elaborazione ir

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Sperimentazione
Non solo la reflex, ma
anche la compatta può
diventare una macchina
per l’infrarosso, anzi
può essere preferibile.
La trasformazione
permette di dare nuova
vita ad una compatta
che giace nel cassetto, e
di sfruttarne i vantaggi
di messa a fuoco e
capacità video.
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La compatta
è vecchia?
Trasformiamola
per l’infrarosso
Vi siete comprati la nuova compatta digitale
da tanti megapixel? Bene, ma che ci farete
con la vecchia? Probabilmente l’idea di
svenderla ad un decimo del prezzo che avete
pagato non vi alletta, il ricavato vi consentirebbe di acquistare, sì e no, una moderna
scheda di memoria adatta alle esigenze del
nuovo modello.
Però c’è un’altra soluzione: elaborarla! Già,
ma come? Il sensore non lo possiamo cambiare, le caratteristiche di ripresa neppure,
dato che non esiste la possibilità di riprogrammare il suo software (se ci fosse uno standard
potrebbero nascere soluzioni alternative alle
originali, magari anche migliori).
Eppure qualcosa si può fare, togliere il filtro
che nelle fotocamere impedisce alla radiazione all’infrarosso di raggiungere il sensore:
è quello che facciamo in questo articolo a
carattere completamente sperimentale.
Il filtro anti-IR (IR-Cut Filter)
E’ il filtro anti-IR che impedisce alle radiazioni all’infrarosso di piovere sul sensore durante la ripresa; i sensori digitali sono infatti
ghiotti delle onde elettromagnetiche che si
estendono al di sotto ed al di sopra delle frequenze della luce visibile, ed in particolare di
quelle appartenenti a frequenze basse come
l’infrarosso.
In questo modo il filtro anti-IR impedisce che
le immagini presentino dominanti ‘aliene’ assai difficili da prevedere per i fotografi meno
esperti in quanto l’infrarosso è invisibile.
Eppure ne siamo circondati in (quasi) ogni
situazione della vita quotidiana; l’infrarosso
è ampiamente presente nella luce solare diretta o indiretta e viene riflesso o assorbito in
modo differente dai diversi soggetti. Noi però
non ce ne accorgiamo, a meno di non disporre di una fotocamera ‘modificata’.
Prima di cominciare
Occorre premettere che ogni intervento di
questo tipo (non effettuato dall’assistenza
ufficiale del produttore), anche solo svitare la
prima vite, fa decadere ogni forma di garanzia; bisogna esserne consapevoli.
Va inoltre considerato che questa ‘modifica’
richiede una certa perizia in quanto si deve in-
Un’immagine per prendere confidenza con la ripresa IR: cielo scuro, acqua nera e vegetazione dal fogliame bianchissimo,
quasi innevato. La ripresa è stata però effettuata a luglio, dopo un acquazzone!
tervenire sui minuscoli elementi che, sempre
più spesso, si trovano all’interno delle nostre
fotocamere; il processo di miniaturizzazione
porta a rimpicciolire tutto quello che sta nei
sempre più piccoli ‘gusci’.
Occorrerà dunque una certa dimestichezza
con le parti dell’elettronica in genere, tanto
più che andiamo a toccare il cuore della
compatta: facile quindi immaginare i rischi
di danneggiare la macchina.
E’importantissimo, per iniziare, dotarsi degli
strumenti adatti ad affrontare ogni possibile
situazione che potrebbe presentarsi al momento dell’apertura della nostra moderna
‘ostrica digitale’.
Procuriamoci quanto serve
Prima di tutto occorre sicuramente, un posto
pulito e ben illuminato, con una lente di ingrandimento o gli appositi visori (occhiali)
per utilizzo elettronico. Una sala operatoria
insomma. Nel momento in cui apriremo,
nel vero senso del termine, la camera sarebbe pericoloso avere in giro della polvere
che potrebbe entrare laddove in teoria nulla
dovrebbe passare tranne i fotoni. In realtà
non è proprio così dato che, in fin dei conti,
il montaggio e lo smontaggio è affidato a viti
ed incastri.
Un set di cacciaviti di precisione è fondamentale per rimuovere le viti esterne; inoltre
un taglierino affilato, preferibilmente a lama
allungabile (cutter), permette di scollare il
filtro dal sensore (è questo che faremo). E
poi ancora, dato che dobbiamo operare su
componenti troppo piccoli per essere maneggiati con le dita, consiglio di tenere a portata
di mano (pulita anch’essa) una pinzetta dalle
punte preferibilmente lunghe e ricurve.
