Sperimentazione Non solo la reflex, ma anche la compatta può diventare una macchina per l’infrarosso, anzi può essere preferibile. La trasformazione permette di dare nuova vita ad una compatta che giace nel cassetto, e di sfruttarne i vantaggi di messa a fuoco e capacità video. 44 PC PHOTO La compatta è vecchia? Trasformiamola per l’infrarosso Vi siete comprati la nuova compatta digitale da tanti megapixel? Bene, ma che ci farete con la vecchia? Probabilmente l’idea di svenderla ad un decimo del prezzo che avete pagato non vi alletta, il ricavato vi consentirebbe di acquistare, sì e no, una moderna scheda di memoria adatta alle esigenze del nuovo modello. Però c’è un’altra soluzione: elaborarla! Già, ma come? Il sensore non lo possiamo cambiare, le caratteristiche di ripresa neppure, dato che non esiste la possibilità di riprogrammare il suo software (se ci fosse uno standard potrebbero nascere soluzioni alternative alle originali, magari anche migliori). Eppure qualcosa si può fare, togliere il filtro che nelle fotocamere impedisce alla radiazione all’infrarosso di raggiungere il sensore: è quello che facciamo in questo articolo a carattere completamente sperimentale. Il filtro anti-IR (IR-Cut Filter) E’ il filtro anti-IR che impedisce alle radiazioni all’infrarosso di piovere sul sensore durante la ripresa; i sensori digitali sono infatti ghiotti delle onde elettromagnetiche che si estendono al di sotto ed al di sopra delle frequenze della luce visibile, ed in particolare di quelle appartenenti a frequenze basse come l’infrarosso. In questo modo il filtro anti-IR impedisce che le immagini presentino dominanti ‘aliene’ assai difficili da prevedere per i fotografi meno esperti in quanto l’infrarosso è invisibile. Eppure ne siamo circondati in (quasi) ogni situazione della vita quotidiana; l’infrarosso è ampiamente presente nella luce solare diretta o indiretta e viene riflesso o assorbito in modo differente dai diversi soggetti. Noi però non ce ne accorgiamo, a meno di non disporre di una fotocamera ‘modificata’. Prima di cominciare Occorre premettere che ogni intervento di questo tipo (non effettuato dall’assistenza ufficiale del produttore), anche solo svitare la prima vite, fa decadere ogni forma di garanzia; bisogna esserne consapevoli. Va inoltre considerato che questa ‘modifica’ richiede una certa perizia in quanto si deve in- Un’immagine per prendere confidenza con la ripresa IR: cielo scuro, acqua nera e vegetazione dal fogliame bianchissimo, quasi innevato. La ripresa è stata però effettuata a luglio, dopo un acquazzone! tervenire sui minuscoli elementi che, sempre più spesso, si trovano all’interno delle nostre fotocamere; il processo di miniaturizzazione porta a rimpicciolire tutto quello che sta nei sempre più piccoli ‘gusci’. Occorrerà dunque una certa dimestichezza con le parti dell’elettronica in genere, tanto più che andiamo a toccare il cuore della compatta: facile quindi immaginare i rischi di danneggiare la macchina. E’importantissimo, per iniziare, dotarsi degli strumenti adatti ad affrontare ogni possibile situazione che potrebbe presentarsi al momento dell’apertura della nostra moderna ‘ostrica digitale’. Procuriamoci quanto serve Prima di tutto occorre sicuramente, un posto pulito e ben illuminato, con una lente di ingrandimento o gli appositi visori (occhiali) per utilizzo elettronico. Una sala operatoria insomma. Nel momento in cui apriremo, nel vero senso del termine, la camera sarebbe pericoloso avere in giro della polvere che potrebbe entrare laddove in teoria nulla dovrebbe passare tranne i fotoni. In realtà non è proprio così dato che, in fin dei conti, il montaggio e lo smontaggio è affidato a viti ed incastri. Un set di cacciaviti di precisione è fondamentale per rimuovere le viti esterne; inoltre un taglierino affilato, preferibilmente a lama allungabile (cutter), permette di scollare il filtro dal sensore (è questo che faremo). E poi ancora, dato che dobbiamo operare su componenti troppo piccoli per essere maneggiati con le dita, consiglio di tenere a portata di mano (pulita anch’essa) una pinzetta dalle punte preferibilmente lunghe e ricurve. Un kit di cacciaviti di tipo Torx consente, dopo avere rimosso l’impossibile, di completare l’operazione di asporto della piastra