di ogni APD attraverso il suo preamplificatore è mandato ad
una T-card collegata al front-end per poi essere misurato tramite un ADC a 10 bit.
Figura 3.4: Piattaforma per i test multipli degli APD.
20
3.3 Procedure per la caratterizzazione degli APD
Lo scopo principale di questi test è lo studio del guadagno degli APD in
dipendenza della tensione inversa applicata e della temperatura: il set-up
sperimentale usato permette un buon controllo di entrambe le variabili e permette
accurate misure in differenti condizioni di lavoro. Inoltre permette di selezionare
quegli APD che raggiungono il guadagno desiderato con una tensione applicata
che sia al di sotto dei 400 V, così come imposto dalla tecnologia dell’EMCal, e
predire il comportamento degli APD operativi durante le operazioni di ALICE.
Allo scopo di massimizzare la risoluzione in energia ed in tempo degli APD e
tenendo conto della risposta in luce degli scintillatori (circa 4,4 fotoelettroni/MeV)
e del range di energia da misurare (circa 0-250 GeV), si è deciso di farli lavorare
con un guadagno M=30 così da diminuire il rumore e rendere il guadagno stesso
più stabile. Il fattore di guadagno è dato dal rapporto tra il segnale misurato ad una
data tensione e quello misurato in condizioni di guadagno unitario che in questo
caso è stato fissato a 50 V.
Una volta misurato il valore del segnale a 50 V, la tensione inversa degli APD
viene aumentata automaticamente e gradualmente, si attende il tempo necessario
alla sua stabilizzazione, e si registrano i valori misurati ad ogni tensione tramite il
software di acquisizione ALICE DATE.
La forma del guadagno è una funzione esponenziale della tensione applicata:
MV   p 0  p1e p 2 V
Figura 3.5: Curva caratteristica del guadagno di un APD in funzione della tensione applicata.
21
(3.1)
Usando i parametri del fit è possibile dedurre analiticamente la pendenza della
curva di guadagno ed usarla per estrarre il coefficiente di tensione
1 dM

, che
M dV
esprime il cambiamento percentuale in guadagno rispetto alla tensione applicata.
Nel nostro caso questo coefficiente risulta essere circa 2,3%/V a M=30.
Figura 3.6: Coefficiente di tensione in funzione del guadagno.
La dipendenza del guadagno dalla tensione ha un effetto significativo sulla
risoluzione in energia dell’EMCal: se lo step nel controllo della tensione è 0,2
V/bit, un coefficiente di 2,3%/V limiterà la precisione nella calibrazione del
guadagno a circa 0,46%.
Lo studio della dipendenza del guadagno dalla temperatura è un'altra caratteristica
chiave nel testare gli APD. È risaputo che il guadagno degli APD dipende
fortemente dalla temperatura, diminuendo al suo aumentare. Mentre lo
spettrometro PHOS raffredda i suoi APD a -25°C, l’EMCal lavora a temperatura
ambiente. Stime recenti della temperatura all’interno del magnete L3, ove sarà
posto l’EMCal, indicano un valore di temperatura intorno ai 20-21°C, con
un’uniformità nella regione dell’ordine di 1-2 °C. Per questo la dipendenza del
guadagno dalla temperatura va studiata nel range da 19°C a 29°C.
22
Il guadagno subisce forti variazioni quando cambia la temperatura e questo effetto
è più evidente per alti valori della tensione applicata.
Figura 3.7: Caratteristiche dell’APD a diverse temperature.
La relazione tra guadagno e temperatura è pressoché lineare ad una fissata
tensione.
Figura 3.8: Variazione del guadagno in funzione della temperatura.
La dipendenza dalla temperatura ha un importante effetto sulla stabilità della
risposta dell’EMCal: la temperatura ambiente all’interno del magnete di ALICE
può subire continuamente piccole variazioni ed è importante predire e prendere in
considerazione le corrispondenti variazioni nel guadagno degli APD. Questa
dipendenza può essere espressa attraverso un coefficiente di temperatura
1 dM

,
M dT
che esprime il cambiamento percentuale in guadagno per la variazione di un grado
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della temperatura. La seguente figura mostra il coefficiente di temperatura in
funzione del guadagno. Ad M=30 il coefficiente di temperatura risulta essere 1,7%/°C, ciò significa che per una variazione di +1°C, il guadagno passerà da 30 a
circa 29,5.
Figura 3.9:Coefficiente di temperatura in funzione del guadagno.
I coefficienti di tensione e temperatura sono abbastanza simili per tutti gli APD ed
i valori precedentemente riportati (2,3 %/V e -1,7%/°C a M=30) possono essere
considerati uguali per ogni APD.
Figura 3.10: Distribuzione dei coefficienti di tensione.
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4. Conclusioni
I risultati dei test mostrano considerevoli differenze nel guadagno degli APD
quando è applicata la stessa tensione inversa: alla tensione di 380 V, la
distribuzione dei guadagni va da M=20 a M=90.
Figura 4.1: Distribuzione dei guadagni di 172 APD alla tensione di 380 V.
Deve essere usato allora un aggiustamento di tensione individuale: la tensione V30
per ottenere M=30 cambia per ogni APD, eccedendo a volte il limite imposto
dall’elettronica dell’EMCal. Per adoperare correttamente gli APD, i fotodiodi a
valanga che hanno un valore di V30 maggiore di un determinato valore di sicurezza
vengono scartati. Ovviamente è più sicuro scegliere questo limite sotto i 400 V per
poter avere la possibilità di cambiare la tensione in caso di differenti temperature.
La figura 4.2 mostra una distribuzione delle tensioni V30 riguardanti 1050 APD: si
può notare come circa il 20% dei fotodiodi testati richieda una tensione superiore
ai 400 V.
Figura 4.2: Distribuzione della tensione V30 per 1050 APD.
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Come conseguenza di questi risultati bisognerà avere a disposizione un maggior
numero di fotodiodi oppure si dovrà scegliere di abbassare leggermente il valore di
guadagno stabilito a cui dovranno lavorare gli APD nell’EMCal. Una soluzione a
questo problema è attualmente in discussione all’interno della Collaborazione
ALICE.
Questa procedura di pre-calibrazione sarà accompagnata da una calibrazione più
precisa effettuata utilizzando i raggi cosmici ( per ottenere una calibrazione relativa
delle singole torri migliore del 5%) a cui seguirà una calibrazione assoluta con
fasci di adroni MIP ed elettroni, insieme con la ricostruzione di pioni neutri.
Infine un sistema di monitoraggio basato su LED verificherà continuamente lo
stato di ogni APD durante le operazioni dell’EMCal, e permetterà di correggere
offline i dati misurati, per tenere conto di ogni cambiamento di guadagno
dipendente dalla variazione delle condizioni di misura.
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Riferimenti bibliografici
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the Technical Proposal, CERN-LHCC-2006-014 CERN/LHCC 96-32Add3.
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super-module of the ALICE electromagnetic calorimeter,
Report INFN/TC-08/07.
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the Electromagnetic Calorimeter in the ALICE experiment, Nuclear
Instruments and Methods A 596 (2008) 122.
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A.Badalà et al., Prototype and mass production tests of Avalanche Photo
Diodes for the Electromagnetic Calorimeter in the ALICE experiment at
LHC, Nuclear Instruments and Methods A (2009), in stampa.
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