Un kit di cacciaviti di tipo Torx consente,
dopo avere rimosso l’impossibile, di completare l’operazione di asporto della piastra
porta-sensore, che sempre più spesso viene
adagiata su una base avvitata al corpo dell’ottica mediante viti con un innesto che
prende il nome di Torx; devo ammettere che
trovare gli appositi cacciaviti potrebbe non
essere facile, ma in Internet si trovano dei
kit a basso costo. Dal ferramenta del mio
paese (Sovico) ne ho comprato uno per 3
euro (e trovarlo mi ha sorpreso). Le misure
che ci servono partono dalla T4 ed arrivano
al massimo alla T6; si parte da un diametro
che, nel primo caso, ad occhio e croce è
prossimo al millimetro!
In ultimo ci occorrerà un pezzo di vetro
(chiamiamolo pure filtro) IR per far passare
solo le onde dell’infrarosso; in genere tale fil-
tro è costituito da una lastrina di plastica color
rosso scurissimo, se non addirittura nera.
Ma chi ce lo dà tale vetro? Trovarlo è più
semplice di quello che può sembrare; infatti
i classici produttori di filtri fotografici hanno
tutti in catalogo un filtro per la fotografia IR
e che si presta perfettamente al caso nostro,
una volta ritagliato nelle misure opportune.
Per questo ultimo intervento consiglio di
equipaggiarsi con strumenti da taglio di vario
tipo: per il materiale robusto che ho usato ho
dovuto ricorrere addirittura a delle tenaglie a
manico lungo, indispensabili per ‘troncarlo’
nelle dimensioni necessarie, e poi a una lima
per ferro per arrotondare i bordi taglienti.
Al lavoro!
Anche se quello che mostriamo in questo articolo è l’intervento su uno specifico modello, l’operazione di trasformazione può essere
fatta su un gran numero di fotocamere, siano
esse vecchissime o recenti.
Per prima cosa occorre rimuovere tutte le
batterie e prendere una importante precauzione: all’interno del condensatore del flash incorporato vi è un elevato potenziale elettrico.
Infatti questo piccolo illuminatore viene alimentato da un condensatore che, nonostante
le piccole dimensioni, si carica di corrente
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Iniziamo a
smontare la fotocamera: una
delle maggiori
difficoltà è ricordarsi l’esatto
posizionamento
di tutte le viti.
Occorre una certa dose di delicatezza nel rimuovere dalla loro sede le ‘piattine’ di collegamento delle componenti elettroniche più ‘cablate’, come lo
schermo posteriore. Per le viti più vicine al sensore si renderà necessario un
cacciavite di tipo Torx.
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IR-cut filter
Una volta raggiunto il sensore si dovrà individuare il
filtro anti-IR per rimuoverlo
(delicatamente). Un cutter fa
al caso nostro.
E’ il momento di
rimontare la fotocamera, ma le insidie possono essere
maggiori del previsto, soprattutto se
non si è provveduto
a disporre i pezzi e
le viti in un ordine
logico.
fino a qualche centinaia di Volt (o migliaia,
a seconda del modello). Toccandone i contatti si finisce inevitabilmente per prendere
una forte scossa che, nei casi peggiori, può
portare alla perdita di conoscenza. Tra l’altro
le fotocamere più pericolose sono proprio
quelle vecchiotte, in quanto sono dotate di
condensatori sovradimensionati rispetto ai
più efficienti modelli moderni. Attenzione
dunque!
Per prudenza occorre scaricarlo preventivamente dando un colpo di flash e poi spegnere
immediatamente la fotocamera o, meglio,
toglierle subito le batterie.
Una strada alternativa è quella di produrre un
corto-circuito collegando con un cacciavite
dal manico isolato i due poli del condensatore.
Possiamo ora iniziare. Svitiamo tutte le viti
presenti sulla carrozzeria della compatta in
modo da aprirla in due; alcune viti potrebbero essere nascoste nel vano batterie, o sotto lo
sportello che protegge la scheda di memoria.
Anche le guarnizioni potrebbero nascondere
delle viti, che andranno pertanto rimosse, ma
sono casi abbastanza rari.
Nell’aprire il guscio esterno occorre prestare
attenzione a non tirare eventuali cavi ed a non
perdere componenti piccole come molle,
guarnizioni o gommini vari.
Un foglio di carta suddiviso a caselle potrebbe
essere usato quale ‘ripostiglio’ dove collocare
i vari pezzetti che andiamo via via rimovendo in modo da ritrovarli nello stesso ordine
quando procederemo a rimontare il tutto. Un
ottimo metodo è anche quello di fotografare
con una seconda macchina le varie fasi dello
smontaggio per poi usare le immagini quale
‘tutorial’. Occorre ingegnarsi insomma!