porta-sensore, che sempre più spesso viene adagiata su una base avvitata al corpo dell’ottica mediante viti con un innesto che prende il nome di Torx; devo ammettere che trovare gli appositi cacciaviti potrebbe non essere facile, ma in Internet si trovano dei kit a basso costo. Dal ferramenta del mio paese (Sovico) ne ho comprato uno per 3 euro (e trovarlo mi ha sorpreso). Le misure che ci servono partono dalla T4 ed arrivano al massimo alla T6; si parte da un diametro che, nel primo caso, ad occhio e croce è prossimo al millimetro! In ultimo ci occorrerà un pezzo di vetro (chiamiamolo pure filtro) IR per far passare solo le onde dell’infrarosso; in genere tale fil- tro è costituito da una lastrina di plastica color rosso scurissimo, se non addirittura nera. Ma chi ce lo dà tale vetro? Trovarlo è più semplice di quello che può sembrare; infatti i classici produttori di filtri fotografici hanno tutti in catalogo un filtro per la fotografia IR e che si presta perfettamente al caso nostro, una volta ritagliato nelle misure opportune. Per questo ultimo intervento consiglio di equipaggiarsi con strumenti da taglio di vario tipo: per il materiale robusto che ho usato ho dovuto ricorrere addirittura a delle tenaglie a manico lungo, indispensabili per ‘troncarlo’ nelle dimensioni necessarie, e poi a una lima per ferro per arrotondare i bordi taglienti. Al lavoro! Anche se quello che mostriamo in questo articolo è l’intervento su uno specifico modello, l’operazione di trasformazione può essere fatta su un gran numero di fotocamere, siano esse vecchissime o recenti. Per prima cosa occorre rimuovere tutte le batterie e prendere una importante precauzione: all’interno del condensatore del flash incorporato vi è un elevato potenziale elettrico. Infatti questo piccolo illuminatore viene alimentato da un condensatore che, nonostante le piccole dimensioni, si carica di corrente PC PHOTO 45 Iniziamo a smontare la fotocamera: una delle maggiori difficoltà è ricordarsi l’esatto posizionamento di tutte le viti. Occorre una certa dose di delicatezza nel rimuovere dalla loro sede le ‘piattine’ di collegamento delle componenti elettroniche più ‘cablate’, come lo schermo posteriore. Per le viti più vicine al sensore si renderà necessario un cacciavite di tipo Torx. 46 PC PHOTO IR-cut filter Una volta raggiunto il sensore si dovrà individuare il filtro anti-IR per rimuoverlo (delicatamente). Un cutter fa al caso nostro. E’ il momento di rimontare la fotocamera, ma le insidie possono essere maggiori del previsto, soprattutto se non si è provveduto a disporre i pezzi e le viti in un ordine logico. fino a qualche centinaia di Volt (o migliaia, a seconda del modello). Toccandone i contatti si finisce inevitabilmente per prendere una forte scossa che, nei casi peggiori, può portare alla perdita di conoscenza. Tra l’altro le fotocamere più pericolose sono proprio quelle vecchiotte, in quanto sono dotate di condensatori sovradimensionati rispetto ai più efficienti modelli moderni. Attenzione dunque! Per prudenza occorre scaricarlo preventivamente dando un colpo di flash e poi spegnere immediatamente la fotocamera o, meglio, toglierle subito le batterie. Una strada alternativa è quella di produrre un corto-circuito collegando con un cacciavite dal manico isolato i due poli del condensatore. Possiamo ora iniziare. Svitiamo tutte le viti presenti sulla carrozzeria della compatta in modo da aprirla in due; alcune viti potrebbero essere nascoste nel vano batterie, o sotto lo sportello che protegge la scheda di memoria. Anche le guarnizioni potrebbero nascondere delle viti, che andranno pertanto rimosse, ma sono casi abbastanza rari. Nell’aprire il guscio esterno occorre prestare attenzione a non tirare eventuali cavi ed a non perdere componenti piccole come molle, guarnizioni o gommini vari. Un foglio di carta suddiviso a caselle potrebbe essere usato quale ‘ripostiglio’ dove collocare i vari pezzetti che andiamo via via rimovendo in modo da ritrovarli nello stesso ordine quando procederemo a rimontare il tutto. Un ottimo metodo è anche quello di fotografare con una seconda macchina le varie fasi dello smontaggio per poi usare le immagini quale ‘tutorial’. Occorre ingegnarsi insomma! Tolto il guscio ci troveremo probabilmente a tu per tu con il retro dello schermo che dovrebbe essere collegato all’apparecchio da un cavo estremamente sottile e piatto (piattina). Questi cavi sono in genere collegati, per mezzo di connettori, alla scheda principale della fotocamera (quella che è in genere solidale con il blocco interno della compatta, e dunque anche con l’ottica). Il blocco può essere aperto semplicemente tirando, o facendo slittare i fermi nella direzione corretta; dipende dalla fotocamera. Un piccolo cacciavite da un millimetro o una pinzetta per le unghie dovrebbe consentire di staccare la piattina dalla scheda madre della nostra compatta. Una volta staccato il monitor continuiamo a cercare le viti che ancora assicurano la scheda madre alla fotocamera, ovvero all’ottica e probabilmente all’alimentazione e al vano delle schede di memoria. Rimuoviamo eventuali altre piattine, adesivi e piastre di protezione fino a giungere a vedere il blocco dell’ottica (in genere un cilindretto nero) a cui dovrebbe essere avvitato qualche componente elettronico dotato di ‘terminazioni’ elettriche; sicuramente vi sono viti di fissaggio all’ottica, viti che sempre più spesso assumono l’aspetto delle viti Torx, di cui abbiamo parlato all’inizio. Siamo arrivati al sensore. Accertiamoci di avere a portata di mano il cutter e togliamo le viti rimanenti. PC PHOTO 47 La realizzazione del nuovo filtro che lasci passare solo i raggi IR non è particolarmente complessa. Basta prendere le misure della lente frontale in modo da coprirla completamente e improvvisare un sistema per tenere il filtro in posizione senza intralci per il fotografo e la fotocamera. Durante tutta la fase di smontaggio, ma soprattutto da questo momento in avanti, impariamo a essere cauti quando un componente offre un’eccessiva resistenza; probabilmente c’è un’ulteriore vite da togliere o un collegamento da rimuovere. Togliamo la piastra porta-sensore ed individuiamo il filtro anti-IR: potrebbe essere incollato alla parte anteriore del sensore, oppure alla parte posteriore dell’ottica. In entrambi i casi i produttori usano generalmente una sorta di nastro bi-adesivo poroso che va tagliato con il cutter, facendo un’attenzione estrema a non sfiorare nemmeno il sensore 48 PC PHOTO (mani, vestiti, cutter, altro). Una pinzetta per le unghie ci permette di rimuovere rapidamente i residui dell’adesivo. E’ un momento delicato perché fino a quando non avremo rimesso al sicuro il sensore il rischio di danneggiarlo, o comunque di sporcarlo, è sempre in agguato. E’ dunque opportuno eseguire tali interventi in fretta e con assoluta attenzione, soprattutto in quei casi in cui il sensore rimanga ancorato al resto della macchina. Attenzione in questa fase a non alzare polvere, limitando i propri spostamenti ed evitando di respirare in modo diretto sul sensore. Insomma: nulla deve finire tra sensore e lenti, laddove prima c’era il filtro anti-IR. Tolto questo filtro rimontiamo il tutto, riavvitando le viti e collegando le piattine precedentemente staccate. Dato che per fotografare all’infrarosso occorre porre davanti all’obiettivo il filtro nero IR, perché non montarlo ora al posto del precedente filtro anti-IR, dato che la macchina è già aperta? La complessità di questa operazione deriva unicamente dalle ridotte dimensioni del filtro e dal suo spessore minimo. Inoltre ogni più piccola traccia di sporco sul nuovo filtro sa- rebbe immediatamente visibile sull’immagine data la sua vicinanza al sensore: in pratica ogni minimo graffio o granello di polvere verrebbe ‘stampato a contatto’ sul sensore ad ogni scatto! Se però si superano queste difficoltà non si ha la necessità di montare filtri esterni. In realtà non è facile reperire un filtro di corretto spessore e rifrazione, capace di garantire la corretta messa a fuoco all’infinito, per cui consiglio di chiudere la fotocamera e di pensare in seguito al filtraggio; sarà infatti sufficiente acquistare un filtro apposito (Cokin lo produce in formato 8x8cm per una cifra attorno ai 20 euro) e sagomarlo per coprire al meglio il campo dell’obiettivo (con abbondanza, mi raccomando, per evitare il flare quando il sole entra nell’inquadratura). Per montare il filtro suggerisco di usare del biadesivo . Da considerare poi la possibilità di scattare senza il filtro nero IR; in questo caso, oltre alla