Tolto il guscio ci troveremo probabilmente a
tu per tu con il retro dello schermo che dovrebbe essere collegato all’apparecchio da un
cavo estremamente sottile e piatto (piattina).
Questi cavi sono in genere collegati, per mezzo di connettori, alla scheda principale della
fotocamera (quella che è in genere solidale
con il blocco interno della compatta, e dunque anche con l’ottica). Il blocco può essere
aperto semplicemente tirando, o facendo slittare i fermi nella direzione corretta; dipende
dalla fotocamera.
Un piccolo cacciavite da un millimetro o una
pinzetta per le unghie dovrebbe consentire di
staccare la piattina dalla scheda madre della
nostra compatta.
Una volta staccato il monitor continuiamo a
cercare le viti che ancora assicurano la scheda madre alla fotocamera, ovvero all’ottica
e probabilmente all’alimentazione e al vano
delle schede di memoria.
Rimuoviamo eventuali altre piattine, adesivi
e piastre di protezione fino a giungere a
vedere il blocco dell’ottica (in genere un cilindretto nero) a cui dovrebbe essere avvitato
qualche componente elettronico dotato di
‘terminazioni’ elettriche; sicuramente vi sono
viti di fissaggio all’ottica, viti che sempre più
spesso assumono l’aspetto delle viti Torx, di
cui abbiamo parlato all’inizio.
Siamo arrivati al sensore. Accertiamoci di
avere a portata di mano il cutter e togliamo
le viti rimanenti.
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La realizzazione del nuovo filtro che lasci passare solo i raggi IR non è particolarmente complessa. Basta prendere le misure
della lente frontale in modo da coprirla completamente e improvvisare un sistema per tenere il filtro in posizione senza intralci
per il fotografo e la fotocamera.
Durante tutta la fase di smontaggio, ma soprattutto da questo momento in avanti, impariamo a essere cauti quando un componente
offre un’eccessiva resistenza; probabilmente
c’è un’ulteriore vite da togliere o un collegamento da rimuovere.
Togliamo la piastra porta-sensore ed individuiamo il filtro anti-IR: potrebbe essere
incollato alla parte anteriore del sensore,
oppure alla parte posteriore dell’ottica. In entrambi i casi i produttori usano generalmente
una sorta di nastro bi-adesivo poroso che va
tagliato con il cutter, facendo un’attenzione
estrema a non sfiorare nemmeno il sensore
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(mani, vestiti, cutter, altro).
Una pinzetta per le unghie ci permette di
rimuovere rapidamente i residui dell’adesivo.
E’ un momento delicato perché fino a quando
non avremo rimesso al sicuro il sensore il
rischio di danneggiarlo, o comunque di sporcarlo, è sempre in agguato.
E’ dunque opportuno eseguire tali interventi
in fretta e con assoluta attenzione, soprattutto
in quei casi in cui il sensore rimanga ancorato
al resto della macchina.
Attenzione in questa fase a non alzare polvere, limitando i propri spostamenti ed evitando
di respirare in modo diretto sul sensore.
Insomma: nulla deve finire tra sensore e lenti,
laddove prima c’era il filtro anti-IR.
Tolto questo filtro rimontiamo il tutto, riavvitando le viti e collegando le piattine precedentemente staccate.
Dato che per fotografare all’infrarosso occorre porre davanti all’obiettivo il filtro nero IR,
perché non montarlo ora al posto del precedente filtro anti-IR, dato che la macchina è
già aperta?
La complessità di questa operazione deriva
unicamente dalle ridotte dimensioni del filtro
e dal suo spessore minimo. Inoltre ogni più
piccola traccia di sporco sul nuovo filtro sa-
rebbe immediatamente visibile sull’immagine data la sua vicinanza al
sensore: in pratica ogni minimo graffio o granello di polvere verrebbe
‘stampato a contatto’ sul sensore ad ogni scatto!
Se però si superano queste difficoltà non si ha la necessità di montare
filtri esterni.
In realtà non è facile reperire un filtro di corretto spessore e rifrazione,
capace di garantire la corretta messa a fuoco all’infinito, per cui consiglio di chiudere la fotocamera e di pensare in seguito al filtraggio; sarà
infatti sufficiente acquistare un filtro apposito (Cokin lo produce in
formato 8x8cm per una cifra attorno ai 20 euro) e sagomarlo per coprire al meglio il campo dell’obiettivo (con abbondanza, mi raccomando,
per evitare il flare quando il sole entra nell’inquadratura). Per montare
il filtro suggerisco di usare del biadesivo .
Da considerare poi la possibilità di scattare senza il filtro nero IR; in
questo caso, oltre alla lunghezza d’onda dell’infrarosso, passa anche
quella della luce visibile.
A voler essere dei virtuosi, potremmo costruirci due filtri rimovibili
(da usare come una sorta di tappo da anteporre all’obiettivo), uno con
un filtro IR nero ed un altro con un filtro IR-cut, che taglia la lunghezza
d’onda dell’infrarosso, analogo al filtro che abbiamo appena rimosso
dalla compatta. In questo modo è possibile alternare i due tipi di ripresa, gli scatti normali e quelli all’infrarosso, cambiando semplicemente
il tipo di filtro davanti all’obiettivo.
Inutile dire che questi materiali si trovano facilmente in Internet.
Senza filtro anti-IR (IR cut)
I risultati
Una volta riassemblata la nostra fotocamera (sperando che non
avanzino viti!) inseriamo la batteria ed accendiamo la fotocamera.
Funziona ancora? Bene, è già un successo! L’immagine a monitor dovrebbe apparire con una forte dominante rossa, o magenta, a seconda
del bilanciamento del bianco impostato.
In linea di massima ogni WB va bene, se supponiamo di lavorare
poi in fotoritocco. Diciamo però che la migliore soluzione creativa
è effettuare l’impostazione manuale del WB in quanto ci permette
di scegliere il soggetto da considerare come ‘neutro’, ad esempio in
un paesaggio il cielo, l’acqua o l’erba. In questo modo si ottengono
immagini apparentemente monocromatiche, ma all’interno delle quali
si distinguono particolari di tonalità rosa o ciano di notevole effetto. Il
bilanciamento può ovviamente essere eseguito tramite software di fotoritocco (in Photoshop: Immagine-Regolazioni-Livelli-Opzioni…).
La differenza è soprattutto nei tempi richiesti da tale conversione e
nel rischio che salvando le immagini, in fondo un solo canale, questo
possa andare in saturazione perdendo particolari.
Sulle compatte che lo permettono, consiglio di scegliere lo stile
Monocromatico per le immagini che saranno destinate a divenire dei
bianconero all’infrarosso; si perde la dominante rossa, ma è possibile
osservare già nell’inquadratura quello che sarà il risultato finale del
lavoro. Questione di scelte.
In questa occasione non ci addentriamo tra le possibilità di miglioramento dello scatto, ma sono certo che nella maggior parte dei casi
il fotografo sceglierà una ripresa monocromatica ben contrastata,
a simulare quello che potevamo fare con una pellicola bianconero
dedicata.
Pregi e difetti
Quando si trasforma una fotocamera per crearsi uno strumento di
ripresa specializzata nelle riprese all’infrarosso, la prima questione è
quella della messa a fuoco.
Le reflex, avendo il sensore di messa a fuoco all’interno del gruppo
dello specchio, risentono del fatto che il piano di messa a fuoco dell’infrarosso è diverso da quello della luce visibile per cui il consiglio
è quello di usare obiettivi grandangolari e diaframmare (l’ideale è
correggere la messa a fuoco manualmente utilizzando il riferimento
IR presente sugli obiettivi).
Le compatte invece eseguono la focheggiatura rilevando il contrasto
dell’immagine, per cui non risentono del problema dei due piani di
messa a fuoco. Semmai potrebbero perdere un po’ di prontezza nel
L’aspetto di uno scatto IR varia a seconda delle modalità di
realizzazione. Nell’immagine in alto è stato rimosso il filtro
anti-IR, senza applicare il filtro IR nero che impedisce il passaggio della luce visibile.
Nell’immagine al centro è stato aggiunto il filtro IR nero, ma
senza conversione in bianconero; è stato semplicemente impostato un opportuno bilanciamento del bianco.
Nella terza immagine l’immagine è stata convertita in bianconero.
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I toni di colore di un’immagine IR possono essere sorprendenti per chi non vi sia abituato. Di solito i capelli tinti, se non
convertiti in bianconero, appaiono di colorazione azzurra; anche le fibre sintetiche possono acquisire colorazioni del
tutto differenti dal reale (un abito nero può benissimo apparire color ciano).
La resa dell’incarnato è affascinante: la pelle, soprattutto se in luce solare, appare bianchissima, diafana,
anche se un po’ spettrale. E’ effetto delle radiazioni IR che penetrano di qualche decimo di millimetro sotto la
pelle.
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Nella ripresa IR la
vegetazione
appare
bianca, ed il motivo è
semplice: la clorofilla
contenuta nelle foglie
riflette le radiazioni
IR; l’effetto è tanto più
evidente quanto maggiore è la quantità di
clorofilla all’interno
delle piante, in genere
in primavera.