lunghezza d’onda dell’infrarosso, passa anche quella della luce visibile. A voler essere dei virtuosi, potremmo costruirci due filtri rimovibili (da usare come una sorta di tappo da anteporre all’obiettivo), uno con un filtro IR nero ed un altro con un filtro IR-cut, che taglia la lunghezza d’onda dell’infrarosso, analogo al filtro che abbiamo appena rimosso dalla compatta. In questo modo è possibile alternare i due tipi di ripresa, gli scatti normali e quelli all’infrarosso, cambiando semplicemente il tipo di filtro davanti all’obiettivo. Inutile dire che questi materiali si trovano facilmente in Internet. Senza filtro anti-IR (IR cut) I risultati Una volta riassemblata la nostra fotocamera (sperando che non avanzino viti!) inseriamo la batteria ed accendiamo la fotocamera. Funziona ancora? Bene, è già un successo! L’immagine a monitor dovrebbe apparire con una forte dominante rossa, o magenta, a seconda del bilanciamento del bianco impostato. In linea di massima ogni WB va bene, se supponiamo di lavorare poi in fotoritocco. Diciamo però che la migliore soluzione creativa è effettuare l’impostazione manuale del WB in quanto ci permette di scegliere il soggetto da considerare come ‘neutro’, ad esempio in un paesaggio il cielo, l’acqua o l’erba. In questo modo si ottengono immagini apparentemente monocromatiche, ma all’interno delle quali si distinguono particolari di tonalità rosa o ciano di notevole effetto. Il bilanciamento può ovviamente essere eseguito tramite software di fotoritocco (in Photoshop: Immagine-Regolazioni-Livelli-Opzioni…). La differenza è soprattutto nei tempi richiesti da tale conversione e nel rischio che salvando le immagini, in fondo un solo canale, questo possa andare in saturazione perdendo particolari. Sulle compatte che lo permettono, consiglio di scegliere lo stile Monocromatico per le immagini che saranno destinate a divenire dei bianconero all’infrarosso; si perde la dominante rossa, ma è possibile osservare già nell’inquadratura quello che sarà il risultato finale del lavoro. Questione di scelte. In questa occasione non ci addentriamo tra le possibilità di miglioramento dello scatto, ma sono certo che nella maggior parte dei casi il fotografo sceglierà una ripresa monocromatica ben contrastata, a simulare quello che potevamo fare con una pellicola bianconero dedicata. Pregi e difetti Quando si trasforma una fotocamera per crearsi uno strumento di ripresa specializzata nelle riprese all’infrarosso, la prima questione è quella della messa a fuoco. Le reflex, avendo il sensore di messa a fuoco all’interno del gruppo dello specchio, risentono del fatto che il piano di messa a fuoco dell’infrarosso è diverso da quello della luce visibile per cui il consiglio è quello di usare obiettivi grandangolari e diaframmare (l’ideale è correggere la messa a fuoco manualmente utilizzando il riferimento IR presente sugli obiettivi). Le compatte invece eseguono la focheggiatura rilevando il contrasto dell’immagine, per cui non risentono del problema dei due piani di messa a fuoco. Semmai potrebbero perdere un po’ di prontezza nel L’aspetto di uno scatto IR varia a seconda delle modalità di realizzazione. Nell’immagine in alto è stato rimosso il filtro anti-IR, senza applicare il filtro IR nero che impedisce il passaggio della luce visibile. Nell’immagine al centro è stato aggiunto il filtro IR nero, ma senza conversione in bianconero; è stato semplicemente impostato un opportuno bilanciamento del bianco. Nella terza immagine l’immagine è stata convertita in bianconero. PC PHOTO 49 I toni di colore di un’immagine IR possono essere sorprendenti per chi non vi sia abituato. Di solito i capelli tinti, se non convertiti in bianconero, appaiono di colorazione azzurra; anche le fibre sintetiche possono acquisire colorazioni del tutto differenti dal reale (un abito nero può benissimo apparire color ciano). La resa dell’incarnato è affascinante: la pelle, soprattutto se in luce solare, appare bianchissima, diafana, anche se un po’ spettrale. E’ effetto delle radiazioni IR che penetrano di qualche decimo di millimetro sotto la pelle. 50 PC PHOTO Nella ripresa IR la vegetazione appare bianca, ed il motivo è semplice: la clorofilla contenuta nelle foglie riflette le radiazioni IR; l’effetto è tanto più evidente quanto maggiore è la quantità di clorofilla all’interno delle piante, in genere in primavera. L’acqua, anche se con una profondità di pochi centimetri, non riflette l’infrarosso e appare pertanto molto scura. L’effetto può essere sfruttato per inserire drammaticità in uno scatto. Guardate gli occhiali: sono occhiali da sole eppure gli occhi della ragazza sono assolutamente visibili. Il motivo è che molte lenti non filtrano l’IR, risultando assolutamente trasparenti. PC PHOTO 51 Una serie di esempi che possono fornire spunti di sperimentazione per le prime foto IR: dal cielo nero su prati bianchi ai ritratti diafani ripresi con tempi lunghi in interni. mettere velocemente a fuoco soggetti lontani, dato che la rimozione del filtro anti-IR modifica lo schema ottico dell’obiettivo aumentando il tiraggio dell’ottica e ‘perdendo’ l’infinito; tuttavia il sistema di messa a fuoco a rilevazione di contrasto, operando direttamente sull’immagine, riesce comunque a raggiungere una buona nitidezza, anche se in due o tre tentativi. Per questo motivo non è indispensabile ricostituire lo schema ottico inserendo un filtro IR nero (o un vetro) a sostituzione del filtro rimosso; per altro tale sostituzione aumenta il rischio, come detto, di avere tracce di sporco sull’immagine. Piuttosto, a sfavore dell’utilizzo di una compatta, vi è la rilevante incidenza della diffrazione, anche a diaframmi che per una reflex sono di tutta sicurezza; per questo motivo è preferibile usare modalità di scatto automatiche, o semi-automatiche come la Priorità di Tempi o Diaframmi, invece delle impostazioni manuali perché la macchina sa quali sono i suoi diaframmi ‘preferiti’! E di conseguenza li regola. A riguardo dell’esposizione, io mi trovo assai bene ad osservare l’istogramma prima dello scatto, in quanto fornisce le informa- 52 PC PHOTO Oggi tutti i programmi di fotoritocco offrono funzioni di simulazione dell’infrarosso a partire da immagini catturate a colori. Il risultato può essere interessante, ma il vero IR è tutt’altra cosa. zioni più attendibili; di conseguenza imposto un’eventuale staratura, dopodiché lascio fare al Program. Mantengo ovviamente disattivato il flash ed imposto il bilanciamento del bianco in manuale prendendo a riferimento le tonalità del cielo o dei prati, a seconda delle situazioni. Imposto poi la sensibilità minima della fotocamera, anche perché nelle giornate di sole in primavera ed estate la quantità di radiazione infrarossa riflessa dal fogliame è così accentuata da consentire di usare tempi nell’ordine di 1/400s o anche 1/1000s. Conclusioni Acqua, pelle, cielo, piante: sono tutti soggetti che la ripresa all’infrarosso ci mostrerà in modo nuovo. In altre parole, appariranno rispettivamente nera, evanescente, scuro, bianche! Inoltre la foschia scompare. E poi se il nostro soggetto ha gli occhiali da sole, ci accorgeremo che molto spesso (soprattutto con i modelli più economici) questi appariranno trasparenti! Insomma l’infrarosso è un mondo tutto da scoprire, capace di coinvolgere in quanto i soggetti appaiono totalmente trasfigurati. Personalmente consiglio di convertire l’immagine in bianconero. Inoltre per ottenere buone immagini è ovviamente importante imparare a gestire bene l’esposizione, in modo da evitare le bruciature, soprattutto nelle situazioni in cui il sole non è molto forte; in questo, oltre che nella messa a fuoco, la compatta fornisce un buon supporto. Interessanti anche i video all’infrarosso che le compatte permettono di fare; si possono realizzare opere assolutamente uniche. Se poi abbiamo un modello stabilizzato, potremo effettuare i nostri esperimenti di ripresa anche in situazioni limite, magari in luce scarsa. Sarà ovviamente necessario parecchio lavoro in post-produzione. Insomma, la trasformazione di una vecchia compatta in uno strumento per la ripresa all’infrarosso non è difficile e produce effetti interessanti, a patto di considerarne i limiti. Inoltre apre un mondo nuovo, tutto da scoprire per il fotografo che vuole tornare a sperimentare, a riprendersi il suo ruolo creativo che i produttori, con la loro ricerca sugli automatismi di scatto, tendono a sottrargli. Alcuni degli scatti presentati in questo articolo possono essere visionati all’indirizzo http: //digilander.libero.it/vitaferma/ir EGT