L’acqua, anche se con una profondità di pochi
centimetri, non riflette l’infrarosso e appare pertanto molto scura. L’effetto può essere sfruttato
per inserire drammaticità in uno scatto.
Guardate
gli
occhiali: sono
occhiali da sole
eppure gli occhi
della ragazza
sono assolutamente visibili.
Il motivo è che
molte lenti non
filtrano
l’IR,
risultando assolutamente
trasparenti.
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Una serie di esempi che possono fornire spunti di sperimentazione per le prime foto IR: dal cielo nero su prati
bianchi ai ritratti diafani ripresi con tempi lunghi in
interni.
mettere velocemente a fuoco soggetti lontani, dato che la rimozione del filtro anti-IR
modifica lo schema ottico dell’obiettivo aumentando il tiraggio dell’ottica e ‘perdendo’
l’infinito; tuttavia il sistema di messa a fuoco
a rilevazione di contrasto, operando direttamente sull’immagine, riesce comunque a
raggiungere una buona nitidezza, anche se in
due o tre tentativi.
Per questo motivo non è indispensabile ricostituire lo schema ottico inserendo un filtro
IR nero (o un vetro) a sostituzione del filtro
rimosso; per altro tale sostituzione aumenta il
rischio, come detto, di avere tracce di sporco
sull’immagine.
Piuttosto, a sfavore dell’utilizzo di una
compatta, vi è la rilevante incidenza della
diffrazione, anche a diaframmi che per una
reflex sono di tutta sicurezza; per questo
motivo è preferibile usare modalità di scatto
automatiche, o semi-automatiche come la
Priorità di Tempi o Diaframmi, invece delle
impostazioni manuali perché la macchina sa
quali sono i suoi diaframmi ‘preferiti’! E di
conseguenza li regola.
A riguardo dell’esposizione, io mi trovo
assai bene ad osservare l’istogramma prima
dello scatto, in quanto fornisce le informa-
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Oggi tutti i programmi di fotoritocco offrono funzioni
di simulazione dell’infrarosso a partire da immagini
catturate a colori. Il risultato può essere interessante,
ma il vero IR è tutt’altra cosa.
zioni più attendibili; di conseguenza imposto
un’eventuale staratura, dopodiché lascio fare
al Program. Mantengo ovviamente disattivato il flash ed imposto il bilanciamento del
bianco in manuale prendendo a riferimento le
tonalità del cielo o dei prati, a seconda delle
situazioni. Imposto poi la sensibilità minima
della fotocamera, anche perché nelle giornate
di sole in primavera ed estate la quantità di
radiazione infrarossa riflessa dal fogliame è
così accentuata da consentire di usare tempi
nell’ordine di 1/400s o anche 1/1000s.
Conclusioni
Acqua, pelle, cielo, piante: sono tutti soggetti
che la ripresa all’infrarosso ci mostrerà in
modo nuovo. In altre parole, appariranno
rispettivamente nera, evanescente, scuro,
bianche! Inoltre la foschia scompare. E poi
se il nostro soggetto ha gli occhiali da sole,
ci accorgeremo che molto spesso (soprattutto
con i modelli più economici) questi appariranno trasparenti!
Insomma l’infrarosso è un mondo tutto da
scoprire, capace di coinvolgere in quanto i
soggetti appaiono totalmente trasfigurati.
Personalmente consiglio di convertire l’immagine in bianconero. Inoltre per ottenere
buone immagini è ovviamente importante
imparare a gestire bene l’esposizione, in
modo da evitare le bruciature, soprattutto nelle situazioni in cui il sole non è molto forte; in
questo, oltre che nella messa a fuoco, la compatta fornisce un buon supporto. Interessanti
anche i video all’infrarosso che le compatte
permettono di fare; si possono realizzare opere assolutamente uniche.
Se poi abbiamo un modello stabilizzato, potremo effettuare i nostri esperimenti di ripresa
anche in situazioni limite, magari in luce
scarsa. Sarà ovviamente necessario parecchio
lavoro in post-produzione.
Insomma, la trasformazione di una vecchia
compatta in uno strumento per la ripresa
all’infrarosso non è difficile e produce effetti interessanti, a patto di considerarne i
limiti. Inoltre apre un mondo nuovo, tutto da
scoprire per il fotografo che vuole tornare a
sperimentare, a riprendersi il suo ruolo creativo che i produttori, con la loro ricerca sugli
automatismi di scatto, tendono a sottrargli.
Alcuni degli scatti presentati in questo articolo possono essere visionati all’indirizzo http:
//digilander.libero.it/vitaferma/ir
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